LE GRANDI VERITÀ CRISTIANE (3)

ADOLFO TANQUEREY

LE GRANDI VERITÀ CRISTIANE CHE GENERANO NELL’ANIMA LA PIETÀ (3)

Vers. ital. di FILIPPO TRUCCO, Prete delle Missioni – ROMA DESCLÉE & C. EDIT. PONTIF. 1930

NIHIL OBSTAT – Sarzanæ, 8 Maji 1930 J. Fiammengo, Rev. Eccl.

IMPRIMATUR Spediæ, 8 Maji 1930 Can, P. Chiappani, Del. Generalis.

PARTE PRIMA

Gesù vivente in noi per comunicarci la sua vita

CAPITOLO I.

Art. III. — IL VERBO INCARNATO NELLE SUE RELAZIONI CON NOI.

« Il Verbo era nel mondo…

e il mondo non lo conobbe…

Ma a quanti lo accolsero diede potere

di diventar figliuoli di Dio:

ai credenti nel suo nome,

î quali non dal sangue,

né dal volere della carne, né dal volere dell’uomo,

ma da Dio son nati  » (Giov. I, 10-13).

Se il Figlio eterno di Dio, se il Verbo si è incarnato, lo fece per abitare in mezzo a noi, anzi per vivere in ognuno di noi. Come Dio, vive realmente in noi con la sua grazia; viene a noi per comunicarci una partecipazione della divina sua vita. Come uomo, vive in noi moralmente, avendo con noi le relazioni più intime, più affettuose, più santificanti. Gesù è:

.1° il capo di un Corpo mistico di cui noi siamo le membra.

2° il mediatore tra suo Padre e noi.

3° il sacerdote che, in nome di tutta la umana società, offre a Dio ii sacrificio per eccellenza.

4° il dottore infallibile che insegna ogni verità.

5° il modello perfetto che ci trae dietro a sé nelle vie della perfezione.

Poche parole basteranno a farci intendere questi gloriosi titoli del Verbo incarnato.

1° Il Verbo Incarnato è il Capo di un Corpo mistico che si chiama la Chiesa, Capo quindi di tutti i membri che la costituiscono? Tre qualità, dice san Tommaso (Sum. Theol., III, q. 8, a. I), distinguono la testa nel corpo umano: la preminenza, perché domina su tutte le altre membra; la perfezione, perché riunisce tutti i sensi esterni ed interni; l’influsso vitale, perché imprime a tutte le membra il moto, la direzione, la vita. Ora anche Gesù compie sotto l’aspetto spirituale questo triplice ufficio in ciascuno di noi. È infatti evidente che Egli ha la preminenza su tutti gli uomini, perché, essendo insieme Figlio dell’uomo e Figlio di Dio, è il primogenito di ogni creatura, l’oggetto delle divine compiacenze, la fonte di ogni santità, Colui innanzi al quale si piega ogni ginocchio in cielo, in terra e nell’inferno. A Lui parimenti conviene ogni perfezione, perché riceve la pienezza della grazia, pienezza assai superiore a quella della Vergine SS.ma e dei santi. Maria è il canale che conduce alle anime nostre le vivificanti acque della grazia; i santi ricevono una pienezza di grazia più o meno grande secondo l’indole della loro missione; ma solo Gesù è la fonte onde si alimentano e il canale e i rivoletti. Gesù, quindi, ha una pienezza speciale, una soverchiante pienezza. Onde quell’influsso vitale che ha su tutti i suoi membri, perché tutti ricevono da Lui il moto e la vita. – Gesù medesimo, nell’ultima Cena, espone ai discepoli questa dottrina, quando dice ; « Io sono la vite, voi i tralci » (Giov. XV, 5). Perché, come i tralci ricevono dalla vite la linfa vivificante che si trasforma in fiori e in frutti, così le anime nostre ricevono da Gesù la grazia che lor fa produrre i frutti di salute. Quest’unione con Cristo raccomanda pure san Paolo a quelli che vogliono crescere in grazia e in virtù : « Attuando la verità nell’amore, cresciamo in Lui in tutto, in Lui che è Capo, Cristo; dal quale tutto il Corpo, bene compaginato e connesso, per mezzo d’ogni giuntura di somministrazione, secondo l’operazione stabilita per ciascun membro, prende incremento pe svilupparsi nell’amore! » (Ephes. IV, 15-16). La nostra vita spirituale deriva dunque da Gesù, nostro Capo, ove ella risiede nella sua pienezza, per diramarsi in ciascuno di noi; la nostra grazia, la nostra santità, è come un’estensione della santità di Cristo; onde il vero Cristiano può dire come san Paolo: Vivo, ma non più io, vive in me Cristo ? » /Gal. II, 20). O Salvatore benedetto, quanto siamo felici di essere così incorporati a Voi e partecipare alla vostra vita! E poiché la misura del nostro progresso dipende in gran parte dalla nostra corrispondenza alla vostra grazia e dalla nostra docilità a seguire il moto e la direzione che voi ci date, degnatevi di operare in noi il volere e il fare, affinché, sotto il vostro impulso, cresciamo in voi coll’imitazione delle vostre virtù.

2° Capo dell’umanità, il Verbo incarnato è, per così dire, il mediatore nato tra Dio e l’uomo. E chi mai può far questo ufficio meglio di Colui che riunisce in una sola e medesima per sona le due nature, la divina e l’umana? Uomo capo della umana stirpe, ha il diritto di rappresentarci dinanzi a Dio, e la sua infinita pietà, la sua inclinazione per noi vivamente lo spronano a compiere tale ufficio. Uguale poi al Padre e allo Spirito Santo, ha libero accesso presso Dio a rendercelo propizio. Sarà quindi il nostro mediatore, mediatore di redenzione e mediatore di religione.

A) Innanzi tutto Gesù è il nostro mediatore di redenzione. Come capo dell’umanità peccatrice, assume sopra di sé il peso delle nostre iniquità e s’incarica di espiarle in nome nostro. Si offre fin da principio come vittima, e, dopo una lunga vita di fatiche e di patimenti, compie sul Calvario il suo Sacrifizio, riparando con l’ubbidienza sua e col suo amore, l’offesa fatta dalla disubbidienza dei nostri progenitori. Questi atti di ubbidienza e di amore hanno un valore morale infinito, per ragione della dignità della persona del Verbo che fa suoi i patimenti della natura umana: e si può dire con tutta verità che rendono a Dio gloria maggiore che non glie ne abbia tolta il peccato. Un solo di questi atti sarebbe bastato a riparare interamente i peccati degli uomini. Ora Gesù ne ha fatti di innumerevoli, e tutti ispirati all’amore più puro, e li ha coronati col sacrifizio più sublime e più eroico, coll’intiera immolazione di sé sul Calvario. Possiamo dunque ripetere la parola di san Paolo: « Dove abbondò il peccato, là sovrabbondò la grazia; affinché, come regnò il peccato per la morte, così anche la grazia regnasse per la giustizia e per la vita eterna, per Gesù Cristo Signor Nostro » (Rom. V.,20). Gesù, espiando i nostri peccati, merita pure per noi tutte le grazie di cui abbiamo bisogno a riconquistare il cielo: grazie di conversione, grazie di perseveranza, grazie per resistere alle tentazioni, grazie per trar profitto dalle nostre prove, grazie di rinnovamento spirituale, grazie per praticar le virtù, anche in grado eroico, grazie di unione intima con Dio, grazie mistiche. Possiamo quindi dire con san Paolo: « Benedetto Dio e Padre del Signor Nostro Gesù Cristo, che benedisse con ogni benedizione spirituale nei cieli in Cristo; conforme ci elesse in lui prima della creazione del mondo, ad essere Santi e immacolati agli occhi suoi, avendoci nell’amor suo predestinati all’adozione di figli, per Gesù Cristo. secondo il beneplacito della sua volontà, onde si celebri la gloriosa grazia sua, della quale ci ricolmò in ogni sapienza e saggezza »(Ephes., I, 3). – Ad ispirarci maggior confidenza, Gesù istituì i sette Sacramenti, segni visibili che ci conferiscono la grazia in tutte le principali circostanze della vita e ci danno diritto a grazie attuali per far bene a tempo opportuno tutti i nostri doveri cristiani e tutti i doveri del nostro stato. Ma fece anche di più: ci diede pure il potere di sodisfare e di meritare. Incorporati a Cristo ne partecipiamo la vita, e i nostri atti, uniti ai suoi e informati dalla divina carità di cui Egli è il principio, sono nello stesso tempo sodisfattorii, meritorii e impetratorii. Se abbiamo la sventura di peccare dopo il battesimo, i nostri atti di penitenza e di contrizione fecondati dalla virtù del sangue di Gesù, muovono il cuore di Dio e ci ottengono il perdono: il sacramento della Penitenza ci agevola ancor più la remissione dei peccati, perché Gesù stesso, vivente nel sacerdote, viene ad assolverci. Anche le più piccole azioni fatte in istato di grazia e in unione con Gesù, sono meritorie della vita eterna e aumentano ad ogni istante, se vogliamo, il nostro capitale di grazia abituale sulla terra e di gloria nel cielo. – Quando preghiamo, lo Spirito di Gesù viene pregare con noi con gemiti inesplicabili (Rom. VIII, 26); il che spiega la fecondità delle nostre preghiere; poiché tutto quello che chiediamo al Padre in Nome di Gesù, cioè incorporandoci a Lui e fondandoci sui Suoi meriti, siamo sicuri di ottenerlo! (S. Giov., XVI, 23.). Siano dunque rese grazie al Verbo incarnato, che, non pago di riparar le nostre offese e di espiare i nostri peccati, ci colma di beni Spirituali così abbondanti, che possiamo ripetere con la Chiesa; « O fortunata colpa di Adamo che ci ha meritato un così nobile Redentore! » (Ufficio del Sabato Santo, Exsultet…).

B) Gesù è anche il nostro mediatore di Religione. Noi siamo obbligati a glorificar Dio ma ne siamo incapaci, come siamo incapaci di salvarci da noi stessi: Dio ha diritto ad ossequi infiniti e gli ossequi nostri sono meschini e finiti. Ma il Verbo incarnato, il grande Religioso del Padre, ha porto e porge continuamente a Dio adorazioni infinite: come uomo, si umilia ed adora: come Verbo, dà a queste adorazioni una dignità ed un valore morale infinito. Possiamo quindi dirgli col Cardinal di Bérulle (De l’état et des grandeurs de Jésus, Discours II, p. 129.): « Voi siete quel servo eletto che solo servite Dio come merita di esser servito, cioè con servizio infinito: e solo lo adorate con adorazione infinita, come è infinitamente degno di essere adorato. Prima di voi questa suprema Maestà non poteva, né dagli uomini né dagli Angeli, essere servita e adorata con quella specie di servizio con cui è ora amata e adorata secondo l’infinità della sua grandezza, secondo la divinità della sua essenza, secondo la maestà. delle sue Persone. Da tutta l’eternità c’era, sì, un Dio infinitamente adorabile, ma non c’era ancora un adoratore infinito, non c’era ancora un uomo o un servo infinito capace di rendere un servizio e un amore infiniti. Siete Voi, Gesù, ora, questo adoratore, questo uomo, questo servo, infinito nella potenza, nella qualità, nella dignità, da sodisfare pienamente a questo dovere e porgere a Dio questo divino ossequio. Oh! grandezza di Gesù, anche nel suo stato di abbassamento, di essere il solo degno di porgere perfetto ossequio alla divinità! Oh! grandezza del mistero dell’Incarnazione che pone uno stato, una dignità infinita entro l’essere creato! Oh! divino uso di questo divino mistero, avendo noi ormai per Lui un Dio servito e adorato senza alcuna sorta di difetto in questa adorazione! » . Ora questo stesso Gesù vive in noi col suo Spirito e per mezzo suo ci comunica la sua religione, onde abilitarci a glorificar Dio come si merita. Secondo la bella dottrina dell’Olier: « Gesù viene in noi e si lascia sulla terra tra le mani dei sacerdoti come ostia di lode, per parteciparci il suo spirito di immolazione, per associarci alle sue lodi, per interiormente comunicarci i sentimenti della sua religione. Si diffonde in noi, si insinua in noi, profuma l’anima nostra riempiendola delle interiori disposizioni del suo spirito religioso, di guisa che dell’anima nostra e della sue ne fa una sola, che anima di uno stesso spirito di rispetto, di amore, di lode, di sacrifizio interno ed esterno di tutte le cose, per la gloria di Dio suo Padre; e mette così l’anima nostra in comunione con la sua religione per far di noi in Lui, come abbiam detto, veri religiosi del Padre suo » Quale consolazione per noi di potere, unendoci a Gesù, glorificar Dio come si merita!

3º Con Gesù noi offriamo pure il sacrificio più eccellente, perché Gesù è sacerdote (Esporremo più ampiamente questa dottrina sul sacerdozio e sul sacrificio di Gesù nella seconda parte), e il sommo sacerdote della nuova Legge; anzi, a dire il vero, è il solo e unico sacerdote, perché, non morendo, Egli non ha successori ma solo rappresentanti visibili. Tale è la bella dottrina esposta da san Paolo nell’Epistola agli Ebrei. – Il Verbo incarnato diviene sacerdote nel giorno dell’Incarnazione; fintanto che rimane nel seno del Padre, non può abbassarsi né adorare. Ma, appena si riveste della nostra natura umana, il Verbo viene consacrato sacerdote da Colui che lo ha scelto da tutta l’eternità a questo ufficio, e che attua in questo giorno il suo disegno dicendogli: « Tu sei sacerdote secondo l’ordine di Melchisedech » (Hebr. V, 6). Inizia quindi fin da questo primo istante il suo ufficio sacerdotale: « Entrando nel mondo, Cristo dice al Padre: Vittima ed offerta non volesti, ma mi formasti un corpo; olocausti e sacrifici espiatori non gradisti. Allora io dissi: Eccomi… Vengo a fare, o Dio, la tua volontà… E in questa volontà noi siamo santificati per l’offerta del suo Corpo che Gesù fece una volta per sempre » (Ebr., X, 5-7, 10). Gesù sarà dunque nel medesimo tempo il sacrificatore e la vittima. In tutto il corso della vita immola la volontà con la spada dell’ubbidienza; ma sul Calvario, propriamente parlando, compie il suo sacrifizio immolando, per mezzo dell’ubbidienza e dell’amore, il suo corpo e la sua anima con la maggior perfezione possibile, e adempiendo così ogni giustizia. Per la prima volta Dio fu allora perfettamente glorificato secondo tutte le condizioni da Lui stesso fissate, e gli uomini furono in diritto salvati, non restando ad essi che appropriarsi, per mezzo della fede, della carità e delle buone opere, le soddisfazioni e i meriti del Redentore divino. La Risurrezione e l’Ascensione verranno, certo, a consumare il sacrifizio; ma l’immolazione reale e cruenta avvenne sul Calvario. – A fine di darci il modo di glorificar Dio come si merita e applicarci i frutti della redenzione, Gesù istituì nell’ultima Cena il sacrificio della Messa, nella quale più non cesserà, sino alla fine del mondo, di offrirsi vittima per noi sotto le specie del pane e del vino. Oh! quanto dobbiamo essergliene grati! Noi infatti, sia pure indegni, possiamo, offrendo il sacrificio della Messa oppure assistendovi, appropriarci gli interni sentimenti di Gesù sull’altare, offrire a Dio i suoi atti di religione e ottenere per noi e per quelli che ci son cari tutte le grazie che ci occorrono.

4° Se l’atto principale del sacerdote è il sacrifizio, uno dei suoi doveri essenziali è anche quello di insegnar la dottrina sacra, di essere dottore. Ufficio che il Verbo incarnato adempie in modo eminente. Gesù è la luce che, venuta in questo mondo, illumina tutti gli uomini (S. Giov., I, 9) Oh! Quale immenso bisogno essi ne hanno! Le religioni pagane erano degenerate in tali superstizioni che i filosofi più non vi credevano, e, stanchi di errare da sistema in sistema, erano caduti in una specie di scetticismo. La religione giudaica aveva conservato il monoteismo e il culto del vero Dio, ma gli Scribi e i Farisei la interpretavano così grettamente, che pareva ormai divenuta una meschina casuistica. Ed ecco Gesù che sgombra la Legge dalle false interpretazioni e, innalzandosi molto al disopra delle piccine concezioni dei Giudei, predica quella religione dello spirito che, costituita in un perfetto corpo di dottrina. Affida quale sacro deposito alla custodia e alla interpretazione di una Chiesa infallibile, a cui promette la divina sua assistenza sino alla fine dei secoli. – Questa dottrina risponde a tutti i problemi che affannano l’anima umana: donde veniamo? Chi siamo? dove andiamo? Donde veniamo? Veniamo da Dio, che ci ha creati e santificati e colla sua Provvidenza si occupa paternamente di noi. Non è un Dio solitario: è un Dio vivente in tre Persone, che trova in se stesso tutto ciò che occorre per essere infinitamente beato. Nondimeno, per puro amore, per farci partecipi della sua felicità, ci trae dal nulla, ci adotta per figli. ci comunica la sua vita; e avendo noi perduti, per la colpa del nostro primo padre, i nostri diritti al Paradiso, non esita ad inviarci suo Figlio per redimerci. Chi siamo? Siamo figli adottivi di Dio, fratelli del Verbo incarnato, membra del mistico suo corpo, figli della santa Chiesa; abbiamo un’anima immortale, riscattata dal sangue dell’eterno Figlio di Dio. Dove andiamo? A Dio nostro Padre, al quale un giorno saremo eternamente uniti con la visione beatifica e con un amore indissolubile; e andiamo a lui, incorporandoci a Gesù, nostro mediatore; imitandone le virtù, specialmente il suo amore per Dio e per gli uomini: e avvicinandoci ogni giorno più alla perfezione del nostro Padre celeste. Queste verità si consertano mirabilmente tra loro e corrispondono così bene ai bisogni della nostra mente e del nostro cuore, che anche i ragazzi del Catechismo le capiscono e le gustano. E con che autorità Gesù insegna! « Le turbe stupivano della sua dottrina, perché le istruiva come avente autorità e non come i loro Scribi! ». Gli stessi suoi nemici furono obbligati a confessarlo: « Nessuno ha mai parlato come quest’uomo » (S. Giov. VII, 46). Gesù, infatti, parla con potenza di affermazione assoluta: è un Veggente che contempla nel seno del Padre le verità che annunzia; è un Maestro che ha tutta l’autorità di Dio: « Io sono la via, la verità e la vita » (S. Giov. XIV, 6). Parla con fulgida chiarezza, facendosi tutto a tutti, adoprando popolo i paragoni più semplici, le immagini graziose, e argomentando contro gli Scribi e i Farisei con logica inflessibile. Ma ha specialmente una forza di persuasione irresistibile: conosce tutte le segrete vie del cuore e per quelle spera con quel dono di affettuosa intuizione che è proprio di coloro che amano. Gesù infatti può e con tutta verità: « Venite a me, o voi tutti che siete affaticati ed oppressi, e io vi ristorerò »(Matth. XI, 28).

5° Questa forza di persuasione è mirabilmente rinvigorita dai divini esempi di Gesù; Egli è veramente il modello più perfetto che si possa da noi imitare. Figli di Dio per adozione, siamo obbligati ad avvicinarci con la santità della vita alla perfezione del nostro Padre celeste. Ma in che modo conseguire questo ideale? L’eterno Figlio di Dio, sua vivente immagine, si fa uomo, vive sulla terra una vita umana e divina, e ci invita a calcar le sue orme. È un perfetto modello di tutti gli stati di vita. Visse per trent’anni la vita nascosta, ubbidiente a Maria e a Giuseppe, lavorando da semplice operaio, e dandoci così l’esempio di quelle umili virtù che dobbiamo praticare ogni giorno. Nella sua vita pubblica, c’insegna il modo di conciliare la preghiera con l’azione; di santificare le relazioni sociali e le opere di apostolato; e come comportarci così nella prospera come nell’avversa fortuna. La sua vita dolorosa ci dà l’esempio della pazienza più eroica in mezzo a tormenti fisici e morali: dotato di una sensibilità squisita, sentì più vivamente di noi l’ingratitudine degli uomini, l’abbandono dei discepoli, il tradimento di Giuda, gl’insulti dei nemici e i tormenti che gli inflissero; eppure tutto sopportò senza lamentarsi, lieto di soffrire per Dio e per gli uomini.-  Ed è un modello pieno di attrattiva: vedendo Gesù, vittima innocente, che pena e soffre per nostro amore, osservando che i suoi patimenti sono tanto fecondi in frutti di salute, ci sentiamo tratti ad amare il divino Crocifisso, ne abbracciamo amorosamente la croce, e siamo noi pure lieti di patire per Lui, onde meglio assomigliargli e partecipare alla fecondità del suo apostolato, aspettando il momento di parteciparne pure la sua gloria: « Si tamen compatimur, ut et conglorificemur » (Rom. VIII, 17). Ecco perché, nonostante l’istintivo orrore che abbiamo al patire, tante anime si offrono a Gesù in vittime e sono liete di patir con Lui, per amor suo e secondo le sue intenzioni. – Ma poi Gesù ci ha singolarmente agevolato il lavoro meritandoci la grazia di imitarlo: ognuno degli atti fatti da Gesù prima di morire ci meritò la grazia di fare atti simili; non si contenta quindi di attirarci a sé con l’efficacia dell’esempio, ma vi aggiunge una forza interiore che opera sulla nostra volontà. Siate dunque eternamente benedetto, o Verbo incarnato, perché così efficacemente ci sorreggete coi vostri esempi e colla vostra grazia. Fratelli vostri e membri del mistico vostro Corpo, noi vogliamo, nonostante la nostra debolezza, camminare sull’orme vostre, portare con voi la piccola nostra croce quotidiana, imitare i vostri sentimenti interiori e le vostre virtù. Ne siamo da soli incapaci; ma ci attaccheremo a Voi, e, come Santa Teresina, ci abbandoneremo nelle vostre braccia o meglio sul vostro sacro Cuore, che sarà come dolcemente confidiamo, l’ascensore che ci porterà fino a Dio.

ART. IV. — CONCLUSIONE: GESÙ DEVE ESSER IL CENTRO DELLA NOSTRA VITA.

« Per me infatti il vivere è Cristo! » (Fil. I, 21)

« Vivo, ma non più io,

« Vive in me Cristo » (Gal. II, 20).

Quando un dotto è talmente assorto negli studi da non pensar più ad altro che alla scienza e non vivere più che per essa, ripete continuamente agli amici; la mia vita è la scienza. Quando un commerciante è talmente ingolfato negli affari che dimentica tutto il resto, esclama spesso: gli affari sono la mia via. Così quando un Cristiano, degno veramente di questo nome, ha capito che il Verbo incarnato è tutto per lui, quando non pensa, non ama, non vive più che per Lui, ripete spesso nel suo cuore come san Paolo: la mia vita è Gesù. – Gesù diviene allora il centro dei suoi pensieri e dei suoi affetti; Gesù è per lui la via, la verità e la vita. Vediamo di capire, di gustare, di praticar questi pensieri.

1° Gesù centro dei nostri pensieri e dei nostri affetti. 

Come sopra dicemmo, Gesù è il capo di un Corpo mistico di cui noi siamo le membra, è il nostro mediatore presso il Padre, è il sacerdote che offre per noi il solo vero Sacrifizio, è il dottore che ci insegna le verità eterne, è il modello perfetto che ci trae dietro a sé nelle vie della perfezione e della felicità infinita. Gesù è dunque tutto per noi, e noi dobbiamo ripetere con l’Olier: Chi ha Gesù ha tutto.

A) E allora non dovrà Gesù essere veramente il centro di tutti i nostri pensieri? A chi potremo noi pensare se non a Colui che è il nostro tutto? Così fanno i pii lettori del Vangelo; e che cercano essi in questo libro divino se non quel Gesù che è la delizia del loro cuore? Con quale amore rileggono quelle pagine che ritraggono così fedelmente i fatti, i detti, i gesti del divin Salvatore! Si pascono talmente della sua dottrina, delle sue massime, delle sue virtù, che non pensano più che a Lui. Quando debbono dar giudizio su qualche cosa importante, chiedono a sé stessi; che m’insegna il Maestro su questo punto? Sanno infatti che i nostri giudizi, per esser veri, debbono esser conformi a quelli di Colui che è la verità infallibile. Se vogliono pregare, pensano istintivamente a Colui che, essendo il grande Religioso del Padre, solo può glorificare Dio come si merita, e si uniscono a Lui per adorarlo e domandargli grazie. Vanno al lavoro? Rammentano che Gesù aiutava la madre nelle umili cure domestiche e lavorò con le sue mani nella povera bottega di Nazareth. Se fanno qualche visita, se conversano col prossimo, non dimenticano che Gesù vive nel cuore dei nostri fratelli come vive nel nostro, e conversano con Lui nella persona del prossimo.

B) Gesù diviene così il centro dei nostri affetti.

Come infatti pensare a Gesù senza amarlo? Non è egli forse la Bellezza e la Bontà infinita? Non raduna forse nella sua persona tutte le perfezioni della divinità e tutte le grazie della più compita umanità? Oh! come impallidiscono tutte le umane bellezze di fronte alla Bellezza Infinita! Dacché conobbi Gesù Cristo, diceva il Lacordaire, nulla mi parve più abbastanza bello da guardarlo con passione ». Se gli Apostoli sul Tabor, vedendo l’umanità di Nostro Signore trasfigurata, furono così rapiti di ammirazione da esclamare: « È buono per noi lo star qui » (Matth. XVII, 4), quanto più dobbiamo esser rapiti noi di fronte alla bellezza sovrumana che risplende in Gesù risorto? E chi potrà dirci la sua bontà per noi? San Tommaso, in una strofa mirabilmente sintetica, compendiò le grandi manifestazioni dell’amore divino verso di noi.

Nel presepio si fa nostro fratello,

Nell’ultima cena nostro alimento, —

Sulla croce nostro riscatto,

In cielo nostra ricompensa.

Nel suo nascere, Gesù si fa nostro compagno di viaggio su questa terra di esilio, nostro amico, nostro fratello, nostro consolatore, e ormai non ci lascerà più soli. Istituendo l’Eucaristia, diviene nostro alimento, e sazia del suo corpo, del suo sangue, della sua anima, della sua divinità, le anime amanti che hanno fame e sete di Lui. Morendo sulla croce, sborsa il prezzo del nostro riscatto, ci libera dalla schiavitù del peccato, ci ridona la vita spirituale e ci dà il più grande Segno di amore che si possa dare ad amici. Finalmente nel cielo, sarà Egli stesso la nostra ricompensa, vedremo faccia a faccia la sua divinità, contempleremo estasiati la sua umanità glorificata, lo possederemo interamente, e la nostra felicità si confonderà quindi innanzi colla sua, perché parteciperemo alla sua gloria. Chi mediti queste verità non può non amare generosamente Colui che tanto ci ama e che solo è degno del nostro amore. Gesù è veramente il miglior nostro amico, il solo che abbia per noi dato la vita, il solo che possa appagare il nostro cuore fatto espressamente per Lui. Chi ha Gesù ha tutto, chi non ha Gesù non ha nulla. – Ecco ciò che aveva capito un valoroso Cristiano, Augusto Cochin (Espérances chrétiennes, P. 339), il quale diceva a coloro che non hanno la fortuna di essere credenti: « Voi, o filosofi, non potete capire che cosa è Gesù per noi e quanto noi lo amiamo. Ei ci sta sempre dinanzi agli occhi, ci tiene, a così dire, la mano sulla spalla, nel lavoro come nel riposo, alla tribuna come al banco, a mensa come al capezzale. Ogni Cristiano che intende ciò che crede vive alla presenza e in compagnia di Gesù. Partitevi dunque, partitevi pure, o visioni di poeti, o divinità ispiratrici, o incantatrici bellezze della vita! Partitevi pure anche voi, o santi affetti! Non c’è poesia, non c’è passione, non c’è grazia, che possa mai pareggiare il verace e tenero amore che la Persona di Gesù Cristo ci ispira ».

2° Gesù, via verità e vita.

Amando Gesù a questo modo, noi facciamo di Lui il centro delle nostre azioni, il centro di tutta la nostra vita. Gesù è per noi la via, la verità e la vita.

A) Gesù è la via che dobbiamo seguire per andare a Dio: Egli infatti, come abbiamo detto, è il nostro mediatore di religione e di redenzione. Vogliamo offrire a Dio i nostri atti di adorazione, di riconoscenza e di amore? Ne siamo da per noi incapaci; ma, incorporandoci a Gesù veniamo ad appropriarci gli ossequi che in nome nostro Egli offre al Padre e uniamo le nostre lodi a quelle del nostro Mediatore divino; e Dio le gradisce per ragione di suo Figlio. – « Eravamo, dice l’Olier (Catéch. chrétien, 2 part, lez. IX), debitori a Dio di un milione di doveri religiosi, ma eravamo incapaci di pagarglieli da soli: dovevamo adorarlo, amarlo, lodarlo, ringraziarlo e pregarlo come merita e come siamo obbligati a fare: Magnus Dominus et laudabilis nimis (Psal. XCV, 4; CXLIV, 3). Avevamo quindi bisogno che il grande nostro Maestro con la sua carità servisse pure di supplemento ai nostri doveri e fosse il mediatore della nostra religione; per questo volle risuscitare e salire al cielo ed essere sempre vivente, ad interpellandum pro nobis, dice san Paolo, per pregare e lodare il Padre in vece nostra e supplendo al nostro difetto ». Abbiamo avuto la disgrazia di offendere Dio? Gesù, mediatore di redenzione, pérora Egli stesso la nostra causa e si offre in vittima propiziatoria per i nostri peccati: « Se qualcuno ha peccato abbiamo un avvocato presso il Padre, Gesù Cristo, dl giusto. È Egli stesso la vittima di propiziazione per i nostri peccati, e non solo per i nostri, ma per quelli di tutto il mondo » (Act. XI, 5). Vogliamo implorar nuove grazie? Ecco Gesù pronto ad appoggiare le nostre preghiere con tutto il valore dei suoi meriti infiniti: « In verità in verità vi dico: quanto chiederete al Padre in Nome mio, ve lo concederà » (S. Giov. XVI, 24). Gesù infatti prega allora per noi e con noi; e Gesù è sempre esaudito per la dignità della sua persona: « exauditus est pro sua reverentia » (Hebr. V, 17). Anche lo Spirito Santo riceviamo per mezzo del Figlio; come Dio, Gesù si unisce al Padre per inviarcelo; come uomo, ci merita la grazia di ricevere questo divino Spirito e di profittar dei suoi doni. « È conveniente per voi che io me ne vada, perché, se io non vo, non verrà a voi il Consolatore; ma, andato che sarò, ve lo manderò… Quando verrà quello Spirito di verità, vi guiderà ad ogni verità… Il Consolatore, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel Nome mio, Egli vi insegnerà ogni cosa e vi rammenterà tutto quello che io già vi dissi ». Pei meriti del nostro Salvatore Gesù lo Spirito Santo « sostiene la nostra debolezza, perché quello che abbiamo convenientemente da chiedere non sappiamo; ma lo stesso Spirito sollecita per noi con gemiti inesplicabili » (Rom. VIII, 26). Il Verbo incarnato è dunque la via che conduce al Padre e allo Spirito Santo, ond’è pur la via che ci mena alla più alta perfezione. È anche la nostra via nel senso che, come abbiamo già dimostrato, è il modello perfetto di tutte le virtù che dobbiamo praticare. Seguiamolo dunque amorosamente, perché, seguendo lui, non ci smarriremo ma cammineremo nella luce.

B) Gesù è l’infallibile verità che dobbiamo credere e amorosamente abbracciare. Come Verbo, è l’infinita sapienza, la luce che illumina tutte le menti. Come uomo, possiede una triplice scienza: la visione beatifica, per la quale vede faccia a faccia Dio e in Dio tutto il dominio del reale, il passato, il presente e il futuro; la scienza infusa, che si estende a tutte le realtà dell’ordine naturale e soprannaturale; la scienza sperimenta ch’ei venne progressivamente acquistando e senza essere universale come le altre due, finì coll’abbracciare tutte quelle verità a cui mente umana può arrivare. – Gesù è dunque il nostro Maestro per eccellenza: « Voi avete un solo maestro, Cristo!  » (Matth. XXIII, 10). Altri si scelga pure, se vuole, « una folla di maestri a solleticare i propri orecchi, e si allontani pure dalla verità voltandosi alle favole » (II Tim. IV, 3-4). noi andremo a Colui che ha parole di vita eterna, a Colui che venne in questo mondo per rendere testimonianza alla verità. Andremo a Lui con tutta l’anima, col doppio lume della ragione e della fede. « Noi, come ben dice il P. Lacordaire ci moviamo entro due sfere, quella della natura e quella della grazia; ma l’una e l’altra hanno il Verbo, Figlio di Dio, per autore e per fiaccola. Onde la Chiesa, infallibilmente assistita da quello Spirito che l’ha messa al mondo, non rinunzia mai alla difesa della ragione, e sempre la tenne come una porzione della sua eredità… Non fate di Gesù Cristo, nostro Maestro, una eccezione al corso generale delle cose; della Chiesa una piccola società sperduta in mezzo ai secoli e alle nazioni… Figli di Dio, abitazione del nosttro Corpo è l’universo, e i secoli la misura dei nostri giorni… La ragione è la nostra illuminatrice; la fede uno splendore irradiato dallo splendore eterno; la Chiesa un mondo che abbraccia il passato, il presente e l’avvenire, i popoli della terra e gli spiriti del cielo, e tra questi due estremi tutto ciò che il Verbo di Dio ha potuto concepire senza dircelo e fare senza mostrarcelo ». Il Concilio Vaticano confermò le nobili idee del P. Lacordaire, mostrando che la ragione e la fede sono due sorelle, figlie dello stesso Padre, che non si possono contradire. – Il Verbo incarnato sarà dunque la nostra luce nello studio di tutte le scienze sacre e profane: non dimenticheremo che ogni verità è come una particella della divina sapienza, e riferiremo tutte le nostre cognizioni alla gloria del Verbo incarnato. Ma lo cercheremo specialmente nel Vangelo, che leggeremo e rileggeremo, amorosamente baciando le pagine del sacro libro, affezionandoci alla dottrina del Maestro, che è il dottore infallibile; di questa dottrina faremo la regola della nostra vita, memori che il miglior mezzo per conoscere la verità è di praticarla: « qui autem facit veritatem venit ad lucem! » (S. Giov. III, 21).

C) Gesù è anche la vita. Questa vita ei la attinge interamente come Dio nel seno del Padre; come uomo, ne possiede una così copiosa partecipazione da essere la fonte onde la dobbiamo attingere tutti noi. E ve l’attingiamo per mezzo dei sacramenti, arcani canali della grazia, che, usciti dal sacro Cuore di Gesù, vengono a spanderla nelle anime nostre. Qualunque sia il sacramento che riceviamo, rammentiamoci sempre che la vita divina di cui ci fa partecipi è il frutto del sangue di Gesù e del suo amore per noi. Ma soprattutto quando riceviamo l’Eucaristia, riflettiamo bene entro di noi che riceviamo Gesù medesimo, cioè il Verbo incarnato con tutti i tesori della sua divinità, come pure la santa sua umanità, col Padre e collo Spirito Santo che gli sono inseparabilmente uniti (Per lo svolgimento di questo pensiero, vedi il sostanzioso opuscolo del P. Barnadot, De l’Eucharistie è la Trinité.); e che, se sappiamo allargar l’anima, la vita divina vi fluirà a torrenti: « Ego veni ut vitam habeant, et abundantius habeant (S. Giov. X, 10) ». Ma non dai soli sacramenti attingiamo questa vita, sì ancora da tutte le azioni fatte in istato di grazia e in unione con Gesù. Tutte allora divengono una specie di comunione spirituale: innestati a Cristo, noi partecipiamo alla sua vita come i tralci partecipano alla linfa della vite, e ognuno delle nostre azioni accresce in noi la grazia santificante, cioè la partecipazione alla vita divina che è già in noi. – Beate le anime che assaporano e praticano queste belle e sublimi dottrine che san Paolo e San Giovanni insegnavano continuamente ai primi Cristiani e che trasformarono il mondo! Beate le anime che, secondo il bel pensiero dell’Olier, hanno abitualmente Gesù dinanzi agli occhi, nel cuore e nelle mani! (Introduction à la vie chrétienne, cap. IV) Studiamoci di aver Gesù dinanzi agli occhi contemplandolo come perfetto modello di tutte le virtù che dobbiamo praticare. Quando preghiamo o meditiamo o studiamo o adempiamo i doveri del nostro stato, domandiamoci, come san Vincenzo de’ Paoli: « Che farebbe Gesù al mio posto? Adoriamolo nello stesso tempo è supplichiamolo di aiutarci a imitare le sue disposizioni interiori . « e quando il nostro cuore si sarà sfogato in amore, in lodi e in altri doveri, stiamocene in silenzio innanzi a lui con queste medesime disposizioni e sentimenti religiosi in fondo all’anima » (Olier, l. c.). Studiamoci di avere Gesù nel cuore, vale a dire supplichiamo lo Spirito Santo che animava l’anima umana del Salvatore e che è pur sempre l’anima del suo Corpo mistico, che si degni di venire in noi per renderci conformi a Gesù Cristo. « Ci daremo a Lui perché Egli ci possieda e ci animi della sua virtù; dopo di che resteremo ancora un po’ di tempo in silenzio presso di Lui, per lasciarci interiormente penetrare dalla divina sua unzione » (Olier, l. c.). Studiamoci di avere Gesù nelle mani, cioè preghiamolo di fare in modo « che la divina sua volontà si adempia in noi, che ne siamo le membra, che dobbiamo star soggetti al nostro Capo e che non dobbiamo avere altro moto se non quello che ci dà Gesù Cristo, nostra vita e nostro tutto, il quale, empiendo l’anima nostra del suo Spirito, della sua virtù e della sua fortezza, deve operare in noi e per noi tutto quello che desidera » (Olier, l. c.). Tale è la pratica di questa comunione spirituale, che si può fare non solo davanti al santissimo Sacramento, ma in ogni luogo e in ogni tempo, da chiunque sia in stato di grazia. Allora Gesù è veramente il centro della nostra vita, dei nostri pensieri, dei nostri sentimenti, delle nostre azioni; allora Gesù ci si fa ad ogni istante una fonte d’acqua viva, perché trova nelle anime nostre la docilità e la generosità che desidera. « Accostiamoci dunque confidentemente al trono della grazia, per ottenere misericordia e trovar grazia ad aiuto opportuno: Adeamus ergo cum fiducia ad thronum gratiæ, ut misericordiam consequamur et gratiam inveniamus in auxilio opportuno » (Hebr. IV, 16).E ripetiamo di gran cuore con san Paolo: « La mia vita è Gesù! ».

Autore: Associazione Cristo-Re Rex regum

Siamo un'Associazione culturale in difesa della "vera" Chiesa Cattolica.