SALMI BIBLICI: “AD DOMINUM CUM TRIBULARER” (CXIX)

SALMO 119: Ad Dominum cum tribularer

CHAINE D’OR SUR LES PSAUMES

ou LES PSAUMES TRADUITS, ANALYSÉS, INTERPRÉTÉS ET MÉDITÉS A L’AIDE D’EXPLICATIONS ET DE CONSIDÉRATIONS SUIVIES, TIRÉES TEXTUELLEMENT DES SAINTS PÈRES, DES ORATEURS ET DES ÉCRIVAINS CATHOLIQUES LES PLUS RENOMMÉS.

[I Salmi tradotti, analizzati, interpretati e meditati con l’aiuto delle spiegazioni e delle considerazioni seguite, tratte testualmente dai santi Padri, dagli oratori e dagli scrittori cattolici più rinomati da …]

Par M. l’Abbé J.-M. PÉRONNE,

CHANOINE TITULAIRE DE L’ÉGLISE DE SOISSONS, Ancien Professeur d’Écriture sainte et d’Éloquence sacrée.

[Canonico titolare della Chiesa di Soissons, Professore emerito di Scrittura santa e sacra Eloquenza]

TOME TROISIÈME (III)

PARIS – LOUIS VIVES, LIBRAIRE-ÉDITEUR 13, RUE DELAMMIE, 1878

IMPRIM.

Soissons, le 18 août 1878.

f ODON, Evêque de Soissons et Laon.

Salmo 119

Canticum graduum.

[1] Ad Dominum cum tribularer clamavi, et exaudivit me.

[2] Domine, libera animam meam a labiis iniquis et a lingua dolosa.

[3] Quid detur tibi, aut quid apponatur tibi ad linguam dolosam?

[4] Sagittæ potentis acutæ, cum carbonibus desolatoriis.

[5] Heu mihi, quia incolatus meus prolongatus est! habitavi cum habitantibus Cedar;

[6] multum incola fuit anima mea.

[7] Cum his qui oderunt pacem eram pacificus; cum loquebar illis, impugnabant me gratis.

[Vecchio Testamento Secondo la Volgata Tradotto in lingua italiana da mons. ANTONIO MARTINI Arciv. Di Firenze etc.

Vol. XI

Venezia, Girol. Tasso ed. MDCCCXXXI]

SALMO CXIX

I quindici Salmi che seguono si dicono graduali, perché da intendersi delle ascensioni dei Giudei da Babilonia in Gerusalemme, o di quelle dei 15 gradi per il Tempio di Salomone; o più veramente, delle ascensioni dei giusti, per i diversi gradi di virtù, alla celeste Gerusalemme che le suddette adombravano.

Cantico dei gradi.

1. Alzai le mie grida al Signore, mentre io era nella tribolazione ed egli mi esaudì.

2. Signore, libera l’anima mia dalle labbra inique e dalla lingua ingannatrice.

3. Che ti sarà egli dato, ovver che riceverai tu per giunta per la tua lingua ingannatrice?

4. Stette acute, vibrate da mano possente, e i carboni divoratori.

5. Misero me, il mio pellegrinaggio è prolungato! son vissuto tra gli abitatori di Cedar; lungamente è stata pellegrina l’anima mia.

6. Fui pacifico con quei che odiavan la pace; quando io parlava con essi, eglino mi si voltavan contro senza ragione.

Sommario analitico (1)

(1): I quindici salmi che seguono, dal CXIX al CXXXIII, sono intitolati Cantici dei gradi. Secondo l’opinione dei Giudei, che sembra il più fondato, questo nome sarebbe stato loro dato perché dopo la cattività era uso il cantarli solennemente salendo i quindici gradini che conducevano al sagrato degli israeliti. – Considerando il contenuto di una parte di questi salmi (CXIX, CXXII, CXXIII, CXXV, CXXVIII), lo stile recente di molti tra essi (CXIX, CXX, CXXI, CXXII, CXXVIII, CXXXIII), si è portati a fissarne l’epoca di composizione, al ritorno dalla cattività; forse sono anche tutti di quest’epoca, eccetto i salmi CXXIX e CXXX, che sembrano essere di Davide, ed i salmi CXXVI e CXXXI, che sembrano avere Salomone come autore. Questi quattro salmi, come la maggior parte di quelli di Davide, che fanno parte delle ultime raccolte o libri dei salmi, sono stati riportati qui per uso liturgico. I salmi CXXI, CXXIII, CXXXII, non sono di Davide, ma gli sono attribuiti per il loro titolo, come il libro della Sapienza è attribuito a Salomone, e questo perché sono composti ad imitazione di quelli del Re-Profeta (Le Hir.).

Il salmista parla qui in nome del popolo ebraico, ed esprime il desiderio di rientrare nella sua patria, ed in senso più elevato, di arrivare alla celeste Gerusalemme;

I. – Egli espone a Dio la sua afflizione, e ne fa conoscere:

1° l’effetto, il gridare verso Dio che lo ha esaudito (1);

2° la causa, le lingue inique e le labbra ingannevoli (2).

II. – Egli dichiara:

1° che non c’è rimedio umano a così grande male (3);

2° che spera solo nel soccorso di Dio (4).

III. – Egli deplora le afflizioni di questa vita,

1° a causa della sua lunga durata (5),

2° a causa della necessità di abitare con uomini pericolosi (5),

3° a causa della miseria della sua anima piombata in sì grandi mali (6),

4° a causa del combattimento continuo ed inevitabile contro i suoi nemici (7).

Spiegazioni e Considerazioni

I. – 1, 2

ff. 1, 2. – Dal punto di vista storico, questi salmi sono chiamati salmi graduali, perché c’è la questione del ritorno da Babilonia e la cattività del popolo di Dio, ma in senso più elevato, essi sono chiamati così, perché conducono al cammino della virtù. In effetti il cammino che porta alla virtù è simile a gradini che elevano poco a poco l’uomo saggio e virtuoso fino a ciò che lo conduce fino al cielo. È così che i luoghi troppo elevati e che sono inabbordabili diventano accessibili, cioè per mezzo di gradi o scale. (S. Chrys.). – Tre cose importanti sono racchiuse in questo solo versetto. Il Salmista è nella tribolazione, non è esaudito, perché nessuno è nella tribolazione se non colui che vuol vivere con pietà in Gesù-Cristo. (S. Gerol.). – Il Profeta, nella sua persona, volendo formare l’uomo che, per gradi, vuol salire verso le cose eterne, gli insegna i pericoli dai quali deve soprattutto guardarsi; vale a dire, in primo luogo, di questi uomini che, per il loro credito e l’autorità dei loro consigli, per i loro incitamenti, spesso rinnovati, con la seduzione dei loro discordi, ci precipitano nell’inferno; gli uni ci spingono a perseguire gli onori, gli altri cercano di incatenare la nostra vita con i legami vergognosi della pigrizia, dell’intemperanza e della voluttà; questi, affascinandoci nei sentieri che conducono alle false religioni; questi altri sollecitandoci ad abbracciare delle dottrine scismatiche o eretiche. Contro tutti questi discorsi di cui l’Apostolo ha detto: « i cattivi discorsi corrompono i buoni costumi, la nostra anima è debole ed impotente, » ci resta un’unica speranza: gridare verso il Signore, (S. Hil.). – Utilità della preghiera nella tribolazione: – 1° essa è più pronta, a causa della necessità che abbiamo del soccorso divino: « Nella loro afflizione si affretteranno fin dal mattino verso di me; » (Osea, VI, 1); la tribolazione apre l’orecchio del cuore che spesso chiude la prosperità del secolo. (S. Greg. Moral.); – 2° essa è più costante: Giacobbe, temendo la collera di suo fratello Esaù, prega Dio, e non vuol lasciar partire l’Angelo finché non lo abbia benedetto; – 3° essa è più umile: « Sono uno sventurato! Chi mi libererà da questo corpo votato alla morte? » (Rom. VII, 24); – 4° essa è più fervente; « Signore, io rivolgerò le mia grida verso di Voi; il fuoco ha divorato le dimore nel deserto, e la fiamma ha bruciato tutti gli alberi delle campagne; gli animali dei campi saranno senza fiato verso di Voi, perché i ruscelli sono disseccati, perché il fuoco ha divorato le dimore del deserto; » (Gioel. I, 20); – 5° essa è più pura e gradita a Dio, e la benevolenza di Dio per voi, più grande; fate dunque in modo che tutta la vostra vita sia laboriosa e penosa, e ricordate che tutti coloro che vogliono vivere con pietà in Gesù-Cristo saranno perseguitati, e che è con le molte tribolazioni che bisogna entrare nel regno dei cieli (S. Chrys.);  –  6° essa è più soave, perché è allora che l’anima si getta interamente in Dio, che succhia a questo latte celeste delle mammelle divine chiudendo gli occhi a tutte le cose della terra; – 7° « essa è animata da una più grande fiducia, al pensiero che Dio è con noi nella tribolazione; – 8° essa è più efficace: « io ho gridato verso il Signore quando ero nella tribolazione, ed Egli mi ha esaudito. »  Signore, essi vi cercheranno nell’angoscia in mezzo ai dolori ed ai mormorii, Voi li istruirete ed essi riconosceranno la vostra mano, (Isai. XXVI, 16). – Che cos’è dunque la lingua ingannevole? È la lingua perfida che sembra mettervi innanzi il vostro bene e non prepara invece che la vostra perdita. Esse dicono: farete dunque ciò che nessuno fa? Sareste dunque solo voi Cristiano? E se voi mostraste loro che altri agiscono come voi; se leggete loro il Vangelo nel quale Dio ordina di fare così, o pure gli Atti degli Apostoli, cosa vi dicono questi uomini dalla lingua ingannevole e dalle labbra ingiuste? Forse non avrete la forza di andare fino al vostro fine; voi intraprendete una faccenda molto difficile. Gli uni vi allontaneranno dal bene con la loro opposizione formale, gli altri vi fermano ancor più pericolosamente con l’elogio che fanno della virtù (S. Agost.). – Il Profeta distingue le labbra inique dalle lingue ingannevoli. L’iniquità è arrogante e senza pudore, manifesta apertamente la sua impudenza, è in pieno giorno che prepara le sue insidie, e persegue l’adempimento dei suoi cattivi disegni: tali sono coloro che, negando l’esistenza di Dio, dicono che la Religione non ha alcune utilità nelle cose umane, che non c’è che un solo bene sulla terra, e cioè il darsi al lusso, ai piaceri del corpo, negando a Dio ogni cura, ogni provvidenza, ogni volontà, ogni potenza sulla condotta degli uomini. La lingua ingannatrice segue una condotta diversa: essa è cauta, ricorre all’astuzia, a pericolose dissimulazioni; essa cerca di distruggere la Religione nel nome stesso della Religione, ed a condurci alla morte sotto l’apparenza della vita (S. Hil.). – Nessuna tentazione è più pericolosa dell’essere soggetto agli attacchi di un uomo ingannevole. Un animale feroce è da temere di meno, perché esso si mostra qual è, mentre l’ingannevole nasconde accuratamente il suo veleno sotto il velo della dolcezza ed è impossibile scoprire queste insidie … Ora, se bisogna evitare gli uomini furbi e dissimulati, quanto più gli ingannatori e coloro che insegnano le false dottrine. Ma guardate soprattutto come libri ingannevoli quelli che cercano di attaccare la virtù e ad immergersi nel vizio. (S Chrys.).- Come Dio libera dalle lingue ingannevoli: – 1° facendo che colui che ne è l’oggetto non ascolti più (Ps. XXXVIII, 15); – 2° ispirandogli una profonda indifferenza verso tutti questi discorsi artificiosi (I. Cor., IV, 15); – 3° facendo in modo che non si dia fede a ciò che pissono dire; – 4° che le loro parole siano disapprovate; – 5° che l’uomo in preda ai loro attacchi metta tutta la sua fiducia nel testimonio divino che, dall’alto dei cieli, vede il fondo della sua coscienza; – 6° che ricordi tutto ciò che è stato detto contro Gesù-Cristo; – 7° che pensi che sia un mezzo per volgersi verso Dio (Ps. LXXXII, 15); – 8° che si ricordi che egli stesso sovente ha parlato male degli altri (Eccl. VII, 22). 

II – 3, 4.

ff. 3, 4. – Questi due versetti sono suscettibili di tre sensi che contengono tutti delle importanti istruzioni: – 1° senso – Cosa si può aggiungere ad un lingua piena di furberia, qual più grande male? In effetti delle labbra ingiuste possono esistere senza una lingua ingannevole, come quando si aprono alla calunnia ed agli oltraggi pubblici; ma quando una lingua ingannevole viene ad aggiungersi a delle labbra ingiuste, non si può aggiungere nulla a questo male. Frecce scoccate da una mano potente e abile che colpisce da lontano, imprevedibile, accompagnate da carboni bruciati, non possono entrare in comparazione con una lingua furba o artificiosa che fa in un istante piaghe che non si possono prevedere, né guarire, che, spinte dal demonio, stendono le loro devastazioni al di là di ciò che si possa immaginare, e accende dei fuochi di dissezioni, di divisioni, di odi ardenti che è impossibile spegnere. « La lingua non è che una piccola parte del corpo, ma quante grandi cose fa! Una scintilla brucia una grande foresta: la lingua pure è un fuoco; è un mondo di iniquità, è uno dei nostri membri che infetta tutto il corpo; essa brucia tutto il corpo della nostra vita, infiammata essa stessa del fuoco dell’inferno (Giac. III, 5, 6). – 2° senso. – Cosa riceverete, o qual frutto vi tornerà dalla vostra lingua ingannevole, cioè qual supplizio sarà degno di un tal crimine? È il linguaggio che Isaia usava con i Giudei: « Come colpirvi di più, voi che non cessate di aggiungere prevaricazioni? » (Isai. I, 5); o meglio, il Profeta vuol dire che l’uomo furbo trova il suo supplizio nel suo crimine, e che previene il castigo che gli è riservato anche quando genera il vizio del proprio fondo. Non c’è in effetti, supplizio più grande per l’anima del vizio, prima che sia punito. Qual castigo dunque sarebbe degno di tale crimine? Non ce n’è uno quaggiù. Dio solo può qui eguagliare il castigo alla colpa. L’uomo resterebbe necessariamente al di sotto perché questo genere di malvagità è al di sopra di ogni castigo. Dio solo può punirlo come merita, ed è ciò che il Profeta vuol fare intendere aggiungendo: « frecce acute, lanciate da mano potente con carboni divoranti. » una di queste espressioni metaforiche fa fuoriuscire la moltitudine di castighi, e l’altra la sua intensità. (S. Chrys.). – Non ci stupiamo allora che il Signore debba lanciare queste frecce acute e questi carboni ardenti contro i furbi. Dio è la verità essenziale; e colui che veste la maschera della verità per accreditare la menzogna, ferisce in qualche modo l’essere di Dio; egli dunque deve aspettarsi tutte le sue vendette. – 3° Senso – Sant’Agostino vede qui un dialogo nel quale l’uomo, in preda alla tribolazione, prega dapprima il Signore; poi il Signore gli risponde: quale rimedio ci sarà dato contro le lingue ingannevoli? Tu ne hai qualcuno a tua disposizione, eccolo: « Le frecce acute di un arciere vigoroso con carboni divoranti; cioè le parole di Dio che trapassano i cuori con gli esempi della carità ardente; perché se a questa parola di Dio, si aggiunge l’esempio della vera carità simile ad un carbone infiammato, nulla potrà resistergli (S. Agost.). – Quest’ultimo senso, benché molto edificante, è il meno letterale. Forse il santo Dottore ha in vista queste parole di San Paolo, invitanti i cristiani a non lasciarsi vincere dal male ed a trionfare del male con il bene, facendo questo, egli dice, voi ammasserete carboni ardenti sulla testa del vostro nemico (Rom. XII, 20).

III. — 5-7.

ff. 5, 6. –  « Me maledetto, perché si è prolungato il mio esilio. » È il grido di dolore dei prigionieri di Babilonia viventi in mezzo a popoli barbari; è anche il grido di dolore di Cristiani sulla terra, e San Paolo, parlando dell’esilio che si prolunga su questa terra, si esprime così: « Mentre siamo in questo corpo come sotto una tenda, gemiamo sotto il suo peso. » (II Cor. V, 4). Ed in altro luogo: « Non solo gemono la creazione, ma pure noi che possediamo le primizie dello Spirito, gemmiamo internamente. » (Rom. VIII, 23). Che cos’è in effetti la vita presente? Un vero esilio. Cosa dico, un esilio? Essa è mille volte più triste di un esilio. La prima cosa, come la più importante per noi da sapere, è che noi siamo in questa vita come dei viaggiatori. Gli antichi Patriarchi lo riconoscevano altamente, ed è ciò che li rende degni della nostra ammirazione. « Ed è per questa ragione – aggiunge l’Apostolo – che Dio non arrossisce di essere chiamato loro Dio. » (Hebr. XI, 15, 16). Qual è questa ragione? Perché essi hanno confessato che erano stranieri e pellegrini su questa terra (S. Chrys.). – Ma c’è di più: Talvolta un uomo in viaggio vive in mezzo ad uomini migliori di coloro con i quali viveva nella sua patria; ma non è così nel nostro esilio fuori della Gerusalemme celeste. In effetti, un uomo lascia la sua patria, e talvolta si trova felice nel suo esilio; egli incontra degli amici fedeli che non aveva potuto trovare in patria. È necessario che egli abbia avuto dei nemici per essere cacciato dalla sua patria, ed ha trovato nell’esilio ciò che non aveva nella patria. Tale non è la celeste Gerusalemme, ove tutti gli abitanti sono buoni; chiunque si trovi fuori da queste sue mura è in mezzo ai malvagi, e non può ritrarsi da essi se non tornando nella società degli Angeli e dei Santi, ove tutti sono buoni e giusti … perché infine, se abita con dei giusti, non direbbe mai: « Me misero! » Me misero … , è il grido della miseria, il grido della sofferenza e dell’infortunio … « La mia anima è stata per lungo tempo errante in terra straniera. » Per timore che non si pensasse ad un viaggio corporale, il Profeta dice che l’anima è stato per lungo tempo errante. Il corpo viaggia cambiando i luoghi; l’anima viaggia cambiando i sentimenti. Se amate la terra, viaggiate lontano da Dio, se amate Dio, salite verso Dio (S. Agost.). – Quando si è considerata con gli occhi della fede la grandezza dei beni del cielo, la terra, con tutti i beni che racchiude, non sembra più degna di coinvolgere il nostro cuore più di questa tenda mobile che il pellegrino monta nel deserto, o di questi mobili preziosi che il viaggiatore incontra nell’albergo dove si ferma qualche istante per il pasto del mattino o il riposo della notte. – Il Profeta annunzia loro la pace, ma questi nemici della pace, non solo non la ricevono, ma attaccano senza motivo, con la loro malvagità, il predicatore della pace (S. Gerol. e S. Hil.). – Finché viviamo in mezzo al mondo, dimoriamo con gli abitanti del Cedar, con i nemici di Dio e della sua Chiesa, perché le tende del Cedar, tende nere e grossolane, sono quelle dello spirito delle tenebre, queste tende che ci offrono un riparo non racchiudono che il vizio, la menzogna, la furbizia, ed il mio cuore è troppo spesso simile, perché esso stesso non dà asilo che a pensieri vani e a colpevoli voluttuosità. Desideriamo dunque, come il profeta e come l’Apostolo, viaggiare lontano dal nostro corpo piuttosto che lontano da Dio, e non siamo come la maggior parte dei Cristiani, che amano talmente i giorni del loro viaggio e le tende del Cedar, che non hanno discorso più triste di quello che  intrattengono circa la partenza prossima da questa vita.

ff. 7. – Il Profeta dice che ha dimorato con gli abitanti del Cedar, ma non nelle abitazioni del Cedar, perché benché i santi vivano nella carne, tuttavia, se le armi con le quali combattono non sono carnali, ma potenti in Dio, essi abiteranno presso le tende, ma non sotto le tende del Cedar; perché separati dal loro corpo con le loro inclinazioni, e già cittadini del cielo con il cuore, essi intendono l’Apostolo dire loro: « Per voi, voi non siete nella carne ma nello spirito, dal momento che lo Spirito di Dio abita in voi» (Rom. VIII, 9), (S. Hil.). – « Io ero pacifico con coloro che odiavano la pace .» Chi di noi oggi potrebbe avere questo linguaggio? È già molto per noi essere pacifici con gli amici della pace; ma lui lo era con coloro che odiavano la pace. Come potremo noi arrivare a questo grado di virtù? Se noi viviamo quaggiù come degli estranei, come viaggiatori che non si lasciano fermare da alcuna cosa che si presenti ai loro sguardi. In effetti, la causa principale delle controversie e delle guerre, è l’amore per i beni della terra, la passione per la gloria, per il danaro, i piaceri …  è per questo che Nostro Signore vi invia come pecore in mezzo ai lupi. Egli non vuole che possiamo dire: io ho tanto sofferto che il mio carattere ne sia stato amareggiato. Le vostre sofferenze fossero mille volte più numerose, come voi dite, conservate la dolcezza della pecora, e trionferete facilmente dei lupi. Voi siete in lotta con un uomo perverso e corrotto, ma le forze di cui disponete vi rendono superiore a tutti gli sforzi dei malvagi. Cosa c’è di più dolce di una pecora, cosa più feroce di un lupo? E tuttavia la pecora trionfa del lupo come vediamo nella persona degli Apostoli; perché nulla eguaglia la potenza della dolcezza, né la forza della pazienza … « Quando io parlavo loro, essi si levavano contro di me senza ragione. » È nel momento stesso in cui mi intrattenevo con loro, e che davo loro la mia amicizia, indirizzando loro le parole più benevoli, che essi si scagliavano ed ordivano le loro trame, senza che nulla fosse capace di fermarli; ciò nonostante, nei confronti di queste disposizioni odiose, la mia dolcezza non si smentiva. Tali devono essere i nostri sentimenti: non rispondano essi al nostro amore che con i loro oltraggi e con cattivi trattamenti, tendano insidie, non lasciamo opporre loro la stessa virtù. (S. Chrys.). – Vivere in pace con anime pacifiche, con spiriti moderati, con moti socievoli, sarebbe appena una virtù da filosofo e da pagano; molto meno deve essere per una virtù soprannaturale e cristiana. Il merito della carità, diciamo meglio, il dovere della carità, è conservare la pace con uomini difficili, scontrosi, importuni. Perché? Perché può accadere, ed in effetti tutti i giorni accade, che i più importuni ed i più scontrosi, i più difficili ed i più tristi, siano giustamente coloro con cui dobbiamo vivere in più stretta società, coloro dai quali ci è meno possibile separarci, coloro ai quali, nell’ordine di Dio, noi ci troviamo uniti con i legami più indissolubili. (BOURDALOUE, Sur la Nat. de Notre-Seig.).

Autore: Associazione Cristo-Re Rex regum

Siamo un'Associazione culturale in difesa della "vera" Chiesa Cattolica.