H. Ramière: S. J.
Il cuore di Gesù e la divinizzazione del Cristiano (2)
[chez le Directeur du Messager du Coeur de
Jesus, Tolosa – 1891]
PRIMA PARTE
CONSIDERAZIONI
GENERALI
Capitolo I.
DIO CHIEDE DI ESSER GLORIFICATO MEDIANTE LA DIVINIZZAZIONE DELL’UOMO
Dio vuol far
felici gli uomini comunicandosi ad
essi.
Dio ha fatto tutto per la sua gloria: è
questala verità fondamentale che dobbiamo porre come base della dottrina che
andremo ad esporre. Nessun’altra ragione avrebbe potuto far sì che Dio,
infinitamente ricco e felice, lasciasse il suo riposo per creare il mondo. Chi
esiste da solo deve avere in sé tutto ciò che è necessario per la sua
perfezione e felicità. La sua infinita bontà, essenzialmente comunicativa,
potrà creare dal nulla migliaia di creature, ma ciò che cercherà in esse e ciò
che troverà in esse, sarà se stesso e sempre se stesso. La sua facoltà di amare
è certamente infinita. Ma, per quanto infinita possa essere, è completamente
soddisfatta della sua infinita amabilità. Egli aveva la libertà di creare o di non
creare; ma, una volta determinatosi a produrre qualcosa di sé, non era in suo
potere dargli un fine diverso da se stesso, poiché solo Lui può essere il fine
delle sue azioni. Non poteva, senza distruggersi, che desiderare di condurre
tutto a se stesso. È la legge del suo Essere; legge gloriosa imposta dalla
sovrana perfezione della sua Essenza alla sua onnipotente volontà, per cui,
essendo il primo inizio di tutte le cose, Egli ne è anche l’ultimo fine. Dal
momento in cui ha creato il mondo, l’unico fine della sua saggezza poteva
essere solo quello di compiacersi ed amarsi nelle sue opere. È impossibile
respingere questa prima legge senza negare le prove e senza distruggere la
nozione di Dio e la nozione di creatura. – Considerata questa verità, possiamo
affermare che Dio vuole essere glorificato dalla divinizzazione dell’uomo. Le
creature razionali, come gli Angeli e gli uomini, sono tra tutte, quelle che
meglio rappresentano la perfezione divina. Sono i meglio disposti a ricevere la
felicità di Dio. Pertanto, Dio si glorificherà specialmente in loro,
realizzando i piani amorosi che lo hanno spinto a trarre le cose dal nulla. Dio
realizzerà la gloria attraverso la creazione dell’anima, sostanza spirituale ed
immortale, come Lui, la cui semplicità, immagine della sua ineffabile
semplicità, racchiude in sé stessa una tanto meravigliosa fecondità di atti e
di potenze. Ma questa gloria non è se non il principio che Egli intendeva darle
ad essere, perché il suo fine è quello di essere glorificato principalmente
attraverso la felicità della creatura razionale, attraverso lo sviluppo delle
sue facoltà, attraverso l’amicizia che Egli desidera con essa.
La natura di questa felicità.
L’uomo non poteva che aspirare alla
perfezione e alla felicità naturale. La pienezza della conoscenza, dell’amore,
la gioia di Dio nelle creature, uniti all’assenza di dolore e alla certezza
dell’immortalità, avrebbero formato lo sviluppo delle facoltà dell’uomo e la
sua naturale beatitudine. Questa felicità gli sarebbe bastata. Dio non doveva
più nulla alla sua creatura. Anche se non le avesse concesso nessun’altra
perfezione, questo solo sarebbe stato sufficiente a costringerla a legarsi a
Lui con i vincoli della riconoscenza. La sua giustizia sarebbe stata del tutto
soddisfatta e nient’altro avrebbe preteso la sua saggezza. – Ma quello che
sarebbe bastato alla sua saggezza e giustizia, non accontentava la sua bontà.
La felicità naturale non poteva sembrare sufficiente al bisogno che Dio prova
nel comunicarsi. Con un atto di grande comunicazione, Egli si è dato all’uomo.
Lo ha reso partecipe della sua natura, della sua luce e del suo amore. Si è
costituito oggetto della nostra felicità, ammettendoci alla visione della sua
bellezza ed al godimento della sua infinita bontà. Guardate l’uomo, argilla
viva, posto a perfezione della sua natura come capo della creazione, un tempo perso
negli abissi del nulla, ora è elevato da Dio ad un’altezza incommensurabile, ad
un mondo che è in cima della creazione. Per questo viene giustamente chiamato “ordine
soprannaturale” il destino dato alla creatura razionale, quello di godere per
tutta l’eternità della stessa felicità di Dio, dopo aver avuto a sua
disposizione, sulla terra, i mezzi per raggiungere un fine tanto eccelso.
L’Ordine
soprannaturale.
Questo ordine soprannaturale è al di
sopra della natura malata e contaminata dell’uomo e della più pura natura
angelica. Il minore degli atti che appartengono a quest’ordine è più eccellente
dei più ammirevoli prodigi dell’ordine naturale! In verità, questi atti sono
atti divini, Intendo atti divini per comunicazione, come gli atti di Dio. sono
divini per natura. Preghiamo il Cuore di Gesù che ci dia la grazia di
contemplare alcune delle sue magnifiche funzioni racchiuse nelle loro gloriose
oscurità. Ma qual è il fine soprannaturale? Il fine naturale è la conoscenza,
l’amore e il possesso di Dio, in quanto si manifesta a noi e dona Se stesso
alle sue creature. Molto diverso e più alto è il fine il cui oggetto è la conoscenza
di Dio contemplato in Se stesso e con la sua stessa luce; la gioia di Dio amato
con il suo stesso amore; il possesso della sua stessa felicità. Il fine
soprannaturale consiste nella comunicazione della propria felicità da parte di
Dio. L’anima che ha raggiunto questo fine beato, non vede Dio nella creazione
come in uno specchio, ma lo vede faccia a faccia; dirige i suoi sguardi al centro
stesso della Luce eterna; annega nell’oceano che riempie di infinita pienezza
l’infinita capacità di Dio stesso; entra nella gioia del suo Signore; si
inebria nel torrente delle divine delizie. Come l’intelligenza riprodurrà in se
stessa l’immagine degli oggetti a cui è applicata, l’anima, penetrata dai
bagliori della chiarezza divina, e dagli ardori della carità divina, diventa
interamente come Dio. E si unisce a Lui
con i legami di un amore così delizioso ed irresistibile, tanto che essa stessa
diventa spirito. Il fine naturale dell’uomo è la sua divinizzazione. Il fine
soprannaturale dell’uomo è la sua deificazione. Tuttavia, tra questa
divinizzazione e il panteismo, c’è una distanza come quella che separa la
divinità dal nulla. Il panteismo, cercando di assorbire l’anima nell’infinito,
raggiunge invero solo il suo annientamento. Al contrario, nel fine
soprannaturale, l’anima conserva il suo essere, la sua personalità, le sue
facoltà, sa, ama e gode. Ma essa conosce mediante il Verbo di Dio, ama per mezzo dello Spirito di Dio e
gode della felicità di Dio. Tutte le cose rimangono distinte, anche se in Dio tutte
le cose sono fatte per questa felicità. Essa [l’anima] è tutta in Lui, ed Egli
è tutto in essa. Essa non è Dio, ma è divinizzata. Essa è davvero ammessa a
partecipare della natura divina; di modo che unendosi intimamente all’anima,
Dio la trasforma in Se stesso. – Tale dignità concessa alla creatura è
soprannaturale. È soprannaturale per l’uomo, ma lo è anche per il più perfetto
degli spiriti puri, per il più elevato dei serafini. Era per Adamo innocente,
come lo è anche per i suoi discendenti decaduti. Era soprannaturale in quanto
le nostre forze naturali non potevano ottenerla, né il nostro spirito
concepirla se non in maniera molto vaga, né i desideri naturali potevano orientarsi
verso di essa: « Perché né l’occhio vide – dice San Paolo – né l’orecchio udì,
né il cuore umano poteva immaginare ciò che Dio ha preparato per coloro che lo
amano ». Dio non ci doveva l’elevazione
a questo fine, né il farci assaporare questa felicità. Se lo ha fatto, è stato
per il libero esercizio della sua bontà. Egli ha agito liberamente sia quando
ci ha dato l’essere limitato e sia anche quando ci ha destinato, per mezzo
della elevazione, all’ordine soprannaturale, a possedere il suo Essere
infinito. Il secondo di questi doni è, se possibile, ancor più gratuiti del
primo.
La grazia,
principio e mezzo della nostra divinizzazione.
Il nostro destino verso il fine
soprannaturale è gratuito, ma non la sua retribuzione. Non avevamo alcun
diritto a che Dio ce lo proponesse; ma dal momento che Egli lo ha voluto, noi
abbiamo l’obbligo di ottenerlo. La creatura libera deve essere, insieme a Dio,
l’Autore della propria felicità: essa non può essere glorificata dal suo
Creatore nell’eternità se essa stessa non lo glorifica nel tempo. Ma, qual è il
mezzi per meritare la partecipazione della felicità di Dio? Se il merito deve
essere proporzionato alla ricompensa, non dovrebbe l’uomo disporre di mezzi
divini per meritare un fine divino? Certo che si! Questo spiega perché la
divinizzazione dell’uomo, che deve avere il suo coronamento in cielo, inizi
quaggiù per mezzo della grazia. La grazia è il seme della gloria. L’unione con
Dio implica la visione di Dio nella sua luce propria, l’unione con Dio
attraverso il suo proprio amore, e il godimento della felicità propria di Dio.
Anche nella grazia troveremo questi tre tipi di unione: la fede ci farà
conoscere Dio con la sua luce; la carità ci farà amare Dio con il suo stesso amore,
e la speranza ci farà tendere alla felicità di Dio. Ma la luce della gloria è
il sentire Dio presente, che si scopre a noi completamente, quella della fede è
il sentire Dio assente e solo manifesto nel suo Verbo. La gioia del cielo
deriva dalla sete sempre viva di un piacere che sazia sempre. La speranza della
terra sospira per questa felicità, senza essere ancora in grado di
raggiungerla. La carità del cielo abbraccia la bellezza infinita che ama, e
quella della terra l’ama senza poterla ancora abbracciare.
La gloria,
coronamento della nostra divinizzazione.
Gli atti delle virtù teologali, che sono
le principali forme della grazia, non differiscono dagli atti con cui l’anima
beata gode della gloria, se non nella misura in cui i primi hanno assente l’Oggetto
che i secondi hanno presente. Per quanto riguarda l’anima, il movimento è lo
stesso. Nel cielo essa si immerge nell’oceano della beatitudine divina in virtù
dell’impulso che ha ricevuto quaggiù con l’esercizio della virtù. Lo stesso
amore che spinge il martire sul patibolo, lo rende capace di gustare le delizie
ineffabili, una volta che la morte gli ha aperto le porte della patria. Dio si
dona a tutti gli eletti secondo le loro capacità, che sono maggiori o minori a
seconda dello sviluppo ottenuto sulla terra dall’esercizio delle virtù. Più sono
cresciuti nella loro anima, sulla terra, la fame e la sete di Dio, più essi saranno
saziati in cielo. – La grazia non è solo il seme della gloria, ma anche il suo
principio e la sua misura. Sia per grazia che per gloria, l’anima è comunicata
alla divinità. Infatti, ci sono due relazioni distinte nella vita intima di
Dio: l’una è insieme l’intelligenza infinita e la bontà infinita, l’attività
assoluta e il completo riposo. Questi due elementi sono ugualmente necessari
alla sua felicità. Non sarebbe essa infinita, se non consistesse nella
soddisfazione infinita di un tendenza infinita. – La vita divina, depositata in
principio nell’anima come un seme, si va sviluppando durante tutto il periodo
della crescita, fino a quando, giunta a piena maturazione, non produca il suo
frutto, che non è altro che la beatitudine del Paradiso. Se la grazia non fosse
una vera partecipazione alla natura divina, ci sarebbe una sproporzione tra il
fine ed i mezzi. Il merito soprannaturale non sarebbe in alcun modo merito, e
nell’ordine soprannaturale sarebbe solo un disordine. – Le Sacre Scritture
attribuiscono questa qualità alla grazia. Il giusto della terra, come il beato
del cielo, è un essere divinizzato. La sua divinizzazione è così reale che i
santi Dottori si affidano ad essa per dimostrare la divinità dello Spirito
Santo, che ne è l’Autore: « Non è forse necessario – chiede San Cirillo agli
ariani – avere un potere maggiore di quello di una creatura semplice per
divinizzare gli esseri che non hanno nulla di divino nella loro natura? Si può mai
concepire una creatura divinizzante? Solo Dio ha questo potere, e lo esercita,
attraverso il suo Spirito, comunicandolo alle anime sante, Egli che solo
possiede questa proprietà »; in virtù di questa comunicazione, l’uomo, che fino
ad allora ha vissuto solo una vita animale e razionale, inizia a vivere una
vita superiore, la vita divina. – Si tratta certamente di una seconda nascita!
La prima esistenza risale al giorno in cui un’anima spirituale venne ad animare
il suo corpo. si nasce la seconda volta, quando lo Spirito di Dio viene a
vivificare la sua anima! Da quel momento ci sono in lui due uomini che si
combattono, così come Giacobbe ed Esaù già si combattevano nel seno di Rebecca.
Quello, il figlio dell’uomo – Esaù – è più vecchio d’età. L’altro – Giacobbe -,
figlio di Dio, erede della promessa, si sforza di soppiantare suo fratello.
Come tutti i figli di Adamo, il Cristiano trova in sé gli istinti carnali che
lo inclinano alla terra. Queste ispirazioni sono combattute dalle ineffabili
aspirazioni che lo allontanano nel mondo e gli fanno disprezzare tutto quello
che lo circonda. L’uomo raccoglie in se stesso, con meravigliosa armonia, come
in un piccolo cosmo, tutte le forze che muovono l’universo: le fisiche, le
chimiche, le vitali, le spirituali. Dio completa il suo capolavoro donandogli,
con il suo Spirito, le forze divine. Questo Spirito, nell’abitare l’anima del
Cristiano, comunica all’intelligenza la mente di Dio! Diffonde nel suo cuore,
la carità di Dio, che diventa il principio di tutte le sue tendenze ed il filo
conduttore di tutte le sue azioni. L’animale è guidato dall’istinto, l’uomo è
guidato dallo Spirito di Dio!
Dottrina della
nostra divinizzazione.
Non dubitiamo che la vita soprannaturale
sia una vita veramente divina. Vita che non risulta dall’identificazione dell’Essere
creato con l’increato; che non suppone che l’uomo sussista per una personalità
divina, ma solo che operi divinamente. Egli conserva in tutta la sua integrità
il suo essere, la sua personalità, le sue facoltà. Ma a loro si aggiungono le
virtù, che sono come delle facoltà soprannaturali. Con queste virtù Dio stesso
si unisce sostanzialmente al Cristiano e lo rende parte della sua natura. – Nella
grazia c’è qualcosa di creato e qualcosa di non creato. Come in cielo i più Beati,
illuminati dalla luce della Parola di Dio, ricevono in se stessi una chiarezza
che li rende simili a questo Sole divino e capaci di unirsi a Lui; così sulla
terra, l’anima, unita dalla grazia allo Spirito Santo, riceve, sia con
movimenti passeggeri, sia per mezzo di qualità permanenti, l’influenza dello
Spirito Divino. Così come nel cielo il lumen gloriæ non impedisce che
l’unione dell’anima con il Verbo di Dio sia immediato, così, sulla terra, la
grazia creata non impedisce che l’anima sia unita allo Spirito Santo
immediatamente.
La nostra
divinizzazione consiste nel possesso della Persona stessa dello Spirito Santo.
La divinizzazione dell’uomo non è una
metafora vana. È la più reale di tutte le realtà. I Santi Dottori che hanno
ricevuto da Dio la missione speciale di combattere gli errori sullo Spirito
Santo, sembrano non trovare un’espressione abbastanza energica per farci
palpare l’intimità dell’unione, per mezzo della quale Esso viene a comunicarsi
all’anima del giusto: una volta si esprimono con il paragonare l’unione del
profumo con l’abito completamente penetrato del suo profumo (S. Cirillo di A.
l. IX, in lo. MG: 74, 447); altra volta con l’unione dell’oro al metallo meno
nobile, che assume per suo mezzo il medesimo splendore (S. Cirillo di A. Dial..
VIII, de Trinitate et l. V in lo. MG:75, 1075 e 73, 705) ; o ancora all’azione
con cui il fuoco trasforma il ferro, comunicandogli tutte le sue proprietà
ignificandolo in un certo modo, senza per questo sottrargli la propria natura
o, in fine, alla comunicazione delle proprietà dal vino alla goccia d’acqua in
esso introdotta (S. Bas. I. V. adv.
Eunomium Max. M.G.: 29, 700). Se questa unione non fosse sostanziale, non potrebbe
produrre gli effetti che le vengono attribuiti: il liberarci dalla morte riempire
di vita il nostro spirito; restaurare il nostro spirito; restaurare in noi
l’immagine divina; cancellare il peccato, e fare di noi stessi dei figli
adottivi di Dio. Questi santi Dottori, affermano che l’unione dello Spirito
Santo con la nostra anima, produce in essa atti e abitudini inerenti all’anima,
per il bene dell’anima stessa, e perché sia costituita in uno stato
soprannaturale. Solo i luterani hanno osato dire che la giustificazione
consistesse nella semplice applicazione della santità di Dio, e non in un dono
insito nell’anima e creato come essa. I Dottori cattolici non hanno mai
dubitato che ci sia nell’anima una luce soprannaturale creata, che è la fede, e
un amore soprannaturale creato, che è la carità. Inoltre, ciò che insegnano i
Santi Padri è che l’alta dignità e l’esaltazione della natura umana non
consista tanto nella ricezione di questi doni creati, ma piuttosto nel possesso
de della Persona dello stesso Spirito Santo, che si unisce ai suoi doni, e per
mezzo di essi abita in noi, ci vivifica, ci adotta, ci divinizza e ci incita a
compiere ogni sorta di buone azioni. (Corn. Alapide, in Oseam, l. 10). Abbiamo
visto quindi il fine elevato a cui sono ordinati tutti i piani della
Provvidenza: la divinizzazione dell’uomo e delle creature razionali. Per
raggiungere l’anima, Dio per suo aiuto alla creazione malata, manda i suoi
Angeli, il cui mistero più glorioso è quello di educare le anime per prepararle
alla loro celeste eredità. Le creature materiali contribuiscono con tutta le
loro forze a questa grande opera. « Gemono – dice San Paolo – e soffrono i
dolori di un parto doloroso, e sono chiamate a collaborare alla produzione dei
figli di Dio ». Qual giorno sì felice in cui culminerà di questa grande opera
dell’Altissimo! Allora la creazione malata tornerà, attraverso l’uomo,
all’inizio, donde proviene. L’Infinito, che in qualche modo è uscito da sé
stesso per il desiderio della creazione, tornerà a se stesso per riposare, per
l’eternità, con le anime che avranno collaborato ai suoi progetti. Il cerchio
divino sarà così chiuso. Tutta la creazione spirituale vivrà della vita divina
e la comunicherà alla creazione materiale, ad essa unita mediante l’uomo come
un prezioso anello. Il Creatore, pienamente glorificato dalla sua creatura,
rifletterà in essa la sua gloria: Dio sarà tutto in tutte le cose!
Capitolo II
DIO CHIEDE DI ESSERE GLORIFICATO PER MEZZO DI GESÙ CRISTO
Il Verbo
incarnato, Mediatore tra Dio e gli uomini
Il principio fondamentale della Divina Provvidenza
è che tutte le creature tendono alla gloria di Dio, riproducendo in misura
finita le sue infinite perfezioni. Poiché Dio è una beltà assoluta, non può dare
alle opere delle sue mani altro modello che non sia Se stesso. Il suo amore
infinito non può creare delle volontà razionali, che non siano felici di
possedere la sua infinita bontà. Corrisponde in Sé, come primo Principio di
tutte le cose, per esserne l’ultimo fine. Un fine che l’uomo deve raggiungere
non come egli vuole, ma che sia conforme al decreto di Dio, attraverso la sua
divinizzazione. Dio potrebbe, senza alcun intermediario, comunicare all’uomo la
sua grazia, elevarlo all’ordine soprannaturale e riportarne la gloria che ha il
diritto di aspettarsi da lui. Ma Dio ha dato al suo lavoro una bellezza ed una
perfezione che nessuna intelligenza creata avrebbe potuto immaginare. Per
colmare la distanza che lo separava dall’uomo, Egli istituì un Mediatore, il
Verbo incarnato, Gesù Cristo nostro Signore, nel quale sono raccolte, senza
confusione, tutte le perfezioni della natura umana e della natura divina.
Secondo un’opinione teologica, difesa da grandi teologi e i cui fondamenti si
trovano in San Paolo, l’Incarnazione del Verbo fu decretata prima della caduta
di Adamo (non parliamo della priorità temporis sed signi), come
manifestazione suprema della gloria divina. Se è così, ci viene presentato Gesù
Cristo come fine ultimo e Signore di tutta la creazione e come oggetto
principale ed eterno nella mente del Creatore. Un’altra dottrina insegna che
non solo la Redenzione, ma anche l’Incarnazione sia stata decretata come
conseguenza in previsione del peccato originale. Questo la mette in evidenza
molto meno è vero, perché forse fa pensare che la più grande opera di Dio sia
un rimedio a cui, senza la colpa originale, non si sarebbe posto mano (Curci, La
Nature et la Grâce). Anche i difensori di quest’ultima opinione sostengono però
che il Verbo Incarnato sia davvero il fine di tutte le creature.
Il Verbo
incarnato è il fine di tutta la creazione.
I teologi di entrambe le opinioni
concordano nell’affermare che il Verbo incarnato è il fine di tutto ciò che
esista, e questo è sufficiente per la presente questione: « Dio – dice
l’erudito Ruperto, – si è comportato con il suo amatissimo Figlio, come un
grande e potente monarca si comporta con l’erede alla sua corona. Costruì per
lui un magnifico palazzo, riccamente arredato, e lo circondò di una corte che
era in relazione alla sua dignità. Poi per lui creò la terra, per lui accese
migliaia di fiaccole scintillanti, al suo servizio creò dal nulla una quantità
innumerevole di angeli, e noi non siamo così schietti – dice il pio Dottore –
da pensare che Egli non avesse alcuna intenzione di creare l’uomo prima della
caduta degli Angeli. La verità è che non sono stati gli uomini ad essere creati
per gli Angeli ma, sia gli Angeli che tutte le creature, abbiano ricevuto il
loro essere in previsione di un uomo, che è Nostro Signore. Crediamo dunque e
confessiamo con la bocca e con il cuore che tutto sia stato creato per formare
come una corona di gloria al Verbo incarnato (lib. Lib. XIII in Math. Lib. III
de Glorificatione Trinitatis). – Pure in questo senso, diversi Padri della
Chiesa interpretano le parole del libro dei Proverbi: Il Signore mi ha
posseduto, ha fatto di me l’inizio delle sue vie prima di ogni altra cosa. Le
sue vie sono le creature che procedono verso Dio, come un sentiero conduce alla
fine del cammino; ma, prima di tutte quelle creature, Dio mi ha visto e mi ha destinato
già allora ad essere la fine di tutta la creazione. – Allo stesso modo, sono
spiegate nell’Apocalisse, le parole di Nostro Signore: Ego sum alpha et omega,
principium et finis. Io sono il principio, perché io do l’essere a
tutte le cose della natura, della grazia e della gloria a titolo di causa
prima, esemplare e meritoria. Io sono il fine, perché tutto è fatto per la mia
gloria, affinché tutto venga da me come dal suo principio primo, e tutto
ritorni a Me come all’ultimo fine. « L’intero universo – ci avverte San
Bernardino da Siena – è come una sfera intellegibile, il cui centro è il Figlio
di Dio ». Infatti, questo amabile Maestro è, per il mondo, ciò che il centro è
per la circonferenza. Tutti i raggi, convien sapere, tutte le creature partono
da quel punto e vi convergono contemporaneamente ».
Gesù Cristo è la
causa dell’unità armonica della natura umana, della sua
perfezione e felicità.
Al di fuori di Gesù Cristo, la natura
non può trovare un’unità armoniosa che debba essere la sua perfezione e la sua
felicità; fuori dal quale si trova solo divisione, lacerazione, lotta,
debolezza, fiacchezza, irrequietezza, disperazione. In Gesù Cristo, le lotte si
placano, le contraddizioni cessano, le parti opposte si riconciliano. Si ammira
il volto del Divin Salvatore e si vedono i Santi che, come specchi viventi,
hanno riflesso i suoi tratti benedetti. Nella serenità di quelle fronti, nel
brillare di quegli occhi, nella dolcezza di quelle labbra, non si scoprono
forse i sentimenti che costituiscono la grandezza dell’animo umano? Le potenze
spirituali sono state trasformati in strumenti docili della ragione. Le
passioni, dirette ai loro veri fini, collaborano affinché la virtù possa
raggiungere una vera ricchezza, la vera grandezza, le vere gioie. L’intelligenza,
trovando nella verità assoluta il sommo Bene, la sicurezza di possedere
eternamente l’unico obiettivo di tutte le aspirazioni dell’anima e di godere di
Esso, secondo i sacrifici fatti per lo stesso nel tempo, unisce
indissolubilmente l’interesse e il dovere, e non permette di separare la
felicità della vita presente da quella della futura. – Il Cuore di Gesù Cristo
è l’unità divina del cuore umano che, al di fuori da Esso, rimane lacerato. In
Lui e attraverso di Lui, l’umiltà, allontanandosi dalla ricerca della grandezza
nel nulla, ce la fa trovare in Dio. In Lui la forza, appoggiata a Dio, e non
avendo bisogno di sforzi violenti per sostenersi, si unisce alla dolcezza più
ammaliante. In Lui il cuore affettuoso trova il nutrimento che gli evita di
correre dietro a piaceri vergognosi e diventa tanto più capace di amare tutto
ciò che è amabile, tanto più acquista padronanza dei suoi appetiti. In Lui,
l’amore della verità incoraggia l’intelligenza a raggiungere il suo scopo,
tanto più umile e docile è l’abbracciarla, quando più si lancia spontaneamente
sulle ali della fede alla sua ricerca.
Cristo è il
nostro fine perfezionante
Questo è l’uomo come lo ha fatto Gesù
Cristo: uno, perfetto, sereno e immutabilmente pacifico. Prima di Gesù Cristo,
l’uomo era un edificio crollato le cui pietre, violentemente separate l’una
dall’altra, sembravano non riuscire mai a ricongiungersi. La pianta di
quell’edificio era andata perduta e gli architetti che avevano cercato di
ricostruirlo, l’avevano ancor più mutilato. Gesù Cristo è venuto e ci ha
mostrato in sé l’edificio divino ricostruito con una grandezza che non aveva
mai avuto. Sta a noi trovare in Lui l’unità che cercheremmo invano al di fuori
di Lui. Gesù Cristo è l’uomo perfetto, l’uomo esemplare, l’uomo per eccellenza.
Quando Dio Padre lo ha dato al mondo, ci ha detto: questo è l’ideale che ho
concepito fin dall’eternità, e che invito tutti voi a realizzare al meglio
delle vostre capacità. Lo scopo dei nostri sforzi deve essere quello di tendere
verso Gesù Cristo. A proposito di ciò Sant’Agostino scrive: « Dovete mirare a
Gesù Cristo, perché Egli è il vostro fine. Ma non un fine che consuma, ma un
fine che conclude; perché consumare è distruggere; concludere è finire e
perfezionare una cosa: Gesù Cristo è il nostro fine, perché siamo perfezionati
in Lui e da Lui; la nostra perfezione è in Lui che giunge; e quando lo
raggiungeremo, avremo trovato la felicità. »
Gesù Cristo è il
nostro fine, perché
glorifichiamo Dio Padre, glorificando suo
Figlio.
Questa è la mirabile dottrina di San Paolo.
Per l’Apostolo delle genti, Gesù: « è il primogenito di tutte le creature,
perché tutte le cose del cielo e la terra sono state create in Lui: le cose
visibili e invisibili, i troni, le dominazioni, i principati, le potenze, tutto
è stato creato da Lui. Egli esiste prima di tutte le cose, e tutte le cose
sussistono in Lui. Egli è la testa e il capo del corpo della Chiesa; è il
principio assoluto ed il primogenito tra i morti; affinché Egli possa avere il
dominio su tutto. » Dio ha fatto di Gesù Cristo il fine a cui l’umanità deve
tendere, e ci fa capire che vuole che l’umanità lo glorifichi, glorificando il
suo amato Figlio in cui ha posto tutto le sue compiacenze, ed in cui abita
corporalmente la divinità. Gesù Cristo, venendo sulla terra, non aveva altro
scopo se non quello di glorificare Dio Padre, restituendogli l’onore che il
peccato gli aveva tolto: « Tutti hanno peccato – dice San Paolo – tutti hanno
bisogno della gloria di Dio ». Il Verbo incarnato, dice San Cirillo, è la
gloria di Dio che si manifesta agli uomini. Così capiamo perché, nella culla
del Bambino di Betlemme, gli Angeli annunciano che la gloria di Dio si
manifesta anche in cielo: Gloria in excelsis Deo. – Gesù
Cristo, per glorificare Dio Padre, trascorre i primi trent’anni della sua vita
in una oscura bottega, impegnato in un umile lavoro. Non c’è nessun altro
motivo principale nelle sue azioni durante la sua vita pubblica. Al fine della
sua stessa gloria, non dà alcuna importanza: Honorifico Patrem. Non quæro
gloriam meam. Non sono da considerare – sembra dire – se non come
vittima di espiazione del peccato. La mia gloria non è nulla, come un nulla è
la gloria degli uomini: Gloria mea nihil est.
L’umiliazione e
la croce furono i prodromi del Regno di Cristo
Così come Dio Padre ha accettato che Cristo soffrisse per entrare nel regno dei cieli, è giusto che sia vestito con la veste della vergogna prima di essere circondato dall’alone della gloria. Le umiliazioni e la croce sono i preamboli obbligatori del regno glorioso che suo Padre invita a condividere con Lui. Mentre la passione si avvicina, Nostro Signore parla più volentieri della propria gloria ai discepoli. Predice poi loro che, quando sarà inchiodato al legno, il suo potere cambierà questo luogo di ignominia in un trono di gloria, al quale attirerà ogni cosa: Cum exaltatus fuero, omnia traham ad me ipsum. Nel suo ultimo discorso, che è come il canto del cigno, il testamento dell’amore, ricorda a suo Padre che è arrivata l’ora di glorificarlo: « Ho compiuto la missione che mi hai affidato; ora, Padre mio, è tempo di glorificarmi, di far risplendere la gloria che avevo in te, prima ancora della creazione del mondo. » Dio Padre ha ascoltato la voce del Figlio suo: al torrente di umiliazioni fa seguito un’esuberante manifestazione di gloria. – Dio fa uscire trionfalmente suo Figlio dal sepolcro. Lo fa sedere alla sua destra in cielo, al di sopra di tutti i principati e di tutte le potenze. Pone tutto sotto i suoi piedi e fa di Lui il Capo della Chiesa. Egli ordina che nel suo Nome ogni ginocchio sia piegato in cielo, in terra e negli inferi. Gli Apostoli fanno risuonare il nome di Gesù in tutte le regioni e la potenza del suo Nome fa meraviglie ovunque. – Così Dio Padre ha glorificato e glorificherà il Figlio suo e, come predice l’Apostolo San Pietro, per la gloria di suo Figlio, sarà Egli stesso glorificato. Così il magnifico piano che l’Apostolo ci indica si realizzerà, quando ci annuncia che tutta la creazione è stata fatta per noi, noi per Cristo e Cristo per Dio! Ammirevole è questa Gerarchia, in cui l’Uomo-Dio, ricapitolando e riassumendo in sé le perfezioni degli spiriti e dei corpi, costituisce il Mediatore tra la creatura ed il Creatore! Non possiamo concludere meglio questo capitolo se non citando la magnifica conclusione dei decreti promulgati dal Consiglio provinciale di Le Puy nel 1873. – « Se cerchiamo l’origine comune degli errori che abbiamo appena condannato, sarà facile vedere che provengono tutti dalla stessa fonte, cioè l’ignoranza ed il disprezzo per l’ordine soprannaturale. Quanti di coloro che hanno indossato Cristo nel Battesimo non lo conoscono! Quanti dimenticano la nobiltà divina che Egli ha conferito loro! I ministri della Santa Chiesa devono quindi fare ogni sforzo affinché i fedeli abbiano una conoscenza esatta dell’ordine soprannaturale, in modo che possano ammirare la sua meravigliosa unità e assaporarne l’ineffabile soavità. Perché le testimonianze di Dio offrono alla nostra intelligenza le luci più vivide, e sono per il nostro cuore più dolci del miele e del nettare. – Infatti, la verità che dobbiamo credere di cuore e confessare con la bocca non è altro che Cristo, il Verbo del Padre, di quel Padre che, dopo aver posto tutti le sue compiacenze nel suo Figlio prediletto da tutta l’eternità, ce lo ha mostrato nella pienezza dei tempi, non solo per farcelo conoscere, ma anche per renderci partecipi della sua divinità. Il grande sacramento dell’amore, il piano della bontà divina, è infatti quello di restaurare in Cristo tutto ciò che è in cielo e sulla terra; di unire a Lui, come al suo comune Signore, il mondo materiale e quello spirituale; di fare degli Angeli e degli uomini un corpo unico che vive della vita di Cristo e gode eternamente della sua gloria. Cristo è tutto in tutte le cose, perché tutto è da Lui, per Lui ed in Lui. Egli è l’alfa e l’omega, l’inizio e la fine. Solo Lui insegna Dio agli uomini, e li unisce a Dio, perché solo Lui è il mediatore tra Dio e l’uomo. Da Lui, come al suo principio, e in Lui, come suo fine, tutti sono stati creati. Esisteva prima della creazione, e nulla sussiste se non in Lui. Cristo è tutto in ogni uomo, a cui comunica la sua perfezione divina. Innestati in Lui mediante il Battesimo, gli uomini vengono elevati all’ordine soprannaturale, animati dallo Spirito di Cristo, che li rende figli di Dio, non solo in parole, ma anche in verità. Gesù non si vergogna di chiamarli suoi fratelli, perché è veramente unito a loro con un doppio vincolo: si è fatto partecipe della loro carne e del loro sangue, quando nel seno della Vergine Immacolata, che è insieme la Madre di Cristo e degli uomini tutti, è stato formato il corpo che a sua volta ha dato loro attraverso la santa Eucaristia, e volendo che partecipassero del suo Spirito, lo ha mandato alle loro anime, per mezzo del quale essi gridano: Abba Padre! Tale, dunque, è il destino della loro vita mortale: per crescere in Cristo, basta che, raggiunta l’età della maturità e raggiunto l’apice del merito, entrino a parte della gloria del loro divino Capo, così come saranno entrati in quella delle loro sofferenze. Cristo è tutto nella Chiesa, di cui è il corpo ed il suo complemento; vivendo dello Spirito di Gesù Cristo, si fanno opere simili alle sue, in proporzione ancora maggiore. Egli ha insegnato a tutte le nazioni la stessa dottrina che predicava in un altro tempo agli Ebrei; esercita ora la stessa autorità per mezzo del Vicario di Cristo e dei Vescovi, successori degli Apostoli; Egli non cessa di instillare che la stessa virtù; amministra la stessa grazia; cura le stesse malattie, e chiunque segue l’esempio di Gesù Cristo, suo Maestro, passando e facendo del bene, sarà oggetto di odio e di persecuzione. Ma la virtù del suo Capo divino lo rafforza; e nonostante sia continuamente combattuto, è sempre vittorioso, cura le nazioni con il sangue che sgorga dalle sue ferite e non cessa di vivificare il mondo, anche quando è permesso di godersi per un momento la vita. Cristo è tutto nelle famiglie e nella società. Infatti: se le famiglie devono dare a Cristo nuovo membri e proteggere la loro formazione, i popoli sono destinati ad unirsi al corpo di Cristo, che è la Chiesa, per promuovere la sua azione, per difendere la sua libertà, per contribuire al suo sviluppo. Solo realizzando questo fine, che si ha con la subordinazione a Cristo e alla Chiesa, i popoli e le famiglie possono trovare la loro stabilità, riposo e vera felicità. In effetti nessun altro Nome è stato dato agli uomini sotto il cielo nel quale possano trovare la salvezza; e nessuno può dare alla società altro fondamento di quello già stabilito: Gesù Cristo. – Infatti, Gesù Cristo è tutto in terra, alla quale ha fatto l’insigne beneficio di prendere in prestito il corpo che lo doveva trasportare molto presto verso le altezze del cielo. È il mondo il sublime laboratorio in cui lo scalpello del Salvatore scolpisce le pietre vive che saranno poste successivamente sulle mura del tempio divino. Citando quest’opera, in cui la saggezza di Dio opera da tutta l’eternità, cioè citando la produzione dei Santi per la formazione del Corpo di Gesù Cristo, se questi cessano di esistere, cessa la propagazione del genere umano, la cui unica ragione di esistenza è Cristo; e la natura che ora partorisce nel dolore e attende la manifestazione del Figlio di Dio, entrerà nella sua gloria alla completa rivelazione. Allora verrà la fine, perché tutto sarà stato sottomesso a Cristo e il Figlio stesso, con le sue membra, sarà completamente sottomesso a Colui che ha sottomesso tutto alla sua obbedienza; poi, entrambi, sia i suoi nemici, con i giusti supplizi che puniranno la loro ribellione, sia i suoi amici con la loro beatitudine, glorificheranno eternamente il suo potere, perché questo è eterno e non gli sarà portato via, e il suo regno non cadrà mai in preda alla rovina. – Piacesse al cielo che tutti i maestri della dottrina cristiana, attraverso l’assidua contemplazione della sua magnifica unità, fossero bruciati nel suo amore e riempissero tutti i cuori cristiani di questo stesso amore! Piacesse al Cielo che i fedeli, fissando costantemente lo sguardo su Gesù, autore e perfezionatore della fede, e vedendo in Lui la loro grandezza divina, si abituino a disprezzare il nulla delle cose visibili e temporali, ed a desiderare solo i tesori della gloria, che un giorno saranno la loro eredità in mezzo ai Santi! Piacesse al Cielo che gli occhi della loro anima, illuminati dalla luce, possano cogliere in un solo sguardo la longitudine, la latitudine, la sublimità e la profondità di questa eredità; per comprendere la carità di Gesù Cristo che è al di sopra di ogni scienza, ed essere pienamente ricolmi di Dio! »
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