SALMI BIBLICI: “LAUDA JERUSALEM, DOMINUM” (CXLVII)

SALMO 147: “LAUDA, JERUSALEM, DOMINUM”

CHAINE D’OR SUR LES PSAUMES

ou LES PSAUMES TRADUITS, ANALYSÉS, INTERPRÉTÉS ET MÉDITÉS A L’AIDE D’EXPLICATIONS ET DE CONSIDÉRATIONS SUIVIES, TIRÉES TEXTUELLEMENT DES SAINTS PÈRES, DES ORATEURS ET DES ÉCRIVAINS CATHOLIQUES LES PLUS RENOMMÉS. 

[I Salmi tradotti, analizzati, interpretati e meditati con l’aiuto delle spiegazioni e delle considerazioni seguite, tratte testualmente dai santi Padri, dagli oratori e dagli scrittori cattolici più rinomati da …]

Par M. l’Abbé J.-M. PÉRONNE,

CHANOINE TITULAIRE DE L’ÉGLISE DE SOISSONS, Ancien Professeur d’Écriture sainte et d’Éloquence sacrée.

[Canonico titolare della Chiesa di Soissons, Professore emerito di Scrittura santa e sacra Eloquenza]

TOME TROISIÈME (III)

PARIS – LOUIS VIVES, LIBRAIRE-ÉDITEUR 13, RUE DELAMMIE, 1878

IMPRIM.

Soissons, le 18 août 1878.

f ODON, Evêque de Soissons et Laon.

Salmo 147

Alleluja.

[1] Lauda, Jerusalem, Dominum;

lauda Deum tuum, Sion.

[2] Quoniam confortavit seras portarum tuarum, benedixit filiis tuis in te.

[3] Qui posuit fines tuos pacem, et adipe frumenti satiat te.

[4] Qui emittit eloquium suum terrae, velociter currit sermo ejus.

[5] Qui dat nivem sicut lanam, nebulam sicut cinerem spargit.

[6] Mittit crystallum suum sicut buccellas: ante faciem frigoris ejus quis sustinebit?

[7] Emittet verbum suum, et liquefaciet ea; flabit spiritus ejus, et fluent aquæ.

[8] Qui annuntiat verbum suum Jacob, justitias et judicia sua Israel.

[9] Non fecit taliter omni nationi, et judicia sua non manifestavit eis. Alleluja.

[Vecchio Testamento Secondo la Volgata Tradotto in lingua italiana da mons. ANTONIO MARTINI Arciv. Di Firenze etc.

Vol. XI

Venezia, Girol. Tasso ed. MDCCCXXXI]

SALMO CXLVIl.

I codici nuovi ebraici fan questo Salmo una continuazione del Salmo antecedente. Ma i codici antichi doveano averlo per un Salmo da sé col proprio titolo, poiché i Settanta, che tradussero dagli antichi, ne fanno un Salmo nuovo. L’argomento è esortazione a lodare Dio per i beneflci conferiti da lui al suo popolo.

Alleluja. Lodate Dio.

1. Loda, o Gerusalemme, il Signore; loda. Sionne, il tuo Dio.

2. Perocché forti sbarre ha egli messe alle tue porte; ha benedetti i tuoi figliuoli dentro di te.

3. Egli ha messa ne’ tuoi confini la pace, di fior di frumento ti pasce.

4. Egli manda la sua parola alla terra; la sua parola corre velocemente.

5. Ei dà la neve come fiocchi di lana; (1) come cenere sparge la nebbia.

6. Manda il suo gelo come, pezzi di pane, chi può reggere al freddo ch’ei porta? (2)

7. Manderà i suoi ordini, e farà ch’ei si sciolgano; soffierà lo spirito di lui, e scorreranno le acque.

8. Egli, che annunzia la sua parola a Giacobbe, e i suoi precetti e i suoi giudizi ad Israele!

9. Non ha fatto così a tutte le nazioni, né  ha manifestati ad essi i suoi giudizi. Alleluia.

(1) L’esperienza ci insegna che in effetti, per garantire il grano, le piante e gli alberi dalla dannosa influenza del freddo, la natura non poteva dare nessun riparo migliore che la neve. Siccome il freddo dell’inverno è molto più pregiudizievole per il regno vegetale che per quello animale, le piante perirebbero se non fossero protette da qualche mezzo. Dio ha voluto che la pioggia, che durante l’estate rinfresca e rianima i vegetali, cadesse d’inverno sotto forma di lana dolce che servisse loro da copertura e le difendesse dalle ingiurie della gelata e dei venti. Quando la neve è ammassata in basso, conserva una temperatura più dolce che in superficie. Esperienze tendono a provare che fa meno freddo sotto la neve che all’esterno; e più il mantello è spesso, più il termometro che penetra in basso a questa massa, si tiene al di sopra dello zero. (Leçons de la nature, t. IV, p. 179).

(2) Nebulam, la gelata bianca, la brina. La parola ebraica “Fatim”, tradotta con “Buccelas”, significa frammenti, pezzi, ciò che può indicare la grandine.

Sommario analitico

In questo salmo, che è come una terza strofa del precedente, ed in cui si ritrovano le stesse idee nello stesso ordine, il Profeta invita la Gerusalemme terrestre – ed in essa la Chiesa di Gesù-Cristo – nonché la Gerusalemme celeste, a celerare le lodi di Dio (1).

I. – Egli ne dà come motivo:

1° motivi particolari al popolo di Dio:

a) la forza inespugnabile che dà alle sue barriere (2);

b) l’abbondanza e la pace che ne sono la sequela (3);

2° motivi generali:

a) la prontezza con la quale i suoi ordini si spandono su tutta la terra (4);

b) la sua onnipotenza nei fenomeni fisici della neve, del ghiaccio, etc., che sceglie di preferenza il salmista, perché in un paese anche caldo, la neve, il ghiaccio, il gran freddo erano rari e causavano una sorte di ammirazione nel popolo (5-7);

3° specifica poi gli sforzi della Provvidenza tutta particolare di Dio nei riguardi del suo popolo, a) mentre Egli ha istruito tutti gli altri popoli con effetti materiali, ha istruito il suo popolo con i suoi Profeti o da Se stesso (8), ciò che non ha fatto per le altre nazioni (7).

Spiegazioni e Considerazioni

 I. – 1-3.

ff. 1. – Perché questo invito a Gerusalemme di lodare nel complesso il Signore, ed a Sion di lodare il suo Dio? Sion non è altro che Gerusalemme. Gerusalemme significa « visione di pace, » e Sion significa « contemplazione ». Vedete se questi nomi designano altra cosa che degli spettacoli; i gentili non credano dunque che essi abbiano degli spettacoli e noi non ne abbiamo. Talvolta all’uscire dal teatro o dall’anfiteatro, quando la folla sciama dai vomitori, da questi luoghi di perdizione, gli spettatori, con lo spirito occupato dai fantasmi della loro vanità, e la memoria piena di ricordi non solo inutili, ma pure perniciosi, il cuore rivolto a gioie che sembrano dolci, ma che danno la morte; gli spettatori – io dico – vedono spesso passare dei servi di Dio. Essi li riconoscono sia dall’abbigliamento e dal cammino, sia dai tratti e dall’aspetto del volto, ed essi dicono a se stessi ed agli altri: oh! gli infelici! Quali gioie si perdono! Fratelli miei, preghiamo per essi il Signoreper la gratitudine dei loro benevoli rimpianti, perché essi li credono ben riposti … tuttavia, nella loro futile benevolenza, vana, erronea, se si possa pure definire benevolenza, essi ci compiangono perché perdiamo ciò che essi amano; preghiamo perché essi non perdano ciò che noi amiamo. Vedete qual è la Gerusalemme per cui il Profeta esorta a lodare Dio, o piuttosto a stimolarne le lodi; perché, quando noi vedremo Iddio, lo ameremo e lo glorificheremo, non ci sarà più bisogno della voce dei Profeti per esortare ed eccitare i canti della città celeste (S. Agost.). – Cantare le lodi del Signore è un esercizio che conviene propriamente alla Gerusalemme celeste, e la lode di Dio è l’unica occupazione dei beati del cielo. Piangere e gemere è un esercizio proprio alla Gerusalemme della terra. Tiepidamente noi dobbiamo cominciare sulla terra ciò che siamo chiamati a continuare a fare eternamente nel cielo. Credete voi una vita futura – diceva S. Agostino – cominciando l’esposizione di questo salmo? La vostra occupazione sulla terra sia lodare Dio e benedirlo, perché voi siete chiamati a rendergli eternamente questo omaggio nella santa Sion, ove il dolore, il lutto, la paura non penetrano affatto … Voi sapete qual sia la vostra fede, vi ricorderete del sacro carattere che avete ricevuto. Vivete dunque conformemente alla vostra professione; lodate adunque il Signore vostro Dio, e fate fin dal presente ciò che dovrete fare eternamente nella Gerusalemme celeste.

ff. 2, 3. – Quanti benefici riuniti! Il primo di tutti ed il più grande, si trova rinchiuso in queste parole: « Tuo Dio. » Questo dice tutto in qualche modo: Egli ti ha posto nella sua intimità, ti assicura la sua eredità, e Lui, il Signore di tutti gli esseri senza eccezione, vuol essere per eccellenza tuo; ed è là, certamente, la fonte di tutti i beni. Ciò che viene immediatamente dopo, è la sicurezza della città; il terzo, è il suo prodigioso accrescimento; il quarto è che non solo la città, ma ancora la nazione intera, sia al riparo dalle guerre e dalle sedizioni. A questo ultimo beneficio, il Profeta ne aggiunge un altro: l’abbondanza dei frutti della terra, abbondanza che si deve attribuire non alla fecondità della terra stessa, né all’influenza naturale dell’aria, ma alla preveggente bontà del Creatore (S. Chrys.). – Gerusalemme deve lodare il Signore perché le ha dato la sicurezza e l’abbondanza che riassumono tutti i beni; perché la sicurezza senza l’abbondanza non è che la sicurezza dell’indigenza, e l’abbondanza senza la sicurezza è piena di timori e di pericoli. (Berthier). – Loda il tuo Dio, perché ha fortificato le sbarre di queste porte … Si, i profeti sono le vere porte della Chiesa; senza i Profeti, noi non potremmo entrare nella Chiesa. I Manichei hanno voluto entrare senza le porte, e non sono mai entrati; Marcione non accoglie l’Antico Testamento, e non passando per le porte dell’Antico Testamento, non è potuto entrare nel Vangelo. Quanto a noi, noi riceviamo i Profeti ed entriamo da queste porte: « Tutti coloro che sono venuti prima di me erano dei ladri e dei briganti, dice Gesù-Cristo. » (Giov. X, 8) Oh! Se Dio non accordasse di poter essere una serratura delle porte di Sion! Se un eretico volesse forzare queste porte per entrare nella divina economia dei Vangeli, io mi metterei di traverso, e gli impedirei di passare: « Perché Egli ha fortificato le sbarre delle tue porte. » Datemi un sacerdote profondamente istruito delle celesti Scritture; se egli vede venire Eumomius, Arius, per strappare ai Profeti qualche testimonianza contro di noi, non gli resiste come una sbarra, e non resiste loro vittoriosamente come una serratura? E notate la giustezza di questa espressione: « Egli ha fortificato le sbarre delle tue porte. » Così, quando voi vedete un prete discutere sulle sante Scritture, non è lui che discute, non lo credete, ma è Colui che lo fortifica (S. Girol.). – « Egli ha stabilito la pace in tutta la vostra estensione. » Quale gioia vi ha preso tutti a queste parole! Amate la pace, noi siamo pieni di allegrezza, quando noi sentiamo uscire dai vostri cuori l’esplosione del vostro amore della pace. A qual punto siete incantati? Io non ho detto ancora niente, niente spiegato, non ho fatto che annunziare questo versetto e voi avete gridato: qual sentimento ha dunque così gridato in noi? L’amore della pace! Cosa ho esposto ai vostri occhi? Perché voi gridate se l’amate? Perché amate se non vedete? La pace è invisibile. Quale occhio ha potuto vederla per amarla? Ma voi non l’acclamereste se non l’amaste? Ecco gli spettacoli che prodiga il Dio delle cose invisibili. Da quale sublime beltà i nostri cuori sono stati colpiti dalla sola idea della pace! Che bisogno c’è di parlare innanzitutto della pace, o di lodare la pace? Il vostro sentimento ha prevenuto tutte le mie parole; io non posso dipingerla degnamente, ne sono incapace, riconosco la mia debolezza; rimettiamo ogni elogio della pace a questa felice patria della pace. Là noi la loderemo pienamente, perché noi la possederemo pienamente. Se noi la amiamo già anche quando non è cominciata in noi, quale lode le daremo quando sarà poi perfetta? O figli diletti di Dio, o figli del regno celeste, o cittadini di Gerusalemme, io vi dico delle cose perché la visione della pace brilla in Gerusalemme, e tutti coloro che amano la pace sono benedetti in questa città; che vi entrino quando le porte sono chiuse e le vedremo consolidate. Questa pace che voi amate, che voi circondate di tale amore, solo al sentirla nominare, cercatela, desideratela, amatela nella vostra casa, amatela nei vostri affari, amatela nella vostra sposa, amatela nei vostri figli, nei vostri servi, amatela nei vostri amici, amatela nei vostri nemici. (S. Agost.). – Questa pace è stabilita sui confini di Gerusalemme, per farci intendere che sarebbe vano illudersi di possedere la pace del cuore, se essa non regnasse nelle facoltà che sono di sua dipendenza e come sulle sue frontiere. Come regnerà la pace nel cuore, se i sensi sono turbati da oggetti esteriori, se lo spirito è posseduto da false massime, se la memoria non richiami che le tempeste di una vita profana? – « Egli ti sazia con fior di frumento. » La Chiesa, figurata da Gerusalemme, era destinata a nutrirsi di un pane ben più squisito. Il nutrimento che mantiene e ripara le forze dei suoi figli è contenuto nella parola di Dio e soprattutto nel Sacramento del Corpo e del Sangue di Gesù-Cristo. se noi ci eleviamo più in alto fino alla Gerusalemme dei cieli, è là che gli eletti sono saziati dal fiore del più puro frumento, poiché la verità e la saggezza sono il nutrimento dell’anima; ma essi possederanno la verità in se stessi, e non più in enigmi o in metafore; essi gusteranno la dolcezza del Verbo eterno spoglio della scorza dei Sacramenti e delle Scritture; essi attingeranno a lunghi sorsi dalla stessa fonte della saggezza, e non più goccia a goccia ai ruscelli di questo mondo; essi saranno saziati in maniera da non avere più fame né sete per l’eternità (Berthier, Bellarm.). 

II. – 4-7.

ff. 4. – Il Profeta passa dai favori particolari ai benefici generali e reciprocamente dai benefici generali ai favori particolari. Appena egli ha detto: … Egli spande la sua parola su tutta la terra, aggiunge: « E la sua parola corre con rapidità, » volendo farci sapere che Dio veglia su di noi non in una sola contrada, ma in tutta la terra. La parola è presa qui per la volontà stessa, per l’azione provvidenziale. (S. Chrys.). – Questa parola riguarda o la creazione del mondo, o l’ordine della Provvidenza che  Dio osserva nei confronti di tutti gli esseri, o gli effetti particolari della sua potenza, tali come sono descritti nei versetti seguenti; questa parola, è ancora e soprattutto il Verbo incarnato e la predicazione del Vangelo, che si è esteso con rapidità fino alle estremità del mondo. (Berthier).

ff. 5-7. – Provvidenza ammirevole di Dio è che Egli sappia maneggiare per l’utilità delle terre tutte le cose che sembrerebbero essere anche le più contrarie, come la neve, la brina, il ghiaccio, tutto cose fredde che non lasciano riscaldare in qualche modo e fecondare la terra, ma purificano l’aria e fortificano i corpi. – « Egli spande la neve come una coperta di lana, spande la brina come la polvere, invia il ghiaccio come pezzi di pane, » facendo così concorrere ad un’opera unica gli elementi più contrari, e ci sazia del più puro frumento. – La neve è il simbolo del cuore rappreso nel freddo del peccato; ma il Signore sa comunicare alla neve stessa il calore della lana. Quando abbiamo lasciato raffreddare la carità in noi, la nostra natura inferma soccombe come avviluppata sotto la fredda neve; ma tra i cuori rappresi, c’è ciò che la grazia predestina e che trasforma: Dio cambia allora questa neve ghiacciata e ne fa della lana calda e preziosa per il proprio abito, che è la Chiesa; all’intorpidimento del peccato, Egli fa succedere il dolce calore che non appartiene che alla Chiesa (S. Agost.). – Le opere di Dio sono grandi; il Profeta ce ne richiama qui alcune che appartengono tutte alla terra, e di cui siamo testimoni quasi ogni anno: come Dio fa cadere la neve, come spande la gelata bianca, come cambia la neve in un solido cristallo. Altri si son detti: Credete che queste cose siano state menzionate nelle Scritture senza un particolare motivo, e che non abbiano altro senso se non quello letterale? Le comparazioni della neve con la lana, ed la brina gelida con la cenere, il cristallo con il pane non hanno un significato recondito? Ma perché la Scrittura ha voluto velare il pensiero come sotto la sfumatura delle comparazioni? Quanto non sarebbe stato meglio che si esprimesse chiaramente? Perché necessita che sia esitante ricercando quel che significano queste parole? Perché è necessario che io lavori nell’ascoltarle? Perché, il più sovente, dopo aver inteso questo salmo, resto nell’ignoranza? Lasciatevi curare, voi avete bisogno di essere guariti. Ben orgoglioso e ben presuntuoso è il malato che vuol riprendere il suo medico, e questo medico è un uomo. Il malato oserà dar consiglio al suo medico? Ma quando l’uomo è malato ed è curato da Dio, è in lui un grande inizio di pietà e di guarigione credere, prima di sapere perché Dio ha parlato, che Egli doveva parlare così come ha parlato. In effetti, questa pietà vi renderà capace di cercare quel che significano queste parole e trovarlo dopo averlo cercato, e raggiungerlo dopo averlo trovato (S. Agost.). « Egli invierà la sua parola e farà fondere tutti questi ghiacci. » Quando il calore della carità si raffredda nel nostro cuore? Se giunge a peccare, se si raffredda, se si lascia vincere dalla morte. Vogliate soppesare queste parole: se si raffredda, si lascia vincere dalla morte. Il freddo cadaverico è il segno della morte, il calore è il segno della vita. se dunque un Cristiano si raffredda, Dio invierà la sua parola, il suo Verbo, e farà fondere questi ghiacci. E Dio ci accorda che il freddo della nostra anima si fonda anche, che questo ghiaccio si liquefi, e divenga più morbido al tocco. Datemi un peccatore sul quale Dio non abbia lasciato cadere il suo sguardo: esso non ha calore, è freddo, è morto. Se è tocco da compunzione ascoltando la parola di Dio, se comincia a fare penitenza, il suo cuore indurito si rammolla, e noi vediamo il compimento di questa predizione: « Egli invierà la sua parola e farà fondere tutti questi ghiacci. » (S. Gerol.). – Noi vediamo dunque la neve, la brina bianca, il ghiaccio; è bene che il soffio di Dio li faccia fondere. Se in effetti Dio non inviasse il suo soffio, non farebbe fondere Egli stesso la durezza del ghiaccio, che sussisterebbe davanti al rigore della sua freddezza? Davanti al rigore della freddezza di chi? Di Dio. Da dove viene questa freddezza di Dio? Ecco che Egli abbandona il peccatore, ecco che non chiama, non gli apre l’intelligenza, non spande la sua grazia in lui; e l’uomo faccia fondere, se può, il ghiaccio della sua follia. Perché non lo può? « Chi sussisterà davanti al volto della sua freddezza? » Ascoltate dunque questo peccatore congelato che vi dice: « Io sento nelle mie membra un’altra legge che combatte la legge del mio spirito e mi tiene schiavo sotto la legge del peccato che è nelle mie membra. Miserabile uomo che sono, chi mi libererà da questo corpo di morte? » (Rom. VII, 23). Io ho freddo, io sono gelido, qual calore fonderà il mio ghiaccio, affinché possa correre? « Chi mi libererà da questo corpo di morte? » Chi sussisterà davanti alla freddezza di Dio? E chi potrà liberar se stesso se Dio lo abbandona? E chi ti libererà? « … La grazia di Dio, per nostro Signore Gesù-Cristo. » (S. Ambr.). – Nessuna forza può eguagliare quella dello Spirito di Dio: « Il Padre dei misericordiosi invierà la sua parola, cioè la grazia di Gesù-Cristo; la parola eterna del Padre toccherà questa terra ove regna il gelo; essa si ammolla, ben presto fonderà alla presenza del sole di giustizia.» Se occorre fondere il ghiaccio dei nostri cuori, Egli farà soffiare il suo Spirito, il quale, come il vento del mezzogiorno, modererà il rigore del freddo, e dal cuore più indurito usciranno lacrime di penitenza. 

III. — 8, 9

ff. 8, 9. – Il Profeta, dalle disposizioni generali della Provvidenza, ritorna a ciò che riguarda specialmente i Giudei, e mostra loro quanto la divina provvidenza abbia trattato il suo popolo differentemente dalle altre nazioni; perché il nostro Dio non ha insegnato a queste, se non con effetti naturali; è per mezzo delle cose create che ha rivelato loro il Creatore, ed esse non avevano per conoscerlo se non la luce naturale oscurata dal peccato. Ma Dio stesso ha voluto istruire il suo popolo con i suoi Profeti: « Egli ha fatto le sue vie a Mosè, le sue volontà ai figli d’Israele. » (Ps. En, 6), (S. Chrys.) – « Questi è il nostro Dio, dice Geremia, e nessun altro, a parte Lui, sarà contato per un nulla. Egli ha scoperto tutte le vie della saggezza e le ha trasmesse a Giacobbe, suo figlio, ad Israele, suo diletto. » (Baruch, III, 37). – Ma quanto più felici e privilegiati sono i Cristiani, ai quali Dio ha annunziato la sua parola, non più con i Profeti, ma con Gesù-Cristo suo Figlio, il Profeta universale di tutti i tempi e di tutte le verità. – Il mondo antico si presenta all’osservazione religiosa divisa in due classi distinte: nell’una, ci sono poche cose dal lato materiale, è una sola famiglia che diventa un popolo; ma esso ha tutto dal lato morale: c’è il vero codice dei doveri, la scienza esclusiva di Dio e dell’umanità, la verità del culto religioso, un’azione permanente della divinità. Nell’altra classe, c’è tutto dal lato del numero, tranne una sola nazione relegata in un angolo dell’Asia: è l’umanità intera; ma tutto manca dal lato morale: c’è l’ignoranza di Dio, ignoranza dell’uomo, errore nella religione, empietà nel culto, assenza di Dio in seno alla società. Il popolo giudeo forma la prima classe; la seconda è il resto del genere umano.  (PLACE, Conf. sur J.-C.. – Il vantaggio di essere nato e di vivere in seno alle contrade cristiane, è una grazia di cui non si sarà mai grati al Sovrano dispensatore di ogni bene. Dio stesso ci insegna che Egli non distribuisce uniformemente i suoi favori a tutte le nazioni, e che non manifesta ugualmente i suoi giudizi a tutti gli abitanti della terra. Egli non ha rivelato parimenti a tutti i popoli il dispensare della sua grazia.

FESTA DEL CUORE SACRATISSIMO DI GESÙ (2020)

FESTA DEL SACRATISSIMO CUORE DI GESÙ (2020)

VENERDÌ DOPO L’OTTAVA DEL CORPUS DOMINI.

FESTA DEL SACRO CUORE DI GESÙ.

(Messale Romano di S. Bertola e G. Destefani, comm. di D. G. LEFEBVRE O. S. B; L. I. C. E. – R. Berruti & C. Torino 1950)

Doppio di Ia cl. con Ottava privilegiata di 3° ordine. – Param. bianchi.

Il Protestantesimo nel secolo XVI e il Giansenismo nel XVIII avevano tentato di sfigurare uno dei dogmi essenziali al Cristianesimo: l’amore di Dio verso tutti gli uomini. Lo Spirito Santo, che è spirito d’amore, e che dirige la Chiesa per opporsi all’eresia invadente, affinché la Sposa di Cristo, lungi dal veder diminuire il suo amore verso Gesù, lo sentisse crescere maggiormente, ispirò la festa del Sacro Cuore. L’Officio di questo giorno mostra « il progresso trionfale del culto del Sacro Cuore nel corso dei secoli. Fin dai Primi tempi i Padri, i Dottori, i Santi hanno celebrato l’amore del Redentore nostro e hanno detto che la piaga, fatta nel costato dì Gesù Cristo, era la sorgente nascosta di tutte le grazie. Nel Medio-evo le anime contemplative presero l’abitudine di penetrare per questa piaga fino al Cuore di Gesù, trafitto per amore verso gli uomini » (2° Notturno). — S. Bonaventura parla in questo senso: « Per questo è stato aperto il tuo costato, affinché possiamo entrarvi. Per questo è stato ferito il tuo Cuore, affinché possiamo abitare in esso al riparo delle agitazioni del mondo (3° Nott.). Le due Vergini benedettine Santa Geltrude e Santa Metilde nel XIII secolo ebbero una visione assai chiara della grandezza della devozione al Sacro Cuore:. S. Giovanni Evangelista apparendo alla prima, le annunziò che « il linguaggio dei felici battiti del Cuore di Gesù, che egli aveva inteso, allorché riposò sul suo petto, è riservato per gli ultimi tempi allorché il mondo invecchiato raffreddato nell’amore divino si sarebbe riscaldato alla rivelazione di questi misteri (L’araldo dell’amore divino. – Libro IV c 4). Questo Cuore, dicono le due Sante, è un altare sul quale Gesù Cristo si offre al Padre, vittima perfetta pienamente gradita. È un turibolo d’oro dal quale s’innalzano verso il Padre tante volute di fumo d’incenso quanti gli uomini per i quali Cristo ha sofferto. In questo Cuore le lodi e i ringraziamenti che rendiamo a Dio e tutte le buone opere che facciamo, sono nobilitate e diventano gradite al Padre. — Per rendere questo culto pubblico e ufficiale, la Provvidenza suscitò dapprima S. Giovanni Eudes, che compose fin dal 1670, un Ufficio e una Messa del Sacro Cuore, per la Congregazione detta degli Eudisti. Poi scelse una delle figlie spirituali di S. Francesco di Sales, Santa Margherita Maria Alacoque, alla quale Gesù mostrò il suo Cuore, a Paray-le-Monial il 16 giugno 1675, il giorno del Corpus Domini, e le disse di far stabilire una festa del Sacro Cuore il Venerdì che segue l’Ottava del Corpus Domini. Infine Dio si servì per propagare questa devozione, del Beato Claudio de la Colombière religioso della Compagnia di Gesù, che mise tutto il suo zelo a propagare la devozioni al Sacro Cuore». (D. GUERANGER, La festa del Sacro Cuore di Gesù). – Nel 1765, Clemente XIII approvò la festa e l’ufficio del Sacro Cuore, e nel 1856 Pio IX l’estese a tutta la Chiesa. Nel 1929 Pio XI approvò una nuova Messa e un nuovo Officio del Sacro Cuore, e vi aggiunse una Ottava privilegiata. Venendo dopo tutte le feste di Cristo, la solennità del Sacro Cuore le completa riunendole tutte in un unico oggetto, che materialmente, è il Cuore di carne di un Uomo-Dio e formalmente, è l’immensa carità, di cui questo Cuore è simbolo. Questa festa non si riferisce a un mistero particolare della vita del Salvatore, ma li abbraccia tutti. È la festa dell’amor di Dio verso gli uomini, amore che fece scendere Gesù sulla terra con la sua Incarnazione per tutti (Off.), che per tutti è salito sulla Croce per la nostra Redenzione (Vang. 2a Ant. dei Vespri) e che per tutti discende ogni giorno sui nostri altari colla Transustanziazione, per applicarci i frutti della sua morte  sul Golgota (Com.). — Questi tre misteri ci manifestano più specialmente la carità divina di Gesù nel corso dei secoli (Intr.). È « il suo amore che lo costrinse a rivestire un corpo mortale » (Inno del Mattutino). È il suo amore che volle che questo cuore fosse trafitto sulla croce (Invitatorio, Vang.) affinché ne scorresse un torrente di misericordia e di grazie (Pref.) che noi andiamo ad attingere con gioia (Versetto dei Vespri); un’acqua, che nel Battesimo ci purifica dei nostri. peccati (Ufficio dell’Ottava) e il sangue, che nell’Eucaristia, nutrisce le nostre anime (Com.). E, come la Eucaristia è il prolungamento dell’Incarnazione e il memoriale del Calvario, Gesù domandò che questa festa fosse collocata immediatamente dopo l’Ottava del SS. Sacramento. — Le manifestazioni dell’amore di Cristo mettono maggiormente in evidenza l’ingratitudine degli uomini, che corrispondono a questo amore con una freddezza ed una indifferenza sempre più grande, perciò questa solennità presenta essenzialmente un carattere di riparazione, che esige, la detestazione e l’espiazione di tutti i peccati, causa attuale dell’agonia che Gesù sopportò or sono duemila anni. — Se Egli previde allora i nostri peccati, conobbe anche anticipatamente la nostra partecipazione alle sue sofferenze e questo lo consolò nelle sue pene (Off.). Egli vide soprattutto le sante Messe e le sante Comunioni, nelle quali noi ci facciamo tutti i giorni vittime con la grande Vittima, offrendo a Dio, nelle medesime disposizioni del Sacro Cuore in tutti gli atti della sua vita, al Calvario e ora nel Cielo, tutte le nostre pene e tutte le nostre sofferenze, accettate con generosità. Questa partecipazione alla vita eucaristica di Gesù è il grande mezzo di riparare con Lui, ed entrare pienamente nello spirito della festa del Sacro Cuore, come lo spiega molto bene Pio XI nella sua Enciclica « Miserentissimus » (2° Nott. dell’Ott.) e nell’Atto di riparazione al Sacro Cuore dì Gesù, che si deve leggere in questo giorno davanti al Ss . Sacramento esposto

Spiegazione della figura

Il Sacro Cuore di Gesù è rivestito dei paramenti sacerdotali perché nel mistero dell’Incarnazione, fu consacrato sacerdote con l’unzione della divinità. Perciò Egli è il Pontefice, il mediatore tra Dio e gli uomini, il re di tutti i cuori. Il Sacro Cuore di Gesù è rappresentato sulla croce, perché è per amore verso di noi che Egli si fece vittima del suo proprio sacrificio. Per diritto di conquista dunque Egli è nostro liberatore, nostro Re d’amore come attesta Maria Maddalena, che tiene in mano i chiodi, che inchiodarono Cristo sulla croce e il calice del sangue, che Egli versò come « Figlio dell’uomo » per salvarci. Così  innalzato come su un trono, ricoperto della porpora del suo sangue Egli è cinto, come Pontefice e come Vittima, del diadema e della regalità d’amore che esercita al riguardo di tutti gli uomini, stende le braccia per attirarli a sé ed offrirli a Dio, come vittime unite al suo Sacrificio.

Incipit

In nómine Patris, ✠ et Fílii, et Spíritus Sancti. Amen.

Introitus

Ps XXXII: 11; 19
Cogitatiónes Cordis ejus in generatióne et generatiónem: ut éruat a morte ánimas eórum et alat eos in fame.

[I disegni del Cuore del Signore durano in eterno: per strappare le ànime dalla morte e sostentarle nella carestia.]


Ps XXXII: 1
Exsultáte, justi, in Dómino: rectos decet collaudátio.

[Esultate nel Signore, o giusti, la lode conviene ai retti.]

Cogitatiónes Cordis ejus in generatióne et generatiónem: ut éruat a morte ánimas eórum et alat eos in fame.

[I disegni del Cuore del Signore durano in eterno: per strappare le ànime dalla morte e sostentarle nella carestia.]

Oratio

Orémus.
Deus, qui nobis in Corde Fílii tui, nostris vulneráto peccátis, infinítos dilectiónis thesáuros misericórditer largíri dignáris: concéde, quǽsumus; ut, illi devótum pietátis nostræ præstántes obséquium, dignæ quoque satisfactiónis exhibeámus offícium.  

[O Dio, che nella tua misericordia Ti sei degnato di elargire tesori infiniti di amore nel Cuore del Figlio Tuo, ferito per i nostri peccati: concedi, Te ne preghiamo, che, rendendogli il devoto omaggio della nostra pietà, possiamo compiere in modo degno anche il dovere della riparazione.]

Lectio

Léctio Epístolæ beáti Pauli Apóstoli ad Ephésios. Eph III: 8-19

Fratres: Mihi, ómnium sanctórum mínimo, data est grátia hæc, in géntibus evangelizáre investigábiles divítias Christi, et illumináre omnes, quæ sit dispensátio sacraménti abscónditi a sǽculis in Deo, qui ómnia creávit: ut innotéscat principátibus et potestátibus in cœléstibus per Ecclésiam multifórmis sapiéntia Dei, secúndum præfinitiónem sæculórum, quam fecit in Christo Jesu, Dómino nostro, in quo habémus fidúciam et accéssum in confidéntia per fidem ejus. Hujus rei grátia flecto génua mea ad Patrem Dómini nostri Jesu Christi, ex quo omnis patérnitas in cœlis ei in terra nominátur, ut det vobis, secúndum divítias glóriæ suæ, virtúte corroborári per Spíritum ejus in interiórem hóminem, Christum habitáre per fidem in córdibus vestris: in caritáte radicáti et fundáti, ut póssitis comprehéndere cum ómnibus sanctis, quæ sit latitúdo, et longitúdo, et sublímitas, et profúndum: scire étiam supereminéntem sciéntiæ caritátem Christi, ut impleámini in omnem plenitúdinem Dei.

[Fratelli: A me, minimissimo di tutti i santi è stata data questa grazia di annunciare tra le genti le incomprensibili ricchezze del Cristo, e svelare a tutti quale sia l’economia del mistero nascosto da secoli in Dio, che ha creato tutte cose: onde i principati e le potestà celesti, di fronte allo spettacolo della Chiesa, conoscano oggi la multiforme sapienza di Dio, secondo la determinazione eterna che Egli ne fece nel Cristo Gesù, Signore nostro: nel quale, mediante la fede, abbiamo l’ardire di accedere fiduciosamente a Dio. A questo fine piego le mie ginocchia dinanzi al Padre del Signore nostro Gesù Cristo, da cui tutta la famiglia e in cielo e in terra prende nome, affinché conceda a voi, secondo l’abbondanza della sua gloria, che siate corroborati in virtù secondo l’uomo interiore per mezzo del suo Spirito. Il Cristo abiti nei vostri cuori mediante la fede, affinché, ben radicati e fondati nella carità, possiate con tutti i santi comprendere quale sia la larghezza, la lunghezza e l’altezza e la profondità di quella carità del Cristo che sorpassa ogni concetto, affinché siate ripieni di tutta la grazia di cui Dio è pienezza inesauribile.]

Graduale

Ps XXIV: 8-9
Dulcis et rectus Dóminus: propter hoc legem dabit delinquéntibus in via.
V. Díriget mansúetos in judício, docébit mites vias suas.

[Il Signore è buono e retto, per questo addita agli erranti la via.
V. Guida i mansueti nella giustizia e insegna ai miti le sue vie.]
Mt XI: 29

ALLELUJA

Allelúja, allelúja. Tóllite jugum meum super vos, et díscite a me, quia mitis sum et húmilis Corde, et inveniétis réquiem animábus vestris. Allelúja.

[Allelúia, allelúia. Prendete sopra di voi il mio giogo ed imparate da me, che sono mite ed umile di Cuore, e troverete riposo alle vostre ànime. Allelúia

Evangelium

Sequéntia +︎ sancti Evangélii secúndum Joánnem.
Joannes XIX: 31-37
In illo témpore: Judǽi – quóniam Parascéve erat, – ut non remanérent in cruce córpora sábbato – erat enim magnus dies ille sábbati, – rogavérunt Pilátum, ut frangeréntur eórum crura, et tolleréntur. Venérunt ergo mílites: et primi quidem fregérunt crura et alteríus, qui crucifíxus est cum eo. Ad Jesum autem cum veníssent, ut vidérunt eum jam mórtuum, non fregérunt ejus crura, sed unus mílitum láncea latus ejus apéruit, et contínuo exívit sanguis et aqua. Et qui vidit, testimónium perhíbuit: et verum est testimónium ejus. Et ille scit quia vera dicit, ut et vos credátis. Facta sunt enim hæc ut Scriptúra implerétur: Os non comminuétis ex eo. Et íterum alia Scriptúra dicit: Vidébunt in quem transfixérunt.

[In quel tempo: I Giudei, siccome era la Parasceve, affinché i corpi non rimanessero sulla croce durante il sabato – era un gran giorno quel sabato – pregarono Pilato che fossero rotte loro le gambe e fossero deposti. Andarono dunque i soldati e ruppero le gambe ad entrambi i crocifissi al fianco di Gesù. Giunti a Gesù, e visto che era morto, non gli ruppero le gambe: ma uno dei soldati gli aprì il fianco con una lancia, e subito ne uscì sangue e acqua. E chi vide lo attesta: testimonianza verace di chi sa di dire il vero: affinché voi pure crediate. Tali cose sono avvenute affinché si adempisse la Scrittura: Non romperete alcuna delle sue ossa. E si avverasse l’altra Scrittura che dice: Volgeranno gli sguardi a colui che hanno trafitto.]

OMELIA

La divozione al Sacro Cuore di Gesù.

[ A. Carmagnola: “Il Sacro Cuore di Gesù”; S.EI. Ed. Torino, 1920. – DISCORSO II.]

Purtroppo non pochi Cristiani dei nostri giorni, formandosi un Cristianesimo tutto a loro modo, al sentir parlare di divozione lasciano uscir di bocca un sorriso di scherno, e di compassione, come se la divozione non fosse altro che un’esagerazione di teste piccole e di nature meschine. Anzi nel linguaggio moderno quando si è detto di taluno che è un devoto, si è detto abbastanza per renderlo odioso e ridicolo, benché si tratti un’anima profondamente convinta, robusta di virtù, elevata di mente e generosa di sentimenti. E non pochi vi hanno, che preferiscono essere chiamati Cristiani alla libera e secondo lo spirito del mondo, che Cristiani divoti. Ma tutto ciò, che è altro mai, se non chiarissimo indizio del loro decadimento dallo spirito cristiano? Perché è egli possibile il possedere veramente questo spirito e non avere ciò che si chiama divozione? Se la divozione deriva il suo nome a devovendo dal dedicarsi che alcuno fa prontamente all’altrui servizio, che cosa è dessa altro mai se non la volontà pronta di fare quelle cose che appartengono al servizio di Dio? E tale essendo la divozione, non conviene riconoscere perciò che non solo non è una esagerazione, ma non è neppure un soprappiù di ciò che conviene ad essere vero cristiano, tanto che non si possa dire Cristiano vero colui che non è pure Cristiano devoto? – Ma se certi Cristiani alla moda, eppur così ripieni di ignoranza per riguardo alle cose di Dio, già si fanno a deridere in genere la divozione, fanno peggio ancora intendendo a parlare della divozione al Sacro Cuore di Gesù. Per loro questa divozione, oltre che è una divozione tutta nuova, non è altrimenti basata che sulla immaginazione, e non deve servire ad altro che ad occupare gli animi delle religiose, che vivono racchiuse tra le mura di un monastero. Ora quanto grave sia il loro errore è ciò che si verrà conoscendo meglio di mano in mano che, svolgendo la sostanza di questa divozione, si verrà a conoscere più esattamente in che cosa essa consista e come più che ogni altra divozione sia basata, tutt’altro che sull’immaginazione, sulle più belle e più grandi realtà. Tuttavia fin da oggi contro le stolte declamazioni di certi spiriti leggieri ci faremo a considerare di proposito quanto questa divozione al Sacro Cuore di Gesù sia salda ed eccellente.

I. — La divozione al Sacratissimo Cuore di Gesù, tutt’altro che essere una divozione nuova, è la divozione più antica e più costante. In un certo senso si potrebbe dire che è antica quanto è antico il mondo, e che ha cominciato in quel giorno in cui Adamo peccatore, intese insieme con la condanna della sua colpa, promettersi da Dio misericordioso il Riparatore del suo male in un Figlio della Donna. Perciocché fin d’allora Adamo riconoscendo l’amore, che il Messia Verbo Incarnato, avrebbe dimostrato agli uomini nel venire quaggiù a redimerli, in questo amore, frutto di un Cuore Divino, pose tutta la sua fede, tutta la sua speranza, e questo amore si studiò di ricambiare con l’amor suo e con la penitenza del suo peccato. In questo senso continuarono ancora i patriarchi e tutti i profeti a nutrirgli la loro divozione; e questi ultimi soprattutto ne celebrarono in mille guise la carità, la bontà, la tenerezza e tutte le altre sue perfezioni, tanto che la Chiesa anche oggidì non trova nulla di meglio per onorare questo Divin Cuore nel giorno della sua festa che valersi delle loro magnifiche espressioni. Tuttavia questa divozione al Sacro Cuore di Gesù nell’antica legge non era praticata che indirettamente. – Ma quando nostro Signore diede compimento alle sue promesse, ed incarnatosi e fattosi uomo, si cominciò dagli uomini a sperimentare di fatto la bontà immensa del Cuor suo, si può dubitare che a questo Cuore non si sia preso a tributare una divozione diretta? Quel che è certo si è che Gesù Cristo medesimo fin d’allora offerse il suo Cuore Sacratissimo alla devozione degli uomini. E per prova di ciò basta ricordare quel che fece nell’ultima cena con l’Apostolo suo prediletto san Giovanni. Stando questo Apostolo seduto a fianco di Gesù in modo, che comodamente poteva chinare la testa sopra il Cuore di Gesù Cristo, ve la chinò di fatto; e Gesù non solo glielo permise, ma in certa guisa lo volle, perché così avesse ad intendere i suoi palpiti, avesse a sentire l’ardore delle sue vampe amorose, e potesse un giorno, meglio di ogni altro evangelista, mettere in chiaro le prove infinite e supreme di carità, che questo suo Cuore diede per noi, ed invitare così più efficacemente gli uomini a ricambiarlo d’amore. Sì, dice S. Agostino: secreta altiora de intimo eius Corde potabat; san Giovanni attingeva a questo Cuore i più ineffabili misteri. E così pure asserisce Origene: Bisogna riconoscere che nel fondo del Cuore di Gesù Giovanni pigliasse i tesori della sapienza e della scienza: in penetrali Cordis Iesu thesauros sapientiæ et scientiæ requisisse dicendum est. Ma ecco finalmente che Gesù Cristo nel Getsemani dà principio alla sua Passione, e dal suo cuore risospinge il Sangue all’esterno, quasi per dirci che dal Cuore avevano principio tutti i suoi patimenti; e poscia morto sulla Croce, lascia che un soldato con una lanciata inflittagli con violenza nel fianco destro, vada fino al fianco sinistro a trapassargli il Cuore, come per dirci che lo stesso Cuore ai suoi patimenti poneva il colmo. Allora certamente la sua divozione dovette consolidarsi e stabilirsi più direttamente ancora. Ed in vero l’apostolo ed evangelista S. Giovanni non ci avrebbe notate tutte queste cose particolari intorno al Cuore di Gesù, avvenute nella sua passione e morte, se Egli stesso non ne fosse stato ardentemente innamorato. E per altra parte queste cose medesime narrate e fatte conoscere ai Cristiani non potevano non accendere in loro questa divozione. – Difatti per tacere di molti martiri, nei cui atti si legge, che a questo Sacratissimo Cuore attingevano la forza necessaria a versare il loro sangue per la fede, quali stupende pagine non scrissero mai in suo onore e per la sua divozione i Santi Padri lei primi secoli della Chiesa? S. Agostino e S. Cipriano parlano del Cuore di Gesù nel modo più entusiastico, osservando come da esso ne vennero fuori la Chiesa e i Sacramenti, e in esso si aperse la porta della eterna salute, raffigurata dalla porta dell’arca costrutta da Noè, per la quale passarono gli animali, che non dovevano perire nel diluvio. Tertulliano e S. Giovanni Grisostomo magnificano in questo Cuore la misericordia divina, poiché nell’acqua e nel sangue che sgorgarono dalla sua ferita, veggono chiaramente indicati il Sacramento del Battesimo e della Eucarestia. S. Cirillo vi ritrova il compimento della nostra Redenzione, essendo esso l’indizio più certo della morte di Cristo. S. Efrem, S. Basilio, S. Gregorio Nazianzeno ed altri Santi Padri ancora esaltano altamente questo Cuore, chi chiamandolo fornace di amore, chi scampo sicuro, chi rifugio in tutti i pericoli, chi fonte di ogni grazia e benedizione. Ad imitazione di questi Santi Padri continuarono gli altri dottori e gli altri santi in ogni tempo a tributare i loro omaggi al Cuore Sacratissimo di Gesù. E qui, o miei cari, contentandomi di ricordare i nomi di S. Pier Damiani, dell’illuminato Taulero, di S. Bernardino da Siena, di S. Tommaso da Villanova, di S. Tommaso d’Aquino e di S. Bonaventura, di S. Luigi Gonzaga e di S. Francesco di Sales, di santa Geltrude, di santa Matilde, di santa Teresa, di santa Caterina da Siena, di santa Maddalena de’ Pazzi, di santa Margherita da Cortona, di santa Francesca Romana, tacendo di moltissimi altri santi e sante, faccio tuttavia speciale menzione di S. Bernardo, il quale scriveva intorno al Sacro Cuore pagine così tenere e così sublimi, che la Chiesa non trovò nulla di più adatto per comporre le lezioni della sua officiatura ad onore del Divin Cuore. Ed in vero: « Poiché, egli dice, siamo venuti al Cuore dolcissimo di Gesù, ed è per noi cosa buona il rimanervi, non lasciamoci facilmente allontanare da colui, del quale è scritto: Coloro che da te si allontanano saranno scritti in terra, mentre invece coloro, che a te si avvicinano, avranno i loro nomi scritti in cielo. Accostiamoci adunque a te, ed esultiamo e rallegriamoci in te, memori del tuo Cuore. Oh quanto è cosa buona e gioconda l’abitare in questo Cuore! il gettarvi entro ogni pensiero ed affètto! In questo tempio, in questo santuario, presso a quest’arca del testamento io pregherò e loderò il Nome del Signore, dicendo con Davide: Ho trovato il cuore per pregarvi il mio Dio. Sì, ho trovato il cuore del re, del fratello, dell’amico benigno Gesù. E come mai, o Gesù dolcissimo, io non pregherò il mio Dio dentro a questo tuo e mio cuore? Ah! degnati soltanto di ammettermi in questo sacrario, in cui le mie preghiere saranno da te esaudite! Anzi, vogliami trarre tutto nel Cuor tuo. O Gesù, il più bello fra tutti gli uomini, lavami dalla mia iniquità e mondami dal mio peccato, affinché, per tua mercé purificato, io possa accostarmi a te che sei purissimo, e meriti abitare nel Cuor tuo in tutti i giorni della mia vita, e valga a vedere e fare ad un tempo la tua volontà. Imperciocché per questo è stato ferito il tuo fianco, perché a noi sia aperta l’entrata. Per questo fu ferito il tuo Cuore, perché sciolti dalle cure terrene, in esso ed in te possiamo abitare. Tuttavia questo Cuore fu specialmente ferito, affinché per la ferita carnale e visibile ci fosse manifesta la ferita spirituale ed invisibile dell’amore, che lo consuma. – Chi adunque non amerà un Cuore così amante? Chi non abbraccerà un Cuore sì casto? Amiamo, riamiamo, abbracciamo adunque questo Cuore, e stiamo in esso affinché si degni di stringere e ferire il cuor nostro ancor sì duro ed ostinato con la catena e con il dardo dell’amore. » Così adunque il mellifluo s. Bernardo scriveva e parlava del Sacratissimo Cuore nel secolo XII. – Tutto ciò pertanto dimostra chiarissimamente che la divozione al Sacratissimo Cuore in sostanza non è una divozione nuova, come la vollero riguardare certi eretici dispettosi e superbi, ma una divozione antica quanto è antico il Cristianesimo, anzi il mondo, e costante quanto lo fu il corso dei secoli. Epperò per questa sola ragione della sua antichità già bene riesce manifesto, quanto essa sia salda ed eccellente. Ma qui osserviamo, almeno di passaggio, quanto siano stolti ed ignoranti coloro, che senza sapere e riflettere di che si tratti, giudicano senz’altro la divozione al Sacro Cuore di Gesù una divozione propria di teste piccole e di nature meschine. Oh! eran dunque nature meschine e teste piccole un S. Agostino, un S. Giovanni Grisostomo, un S. Bernardo, un S. Bonaventura, e un S. Tommaso d’Aquino? Comprendete perciò, o miei cari, quanto siano sventati e falsi i giudizi dei mondani, e per quel che riguarda la divozione al Sacro Cuore di Gesù, non dubitate punto di apprezzarla e di praticarla, sicuri di conformarvi in essa ai più grandi luminari della Chiesa. Ma sebbene nella sua sostanza la divozione al Sacro Cuore di Gesù non sia nuova affatto, tuttavia la forma speciale, cui la vediamo oggidì praticata in tutto l’universo cattolico, non ebbe principio che verso la fine del secolo decimo settimo, quando lo stesso Gesù Cristo si degnò esprimerne la sua volontà ad una sua sposa diletta. Udite. A Paray-le-Monial in Francia, in un monastero della Visitazione viveva una santa verginella per nome Margherita Alacoque. Fin dai primi anni della sua vita, illustrata dallo Spirito Santo ed arricchita delle benedizioni celesti, disprezzando gli allettamenti del mondo, si era consacrata a Dio col voto di verginità perpetua e aveva preso a praticare ogni più bella virtù cristiana. Ma perché il mondo non avesse a guastare menomamente la bellezza di questo fior di paradiso, quel Divin Padre, che Gesù Cristo stesso chiamò col nome di agricoltore, per opera della sua provvidenza, togliendola di mezzo al mondo, la trapiantava negli orti chiusi della Religione, dove, per la maggior abbondanza di grazia e per la fedele corrispondenza alla stessa, cresceva meravigliosamente in spirituale bellezza, tanto da attrarre sopra di sé lo specialissimo sguardo di quel Gesù, che si pasce fra i gigli, e meritare non solo di godere sovente delle sue visite di paradiso, ma di essere eletta per stabilire quaggiù la divozione al suo Sacratissimo Cuore. Ed ecco come andò il fatto. – Volgeva tacita la notte del 16 Giugno dell’anno 1675, fra l’ottava del Corpus Domini, e Santa Margherita vegliava tutta sola appiè del santo altare e fervorosamente pregava. L’anima sua immersa nei divini misteri sentivasi come infuocata di carità, e tale un incendio la abbruciava, da non poter quasi più reggere per l’estremo dolore; quand’ecco si ode su per l’altare un muovere concitato di passi, ed una luce improvvisa balza fuori da quelle tenebre. Margherita leva gli occhi… ed oh! che non vide ella mai?… Le era apparso Gesù Cristo in persona e le dava a vedere il suo Cuore Sacrosanto. Era questo come sopra un trono di vive fiamme, circondato da una corona di spine, squarciato da una ferita, con una croce piantatavi sopra. Margherita lo mirava estatica, come immersa in un mare di gioia e quasi senza mandar un respiro, quando il Divin Redentore ruppe Egli stesso il silenzio ed uscì fuori in questi amorosi accenti: « Margherita, ecco quel Cuore che tanto ha amato gli uomini, sino a struggersi e consumarsi per dimostrar loro le sue grandi vampe. Ma in ricambio Io non ricevo dalla maggior parte di essi che ingratitudini, tanti sono i disprezzi, le freddezze, le irriverenze, i sacrilegi, che si commettono contro di me nel Sacramento di amore. E ciò che mi torna anche più penoso si è, che a trattarmi così vi sono pure dei cuori a me consacrati. Ti chieggo pertanto che il primo venerdì dopo l’ottava del SS. Sacramento sia dedicato a celebrare una festa particolare in onore del mio Cuore e con la santa Comunione si riparino in quel giorno gli indegni trattamenti, che Io ho ricevuto, mentre stavo esposto sopra gli altari. Io poi ti prometto, che il mio Cuore si dilaterà per spargere con abbondanza le influenze del mio divino amore sopra tutti coloro, che gli renderanno e procureranno che gli sia reso da altri questo onore. » Così parlò Gesù Cristo alla sua diletta Margherita, la quale tutta confusa e tremante per la grande missione che venivale conferita, si faceva umilmente a rispondere: « Ma, Signore amabilissimo, a chi vi volgete Voi per una tanta impresa? E non vedete che io sono meschina e peccatrice? Vi mancano forse anime generose, a cui affidare sì grave incarico? » Ma Gesù Cristo nulladimeno, ricordando quella legge del suo governo, per cui si serve di mezzi in apparenza spregevoli per effettuare grandi opere, onde risplenda meglio la potenza del suo braccio, riaffermava la sua volontà e confortava quella santa verginella ad eseguirla. – Anzi, continuando in seguito ad apparirle, le faceva sempre meglio conoscere i segreti del suo Sacratissimo Cuore, le dichiarava il fine, che dovevano proporsi le anime generose che aspirassero a glorificarlo, le suggeriva Egli stesso le pratiche di pietà da compiersi, le faceva conoscere le grazie che avrebbe compartite ai suoi adoratori, le assicurava che questa divozione si sarebbe mirabilmente dilatata non ostante tutte le opposizioni, con cui taluni l’avrebbero impugnata, e filialmente le inviava un suo fedelissimo servo, il padre La Colombière, della Compagnia di Gesù, perché le fosse di potente aiuto a promuoverla ed a spargerla ovunque. – Così adunque, o miei cari, voi lo avete inteso, è Gesù Cristo medesimo Colui che volle avere un culto pubblico al suo Sacratissimo Cuore. Epperò mirando a questa divozione, sparsa ormai per tutta la terra, ben a ragione dobbiamo esclamare: A Domino factum est istud, et est mirabile in oculis nostris. (Ps. CXVII, 22) E chi sarà pertanto, che nel considerare come Gesù Cristo, la divina Sapienza incarnata, ha Egli medesimo presentato il suo Cuore ad essere onorato dai fedeli, non riconoscerà la grande saldezza e la somma eccellenza, che vi ha nella sua divozione?

II. — Ma io so benissimo, che se qui vi fosse ad ascoltarmi taluno dei così detti spiriti forti, si riderebbe in cuor suo dell’aver dato io importanza alla rivelazione di Santa Margherita Alacoque. Perciocché, che cosa altro mai secondo la moderna incredulità sono le estasi dei Santi, le rivelazioni fatte da Dio a certe anime sue predilette, se non allucinazioni di mente esaltata, effetti di una malattia, che chiamano isterismo? Tuttavia, anche perché crederei tempo gittato il fermarmi a discutere sopra questo nuovo trovato della scienza atea e mostrarne la vanità, io mi accontento di osservare per voi che siete credenti, che senza dubbio le rivelazioni particolari fatte da Dio ai Santi non si hanno da accogliere se non in quella misura, che la Chiesa permette e stabilisce, ma che quando la Chiesa ce ne ha fatto ella medesima sicurtà, allora non dobbiamo più dubitarne. Perché la Chiesa accetta forse ed approva senz’altro qualsiasi particolare rivelazione? Tutt’altro! Essa non accetta e non approva alcuna di queste particolari rivelazioni, se non dopo lunghissimo, minutissimo e serissimo esame, in cui di tali rivelazioni siano prodotte le prove più autentiche. Or bene, queste prove, non altrimenti che nelle rivelazioni di altri santi, la Chiesa le ha pur volute nella rivelazione di Santa Margherita, ed avendole trovate specialmente nella santità della sua vita, essa ha creduto a tale rivelazione e con sicurezza la propose a credersi anche da noi. – Con tutto ciò, o carissimi, sbaglierebbe assai chi credesse che la divozione al Sacro Cuore di Gesù fosse basata unicamente sopra la rivelazione fattane da Santa Margherita. No, questa divozione, come ogni altra che vi ha nel seno della Chiesa, non è basata sopra una privata rivelazione, ma sopra la rivelazione per eccellenza che Iddio fece di tutta la sua religione, ed approvata perciò dalla autorità della Chiesa. – Ponete ben mente. Egli è certissimo che se Iddio non si fosse degnato di rivelarci Egli stesso la massima parte delle verità, che a Lui si riferiscono e dei doveri religiosi e morali che a Lui ci stringono, noi non potremmo giammai né conoscerlo, né amarlo, né servirlo convenientemente, tanto da meritare di raggiungere il fine a cui ci ha destinati. Ma anche in questo Iddio ci manifesta la sua misericordia infinita, nel parlarci e rilevarci tutto ciò che noi avremmo dovuto credere ed operare. – Egli, come ci dice S. Paolo, incominciò a fare la sua divina rivelazione ai padri nostri per mezzo dei profeti, e la compì poscia per opera dello stesso suo divin Figliuolo, Gesù. (Hebr. I, 12) In Gesù Cristo pertanto e negli Apostoli, che lo udirono, la divina rivelazione è perfettamente compiuta, e dopo Gesù Cristo e gli Apostoli non può ammettersi nessuna verità nuova riguardo al deposito della fede. È bensì vero che Iddio anche dopo la venuta del suo divin Figlio sulla terra ha continuato a fare delle particolari rivelazioni a grande numero de’ suoi servi prediletti, ma in nessuna di esse ci rivelò delle verità, che non fossero state già rivelate o ci propose un culto che non fosse già praticato. Ma senza rivelare alcuna nuova verità e senza introdurre alcun nuovo culto, è certo che Iddio in molte di queste sue particolari rivelazioni fece intendere agli uomini qualche suo speciale desiderio in relazione a qualche particolare verità e a qualche forma peculiare del culto già esistente. Così ad esempio, apparendo alla beata Giuliana da Liegi, le rivelò il desiderio vivissimo, che gli si desse una speciale manifestazione di fede, di amore e di gratitudine per l’istituzione del SS. Sacramento dell’Eucaristia, stabilendosi una festa particolare in suo onore, la festa del Corpus Domini. E fu appunto in seguito a questa particolare rivelazione che la Chiesa prese occasione ad istituire una tal festa, perciocché per una parte, esaminando seriamente la rivelazione fatta alla beata Giuliana, la trovò vera, e considerando per l’altra parte se era opportuna una nuova festa ad onore del SS. Sacramento dell’altare, vide che, tutt’altro che essere una novità pericolosa, era un mezzo efficacissimo a ravvivare la fede in una verità mai sempre creduta e a rendere più vivo e solenne il culto, che erasi mai sempre praticato ad onore del SS. Sacramento. La Chiesa adunque, anche per le rivelazioni più splendide che Iddio faccia ai santi, non introdurrà mai alcuna nuova verità da credere od alcuna pratica che non sia conforme alla Religione completamente rivelata da Gesù Cristo. Tuttavia prendendo ad esaminare seriamente tali rivelazioni particolari, e trovandole degne di fede, suole da esse prendere occasione per mettere in maggior luce questo o quel mistero, per animare più efficacemente a questa od a quella divozione, conforme al desiderio manifestato da Dio e secondo lo spirito di sapienza e di opportunità, di cui è dotata dalla continua assistenza dello Spirito Santo. – Ora ecco appunto quello che accadde riguardo alla divozione al Sacratissimo Cuore di Gesù. Questa divozione in sostanza, come dissi fin dal principio, non è mancata mai nel seno della Chiesa, perché, basati sulla divina rivelazione, i Cristiani hanno creduto sempre che in Gesù Cristo, essendo la Persona divina unita alla natura umana, anche la sua umanità, di cui il Cuore è parte nobilissima, deve essere adorata. – Ma poiché Gesù Cristo si compiacque di apparire ripetutamente alla sua diletta serva Margherita Alacoque, e farle conoscere il desiderio vivissimo, che questa divozione al suo Cuore si dilatasse vie’ maggiormente fra i fedeli e si praticasse con pubblica solennità, la Chiesa che cosa fece? Anzi tutto esaminò lungamente e seriamente la condotta di quell’inclita serva di Dio, e ritrovatala santa, riconobbe altresì che per ragione della sua santità meritava fede alle sue rivelazioni. E considerando inoltre il gran bene, che ne sarebbe venuto a sé ed ai fedeli dalla pratica della divozione particolare al Sacratissimo Onore, senza punto introdurre una nuova verità da credere, od un nuovo culto da praticare, dalla celebre rivelazione dell’Alacoque prese occasione a concretar meglio e a dare maggior impulso a questa divozione istessa. Il che adunque vuol dire che la divozione al Sacro Cuore di Gesù è basata non già sopra la particolare rivelazione, che Gesù Cristo fece a Santa Margherita, ma sopra la rivelazione per eccellenza che Egli fece a tutto il mondo, e che la Chiesa in seguito alla particolare rivelazione di Santa Margherita ha con l’autorità sua confermata ed esplicata una tale divozione. E per tal guisa la Chiesa ci assicura nello stesso tempo della saldezza e della eccellenza della medesima, e noi la dobbiamo praticare con la massima sicurezza e con tutto l’impegno. È vero che vi sono dei Cristiani superbi, a cui le proprie viste sembrando più giuste che quelle della Chiesa, anche per ciò che riguarda questa divozione non credono di doversi fidare del suo giudizio. Ma noi certamente non saremo nel numero di questi sventurati. Ossequenti alla parola di Gesù Cristo, che disse, che chi ascolta la Chiesa ascolta Lui stesso, senza esitazione di sorta anche in questo ci affideremo a lei, pienamente sicuri che essa, maestra infallibile di verità, né si inganna, né può ingannarci. – Sebbene nel dire che la Chiesa ci assicura della saldezza ed eccellenza della divozione al Sacro Cuore di Gesù, ho detto assai poco; ben altro ha fatto e continua a fare in favore di questa divozione. Essa la raccomanda nel miglior modo possibile. Il Sacro Cuore di Gesù aveva fatto conoscere a Santa Margherita che nel diffondersi della sua divozione si sarebbero levati contro di essa dei grandi nemici, ma che Egli avrebbe regnato malgrado tutte le contraddizioni. E così fu veramente. La setta dei Giansenisti, che negli scritti di Giansenio avevano bevuto gravi errori, mentendo astutissimamente pietà e mortificazione cristiana, trascinava in inganno non pochi fedeli. Appoggiandosi ad uno dei suoi principali errori, che Gesù non è morto per tutti, né per tutti ha versato il suo sangue, si travagliava con diabolica malizia a restringere i benefizi della redenzione e ad impedire i fedeli dì attingere con gaudio le acque di salute alle fonti del Salvatore. Perciocché con speciosi pretesti, negava ai fedeli di frequentare la SS. Comunione o vi esigeva condizioni così esagerate di santità, da togliere nel loro animo il pensiero di potervisi ancora accostare. Non era dunque possibile, che a questa nuova razza di Farisei tornasse gradita la divozione al Sacro Cuore, così atta ad allargare il cuore di tutti gli uomini alla speranza della eterna salute e così efficace a promuovere l’uso e la frequenza dei SS. Sacramenti. Epperò non è facile immaginare quanto essi fecero in privato ed in pubblico, affine di screditarla e farla cadere in dispregio. Essi arrivarono al punto da impedire in alcuni paesi della Francia, che si celebrasse la festa del Sacro Cuore e si onorasse la sua immagine. E di sì gran peso fu il loro cattivo esempio che, estesosi in Italia, l’anno 1789 tenevasi un conciliabolo nella città di Pistoia, in cui giungendosi al massimo dell’impudenza, osavasi condannare la devozione al Sacro Cuore siccome nuova, erronea e pericolosa. Ma non ostante una guerra così accanita, il Cuore di Gesù trionfò per opera della Chiesa. Perocché, all’opposto degli eretici, la Chiesa riconoscendo questa divozione utilissima, prese a difenderla, ad inculcarla, a promuoverla in mille guise. Ne stabilì la festa, ne ordinò la Messa, ne compose l’ufficio, ed annuì al desiderio dei fedeli di unirsi in devote congregazioni, che avessero questo scopo speciale di onorare il Sacro Cuore. Che dirò poi dei tesori innumerevoli di sacre indulgenze, che i Romani Pontefici sparsero sopra tali congregazioni, erette in onore del Sacro Cuore, e sopra i fedeli che con ossequi determinati lo onorassero? Che dirò del fervore veramente meraviglioso, con cui sul suo stesso principio una tal divozione fu accolta dai Vescovi non di una Chiesa o di una provincia, ma di cento o più sedi dell’Italia, della Francia, della Germania, del Belgio, della Spagna, della Boemia, della Polonia, ed ora di tutta quanta la Cristianità? Che dirò dello zelo ardente, con cui tutto il clero e secolare e regolare si adoperò a porre in estimazione ed onore questo divin culto? I religiosi ed i sacerdoti più amanti del bene delle anime lo promossero per modo nelle loro congregazioni, nelle loro chiese e parrocchie, che non v’ha più casa di Dio, ove non sia dedicato al Sacro Cuore un altare, ove non sia esposta almeno la sua immagine alla cristiana venerazione. Ma a tutte le prove già addotte non bisogna che io tralasci di aggiungerne una del massimo peso, voglio dire l’erezione di una basilica consacrata al Sacro Cuore di Gesù in Roma, nella sede del Successore di S. Pietro, nella capitale del mondo cattolico, nel centro e nella metropoli della Religione cristiana. Perciocché per opera di chi quella basilica si innalzò sul colle Esquilino, splendida di marmi e di pitture? Sì, è vero, fu il Padre Maresca, Barnabita, che da principio ne suggerì e promosse l’idea: fu quel gran servo di Dio, Don Giov. Bosco, che coadiuvato dalla carità degli Italiani e di tutto il mondo cattolico la condusse ad effetto con uno zelo ed una operosità indicibile; ma chi benediceva alla grand’opera e ne comperava col suo proprio denaro il suolo necessario, era l’angelico Pontefice Pio IX, di santa e venerata memoria, quel Pontefice, che soleva dire e scrivere: « Nel Cuore di Gesù sta riposta la mia speranza: in Corde Jesu spes mea; » e chi affidava il grande e importante incarico a Don Bosco era il S. Padre Leone XIII, di venerata memoria, e così devoto del Sacro Cuore, che sapientemente ne innalzava la festa al maggior grado di solennità. Se pertanto due Pontefici così insigni curarono essi medesimi l’edificazione di un tempio al Sacro Cuore di Gesù, in Roma istessa, da cui, come da elevato e splendidissimo faro, parte la luce di verità che illumina tutto il mondo, vi vorrà ancor altro, non dico per assicurarci della saldezza, dell’eccellenza della divozione al Sacro Cuore, ma per stimolarci a praticarla con tutto l’ardore? – Se un figliuolo vuole amare non a parole, ma a fatti la propria madre, non è egli vero che non può avere altro impegno se non di formare con la madre stessa un sol pensiero, un sol desiderio, un solo affetto? Senza alcun dubbio egli approverà quello che la sua buona madre approva, apprezzerà ciò che ella apprezza, amerà ciò che ella ama; e se conosce osservi qualche opera, che torni a lei gradita, si porrà a compierla con la più viva sollecitudine. Se altrimenti facesse e si vantasse di affettuoso figliuolo noi diremmo che egli mentisce. Or bene lo stesso è di ogni Cristiano in riguardo alla Chiesa sua madre spirituale. È Cristiano sincero colui, che approva, apprezza, ama e compie ciò che approva, apprezza, ama, compie la Chiesa, ma non è veramente tale colui che fa diversamente. Se la Chiesa pertanto approva e raccomanda la devozione al Cuore Santissimo di Gesù, siccome quella che non si discosta per nulla dall’inalterabile tesoro delle sue sante dottrine, potrà dirsi sincero Cristiano colui, che non la credesse altro che frutto di una allucinazione mentale, epperò non l’apprezzasse, non l’amasse e non la praticasse? No certamente. Deh! non sia adunque, che alcuno di noi non si accenda ognor più in una divozione così salda e così eccellente. Imitiamo tutti l’esempio dei grandi santi che l’hanno praticata; assecondiamo il volere di Gesù Cristo che l’ha rivelata; conformiamoci al sentimento della Chiesa, che l’ha approvata e raccomandata. E nella stima e nella pratica di questa divozione ci sarà dato certamente di godere i più salutari vantaggi per le anime nostre. – E voi, o Cuore Sacratissimo di Gesù, via, verità e vita di tutti gli uomini che vengono in questo mondo, siatelo specialmente per noi, che intendiamo di professarvi quella divozione, che meritate. Siate la nostra via e conduceteci diritti al vostro amore, al vostro servizio ed al vostro godimento. Siate la nostra verità ed illuminate cogli splendori indefettibili della vostra luce le nostre menti per conoscere sempre meglio i vostri pregi ineffabili. Siate la nostra vita, ed infondete nel cuor nostro lo spirito che vive in Voi, affinché non vivendo più che in Voi, con Voi e per Voi quaggiù sulla terra, possiamo un giorno venire a vivere in Voi, con Voi e per Voi lassù in cielo.

CREDO

https://www.exsurgatdeus.org/2019/10/12/il-credo/

Offertorium

Orémus
Ps LXVIII: 21

Impropérium exspectávi Cor meum et misériam: et sustínui, qui simul mecum contristarétur, et non fuit: consolántem me quæsívi, et non invéni.

[Obbrobrii e miserie si aspettava il mio Cuore; ed attesi chi si rattristasse con me: e non vi fu; cercai che mi consolasse e non lo trovai.]

Secreta

Réspice, quǽsumus, Dómine, ad ineffábilem Cordis dilécti Fílii tui caritátem: ut quod offérimus sit tibi munus accéptum et nostrórum expiátio delictórum.

[Guarda, Te ne preghiamo, o Signore, all’ineffabile carità del Cuore del Tuo Figlio diletto: affinché l’offerta che Ti facciamo sia gradita a Te e giovi ad espiazione dei nostri peccati].

Praefatio
de sacratissimo Cordis Jesu

Vere dignum et justum est, æquum et salutáre, nos tibi semper et ubíque grátias ágere: Dómine sancte, Pater omnípotens, ætérne Deus: Qui Unigénitum tuum, in Cruce pendéntem, láncea mílitis transfígi voluísti: ut apértum Cor, divínæ largitátis sacrárium, torréntes nobis fúnderet miseratiónis et grátiæ: et, quod amóre nostri flagráre numquam déstitit, piis esset réquies et poeniténtibus pater et salútis refúgium. Et ídeo cum Angelis et Archángelis, cum Thronis et Dominatiónibus cumque omni milítia coeléstis exércitus hymnum glóriæ tuæ cánimus, sine fine dicéntes:

 [È veramente degno e giusto, conveniente e salutare, che noi, sempre e in ogni luogo, Ti rendiamo grazie, o Signore Santo, Padre Onnipotente, Eterno Iddio: Che hai voluto che il tuo Unigénito, pendente dalla croce, fosse trafitto dalla lancia del soldato, cosí che quel cuore aperto, sacrario della divina clemenza, effondesse su di noi torrenti di misericordia e di grazia; e che esso, che mai ha cessato di ardere d’amore per noi, fosse pace per le ànime pie e aperto rifugio di salvezza per le ànime penitenti. E perciò con gli Angeli e gli Arcangeli, con i Troni e le Dominazioni, e con tutta la milizia dell’esercito celeste, cantiamo l’inno della tua gloria, dicendo senza fine:]

https://www.exsurgatdeus.org/2019/10/20/comunione-spirituale/

Communio

Joannes XIX: 34

Unus mílitum láncea latus ejus apéruit, et contínuo exívit sanguis et aqua. [Uno dei soldati gli aprì il fianco con una lancia, e subito ne uscì sangue e acqua.]

Postcommunio

Orémus.
Prǽbeant nobis, Dómine Jesu, divínum tua sancta fervórem: quo dulcíssimi Cordis tui suavitáte percépta;
discámus terréna despícere, et amáre cœléstia:

[O Signore Gesù, questi santi misteri ci conferiscano il divino fervore, mediante il quale, gustate le soavità del tuo dolcissimo Cuore, impariamo a sprezzare le cose terrene e ad amare le cose celesti]

https://www.exsurgatdeus.org/2019/10/20/preghiere-leonine-dopo-la-messa/

https://www.exsurgatdeus.org/2018/09/14/ringraziamento-dopo-la-comunione-2/

https://www.exsurgatdeus.org/2019/05/20/ordinario-della-messa/

https://www.exsurgatdeus.org/2020/06/18/atto-di-consacrazione-e-di-riparazione-al-sacratissimo-cuore-di-gesu%ef%bb%bf/

https://www.exsurgatdeus.org/2019/01/06/unenciclica-al-giorno-toglie-gli-usurpanti-apostati-di-torno-miserentissimus-redemptor-di-s-s-pio-xi/