SALMI BIBLICI: “DEFECIT IN SALUTARE TUO ANIMA MEA” (CXVIII – 5)

SALMO 118 (5): “DEFECIT IN SALUTARE TUO ANIMA MEA”

CHAINE D’OR SUR LES PSAUMES

ou LES PSAUMES TRADUITS, ANALYSÉS, INTERPRÉTÉS ET MÉDITÉS A L’AIDE D’EXPLICATIONS ET DE CONSIDÉRATIONS SUIVIES, TIRÉES TEXTUELLEMENT DES SAINTS PÈRES, DES ORATEURS ET DES ÉCRIVAINS CATHOLIQUES LES PLUS RENOMMÉS.

[I Salmi tradotti, analizzati, interpretati e meditati con l’aiuto delle spiegazioni e delle considerazioni seguite, tratte testualmente dai santi Padri, dagli oratori e dagli scrittori cattolici più rinomati da …]

Par M. l’Abbé J.-M. PÉRONNE,

CHANOINE TITULAIRE DE L’ÉGLISE DE SOISSONS, Ancien Professeur d’Écriture sainte et d’Éloquence sacrée.

[Canonico titolare della Chiesa di Soissons, Professore emerito di Scrittura santa e sacra Eloquenza]

TOME TROISIÈME (III)

PARIS – LOUIS VIVES, LIBRAIRE-ÉDITEUR 13, RUE DELAMMIE, 1878

IMPRIM.

Soissons, le 18 août 1878.

f ODON, Evêque de Soissons et Laon.

Salmo 118 (5)

CAPH.

[81] Defecit in salutare tuum anima mea,

et in verbum tuum supersperavi.

[82] Defecerunt oculi mei in eloquium tuum, dicentes: Quando consolaberis me?

[83] Quia factus sum sicut uter in pruina; justificationes tuas non sum oblitus.

[84] Quot sunt dies servi tui? quando facies de persequentibus me judicium?

[85] Narraverunt mihi iniqui fabulationes, sed non ut lex tua. 

[86] Omnia mandata tua veritas, inique persecuti sunt me, adjuva me.

[87] Paulo minus consummaverunt me in terra; ego autem non dereliqui mandata tua.

[88] Secundum misericordiam tuam vivifica me, et custodiam testimonia oris tui.

LAMED.

[89] In æternum, Domine, verbum tuum permanet in caelo.

[90] In generationem et generationem veritas tua; fundasti terram, et permanet.

[91] Ordinatione tua perseverat dies, quoniam omnia serviunt tibi.

[92] Nisi quod lex tua meditatio mea est, tunc forte periissem in humilitate mea.

[93] In æternum non obliviscar justificationes tuas, quia in ipsis vivificasti me.

[94] Tuus sum ego; salvum me fac, quoniam justificationes tuas exquisivi.

[95] Me exspectaverunt peccatores ut perderent me; testimonia tua intellexi.

[96] Omnis consummationis vidi finem, latum mandatum tuum nimis.

[Vecchio Testamento Secondo la Volgata Tradotto in lingua italiana da mons. ANTONIO MARTINI Arciv. Di Firenze etc.

Vol. XI

Venezia, Girol. Tasso ed. MDCCCXXXI]

SALMO CXVIII (5).

CAPH.

81. Languisce l’anima mia per la brama della salute che vien da te; ma nella tua parola ho riposta la mia speranza.

82. Si sono stancati gli occhi miei nell’aspettazione di tua promessa, dicendo: Quando fia che tu mi consoli?

83. Sebbene io sia divenuto qual oltre alla brinata, non mi son però scordalo delle tue giustificazioni.

84. Quanti sono i dì del tuo servo? Quando farai tu giudizio di quelli che mi perseguitano?

85. Gl’iniqui mi raccontarono delle favole; ma non son elleno qual’è la tua legge.

86. Tutti i tuoi precetti son verità; iniquamente mi hanno perseguitato: tu dammi aiuto.

87. Quasi quasi mi hanno consunto sopra la terra; ma io non ho abbandonati i tuoi insegnamenti.

88. Per la tua misericordia dammi vita, e osserverò i comandamenti della tua bocca.

LAMED.

89. Stabile in eterno ella è, o Signore, la tua parola nel cielo.

90. La tua verità per tutte le generazioni; tu fondasti la terra, ed ella sussiste.

91. In virtù del tuo comando continua il giorno; perocché le cose tutte a te obbediscono.

92. Se mia meditazione non fosse stata la tua legge, allora forse nella mia afflizione sarei perito.

93. Non mi scorderò in eterno delle tue giustificazioni, perché per esse mi desti vita.

94 Tuo son io, salvami tu: perocché avidamente ho cercato le tue giustificazioni.

95. Mi preser di mira i peccatori per rovinarmi; mi studiai d’intendere i tuoi insegnamenti.

96. Vidi il termine di ogni cosa perfetta; oltre ogni termine si estende il tuo comandamento.

Sommario analitico

V SEZIONE

81-96.

Davide riconosce che, in questa via dei Comandamenti di Dio in cui è entrato, ha bisogno di un sostegno, di una medico saggio che ripari le sue forze e gli dia nuovo vigore.

I – Egli confessa la sua debolezza e la sua insufficienza che vengono insieme:

1° Dall’interno:

a) la sua anima cade in un cedimento perché desiderava entrare subito in possesso della felicità che gli era stata promessa (81);

b) La sua intelligenza ed i suoi occhi si affaticano nella considerazione dell’attesa prolungata delle consolazioni divine. Due rimedi egli oppone a questa desolazione spirituale: speranza più forte che mai e fervente preghiera (82, 83);

c) Il suo cuore, la sua volontà, si disseccano in questa attesa (83);

d) Tutte le potenze della sua anima spossate dalla moltitudine e la violenza dei suoi nemici e dalla lunghezza delle prove, e chiede a Dio quando finiranno (84);

2° Dall’esterno:

a) Si dispiace dei discorsi frivoli e menzogneri degli uomini estranei ad ogni sentimento religioso, e che sono lungi dall’essere come la legge di Dio, ove tutto è verità (85, 86);

b) La persecuzione che essi hanno diretto contro di lui è stata così violenta che ha finito per esserne vittima, ma non ha cessato di essere attaccato alla legge di Dio, di implorare la sua misericordia e perseverare nell’osservanza dei suoi comandamenti (87, 88).

II.- Egli domanda a Dio di dargli la sua parola divina, come un medico che fortifichi il suo languore e guarisca le sue ferite. Egli espone successivamente:

1° La sua eccellenza,

a) La sua eternità ed immutabilità. – il Cieloe la terra passeranno, la parola di Dio non passerà mai (89).

b) la sua verità, che dura di generazione in generazione (90);

c) la sua potenza, che non solo ha fondato la terra, ma ha stabilito la successione dei giorni, ed alla quale tutto obbedisce (91);

2° l’applicazione di questa divina parola come un rimedio divino ed efficace: 

a) sull’intelligenza, con una meditazione continua della legge di Dio, rimedio sovrano per non perire, e attingere nuove forze in mezzo alle afflizioni di questa vita (92);

b) Sulla memoria, con un ricordo vivo dei suoi precetti, in cui l’anima giustificata ha ritrovato la vita (93);

c) Sulla volontà, che si applica nell’offrirla interamente;

3° L’effetto di questa divina parola, meditata e compresa:

a) I suoi nemici lo attendono per perderlo; egli si è contentato, per burlarsi dei loro progetti, di fissare gli occhi della sua anima sulla legge di Dio, che glieli ha fatti riscoprire e gli ha dato la forza di disprezzarli (95); 

b) egli dichiara che tutto nel mondo ha i suoi limiti ed il suo fine, è ristretto e limitato, ma che i comandamenti di Dio sono di una estensione infinita e di una ampiezza eccessiva.

Spiegazioni e Considerazioni

V SEZIONE — .81-96.

I. – 81-88.

ff. 81-84. – Se l’anima desidera vivamente una cosa senza poterla ottenere, cade in una debolezza e sembra quasi perdere la vita. Ora, l’anima santa che teme Dio non sa desiderare altra cosa che la salvezza da Dio, che è Nostro Signore Gesù-Cristo. Essa lo desidera ardentemente, tende con tutte le sue forze verso il divino oggetto, trattiene in sé questo desiderio bruciante, si apre e si spande interamente davanti al suo Salvatore e non teme che una cosa: di perderlo. Più dunque quest’anima si esercita in questi santi desideri, più cade in difficoltà, difficoltà che ha per effetto la diminuzione della debolezza e l’accrescimento della virtù (S. Ambr.). – Si tratta dunque di una buona caduta; essa mostra in effetti, il desiderio di un bene che non si è ancora acquisito, ma che si persegue col più grande ardore e con la più grande veemenza. Ma chi esprime questo ardente desiderio, se non la razza scelta, il sacerdozio regale, la nazione santa, il popolo di acquisizione? (1 Piet. II, 9), chi vi aspira dopo Cristo, ciascuno nella sua epoca, in tutti coloro che hanno vissuto, che vivono e vivranno, dall’origine del genere umano fino alla fine dei secoli? … questo desiderio non è mai cessato nei Santi, e non cessa ancora nel Corpo di Cristo, che è la Chiesa, fino alla fine dei secoli, « finché non divenga il desiderio di tutte le nazioni, » secondo la promessa del Profeta Aggeo (II, 8): « Ed io ho sperato nella vostra salvezza, » speranza che ci fa attendere con pazienza ciò che noi crediamo ora senza vederlo (Rom. VIII, 25 – S. Agost.). – « I miei occhi languiscono nell’attesa della vostra parola e dicono: Quando mi consolerete? » Ecco dunque che  di nuovo negli occhi per questa volta, ma negli occhi dell’anima, quella doppia e felice debolezza non viene dalla debolezza dello spirito, ma dall’energia del desiderio prodotto dalle promesse di Dio. È questo ciò che vuole dire: « Nella vostra parola. » Ma come questi occhi interiori dicono: « Quando mi consolerete? » se non perché la loro attitudine e la loro attenzione, sono una preghiera ed un gemito? In effetti, è ordinariamente la bocca che parla e non gli occhi, ma l’ardore della supplica è in qualche modo, la voce degli occhi. « Quando mi consolerete? », egli sembra dire che soffra qualche ritardo, come in questo altro Salmo: « E voi, Signore, fino a quando tarderete? » (Ps. VI, 4). Ne è così o perché la gioia differita è più dolce al suo arrivo, o perché, sotto l’impressione di un desiderio ardente, ogni spazio di tempo, corto che sia per Dio che viene in aiuto, è lungo per colui che ama. Ma il Signore, che dispone tutto con misura, con numero e peso, sa quando deve fare ogni cosa. (Sap. XI, 21), (S. Agost.). – Quale è questa debolezza degli occhi? Supponete una sposa che attende che suo marito torni da un lungo viaggio, un padre che spera in ogni istante di vedere arrivare un figlio assente da lunghi anni, forse i loro occhi non saranno fissati sulla strada che deve ricondurre loro questi esseri sì cari? E nel guardare, i loro occhi non si affaticheranno fino ad indebolirsi? Tali erano i desideri dei Profeti di vedere il Salvatore, a testimonianza di Gesù-Cristo (Matth. XIII, 17). Ma questi occhi di cui parla il Profeta non sono gli occhi del corpo, bensì sono gli occhi dell’anima, come spiega aggiungendo: « Quando mi consolerete? Io sono disseccato come l’otre esposto alla brina. » Il Profeta dipinge, sotto un’immagine tratta dagli oggetti esposti al freddo ed al gelo, lo stato di secchezza e di languore in cui cadono talvolta i più perfetti. Essi trovano all’esterno un freddo insopportabile, perché la carità dei più si è raffreddata, e gli scandali si moltiplicano, e sentono dentro di sé un freddo ancora più dannoso che li prende interamente. Quali rimedi opporre a questa secchezza spirituale? – 1° Il ricordo continuo dei Comandamenti di Dio: « Io non ho dimenticato i vostri Comandamenti; » – 2° il ricordo della morte: « Quanti giorni restano ancora al vostro servo? » – 3° il ricordo dei giudizi di Dio: « Quando eserciterete il vostro giudizio, etc. ? » –  « Quanti giorni restano ancora al vostro servo? » vale a dire: Qual è il numero dei giorni della vita dell’uomo? Qual tempo deve misurarne la durata? Quale spazio resta ancora da percorrere? Perché una vita sì corta è oggetto di attacchi così accaniti? Perché in sì breve spazio, coloro che ci perseguitano tendono tante insidie ai nostri passi? Ah, che venga il giudizio, in cui i colpevoli riceveranno il loro castigo, in cui i persecutori riceveranno il degno salario della loro empietà! (S. Ambr.). – Questo linguaggio è quello dei martiri nell’Apocalisse, ed è loro ordinato di attendere pazientemente che il numero dei loro fratelli sia completo (Apoc. VI, 10). Il Corpo del Cristo domanda dunque quanti giorni vivrà nel mondo; e perché nessuno creda che la Chiesa perirà prima della fine del mondo, e che si troverà in questo secolo qualche spazio di tempo durante il quale la Chiesa non esisterà più sulla terra, egli chiede quale sarà il numero dei suoi giorni e parla subito di giudizio, facendo con ciò vedere che la Chiesa sussisterà sulla terra fino al giorno del Giudizio, in cui sarà vendicata dei suoi persecutori (S. Agost.).  

ff. 85 – 88. – « Gli empi mi hanno raccontato delle piacevoli menzogne, ma esse non somigliano alla vostra legge. » È difficile che il Cristiano fedele non sia obbligato a conversare con gli uomini del mondo, estranei talvolta ad ogni sentimento religioso, e non li intenda, malgrado i loro discorsi, e non li ascolti parlare dei loro piaceri, dei loro divertimenti, o anche dei loro progetti, dei loro disegni, delle loro pretese. Ahimè! Quali frivolezze, quali leggerezze, quali menzogne, quali piccolezze, quali favole! Niente di grave, niente di serio, nulla di costante! Si, il fondo delle conversazioni del mondo, sono le favole; ecco tutto ciò che sostiene il commercio del mondo. Là pure, tutto è vanità e afflizione dello spirito: « essi sono del mondo, ecco perché parlano il linguaggio del mondo ed il mondo li ascolta, » (I Giov. IV, 5) Ma noi che siamo di Dio, ascoltando i discorsi del mondo, ripetiamo con il Profeta: « i malvagi mi hanno raccontato delle favole, ma ciò che dicono non è come la vostra legge. » – Dalle loro conversazioni, dai loro intrattenimenti, passate ai loro scritti: là pure, quante favole, quante menzogne! Essi sono (è il giudizio che portavano Socrate e Platone sugli scritti dei poeti), che non hanno alcuna attinenza con la verità; purché dicano cose piacevoli, sono contenti, ecco perché nei loro versi si troveranno il pro ed il contro, delle sentenze ammirevoli per la virtù, e contrarie alla virtù; i vizi saranno disapprovati e lodati egualmente, e purché si facciano dei bei versi, la loro opera è compiuta … Ecco perché (è ancora il ragionamento di Platone sotto il nome di Socrate), quando nei poeti si trovano grandi ed ammirevoli sentenze, non c’è che da ragionarci sopra e si troverà che essi non le comprendono. Perché? Perché mirando solo a compiacere, non hanno messo nessuna attenzione nel cercare la verità … essi hanno accontentato l’orecchio, hanno fatto bella mostra del loro spirito, del bel suono dei loro versi e della vivacità delle loro espressioni: questo è sufficiente alla poesia; essi non credono che la verità sia loro necessaria (BOSSUET, Traité de la Concup., ch. XVIII). – « Ma questo non è come la vostra legge. Tutti i vostri comandamenti, sono la verità stessa. » Gli empi mi hanno raccontato delle piacevoli menzogne; ma, a queste menzogne, io ho preferito la vostra legge, che mi ha incantato più della vanità che abbonda nei loro discorsi. Essi mi hanno perseguitato ingiustamente con i loro discorsi, perché non perseguivano in me che la verità. « Venite dunque in mio soccorso, » affinché combatta per la verità fino alla morte; perché è in questo uno dei vostri comandamenti, e di conseguenza è la verità (S. Agost.). – « Tutti i comandamenti di Dio, sono verità, » perché troviamo nella legge di Dio una condotta infallibile, una regola certa, ed una pace immutabile, « Io sono, dice il Salvatore Gesù, la via, la verità e la vita. » (Joan. XIV, 6). Io sono la voce sicura che vi conduce senza incertezza, Io sono la verità infallibile, invariabile, senza alcun errore, che vi regola; Io sono la vera vita delle vostre anime, e dono loro un riposo senza agitazione. – « Essi mi hanno perseguitato ingiustamente, venite in mio soccorso. » Colui che perseguita il giusto, lo perseguita necessariamente con ingiustizia, perché l’iniquità è l’effetto di una operazione ingiusta. È a questa ingiustizia che l’Apostolo fa allusione quando dice: « … Tutti quelli che vogliono vivere con pietà in Gesù-Cristo, soffriranno persecuzioni (II Tim. III, 12). Ma il Profeta, che sa che i comandamenti di Dio sono verità, sopporta con fermezza queste ingiuste persecuzioni. (S. Hil.) – Sembrerà un soldato coraggioso, che non fugge il combattimento. Non si rifiuta di affrontare gli incidenti spesso molto gravi della guerra; ma pieno di fede e previdenza, egli chiede soccorso dal cielo e prega Dio di venire in aiuto al suo generoso ardore. Egli non chiede la fine delle persecuzioni, ma di essere soccorso in mezzo ai loro attacchi; perché egli sapeva che … tutti coloro che vogliono vivere con pietà in Gesù-Cristo soffriranno persecuzioni. Egli preferisce dunque essere perseguitato per essere del numero di coloro che vivono con pietà in Gesù-Cristo. E, notate che egli non parla di una sola persecuzione, ma di un gran numero di esse; che non indica il nome dei suoi persecutori, perché coloro che ci perseguitano sono troppo numerosi, non solamente coloro che vediamo, ma ancora quelli che non vediamo. (S. Ambr.). « Per poco non mi hanno fatto perire sulla terra. » Non è senza ragione che il Re-Profeta ha implorato il soccorso dal cielo, egli sapeva che doveva lottare contro potenti nemici, e che avrebbe avuto diversi tipi di combattimenti da sostenere, sia contro le potenze spirituali che sono nell’aria, sia contro gli ardori del sangue e del temperamento, contro le seduzioni innumerevoli della carne che, per una sequenza ininterrotta di attacchi, lo avrebbero infallibilmente vinto ed abbattuto, se non si fosse tenuto stretto alla radice della fede. Impariamo a metterci in guardia contro il nemico che ci combatte; è un nemico domestico; questo nemico è l’uso stesso che dobbiamo fare del nostro corpo … Davide aveva coscienza di questa debolezza della carne, ed è per questo che dice: « poco è mancato che non mi abbiano fatto perire sulla terra, » su questa terra ove Adamo ha ceduto per primo ad una vergognosa caduta, e ha legato alla sua posterità la triste eredità di cadute senza numero … Ora, cosa oppone contro questi nemici scatenati contro di lui? « Da parte mia, io non ho dimenticato i vostri comandamenti. » (S. Ambr.). – Egli riconosce che il suo soccorso è venuto da Dio solo; così si rivolge a Lui con fiducia: « Secondo la tua misericordia, dammi la vita. » che cosa è questa vita che egli chiede? Non è la vita presente di cui godeva, ma quella che desiderava, cioè la vita eterna; perché comprendeva che gli era impossibile trovare la felicità in questo corpo inconsistente e mobile, la cui debolezza mette sempre in pericolo le migliori risoluzioni dell’anima. Occorre dunque che la misericordia di Dio venga continuamente ad intrattenere in questo corpo la vita dell’anima, affinché il giusto viva ogni giorno per Dio e sia morto al peccato. Se il peccato muore in noi, la nostra anima vivrà veramente per Dio, e noi osserveremo fedelmente i suoi comandamenti. In effetti, il Re-Profeta comincia con il chiedere a Dio che gli renda la vita, e non è se non in seguito che promette di osservare i suoi comandamenti; l’osservazione delle leggi divine non è la parte di una vita comune e volgare, per questo c’è bisogno di un soccorso soprannaturale che ci è dato dall’operazione della grazia dello Spirito Santo (S. Ambr.).

II. — 89- 96.

ff. 89 – 91. – Questa parola che dimora e persevera nel cielo, non deve, a maggior ragione, dimorare e perseverare in voi. Conservate  dunque la parola di Dio, conservatela nel vostro cuore, di modo che non la dimentichiate mai. Osservate la legge di Dio e meditatela, affinché le sue ordinanze piene di giustizia non vengano a sfuggi re dal vostro cuore. È ciò che qui insegna il Profeta, e ciò che continua ad insegnarvi nei versetti seguenti … Ma come la parola del Signore dimora nel cielo, allorché Nostro Signore stesso dichiara che il cielo e la terra passeranno? (Matth. XXIV, 35). Come può sussistere il tetto dell’abitazione se le fondamenta spariscono? Come l’abitante può continuare a restare nella casa, se la casa non esiste più? (S. Ambr.). – Il Profeta dice: « La vostra parola abita nei cieli, » perché essa non può restare sulla terra, a causa della falsità e delle menzogne degli uomini. Egli dice che resta nel cielo, nel senso che nel cielo visibile non c’è trasgressione, né cambiamento, né indebolimento, né inattività. Consideriamo il corso annuale del sole, il ritorno mensile della luna e le rivoluzioni degli astri: forse questi non si mantengono fedelmente nei limiti loro assegnati? Alcuna mutazione, nessun ritardo, alcuna inattività, ma ognuno di essi obbedisce con puntualità alle leggi che gli sono state date da quando sono stati creati. (S. Hil.). –  Forse il Profeta vuol parlare di questo cielo nuovo che succederà al cielo attuale (Isai. LXV, 4-6) … o intende i cieli che sono pure la terra, di cui in altro Salmo dice: « I cieli raccontano la gloria di Dio, » e che benché abitante ancora la terra, osano dire: « La nostra vita è nei cieli. » Questi sono i cieli nei quali abitano la fede, la modestia, la continenza, la dottrina ed una vita tutta celeste … o ancora questo cielo che abitano gli Angeli, gli Arcangeli, i Cherubini ed i Serafini, perché gli uomini, malgrado la loro santità, hanno un cuore mobile e soggetto al cambiamento. Noi siamo nella gioia, ed un istante dopo piangiamo, gemiamo … Non è così per le potenze celesti, libere dalla legge del cambiamento (S. Ambr.). – « La verità di Dio sussiste nella sequenza di tutte le razze, senza che la malizia degli uomini o dei demoni possa cambiarla. » –  Immutabilità di questa parola sulla quale il fondamento della terra resta fermo dal momento della sua creazione. Che può temere colui che resta legato a questa verità che rende la terra ed il cielo indistruttibile? – Ordine mirabile di Dio, in virtù del quale il giorno succede invariabilmente alla notte. Immagine di un altro sole e di un altro giorno: del sole di giustizia, che si leva nella anime per formarvi un altro giorno, che è quello della grazia. (Duguet). – Nulla di più ammirevole della luce, ma essa non ha bisogno, per brillare ai nostri occhi, che della volontà di Dio. Questa volontà non dovrebbe essere sufficiente perché la luce brilli agli occhi del nostro cuore? Colui che fa levare il sole della natura nella terra dei morenti, non è lo stesso che fa levare il sole di giustizia nella terra dei viventi? Si, ma noi siamo malauguratamente liberi di chiudere gli occhi a questa luce. –  « Tutte le creature vi obbediscono, solo il peccatore leva contro di voi lo stendardo della rivolta e dice: “io non servirò”. » Tuttavia il Signore non vuole dividere con nessun altro l’impero ed il dominio del mondo (S. Ambr.). – « Per ordine vostro, il giorno sussiste così com’è, perché tutte le cose vi obbediscano. » Ciò che noi chiamiamo il giorno non persevera, interrotto com’è dalla notte che lo divide dal giorno seguente. E se il Profeta aveva voluto parlare del giorno che si misura con il tempo, avrebbe dovuto pur far menzione della notte, che ugualmente sussiste, come un seguito degli ordini di Dio. Ma siccome il giorno porta con sé la luce ed i Santi sono essi stessi la luce, noi crediamo che questo giorno di luce debba perseverare, perché tutto debba obbedire a Dio. Ed i peccatori sono sottomessi ai suoi ordini? Deve essere servito con obbedienza da coloro che Egli deve assoggettare come lo sgabello dei piedi? Dunque il giorno, cioè la luce dei Santi, resterà, persevererà quando tutte le cose saranno interamente sottomesse a Dio (S. Hil.).  

ff. 92-94. – « Se non avessi fatto della vostra legge il soggetto delle mie meditazioni, io sarei forse perito nella mia umiliazione. » Sull’esempio di Davide, quando traversiamo dei giorni di afflizione e siamo sottomessi alle dure lezioni delle avversità, meditiamo la legge di Dio, per timore che la tempesta, abbattendosi su di noi all’improvviso, non venga a sommergerci. L’atleta non osa presentarsi al combattimento prima di essersi per lungo tempo esercitato nella lotta. Esercitiamoci dunque con una pratica continua della meditazione, esercitiamoci prima della battaglia, per essere pronti nell’ora in cui si ingaggia la lotta, perché noi possiamo dire, quando saremo attaccati o dalla povertà, dalla perdita di coloro che ci sono cari, sia dalle malattie, dalla paura della morte, dalle pene amare e crudeli: « Se non avessi fatto una meditazione della vostra legge, io sarei forse perito nella mia umiliazione. (S. Ambr.). – « Non dimenticherò mai la giustizia dei vostri comandi. » La grande causa dell’oblio di Dio, è l’amore delle creature di se stesso, che fa perdere il gusto di Dio e dimenticare la sua legge. – La carità sola, che cancella dai nostri cuori, con un oblio più santo e più religioso, tutto ciò che è del mondo, fa che noi non ci ricordiamo più se non di Colui ci dà la vita e la salvezza. – « Io sono tuo. » Non bisogna comprendere superficialmente queste parole. Cosa c’è in effetti che non sia di Dio? … Perché dunque il Profeta ha pensato a raccomandarsi in qualche modo più familiare a Dio dicendogli: « Io sono vostro, salvatemi », se non ci dà ad intendere con ciò che, per sua disgrazia, egli ha voluto essere a se stesso ciò che è il primo e sovrano male della disobbedienza? E come se avesse detto: io ho voluto essere mio e mi sono perduto: « Io sono vostro, egli dice, salvatemi, perché io cerco i vostri giusti precetti, affinché sia ormai tutto vostro. (S. Agost.). – Sono pochi coloro che possono dire a Dio: « Io sono tutto vostro. » Per parlare così a Dio in tutta verità, bisognerebbe essere attaccati a Dio con tutta l’anima, e porre Lui come centro di tutti i nostri pensieri e le nostre affezioni; bisognerebbe saper dire, come l’Apostolo Filippo: « Mostrateci il Padre e ci basta, » (Giov. XIV, 8), (S. Ambr.); o con S. Paolo: « Il Cristo è la mia vita » (Filip. I, 21), e: « Io vivo, ma non sono più io che vivo, ma Gesù-Cristo che vive in me. » (Galat. II, 20). – È la parola di un’anima costantemente applicata a Dio, di una misericordia infaticabile, castità immutabile, con un digiuno continuo, una liberalità inesauribile (S. Hil.). – « Io sono tutto a tutti » è quanto non può fare chi sia avido di ricchezze, di onori e di dignità. Per un gran numero, non è molto conoscere Dio. Quanti popoli, nazioni, trovano troppo piccolo e stretto Colui che è al di sopra di tutto; il Figlio di Dio, in cui tutto si trova concentrato, non è molto per essi! È così che questo ricco del Vangelo, a cui Gesù diceva: « Se vuoi essere perfetto, vendi tutto ciò che hai e danne il ricavato ai poveri, » (Matth. XIX, 21, 22), non giudicò che Dio gli fosse sufficiente. Egli si rattristò come se gli si comandasse di abbandonare molto più che ciò che doveva scegliere. Solo può dire: « Io sono vostro » chi può dire pure: « Ecco che noi abbiamo lasciato tutto e vi abbiamo seguito. » (Matth. XIX, 27). È la dichiarazione fatta dagli Apostoli, ma non da tutti gli Apostoli; perché anche Giuda era un Apostolo, era seduto con gli altri Apostoli a tavola con Gesù-Cristo; egli pure diceva: « io sono vostro, » ma solo con la bocca e non con il cuore. Satana venne ed entrò nella sua anima (Joan. XIII, 37) e poté dire: egli non è più vostro, Gesù, egli è mio; egli mangia alla vostra tavola, ma è con me che si nutre; egli riceve da voi il pane, da me ottiene la somma di denaro; egli beve alla vostra coppa, ma mi vende il vostro sangue; egli è vostro Apostolo, egli è il mio mercenario … il Re-Profeta aggiunge: « Perché ho cercato i vostri precetti pieni di giustizia; » cioè io non ho chiesto nulla agli altri, ho desiderato solo di essere vostro … è nei vostri comandamenti tutto il mio patrimonio. Io non voglio possedere nulla che non vi appartenga, le vostre parole sono luminose ai miei occhi come l’argento più puro; in una parola: Dio è la mia eredità: « Io sono vostro, perché la parte della mia eredità non è né nell’oro, né nell’argento, ma in Cristo-Gesù. » (S. Ambr.). 

ff. 96. – « I peccatori mi hanno atteso per perdermi; » cioè sull’esempio dei primi persecutori, essi sono ricorsi ad ogni genere di supplizi, a tutti gli artifici della persuasione, ma non hanno potuto far deflettere la mia risoluzione. La fede ha trionfato di tutte le seduzioni del mondo, come pure di tutti i suoi tormenti, di tutte le sue minacce, … orbene ci sono stati molti che si sono sforzati di portarmi al peccato e comunicarmi questo contagio mortale di cui sono affetti … ma io sono rimasto insensibile a tutti gli attacchi, le seduzioni dei peccatori non hanno potuto stornare la mia anima, né la mia intenzione circa lo studio e la meditazione delle vostre leggi divine: « Io mi sono applicato a comprendere la vostra testimonianza; » perché se non l’avessi compresa, i peccatori mi avrebbero infallibilmente perduto. Ma ciò che la mia intelligenza ha compreso, io l’ho tradotta nelle mie opere, perché la vera intelligenza è quella che ha per essa la testimonianza ed il sostegno delle opere (S. Ambr.). – « Io ho visto la consumazione di tutte le cose. » Ci sono diversi generi di consumazione; si dice della malizia che è consumata quando ha riunito tutte le finezze, tutti gli inganni per nuocere e per perdere; si dice della virtù, della saggezza, della giustizia, che sono consumate quando hanno raggiunto il più alto grado a cui possono elevarsi. I peccati hanno pure la loro consumazione, quando sono coperti, espiati dalla misericordia di Dio e dal sangue dell’Agnello che è venuto a cancellare i peccati del mondo (S. Ambr.). – Tutto ciò che c’è di più perfetto in questo mondo ha i suoi limiti e la sua fine, ma i Comandamenti di Dio sono di una estensione infinita, la malizia più raffinata ha questi limiti prescritti dalla giustizia di Dio. Infine tutto sarà consumato un giorno dal Giudizio finale, che sarà la fine di tutte le cose; ma la verità di Dio sussisterà eternamente. –  Il vostro comandamento è estremamente largo. » Noi leggiamo nel Vangelo che la via che porta in cielo è stretta (Matth. VII, 14). Come può dire il Profeta che il comandamento di Dio è estremamente largo? È giusto perché in una via sì stretta, è necessario che il comandamento sia molto largo; è ciò che dice diversamente lo stesso Profeta: « Nella tribolazione, mi avete messo al largo. » (Ps. IV, 2); ed ancora: « Io ho invocato il Signore nella tribolazione, Egli mi ha esaudito e messo al largo. » (S. Ambr.). – È un comandamento largo quello della carità, questo doppio comando che prescrive di amare Dio ed il prossimo; perché c’è nulla di più largo di un precetto dal quale dipende tutta la legge ed i Profeti? (S. Agost.). – Cosa c’è di più largo del precetto della carità, che si estende finanche ai nemici, che ci comanda di essere in pace con tutti gli uomini, di benedire coloro che ci maledicono, di pregare per coloro che ci perseguitano? (S. Ambr.).- Cosa è più largo di un comandamento che si estende come all’infinito ed abbraccia tutti i generi di virtù, tutte le differenti specie di grazia, di doveri, di uffici? Non si domanda a tutti di praticare le stesse virtù, ognuno ha ricevuto da Dio un dono particolare. Il Comandamento di Dio è dunque largo, nel senso che si estende a tutto ciò che fa l’oggetto della nostra speranza, e a cui non è difficile obbedire, purché ne abbiamo la volontà, poiché si adatta e si accomoda a tutte le condizioni, a tutte le circostanze della vita (S. Hil.). – La via stretta è una via larga, e benché sia vero che i santi debbano camminare in questo mondo per un sentiero stretto, essi non lasciano di camminare in un cammino spazioso … « Il vostro comandamento è estremamente largo. » Che vuol dire questo santo Profeta? Certo, il comandamento è la via per la quale dobbiamo avanzare; da dove viene che il Salvatore ha detto: « Se vuoi pervenire alla vita, osserva i comandamenti. » – Le vie di Dio e gli ordini del Signore, sono la stessa cosa nelle Scritture. E come è dunque che è detto che le vie di salvezza sono strette? Ah! Sentiamo in noi stessi ciò che il Signore ha sentito; Egli si è messo allo stretto, al fine di spandersi più abbondantemente; così noi dobbiamo essere in una salutare stretta per dare alla nostra anima la sua vera estensione. Contraiamoci, controllando i nostri desideri, mortificando la nostra carne; mettiamola allo stretto con l’esercizio della penitenza, e la nostra anima sarà dilatata dall’ispirazione della carità. « La carità allarga le vie, dice il mirabile S. Agostino; è essa che dilata l’anima e la rende capace di ricevere Dio. » (BOSSUET. I° Serm. Vêt. d’une nouv. cath.).

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Autore: Associazione Cristo-Re Rex regum

Siamo un'Associazione culturale in difesa della "vera" Chiesa Cattolica.