LA GRAZIA E LA GLORIA (43)

LA GRAZIA E LA GLORIA (43)

Del R. P. J-B TERRIEN S.J.

II.

Nihil obstat, M-G. LABROSSE, S. J. Biturici, 17 feb. 1901

Imprimatur: Parisiis, die 20 feb. 1901 Ed. Thomas, v. g.

LIBRO IX

LA PERFEZIONE FINALE DEI FIGLI DI DIO. QUESTA PERFEZIONE CONSIDERATA DAL LATO DELL’ANIMA

CAPITOLO PRIMO

Nozioni preliminari. Come l’adozione abbia solo in cielo il suo ultimo compimento.

Finora abbiamo studiato i figli adottivi di Dio nella loro intima natura e nella loro crescita. È giunto il momento di considerarli nella loro perfezione finale. Ora, è necessario sottolineare che, approcciandoci a queste considerazioni sulla gloria, non usciamo dal nostro argomento, cioè l’adozione dei figli. Il Battesimo ci ha conferito questo privilegio quando, dandoci la grazia con l’effusione dello Spirito Santo, ci ha incorporato a Gesù Cristo. Quando siamo usciti dalle acque rigeneranti, eravamo figli di Dio; eppure, in un senso molto reale, non lo eravamo, poiché anche dopo questo bagno vivificante ci è stato raccomandato di diventare: ut ſilii sitis Patris vestri (Matth. V, 45). Santificati da una vita cristiana, uniti nella divina Eucaristia da legami sempre più stretti con il Figlio di Dio, trasformati in Lui in modo che il Padre non possa né guardarci senza avere il suo Cristo in noi, né guardarlo senza vedere noi in Lui, nulla sembri più mancare alla verità della nostra adozione. No, questa filiazione, per quanto reale in sé, non è ancora completa. La prova di ciò si manifesta nelle Scritture e nei loro autorevoli commentari. « Avete ricevuto lo Spirito di adozione di figli in cui gridiamo: Abba, Padre; e lo Spirito stesso attesta al nostro spirito che siamo figli di Dio » (Rom. VIII, 15, 16). La dottrina di San Paolo è ben riconosciuta. Un’adozione fondata su un’affermazione così precisa potrebbe lasciare qualche dubbio? Ma ascoltate il seguito: « La creatura è nell’attesa: aspetta la rivelazione dei figli di Dio. Infatti, soggetta come è alla vanità, non volontariamente, ma a causa di colui che l’ha sottoposta, spera che lei stessa, come creatura, sarà liberata dalla corruzione, per entrare nella gloriosa libertà dei figli di Dio. » – Forse non si tratta qui che d’una restaurazione di natura materiale, degradata come la stessa natura umana, in punizione per il peccato. Si potrebbe crederlo se l’Apostolo non continuasse in questi termini: « Sappiamo che ogni creatura geme fino a quest’ora e si affanna nelle doglie del parto. E non solo, ma pure noi stessi, che abbiamo le primizie dello Spirito, gemiamo, aspettando l’adozione dei figli di Dio, la redenzione dei nostri corpi. In effetti, noi siamo stati salvati, ma solo nella speranza, anche se siamo stati salvati dall’acqua della rigenerazione » (Tt. III, 5); la nostra adozione totale rimane nella speranza come la salvezza stessa. – Inoltre, Gesù Cristo ci assicura che questa rigenerazione che ci viene così spesso proposta come effetto proprio dei battezzati, sia ancora da farsi. Ecco come si esprime, parlando della ricompensa promessa a coloro che hanno lasciato tutto per seguirlo: « In verità vi dico, voi che mi avete seguito, nel tempo della rigenerazione, quando il Figlio dell’uomo siederà sul trono della sua gloria, anche voi sarete su dodici troni, che rappresentano le dodici tribù d’Israele » (Mt XIX, 27, 28). – E non è solo sull’adozione e sulla rigenerazione che troviamo affermazioni apparentemente contraddittorie, ma anche, e forse più insistentemente, sui principi che le costituiscono e sugli effetti che ne derivano. Era incorporato a Cristo, questo Apostolo delle genti che ha chiesto la dissoluzione del suo corpo per essere con Cristo? (Fil. I, 22)? Sono uniti a Dio, coloro che, secondo lo stesso Apostolo, attaccati a dei corpi mortali, « camminano lontano dal Signore » (II Cor. V, 6). Che altro dire: un’anima, per quanto la si ritenga pura, è in senso completo un tempio vivente dello Spirito Santo, quando deve implorare la Sua venuta? I doni che costituiscono il figlio di Dio hanno raggiunto la loro misura definitiva, quando lo stesso Spirito è ancora in lui sotto forma di « pegno e deposito »? (II Cor., V, 5; Efes., I, 14).  La grazia, questo seme di Dio, ha attecchito, come dovrebbe, in un cuore che lotta dolorosamente contro il peccato, che a volte vi soccombe, sebbene lo Spirito Santo ci assicuri che chi la possiede « non pecca »? (I Joan. III, 9). Infine, per riassumere tutto in una parola, possediamo noi l’eredità dei figli, noi a cui il Padre appare ancora attraverso dei veli? Pertanto, è necessaria una conclusione: il figlio di Dio non ha ancora raggiunto la sua perfezione finale, non è completo. Il Complemento Supremo manca all’opera (Da notare qui una bella nota di S. Bernardo sulle prime parole dell’orazione domenicale: Pater noster qui es in coelis. « Fidelis sermo cujus ipsa primordis et divinæ adoptioniset terrenæ peregrinationes admoneant: ut hoc scientes quod, quamdiu non sumus in cœlo, peregrinamur a Domino, gemamus intra nosmetipsos, adoptiones filiorum expectantes, præsentiam utique Patris » Serm. De Aquæd. N. 1). Qual complemento, questo è ciò che ora dobbiamo spiegare!

2. – Ma, prima di entrare nel merito, voglio ricordare una bella dottrina di sant’Agostino che conferma quanto abbiamo detto innanzi.  I pelagiani, non contenti di pretendere che l’uomo nasca senza peccato originale, insistevano anche sul fatto che potesse arrivare sulla terra a quella perfezione di giustizia che esclude ogni colpa, anche minima. A supporto di quest’altra eresia, ricorrevano proprio al testo di San Giovanni a cui si è appena accennato. « Chi è nato da Dio non pecca, perché è nato da Dio ». – A questa incredibile pretesa, rinnovata ai nostri giorni dai fanatici del protestantesimo, il grande Dottore rispodeva: « Si ingannano coloro che non considerano che l’uomo sia figlio adottivo di Dio, nella misura che possiede la novità dello spirito, cioè è rinnovato nell’uomo interiore, ad immagine di Colui che lo ha creato » (Colos III, 10). Ora, uscire dalle acque battesimali non significa aver deposto tutte le infermità del vecchio uomo. Il rinnovamento inizia con la remissione dei peccati, con il gusto per le cose spirituali in coloro che già le possiedono. Tutto il resto è più o meno nella speranza, fino al pieno rinnovamento che avverrà con la risurrezione dei morti. Ecco perché Nostro Signore dà a questa il nome di rigenerazione, non perché sia una rigenerazione simile a quella che avviene nel Battesimo, ma perché completerà nel corpo ciò che è già iniziato nello spirito. Nel giorno della rigenerazione – egli dice – quando il Figlio dell’uomo siederà sul trono della sua maestà, anche voi siederete su dodici troni, a giudicare le dodici tribù d’Israele. – « Se infatti il frutto attuale del Battesimo, oltre alla piena e completa remissione dei peccati, fosse ancora un passaggio completo e perfetto alla novità eterna dell’uomo, non dico nel Corpo, troppo evidentemente dominato dall’antica corruzione; ma nell’anima, nell’uomo interiore, l’Apostolo non direbbe: … Anche se il nostro uomo esteriore tende alla rovina, l’uomo interiore si rinnova di giorno in giorno (II Cor. IV, 16). Certamente, chi si rinnova continuamente giorno per giorno, non è del tutto nuovo; e nella misura in cui non si rinnova, appartiene alla vetustà: figlio del secolo per l’obsolescenza che rimane; figlio di Dio per la novità di cui è rivestito… Ecco perché l’Apostolo dice in un altro luogo: … sappiamo che ogni creatura geme e soffre come nel travaglio del parto. E anche noi, che abbiamo le primizie dello Spirito, gemiamo in noi stessi, aspettando l’adozione a figli di Dio, la liberazione del nostro corpo, ed infatti siamo ancora salvati solo nella speranza (Rom. VIII, 22, 24)… Dunque la piena adozione dei figli sarà consumata dalla liberazione del nostro corpo. – « È vero, noi abbiamo ora le primizie dello Spirito, ed ecco perché noi siamo realmente figli di Dio, ma per il resto, laddove siamo salvati e rinnovati solo nella speranza, non siamo ancora né salvati né rinnovati, siamo anche figli di Dio nella speranza, e di fatto figli del secolo. Perciò, man mano che avanziamo in questa giustizia e in questo rinnovamento che ci rende figli di Dio, noi non possiamo peccare; ma dal momento che siamo figli del secolo, noi possiamo ancora peccare, fino al giorno in cui non sarà avvenuta la trasformazione. E così si accordano queste due verità apparentemente inconciliabili: chi è nato da Dio non pecca; e: … se diciamo di non avere peccato, inganniamo noi stessi e la verità non è in noi (1 Giovanni I, 10; III, 2). « Così verrà anche il giorno in cui ciò che resta in noi del figlio della carne e del secolo, sarà pienamente consumato nel giorno in cui sarà perfetto ciò che è del figlio di Dio, rinnovato nello spirito. Perciò lo stesso Giovanni dice altrove: « Miei diletti, ora siamo figli di Dio ma ciò che saremo non è ancora manifesto ». Che cosa significano queste parole: noi siamo e noi saremo, se non che noi siamo in speranza e che noi saremo nella realtà? Infatti aggiunge: « Sappiamo che nel giorno della sua manifestazione saremo simili a Lui, perché lo vedremo come Egli è in se stesso » (1 Giovanni III, 2); ora, dunque, le primizie dello Spirito hanno abbozzato la somiglianza; ma la dissomiglianza rimane ancora nei resti della nostra vetustà. Figli di Dio per rigenerazione spirituale e nella misura della nostra somiglianza, non possiamo peccare; figli della carne e del mondo nella proporzione della nostra dissomiglianza, se ci lusinghiamo di essere senza peccato, inganniamo noi stessi; e questo, fino al giorno benedetto in cui, avendo l’adozione preso possesso di tutto il nostro essere, il peccatore svanirà a tal punto in noi (Sal. XXXVI, 10), che si cercherà il suo posto e non lo si troverà più » (S. August, de Peccat. merit. et remiss., L. II, n. 9 e 10). Questo testo è molto lungo, lo confesso, ma contiene una spiegazione così chiara di ciò che manca ai giusti della terra per essere nella pienezza della loro adozione, che non ho pensato di poterlo omettere, e nemmeno abbreviare. – Possiamo quindi distinguere tre gradi nella filiazione adottiva. Nella prima c’è l’adozione che spettava ai giusti che erano soggetti alla legge mosaica e, più in generale, a tutti i Santi che vivevano prima della Redenzione attraverso Gesù Cristo, Nostro Signore: adozione vera, ma iniziale, le cui principali imperfezioni abbiamo descritto altrove (L. IV, c. 6). Al secondo grado, c’è la filiazione più completa, appannaggio dei fedeli che appartengono alla legge del Vangelo. Nel terzo e supremo grado, troviamo la filiazione che non è più della terra ma del cielo. I figli di adozione, nella misura in cui facevano parte dell’Antico Testamento, erano per quelli della legge di grazia in rapporto di un servitore rispetto al figlio di casa (Galati IV, 5, 6, 24, 27; Romani VIII, 15 ss.). I figli, che camminano ancora sulla via, ma governati e vivificati dalla nuova Economia, sono rispetto agli abitanti gloriosi della patria, quello che un bambino appena uscito dalle fasce, è nei confronti dell’uomo perfetto. (I Cor. XIII, 12, 13). Non basta aver dimostrato la necessità di un complemento per la consumazione finale dei figli adottivi di Dio. Ci resta da dire quali perfezioni comporti; e poiché il figlio di Dio che siamo è sia spirituale che corporale, tratteremo in seguito le perfezioni che gli sono promesse e che lo attendono da questo duplice punto di vista.

LA GRAZIA E LA GLORIA (44)

9 NOVEMBRE (2022): DEDICAZIONE DELL’ARCIBASILICA DEL SS. SALVATORE IN LATERANO

9 NOVEMBRE: DEDICAZIONE DELL’ARCIBASILICA DEL SS. SALVATORE IN LATERANO

(Benedetto Baur O.S. B.: I Santi nell’Anno Liturgico; Herder Ed. 1958)

1. – La Basilica lateranense gode di una speciale importanza per essere la Chiesa madre di tutte le chiese del mondo, la prima chiesa del Salvatore, eretta dall’imperatore Costantino. Poiché dal tempo di Costantino per quasi dieci secoli i Papi risiedettero nel palazzo del Laterano, questa basilica è anche la Chiesa Cattedrale del Papa. Come cattedrale papale e come « madre di tutte le chiese », la basilica del SS. Salvatore fu agli occhi del mondo cattolico il simbolo dell’autorità pontificia. La chiesa del Laterano fu consacrata da Papa Silvestro il 9 novembre 324. Nell’896 crollò in seguito a un terremoto, fu ricostruita sotto Sergio III e ricevette come patrono S. Giovanni Battista. Nel secolo XIV subì due incendi, uno nel 1308 e un altro nel 1361. Col restauro barocco del secolo 17° l’interno della basilica perdette molto del suo carattere primitivo e medioevale. – Nella festa della Dedicazione la Chiesa non pensa soltanto alla casa di pietra: questa è per lei il simbolo e la rappresentazione della Chiesa vivente, della Chiesa qui sulla terra e della Chiesa celeste. Questo simbolismo si addice in modo particolare alla chiesa «madre e capo di tutte le chiese ».

2.-« In quel tempo Gesù, entrato a Gerico, attraversava la città. Ed ecco che un uomo, per nome Zaccheo, che era capo dei pubblicani e ricco, cercava di vedere chi era Gesù, ma non poteva a motivo della folla, perché era piccolo di statura. Allora corse avanti e montò sopra un sicomoro per vederlo, perché egli doveva passar di là. E come Gesù fu giunto in quel luogo, guardò su, lo vide e gli disse : « Zaccheo, scendi presto, perché oggi devo albergare in casa tua. Ed egli s’affrettò a scendere e lo accolse con allegrezza ». In Zaccheo, pagano e pubblicano, la liturgia della festa della Dedicazione riconosce la Chiesa che è pervenuta a Cristo, alla salvezza, dal paganesimo. Piccolo di statura e insignificante, disprezzato dal popolo eletto d’Israele, il paganesimo anela ardentemente di conoscere il Salvatore che il giudaismo, nel suo accecamento, rigetta. In Zaccheo esso precorre il popolo d’Israele ed ottiene per primo la salvezza. Presso la Chiesa proveniente dalla gentilità il Signore prende alloggio ed elargisce benedizioni. Essa lo accoglie con allegrezza. « Oggi su questa casa (la santa chiesa), è venuta la salvezza », poiché in Zaccheo anch’essa, la Chiesa delle Genti, è divenuta un « figliuolo di Abramo » cui va l’eredità del popolo eletto. Essa, la santa Chiesa è diventata « il tabernacolo di Dio in mezzo agli uomini ». Nella Chiesa « Egli abiterà con loro: ed essi saranno Suo popolo » (Epistola). Essa, la santa Chiesa sa di essere l’abitazione di Dio, piena di Dio e di Cristo, piena di grazia e di verità, « la casa di Dio e la porta del cielo ». Per questo la Chiesa ringrazia ed esulta senza fine. Essa accoglie il Signore con allegrezza in ogni santo Sacrificio, in ogni sua parola, in ogni grazia che Egli dona ai suoi figli. « Oggi su questa casa è venuta la salvezza ». « Ma Zaccheo si presentò al Signore e gli disse: Ecco, Signore, la metà dei miei la dò ai poveri, e se ho frodato qualcuno, gli rendo il quadruplo » (Vangelo). Non appena il Signore è entrato nella casa di Zaccheo, opera una completa conversione e trasformazione nel cuore del pubblicano. Che cosa eravamo, che cosa avevamo prima che venissimo alla Chiesa e a Cristo? « Eravate morti per i vostri falli e i vostri peccati, seguendo le cupidigie della carne. Facevamo i voleri della carne e dei pensieri ed eravamo per natura figliuoli dell’ira. Ma Dio, ricco di misericordia, ci richiamò in vita con Cristo, e con lui ci risuscitò » (Efes. II, 1 segg.). Il Signore alloggia presso Zaccheo. Egli solleva la gentilità fuor dall’abisso del suo traviamento e della sua perdizione, riempie le anime con la sua luce, con la sua vita col suo spirito di santità. La gentilità abbandona la precedente perversione e diviene la « santa » Chiesa, la Sposa del Signore « senza macchia, né  ruga » (Efes. V, 27). Così dice il Signore: « Ecco, io rinnovo tutte le cose » (Epistola). Questo è il gioioso ringraziamento della Chiesa nella giornata odierna. Noi ci associamo.

3 – Il giorno in cui Papa Silvestro consacrò la basilica Lateranense, Cristo Signore nel Santissimo Sacramento ha preso dimora in questo tempio e da allora, attraverso lunghi secoli ha salvato e santificato innumerevoli uomini. Nell’odierno anniversario della dedicazione lo ringraziamo per questo suo continuo e misericordioso operare. Nella Chiesa-madre del mondo riconosciamo la sublime immagine della santa Chiesa da Cristo fondata. Cristo continua a vivere, attraverso tutti i tempi, nella sua Chiesa. Egli la sorregge e guida e la compenetra del suo Spirito e della sua forza, della sua verità e della sua grazia, cosicché in definitiva « è lui che mediante la Chiesa battezza e ammaestra, lega e scioglie, offre ed immola ». Se già il popolo d’Israele considerava una grandissima gioia di pensare al suo tempio in Gerusalemme (Ps. CXXXVI, 5-6) « con quanta maggior gloria e più ampio gaudio abbiamo noi il dovere di esultare appunto per questo che siamo cittadini di una Città costruita sul monte santo con vive e scelte pietre e della quale è pietra angolare Gesù Cristo » (Efes. II, 20; 1 Pietr. II, 4-5). Giacché niente si può immaginare di più glorioso, niente di più nobile, niente senza dubbio di più onorifico, che appartenere alla santa, cattolica, apostolica e romana Chiesa, per la quale diventiamo membra di un unico e così venerando Corpo, siamo guidati da un unico e così eccelso Capo, siamo ripieni di un unico divino Spirito, siam nutriti in questo terrestre esilio da una sola dottrina e da uno stesso Pane angelico, finché ci ritroveremo a godere di un’unica sempiterna beatitudine nei cieli » (Papa Pio XII, Enciclica sul Mistico Corpo di Cristo).

Preghiera

O Dio, che da pietre vive e scelte prepari alla tua Maestà una eterna abitazione, soccorri il tuo popolo che ti prega, affinché mentre la tua Chiesa si sviluppa nello spazio materiale, moltiplichi anche i suoi progressi spirituali. Amen.