TRADIZIONE DIVINA E SANTA SCRITTURA

Istruzione sulla Tradizione divina e sulla Santa Scrittura.

(L. Goffiné, Manuale per la santificazione delle Domeniche e delle Feste; trad. A. Ettori P. S. P.  e rev. confr. M. Ricci, P. S. P., Firenze, Tip. Calas. da A. Ferroni – 1869).

La tradizione divina è la parola di Dio non scritta ma uscita dalla bocca stessa di Gesù Cristo, o rivelata agli Apostoli dallo Spirito Santo, e comunicata dagli stessi Apostoli ai primi Fedeli, che l’hanno trasmessa si loro successori, da cui noi successivamente e come di mano in mano l’abbiamo ricevuta. Quando si dice che la tradizione è la parola di Dio non scritta, s’intende dire che non è stata scritta subito dagli autori sacri, come i libri canonici dei due Testamenti, quantunque sia stata scritta in séguito o dai Concili, o nelle opere de’ santi Padri e degli altri autori ecclesiastici, o nei decreti dei Sommi Pontefici etc. La tradizione divina è assolutamente necessaria: la sua necessità e la sua autorità sono fondate sulla Scrittura e sui Padri. La santa Scrittura è la parola di Dio scritta sotto la ispirazione di Lui: non si dice santa precisamente perché mira a Dio, né perché è stata scritta col soccorso e con l’assistenza di Dio, ma perché ha Dio per autore, che 1’ha ispirata e dettata ai sacri scrittori. La Scrittura si divide in Antico e Nuovo Testamento : l’antico Testamento contiene i libri santi scritti avanti Gesù Cristo, che sono in numero di quarantacinque. Il nuovo Testamento contiene i libri che riguardano la legge evangelica, e sono stati scritti da Gesù Cristo in poi: sono ventisette. Si chiama la Scrittura Testamento, perché racchiude l’alleanza che Dio ha fatta con gli uomini, e la sua ultima volontà, con la quale lascia loro i suoi beni, come avviene nei testamenti che si fanno tra gli uomini. – Ecco l’ordine e il catalogo dei libri della Scrittura, secondo il decreto del Concilio di Trento, Sess. IV. cap. I. – I libri dell’antico Testamento sono la Genesi, l’Esodo, il Levitico, i Numeri, il Deuteronomio, Giosuè, i Giudici, Ruth, i quattro libri dei Re, i due libri dei Paralipomeni. i due libri d’Esdra, Tobia, Giuditta, Ester, Giobbe, i Salmi, i Proverbi, l’Ecclesiaste, il Cantico dei cantici, la Sapienza, l’Ecclesiastico, Isaia, Geremia, Baruch, Ezechiele, Daniele, i dodici Profeti minori, cioè: Osea, Gioele, Amos, Abdia, Giona, Michea, Nahum, Habacuc, Sofonia, Aggeo, Zaccaria, Malachia; i due libri dei Maccabei.

I libri del Nuovo Testamento sono: il Vangelo di s. Matteo, il Vangelo di s. Marco, il Vangelo di s. Luca, il Vangelo di s. Giovanni, gli Atti degli Apostoli, le quattordici Lettere di s. Paolo: una ai Romani, due ai Corinti, una ai Galati, una agli Efesini, una ai Filippesi, una ai Colossesi, due ai Tessalonicesi, due a Timoteo, una a Tito, una a Filemone, una agli Ebrei; le due Lettere di s. Pietro, le tre di s. Giovanni, una di s. Giacomo, una di s. Giuda, e l’Apocalisse di s. Giovanni.

Alla sola Chiesa appartiene di determinare infallibilmente il senso e i libri della Scrittura.

Della lettura della Bibbia in volgare.

(Dell’Abate Glaire)

La lettura della Bibbia in volgare è stata il tema di vive discussioni. Così i Protestanti e i Giansenisti hanno accusato la Chiesa Cattolica:

1.° di non leggere la santa Scrittura in volgare nella celebrazione della sua liturgia;

2° di non permettere generalmente a tutti i Fedeli di leggerla;

3.° di abusare della sua autorità col proibirne la lettura.

Ma non ci sembra difficile il difender la Chiesa su questi differenti appunti.

1.° Quando la religione cristiana si stabiliva, la sinagoga celebrava i suoi uffizi pubblici in ebraico, lingua che non era più l’usuale; e Gesù Cristo e gli Apostoli, che rimproverarono ai Giudei tante loro costumanze, non condannaron mai, per quanto si sa, quest’uso. Ora abbiam noi più ragione di condannarlo? Aggiungiamo, che se vi fosse un obbligo rigoroso per la Chiesa di leggere la Scrittura in volgare, gli Apostoli non avrebbero mancato di farla tradurre nella lingua di tutti i popoli che essi convertirono alla fede. Qual monumento istorico vi è, che comprovi un simil fatto? e qual critico oserebbe sostenerlo?

Vi sono ben altri motivi ancora che possono giustificare la Chiesa Cattolica. In primo luogo vi è la grande difficoltà del tradurre i libri liturgici, senza alterarne il senso, e senza porre in pericolo la forma dei sacramenti: cosa che può dare motivo ad errori ed eresie. In secondo luogo la diversità delle lingue usate negli uffizi pubblici, non nocerebbe alla comunicazione delle varie chiese della cristianità? Un prete italiano, per esempio, non potrebbe offrire il santo sacrifizio della Messa che nel suo Paese; poiché, secondo i principj dei nostri avversari, i semplici Fedeli debbono intender la lingua usata nel pubblico esercizio del culto religioso, e principalmente per questa ragione essi vogliono imporre alla Chiesa l’obbligo di leggere la Scrittura in volgare. In terzo luogo finalmente la maestà e la dignità dei nostri divini Misteri sono tali, che non si potrebbero senza abbassarli ed avvilirli volgere in certe lingue rozze ed imperfette.

2.° Ma almeno, dicono gli avversari, perché la Chiesa non ne permette la lettura senza distinzione a tutti i suoi figli? Perché ella sa, come insegna l’Apostolo s. Pietro, che vi sono nella santa Scrittura dei passi che gli uomini ignoranti e di fede non salda potrebbero intender male a danno della loro salute. Pensano inoltre i Padri, e molti lo hanno notato, che vi siano nella Scrittura molte cose, le quali invece di edificare certi lettori gli scandalizzerebbero. In fatti quanti giovani non sarebbero posti al pericolo di guastarsi, se loro si mettesse in mano l’intera raccolta dei nostri santi libri? Quanti Cristiani d’ogni età, se leggessero un libro ove incontrassero ad ogni pagina cose di cui non intendessero il senso, correrebbero rischio di far naufragio nella fede! Bisogna prima aver fatto uno studio particolare del linguaggio familiare agli scrittori sacri, per non cadere a ogni momento in qualche sbaglio. Quante cose a prima giunta urtano, e quando sono spiegate appariscono naturali, buone e lodevoli! Aggiungi che permessa una volta a tutti indistintamente la lettura della Bibbia, un gran numero di persone la leggerebbero senza fede, senza umiltà, senza purità d’intenzione, come confessano che avviene gli stessi Protestanti più dotti, e come l’esperienza d’ogni giorno dimostra chiaro: e allora essa diverrà senza dubbio una cagione di scandalo e di caduta. Che se i nostri avversari ci dicano ancora, che i santi Padri esortano tutte quante le persone a legger la Scrittura, risponderemo: « Dateci dei cristiani così istruiti, così docili e così sottomessi come eran quelli a cui son dirette le loro esortazioni, e noi terremo loro il medesimo linguaggio. »

3.° Queste avvertenze sono più che sufficienti per giustificare la Chiesa dalla terza accusa lanciatale contro, di abusar cioè della sua autorità vietando la lettura della Bibbia ai Fedeli: poiché, se si è dimostrato che ci è pericolo per una certa classe di persone a leggere la santa Scrittura, non si vede come potrebbe contrastarsi alla Chiesa il diritto di proibire in certe circostanze questa lettura. Se la sinagoga ha esercitata questa autorità vietando la lettura dei primi capitoli della Genesi, di Ezechiello e del Cantico de’ Cantici, alle persone che non erano arrivate a una certa età, perché negare il medesimo diritto ai pastori della Chiesa cristiana; mentre sta ad essi il proibire ai Fedeli a loro affidati ciò che può nuocere? Così ne hanno usato in più Concilj, senza che mai alcun cattolico gli abbia accusati di usurpazione (Concilio di Tolosa, 1229; terzo di Milano sotto s. Carlo Borromeo; Concilio di’ Cambrai, 1586; concilio di Trento).

Dopo testimonianze sì autorevoli, non fa meraviglia :he i più gravi autori e i più rinomati teologi, come gli addetti alla facoltà teologica di Parigi, Gersone, Alfonso di Castro, il Soto, il Catarina, i Cardinali Du Pirron e Bellarmino, il Fromont e l’Ertius, abbiano riconosciuto il diritto che la Chiesa ha di una tal proibizione. Ma non sarà cosa inutile il dimostrare la falsità del principio, su cui i nostri avversari fondano le loro accuse. Il principio sta nel considerare come cosa necessaria, o almeno sempre vantaggiosa a tutti i Fedeli, il leggere la santa Scrittura. Or nulla vi è di più falso. Primieramente, non si verrà mai a provare la necessità di questa lettura per i semplici fedeli; non essendovi nessun testo della Scrittura ove questa verità sia asserita, e dall’altra parte la tradizione prova il contrario. (V. Iren., adv. hæres. 1. III, c. IV.; Tertull., de Præscript, c. XIV.; Clem. Alex., Pedagog., 1. III, c. II; s. August., de Doct. Christ.).

Dopo tutto ciò e perché la lettura della Bibbia sarà assolutamente necessaria ai semplici Fedeli? forse per conoscere le verità della fede? ma non possono apprenderle nei Catechismi e nelle predicazioni dei loro Pastori? Forse per credere? ma la fede è il frutto della sommissione alle verità insegnate dalla Chiesa, e non dell’esame. O finalmente per santificare il giorno del Signore? Ma dopo l’assistenza al santo Sacrifizio, e alle istruzioni cristiane, a quante altre opere di pietà non ci possiamo applicare? In secondo luogo, la lettura della santa Scrittura non è sempre utile ai Fedeli. Abbiamo provato di sopra che potrebbe anche esser loro dannosa. Il principio da cui si partono i nostri avversari è dunque falso, e per conseguenza i capi d’accusa che ne deducono sono senza fondamento. Per riassumere adunque ciò che avevamo da dire in quest’ultimo articolo concernente la Bibbia, diciamo:

1.° Che le versioni in volgare non sono proibite in modo assoluto dalla Chiesa Universale;

2.° Che le Chiese particolari, le quali le hanno proibite, non lo hanno fatto assolutamente e per tutti i Fedeli, ma solamente per quelli a cui questa lettura potrebbe recar danno;

3.° Che queste versioni non sono state proibite se non per certe circostanze, talché se tali circostanze cessassero, queste Chiese cesserebbero di proibir l’uso di quelle versioni;

4.° Che sebbene non sia generalmente proibito di leggere le versioni della Scrittura in volgare, quando sono state approvate dai Vescovi, nondimeno vi è del pericolo per i semplici Fedeli a farne uso senza averne chiesto consiglio al proprio parroco o al Confessore.

TUTTA LA MESSA (LA “VERA” UNICA CATTOLICA ROMANA) MOMENTO PER MOMENTO (7)

TUTTA LA MESSA MOMENTO PER MOMENTO (7)

[Aldéric BEAÜLAÇ, p. S. S.

Vicario & subdiacono (Montréal)

“TOUTE LA MESSE

Par questions et réponses”

TUTTA LA MESSA in Domande e risposte

(Nouvelle édition revue et corrigée)

3425, RUE ST-DENIS MONTREAL

Cum permissu Superioris,

EUGENE MOREAU, p.s.s.

Nihil obstat’.

AUGUSTE FERLAND, p.s.s.

censor deputatus

Marianopoli, die 28a martii 1943

Imprimi potest’.

ALBERT VALOIS, V. G.

Marianopoli, die 28a martii 1943

3 — Canone della Messa

192 — Cosa significa la parola Canone.

Canone è una parola greca che significa regola, una cosa fissa; in questo senso, le decisioni dei Concili si chiamano canoni e il diritto canonico si chiama legislazione della Chiesa. Il nostro Messale inscrive in capo alle preghiere che seguono il Sanctus le parole Canone missæ, Canone della Messa. Questa iscrizione indica la regola che si segue per consacrare il pane e il vino.

193 — Donde provengono le preghiere del Canone della Messa?

Il Canone della Messa è composto « dalle parole stesse di Nostro Signore, dalle tradizioni degli Apostoli e dalle pie istituzioni dei santi Pontefici » (Trid. sess. XXII, cap. IV).

Mancano alcune testimonianze storiche per determinare esattamente e dettagliatamente ciò che, nel Canone, provenga dagli Apostoli e ciò che sia stato poi aggiunto dai Papi. Tuttavia, sappiamo con certezza che San Gregorio Magno (+604) è l’ultimo che abbia fatto alcune aggiunte.

194 — Quali nomi si sono dati al Canon?

Al Canone sono stati dati vari nomi:

Preghiera per eccellenza, perché chiede il “dono” supremo, Gesù Cristo.

L’unzione, il mistero dell’Azione Santissima, da un’espressione latina agere causam, perorare una causa, o semplicemente agere nel senso di sacrificare, perché il Sacerdote che si sacrificherà perorerà, nella persona di Cristo e davanti al Padre suo, la causa della sua Chiesa universale.

Secretum Missæ, il segreto della Messa, per il mistero che nasconde, e soprattutto perché un tempo veniva recitato a bassa voce.

Anafora, dal greco “oblazione” che significa oblazione che si eleva a Dio.

195 — Quali sono i limiti del Canone?

Oggi il Canone della Messa inizia dopo il Sanctus e termina prima del Pater.

196 — Perché il sacerdote recita le preghiere del Canone a voce bassa?

È certo che nell’antichità il Canone veniva cantato in modo che potesse essere ascoltato da coloro che si trovavano attorno all’altare. Tuttavia, già nel IX secolo, la recita del Canone a bassa voce è un fatto compiuto e per molto tempo la rubrica ha prescritto la recita silenziosa del Canone: « il Sacerdote inizia il Canone a bassa voce dicendo… ».

Diverse sono le ragioni che spiegano la regola stabilita: l’immolazione del corpo e del sangue di Gesù Cristo è un privilegio sacerdotale e il popolo non può in alcun modo partecipare al suo esercizio; questo sacro silenzio è adatto a significare e a richiamare l’incomprensibile profondità dell’augusto mistero dell’altare; questo silenzio favorisce il raccoglimento ed esprime l’umiltà e il rispetto con cui la Chiesa compie il terribile Sacrificio.

Le preoccupazioni pratiche hanno indubbiamente favorito la scelta della preghiera silenziosa. È certo che il canto integrale del Ringraziamento ha richiesto uno sforzo da parte del celebrante che è stato tanto più laborioso quanto più sono state incorporate in esso diverse formule, estranee al testo primitivo, come i due Memento, le liste dei Santi nel Communicantes e Nobis quoque peccatoribus e le altre. In queste condizioni, la recita completa del Canone a bassa voce ha notevolmente sollevato il celebrante dal compito materiale.

197 — Spiegate la presenza dell’immagine di Gesù crocifisso davanti alle preghiere del Canone.

Gesù fu crocifisso su una croce che aveva la forma di una T maiuscola con cui inizia la prima parola latina del Canone. Fin dall’inizio, si è cominciato a decorare questa prima lettera nei messali e persino a metterci l’immagine di Nostro Signore. Questa immagine si è presto staccata dal testo e ha occupato una pagina speciale, come nei nostri moderni Messali.

4 — Te igitur

198 — Come si divide la preghiera Te igitur.

La preghiera Te igitur è divisa in due parti distinte.

a) Nella prima, il sacerdote raccomanda le oblazioni al Padre:

Te igitur, clementíssime Pater, per Jesum Christum, Fílium tuum, Dóminum nostrum, súpplices rogámus, ac pétimus, uti accepta habeas et benedícas, hæc dona, hæc múnera, hæc sancta sacrifícia illibáta, in primis, quæ tibi offérimus…

[Te dunque, o clementissimo Padre, per Gesù Cristo tuo Figlio nostro Signore, noi supplichiamo e preghiamo di aver grati e di benedire questi ✠ doni, questi ✠ regali, questi ✠ santi ed illibati sacrifici che noi ti offriamo …]

b) Nella seconda, il sacerdote ricorda la Chiesa militante universale, il Papa e il Vescovo:

«… pro Ecclésia tua sancta cathólica: quam pacificáre, custodíre, adunáre et régere dignéris toto orbe terrárum: una cum fámulo tuo Papa nostro et Antístite nostro et ómnibus orthodóxis, atque cathólicæ et apostólicæ fídei cultóribus

[… anzitutto per la tua santa Chiesa Cattolica, affinché ti degni pacificarla, custodirla, riunirla e governarla in tutto il mondo, insieme con il tuo servo e Papa nostro N., e col nostro Vescovo N., e con tutti i veri credenti e seguaci della cattolica ed apostolica fede.]

199 — Commentate la preghiera: noi ve le offriamo per la vostra Chiesa santa Cattolica.

« È necessario che io abbia nel mio pensiero la Chiesa Cattolica diffusa da Oriente ad Occidente », rispondeva il vescovo Fructuosus (+358) andando al rogo, a quel Cristiano che gli chiedeva di ricordarsi di lui nel suo martirio. Pregare per la Santa Chiesa è la grande devozione della liturgia, la devozione delle grandi anime, di coloro che, lasciando in secondo piano i loro piccoli interessi quotidiani, hanno come prima preoccupazione di vedere la Santa Chiesa bella con tutta la bellezza di Dio, potente nella sua azione e vittoriosa nelle sue lotte perpetue.

Tutti i sacerdoti pregano all’altare per la pace e l’unione di tutti i Cattolici sotto il governo dei loro legittimi pastori e per ciascuno dei membri che compongono la Chiesa. I fedeli in stato di grazia partecipano così all’influenza salutare delle migliaia di Messe celebrate ogni giorno nell’universo.

200 — Commentate l’intercessione a favore del Papa.

Pregare per il Papa è testimoniare che viviamo in comunione con il Capo della vera Chiesa. Il nome del Papa è formulato in tutte le Messe celebrate nell’universo.

L’omissione del nome del Papa nella Messa era considerata un errore enorme già nel V secolo; i Concili ne fecero un precetto rigoroso. Papa Pelagio X (+561) ha espresso ai Vescovi della Toscana il suo stupore per il fatto che il suo nome non fosse stato commemorato al Santo Sacrificio: « Come potete non considerarvi separati dalla comunione con l’universo – ha detto – se, durante i santi misteri e contro le consuetudini, passate sotto silenzio il ricordo del mio nome »?

201 — Commentate l’intercessione in favore del Vescovo.

La liturgia non solo coltiva l’attaccamento a Roma, ma rafforza anche l’unione con la Gerarchia episcopale. È attraverso i vescovi uniti a lui che il Papa diffonde in tutto il mondo il flusso di verità e di grazia di cui è fonte per mezzo di Gesù Cristo. Al Papa e al nostro Vescovo, la nostra venerazione e le nostre preghiere.

La menzione dei nomi dei Vescovi durante la Messa è una testimonianza della loro ortodossia. Al Concilio di Calcedonia (451) papa S. Leone M. (461) dichiarò che i nomi di Dioscoro di Alessandria e Giovenale di Gerusalemme e altri non potevano essere menzionati all’altare finché non avessero ritrattato i loro errori.

202 — Quali cerimonie accompagnano il Te igitur?

Il sacerdote alza gli occhi e le mani e subito le abbassa; si inchina profondamente e pone le mani unite sull’altare: è in questo atteggiamento che inizia il Canone. Bacia l’altare e con questi doni, regali e sacrifici fa tre segni di croce sul pane e sul vino.

Capo e interprete della comunità dei fedeli, il Sacerdote è consapevole della sua indegnità a mediare tra essa e il Padre (profonda inclinazione). Da Lui solo può venire tutto l’aiuto: per questo, implorando, alza gli occhi, le braccia e il cuore al cielo e lo prega con l’esortazione: “vi preghiamo e vi domandiamo”, affidandosi alla mediazione sacerdotale e ai meriti di Gesù Cristo (rappresentati dall’altare che sta baciando) per avere questi doni come graditi.

La parola “benedire” ha dato origine al triplice segno o benedizione dei doni offerti.

5 — Il Memento dei viventi

203 — Cosa significa la parola Memento?

La parola Memento significa “ricordatevi”. Qui il Sacerdote chiede a Dio di ricordarsi dei suoi servi e delle sue ancelle per metterli nello splendore del Sacrificio della Croce che la Messa prolunga, e di comunicare loro i suoi frutti.

Preghiera:

Meménto, Dómine, famulórum famularúmque tuarum N. et N. et ómnium circumstántium, quorum tibi fides cógnita est et nota devótio, pro quibus tibi offérimus: vel qui tibi ófferunt hoc sacrifícium laudis, pro se suísque ómnibus: pro redemptióne animárum suárum, pro spe salútis et incolumitátis suæ: tibíque reddunt vota sua ætérno Deo, vivo et vero.

[Ricordati, o Signore, dei tuoi servi e delle tue serve N. e N. e di tutti i circostanti, di cui conosci la fede e la devozione, pei quali ti offriamo questo sacrificio di lode, per sé e per tutti i loro cari, a redenzione delle loro ànime, per la sperata salute e incolumità; e rendono i loro voti a Te, o eterno Iddio vivo e vero]

204 — Cosa chiamate i frutti della Messa?

Il Sacrificio della Messa è sostanzialmente lo stesso del Sacrificio della croce. Non ha solo lo stesso valore del Sacrificio della Croce, ma anche la stessa efficacia del Sacrificio della Croce, con la differenza che ciò che è stato guadagnato per tutti gli uomini in modo globale dal Sacrificio della Croce, deve ora essere distribuito a ciascuno in particolare con la preghiera, i Sacramenti e, soprattutto, con il Santo Sacrificio della Messa. Questa efficace distribuzione attraverso ogni Messa celebrata, la chiamiamo il “frutto della Messa”.

Affinché l’oblazione dell’altare possa realizzare pienamente questa distribuzione dei meriti del Capo ai suoi membri, Dio doveva rendere la sua celebrazione alla portata di ciascuno dei fedeli. Quindi, era necessario non avere una sola Messa in un solo tempio, a Gerusalemme o a Roma, ma Messe ovunque e sempre.

205 — In quale misura si partecipa ai frutti della Messe?

Sull’altare, Cristo, Sommo Sacerdote, offre a Dio il suo vero corpo e il suo vero sangue. Non gli offre questi doni infiniti senza di noi, Sacerdoti e fedeli, membri del suo Corpo Mistico. Ovviamente i membri, che offrono tutti con Cristo, non hanno nell’oblazione lo stesso ruolo del Capo, che vi svolge la funzione principale, né dei Sacerdoti, che hanno il meraviglioso potere di essere sacrificatori. Noi collaboriamo all’offerta solo nella misura della nostra importanza nel Corpo Mistico. Ecco perché la partecipazione ai frutti della Messa è tanto più abbondante: a) quanto più sono perfette le disposizioni dell’Anima, b) quanto più è attiva la cooperazione nell’Atto del Sacrificio, c) quanto più intimo è il grado di unione con il ministro del Sacrificio, d) quanto il Sacerdote raccomanda un’anima più specialmente all’Attenzione Divina.

Con l’aiuto di questo principio è facile comprendere le seguenti verità: l’assistenza alla Messa che il Cristiano procura per la celebrazione, si aggiunge ai frutti che si è già assicurato con l’elemosina; i chierici o i laici, che assistono il Sacerdote, ricevono, secondo le loro disposizioni, la ricompensa della loro preziosa e così stretta collaborazione; Le persone pie che hanno ricamato gli ornamenti, fatto il lino dell’altare, gli impiegati della chiesa, i sacristani o altri, i Cristiani generosi che, con le loro elemosine alla colletta, le missioni o altro, contribuiscono a rendere i templi più belli e accoglienti, hanno diritto ai frutti delle Messe di cui contribuiscono a procurare la degna celebrazione.

206 — Per chi prega il Sacerdote al Memento dei viventi?

Le due lettere N. e N., all’inizio del Memento, avvertono il Sacerdote di menzionare qui per nome, secondo le prescrizioni della rubrica, alcune persone che desidera interessare più particolarmente al Santo Sacrificio.

Il Sacerdote raccomanda poi, a nome della Chiesa, gli assistenti e, con loro, tutti quelli a loro cari.

La scelta delle persone citate nel Memento è lasciata alla libertà del celebrante. Pregherà prima di tutto per colui per il quale sta celebrando la Messa. A questa intenzione ne aggiungerà altre secondarie e ricorderà i suoi parenti, gli amici, i benefattori spirituali e temporali, coloro che sono particolarmente affidati alle sue cure, le anime consacrate a Dio, i moribondi, ecc…

Sono piene di fede e di saggezza soprannaturale, le parole di un Cristiano generoso al seminarista di cui pagava la pensione: « Oh, non ringraziate me; sarò troppo ben ricompensato quando diventerete Sacerdote, se solo una volta pronunciato il mio nome al Santo Sacrificio ».

6 — Il Communicantes

207 — Quale dogma richiama il “Communicantes”?

Il Communicantes ricorda il dogma della Comunione dei Santi. Infatti, il Sacerdote e i fedeli hanno appena pregato in comunione con il Papa, con il Vescovo, con tutti i fedeli; ora egli prega in comunione con i Santi del cielo.

Preghiera:

Communicántes, et memóriam venerántes, in primis gloriósæ semper Vírginis Maríæ, Genetrícis Dei et Dómini nostri Jesu Christi: sed
et beatórum Apostolórum ac Mártyrum tuórum, Petri et Pauli, Andréæ, Jacóbi, Joánnis, Thomæ, Jacóbi, Philíppi, Bartholomæi, Matthæi, Simónis et Thaddæi: Lini, Cleti, Cleméntis, Xysti, Cornélii, Cypriáni, Lauréntii, Chrysógoni, Joánnis et Pauli, Cosmæ et Damiáni: et ómnium Sanctórum tuórum; quorum méritis precibúsque concédas, ut in ómnibus protectiónis tuæ muniámur auxílio. Per eúndem Christum, Dóminum nostrum. Amen.

[Uniti in una stessa comunione veneriamo anzitutto la memoria della gloriosa sempre Vergine Maria, Madre del nostro Dio e Signore Gesù Cristo:
e di quella dei tuoi beati Apostoli e Martiri: Pietro e Paolo, Andrea, Giacomo, Giovanni, Tommaso, Giacomo, Filippo, Bartolomeo, Matteo, Simone e Taddeo, Lino, Cleto, Clemente, Sisto, Cornelio, Cipriano, Lorenzo, Crisógono, Giovanni e Paolo, Cosma e Damiano, e di tutti i tuoi Santi; per i meriti e per le preghiere dei quali concedi che in ogni cosa siamo assistiti dall’aiuto della tua protezione. Per il medesimo Cristo nostro Signore. Amen.]

208 — Si fa memoria della festa del giorno al Communicantes?

Si fa menzione della festa del giorno al Communicantes solo nelle grandi feste di Natale, Epifania, Pasqua, Ascensione, Pentecoste, con le loro ottave, e nel Giovedì Santo.

Per la comodità dell’uso quotidiano, queste preghiere, di eccezionale utilità, sono inserite nel messale non nel corpo del Canone, ma nei “prefatio” propri delle suddette feste.

209 — Quali sono i santi che il Sacerdote nomina al Communicantes?

Al Communicantes, il sacerdote nomina la Beata Vergine, i dodici Apostoli e i dodici martiri romani (cioè nati a Roma o popolari in quella città, o perché le loro reliquie riposano e sono venerate nelle basiliche di Roma).

a) L’elenco evoca prima di tutto il nome di Maria con il suo titolo glorioso di Madre di Dio, che il Concilio Ecumenico di Efeso (431) le ha conferito. Come in ogni altro luogo, la Beata Vergine, Regina degli Apostoli, dei Martiri e di tutti i Santi, viene nominata qui per prima.

b) La vocazione, la vita e la morte degli Apostoli spiegano facilmente la menzione dei loro nomi nella liturgia.

c) Ai dodici Apostoli rispondono simmetricamente i dodici Martiri. Prima di tutto, i tre Papi che sono succeduti a San Pietro, ovvero S. Lino, S. Cleto e S. Clemente; poi altri due Papi: S. Sisto II e S. Cornelio. A questi Sovrani Pontefici, di cui in passato è si leggeva tutta la lista, il Canone aggiunge i nomi di altri sette martiri, di cui ha scelto di citare solo i più importanti. Questi sono S. Cipriano, vescovo di Cartagine, che visse e lottò per l’unità della Chiesa, S, Lorenzo, il grande diacono di Roma, e cinque laici: S. Chrysogone, un illustre romano, i due SS. Giovanni e Paolo, messi a morte per ordine di Giuliano l’Apostata, e i due SS. Cosma e Damiano, medici, decapitati dopo lunghe torture.

7 —  L’Hanc igitur

210 — Cosa domanda la preghiera Hanc igitur?

Questa preghiera insiste affinché Dio accetti con compiacimento l’oblazione dei suoi Sacerdoti e dei suoi fedeli e conceda loro la pace, la preservazione dall’inferno e le gioie del cielo.

Preghiera:

Hanc igitur oblatiónem servitutis nostræ, sed et cunctae famíliæ tuæ,
quaesumus, Dómine, ut placátus accípias: diésque nostros in tua pace dispónas, atque ab ætérna damnatióne nos éripi, et in electórum tuórum júbeas grege numerári. Per Christum, Dóminum nostrum. Amen.

[Ti preghiamo, dunque, o Signore, di accettare placato questa offerta di noi tuoi servi e di tutta la tua famiglia; fa che i nostri giorni scorrano nella tua pace e che noi veniamo liberati dall’eterna dannazione e annoverati nel gregge dei tuoi eletti.
Per Cristo nostro Signore. Amen.]

211 — Perché l’imposizione delle mani sulle oblazioni?

Il sacerdote stende entrambe le mani sull’ostia e sul calice, mentre recita la preghiera Hanc igitur, per mostrare che Gesù, che sta per scendere all’altare, è stato la vittima incaricata di espiare le nostre colpe. Questo gesto ricorda il Sommo Sacerdote che carica il capro espiatorio di tutti i peccati di Israele.

L’imposizione delle mani nel rito eucaristico è già raffigurata in un affresco della catacomba di Callisto (III secolo) ed è espressamente menzionata nei Canoni di Ippolito (IV secolo).

8 — Il Quam Oblationem

212— Cosa domanda la preghiera Quam oblationem?

Questa preghiera chiede un’ultima volta di benedire il pane e il vino affinché diventino il Corpo e il Sangue di Gesù.

Preghiera:

Quam oblatiónem tu, Deus, in ómnibus, quaesumus, bene díctam, adscríp tam, ra tam, rationábilem, acceptabilémque fácere dignéris: ut nobis Cor pus, et San guis fiat dilectíssimi Fílii tui, Dómini nostri Jesu Christi.

[La quale offerta Tu, o Dio, dégnati, te ne supplichiamo, di rendere in tutto e per tutto bene ✠ detta, ascrit ✠ ta, ratifi ✠ cata, ragionevole e accettabile affinché diventi per noi il Cor ✠ po e il San ✠ gue del tuo dilettissimo Figlio nostro Signore Gesù Cristo.]

Gesù Cristo è un’oblazione, una vittima benedetta in ogni cosa, sotto ogni punto di vista. La benedizione in questione è la consacrazione. Chiediamo quindi a Dio di benedire l’oblazione del pane e del vino, cioè di farne, attraverso la consacrazione, una fonte inesauribile di grazie e di benedizioni.

Chiediamo che questa offerta sia legittima, cioè conforme alla prescrizione e all’istituzione di Gesù Cristo.

Se l’oblazione è conforme alla volontà di Gesù Cristo e al suo comando: “Fatelo in memoria di me”, allora sarà ratificata, cioè vera e valida.

Il Sacrificio eucaristico è un’oblazione ragionevole, perché sull’altare viene sacrificato l’Agnello vivente di Dio, Gesù Cristo, l’Uomo-Dio, la ragione eterna, la Sapienza personale e increata.

Dotato di queste quattro qualità, questo Sacrificio è infallibilmente gradito a Dio, caro al suo cuore e degno di Lui.

La conclusion, che diventa per noi il Corpo e il Sangue di Gesù Cristo, esprime e sollecita il cambiamento essenziale della materia di Sacrificio. Ed è per noi, che il Salvatore si immola sull’altare.

213 — Perché cinque segni di croce sulle oblazioni?

Ogni volta che viene pronunciata nella Messa la parola “benedire”, è accompagnata da un segno della croce, per dimostrare che è in virtù dei meriti di Gesù sulla croce che Dio concede le sue benedizioni. Considerati in sé, i primi tre segni della croce sono una chiara immagine dell’adorabile Trinità, dalla quale scaturisce il potere di santificare gli elementi terreni e di trasformarli nel sacrificio eucaristico. Le parole Corpo e Sangue richiamano il segno della croce come un gesto, designando solennemente la materia da cambiare nel Corpo e nel Sangue del Signore, e come una preghiera, perché il cambiamento delle sostanze rappresenterà, nel modo più vivamente possibile, l’immolazione del Golgota.