FESTA DELL’ASSUNTA (2020)

15 AGOSTO. Assunzione della B. V. M.

[D. G. LEFEBVRE O. S. B.: Messale romano – L.I.C.E. –R. BERRUTI, TORINO 1936]

Doppio di I classe con Ottava Comune – Paramenti bianchi.

In questa festa, la più antica e la più solenne del Ciclo Mariano (VI secolo), la Chiesa invita tutti i suoi figli sparsi nel mondo a unire la loro gioia (Intr.), la loro riconoscenza (Pref.) a quella degli Angeli che lodano il Figlio di Dio, perché sua Madre è entrata in questo giorno, con il corpo e con l’anima, nel cielo (All.). Nella Basilica di Santa Maria Maggiore si celebra a Natale il Mistero, che è il punto di partenza di tutte le glorie della Vergine ed ancora si celebra oggi l’Assunzione, che ne è l’ultimo. Maria, porta in sé l’umanità di Gesù al momento dell’incarnazione del Verbo; oggi è Gesù, che riceve a sua volta il corpo di Maria in cielo. Ammessa a godere le delizie della contemplazione eterna, la Madre ha scelto ai piedi del suo divin Figlio la miglior parte, che non le sarà giammai tolta (Vang., Com.).

In altri tempi si leggeva il Vangelo della Vigilia, dopo quello del giorno, a fine di dimostrare che la Madre di Gesù è la più fortunata tra tutte, perché meglio d’ogni altra, « Ella ascoltò la parola di Dio ». Questa Parola, questo Verbo, questa Sapienza divina che stabilisce, sotto l’Antica Legge, la sua dimora nel popolo d’Israele (Ep.), è discesa sotto la Nuova Legge in Maria. Il Verbo si è incarnato nel seno della Vergine e ora negli splendori della celeste Sion egli l’ha colmata delle delizie della visione beatifica. Come Marta, la Chiesa sulla terra si dedica alle sollecitudini delle quali necessita la vita presente ed ancora come Marta, la Chiesa reclama l’aiuto di Maria (Or., Secr., Postc). Una processione fu sempre fatta nel giorno della festa dell’Assunzione. A Gerusalemme era formata dai numerosi pellegrini che andavano a pregare sulla tomba della Vergine e contribuirono così all’istituzione di questa solennità. Il clero di Costantinopoli faceva anch’esso nel giorno della festa dell’Assunzione di Maria una processione. A Roma, dal VII al XVI secolo, il corteo papale, al quale prendevano parte le rappresentanze del Senato e del popolo, andava in quel giorno dalla chiesa di San Giovanni in Laterano a quella di Santa Maria Maggiore. Questo si chiamava fare la Litania.

Assunzione della Beata Maria Vergine.

[Appendice al Messale ut supra]

La credenza nell’Assunzione corporea di Maria SS. era già radicata da secoli nel cuore dei fedeli, profondamente persuasi che la Vergine, sin dal momento del suo transito da questa terra al Cielo, era stata glorificata da Dio anche nel corpo, senza che dovesse attendere che questo risorgesse, insieme con quello di tutti gli altri, alla fine del mondo. Cosi La festa dell’Assunzione, celebrata già verso il 500 in Oriente, costituì la più antica e la maggiore solennità dell’anno in onore di Maria SS. . Tuttavia la realtà dell’Assunzione corporea di Maria in Cielo non fu oggetto di una solenne definizione da parte del Papa se non il 1° novembre 1950. In tale giorno, il Sommo Pontefice Pio XII proclamò dogma di fede che « Maria, terminata la carriera della vita terrena, fu assunta alla gloria celeste quanto all’anima e quanto al corpo. – Questa definizione, maturata lentamente, ma incessantemente nei diciannove secoli che seguirono al beato transito di Maria da questa terra, ha ed avrà un’eco incalcolabile nella dottrina come nella vita cristiana. – Una delle sue conseguenze pratiche sarà quella di attirare vieppiù l’attenzione dei fedeli sulla futura glorificazione nostra non solo quanto all’anima, ma anche quanto al corpo. Come Adamo ci rovinò nell’una e nell’altro, così Gesù ci redense non solo quanto all’anima, ma anche quanto al corpo, cosicché l’anima del giusto è destinata ad una beatitudine immensa mediante la visione beatifica di Dio, ed il corpo alla sua volta verrà risuscitato, trasformato e configurato a quello glorioso del Cristo. Per Maria SS. la glorificazione corporea avvenne alla fine della sua carriera mortale; per gli altri giusti non avverrà che alla fine del mondo; ma se devono attenderla, non possono però dubitarne; la loro redenzione è certissima e sarà completa e perfetta (Rom. VIII, 23; Ef. IV, 30). Avendo già realizzato pienamente in se stessa il disegno divino della nostra redenzione, Maria SS. è per noi, colla sua Assunzione corporea, un altro modello, oltre quello di Gesù, della divinizzazione dell’anima mediante la visione beatifica e della glorificazione del corpo cui tutti siamo chiamati e che tutti dobbiamo meritare con le buone opere e con le sofferenze di questa vita cristianamente sopportate. Come del Cristo, così saremo coeredi di Maria SS., se soffriremo con Lei e come Lei (Rom. VIII, 17). – D’altra parte l’Assunta non soltanto ci ricorda quale sia la nostra meta soprannaturale e la via per raggiungerla, ma ci presta anche il suo validissimo aiuto. A quel modo che una buona mamma mira sempre a rendere partecipi della sua felicità tutti i suoi figli, così la Madre nostra celeste regna in Paradiso sempre sollecita della salvezza di tutti gli uomini. S. Paolo ci rappresenta Gesù che vive alla destra del Padre, sempre pregando per noi (Rom. VIII, 34; Ebr. VII, 25); la Chiesa, alla sua volta, ci dice che la Vergine è stata assunta in cielo, affinché fiduciosamente s’interponga presso Dio per noi peccatori (Segreta della Vigilia).

Affine di perpetuare anche nella Liturgia il ricordo della definizione del dogma dell’Assunzione di Maria SS., la Santa Sede ha pubblicato una nuova Messa in onore dell’Assunta, ordinando di inserirla nel Messale il giorno 15 d’agosto, in luogo di quella antica (A. A. S. 1950, pag. 703-5).

Incipit

In nómine Patris, ✠ et Fílii, et Spíritus Sancti. Amen.

Introitus

Ap XII: 1
Signum magnum appáruit in cœlo: múlier amicta sole, et luna sub pédibus ejus, et in cápite ejus coróna stellárum duódecim

[Un gran segno apparve nel cielo: una Donna rivestita di sole, con la luna sotto i piedi, ed in capo una corona di dodici stelle].

Ps XCVII: 1
Cantáte Dómino cánticum novum: quóniam mirabília fecit.

[Cantate al Signore un càntico nuovo: perché ha fatto meraviglie].

Signum magnum appáruit in coelo: múlier amicta sole, et luna sub pédibus ejus, et in cápite ejus coróna stellárum duódecim

[Un gran segno apparve nel cielo: una donna rivestita di sole, con la luna sotto i piedi, ed in capo una corona di dodici stelle].

Oratio

Orémus.
Omnípotens sempitérne Deus, qui Immaculátam Vírginem Maríam, Fílii tui genitrícem, córpore et ánima ad coeléstem glóriam assumpsísti: concéde, quǽsumus; ut, ad superna semper inténti, ipsíus glóriæ mereámur esse consórtes.

[Onnipotente sempiterno Iddio, che hai assunto in corpo ed ànima alla gloria celeste l’Immacolata Vergine Maria, Madre del tuo Figlio: concédici, Te ne preghiamo, che sempre intenti alle cose soprannaturali, possiamo divenire partecipi della sua gloria].

Lectio

Léctio libri Judith.
Judith XIII, 22-25; XV:10

Benedíxit te Dóminus in virtúte sua, quia per te ad níhilum redégit inimícos nostros. Benedícta es tu, fília, a Dómino Deo excelso, præ ómnibus muliéribus super terram. Benedíctus Dóminus, qui creávit coelum et terram, qui te direxit in vúlnera cápitis príncipis inimicórum nostrórum; quia hódie nomen tuum ita magnificávit, ut non recédat laus tua de ore hóminum, qui mémores fúerint virtútis Dómini in ætérnum, pro quibus non pepercísti ánimæ tuæ propter angústias et tribulatiónem géneris tui, sed subvenísti ruínæ ante conspéctum Dei nostri. Tu glória Jerúsalem, tu lætítia Israël, tu honorificéntia pópuli nostri.
[Il Signore ti ha benedetta nella sua potenza, perché per mezzo tuo annientò i nostri nemici. Tu, o figlia, sei benedetta dall’Altissimo piú che tutte le donne della terra. Sia benedetto Iddio, creatore del cielo e della terra, che ha guidato la tua mano per troncare il capo al nostro maggior nemico. Oggi ha reso cosí glorioso il tuo nome, che la tua lode non si partirà mai dalla bocca degli uomini che in ogni tempo ricordino la potenza del Signore; a pro di loro, infatti, tu non ti sei risparmiata, vedendo le angustie e le tribolazioni del tuo popolo, che hai salvato dalla rovina procedendo rettamente alla presenza del nostro Dio. Tu sei la gloria di Gerusalemme, tu la gloria di Israele, tu l’onore del nostro popolo!]

Graduale

Ps XLIV: 11-12; XLIV: 14
Audi, fília, et vide, et inclína aurem tuam, et concupíscit rex decórem tuum.

[Ascolta, o figlia; guarda e inclina il tuo orecchio, e s’appassionerà il re della tua bellezza.]

V. Omnis glória ejus fíliæ Regis ab intus, in fímbriis áureis circumamícta varietátibus. Allelúja, allelúja.

[V. Tutta bella entra la figlia del Re; tessute d’oro sono le sue vesti. Allelúia, allelúia].

V. Assumpta est María in cælum: gaudet exércitus Angelórum. Allelúja.  

[Maria è assunta in cielo: ne giúbila l’esercito degli Angeli. Allelúia.]

Evangelium

Sequéntia sancti Evangélii secúndum Lucam.
Luc. 1:41-50
“In illo témpore: Repléta est Spíritu Sancto Elisabeth et exclamávit voce magna, et dixit: Benedícta tu inter mulíeres, et benedíctus fructus ventris tui. Et unde hoc mihi ut véniat mater Dómini mei ad me? Ecce enim ut facta est vox salutatiónis tuæ in áuribus meis, exsultávit in gáudio infans in útero meo. Et beáta, quæ credidísti, quóniam perficiéntur ea, quæ dicta sunt tibi a Dómino. Et ait María: Magníficat ánima mea Dóminum; et exsultávit spíritus meus in Deo salutári meo; quia respéxit humilitátem ancíllæ suæ, ecce enim ex hoc beátam me dicent omnes generatiónes. Quia fecit mihi magna qui potens est, et sanctum nomen ejus, et misericórdia ejus a progénie in progénies timéntibus eum.”

[In quel tempo: Elisabetta fu ripiena di Spirito Santo, e ad alta voce esclamò: Benedetta tu fra le donne, e benedetto il frutto del tuo seno! Donde a me questo onore che la madre del mio Signore venga a me? Ecco, infatti, che appena il tuo saluto è giunto alle mie orecchie, il bimbo ha trasalito nel mio seno. Beata te, che hai creduto che si compirebbero le cose che ti furono dette dal Signore! E Maria rispose: L’ànima mia magnifica il Signore, e il mio spirito esulta in Dio mio salvatore, perché ha guardato all’umiltà della sua serva; ed ecco che da ora tutte le generazioni mi diranno beata. Perché grandi cose mi ha fatto colui che è potente, e santo è il suo nome, e la sua misericordia si estende di generazione in generazione su chi lo teme.]

OMELIA

ASSUNZIONE E INCORONAZIONE DI MARIA

(G. PERARDI: “LA VERGINE MADRE DI DIO E LA VITA CRISTIANA”, Libr. del SACRO CUORE, TORINO, 1908)

[Imprim. AUG. Card. RICHELIMY, Archiepiscopus. Torino]

XXIV.

Assunzione e Incoronazione di Maria

Un profondo pensatore (Nicolas) meditando sulle relazioni che corrono tra i misteri che celebriamo in onore di Gesù Cristo e quelli che celebriamo in onore di Maria vi riscontrò un’analogia grande, espressa in una splendida pagina che merita di essere ricordata come introduzione al mistero che oggi ricordiamo: l’Assunzione di Maria Vergine al cielo, e la sua incoronazione. – Non v’è un solo mistero di Gesù Cristo, che non abbia il suo accompagnamento, e come il suo eco, in un mistero corrispondente della santissima Vergine, e questo parallelo de’ misteri del Figlio e di quelli della Madre è così costante, che è impossibile non vedervi una legge. Così il primo di tali misteri, quello della predestinazione di Gesù Cristo, implica necessariamente quello della predestinazione di Maria, poiché Egli è predestinato solo in quanto Uomo, e per conseguenza come Figlio di Maria. Il secondo mistero di Gesù Cristo, quello della sua prenunciazione profetica non si presenta a noi senza associar Maria alla medesima grandezza: la donna, la Vergine è sempre mostrata congiuntamente al suo seme, ossia al suo Figliuolo… – Il mistero della venuta di Gesù Cristo sulla terra nell’Incarnazione del Verbo, ne forma un solo con quello dell’Annunciazione: il medesimo mistero che produce un Uomo-Dio fa una Madre di Dio. Il mistero della visita di Gesù Cristo al suo Precursore e della santificazione che gli reca, va unito con quello della visitazione di Maria a sant’Elisabetta; e lo Spirito santo per bocca di questa non benedice a Gesù nascituro senza benedir a Maria. Il mistero del Natale presenta il Bambino con Maria sua madre, sulla quale riflette lo splendore della sua divinità e della gloria che gli danno gli Angeli, i pastori ed i re. Il mistero della presentazione di Gesù al Tempio si congiunge con quello della Purificazione di Maria: di Gesù è annunziato che sarà posto come segno di contraddizione: a Maria è annunziato che la spada del dolore le trapasserà l’anima. – La fuga e il ritorno dall’Egitto ci fanno vedere il Bambino e la Madre, affidati, come unico tesoro, alla custodia, alla fedeltà di Giuseppe. Gesù manifesta nel Tempio la sua sapienza divina; manifesta nel medesimo tempo la sua sommissione a Maria. Inizia i prodigi a Cana di Galilea, che aprono la serie della vita apostolica, ma vi appare l’intercessione potente di Maria. Muore in croce per la nostra salute; presso la Croce sta Maria: in quell’ora dolorosa mentre Gesù morendo diviene nostro Salvatore, Maria coi suoi dolori diviene nostra Madre.  – Così accanto ad ogni mistero, ad ogni gloria di Gesù v’ha un mistero, v’ha una gloria di Maria. Solamente il mistero dell’Ascensione di Gesù non avrà il suo riscontro in un mistero di Maria? Due destini così meravigliosamente uniti sin dalla loro origine e in tutto il loro corso, si separeranno al loro termine? (La Vergine sec. il Vangelo, capo XXII, p. 5°) No! E noi oggi ricordando la gloriosa Assunzione di Maria in corpo ed anima, al cielo, troviamo il mirabile compimento della piena e perfetta unione delle glorie di Maria colle glorie di Gesù Cristo. Esultiamo di questo novello trionfo di Maria.

I . — Maria, morta, venne seppellita. Il corpo di Maria, come quello di Gesù scese nella tomba. Vi rimarrà preda della corruzione? La morte è l’eco della vita. Maria visse umile; ma la sua vita è un intreccio di grandezze. Queste grandezze debbono riflettersi sulla sua morte, accordarvisi in meraviglioso concerto e comporre, nella sua Assunzione al cielo, la gloria delle sue glorie, la grandezza delle sue grandezze (Nicolas, op. cit.). – 1° Maria da tutta l’eternità è stata predestinata Madre di Gesù, Madre di Dio, e perciò è la più santa e la più perfetta immagine del suo Figliuolo. Non si può concepire Gesù senza Maria, separato da Maria; come non possiamo pensare il figlio senza la madre. Maria, per divina predestinazione, unita con Gesù in tutto ne sarebbe poi separata nell’ultimo termine per essere confusa col termine generale degli uomini? La ragione vi ripugna. La destinazione dev’essere al medesimo livello della predestinazione. Maria superiore a tutte le creature per la sua predestinazione di Madre di Dio, deve altresì salire a tutta l’altezza di questa dignità, esservi come portata dal peso medesimo di questa dignità. La predestinazione richiede l’Assunzione perché il primo mistero del destino della Vergine corrisponde all’ultimo.

2° Vi ha un rapporto fra l’entrata e l’uscita di questa vita, tra la concezione e la morte: ed è la mortalità, l’essere soggetti alla morte. Al nostro entrare nel mondo, il peccato originale, la morte spirituale dell’anima ci attende; al nostro uscire la morte ci aspetta. La morte è figlia del peccato. Dove il peccato ebbe una volta accesso trascina dietro di sé la morte. Ma dove il peccato non ha mai potuto avere accesso, neppure la morte ha potere di nuocere. La vita finisce nella morte, perché la vita s’inizia in una morte: la morte del peccato. Tale è la sorte infelice di tutti i figli di Adamo. Di qui la preghiera del profeta che domanda la custodia divina nell’entrata e nell’uscita dal mondo (Salm. CXX, 8. Dominus custodiat introitum tuum et exitum tuum).), nei due passi pericolosi, in due insidie. La grazia di Gesù esaudì la preghiera del profeta e ci libera da queste due insidie: dal peccato originale nel rinascimento spirituale, dalla morte per la risurrezione finale. Questa grazia però lascia sussistere le conseguenze temporali e specialmente la concupiscenza per l’anima durante la vita, e la corruzione pel corpo durante il tempo. Maria preservata dal peccato originale che è la causa della concupiscenza, della morte e della corruzione dell’uomo, doveva pure essere preservata da queste funeste conseguenze. Preservata dal peccato originale che è la corruzione dell’anima, doveva pure essere preservata dalla corruzione del corpo che è la conseguenza del peccato. Perché crederemo noi che Dio abbia accordato a Maria il primo privilegio che è il più grande e non le abbia accordato il secondo che è ben meno del primo? Maria è morta. La morte non fu per Maria l’effetto, la conseguenza del peccato. Morendo, piuttostoché morire, dice il Nicolas « depone la sua mortalità nella tomba per rivestirvi la gloria. Ella fu come concepita alla gloria frammezzo alla morte, come era stata concepita alla grazia di mezzo al peccato. Concepita alla grazia sotto l’involucro spinoso del peccato, senza riceverne il morso, Ella è stata ugualmente concepita alla gloria sotto l’inviluppo della morte senza riceverne la corruzione… È passata per la morte, ma non vi è restata; ella è passata per la morte, ma non per la corruzione. Vi è passata come e perché vi è passato il suo Figliuolo: Egli vi è passato per virtù propria; Ella mercé la grazia di Lui, di quella medesima grazia che ha prevenuto in lei la corruzione, come vi aveva prevenuto il peccato ». La Concezione Immacolata ha come il suo compimento nell’Assunzione.

3° Tra i misteri del Cristianesimo, scrive Bossuet (Sermone II per la festa dell’Assunzione), v’è una concatenazione ammirabile. Il mistero dell’Assunzione di Maria ha un legame particolare coll’Incarnazione del Figliuolo di Dio. Maria ha ricevuto altra volta Gesù dal cielo; è giusto che alla sua volta Gesù riceva in cielo Maria; discendendo fino a Maria, doveva esaltarla lino a sé. Anzi Gesù prende la vita umana da Maria: a Maria rende la vita per riconoscenza. E come appartiene a Dio di mostrarsi sempre più munifico, mentre da Maria non ricevette che una vita mortale, è degno della sua grandezza dartene una gloriosa. Così questi due misteri sono concatenati insieme: e affinché la relazione sia più perfetta gli Angeli intervengono nell’uno e nell’altro, si rallegrano oggi con Maria di vedere un sì bel seguito del mistero ch’essi hanno annunziato. Gesù Cristo, alla fine del mondo, invitando gli eletti alla gloria celeste, dirà loro: « Venite benedetti dal Padre mio, possedete il regno preparatovi fin dalla fondazione del mondo. Perché ebbi fame, e mi rifocillaste; ebbi sete, e mi deste da bere; fui pellegrino, e mi ricettaste; ignudo e mi copriste; infermo, e mi visitaste; carcerato, e veniste da me… Quante volte avete fatto qualche cosa a uno di questi de’ minimi miei fratelli, l’avete fatta a me» (S. MATTEO XXV 34-36, 40). Or con qual sollecitudine Gesù ha dovuto andare incontro a questa creatura Benedetta fra tutte che l’ha ricevuto in persona, che gli ha dato la vita, l’ha nutrito, allevato per la salute del mondo e per quella gloria celeste di cui ora gode la sua umanità? – Anche sotto un altro aspetto conveniva che Gesù elevasse Maria al trono del cielo, in corpo ed anima, perché conveniva che in cielo fosse onorato il segno sensibile della divina marternità; cioè il corpo stesso di Maria. Per essere glorificato in questo titolo di Figliuolo dell’uomo, Gesù Cristo è asceso al cielo col suo corpo. Per la medesima ragione era conveniente che sollevasse quel corpo di Maria, che ha fornito la materia del suo, per rendere testimonianza a quella qualità di Figliuolo, nella quale ha voluto ricevere le adorazioni nel sommo de’ cieli come le aveva ricevute prima in terra. – Era la gloria, l’onore stesso di Gesù che esigeva l’Assunzione di Maria. – Che cos’è Maria? Ci risponde un principe dell’eloquenza cristiana, che Maria è come Gesù Cristo incominciato. Difatti Gesù è nato da Maria. E perciò dopo l’Ascensione di Gesù al cielo, Maria è stata come un resto di Gesù. E Gesti avrebbe permesso la corruzione nella tomba della carne sua, nella propria Madre ? Gesù trasse la sua vita da Maria e perciò la volle non solo pura nell’anima, ma la onorò singolarmente anche nel corpo per la verginità. Per Gesù, Maria fu vergine e di una verginità singolare, nobilitata pel voto. Gesù nascendo conserva incorruttibile cioè intatto questo corpo verginale. Come ammettere che quel corpo che diede la vita a Gesù, adorno di tante grazie, sia stato abbandonato alla corruzione del sepolcro, sia diventato quell’orribile decomposizione che ci fa indietreggiare inorriditi, quel non so che, pel quale non si ha più nome in alcuna lingua? Come ammettere che la potenza e l’amore di Dio che hanno conservata la casta integrità di Maria, l’abbiano dimenticata poi sino a lasciarla diventare obbrobrio della nostra natura nella tomba? Esclama a questo proposito sant’Agostino: Non solo non ardisco dirlo, ma sento orrore al solo pensarlo. E soggiunge: Se Gesù ha avuto la potenza di conservare, nascendo, vergine Maria, Egli ha avuto altresì il potere di conservarla incorruttibile nella tomba. Se n’ebbe il potere, n’ebbe la volontà e perciò lo ha fatto.

4° Abbiamo altra volta considerato Maria a’ pie’ della Croce, ov’Ella combatte il combattimento decisivo contro il demonio. Maria ha compito sul Calvario la sua missione: è divenuta corredentrice col più grande, col più doloroso sacrificio che creatura abbia mai potuto compiere. Sola Maria, sul Calvario, soffriva non solo nell’anima, ma anche nel corpo quello che Gesù soffriva per le sue ferite. Ella che ha così intimamente partecipato ai dolori, agli strazi di Gesù, doveva egualmente partecipare alla sua gloria. Nel Paradiso terrestre l’uomo e la donna perdettero l’umanità col peccato; entrambi portarono il doloroso peso della prevaricazione. Sul Calvario, a Gesù è associata Maria per la Redenzione dell’uomo. L’Ascensione di Gesù al cielo ha, come risulta da tutta la Scrittura, relazione diretta colla sua dolorosa passione. Egli stesso lo manifestò apertamente ai discepoli d’Emmaus: O stolti, e tardi in cuore a credere cose dette già tutte dai profeti. Non doveva forse Cristo patire tali cose, e così entrare nella sua gloria? (S. LUCA XXIV, 25, 26) E come mai Maria così strettamente unita a Gesù nel dolore della passione, sarebbe esclusa dal suo trionfo? Oh non dubitiamo! Al Calvario doloroso risponde per Gesù la gloria dell’Ascensione, risponde per Maria il trionfo dell’Assunzione.

II. — L’Assunzione di Maria al cielo, non è solo dogma di fede (1 Nov. 1950 Munificetissimus Deus) ma è verità che non possiamo mettere in dubbio senza venire meno al nostro onore ed al nostro dovere di Cristiani.

1° La tradizione cristiana ha sempre ritenuto come verità l’Assunzione di Maria al cielo. I Venerandi Padri del Concilio Vaticano, nella domanda per la definizione dogmatica dell’Assunzione di Maria così parlano: « Se non si vuole appuntare di leggerezza e di credulità la fede della Chiesa in riguardo all’Assunzione di Maria — pensare il che, sarebbe empietà — senza dubbio bisogna fermamente ritenere che tale credenza abbia origine dalla tradizione apostolico-divina, ossia dalla rivelazione ». San Giovanni Damasceno ci ricorda che Giovenale, Patriarca di Gerusalemme, rispondendo nell’anno 451 all’imperatore Marciano che gli aveva inviato messaggeri per avere notizie del sepolcro di Maria, rispondeva, unitamente a’ vari Vescovi di passaggio a Gerusalemme reduci dal Concilio di Calcedonia, dicendo che il corpo di Maria non era nel sepolcro su cui era edificata una Chiesa, ma che il terzo giorno dopo il transito era stato trasportato dagli Angeli in cielo; che il sepolcro, aperto dagli Apostoli, non conteneva che i lintei e le sacre vesti in cui era stata avvolto il cadavere, dalle quali emanava una celestiale fragranza.

2° La Chiesa ha in vari modi confermato la sua fede nell’Assunzione di Maria al cielo. Il pontefice Nicolò I, nell’anno 858 parla del digiuno e della vigilia di tale festa, tramandata dall’antichità coi digiuni delle vigilie di Natale e Pentecoste. Già sotto san Gregorio Magno (590-604) la festa dell’Assunzione era celebrata con rito festivo. Fu pur confermata dall’istituzione dell’ottava che segue la solennità; e nello stabilire festa di precetto il giorno dell’Assunzione.

III. — Oh fossimo capaci di contemplare, o almeno di raffigurarci la gloria di Maria nella sua risurrezione, e nella gloriosa Assunzione. Oseremo tentarlo noi, poveri e deboli mortali? O Maria, deh! manifestaci la gloria dei tuoi trionfi, perché siamo tuoi figli.

1° Il terzo giorno dopo che Maria fu seppellita, riferisce la tradizione, « gli Apostoli che si trovavano a Gerusalemme, essendo sopravvenuto san Tommaso, l’unico che non era stato presente alla morte di Maria, il quale ardentemente desiderava di venerare anche una volta il sacro Corpo che aveva concepito il Figlio di Dio fatto Uomo, aprirono il sepolcro; ma non vi ritrovarono il sacro cadavere » (TAIT, Vita di Maria. Occorre anche notare che, mentre possediamo molte reliquie dei corpi degli Apostoli, nessuno ha mai preteso di possedere una reliquia del corpo di Maria. Se .Maria non fosse assunta in cielo bisognerebbe dire che mentre i primi Cristiani ebbero tanta premura di conservarci i resti mortali degli Apostoli e dei Martiri non si siano dato alcun pensiero dei resti mortali della madre del loro Signore). – Presi di ammirazione alla vista di questo mistero, gli Apostoli, assistiti dallo Spirito di Dio, l’interpretarono così: che Quegli a cui era piaciuto di prender carne nel seno immacolato di Maria, il Verbo di Dio, il Signore della gloria, che nel parto stesso di Lei non aveva voluto offendere la integrità di quel corpo verginale, si era compiaciuto di trasportarlo incorruttibile e immacolato nella gloria, senza fargli aspettare la comune e universale risurrezione degli eletti. Insieme cogli Apostoli si trovavano a questo grande avvenimento Timoteo primo vescovo di Efeso, e Dionigi l’areopagita il quale ne parla egli stesso ne’ suoi scritti (S. GIOVANNI DAMASCENO, Discorso 2° sulla Dormizione di Maria; Sofronio, Sant’ATANASIO, ecc., Breviar. Rom., die 18 augusti. — Non dobbiamo discutere questa tradizione perché non fondiamo tanto sopra di lei, quanto nel Vangelo la nostra fede in questo glorioso mistero. Tuttavia, osserveremo col Nicolas « …non possiamo trattenerci dal far osservare questa prova morale della sua perfetta veracità, che, se fosse stata un’invenzione, non si sarebbe mancato di rendere gli Apostoli testimoni del miracolo medesimo dell’Assunzione, come lo erano stati di quello dell’Ascensione; eche, limitandosi ad arguire l’Assunzione dal fatto solo della scomparsa del corpo della Santissima Vergine e dalle circostanze che avevano accompagnate la morte e la traslazione di lei, lo stesso racconto imprime, per la sua propria riservatezza, a queste circostanze soprannaturali ea questa induzione dell’avvenimento principale, uncarattere di veracità più conveniente che non sarebbe stata la descrizione dell’avvenimento medesimo »). – Maria a guisa di una nube d’incenso, uscita dalla tomba, si era innalzata verso il cielo. È il dolce paragone che ci presenta la sacra Scrittura: Chi è costei che ascende per deserto quasi piccola colonna di fumo dagli aromati di mirra ed incenso ? (Cant. III, 6). E noi ammirati, rispondiamo: Maria, la Vergine Madre di Dio.

2°Così finisce la scena della terra: nel medesimo tempo s’inizia il trionfo di Maria in cielo. Rappresentate alla vostra mente tutto quanto di grande, di splendido vi è dato immaginare: in confronto della realtà è un nulla. Quando l’intrepida Giuditta tornò vittoriosa dal campo degli Assiri portando la testa del duce Oloferne, « corsero a lei tutti piccoli e grandi… e accesi de’ lumi, se le affollarono tutti d’intorno… tutti adorando il Signore le dissero: Il Signore ti ha benedetta comunicandoti la sua possanza… E Ozia capo del popolo di Israele, le disse: Benedetta se’ tu, o figliuola, dal Signore Dio altissimo, sopra tutte le donne della terra. Benedetto il Signore… perocché Egli questo dì ha talmente esaltato il tuo nome che le tue lodi saranno mai sempre nelle bocche degli uomini… E tutto il popolo disse: Così è, così è » (Giud. XII ). Più tardi « Joakim sommo sacerdote si portò da Gerusalemme a Betulia con tutti gli anziani per vedere Giuditta. Ed essendo ella andata ad incontrarli, la benedissero tutti ad una voce dicendo: Tu gloria di Gerusalemme, tu letizia d’Israele, tu onore del popolo nostro: perocché virilmente hai operato, e hai avuto un cuore costante, perché hai amato la castità » (Ibid. XV, 9-12). Giuditta è figura di Maria: il trionfo suo è una pallida e meschina immagine del trionfo di Maria.

3° L’incomparabile donna s’avvicina al cielo. Principi della Gerusalemme celeste, apritene le porte imperocché si avvicina la vera Giuditta, la benedetta fra tutte le donne. S’aprono i cieli, e n’escono a schiere gli spiriti celesti per andare incontro alla vittoriosa Regina, e farle solenne corteggio. Non più un Angelo solo la saluta piena di grazia; i cori angelici l’acclamano: Gloria di Gerusalemme, letizia del cielo. Non più la sola madre del Battista, non più una sola donna rapita dalla sapienza del Redentore ne acclama beata la madre: ma gli eletti tutti a cori le si fanno incontro: i patriarchi, i profeti, i giusti dell’antico Testamento, i martiri, i vergini l’acclamano giubilanti. Adamo riconosce in Lei la donna promessa. Le eroine di Israele che la figurarono, i suoi santi genitori, il suo sposo Giuseppe gioiscono del suo trionfo. E Maria, più splendida dell’aurora, « bella come la luna, eletta come il sole, terribile come un esercito » (Cant. VI, 9), acclamata da tutti i cori celesti entra nella gloria. Oh feste, oh trionfi della terra! siete un nulla in confronto del trionfo di Maria in cielo. Maria entra in cielo; Iddio, il Signore degli Angeli, le si fa incontro: Surrexit rex in occursum eius (III Re, II, 19). Oh immaginate, se siete capaci, l’incontro di Maria con Dio! Con Gesù suo divino Figliuolo!… la mente si confonde, la parola viene meno. Iddio le stende la mano, la invita alla corona: Veni de Libano, coronaberis (Cant. IV, 18); le addita il trono preparatole da tutta l’eternità. Iddio Padre accoglie la sua figlia; e Maria l’adora. Gesù accoglie la Madre sua; Maria rivede, ritrova il suo Figlio nella gloria che non verrà meno. Lo Spirito Santo accoglie la sua sposa. L’eterno Padre incorona Maria della sua potenza; il Figliuolo della sua sapienza; lo Spirito santo della sua bontà, del suo amore. Maria, sollevata al di sopra degli ordini dei Patriarchi, dei Profeti, de’ Martiri, de’ Vergini, delle Potestà; de’ Cherubini, de’ Serafini, che l’acclamano Signora e Regina, ascende il suo trono alla destra del divin Figlio, riceve gli omaggi di tutti gli spiriti beati della Corte celeste. In quell’istante divenne realtà, la visione che san Giovanni contemplò in cielo: « Una donna vestita di sole, e la luna sotto i piedi di Lei, e sulla testa di Lei una corona di dodici stelle » (Apoc. XII, 1). Intanto la Vergine, mentre gli spiriti beati la circondano in rispettoso silenzio, traendo un’altra volta dal cuore il cantico della riconoscenza, esclama: « L’anima mia magnifica il Signore, e il mio spirito esulta in Dio, mio Salvatore. Perché Egli ha riguardato alla bassezza della sua ancella: ed ecco da questo punto mi chiameranno beata tutte le generazioni» (S. Luc. I, 46-48). Anche noi uniamo la mente ed il cuore agli eletti del cielo, anche noi acclamiamo Maria, anche noi deponiamo dinanzi al suo trono i nostri devoti omaggi proclamiamola nostra celeste Regina!

4° La gloria di Maria è gloria nostra perché di Maria siamo figli devoti. Ma oh quali salutari pensieri si affollano alla mente, ricordando il trionfo, l’assunzione e l’incoronazione di Maria in cielo. Maria fu dalla SS. Trinità coronata di gloria come figlia del Padre, come madre del Figlio, come sposa dello Spirito santo, come Regina degli Angeli e degli uomini; coronata per la purezza più angelica, di cuore, di spirito, di corpo, per l’ubbidienza perfetta e l’umiltà profonda, per la carità ardente che la fece vivere e morire d’amor di Dio. E nella eternità beata da sola rende a Dio una gloria più grande di quella che Egli riceve da tutta la Corte celeste; colla sua presenza accresce la gioia di tutti i beati, è mediatrice fra il cielo e la terra, e colla sua intercessione ottiene a noi tutte le grazie. Iddio, coronando, la Santissima Vergine come Regina del cielo, non ha limitato la potenza che le ha decretato sulla creazione. I Dottori pensano che gli eletti vedano in Dio la loro famiglia, le persone colle quali ebbero relazioni in questo mondo. Maria che ha adottato tutti gli uomini ai piedi della Croce, e che ha per noi viscere materne, non può restare indifferente al nostro destino quaggiù; e una delle prerogative della sua beatitudine è quella di seguire col suo sguardo e di proteggere il nostro triste esilio in questa valle di dolore. – Maria ci vede; la divinità è come uno specchio immenso nel quale si riflettono agli occhi della Regina del cielo tutte le creature e tutte le loro opere buone o cattive, ha dunque conoscenza delle nostre miserie, e dell’estremo bisogno che abbiamo della grazia, della misericordia divina, e conosce insieme tutto ciò che Iddio vuole e aspetta da noi. Ora la vista del bene aumenta la sua felicità; essa esulta quando uno dei suoi figliuoli pensa a Dio, ed opera con rettitudine e con carità. Maria ci ama, come oggetto dell’eterno amore di Dio, come immagine di Lui, sue creature di predilezione, e suoi figli; ama in noi i fratelli di Gesù Cristo, conquista e prezzo del suo Sangue adorabile, i tempi dello Spirito santo, i futuri eredi del cielo, di tal guisa, dice sant’Alfonso de’ Liguori, che tutte le tenerezze riunite della terra non sono paragonabili all’affetto che Maria dal cielo porta a ciascuna anima amata da Dio. – Maria ci protegge. Essa è non solo per noi mediatrice supplichevole, ma potente avvocata; non domanda solo per grazia e misericordia, ma quasi comanda. Offre per noi i meriti di Gesù Cristo, e v’aggiunge i suoi; e, come Gesù interpone per noi i suoi meriti avanti al Padre, Maria difende la nostra causa presso Gesù. Il Figlio di Dio ama di essere pregato dalla Madre sua, perché vuole accordare a noi, per l’intercessione di Lei, tutte le sue grazie. E Dio ha dato a Maria un cuore proporzionato a tanto ministero; essa prova un desiderio ardente della salute di ciascuno di noi, e uno zelo indicibile per aiutarci a raggiungere il nostro fine, a meritare la felicità eterna. Oh rallegriamoci dunque che n’abbiamo ben ragione. Maria desidera la nostra salute: dasideriamola anche noi. Maria ci vuole aiutare a conseguirla: vogliamo conseguirla; desideriamo l’aiuto di Maria, domandiamolo, e cerchiamo di rendercene ognor più degni.

IV. — La gloriosa risurrezione e incoronazione di Maria porta di necessità il nostro pensiero al ricordo del nostro ultimo destino. Il nostro corpo, morto, sarà portato al cimitero, seppellito. La corruzione sarà l’ultima sorte del nostro corpo nella tomba? No! Rallegriamoci: questo corpo tempio vivo di Dio, consacrato nel Battesimo, albergo di Dio, un giorno risusciterà. La morte è il trionfo del demonio, perché il peccato, opera del demonio, ha introdotto la morte nel mondo. La risurrezione sarà la riparazione di questo disordine. Sarà anzi l’applicazione della Redenzione al corpo. Nel Battesimo, la Redenzione è applicata all’anima; nella risurrezione verrà applicata al corpo. — Sarà il trionfo completo di Gesù Cristo sulla morte. Se il corpo non risuscitasse, il demonio avrebbe trionfato di Dio, guastando per sempre l’opera di Lui. L’anima è creata per essere unita al corpo. Il demonio è riuscito a rompere questa armonia, col peccato. Alla fine del mondo, Dio, trionfando completamente del demonio, riunirà il corpo e l’anima. — Non l’anima solamente, ma tutto l’uomo, anima e corpo, hanno concorso ad operare il bene ed a commettere il peccato. Così è giusto che non l’anima sola, ma tutto l’uomo (anima e corpo riuniti per la risurrezione) riceva il premio od il castigo meritato. E perciò san Paolo insegna : « È necessario per tutti noi di comparire davanti al tribunale di Cristo, affinché ciascuno ne riporti quel che è dovuto al corpo secondo che ha fatto il bene od il male » (II Corinti v, 10. Il Grisostomo – Omelia 103 sulla II ai Corinti – cosi commenta: «Ciò che è stato istrumento di virtù o vizio, non resterà escluso dalla ricompensa o dal castigo; ma insieme coll’anima anche il corpo riceverà tormento o premio »). Dio metteva già sulle labbra di Giobbe queste parole: « Io so che vive il mio Redentore e che nell’ultimo giorno io risorgerò dalla terra, e di nuovo sarò rivestito di questa mia pelle, e nella mia carne vedrò il mio Dio, cui vedrò io medesimo » (Giob. IX, 25-27). Dio, per mezzo di Daniele ci insegna che « la moltitudine di quei che dormono nella polvere della terra si risveglieranno, altri per la vita eterna, ed altri per l’ignominia » (Dan XII, 2). Il secondo dei fratelli Maccabei diceva al tiranno: « Tu, o uomo iniquissimo, distruggi noi nella vita presente, ma il Re dell’universo risusciterà per la vita eterna noi, che moriamo per le sue leggi »; il quarto vicino a morire, diceva: « Ell’è cosa molto buona l’essere uccisi dagli uomini colla speranza in Dio di essere da Lui nuovamente risuscitati, perocché la tua risurrezione non sarà per la vita (I Macc, VII, 9, 14). Diceva Gesù: « Viene l’ora in cui tutti nei sepolcri udiranno la voce del Figliuolo di Dio, e ne usciranno quanti fecero il bene in risurrezione di vita; quanti poi fecero il male, in risurrezione di condanna» (S. Giov. V, 28, 29). E prima di risuscitar Lazzaro volle che Marta facesse un atto di fede nella risurrezione finale, e poi Egli soggiunse: « lo sono la risurrezione e la vita » (S. Giov. XI, 25). – Come preparazione poi alla promessa della SS. Eucaristia tenne un discorso, in cui tra le altre cose disse : « …La volontà del Padre, che mi ha mandato, è questa: chiunque conosce il Figlio e crede in Lui, abbia la vita eterna; e Io lo risusciterò nell’ultimo giorno » (ibid. VI, 40). Risusciteremo dunque. Saremo anche noi assunti in cielo in corpo ed anima? Oppure avremo ad essere precipitati negli eterni tormenti in anima e corpo? Siamo devoti di Maria, onoriamola non solo colle parole, cogli atti esterni, ma col cuore, colle virtù, e forti della sua protezione vinceremo il demonio e la carne nelle lotte della vita, e meriteremo così di vincere allora la morte con una risurrezione gloriosa che sarà per noi il principio dell’eterna e perfetta gloria, cui saremo ammessi nel nostro essere perfetto di corpo ed anima.

ESEMPIO. — Maria Teresa. — Correvano giorni dolorosi per la monarchia austro-ungarica. La donna che ne reggeva le sorti, benché di mente eletta ed impavida di cuore, dopo la morte di suo padre Carlo VI, abbandonata da tutti, venne assalita dai principi vicini, che le rubavano le provincie e minacciavano di sfasciarle il regno. L’infelice regina vedeva che al suo figliuolo, anziché un diadema, avrebbe lasciato una corona di spine. Come rimediare? Radunò a Presburgo i Grandi restatile fedeli, e alla loro presenza, tenendo il bambino sulle braccia, pronunciò queste commoventi parole: « Abbandonata da tutti, non ho altra difesa che la vostra generosità; nelle vostre mani, o miei amici, io confido il figlio dei vostri re, che aspetta da voi la sua salvezza ». Alla vista di quella sfortunata regina e del tenero bambino, i nobili Ungheresi si sentirono profondamente commossi, e pieni di santo entusiasmo, sguainarono la spada, gridando ad alta voce: Moriamo per la nostra regina Maria Teresa! Al grido di questi prodi l’Ungheria si scosse; da tutte le parti si corse alle armi, e si formò un formidabile esercito, che, di vittoria in vittoria, ricacciò i nemici dalle sue terre. In breve ogni cosa mutò aspetto e colla pace di Aquisgrana nel 1748 la regina ed il figliuolo ripresero il pacifico possesso della loro eredità. Questo fatto mi richiama alla mente un’altra ben più grande regina e tenera Madre, ancor Essa abbandonata oggi da molti, anzi perseguitata. Maria, l’augusta Regina del cielo, col suo Gesù in braccio, si vede costretta ad uscire da tanti cuori, da tante famiglie, dove aveva fissato il suo trono. Le si muove una guerra spietata, preferendo a Lei il suo eterno nemico, il demonio. Essa si volge a noi e c’invita a prendere le sue difese e ristabilire fra gli uomini il regno del suo divin Figlio, mettendo in fiore la Religione, e le pratiche devote. Coraggio, fratelli, all’opera; lo richiede l’onor della nostra Madre e della nostra Religione. Si, o Vergine Santa, noi ci faremo vostri apostoli, ci adopreremo con tutte le nostre forze per trarre i nostri fratelli dall’errore e dal vizio e condurli a’ vostri piedi. Vogliamo che voi regniate sopra di tutti, perché  siete Regina dell’universo, Madre di Dio, la donna sublime, sola degna delle divine compiacenze. Ed incominciamo ad offrirvi la nostra mente ed il nostro cuore, perché vi riconosciamo e proclamiamo nostra Regina.

CREDO …

https://www.exsurgatdeus.org/2019/10/12/il-credo/

Offertorium

Orémus
Gen III:15
Inimicítias ponam inter te et mulíerem, et semen tuum et semen illíus.

[Porrò inimicizia tra te e la Donna: fra il tuo seme e il Seme suo.]

Secreta

Ascéndat ad te, Dómine, nostræ devotiónis oblátio, et, beatíssima Vírgine María in coelum assumpta intercedénte, corda nostra, caritátis igne succénsa, ad te júgiter ádspirent.
[Salga fino a Te, o Signore, l’omaggio della nostra devozione, e, per intercessione della beatissima Vergine Maria assunta in cielo, i nostri cuori, accesi di carità, aspirino sempre verso di Te.]

https://www.exsurgatdeus.org/2019/10/20/comunione-spirituale/

Communio

Luc 1: 48-49
Beátam me dicent omnes generatiónes, quia fecit mihi magna qui potens est.

[Tutte le generazioni mi diranno beata, perché grandi cose mi ha fatto colui che è potente.]

Postcommunio

Orémus.
Sumptis, Dómine, salutáribus sacraméntis: da, quǽsumus; ut, méritis et intercessióne beátæ Vírginis Maríæ in coelum assúmptæ, ad resurrectiónis glóriam perducámur.
[Ricevuto, o Signore, il salutare sacramento, fa, Te ne preghiamo, che, per i meriti e l’intercessione della beata Vergine Maria Assunta in cielo, siamo elevati alla gloriosa resurrezione.]

https://www.exsurgatdeus.org/2019/10/20/preghiere-leonine-dopo-la-messa/

https://www.exsurgatdeus.org/2018/09/14/ringraziamento-dopo-la-comunione-2/

https://www.exsurgatdeus.org/2019/05/20/ordinario-della-messa/

L’IDEA RIPARATRICE (9)

P. RODOLFO PLUS S. J.

L’IDEA RIPARATRICE (9)

[Traduzione del P. Giovanni Actis, S. J.  dalla 25° edizione originale]

Torino-Roma Casa Editrice MARIETTI 1926

Imprimi potest.

P . ANTONIOS ARGANO S. I., Præp. Prov. Taur.

Visto: Nulla osta alla stampa.

Torino, 26 Maggio 1925.

Teol. Coll. ATTILIO VAUDAGNOTTI.

Imprimatur.

Can. FRANCESCO DUVINA, Prov. Gen.

PROPRIETÀ ARTISTICA LETTERARIA (2-xi-25-2M).

LIBRO III

CAPO SECONDO (2)

LA VITA PERFETTA E LA RIPARAZIONE.

Che nel mondo si diano delle anime che hanno l’ambizione di « star male » collo stesso ardore con cui la massa degli uomini si mostra avida di « star bene », ecco il più bel trionfo della Provvidenza divina. Non è a stupire quindi se, quando gli vien fatto di scoprire qualcuna di queste anime, il Signore, per così dire, esulti in cuor suo e non possa resistere alla voglia di rendersi complice dei loro desideri di immolazione. Tuttavia quella sete è già il Signore che l’ha messa in cuor loro. Quando il Maestro divino vuole ricolmare le anime, prima incomincia a vuotarle Egli stesso direttamente. E così mentre tutto all’intorno la maggior parte degli uomini restano senza aspirazioni e desiderio alcuno, esse sono come torturate da esigenze infinite. E primieramente un bisogno di non lasciar che il Signor nostro soffra così come fa in Croce, di alleggerirne i dolori, di alleggerirli prendendone per sé una parte, di asciugare il sangue che sgorga dalla corona che gli trafigge le tempia, di espiare i colpi di martello delle mani e dei piedi, i solchi lividi della flagellazione, con altrettanti sacrifizi ricercati con ardente amore. Dall’altra parte della Croce c’è ancor un posto vuoto, esse vi si inchioderanno, avide di una cosa sola, di diventare così come una seconda copia, una ripetizione di Gesù Crocifisso. Esse prenderanno alla lettera il consiglio di S. Caterina da Siena: « Che l’albero della Croce sia piantato nel nostro cuore e nell’anima nostra! Fatevi simili a Gesù Cristo Crocifisso; nascondetevi nelle piaghe di Gesù Cristo Crocifisso; bagnatevi nel sangue di Gesù Cristo Crocifisso; inebriatevi e rivestitevi di Gesù Cristo Crocifisso: saziatevi di obbrobrii soffrendo per amore di Gesù Cristo Crocifisso ». In una lettera al suo direttore spirituale « Consummata » si lascia sfuggire questo lamento: « Talora si vorrebbe cantare qualche poco le misericordie del Signore; ma questa povera cetra è troppo vibrante per la durezza della materia di cui è formata; è quasi impossibile servirsi di essa. Giorni sono aveva incominciato a scriverle ma non ho potuto continuare; la prima nota che ne venne fuori fu cosi forte che una seconda avrebbe spezzate le corde. Il mio corpo è troppo piccolo per l’anima mia, e il mio cuore non può contenere l’amore con cui io Lo amo, il mio Gesù… È ben raro che io possa scriverle così come ho fatto sta sera, ma se ho voluto farlo, ho dovuto trattenere il mio sguardo perché non si fissasse in Lui … ». Si narra di una Suora che per grazia speciale del Signore, nella considerazione dei dolori di Gesù Cristo in Croce, provava una tale fitta al cuore, sentiva una tale scossa in tutta la persona, che aveva dovuto fare il proposito di non guardare più il Crocifisso. Siccome per discendere al refettorio comune era necessario passare dinanzi ad un grande Crocifisso appeso al muro, avvenne che un giorno ebbe l’imprudenza di alzare gli occhi; il suo sguardo incontrò la immagine sanguinolente del suo Salvatore ed essa cadde al suolo svenuta. Si dirà: testa esaltata, sensibilità esagerata. Sia pure. Ma tutto ben considerato, ove troviamo maggior ragione di meraviglia? Che si dia una persona che non può mirare il Crocifisso senza soffrirne, ovvero che se ne diano tante che possono benissimo guardarlo anche a lungo senza provarne alcun dolore? Se v’ha dello strano, dite pur voi da quale parte si trovi. – I santi non posseggono come noi la facoltà dì restare indifferenti alla presenza della immolazione di un Dio umanato: i santi, cosa singolare! non possono non soffrire quando vedono il loro Dio a soffrire. « Mi pare che, se questo sentimento di compassione dovesse prolungarsi, non saprei a quale tortura anche crudelissima paragonare quest’intima pena dell’anima, perché essa è ben simile a quella che Nostro Signore sostenne in cuore nel Getsemani quando uscì nel lamento: « L’anima mia è contristata fino a doverne morire » e dopo lunga preghiera prostrato a terra agonizzò e sudò sangue ». Così lasciò scritto il buon S. Alfonso Rodriguez, umile fratello coadiutore della Compagnia di Gesù, portinaio al Collegio di Maiorca, il quale soleva poi offrirsi al Signore per ogni sorta di patimenti (anche quelli dell’inferno, pena del senso) per ottenere che il Signore non fosse più offeso e più nessun uomo andasse dannato. Negli Acta Sanctorum (Vita Sanctæ Birgittæ) al giorno 8 ottobre si narra di S. Brigida di Svezia il fatto seguente: « Giovanetta ancora, nell’ascoltare un sermone sulla Passione di Gesù Cristo, fu tanto commossa che le dolorose scene di essa le rimasero profondamente impresse nel cuore. E subito la notte seguente essa vide Nostro Signore Crocifisso che si lamentava: Ecco in quale stato mi hanno ridotto! — Essa, semplicetta, domanda al Signore: E chi vi ha trattato così? — Quelli che mi offendono e che sono insensibili al mio amore —, rispose Gesù. Da quel momento Brigida fu tanto sensibile al pensiero della Passione del Salvatore che non poteva trattenersi in essa senza piangere teneramente ». Un’afflizione che si manifesta così in maniera sensibile suppone una grazia speciale e un amore particolare da parte di Dio. Questo però non contraddice punto quanto abbiamo sopra riferito, che cioè il restar del tutto insensibili alle pene del Signore, come fa un troppo grande numero di Cristiani, manifesta un’incoscienza ovvero una ingratitudine che non si può concepire. Oh! a che giova la crocifissione di questo nostro povero Salvatore? Egli è là sospeso tra cielo e terra, mediatore tra Dio e gli uomini, così afflitto, così addolorato!… e intanto così prodigiosamente « inutile »! Che si può fare per compensare tutta questa gloria che dovrebbe risultare al Signore e che gli uomini così ostinati gli rifiutano? — Amare? Ahimè! la meschina parola e soprattutto la povera cosa! Amare! E con che cosa, o grande Iddio? Amare con un sì miserabile cuore quale noi abbiamo in petto. Un cuore umano! Amare Iddio con un cuore sì meschino! Quale derisione, quale ironia! Con quanto vi ha di più debole amare Colui che è infinito; con quanto vi ha di meno generoso amare Colui che si è sacrificato per noi com’Egli solo ha saputo fare: il presepio, la Croce, la Santa Messa, i Sacramenti, la Chiesa; con una facoltà che è gretta quanto mai, amare Colui che si è dato senza misura; con delle piccolezze d’amore, amare Colui che è lo stesso Amore… No, Signore, non è possibile!… – Quale lotta! Dover competere con chi può brandire come arma di combattimento l’infinito è cosa che getta l’anima nello strazio e nella tortura. Voler dare e non poterlo fare; voler dare molto e non possedere nulla; a Colui che è tutto non offrire di continuo che così poco! È vero che non è necessario aver molto per dare molto, perché dà sempre molto chi dà tutto quello che ha, pur avendo poco. Ma… ahimè! anche qui, quale affanno per l’anima, quale angoscia di tutti i giorni. Quel poco che essa possiede, così fosse vero che lo offrisse senza riserva alcuna! Essa invece si conosce intimamente e sa benissimo quante mancanze vadano segnando il cammino di ciascun giorno: difetti leggeri, sì, ma per un cuore che ama queste indelicatezze hanno sempre alcun che di odioso. E quello che dovrebbe servire a calmare la pena non fa che aumentarla. Si consolerebbe il Maestro divino nel suo abbandono col donarsi interamente a Lui; ma si ha coscienza di procedere con raggiri, con grettezza e che l’amor proprio non disarma. « Egli non cesserà di molestarci che un quarto d’ora dopo la nostra morte », ci dice S. Francesco di Sales argutamente. E questo ci accora: vedersi forzati a servire Colui che merita tutto per mezzo di un «nonnulla » che pur non riesce a darsi interamente (Si confronti quanto abbiamo detto più sopra di Suor Geltrude-Maria la quale si rimproverava delle sue indelicatezze nell’amare il Signore. Cosa naturalissima quando si pensi a chi è Dio). – Il Signore tortura i santi con siffatte angosce continue. Non v’ha cosa che tanto sollevi l’animo al di sopra di se stesso quanto il desiderio di cose grandi, e il divin Maestro mette in cuore ai suoi cari questi ardenti ideali appunto per il piacere che prova nel contemplare queste anime grandi, anime veramente magnifiche in mezzo a tante piccolezze che loro sono ripugnanti. « Per vivere in atto di perfetto amore — dirà S. Teresa del Bambino Gesù — io mi offro come vittima di olocausto al vostro Amore misericordioso, supplicandovi di consumarmi incessantemente e di lasciar riversare nell’anima mia i torrenti della vostra tenerezza infinita così che io diventi martire del vostro amore, o mio Dio!… « … Io intendo rinnovarvi, o Gesù caro, ad ogni battito del mio cuore, infinite volte questa offerta finche, svanite le ombre, io possa di presenza colassù dirvi il mio amore in eterno ». – S. Maria Maddalena de’ Pazzi al termine di una sua orazione in cui ricevette grazie speciali da Dio, così si esprime di San Luigi Gonzaga: « Chi potrà mai apprezzare il valore degli atti interiori e la ricompensa che essi meritano! Non v’ha paragone tra quanto appare al di fuori e quanto avviene nell’intimo dell’anima. E Luigi, durante tutta la sua vita fu costantemente affamato delle ispirazioni interne che il Verbo eterno gli insinuava in cuore. Luigi fu un martire sconosciuto; perché chi vi ama, o Signore, vi vede sì grande e sì infinitamente amabile che per lui è un grande martirio il vedersi incapace di amarvi quanto egli vorrebbe e lo scorgere le creature che invece di amarvi teneramente vi offendono sempre più » (LYONARD: L’apostolat de la souffrance, p. 200). Così almeno l’anima assetata e in cerca di Dio potesse finalmente raggiungerlo, impadronirsene e tenerlo stretto fra le sue braccia… Ma, ahimè! sovente quanto più lo si cerca, tanto più Dio si allontana e si nasconde. Noi abbiamo l’Eucaristia, ma la presenza reale non dura che brevissimo tempo e poi anch’essa è tutta avviluppata di mistero: visus, tactus, gustus in te fallitur. Abbiamo la grazia santificante: ma quella presenza continua di Dio in noi che essa produce, non è la stessa cosa che la presenza continua di noi in noi medesimi. Avviene troppo spesso che noi siamo assenti da noi stessi. Le nulle e mille occupazioni quotidiane ci portano lontano da questo centro prezioso ove. per lo stato di grazia « i Tre », il Padre, il Figliuolo e lo Spirito Santo, fanno continuamente la loro dimora. Iddio è dunque in noi: e noi non vi ci troviamo — o molto di rado’ — Abbiamo inoltre la preghiera: ma: lì nella preghiera non troviamo che la fede ove vorremmo il possesso reale: l’ombra, ove vorremmo il dono; la immagine, ove vorremmo la realtà presente. Si vorrebbe un Gesù così com’è naturalmente, e non si può avere che un Gesù « mascherato ». che sfugge continuamente e non si lascia raggiungere. E non dico nulla delle prove terribili dell’aridità in cui il Signore non si scorge più se non a grande distanza, sfumatura appena percettibile e così confusa che ci si domanda se veramente è Lui e si è quasi tentati a dire come gli Apostoli sul lago di Genezareth: « Phantasma est… un fantasma! ». – Eppure Gesù non ignora che noi abbiamo abbandonato tutto per poterlo seguire! Maria de la Bouillerie, poi religiosa del S. Cuore, parlando di sua madre diceva: « Io non l’abbandonerò mai per seguire un uomo! » . Ma abbiamo accettato di abbandonare anche la nostra madre perché sapevamo che seguire Gesù non è seguire un uomo, e con forza di volontà abbiamo detto a Nostro Signore: « Io verrò, dove abitate voi? ». — « Sei deciso?… Vieni! … ». — E ci siamo messi in cammino verso la terra promessa anche sapendo che prima di arrivare fino ad essa avremmo dovuto attraversare il deserto. Che importa? Si cammina per un buon tratto… e un bel giorno si crede di esser finalmente al termine del viaggio, alla casa del Maestro — l’abitazione del Re —. Invece, come quel fanciullo che montato sopra una sedia dinanzi all’altare batteva alla porta del Tabernacolo chiamando Colui che vi si è rinchiuso per amor nostro, anche noi battiamo: « Signore, ci siete voi? ». E come per quel fanciullo la porta del Tabernacolo non si apre e il Signore non dà segno alcuno della sua presenza. Deus absconditus! O Dio che martirizzi le tue anime care restando nascosto, misterioso sempre e inaccessibile. E noi ci fermiamo in faccia a Lui certi ch’Egli è presente, che potrebbe mostrarsi se il volesse, ma preferisce aspettare… e farsi aspettare. Una pena simile a quella della Maddalena al Sepolcro, la mattina della risurrezione. Fin dall’alba si era partita di casa portando con sé come unico tesoro dei poveri aromi — tutto quello che possedeva di utile in quella circostanza — e camminava in tutta fretta. Arriva finalmente… entra… e vede il Sepolcro vuoto… un Angelo, il sudario ripiegato da un lato, qualche cosa che appartenne a Lui, ma Egli non è là. Ed essa cercava Gesù, non soltanto la parola dell’Angelo, ma quella di Gesù. Non soltanto una reliquia di Lui, un documento della dimora sua in quel luogo fino a qualche momento prima, ma Lui, presente nel Sepolcro, che si lasciasse vedere… « Signore, ci siete voi? ». Il divin Maestro però non era lontano: anzi Egli è sempre vicinissimo ad un cuore che lo cerca. « Tu non mi cercheresti se tu non mi avessi già trovato »; parole poste sul labbro di Gesù Cristo da Pascal; e nulla di più vero. Chi cerca sinceramente Gesù e gli dice: « Signore, ove siete voi? » , non è più in cammino ma è giunto al termine della sua via. Nel momento stesso che ha formulata la sua domanda il Maestro gli si fa innanzi presente. Sì, il divin Maestro, ma sempre, secondo la sua abitudine, in modo più o meno velato. – Per la Maddalena Gesù Cristo è in sembianze d’un giardiniere e la poveretta non lo riconosce: ce Ditemi, dov’Egli si trova? Oh! ve ne scongiuro, non mi lasciate più a lungo in pena; io andrò a cercarlo fin là dov’Egli si trova… ». Se Egli si manifestasse interamente colmerebbe il desiderio dell’anima ma non già il proprio. Egli gode nel vedersi così desiderato dalle anime ardenti: imita in ciò la madre che si nasconde per provare il gusto di vedersi ricercata dal proprio bambino. Iddio, dice S. Agostino, non desidera di meglio che vedersi desiderato. Questa è la ragione di questi suoi abili raggiri che danno a noi tanta pena e a Lui procurano tanta gioia. Deus absconditus. Il Signore si nasconde: quindi le anime veramente accese d’amore per Lui soffrono a dismisura. Tutto hanno abbandonato solo per poterlo avere, possederlo e unirsi a Lui: e non giungono mai ad averlo, possederlo e unirsi a Lui come esse vorrebbero. Quindi il lamento della sposa dei Cantici: « Fasciculus myrrhæ dilectus meus. Il mio diletto è come un fascio di amarezza. In queste amarezze Iddio trova una soave dolcezza perché sono una prova certa di un amor grande per parte nostra. – Ma Egli non resiste a lungo e chiama la Maddalena col suo nome: « Maria! ». Così come in un baleno talora Egli si lascia quasi intravedere, e allora ci pare poter gettare ai suoi piedi e tendere le mani a Lui: finalmente lo si possederà e per sempre!. Ahimè! « No, non mi toccare», e questa noli me tangere pone il colmo al nostro martirio. Oh! che vale dunque l’amore se non si può procedere più innanzi? « Signore, sradicate del tutto quanto voi stesso mi avete posto in cuore, altrimenti abbiate pietà di me! ». Anche allora — anzi specialmente allora — il Maestro divino non cambia per nulla la sua tattica. Egli vuole scavare nell’anima degli abissi ancor più profondi, ed esce in quella risposta che sì direbbe crudele, ma in realtà è piena di misericordia: « Non è ancora venuta l’ora. Abbi pazienza ancora un po’ di tempo e poi mi vedrai » . « Che dite voi, o Signore — esclamava a questo proposito Paolina Reynolds — e parlate cosi ad un cuore che vi ama? ». « Sì — potrebbe rispondere Nostro Signore — così parlo ad un cuore che mi ama appunto perché anch’io lo amo. E voi fidatevi di me ». È in mezzo a questi patimenti interiori — che noi ci accorgiamo di non esser riusciti a descrivere, come avremmo voluto (Si legga a proposito il 2° Sermone di Bossuet per la festa dell’Assunzione…: « Egli vuole che si distrugga, si devasti, si annienti tutto quello che non è Lui: e per parte sua Egli si nasconde, e si rende quasi inaccessibile,sì che l’anima per l’una parte distaccata da ogni cosa, per l’altra non trovando modo di arrivare a Dio fuorché colla fede… cade in languori inconcepibili.«O sposo di sangue, date alle vostre spose queste armi che devastano e distruggono affinché esse si uniscano a Voi nel mistero della Croce, e vi portino come dote a voi cara il loro totale spogliamento. – « Questo è il mistero di unità che ogni giorno si opera con un martirio inesplicabile e che si terminerà con una pace che è Dio stesso. – « Oh! qual rovesciamento di cose, quale violenza e qual terribile lavoro, poiché Dio non scioglie dolcemente ma strappa; non piega ma rompe; non separa ma spezza e devasta tutto. Gesù, quando sarà che voi distruggerete interamente quanto ci distrugge?… Ah!come voi siete crudele! ») —patimenti nutriti soprattutto di desideri, che mai si giunge ad appagare, di sacrificarsi in qualche cosa, di sacrificarsi in tutte le cose: che il Signore darà alle anime occasione di mostrarsi un po’ meno inferiori al compito intravisto e alle ambizioni sognate.Offrirsi al Signore, già da lungo tempo si è capito che equivale a soffrire. E per questo appunto si è addolorati perché nell’offerta di se stessi pare che non ci sia abbastanza di penoso.È allora che Iddio invia a quell’animadelle pesanti croci: le aridità, le malattie,il lutto, il tradimento nell’amicizia, la persecuzione, l’insuccesso, le tribolazioni più varie e più dolorose. Nostro Signore in ciò non si trova mai imbarazzato, la sua provvista è abbondante, ha di che scegliere:si direbbe che a Nazareth abbia impiegato il suo tempo a preparare in gran copia delle croci, non abbia fatto altro; e se ne vedono di ogni sorta di legno e di tutte le dimensioni. Ed ecco come procede il Signore: per calmare l’angoscia di chi si lamenta di non soffrire abbastanza, Egli si decide di inviare una buona dose di patimento. Così Egli colma un martirio saziando di dolore, e il risultato di questa singolare interferenza di pene è un’immensa gioia. Si soffre; il Signore moltiplica la sofferenza: come risultato finale, ecco la felicità.Se non fossimo già avvezzi a trovare nelle cose divine di che strabiliare, quale non sarebbe il nostro stupore alla vista di questo strano e divino « circolo vizioso »nel quale l’Altissimo rinchiude le anime che sono tanto generose da consacrarsi senza riserva all’opera riparatrice dell’olocausto? (l’anima mia si nutre di tutti gli « Alleluja ». « Laudate ». • Cantate… », il che non toglie, è vero, la sofferenza, ma mi fa trovare in essa la mia pace, o se preferite: la pena è in me, ma io non sono in pena » – Consummata, 1. c .1).Noi abbiamo già udita l’esclamazione di S. Liduina e delle altre anime consimili ad essa. Al più profondo dei suoi più crudeli martirii un forte grido : « Io non sono da compatire, io sono felice! », il che suggerisce all’autore della sua Vita un commento veramente degno di nota, forse quanto di meglio sia stato scritto sul patimento. Le vittime — dice egli in sostanza — le più offerenti fra le creature, sono nello stesso tempo di tutte le creature le più felici. Offrirsi per l’olocausto è offrirsi per la felicità; perché Gesù si fa onore nel restituire con altrettanta pace e altrettanto gaudio, quanto a Lui si sacrifica con generosità. Per tutti i grandi « immolati » è avvenuto così. Iddio ha compensato la loro donazione con una tale pienezza da farli esclamare: « Ma Signore! questo non è il mio conto: io mi sono offerto per il sacrifizio e non ne ho che felicità!». Sì, quando un’anima s’è offerta a Gesù: « Voglio per me stessa mettermi,o Signore, sulla vostra Croce voglio che Voi siate colui che mi crocifigge ». Gesù accetta questa parte di carnefice e incomincia battere; ma alla vista del sangue che cola, dell’anima che si strugge, il suo cuore si spezza: non ha più il coraggio di continuare e si arresta. Allora si accosta e in un attimo colma l’abisso scavato dal patimento e l’anima allora rimane talmente trasportata che sente il bisogno di pregare il Signore a risparmiarle la gioia, come altri supplica il Signore a risparmiargli il dolore. Essa continua ad offrirsi ma la sua immolazione diventa la sua felicità, o meglio la sua immolazione, che continua ad esser in qualche modo dolorosa, è accompagnata da un tale gaudio divino che l’anima per nessuna cosa al mondo vorrebbe vedersene priva. Questo gaudio le è necessario per mantenere vive le fiamme dell’amore e attizzare il rogo permanente del Sacrifizio; e così con sapiente arte il Signore, per tener l’anima in continuo esercizio, alternale allegrezze e i dolori; le dolcezze sono il battistrada delle tribolazioni e le prove non precedono che di poco le gioie spirituali; ma, a conto fatto, il patimento è come affogato nel gaudio; non si può reprimere il singhiozzo, ma, come felicemente si esprime il Buathier, questi singhiozzi si risolvono in altrettanti cantici di allegrezza.L’abate Perreyve, uno di quelli che hanno meglio compreso e meglio spiegato il sacrifizio incontrato per amore, nell’analizzare questa contraddizione o, se vogliamo, questo equilibrio, lasciò scritto: « Donde viene, o Signore, che appena incamminato sulla via della Croce, io sento dalle vostre labbra parole d’ineffabile dolcezza? ». Infatti non appena Nostro Signore ha pronunziata la prima frase: « Se altri vuol venire dietro di me prenda la sua croce », Egli continua dicendo: «Il mio giogo è soave, il mio peso è leggero ». — « Appena ho incominciato a soffrire — soggiunge l’abate Perreyve— e già voi mi portate la consolazione;appena ho posto sulle mie spalle la croce e già la vostra mano divina me la rende leggera…« O Gesù! che imponete dei sacrifizi necessari ma che ne diminuite subito la pena col vostro tenero amore: o Gesù! che comandate la rinunzia a tutte le cose ma che fate poi trovare all’anima distaccata da se stessa un cumulo di tesori più grandi di quelli che potrebbe possedere: o Gesù! che ci obbligate a portare ogni giorno la nostra croce se vogliamo veramente seguirvi, ma che mutate poi questa croce in un giogo soave e in un peso leggero; o Gesù! Che spesso vi contentate della più piccola buona volontà dei nostri cuori e che ricambiate con sovrabbondanti consolazioni i nostri più deboli sforzi, no, non ho più paura di voi! Non mi spavento più del vostro Vangelo, io non tremo più al solo nome della Croce! Ormai ho capito che in essa sta il segreto delle grandi consolazioni e del vero appoggio nel cammino della vita, ove, anche contro il volere nostro, conviene soffrire. Io mi accosto quindi alla Croce con tutta confidenza e vengo a cercare ai suoi piedi, nel ricordo della vostra Passione, nuove grazie di forza e di pazienza. Non me le rifiutate, o generoso mio Maestro; e ricevetemi nel vostro corteo, fra quelle anime che trovano, venendo dietro di voi al Calvario, la forza di trar profitto dalle loro pene e di mutare in ricchezze senza fine tutte le amarezze della vita ». E con questa preghiera così bella, così ardente, così confidente, così umile poniamo termine al nostro lavoro. Quest’ultimo carattere di umiltà manifesta e consacra il vero spirito della Riparazione. – Quanti si vogliono dedicare, in unione di Gesù, alla Redenzione del mondo per mezzo del patimento, non possono farlo senza tremare conoscendo in modo evidente la loro assoluta incapacità. Essi comprendono che. lasciati a sé, al primo contatto del dolore essi fuggirebbero ben lontani. – Nessuno sa meglio di loro che essi non sono che la goccia d’acqua che si lascia versare nel vino del calice pel Sacrificio cruento: cosicché quelli che dànno di più sono quelli che sono convinti del « nessun valore » di quanto danno.

CONCLUSIONE

Non era nostra intenzione di scrivere un trattato completo sulla Riparazione: tanto meno un trattato scientifico di molta dottrina. Noi abbiamo semplicemente tentato di mostrare, ricordando brevemente su quali basi teologiche e dogmatiche si appoggi la Riparazione, quale posto dovrebbe avere l’idea riparatrice nel pensiero e nelle opere del buon Cristiano. Ai nostri giorni molti si sentono attirati da questa parte, ma restano esitanti, vanno a tentoni, poi indietreggiano o cambiano rotta perché mancano loro spesso i concetti chiari intorno alla riparazione. Queste nostre pagine vorrebbero risvegliare molti per metterli sull’avviso e ad altri già in guardia e desiderosi di luce, fornire le prime indicazioni. – In siffatta materia certamente una monografia o il contatto vivente d’un’anima riparatrice sono più efficaci che tutto un manuale; perciò abbiamo spesso rinviato il lettore a consultare diverse « Vite » . Tuttavia un breve schizzo della teoria non è inutile; è un allettamento e una prima indicazione. La lettura di opere più complete, il consiglio d’un savio direttore, e la grazia dello Spirito Santo finiranno d’illuminare, di convincere e di stimolare all’impresa. Durante la guerra sulle vie che andavano alla fronte si scorgevano di tratto in tratto degli avvisi a caratteri grossolani con qualche nome e una freccia: « Per il tal posto, seguite questa direzione ». Queste pagine non hanno altra ambizione; esse dicono: « Per andare al sacrifizio mettetevi sulla via della riparazione: non c’è passo più sicuro ». Cioè abbiamo voluto indicare da lungi la strada e non guidare fino alla linea di combattimento e ancora meno descrivere minutamente quanto si trova al termine della via… E come quelli soltanto che vissero nelle trincee della grande guerra hanno « sentito la realtà » della vita che vi si passava e possono parlarne — anche con pericolo di non esser compresi o neppur ascoltati — così solo quelli hanno i dati necessari a descrivere la vita di riparazione, cui il signore ha concesso di conoscere per esperienza propria e per il contatto delle anime altrui le regioni del completo devastamento dell’amor proprio, dello schiacciamento totale, della festa sanguinosa nel dono assoluto di tutto se stesso. Quindi si spiegano qua e colà i diversi punti in cui ci contentiamo di dare idee schematiche, incomplete e anche solo accennate. Non è da noi il penetrare nei domini riservati all’azione del Signore, lo scoprire « i segreti del Re », il far comprendere il modo che tiene nel comunicarsi alle anime privilegiate. Per questo è necessaria un’autorità, una pratica di ascetica e di mistica… e qualche altra cosa ancora, che noi non abbiamo. Un cieco non parlerà mai di luce o di colori. Dunque meglio d’ogni altro noi sappiamo quanto sia lontano questo nostro opuscolo da quello che si potrebbe desiderare. Anche così imperfetto, questo nostro lavoro potrà il Signore adoperarlo come strumento di sua gloria se il vorrà fare. Talora i mezzi in apparenza meno idonei sono quelli di cui Egli si serve per ottenere il risultato che ha di mira. Ci sia lecito aggiungere ancora una parola prima di terminare: un ricordo dell’ultima campagna. – Nel settembre 1917 due soldati di Liévin, in licenza a Hersin-Coupigny presso Pas de-Calais, pensarono di recarsi al villaggio natio per ricercare il loro piccolo peculio che avevano nascosto sotterra al momento dell’invasione. Essi vanno, ma l’uno di essi purtroppo non trova più nulla del suo. Prima di ritornarsene si portano all’antica chiesa del villaggio e la trovano tutta abbattuta al suolo. Solo una pesante croce in ferro fuso non è caduta, ma sta in piedi contro un resto di muro. E il soldato si avanza, la prende e, al cospetto d’un gruppo di Canadesi che applaudiscono, egli la stringe fra le sue braccia dicendo al suo compagno: « T u hai trovato il tuo tesoro, ecco il mio, io lo porto con me ». E in mezzo ai rottami e alle fosse scavate dalle bombe, a stento e gocciolanti sudore e coperti di fango i due amici portano fino ad Hersin la Croce della loro chiesa, Ritrovare la Croce, non già quella d’una chiesa distrutta, in mezzo ai rottami, ma quella del Salvatore del mondo rizzata sulla cima del Calvario si direbbe cosa facile. Ebbene, no! Meditando sulla festa dell’Invenzione di S. Croce, Mgr. d’Hulst ha potuto scrivere: « È una bella invenzione. Già da molto tempo abbiamo la croce dei due ladroni, la croce che disonora, ma la gran novità, essa è la Croce di Gesù… la quale per tante anime non è ancor stata trovata ». Oh! sì, essa è ancora da ritrovare per molte anime. E poi quando sia stata scoperta non convien fermarsi a contemplarla soltanto, ma bisogna prenderla e abbracciarla. I Canadesi applaudirono… il mondo, lui, non comprenderà nulla… e che importa? La croce afferrata a due mani poniamocela risolutamente sulle spalle. I rottami, le buche, le occasioni di cadute non mancheranno; la strada sarà difficile a percorrersi, il cammino un po’ lungo. Verrà spesso la tentazione di liberarsi da un tal peso, di gettare a terra queste due traverse che opprimono le spalle. « Come? — mormora allora Gesù — vorrai tu abbandonarmi?… Non vi sarà qualche Cireneo e qualche Veronica che vogliano aiutarmi a custodire intatta la mia Croce preziosa? ». Non vi sarà nessuno? È forse vero? Un giorno, durante la S. Messa, il Signore comunicò a S. Angela da Foligno una molto viva cognizione delle pene sofferte in Croce; ed essa così narra il fatto: — Sentii la sua voce a benedire i devoti che imitano la sua Passione e che hanno pietà di Lui: « Siate benedetti dalla mano del Padre, voi che avete partecipato e pianto la mia Passione; voi che ricomprati dall’Inferno cogli immensi dolori della mia Croce, avete sentito compassione di me. Siate benedette, fedeli memorie! voi che conservate nel vostro cuore il ricordo della mia Passione. Poiché voi avete offerta ad un Dio desolato la sacra ospitalità del vostro amore. Io era nudo sulla Croce, ero affamato, assetato, e voi aveste pietà di me. Siate benedetti, voi che avete usato misericordia. Al momento terribile di vostra morte io vi dirò: Venite benedetti dal Padre mio, io avevo fame e voi m’avete offerto il pane della vostra compassione… sospeso in Croce, ho pregato per i miei carnefici; che dovrò dire per voi che mi siete cosìdevoti quando verrò nella gloria per giudicare il mondo?». E mi è assolutamente impossibile esprimere l’amore che brillava sopra coloro che hanno pietà. — Al presente, più che in ogni altro tempo, Nostro Signore cerca dei « devoti che imitano la sua Passione ed abbiano compassione di Lui » . – Conceda il Signore a molti dei lettori e delle lettrici di queste pagine il desiderio di arruolarsi nella squadra dei « devoti » e la volontà generosa di fare parte di «quelli che hanno compassione ».

Chi vuole?

— « Oh! Signore, io lo voglio ».

FINE