LO SCUDO DELLA FEDE (240)

LO SCUDO DELLA FEDE (240)

LA SANTA MADRE CHIESA NELLA SANTA MESSA (8)

SPIEGAZIONE STORICA, CRITICA, MORALE DELLA SANTA MESSA

Mons., BELASIO ANTONIO MARIA

Ed. QUINTA

TORINO, LIBRERIA SALESIANA EDITRICE, 1908

ART. IV.

L’INCENSAZIONE.

Per chi vive senza pensiero di Dio, sepolto nel sonno della più stupida indifferenza, l’aspetto stesso del firmamento non ha più voce a narrargli le glorie del suo Fattore; ma per l’uomo Cristiano l’universo è uno specchio magnifico della sua grandezza, le creature tutte sono eloquenti a parlargli di Lui, e le scienze sono come una rivelazione naturale. Ora, sublimato nelle grandi verità della fede, che egli trova in armonia colla ragione e colla scienza, e  che scioglie i problemi che facevano disperare la filosofia coll’espansione dell’anima, coi bisogni del  cuore, spazia d’orbe in orbe, e in quegli spazi, dove l’immaginazione sbigottita trema e s’arretra, si vede cader a nulla innanzi la terra, come un granellino di arena che nuota quasi perduto nel vano immenso del firmamento, e gode della magnificenza del vero Dio. Ora aguzza il pensiero, e discerne i tesori della sapienza nel fiorellino del campo, e nell’impercettibil monade, animaluccio, minuto così, che spazierebbe in giro a diporto sopra la punta di un ago, e si delizia della ricchezza del gran Creatore. Così nel piccolissimo ammira il grande, e tutto gli parla di Dio in un modo degno dell’anima, che sa contemplare. – Noi poi, che colla semplicità del fanciullo ci abbandoniamo del cuore in grembo alla Chiesa, godiamo che la buona Madre colle più semplici parole ci faccia le più sublimi rivelazioni; perché noi crediamo che Ella, sposata al Verbo Divino, in seno a Dio stesso contempli tutte le verità, come nella sua fonte, e se ne imbeva tanto, e di esse s’informi tutta così, che poi, come per istinto, modelli sopra di esse tutte le cose sue; e quelle verità traduca negli atti anche più minuti. Specchiandosi essa nel tipo del vero divino, lo riflette sulla terra, e lo rivela vestito dei riti devoti ai figli, pei quali tutto divien misterioso, e di reconditi sensi espressivo. – Per questo noi raccogliamo con ogni più fina cura, e notiamo tutto quello, che la vediam praticare, massime nella messa, in cui tutto deve essere degno di Dio. Quando nel solenne silenzio del popolo, in mezzo all’ombre misteriose del Santuario appare un giovane levita, coperto di bianca cotta, da quasi Angiolo d’avanti all’arca del testamento, e scuote per aria a catenelle sospeso un vaso, in cui ardono accesi carboni, e lo gira come un globo di fuoco innanzi all’altare del Dio tre volte Santo, noi torniam col pensiero al punto dell’eternità, in cui Dio dava principio a questo vortice di movimenti, che noi chiamiamo il tempo. Allora forse Egli nel creare l’universo librava per man degli Angeli suoi ministri, e teneva sospesi nell’immensità del firmamento la terra, il sole nostro, e tutti i soli coi loro pianeti, prima di rannodarli intorno ai centri diversi, a correre l’orbita, in cui danzano da secoli in armonia divina. Dall’immobil trono dell’Eterna Maestà ci par di vedere rotear sotto i piedi le sfere nell’armonico loro silenzio, come tanti globi sfavillanti, e consumarsi a gloria dell’immutabile Divinità, che gli alimenta e li gira. Di là poi tornando col pensiero alla terra, ci corre alla mente, come il Figliuol di Dio ci disse, di essere venuto Egli stesso a portarci un altro fuoco, quello della carità, e come a’ suoi Sacerdoti l’affidasse da mantenere vivo sempre dovunque. Allora agli occhi nostri è un mistico braciere la terra, la carità il fuoco, le opere buone sono i preziosi timiami, che si consumano nell’olocausto dell’umanità insieme col Sacrificio Divino. L’incenso adunque significa le buone opere; e nei carboni raccolti e ardenti nell’incensiere è espressa l’immagine del cuore di tutti i fedeli, che fra loro aiutandosi da buoni fratelli, si comunicano a vicenda, ed accrescono la carità. Questa consuma il sacrificio di una vita di buone opere e di orazione, che salgono al cielo, come soave profumo, che gli Angeli presentano sull’altare d’oro, innanzi al trono di Dio (S. Irin. lib. 4, cap. 24). – L’accolito porta in sull’altare l’incenso in un vaso a guisa di piccola nave; ed anche la forma di navicella ricorda come quel prezioso aroma sia giunto a noi, attraversando lontani mari. A noi mandano quell’incenso da straniere terre uomini d’altre lingue, d’altro colore; tuttavia anch’essi nostri fratelli, membri della gran famiglia, o uniti a noi già nella fede cattolica, o che aspettano di essere, mano mano che verranno acquistati alla Religione vera dell’universo, che è la Religione Cattolica. Al Sacerdote l’incenso viene presentato dal diacono; perché questi è il ministro collocato tra l’altezza del Sacerdozio e l’umiltà del popolo del Signore. Toccate così le mistiche significazioni, esporremo il rito, con cui si fa l’incensazione. – Fatta l’offerta, l’accolito sta già coll’ardente incensiere a lato del diacono. Questi presenta al Sacerdote aperta dinnanzi la navicella, e, baciandogli la mano con ossequio profondo, « Reverendo Padre, gli dice, vogliate dare la benedizione. » Il Sacerdote solleva il pensiero alla grandezza dell’azione, che compie in quell’istante, e, comprendendo dovere in sulla terra esercitare quella solenne funzione, che esercita in cielo S. Michele principe degli Angeli e delle anime che si han da salvare, invoca in soccorso alla propria miseria l’intercessione di quell’Arcangelo, perché gli presti la mano angelica alla grand’opera, dicendo nel benedire: « Per l’intercessione del beato Michele Arcangelo, che sta in paradiso a destra dell’altare dell’incenso, e di tutti i suoi eletti, si degni il Signore di benedire a quest’incenso, ed in odore di soavità volerlo accogliere. » Versa sul turibolo l’incenso in forma di croce: ed il fuoco segna di croce, perché nel mistero della croce ogni benedizione sulla terra discende. Poi col turibolo in mano il Sacerdote gira intorno segnando croci dall’una all’altra parte, sotto e sopra il pane e il vino offerti, che debbono trasmutarsi per la parola divina nel Corpo e nel Sangue di Gesù, a rappresentarlo come crocifisso nel Sacrificio. Così profuma anche il luogo santo, dove ha da trovarsi il Salvatore divino, e tutte purificando le cose d’intorno, avvisa i fedeli a disporre i cuori coll’ardore della pietà, per accogliere il Redentore, che tra poco sarà realmente presente. – In tal modo i fedeli disposti intorno all’altare, vi stanno come un corteggio di sudditi amorosi colle loro offerte preparate, coi cuori aperti, aspettando che si presenti in quel luogo santamente profumato l’amato Principe, Padre di ogni bene, per esprimergli i voti delle anime bisognose. – Il celebrante poi si prostra alla croce, e la incensa, adorando in essa l’immagine del Figlio di Dio. Si volge quindi ad incensare ad una ad una le reliquie, che trovansi sull’altare; e con questo atto di altissimo onore riconosce, ed adora Iddio ne’ suoi Santi; i corpi dei quali, siccome carne rinata nello Spirito Santo, e già suoi templi vivi, ed incorporati al Corpo divino di Gesù Cristo, hanno in sé il principio di una vita novella, che rifiorirà nella risurrezione alla beata immortalità. – Intanto la Chiesa, involte nella seta, adorne di oro e di gemme, quelle preziose reliquie le porge a venerare ai fedeli. Commovente spettacolo! vedere coi popoli i re baciar riverenti ossicini di poveri uomini, che nel forse più umile stato meritarono il culto della Religione per la loro virtù. Questo è sublime ammaestramento, che la terra non ha ricevuto, se non dalla fede cristiana. Essa fa conservare questo, affinché, secondo il detto dello Spirito Santo, germoglino nel luogo dove stanno: cioè onde, da noi baciate, ci rialzino il cuore alla speranza, e ci rianimino a valore cristiano, per imitare quelle virtù che poterono quei prodi in membra così inferme esercitare con tanto eroismo. – Diamo noi gloria a Dio per le sue grazie concesse ai fratelli, e, mostrando quei corpi restati nelle nostre mani, gridiamo a Lui con pietà: « Signore, queste sono le tonache dei ben amati figliuoli vostri, che voi avete di vostra mano lavorate. » – « Guardate questi corpi mostrano sotto gli occhi vostri le ferite e gli strazi, e i segni delle battaglie combattute per Voi. Deh! valgano i meriti di quelli ad ottenere grazie e benedizioni per noi, che a loro siamo fratelli. » – Il Sacerdote incensa anche le fronti dell’altare. Siccome anticamente si celebrava sulle tombe dei martiri (e di qui venne il rito di porre sotto la mensa dell’altare i corpi dei Santi, e di porre le reliquie nel sepolcreto in mezzo alla pietra santa, come abbiam detto di sopra), così il Sacerdote gira d’intorno all’altare, come intorno ai loro sepolcri, profumandoli in odore di soavità. Tutto che hanno di buono gli uomini, viene da Dio; nostro è solo il peccato; e noi; amando ciò che è di buono nel prossimo, amiamo Dio nell’opera sua.

LA LIBERTÀ.

La Chiesa coll’onore, che rende ai suoi Santi e col rispetto che usa a tutti i fedeli fino ad incensarli intorno all’altare, mentre pare che l’Uomo-Dio dalla croce rifletta in loro più vivo un raggio della divinità, ammaestra a rispettare negli uomini l immagine di Dio. Ella fa bene intendere, che è Dio stesso, che segnò quel lume del suo volto sulla fronte delle creature umane (Ps. IV); per cui diventano persone col diritto da Dio di essere rispettate nella dignità, in cui furono da Lui costituiti. Questo lume, dice s. Tommaso, è la partecipazione della ragione divina, per la quale partecipazione gli uomini sono creati ragionevoli anche essi; e come sono capaci, così hanno il dovere di conoscere di essere creati da Dio, ed ordinati al suo servizio. Di qui nascono per gli uomini i doveri, ed anche i diritti di servirsi dei mezzi, che Dio, padrone assoluto di ogni cosa, destina per loro, per cui possono conseguir il fine a cui gli ha ordinati. I quali diritti e doveri, essendo da Dio stesso conferiti ed imposti, hanno tutti gli uomini da Lui un compito da eseguire, ed è da Lui assegnato un campo, e circoscritta una sfera, entro cui possono e debbono esercitare la loro attività; e chi pretendesse d’invadere quel campo, d’entrare in quella sfera, ed impedire questo esercizio, verrebbe a guastare il disegno di Dio; farebbe usurpazione di ciò, che Egli del suo volle ad altri concedere, e commetterebbe ingiustizia contro gli uomini, e contro Dio. Questo ordine stabilito divinamente è lo Statuto veramente fondamentale della vera libertà. Noi scriviamo pel popolo dei fedeli in tempi, in cui del nome di libertà si fa il più tristo abuso. Vorremmo

intendessero tutti per bene, che cosa sia la libertà, e ne avessero chiaro concetto, per non lasciarsi ingannare. Perciò quando ci si parla di libertà, noi dobbiamo domandare: se essa ci protegge i diritti che abbiamo di spingere la nostra attività a mettere in pratica i mezzi, per farci migliori e conseguire il nostro fine? Allora si, è libertà. Non giova a questo? È tirannia camuffata di libertà. Poiché libertà non è altro, che la protezione concessa dalla legge a ciascuno, affinché possano tutti esercitare i propri diritti, per conseguire il proprio fine. Questa condizione è già concessa a buon diritto dall’ordine stabilito da Dio, ed è anteriore a tutte le leggi umane, le quali, quando vennero stabilite di poi, trovarono già quell’ordine che dovevano ammettere e rispettare i legislatori umani, sotto pena di perdere il diritto di essere essi stessi obbediti. Perché è quell’ordine stesso, cioè la volontà di Dio, che ha così ordinato e disposto di dover rispettare l’autorità dei legislatori legittimi: ché, se essi non riconoscono quest’ordine di Dio, manca loro la ragione di eseguire obbedienza dai dipendenti, ed ai dipendenti di doverla prestare.

LA SCHIAVITU’ E SUA ABOLIZIONE

Così la libertà nacque in cielo; ma gli uomini in terra l’hanno perseguitata. Poiché ribellatisi a Dio pel peccato originale, negata giustizia a Dio medesimo, tanto meno vollero rispettare i diritti da Lui conferiti alle creature. In questo stato di disordine l’uomo, seguendo l’ispirazione del demone dell’orgoglio, che lo ha indotto ad alzar la testa contro di Dio, ama solo se stesso, invece di tendere a Dio, facendo se stesso centro, a cui cerca indirizzare ogni cosa, rompe l’ordine stabilito da Lui: egli vuol dominare su tutto e tutto assoggettare a prestargli servitù. Con tiranno egoismo non rispettando più i diritti altrui, mette mano sopra i suoi simili, che hanno la disgrazia di essere più deboli, per farne schiavi da adoperare a volontà; e tanto più fortunato si crede quanto più può alzarsi alto sopra l’altrui rovina. Questa è la storia dei grandi conquistatori, che ridussero tre quarti degli uomini dell’universo alla condizione di cose, di cui potevano disporre i pochi fortunati padroni, che ne tenevano conto solo in ragione del maggiore prodotto, e del prezzo corrente in sul mercato. – Ecco qual era la società umana, quando di cielo venne il Redentore a fondare la Chiesa, la famiglia cioè degli uomini adunati in nome di Dio, in cui ciascuno avrebbe adempiuto il compito, che il Padre Celeste gli assegnava, rispettando altrui nell’esercizio pure del proprio diritto. – La Chiesa, raccolta questa famiglia degli uomini di buona volontà al convito divino, pianta in sulla mensa imbandita in mezzo di loro il Crocifisso, e, mentre distribuisce il Corpo di Gesù Cristo a questa famiglia di figliuoli del Padre Celeste, facendo adorare Gesù, lor dice: « contemplatelo: imparate da Lui: Egli è mite, ed umile di cuore. » E i fedeli, stretti intorno alla croce, nel contemplare il Figliuol di Dio in tanta umiliazione, debbono dire: « il Figliuol di Dio volle essere disprezzato così?… Ben qui debb’essere grande sapienza in questo amare d’essere umiliati. » Si addentrano essi nella contemplazione: interrogano i misteri divini, e conoscono, che il Figliuol di Dio si è così umiliato per dare a Dio suo Padre soddisfazione dell’orgoglio umano. Di qui venne che gli uomini vollero essere giusti così, da far giustizia fino contro se stessi e dissero col Profeta: « Non nobis, Domine, non nobis, sed nomini tuo da gloriam: tutta la gloria a voi, o Signore, a noi no, ché non la meritiamo; » ed amarono sì veramente di essere umiliati con Gesù Cristo. Ben s’intende come questi umiliati a piè del crocifisso, contenti della condizione in cui li ha posti il loro Dio, non ambirono di conculcare gli altri per salir più alto, non gli altri diritti usurpare, né sacrificare a soddisfazione del Proprio egoismo la personalità di quegli uomini, nei quali riconobbero tanti fratelli, che il comune Padre Celeste adunava nel bacio della fratellanza al convito dell’amor divino. Dio della bontà! oh! qui è mistero, che il popolo dei rigenerati deve meditare colle lagrime di gratitudine. Ecco in questo convito in seno al Padre, che lo presiede, è il Figliuolo Divino, divenuto nostro fratello, che a noi comparte tutto se stesso, identificandosi con noi in mistico modo, ma vero! … Quando gli uomini tornarono alle lor case col cuore palpitante nel Cuore di Gesù, e videro che anche i poveri schiavi rosseggiavano del sangue di Gesù Cristo (S. Jo. Chrys. 6), conobbero nell’uomo in catene, come bestia matta spinta al lavoro, un membro di Gesù Cristo. Allora avevano un bel permettere tutte le leggi umane la schiavitù, avevano un bel sostenere coi loro sofismi tutti i legulei il diritto, che sull’uomo compro a contanti, o nato di schiava il padrone acquistava, da farne carne a volontà. Sì, i padroni cristiani dovettero conoscere negli schiavi un altro diritto, il diritto di Dio di essere rispettato nei suoi figliuoli; e sentire il merito di essere amato con tutto il debito di carità! Allora non restava altro alla Chiesa che d’educar alla vita umana quei tanti milioni d’uomini, che fin allora non erano tenuti in conto d’uomini. Questo fu il lavorio segreto, continuo di questa Madre benedetta dell’umanità rinata a Dio. Ci vollero secoli a compiere l’opera, ed in quei secoli si andò rendendo sempre migliore la condizione dei soggetti, a mano a mano che si andavano emancipando per amor di Dio (Vedasi il Biat, Emancipazione della Schiavitù). Noi, quando leggiamo negli annali della propagazione della fede, che partono giovani missionari per la missione dei due mondi, voliamo col cuore in mezzo alle straniere nazioni, quasi a dir loro: fate coraggio, madri dei bambini schiavi, a momenti non avrete più paura, che il vostro figlio vi sia strappato di seno, per essere condotto al mercato dal padrone inumano. Aspettate: il Sacerdote cattolico viene ad innalzare l’altare di Gesù, ed i vostri bambini dormiranno tranquilli sotto la protezione del Crocifisso, a voi in seno: e voi, o popoli di schiavi, appenderete le vostre catene in trionfo alla croce! – Ci si permetta un’osservazione, la quale rende perdonabile anche l’importunità di questa digressione nostra sul principio della libertà, mentre trattiamo del Sacrificio. Ed è che non basta la sola predicazione del Vangelo a distruggere la schiavitù; poiché noi non siamo tanto semplici da credere nell’abolizione della tratta, quasi fosse un fatto compiuto, qual se la finge l’immaginazione dei buoni. È vero: l’Inghilterra e tante altre nazioni si obbligarono a perseguitare i ladroni di carne umana, che seco conducevano i negri schiavi rapiti, da vendere pel nuovo mondo. I buoni si fingono di vedere dominatori dei mari a squarciar i fianchi delle navi dei trafficanti inumani, e salir sulle navi battute. Sì veramente: ma prendono gli schiavi, e li conducono alle piantagioni dell’India, dove le leggi della filantropia vanno in vapore (Lacordaire, Conf.). Perché, dicono, le piantagioni, le fabbriche, le condizioni di quei paesi rendono necessaria la schiavitù: l’interesse, madre patria, vuol questo sacrificio. E noi ci costringiamo nelle spalle, e diciamo: potranno aver ragione. Ma i buoni Cattolici, quando vedono nel prossimo le membra di Gesù Cristo per noi sacrificato, hanno ragione anch’essi di amar il prossimo sopra ogni interesse, di amarlo coll’eroismo della carità, fino a vender se stessi, perché Dio val più di lor medesimi. Alcuni fatti ne abbiam citati parlando dell’offertorio. Vedi intanto la Chiesa cattolica riconoscere Iddio ed i diritti, che vengono da Dio, in tutte le varie condizioni di persone, nel rendere a tutti coll’incensarli onor dovuto. Di fatto, dopo dì aver incensato il Crocifisso, le reliquie, e reso onore a Dio nei segni, che lo rappresentano e nei santi, lo onora tutte le dignità, incensando ad uno ad uno i prelati ed i membri del clero, in cui venera l’autorità spirituale comunicata loro da Dio. Incensa i principi, in cui venera la potestà, che discende dal Re dei re. – Eh! si rammentino i principi che la Religione sola lì rende onorandi e sacri. Anzi vorremmo un po’ dir chiaramente che la Religione cattolica ha trovato i re confusi coi malfattori: la loro maestà, disonorata di eccessi, era scambiata colla tirannia, e gettata nel fango. La Chiesa cattolica li rialzò, li educò, li consacrò padri dei popoli, in cui inspirò rispetto ed amore, incoronandoli a piè del trono di Dio. Poi, per rendere la loro maestà veneranda, e circondarla di un’aureola al tutto celeste, proclama che la loro autorità viene da Dio, che loro l’affida: ma esige il conto del ben che han fatto ai popoli loro assegnati da governare. Così col profondere l’incenso, più che di onorare la loro potenza, ha in mira di proteggerli entro una mistica nube! Guai, se si va dissipando questa nube d’incenso d’intorno a loro! Allora si scorge sul trono un piccol uomo colle sue miserie! allora ardiscono tanti di farsi alla vita col pugnale dell’assassino! Ahi! ahi! La nube d’incenso si va dissipando, ed in diciott’anni almen diciasette regicidii eseguiti od almeno attentati in questi dì. Guai! se il popolo non rispetta più Dio nel principe, e gli sta solamente soggetto, perché ha paura della forza! Allora sul trono non si vede altro, che un piccol uomo colle sue miserie: e, se i popoli inorgogliti tanto da far testa con lui, gli domanderanno un bel giorno: « ma chi siete voi, che volete farla con noi da padrone? Da padroni sappiamo farla anche noi, quando alla volta nostra siam divenuti più forti. » Che mai potrebbe rispondere di sodo la plebe dei sofisti, e legulei, e quei gracidatori di libertà, tirannelli in toga di deputati, che la Chiesa vogliono serva al governo, e fanno dello stato un dio? La ribellione allora divenuta un diritto; e la guerra continua si fa lo stato naturale dell’uomo: è noi vivremo col codice delle tigri, e dei leopardi. Ecco gioia di beato progresso, che ci vorrebbero condurre certi sofismi politici! Deh! Dio ci salvi da questa statolatria tiranna!… – Incensa poi tutto il corpo dei fedeli, come un solo individuo; perché nella Chiesa il popolo viene riguardato tutto insieme come una sola persona, e in ciascun fedele si venera un membro del gran corpo di Gesù Cristo. Essendo creature rinate per la grazia di Dio alla vita eterna, incensando ciascuna di loro, venera nell’anima l’immagine di Dio e la grazia santificante, comunicata pei meriti di Gesù Cristo; venera nei corpi una porzione dell’umana natura, che in Gesù Cristo fu divinizzata. Sapendo ella, come questi templi vivi dello Spirito Santo, che sono i corpi nostri, hanno dentro di sé il germe dell’immortalità, in loro trasfusa dal Sangue di Gesù, ella li conforta colla speranza di averli in di tutti raccolti in seno gloriosi nella pienezza dell’eternale beatitudine. Questa persuasione, che la carne dev’essere come sposata alla Divinità coll’unirsi con Gesù Cristo, è quella, che fa guardar con orrore ogni immondezza, e che inspira per i Cattolici tanto amore per la perpetua verginità, virtù sconosciuta nell’antichità, bellissima e cara virtù, che delle povere persone umane fa tante spose di Dio, Angioli in carne santificata. Questa fede faceva ardere di sì forte sdegno il veemente Tertulliano, che, fulminando il peccato di carne, di cui era inorridito, lo fece uscir in questa enfatica espressione: « peccavano di carne i gentili: eh! ma non erano ancor carne di Cristo, Nondum caro Christi. » Di qui il rispetto della Chiesa verso i poveri avanzi dell’umanità, e quell’incensar fino i cadaveri collocati a piè del crocifisso nel luogo santo. – Noi intanto, quando vediamo compiere il rito dell’incensazione, dobbiamo scuotere i nostri cuori, per mandare incenso di calda orazione dinanzi all’altare di Dio, e con voti ardenti offrirci a Lui pronti per le opere di mortificazione. Abbiam detto, che parte delle offerte, mandate all’altare dei fedeli, ritornavano al popolo per essere distribuite secondo i vari suoi bisogni. Crediamo pertanto sia questo il motivo di fare i nostri proponimenti delle opere di carità, per cui Dio ci desse i mezzi. Poi i proponimenti nostri offriamo al Signore, affinché li benedica, ed accetti i nostri sacrifici in odore di soavità; così torneremo alle nostre case, e guarderemo il nostro prossimo in tutte le occasioni, che si presentano a chiedere il nostro soccorso, lo guarderemo come mandato da Dio a chiedere dalle nostre mani il dono, che sull’altare abbiamo a Lui già consacrato. – Ma sacrificio salutare è il dipartirci d’ogni iniquità; e il culto, che Dio onora, è l’oblazione della purità d’un’anima pia. Allora l’offerta del giusto impingua l’altare, e il fumo ne sale al cospetto dell’Altissimo in odore di soavità: e il Sacerdote lo esprime col lavarsi le mani.

Autore: Associazione Cristo-Re Rex regum

Siamo un'Associazione culturale in difesa della "vera" Chiesa Cattolica.