SPIEGAZIONE DEL PASSIO

SPIEGAZIONE DEL PASSIO

(Messale Romano di S. Bertola e G. Destefani, comm. di D. G. LEFEBVRE O. S. B; L. I. C. E. – R. Berruti & C. Torino 1950).

Vang. sec. S Matteo (Domenica delle Palme). — sec. S. Marco (Martedì Santo). — sec. S. Luca (Mercoledì Santo). — sec. S. Giovanni (Venerdì Santo).

Avvenimenti precedenti la Passione.

Il martedì, dopo aver lasciato il Tempio, Gesù salì verso sera il monte degli Olivi: « Fra due giorni, egli dice, avrà luogo la Pasqua e il Figlio dell’uomo sarà consegnato per essere crocefisso ». Presso i Giudei, di fatti, i giorni cominciano la vigilia a sera, si era dunque al principio del mercoledì, e il venerdì seguente Gesù fu messo a morte. La festa di Pasqua coincideva col plenilunio dell’equinozio di primavera, perché proprio in questo momento gli Ebrei erano usciti dall’Egitto (*). Nella loro fuga precipitosa, non avevano potuto far lievitare il pane, ed in ricordo di questo fatto i Giudei si astenevano, durante questa festa, dal pane fermentato festa degli azzini.(*) Questa luna segnava per gli Ebrei il primo mese dell’anno che essi chiamavano Nisan. « Al 14° giorno del 1° mese (che è il giorno del plenilunio) sarà la Pasqua del Signore e al 15° la festa solenne » (Numeri, XXVIII, 16). Il giorno che, alla maniera dei Giudei, va dal giovedì sera al venerdì sera, e durante il quale ebbero luogo, la Cena e la Crocifissione, era dunque il 14 Nisan o « Vigilia di Pasqua » (S . Giovanni, XIII, 1). Dio, infatti, per mostrare che G. Cristo è il vero agnello della vera Pasqua, volle che fosse mangiato dagli Apostoli e immolato dai Giudei lo stesso giorno nel quale Israele mangiava gli agnelli immolati che ne erano la figura. Di modo che la Pasqua o il passaggio di G. Cristo da questo mondo al Padre e la nostra liberazione dal peccato si compirono al momento nel quale si celebrava l’anniversario del passaggio dell’Angelo e della liberazione d’Israele di cui erano figure. Cosi la Chiesa per affermare che « la nuova Pasqua della nuova legge pone fine all’antica Pasqua, come il giorno pone fine alla notte» (Lauda Sion), decretò che la festa di Pasqua avrebbe luogo sempre, come per la Pasqua giudea, nell’epoca della luna pasquale. Ma volendo celebrare la festa della Risurrezione in Domenica, perché avvenne in questo giorno, essa decise nel Concilio di Nicea, che questa sarebbe ogni anno la domenica seguente al plenilunio dell’equinozio di primavera, che si suppone cadere sempre al 21 di marzo, come s’era presentata nel 325, l’anno di questo Concilio. Se il plenilunio cade prima del 21, la data della Pasqua dipenderà dalla luna seguente, perciò varia fra il 22 Marzo e il 25 Aprile].A

Ultima Cena al Cenacolo.

Quando gli Evangelisti parlano del «1° giorno degli Azimi » intendono il giovedì sera, cioè il principio del venerdì, secondo l’uso ebreo. Il giovedì Pietro e Giovanni sono mandati dal Maestro a preparare la sala al Cenacolo, nel piano superiore di una casa (Act. I, 13). Al calare della notte (Marc. XIV, 17), cioè durante la prima vigilia della sera che dura fino alle 9, Gesù vi si porta con i suoi discepoli, si distendono, secondo l’uso orientale, su letti un po’ elevati, col braccio sinistro appoggiato su cuscini, intorno ad una tavola. Giovanni, che si trovava a destra di Gesù, potè dunque facilmente riposare il capo sul petto del Signore. Durante questo pasto, Gesù dopo aver preso uno dei grossi pani azimi, largo circa 20 centimetri e assai sottile, lo cambiò nel suo Corpo, pronunziando una preghiera eucaristica o di rendimento di grazie, come faceva il padre di famiglia che, prima di mangiare l’agnello pasquale, ringraziava Dio di aver liberato Israele dalla sua schiavitù. Poi, dopo aver cenato, allorché restava ancora, secondo il rito mosaico, da bersi un calice, Gesù lo cambiò, allo stesso modo, nel suo Sangue. Nel far ciò, Egli usò le parole con le quali Mosè suggellò l’antica alleanza nel sangue delle creature: « Questo è il Sangue del Testamento che Dio ha fatto per voi » (Es. XXIV, 8). Gesù vi aggiunse due parole:- « Questo è il mio sangue… del Testamento nuovo ». Parlando della Pasqua, centro di tutta la vita religiosa del popolo ebreo, il legislatore di Israele aveva detto: « Voi serberete il ricordo di questo giorno e lo celebrerete di generazione in generazione, con una istituzione perpetua » IIbid. XII, 14), e il Salvatore ordinò allo stesso modo agli Apostoli, « e per loro a tutti i loro successori nel sacerdozio », aggiunge il Concilio di Trento, di consacrare allo stesso modo questo pane e questo calice di vino in memoria di Lui » (S. Luc. XXII, 19) . L’agnello immolato dai figli d’Israele è, dopo circa 1500 anni, sostituito dall’Agnello di Dio che verrà immolato fino alla fine dei secoli, e la Messa, che si identifica con la Cena e il Calvario, diviene il centro religioso di tutto il popolo cristiano.

Ultimo discorso di Gesù. — Getsemani.

Dopo la Cena, Gesù pronunziò il sublime discorso che è il suo testamento di amore, la seconda parte del quale (Giov. XV, 1) fu detta mentre dal Cenacolo si recava fuori della città. Passò per la porta che si trova non lontano dalla piscina di Siloe e risali la vallata del Cedron, lungo il sobborgo di Ofel, per andare nel giardino di Getsemani, ai piedi del Monte degli Olivi. I tre Apostoli, testimoni della sua Trasfigurazione, furono anche testimoni di una parte della sua agonia avvenuta nel Getsemani. Giuda, che aveva venduto il suo Maestro per la somma di trenta danari, venne con il capo di una coorte romana e i suoi soldati, e con guardie incaricate della vigilanza del Tempio inviate dal Sinedrio. Costoro entrarono nella notte con Gesù a Gerusalemme, e risalendo il pendio nord-est della città, andarono nel palazzo del Gran Sacerdote.

Processo religioso davanti ad Anna e Caifa

Si stava preparando il processo religioso, perché spettava alla autorità religiosa ebrea interrogare Gesù su ciò che essa chiamava la falsa qualità di Figlio di Dio. Il Sinedrio si componeva di 70 membri, a capò dei quali erano i grandi sacerdoti e il loro capo supremo, il Sommo Sacerdote, Anna era riuscito ad ottenere successivamente questo incarico per i suoi cinque figli, e l’anno della morte del Signore per il suo genero Caifa. Infedeli alla loro missione, i rappresentanti officiali delia religione ebrea, non aspettavano altro per Messia che un re guerriero, il quale li avesse liberati con la forza dal giogo romano. Gesù fu condotto dinanzi ad Anna, suocero del Sommo Sacerdote. Non essendo più pontefice, era incompetente a giudicare G. Cristo. Il divin Redentore fu, perciò, condotto al tribunale dello stesso Sommo Sacerdote, Caifa. Egli attendeva Gesù in un’altra ala del Palazzo. Intorno à lui, seduti in semicerchio su cuscini, si trovavano gli altri sacerdoti. La procedura era illegale, perché doveva farsi di giorno e occorrevano testimoni. Erano circa le due del mattino e i testimoni furono presi in flagrante delitto di impostura. Caifa, pieno di collera, lo scongiura solennemente (cosa del tutto contraria alla legge mosaica che in questo caso annulla la confessione dell’accusato) di dirgli se Egli fosse il Figlio di Dio. E Gesù, che attendeva questo momento per parlare, afferma ufficialmente la sua divinità davanti all’autorità religiosa ebrea riunita in gran consiglio. Lo si giudica allora degno di morte; Egli accetta la sentenza perché è proprio la qualità di Figlio di Dio che dà un valore infinito al sacrifizio che sta per offrire a Dio suo Padre per gli uomini suoi fratelli.

Servi dei Sacerdoti. —. S. Pietro. — Giuda,

Lo si lascia allora per il resto della notte ai motteggi dei servi dei’ Sacerdoti che lo bestemmiano e lo coprono di sputi. Durante questa notte, Pietro, che aveva seguito da lontano Gesù, fu introdotto da Giovanni nella corte del Palazzo del Gran Sacerdote e li, per tre volte rinnegò il suo Maestro. Dopo il secondo canto del gallo, usci dal palazzo e « pianse a voce alta, con singhiozzi.», dice il testo greco. Verso il mattino il Sinedrio si riunì di nuovo per dare alla sua sentenza, che doveva essere data di giorno, una apparenza di legalità. Gesù comparve e, allorché si dichiarò Figlio di Dio, fu di nuovo condannato. Giuda allora comprende tutta la grandezza del suo delitto. Tormentato dal rimorso, si presenta al Consiglio dei Sacerdoti, ancora riuniti e confessa che « aveva peccato consegnando il Sangue del Giusto». Preso dalla disperazione, il traditore getta nel Tempio le monete d’argento che ha ricevute, discendendo verso la piscina di Siloe, si caccia nella gola profonda ove scorre il torrente Innom. E in questo luogo chiamato la Geenna (Ge-hinnom), si impicca » (XXVII, 5); essendosi rotta la corda, il suo corpo precipitò con la faccia verso terra, e ne uscirono i visceri che si sparsero per terra » (Act. I, 18).

Processo civile davanti a Pilato.

Ma Roma sola, da cui dipendeva in questo momento la Palestina, aveva il diritto di vita o di morte. Bisognava deferirlo al procuratore romano e Gesù fu condotto al pretorio di Ponzio Pilato, nella cittadella Antonia, dove i Giudei non entreranno, perché la casa di un pagano avrebbe fatto contrarre loro una macchia legale in queste feste di Pasqua. Il processo civile di G. Cristo stava, a sua volta, per essere iniziato. Ma davanti a questo nuovo tribunale, bisognava essere accusati di un delitto politico. Il Messia, per i Giudei, doveva essere un monarca terreno. Si accusò allora Gesù, che si diceva il Messia, di essere un re competitore di Cesare (La Giudea conquistata da Pompeo, era diventata tributaria dell’imperatore Augusto, al quale si associò più tardi Tiberio-Cesare, Pilato era loro rappresentante nella Giudea ed Erode nella Galilea). Su questo nuovo terreno si riprodusse punto per punto la stessa procedura della notte precedente: il medesimo silenzio di G. Cristo davanti ai falsi testimoni, la stessa affermazione ufficiale della sua regalità spirituale davanti al mondo pagano, rappresentato questa volta da coloro che tenevano l’impero del mondo, e i medesimi cattivi trattamenti da parte dei soldati romani. Ma Gesù, che di fatto dirigeva l’andamento delle cose, non voleva esser condannato che come Figlio di Dio e Re delle anime. Egli riportò la questione i sul terreno religioso. « II mio regno, disse, non è di questo mondo ». Questo non era più di competenza di Pilato, che fino alla fine lo dichiarò perfettamente innocente. I Giudei allora tentano di intimidire Pilato il quale, troppo vile per usare l’autorità davanti una folla che si sarebbe vendicata accusandolo in alto, cerca a forza di espedienti di salvaguardare i suoi interessi, senza disprezzare i morsi di un resto di coscienza pagana superstiziosa che teme vagamente un castigo degli dèi.

Erode. — Pilato. — Barabba. — La flagellazione.

Primo espediente:

Pilato venuto a conoscere che Gesù era Galileo, lo mandò ad Erode. Questo tetrarca della Galilea era figlio di Erode il Grande, che ordinò il massacro degli Innocenti, quando i Magi gli annunziarono che «il Re dei Giudei» era nato da poco. Umiliato dal silenzio di Gesù, egli, a sua volta, umiliò i Giudei rivestendo G. Cristo della veste bianca propria dei candidati alla regalità e che essi gli negavano.

Secondo espediente: Barabba. Il confronto fra un omicida e Gesù non riuscì meglio.

Terzo espediente: La Flagellazione. Questo era un supplizio infame riservato agli schiavi. Il paziente, spogliato delle sue vesti, aveva le mani legate ad un anello di una colonna bassa. L’esecutore, armato di una frusta di corregge pieghevoli, terminanti con ossicini, percoteva con una lentezza calcolata il dorso curvo e teso della vittima. Le corregge flessibili flagellavano ora le spalle ora il petto e vi scavavano solchi profondi, dai quali sprizzava il sangue e dai quali si staccavano brani di carne. Gesù è presentato in questo stato alla folla, rivestito di un mantello scarlatto, con la corona di spine e un bastone per scettro.  I Giudei comprendono tutta l’ironia di questa scena. Oseranno essi vedere ancora in questo re un competitore di Cesare?

Condanna di Gesù.

Essi allora sì riportano con dispetto al suo titolo di Figlio di Dio che deve essere la sola causa della sua morte. Pilato, scosso dall’argomento decisivo: « Noi ti denunzieremo a Cesare », cerca di trovare un ultimo espediente per sua tranquillità. Con l’atto simbolico di lavarsi le mani, Pilato mostra ai Giudei che davanti al suo tribunale, Gesù è innocente e che egli non lo consegna ad essi se non Perché essi pretendono che la loro legge lo condanni. Questo egli affermerà fino all’ultimo momento, facendo affiggere nella sua croce una iscrizione, in tre lingue, indicanti, secondo l’uso, il motivo della sua condanna. L’iscrizione portava queste parole: « Gesù Nazareno Re dei Giudei ». Pilato, nella sua viltà, è colpevole di questo omicidio, ma i Giudei, nel loro odio insultano il Figlio di Dio e commettono un deicidio.

La via Crucis. — La crocifissione. — L’agonia.

Verso le ore 11, Gesù lasciò il pretorio. La dolorosa via crucis cominciò con la via che scende nella valle del Tiropeon, quindi risalecon un rapido pendio fino alle porte della città. Lì, fuori delle mura,si trova il Golgota, ove si facevano le esecuzioni. Nella tenebraprofonda che si fece fra mezzogiorno e le tre, come fu constatato intutto l’impero romano, Gesù subì il suo ultimo supplizio. La croceera il più crudele e il più atroce dei tormenti perché la vittima,necessariamente immobilizzata, doveva sopportare, durante varieore, tutto il peso del proprio corpo, con le braccia tese. L’orribiletensione imposta, congestiona il sangue alla faccia e al petto eprovoca un dolore insopportabile che viene caratterizzato spesialmente da una sete bruciante. Morir crocifisso era morir unicamente di dolore nella più crudele delle agonie. Verso sera, si affrettaronoa spezzare le gambe del suppliziato, i cui piedi si trovavano a circaun metro da terra.

Morte di Gesù. — Sua Sepoltura.

Viene ora il momento decisivo che segna per il genere umano l’ora della sua redenzione. Gesù imprimerà col sigillo del suo sangue tutti gli atti della sua vita affinché siano atti di redenzione. Per mostrare che non è per atto forzato, ma per amore verso il Padre suo e verso gli uomini che Egli accetta che la morte compia su di lui l’opera sua, emette un gran grido e spira. Il nostro divin Salvatore è dunque morto. Con Maria sua Madre e con S. Giovanni, rimaniamo ai piedi della sua Croce e come i pochi Giudei che si convertirono in questo momento, battiamoci il petto, perché Gesù ha offerto la sua vita a Dio per espiare i nostri peccati. Erano circa le tre dopo mezzogiorno. Verso le Cinque, fu tolto dalla croce e sepolto in fretta, perché alle sei della sera cominciava il solennissimo Sabato. Coincideva infatti con il 15 di Nisan, giorno più importante delle feste pasquali. Giova ricordar che i Giudei non avevano cimiteri. Essi si preparavano un monumento funerario nella loro proprietà, spesso ai due lati delle grandi strade di comunicazione. Giuseppe, che era di Arimatea, città della Giudea, pose Gesù nel sepolcro, che aveva fatto fare per se stesso e che si trovava in un orto presso il luogo ove il Salvatore mori. Nicodemo aveva portato per imbalsamarlo provvisoriamente una grande quantità di profumi, circa 32 kilogrammi. Di poi chiusero il sepolcro con una grande pietra, assai difficile a rimuoversi. Le sante donne se ne ritornarono in città, vi acquistarono aromi, con l’intenzione di seppellire Gesù con più cura, dopo il riposo del Sabato. Il giorno seguente, ossia il sabato i Giudei sigillarono il sepolcro e vi posero delle guardie. — Amiamo ripetere in questo giorno insieme a Gesù la preghiera del Communio: « Padre, se questo calice non può passare senza che io lo beva, sia fatta la tua volontà ».

Autore: Associazione Cristo-Re Rex regum

Siamo un'Associazione culturale in difesa della "vera" Chiesa Cattolica.