LO SCUDO DELLA FEDE (241)

LO SCUDO DELLA FEDE (241)

LA SANTA MADRE CHIESA NELLA SANTA MESSA (9)

SPIEGAZIONE STORICA, CRITICA, MORALE DELLA SANTA MESSA

Mons., BELASIO ANTONIO MARIA

Ed. QUINTA

TORINO, LIBRERIA SALESIANA EDITRICE, 1908

ART. V.

LAVARSI LE MANI.

Il sacerdote si reca perciò dal lato sinistro dell’altare, e si lava le mani. Noi daremo brevemente la storia di questo rito e la sua significazione per ispirarci della sua santità. Questo rito di lavarsi e di purificarsi prima di trattar le cose sacre, forse è antico, come è antico, anzi naturale, il sentimento, che ha la creatura ragionevole, di essere indegna per le colpe di trattar colla Divinità. Anche nell’antica legge i sacerdoti si purificavano colla lavanda prima di accingersi al Sacrificio, e nel cortile dell’antico tempio di Gerusalemme era posta una gran vasca, chiamata mare di bronzo, in cui si lavavano gli Israeliti in sullo entrare nel luogo santo. Fra tutti i riti degli antichi popoli, che accennano al dovere di purificarsi, piace a noi di ricordare una legge dei sacerdoti egiziani, come accenna san Girolamo. Essi erano obbligati a vestire per le loro funzioni candidissimi lini, e a conservarli mondi così, che, se si fosse trovato morto un minuto insetto nei loro abiti, venivano condannati a morte. Che gran lezione per noi!… La Chiesa pertanto non poteva fare a meno di adottare il rito di purificarsi coll’acqua, per esprimere il desiderio della mondezza interiore, il quale rito fu sempre accetto e adottato dagli antichi Cristiani, usi fino da’ primi tempi anch’essi a lavarsi prima di entrare nelle chiese. S. Cirillo (Catech. Mystag. 5.) dice che era officio del diacono, (che poi fu da s. Clemente assegnato al suddiacono), di porger l’acqua da lavare le mani, non solamente al celebrante, ma anche agli altri preti assistenti all’altare; ed osserva come era simbolo della mondezza, che si richiedeva pei santi misteri. Di qui l’uso di porre alle porte delle chiese le pile dell’acqua benedetta, in cui il popolo fedele s’asterge. Quest’acqua alla porta ci ricorda che noi siamo stati purificati col Sangue di Gesù Cristo nell’acqua del santo Battesimo; e con benedirci con quell’acqua col segno di croce si vuol dir che copriamo le nostre miserie colle piaghe di Gesù, e corriamo sotto al vessillo, a cui fummo ascritti, quando il nostro nome nel Battesimo fu scritto nel libro della vita. Con la pratica di segnarci in contrizione si ottiene la remissione dei peccati, ed il sommo Pontefice Pio IX concesse cinquanta giorni d’indulgenza tutte le volte, che ci segniamo; e cento sempre che ci segniamo coll’acqua santa. È perciò commendevole l’uso di segnarci nell’entrar ed uscir di Chiesa, e nelle case cristiane, prima e dopo il cibo, affine di alimentarci a gloria di Lui, nel porci a riposo, nel sorgere ai nostri doveri, e negli istanti delle più pericolose tentazioni; per porre in fuga i nemici delle anime nostre, mettendoci sotto la croce del Salvatore, vessillo delle nostre speranze, innanzi a cui trema l’inferno. Il sacerdote si lava qui, non perché aspetti a purificarsi in quest’istante; ma perché, qualunque sia la purificazione che l’uomo abbia premessa, allorché si avvicina il momento tremendo, in cui si ha da trovar faccia a faccia colla Santità sostanziale, debbe sentire la necessità di fare uno sforzo ancora per purificarsi di nuovo. Per questo il Sacerdote, ritiratosi alquanto in un angolo, pare che chieda un po’ di tempo a raccogliersi in se stesso, e fare quest’ultima prova, e quindi esclama nel lavarsi: Lavabo.

Il Salmo: Lavabo.

« Laverò le mie mani fra gl’innocenti e circonderò il vostro altare, o Signore: Lavabo inter innocentes manus meas, et circumdabo altare tuum, Domine. » Quasi dicesse: Signore! È questo un popolo di rigenerati all’innocenza, segregato dai peccatori esclusi or ora dal luogo santo. Di questi innocenti avrò io cuore di mettermi a capo, senza prima purificarmi ancora? Per lavarmi dell’anima io non posso fare altro, che entrare nella mia coscienza, e mettere l’anima mia dinanzi a Voi confessandomi peccatore, e pregandovi di mondarmi ancor più (Ps. L). Voi colla grazia. Così purificherò le opere mie; e con mani monde m’avvicinerò ai sublimi vostri misteri. E circonderò l’altare vostro, su cui è il prezzo della nostra giustificazione. Convertiti adunque a Voi, noi ci terremo stretti al vostro altare: « ut audiam vocem laudis, et enarrem universa mirabilia tua. » – Riconoscenti alla vostra grazia, dal nostro cuore consolato pel vostro perdono escir deve una voce, che darà lode alla vostra bontà; e così noi racconteremo le vostre meraviglie. E di quali meraviglie ci rende testimonio la nostra coscienza? Ella, che mentre ci accusa per peccatori, nello stesso tempo ci consola col sentimento, che le sia ridonata l’innocenza? « Domine, dilexi decorem domus tuæ, et locum habitationis gloriæ tuæ. »Sì, o Signore, siamo peccatori, ci confessiamo tali;ma un po’ di cuor l’abbiamo, e fortunati di avervifra noi, amiamo di darvi gloria noi, in mezzo ai qualiabitate. Amiamo il decoro della vostra casa, e il luogo,dove date gloria alla vostra bontà: ed appuntoin esso ci siamo ora raccolti, segregati dai peccatori.« Ne perdas cum impiis Deus animam meam et cum viris sanguinum vitam meam, in quorum manibus iniquitates sunt, et dextera illorum repleta est muneribus. »Salvateci, o Signore, liberateci dai peccati commessi e da quelli che pur possiamo commettereancora. Ah! non isperdete insieme cogli empi l’animanostra, e cogli uomini di sangue non mandatea male questa nostra vita! Sciagurati; hannoessi le mani piene d’iniquità, e la loro destra è ripienadi doni: poveri ingannati, che tengono le cosedel mondo in prezzo maggiore, che non la vostragiustizia!« Ego autem in innocentia mea ingressus Sum, redime me, et miserere mei. »Ma, Signore, noi siamo qui entrati nella speranza di essere da voi restituiti nell’innocenza; io poi, Sacerdote e uomo meschino, ho fatto di me stesso giudizio, come ho potuto, in nome della vostra giustizia. Non mi pare di essere reo di grave colpa; ma mi dirò dunque giustificato? E chi ardirebbe dinanzi a voi dirsi innocente? Affrettatevi di redimerci: perché tutte le nostre speranze poniamo nella vostra misericordia. « Pes meus stetit in directo, in Ecclesiis benedicam te, Domine. Gloria Patri etc. » Sì, vostro è il merito, e vostra è la gloria, se abbiamo fatto bene: noi vi benediciamo qui raccolti, e le nostre opere buone saranno per noi tutti ragione di rendervi sempre nuove benedizioni. Ah! sia gloria nel tempo e nell’eternità, qual si conviene, a Dio Padre, Creatore ecc. Così sia. – Noi non crediamo di aver raggiunto a pezza il senso di questo salmo; ma speriamo di averlo almeno in qualche parte interpretato; specialmente avendo noi cercato di compendiare in qualche modo la spiegazione di s. Agostino nelle sue Enarrazioni sui salmi, e di adattarla all’occasione, in cui si recita quivi. – Ora ci resta, nel considerare questo rito, di ricavarne lezione di cristiana umiltà. « Perché, dice s. Cirillo (Catech. Mystag. 5), si lava il Sacerdote? Forse per mondarsi da corporali sozzure? E chi ardirebbe presentarsi colle mani insozzate all’altare? Nessuno al certo. Le mani adunque significano le azioni; e il lavarsi le mani significa la mondezza e la purità della vita nostra. Non avete sentito Davide, che, per disporsi a trattar santi misteri, si vuol lavare cogli innocenti le mani? Questo lavarsi le mani è adunque un simbolo, e significa di non essere immondi di peccati. Si lava solamente le estremità delle dita; il che significa, come dice s. Dionisio (S. Dion. Areop. De Eccl. Hierar., cap. 3, n. 2.), il bisogno di purificarsi anche dei leggieri peccati. Deve ben essere una vergognosa impudenza l’avvicinarsi con libertà a Gesù Cristo nel Sacramento così di frequente, quasi si avesse il diritto di trattare con Lui colla confidenza d’amico; mentre facciamo al giorno tante minute azioni, che gli dispiacciono, e ad ogni ora! In vero non si può comprendere, come osiam di portare sull’altare sempre le solite infedeltà. Per questo, uomini santi, per quanto umanamente si può, a celebrare ben preparati, s’astengono tratto tratto, dall’altare, per richiamare in giudizio davanti a Dio la propria coscienza in qualche tempo di solitudine spirituale, a render conto del profitto fatto del dono di Dio. Noi lodiam ben di cuore lo zelo dei più, che ogni giorno niente meglio desiderano, che di rendere il più grande omaggio alla ss. Trinità, parendo loro di defraudare troppo gran gloria a Dio, se non celebrassero tutte le mattine. Noi sì lodiamo e benediciamo al fervore di quelle anime predilette, la cui vita è sospiro d’amore a Gesù, ed un continuo a Lui anelare, e che non sanno altrimenti quietare ed empiere la propria fame, se non hanno con tutta dolcezza e avidità il sacro Corpo (Imit. Christi lib, 4.). Questi lodiamo, perché danno opera a tenersi ben preparati per compiere ogni giorno la più tremenda azione. Ma se veneriamo questi fervorosi, non possiamo a meno di benedire a quegli altri, che sì astengono qualche giorno, per ritirarsi e disporsi a ricevere i santi misteri meglio preparati (Imit. Christi lib. 4.): e perciò fanno nell’anno un po’ di ritiro nei santi Esercizi.

ART. VI.

L’ORAZIONE: SUSCIPE, SANCTA TRINITAS.

Il lavarsi le mani in quel punto significa la sollecitudine di un’anima, che affina i suoi pensieri, purifica i suoi affetti, e tenta deporre ogni resto di umana miseria, per sollevarsi a Dio. Questo convien massime al Sacerdote, che deve in nome di Gesù Santissimo presentarsi alla ss. Trinità, e offrirle nel Sacrificio tale un omaggio, che, sebbene mandato dalla terra, al tutto è divino. Eccolo che torna in mezzo all’altare, e s’inchina posando sopra di esso le mani giunte. In questa giacitura ricorda il Salvatore benedetto, che nella sua vita mortale offriva tutto se stesso alla gloria del suo Padre celeste: ed era come il suo cibo d’ogni ora fare la volontà di Lui fino alla morte. Onde con Gesù assorto nel pensiero della grande offerta, dice l’orazione, che comincia:

Suscipe, sancta Trinitas.

« Accogliete, o Trinità santa, questa oblazione, che vi offriamo in memoria della Passione, Risurrezione ed Ascensione di Gesù Cristo, Signor nostro, ed in onor della beata Maria sempre vergine e del beato Giovanni Battista, e dei santi Apostoli Pietro e Paolo, e di codesti e di tutti i Santi, affinché a loro torni in profitto d’onore, e per noi in profitto di salute: e intercedere per noi si degnino in cielo quegli, di cui facciamo memoria in terra. Per il medesimo Gesù Cristo, Signor nostro. Così sia. » – Per ben intendere quest’orazione, diremo che il Sacerdote, avendo già fatta l’offerta del pane e vino distintamente, ora in questa preghiera la rinnova offrendoli insieme, perché insieme sono ordinati a concorrere in unità al Sacrificio (Bened. XIV, De sac. Miss. Lib. I, cap. II, n.4). Vogliono anche alcuni, che le due prime orazioni, che accompagnano le due offerte suddette, fatte ad una ad una separatamente, venissero dal Sacerdote recitate col popolo, e poi questa solo dal Sacerdote. Per penetrare nello spirito di questa sublime preghiera, osserveremo prima di tutto, che in essa si fa menzione della Passione, Risurrezione ed Ascensione di Gesù Signor nostro, supplicando la ss. Trinità ad accogliere, in memoria di quelle, l’offerta immacolata che si va preparando. Quest’offerta dev’essere il Sacrificio del Corpo e del Sangue di Gesù Cristo, per merito del quale solamente venivano accettati i sacrifizi antichi, che lo figuravano (Conc. Trid., Sess. XXII, cap. 1). Ora considereremo quanto appunto si sperava con quelli in figura, e lo vedremo poi tutto eseguito nel Sacrificio della Messa in un modo veramente degno di Dio. – In primo luogo per fare i sacrifizi, comandati da Dio nell’antica legge, si eleggeva la vittima: e con questa elezione quella diveniva cosa santa, e vuol dirsi segregata dagli usi profani, e a Dio devota. Questa elezione della vittima ha già fatto nel mistero dell’Incarnazione il Figlio di Dio, quando prese l’umana natura, ed immedesimandola colla sua Natura Divina si fece nostro Salvatore offrendosi da vittima e pontefice, consacrato coll’unzione della Divinità all’immortal sacerdozio (Conc. Trid., Sess. XXII, cap. 1). Da quel primo istante da cui nacque uomo il Nazareno, Figliuolo di Dio Santissimo, o come cosa tutta santa, consacrata a Dio per venir poi per noi sacrificata in sulla croce: e sospirando il momento di farlo, sclamava sino dal primo istante della sua umana esistenza: « m’avete adattato un Corpo: ecco, ecco che io vengo » (Hebr. X). In secondo luogo i sacerdoti giudaici la vittima eletta ponevano e immolavano in sull’altare, e del sangue suo cospergevano l’altare e tutto d’intorno. La vittima così immacolata era un’immagine viva di Gesù Cristo, grande vittima che fu sacrificata sul Calvario; del cui Sangue di tutte le Piaghe, e massime del santo suo Costato, fu cosperso l’altare della croce e tutto intorno (Bened. XIV, lib. I, cap. II, n. 5, De sac. Miss.). Finalmente quell’antica vittima di carne mortificata veniva abbruciata, e purificata così dal fuoco; e dall’altare, come in profumo, saliva al cielo in odore di soavità; mentre in terra il popolo vi aveva la sua parte. Anche questa era simbolo, che accennava e prometteva al cielo il profumo veramente divino della gran Vittima, che col morire crocifissa deponeva nella morte, come insegna san Paolo (2 ad Cor.), ciò che di mortale aveva, e sorgeva immortale nella Risurrezione. Nell’Ascensione poi il Redentore trionfante portava l’umana carne spiritualizzata nel più alto de’ cieli in seno al Padre; e qui in terra ancora si comunica e s’incorpora coi fedeli, per portare la nostra povera umanità alla beatitudine in Paradiso in seno al Padre. – Ora ecco perché (Bened. XIV, ibi) nella Messa si supplica che sia accolto quel Sacrificio in memoria prima della Passione; perché come nella passione la gran vittima per la divina incarnazione già preparata, venne uccisa e colla morte distrutta; così nella futura consacrazione la vittima misticamente sì svenerà, e misticamente si distruggerà, e si priverà di vita, presentandosi come agnello trafitto, dal cui corpo è tratto il sangue sino all’ultima goccia. E per questo fine appunto si consacra il Corpo e il Sangue sotto diverse specie, l’una dall’altra divisa (S. Thom. 3 p., 74, art. 1.). Diremo, nel Sacrificio della Messa Gesù Cristo si offre davanti al Padre col suo Corpo proprio come era pendente in croce, là svenato col suo Sangue come era diviso dal corpo e tutto là sparso per terra. Così col corpo sotto le specie del pane, col sangue sotto le specie del vino si presenta come li avesse ancor separati benché sia in Persona vivo e glorioso sotto ciascuna specie. Oh vittima ed Agnello divino che caduto innanzi al trono di Dio come svenato trova in cielo la redenzione! Poi si prega, che sia accolta in memoria della Risurrezione: perché, come dicemmo, nella .risurrezione quel corpo, purificato d’ogni avanzo di mortalità (come la vittima si purificava pel fuoco), si rivestì dell’immortalità; e così pure nel Sacrificio il Corpo di Gesù Cristo sotto le specie sacramentali si presenterà nello stato di gloria e risorto all’immortalità. – Finalmente s’implora, che sia accolto il Sacrificio in memoria dell’Ascensione. Poiché, come nell’Ascensione l’umana natura divinizzata in Lui elevossi in seno al Padre; così dall’altare santo Gesù Cristo sacrificato si eleverà come profumo divino in seno al Padre, e il Padre accoglierà l’Unigenito, sua eterna compiacenza, che, essendo Dio con esso divin Padre, a Lui di qui rende onore divino, nel sacrificio tutto a Lui offertosi. S’aggiunge poi di offrirlo in onore di Maria ss. e di tutti i Santi; affinché per loro torni ad onore, e riesca per noi a salute coll’intercessione di loro pei meriti di Gesù Cristo. Oh sì veramente! Per tutti quei felicissimi, che in virtù di questo Sacrificio sono beati in Paradiso, quale dovrà essere la consolazione e quale la gloria del sentire ricordare le proprie virtù, ed all’augustissima Trinità fare di esse un presente in uno coi meriti e colla Persona del Figliuolo divino? Essi inabissati nel seno della Divinità, d’uno sguardo abbracciando il cielo e la terra, il tempo passato ed il futuro, come l’istante presente, contempleranno in chiarezza i misteri della grazia, l’ordine della redenzione operata dal figliuolo di Dio; di là comprenderanno bene, come la loro santità sia il frutto della gran radice, che in tutti i popoli si va diffondendo; così d’ogni ben perfetto in sulla terra riconosceranno la causa, la virtù, il merito essere in Gesù Cristo. Onde con quelle espressioni, che si sanno formare solo in seno a Dio, d’ogni bene a Lui daran gloria eternamente. Qui par bene che al Sacerdote siasi nella contemplazione rivelato un raggio di quella beatitudine, che riflesso sulle anime in terra, diventa celeste speranza dell’anima cristiana; per cui egli confida vivamente per Gesù Cristo di salire anch’esso coi suoi figliuoli a’ piedi di Maria a ricongiungersi con quei beati. In tale elevazione di mente, con questo desiderio, in questa speranza s’attacca all’altare, che lega la terra al trono di Dio, e, stringendosi al petto le reliquie dei Santi, colle braccia allargate in atto di accogliere tutti i fratelli, che ha intorno, e portarseli in cuore in Paradiso, con quelli bacia l’altare, che ne è la porta, e in quella piena di affetti ineffabili e misteriosi si rivolge, e si raccomanda a tutti di rianimare il fervore nell’accompagnarlo colle preghiere, col dire: Orate, fratres.

Art. VII.

L’ORAZIONE: ORATE, FRATRES.

Ci piace di premettere l’osservazione, che il sacerdote, nell’atto di rivolgersi per dire: Orate, fratres, compie il giro; cioè voltandosi al popolo dal lato destro, girandosi intorno si rivolge all’altare dal lato sinistro; mentre tutte l’altre volte, che dall’altare si volta al popolo, non compie il giro, ma ritorna dalla parte, donde s’era voltato. Per conoscere il perché di questo girarsi intorno, che fa il Sacerdote, è da considerare, che in altri tempi nelle chiese stavano dagli uomini separate le donne in luogo appartato, che si chiamava il matroneo, cioè luogo serbato alle cristiane matrone. Il perché si legge ancora in antichi rituali, che il Sacerdote rivolto alla parte degli uomini diceva; « Pregate o fratelli; » poi rivolto dalla parte delle donne diceva; « Pregate o sorelle (Card. Bona, R:r. lit. lib. 2, cap. 9, n. 6) » Ora questo giro compiuto potrebbe significare, che il Sacerdote in così fare si rivolge a tutti i fedeli, che si trovano in ogni parte, e va, per così dire, coll’animo in cerca di ciascuno in ogni angolo della chiesa, ed allargando loro le braccia incontro, li supplica della carità d’accompagnarlo colle preghiere. Dice adunque questa:

Orazione

« Pregate, o fratelli, affinché il mio e vostro sacrificio sia fatto accettevole presso Dio, Padre onnipotente. »

Autore: Associazione Cristo-Re Rex regum

Siamo un'Associazione culturale in difesa della "vera" Chiesa Cattolica.