SALMI BIBLICI: “EXALTABO TE, DEUS MEUS, REX” (CXLIV)

SALMO 144: “EXALTABO TE, DEUS MEUS REX

CHAINE D’OR SUR LES PSAUMES

ou LES PSAUMES TRADUITS, ANALYSÉS, INTERPRÉTÉS ET MÉDITÉS A L’AIDE D’EXPLICATIONS ET DE CONSIDÉRATIONS SUIVIES, TIRÉES TEXTUELLEMENT DES SAINTS PÈRES, DES ORATEURS ET DES ÉCRIVAINS CATHOLIQUES LES PLUS RENOMMÉS. 

[I Salmi tradotti, analizzati, interpretati e meditati con l’aiuto delle spiegazioni e delle considerazioni seguite, tratte testualmente dai santi Padri, dagli oratori e dagli scrittori cattolici più rinomati da …]

Par M. l’Abbé J.-M. PÉRONNE,

CHANOINE TITULAIRE DE L’ÉGLISE DE SOISSONS, Ancien Professeur d’Écriture sainte et d’Éloquence sacrée.

[Canonico titolare della Chiesa di Soissons, Professore emerito di Scrittura santa e sacra Eloquenza]

TOME TROISIÈME (III)

PARIS – LOUIS VIVES, LIBRAIRE-ÉDITEUR 13, RUE DELAMMIE, 1878

IMPRIM.

Soissons, le 18 août 1878.

f ODON, Evêque de Soissons et Laon.

Salmo 144

Laudatio ipsi David.

[1] Exaltabo te, Deus meus rex;

et benedicam nomini tuo in sæculum, et in sæculum saeculi.

[2] Per singulos dies benedicam tibi, et laudabo nomen tuum in sæculum, et in sæculum sæculi.

[3] Magnus Dominus, et laudabilis nimis; et magnitudinis ejus non est finis.

[4] Generatio et generatio laudabit opera tua, et potentiam tuam pronuntiabunt.

[5] Magnificentiam gloriæ sanctitatis tuae loquentur, et mirabilia tua narrabunt.

[6] Et virtutem terribilium tuorum dicent, et magnitudinem tuam narrabunt.

[7] Memoriam abundantiæ suavitatis tuæ eructabunt, et justitia tua exsultabunt.

[8] Miserator et misericors Dominus; patiens, et multum misericors.

[9] Suavis Dominus universis; et miserationes ejus super omnia opera ejus.

[10] Confiteantur tibi, Domine, omnia opera tua; et sancti tui benedicant tibi.

[11] Gloriam regni tui dicent, et potentiam tuam loquentur;

[12] ut notam faciant filiis hominum potentiam tuam, et gloriam magnificentiæ regni tui.

[13] Regnum tuum regnum omnium sæculorum; et dominatio tua in omni generatione et generationem. Fidelis Dominus in omnibus verbis suis, et sanctus in omnibus operibus suis.

[14] Allevat Dominus omnes qui corruunt, et erigit omnes elisos.

[15] Oculi omnium in te sperant, Domine; et tu das escam illorum in tempore opportuno.

[16] Aperis tu manum tuam, et imples omne animal benedictione.

[17] Justus Dominus in omnibus viis suis, et sanctus in omnibus operibus suis.

[18] Prope est Dominus omnibus invocantibus eum, omnibus invocantibus eum in veritate.

[19] Voluntatem timentium se faciet; et deprecationem eorum exaudiet, et salvos faciet eos.

[20] Custodit Dominus omnes diligentes se, et omnes peccatores disperdet.

[21] Laudationem Domini loquetur os meum; et benedicat omnis caro nomini sancto ejus in sæculum, et in sæculum sæculi.

[Vecchio Testamento Secondo la Volgata Tradotto in lingua italiana da mons. ANTONIO MARTINI Arciv. Di Firenze etc.

Vol. XI

Venezia, Girol. Tasso ed. MDCCCXXXI]

SALMO CXLIV.

Lode di Dio per la sua grandezza, e per le opere di lui, ispirata dallo Spirito Santo a Davide. — È Salmo alfabetico, a giovamento della memoria e del canto.

Lauda dello stesso David.

1. Te io esalterò, o Dio mio re, e benedirò il nome tuo pel secolo di adesso, e pei secoli dei secoli.

2. Ogni giorno io ti benedirò, e loderò il nome tuo pel secolo d’adesso, e pei secoli dei secoli.

3. Grande il Signore, e laudabile oltremodo; e la grandezza di lui non ha termine.

4. Le generazioni tutte celebreranno le opere tue, e annunzieranno la tua potenza.

5. Parleranno della magnifica gloria della tua santità, e racconteranno le tue meraviglie.

6. E diranno come la potenza tua è terribile, e racconteranno la tua grandezza.

7. Rammenteranno a piena bocca l’abbondanza di tua soavità, e faran festa di tua giu stizia.

8. Benigno e misericordioso egli è il Signore: paziente, e molto misericordioso.

9. Il Signore con tutti è benefico, e in tutte le opere di lui han luogo le sue misericordie.

10. Dien lode a te, o Signore, tutte le opere tue, e te benedicano i santi tuoi.

11. Eglino ridiranno la gloria del tuo regno e parleranno di tua potenza.

12. Per far conoscere ai figliuoli degli uomini la tua potenza, e la gloria magnifica del tuo regno.

13. Il tuo regno, regno di tutti i secoli e il tuo principato per tutte quante l’etadi.

Fedele il Signore in tutte le sue parole e santo in tutte le opere sue.

14. Il Signore sostenta tutti que’ che stanno per  cadere, a rialza tutti que’ che si sono infranti.

15. Gli occhi di tutti mirano a te, o Signore e tu dai loro nutrimento nel tempo convenevole.

16. Apri tu le tue mani, e ogni animale di benedizione ricolmi.

17. Giusto il Signore in tutte le sue vie, e santo in tutte le opere sue.

18. Il Signore sta d’appresso a tutti coloro che l’invocano; a tutti coloro che l’invoca  con cuor verace.

19. Ei farà la volontà di coloro che lo amano, ed esaudirà la loro preghiera; e li salve!

20. Il Signore custodisce tutti coloro che lo temono; e sterminerà tutti i peccatori.

21. La mia bocca parlerà delle laudi del Signore; e ogni carne benedica il santo nome di lui pel secolo d’adesso, e pe’ secoli dei secoli.

Sommario analitico

In questo canto di lode in onore di Dio e dei suoi divini attributi, il Re-Profeta espone nei primi due versetti tutto il soggetto del suo cantico, vale a dire che egli canterà le lodi di Dio in questa vita e nell’altra (1, 2), poi:

I. – Egli celebra gli attributi infiniti di Dio:

1° la grandezza infinita di Dio (3);

2° le opere della sua onnipotenza, che sono di tre ordini e specie (4);

a) le une gloriose e magnifiche (5);

b) le altre amabili, altre terribili nei castighi dei peccatori (6);

c) a causa della sua giustizia (7),

d) a causa della sua misericordia,

e) a causa della sua longanimità (8),

f) a causa della sua grande bontà nei riguardi di tutti (9).

II.- Proclama ed invita tutte le creature con lui a far conoscere:

1° la gloria e la potenza del regno di Dio (10-12),

2° l’eternità di questo regno,

3° la moltitudine dei soggetti che Egli comprende (13)

III. – Celebra le virtù del Re stesso, virtù che sono in Dio, come in Gesù-Cristo, di una perfezione infinita:

1° la fedeltà nelle promesse e la santità nelle opere (14),

2° la bontà e la misericordia per i soggetti deboli (15),

3° la liberalità verso i suoi soggetti (18, 17),

4° la giustizia nei suoi giudizi (18),

5° la facilità a lasciarsi dirigere dai suoi soggetti (19),

6° la benevolenza, l’affabilità con le quali Egli accoglie ed esaudisce le loro richieste (21);

7° la provvidenza di cui ricopre i giusti, e che Egli rivolge contro i peccatori (21).

Egli finisce questo salmo così come lo ha iniziato, promettendo a Dio di pubblicare le sue lodi nei secoli dei secoli. (22)

Spiegazioni e considerazioni

I. – 1-9.

ff. 1, 2. – In questi primi due versetti, che sono come l’esordio del salmo, il Re- Profeta fa conoscere ciò che si propone di celebrare in Dio, vale a dire gli attributi che gli sono propri, intanto che Re governante gli uomini e tutto il resto della creazione. – Il nome di Dio è un nome di re e di padre insieme, ed un re deve regnare per inclinazione, non come un tiranno con la forza e con la violenza. L’odio forzato ci dà un tiranno; la speranza interessata ci dà un maestro ed un padrone, come presentemente si parla nel secolo; l’amore sottomesso per dovere ed inclinazione dà al nostro cuore un re legittimo. Ecco perché Davide esclama: « Io vi esalterò, o mio Dio, mio Re. » Il mio amore voi eleverà un trono (BOSSUET, III Serm. pour Pâques). « Io benedirò il vostro Nome nel secolo. » « Nel secolo, » è nel tempo presente, e « nel secolo dei secoli, » nell’eternità. Cominciare dunque a lodare ora, se lo dovete lodare eternamente. Colui che rifiuta di lodarlo, nel corso passeggero di questo secolo, sarà ridotto al silenzio quando sarà venuto il secolo dei secoli. Per timore che si comprendano altrimenti queste parole: « io loderò il vostro nome nel secolo, » il Profeta ha detto: « in questi giorni che passano, uno ad uno, io vi benedirò. » Lodate dunque e benedite il Signore vostro Dio in questi giorni che passano uno ad uno, affinché, quando i giorni avranno avuto fine, ed il giorno unico che non avrà fine, sarà giunto, voi passiate dalle lodi alla lode, come dalle virtù alla virtù. (Ps. LXXXIII, 8). In questi giorni che passano uno ad uno, egli dice, io vi benedirò, non passerà un solo giorno senza che io vi benedica. Non è strano che benediciate il vostro Dio, quando il giorno è gioioso; ma cosa farete se si presenta qualche giorno pieno di tristezza, secondo il corso ordinario delle cose umane, il gran numero di scandali e la molteplicità delle tentazioni? Cosa farete? Se sopravviene qualcosa di triste per l’uomo, cesserete dal lodare Dio? Cesserete dal benedire il vostro Creatore? Se cessate di farlo, smentirete questa parola: « In questi giorni che passano, uno ad uno, io vi benedirò, Signore. » Se al contrario, voi non cessate in qualche tristezza che il giorno vi ha portato, voi vi troverete bene nel vostro Dio. C’è sempre, in effetti, qualche posto in cui vi troverete bene, anche quando vi troverete male altrove. Perché, se vi troverete male in qualcosa di cattivo, c’è possibilità, senza alcun dubbio, di trovarvi bene in qualcosa di buono. E cosa c’è di meglio del vostro Dio, del quale è detto: « Non è buono che Dio solo » ? (Luc. XVIII, 1, 9) (S. Agost.). – Il Re-Profeta prende l’impegno di benedire Dio tutti i giorni, senza eccezioni. Ma nel numero di questi giorni, ce ne saranno di tristi e di nebulosi; ci saranno giorni di tentazioni, giorni di sofferenze, giorni di tribolazioni. Malgrado questi contrattempi, egli sarà fedele al santo esercizio che si è prescritto; egli canterà le lodi del Signore; lo ringrazierà di tutti gli avvenimenti; adorerà la mano che lo colpisce; e siccome Dio è la bontà e la beltà per eccellenza, questi giorni consacrati al suo culto diventeranno pure dei bei giorni, giorni fortunati, giorni che avranno preso l’impronta della felicità di Dio stesso (Berthier).

ff. 3, 4. – Davide ci mostra or che Dio non ha bisogno delle nostre lodi e delle nostre benedizioni, che gli inni di coloro che lo servono, nulla possono aggiungere alla sua Gloria; perché la sua sostanza è al riparo da ogni diminuzione e da ogni necessità, e le lodi di cui è oggetto volgono unicamente a nostra gloria. Questo non solo per il bene che ci fa, ma ancora e soprattutto è a causa della sua grandezza infinita che noi gli dobbiamo le nostre lodi … Nulla gli manca, ma Egli ha diritto alle nostre lodi, ai nostri inni di adorazione e di amore (S. Chrys.). – La considerazione della grandezza infinita di Dio opera grandissimi effetti nello spirito umano, fortifica la fede, ispira una profonda umiltà, lo stacca efficacemente da tutti i beni creati (Berthier). – « Ogni generazione passando ammirerà le vostre opere. » Queste opere non sono state fatte per sussistere per un tempo solamente e sparire in seguito; la loro esistenza non si limita a due o tre anni, essa si estende a tutto il secolo presente, di tal sorta che ogni generazione possa contemplarle a sua volta, e la generazione attuale e quella che segue, quella che dovrà venire ancora in seguito, tutte le generazioni, in una parola, che si alterneranno sulla terra (S. Chrys.). – « Ed esse annunzieranno la vostra potenza. » In effetti, esse non loderanno le vostre opere se non per rendere pubblica la vostra potenza. Nelle scuole, si danno ai giovani allievi delle lodi da comporre, e questi soggetti di lode son tutte cose che Dio ha creato. Si propone all’uomo di lodare il sole, il cielo, la terra, per discendere agli oggetti minori; si propone lor l’elogio della rosa, l’elogio dell’alloro. Tutte queste cose che si propongono, che si accettano e si lodano, sono opere di Dio; si celebrano le opere, se ne tace il Fattore. Per me, io voglio che sia il Creatore che si glorifichi nelle sue opere; io non amo un lodante ingrato. Come? Voi lodate ciò che ha fatto, e di Lui, che ha fatto queste meraviglie, non dite nulla? Si direbbe veramente che se non fosse così grande, voi trovereste in Lui qualche cosa da lodare. Nelle cose che voi vedete, cosa lodate? La bellezza, l’utilità, qualche forza, qualche potenza. Se la loro bellezza vi affascina, quanto c’è di più bello in Colui che le ha fatte? Voi lodate in esse l’utilità, cosa c’è di più utile di Colui che ha creato tutto? Se lodate in esse la forza, cosa c’è di più potente di Colui che fatto ogni cosa e che, dopo averle fatte, non le ha abbandonate, ma che regge e governa tutto? Ecco perché la generazione e la generazione dei vostri servi non vi lodano, quando lodano le vostre opere, come questi muti parlanti che lodano la creatura e dimenticano il Creatore. Ma come vi lodano? « Ed esse pubblicheranno la vostra potenza. » Lodando le vostre opere esse manifesteranno la vostra potenza (S. Agost.).

ff. 5-7. – Nelle opera del Signore ci sono meraviglie di terrore, meraviglie di grandezza, meraviglie di bontà, meraviglie di giustizia, o di equità, o di fedeltà; ed è in qualche modo questo il piano di omaggi, di cantici, di trasporto di gioia che il Profeta traccia per le future generazioni. Questo esercizio, che comprende tutti i doveri della Religione, non è, per così dire, che un preludio ed una bozza in questa vita. Se queste meraviglie sono infinite – dice San Agostino – come lodarle con dignità, tanto che si è limitati a qualche momento di esistenza? Non si può assolvere a questa funzione che nell’eternità, perché la sua durata è infinita. – Era necessario, aggiunge il santo dottore, aggiungere le meraviglie del terrore alle meraviglie di bontà; perché sarebbe invano che Dio facesse delle promesse, se non stupisse anche con delle minacce. Gli uomini sono presuntuosi, hanno bisogno di essere contenuti dal timore; essi sono lassi, la vista dei castighi rianima la loro vigilanza; infine i doni di Dio sarebbero poco stimati se, con la punizione dei colpevoli, non si facesse vedere quanto sia terribile l’abusarne. San Agostino fa ancora una riflessione che è per tutti i tempi, e ancora più per il nostro rispetto a quello in cui è vissuto il santo Padre. Molta gente – egli dice – parla delle meraviglie sparse in questo universo, e poca del loro Autore. Ci sono, in ogni secolo, degli osservatori curiosi, dei naturalisti, degli astronomi, degli uomini attenti a seguire il corso delle rivoluzioni che avvengono nei corpi ed anche negli spiriti; ma quale cura hanno preso di passare dalle opere della creatura al Creatore, di riflettere sulla potenza che ha prodotto e che conserva tanti esseri di cui la varietà, il numero, le proprietà, sono l’oggetto della nostra ammirazione? Questa osservazione di Sant’Agostino, è di una verità che l’esperienza conferma, e che diviene tanto più sensibili quanto più gli uomini si allontanano dall’origine del mondo. Le luci si accrescono sulle produzioni della natura, sui movimenti dei cieli, sulle ricchezze che la terra ed il mare contengono nel loro seno, e sembra che la conoscenza di Dio diminuisca nella stessa proporzione; si abusa del progresso dei lumi sulle opere di Dio, per forgiare dei sistemi contro Dio; più la natura si sviluppa, più di immaginano ipotesi assurde per bestemmiare il suo Autore. Sant’Agostino chiamava ingrati coloro che lodavano le creature senza adorare Colui che le ha create: qual nome si deve dare a coloro che inventano delle opinioni mostruose, per sottrarre le sue creature a Colui senza il quale esse non esisterebbero? (Berthier). – « Proclameranno dal fondo del loro cuore il ricordo e l’abbondanza della vostra dolcezza. » Felice festino! Cosa mangiano dunque, per riportare nel loro cuore un tale profumo? « Il ricordo dell’abbondanza della vostra dolcezza » Che cos’è il ricordo dell’abbondanza della vostra dolcezza? È ciò che Voi non avete mai obliato, dopo che noi stessi vi abbiamo obliato. In effetti ogni carne aveva obliato Dio, e Dio non ha dimenticato l’opera delle sue mani. Il suo ricordo per noi, che Egli non ha dimenticato, ecco ciò che bisogna pubblicare, ciò che bisogna raccontare; e siccome questo ricordo di Dio è un dolce nutrimento, occorre mangiarlo e spanderne in seguito il profumo. Mangiate in modo da manifestare la vostra sazietà; ricevete in modo da dare. Voi mangiate quando apprendete; vi spandete profumo del vostro pasto, quando insegnate. Voi mangiate quando ascoltate; spandete il profumo del vostro pasto, quando pregate; ma voi non spandete il profumo se non di ciò che avete mangiato. Vedete l’Apostolo S. Giovanni, conviviante sì avido, perché non era sufficiente per lui stare alla tavola del Signore: egli si riposava sul petto del Signore (Giov. XIII, 23) e se egli non beveva a questa fonte nascosta di divini segreti, qual profumo ha poi diffuso al di fuori? « In principio era il Verbo, ed il Verbo era in Dio ». – « Essi spanderanno dal fondo del loro cuore il ricordo dell’abbondanza della vostra dolcezza. » Perché non era sufficiente il dire: vostro ricordo, o il ricordo della vostra dolcezza? Perché occorreva dire: « Il ricordo dell’abbondanza della vostra dolcezza? » Non serve a nulla che una cosa sia abbondante, se essa è senza dolcezza; e questa sarà una pena, se fosse dolce senza essere abbondante (S. Agost.).

ff. 8, 9. – « Il Signore è buono verso tutti. » Perché dunque Dio condanna? Perché colpisce con i suoi castighi? Coloro che Egli condanna, coloro che castiga, non sono forse opera sua? Senza dubbio, essi sono opera sua; e volete voi conoscere che « le sue misericordie si espandono su tutte le sue opere?  Di là viene questa longanimità per la quale Dio fa sorgere il sole sui buoni e sui cattivi. » E non è perché « le sue misericordie si espandono su tutte le sue opere, che Egli fa cadere la pioggia sui giusti e sugli ingiusti? » (Matth. V, 5). Le sue misericordie non si spandono su tutte le sue opere? Egli attende il peccatore con longanimità dicendogli: « Tornate a me ed Io tornerò a voi. » (Malach. III, 7 e Zacc. I, 3). Le sue misericordie non si espandono su tutte le sue opere? Ma quando si dirà: « Andate nel fuoco eterno, preparato per i demoni ed i suoi angeli, » (Matth. XXV, 41), non sarà più la sua misericordia, ma la sua severità che si mostrerà. La sua misericordia la estende su tutte le suo opere, ma la sua severità colpisce non le sue opere, bensì le vostre. Fate sparire le vostre cattive opere; non resteranno più in voi che le opere di Dio e la sua misericordia non vi abbandonerà; ma se conservate le vostre opere, la sua severità si abbatterà non sulle sue opere, ma sulle vostre. (S. Agost.). – Uno degli attributi più importanti di Dio, ed il più degno delle nostre lodi in questo Essere sovranamente perfetto, non è l’aver creato il cielo, perché Egli è potente; l’aver fondato la terra, perché ha in Lui la virtù creatrice; l’aver misurato il corso dell’anno con la rivoluzione degli astri, perché Egli è saggio; l’aver dato all’uomo una esistenza animata, perché Egli è la vita; ma è l’essere misericordioso, essendo pure giusto; è il compatire, pur essendo re; dissimulare con pazienza i peccati degli uomini, pur essendo Dio. La potenza è un attributo essenziale della sua natura, la misericordia non esiste che per la nostra salvezza; per Dio val più non fare uso degli attributi che gli sono propri, piuttosto che comunicare liberamente agli altri ciò che a Lui è. Ecco perché la sua misericordia supera tutte le altre opere di Dio, perché le sue opere meravigliose sono fatte dalla sua natura onnipotente, mentre la misericordia non è essenziale alla natura divina e non si esercita se non per la salvezza dell’uomo. (S. Hil.).

II. – 10-13.

ff. 10-12. – « Che tutte le vostre opere, vi glorifichino, Signore, e che i vostri Santi vi benedicano. » Che vi rendano grazie, che vi elevino un inno di adorazione, sia gli esseri che possiedono la parola sia quelli che non la possiedono. Ciascuno di questi ultimi, in effetti, è costituito in maniera tale che benedica Dio senza poter elevare la sua voce, con la sua sola natura; questi ha come interprete gli uomini che lo vedono e lo utilizzavano a proprio vantaggio; gli esseri insensibili lodano Dio per quel che sono, e gli uomini lo lodano per quel che essi fanno; con il carattere della loro vita. (S. Chrys.). – « Che tutte le vostre opera vi glorifichino, » Ma come? La terra non è opera sua? Gli alberi non sono opera sua? I greggi, le bestie selvatiche, i pesci, gli uccelli non sono forse opera sua? Sicuramente, tutti questi esseri sono opera sua. E come glorificano il Signore? Io vedo, in verità, che le sue opere lo glorificano negli Angeli, perché gli Angeli sono opera sua, e gli uomini sono pure opera sua; di conseguenza quando gli uomini lo glorificano, le opere sue lo glorificano: ma gli alberi o le pietre hanno forse una voce per glorificarlo? Che tutte le sue opere, senza eccezione, lo glorifichino. Ma cosa dite? La terra e gli alberi pure? Tutte le sue opere! Se tutti lo lodano, perché non lo glorificano tutti? Questa armonia della creazione, questo ordine così perfetto, questa bellezza così magnifica che, elevandosi dagli esseri inferiori agli esseri superiori e che, discendendo dai gradi più alti fino ai più bassi, senza alcuna interruzione in questa catena i cui anelli presentano dall’uno all’altro delle differenze mirabilmente proporzionate, tutto questo insieme loda il Signore. Perché dunque questo insieme loda il Signore? Perché contemplando ed ammirando la bellezza dell’universo, lodate il Dio. La bellezza della terra è come la voce di questa terra muta. Voi considerate e vedete la bellezza della terra, ne vedete la fecondità, ne vedete le forze; vedete come essa riceve le semenze, come produca spesso frutti che non avete seminato; voi vedete queste meraviglie e con questa contemplazione voi interrogate in qualche modo la terra, e questo esame è per voi come una interrogazione. E quando questo esame vi ha riempito di ammirazione, quando avete sondato i misteri della natura, quando avete riconosciuto in essa una forza immensa, una magnifica bellezza, una potenza eclatante, poiché essa non può avere questa potenza da se stessa, il vostro spirito concepisce che essa non ha potuto darsi l’essere da sé, e che essa non la ottiene che dal Creatore. In questo sentimento che vi si presenta quando la interrogate, c’è la voce della sua confessione che essa vi presta perché voi stessi lodiate il Creatore; perché, quando considerate la bellezza di tutto questo universo, questa bellezza non vi risponde che con una voce sola: non mi sono fatta io, ma Dio mi ha creato? (S. Agost.). – « Signore, che tutte le vostre opere vi glorifichino dunque, ed i vostri santi vi benedicano; » (Ps. CXLIV, 10); e perché tutti i vostri santi vi benedicano confessando le vostre opere, considerino come la creazione intera confessi il vostro Nome. Ma Voi, degnatevi di ascoltare la loro voce che vi benedice; perché, cosa dicono i vostri Santi, quando vi benedicono? « Essi diranno la gloria del vostro regno e proclameranno la vostra potenza. » Quanto è potente il Dio che ha fatto la terra! Quanto è potente il Dio che ha riempito la terra di beni! Quanto è potente Dio che ha dato a ciascuno la vita che gli è propria! Quanto è potente Dio che ha affidato tante semenze diverse alle viscere della terra, per farne germogliare piante così diverse ed alberi tanto magnifici! Quanto Dio è potente! Quanto Dio è grande! Interrogate la creatura, e la creatura vi risponderà, e voi, santi di Dio, ascoltando la sua risposta che è come la sua confessione, benedirete Dio proclamando la sua potenza (S. Agost.). – « Per far conoscere ai figli degli uomini la vostra potenza e la gloria del suo regno. » Questi beni fanno vedere che il Signore accetta le nostre lodi, perché gli altri siano istruiti circa la sua grandezza. Grande è la potenza di Dio, grande è la sua gloria, ineffabile è la sua maestà, e tuttavia, così grande ed ineffabile com’è, occorrono delle bocche che le proclamino, a causa dell’ignoranza della maggior parte dei mortali. Il sole è certo il più brillante di tutti gli astri, ma gli occhi malati non possono gioire del suo splendore. La provvidenza di Dio è più splendente del sole stesso; ma coloro la cui ragione è pervertita, le cui orecchie sono chiuse; non saprebbero riconoscerla, se lo zelo non li istruisse (S. Chrys.). – I vostri Santi proclamano dunque la gloria della grandezza della bellezza del vostro reame, la gloria della grandezza della sua beltà. C’è dunque per il vostro regno una certa grandezza di beltà; vale a dire che il vostro regno ha beltà, ed una grande beltà. Poiché tutto ciò che ha beltà, ottiene questa bellezza da Voi, quale eclatante beltà deve avere il vostro regno! Che il vostro regno non ci spaventi: c’è una beltà che farà le nostre delizie. In effetti quanto è grande questa bellezza di cui gioiranno i santi, a cui sarà detto: « Venite, benedetti dal Padre mio, ricevete il regno! » (Matth. XXV, 34). Da dove verranno e dove andranno? Vedete e se potete, per quanto possiate, concepisca il vostro pensiero la bellezza di questo regno venturo, in vista del quale noi diciamo nella nostra preghiera: « Venga il vostro regno. » (Ibid. VI, 10). In effetti noi desideriamo l’avvento di questo regno; i Santi ci annunciano che questo regno arriverà. Considerate questo mondo, esso è pieno di bellezza. Quale splendida beltà nella terra, nel mare, nell’aria, nel cielo, negli astri! E tutte queste magnificenze non stupiscono colui che le consideri? E questa bellezza non è così perfetta da sembrare che non se ne possa trovare una più bella? E dappertutto i vermi, i topi e tutti gli animali che strisciano sulla terra, vivono con voi o in mezzo a questa beltà; si, essi vivono qui con voi, in mezzo a tanta bellezza. Quale deve essere lo splendore laddove solo gli Angeli vivono con noi? Ecco perché il salmista non si è accontentato di dire: « la gloria della beltà; » perché si può dire « la gloria della beltà » parlando di ogni bellezza che esiste in questo mondo, sia che fiorisca sulla terra, sia che brilli in cielo; ma le parole: « ma la grandezza della beltà del vostro reame, » presentano alla nostra immaginazione qualche cosa che non abbiamo ancora visto, alla quale crediamo senza averla vista, che desideriamo perché ci crediamo, ed il cui desiderio ci darà la forza di sopportare tutto con pazienza. È dunque questione della grandezza di una certa beltà; amiamola prima di vederla, al fine di possederla quando la vedremo. (S. Agost.)

ff. 13. – Il Profeta fa risaltare la differenza essenziale del regno di Dio con il regno dei principi della terra. Il dominio di costoro è soggetto a continue rivoluzioni: rivoluzioni nelle loro persone, poiché la morte li toglie successivamente al loro popolo; rivoluzioni nella loro fortuna, perché sono soggetti a provare delle disgrazie inaudite dopo una lunga serie di prosperità, delle sconfitte dopo le vittorie, delle turbolenze dopo anni di pace e di gloria; rivoluzioni nei loro Stati, poiché i più potenti periscono, i più deboli si ingrandiscono, e coloro che erano sorti dai detriti e dalle rovine, divengono i più rigogliosi. Il regno di Dio si estende per tutti i secoli, a tutte le generazioni; e, quando le generazioni non saranno più, esso sussisterà ancora, perché è eterno (Berthier).  

III. — 14-22.

ff. 14. – « Il Signore è fedele nelle sue parole. » Cos’è in effetti che abbia promesso e che non abbia dato? « Il Signore è fedele nelle sue parole. » Ci sono delle cose che ha promesso e che non ancora ha dato; bisogna crederlo dopo ciò che ha già detto. « Il Signore è fedele nelle sue parole. » Noi potremmo credere solamente alla sua parola, ma Egli non ha voluto solamente parlare, ci ha voluto dare la sua Scrittura come pegno; come voi stessi fareste, volendo dire ad un uomo promettendogli una cosa: Voi non mi credete, io vi do uno scritto. In effetti, siccome ogni generazione passa ed un’altra le succede, e così i secoli completano il loro corso con l’arrivo e la dipartita successiva dei mortali, occorreva che la Scrittura di Dio sussistesse e restasse un biglietto di Dio, che tutti gli uomini potessero leggere passando sulla terra, al fine di seguire la via delle sue promesse. E quanti impegni su questo biglietto si sono già compiuti! Possono essi esitare a credere alla resurrezione dei morti ed alla vita futura, le sole promesse che non si sono ancora compiute, allorché  gli stessi infedeli devono arrossire quando Dio entra in disputa con essi. Se Dio vi dicesse: voi avete nelle mani la mia obbligazione; io ho promesso di giudicare gli uomini, di separare i buoni dai malvagi, di dare ai fedeli il regno eterno, e voi vi rifiutaste di credervi? Leggete dunque nel mio biglietto tutte le promesse che Io ho fatto ed entrate in disputa con me;« sicuramente, se voi esaminate tutto ciò che ho già pagato, voi potete credere che io pagherò tutto ciò che ancora devo. In questo biglietto, Io vi ho promesso il mio Figlio unico; Io non l’ho risparmiato, e lo ho offerto per voi; (Rom. VIII, 32); inscrivete questo debito al numero dei miei pagamenti (Act. I, 8-11; II, 4). Io ho promesso, con questo biglietto, l’effusione del sangue ed il coronamento dei miei gloriosi martiri; aggiungete questo debito al numero dei miei pagamenti. (S. Agost.). –  « Egli è santo in tutte le sue opera. » La santità: tale è la legge dell’essere di Dio, della sua vita, della sua operazione, delle sue opere e delle creature che lascia cadere dalle sue mani: « Santo, Santo, Santo è il Signore! » esclama il Profeta. La santità! In questa unica parola si trova raccolto tutto ciò che Dio è, tutto ciò che Dio fa. Prima dei tempi, quando Egli era ancora solo con se stesso al suo tempo, suo luogo e suo tutto, e dopo tutti i secoli, quando le creature, al termine della loro corsa, rientreranno nel riposo che Egli ha loro assegnato, Dio sempre è Santo, Santo in se stesso, Santo negli eletti, Santo nei riprovati, Santo nel più alto dei cieli, Santo nel fondo degli abissi dell’inferno. Principio e fine di ogni cosa, Egli si impone ad ogni vita per santificarla, ed opera questa santificazione con un contatto misterioso che vivifica o che uccide, che consuma nella salvezza o nella perdizione, ma che sempre è santo. (Mgr BAUDRY, Le Coeur de Jésus, 331). – Dio è santità infinita, perché l’Essenza divina è la radice e la sorgente di ogni santità. Egli è santo, perché Egli è la regola, il modello, l’esemplare di ogni santità; Egli è santo perché è l’oggetto di ogni santità, che non può essere che l’amore di Dio e l’unione con Lui; Egli è Santo, perché e il principio di ogni santità, che Egli diffonde negli Angeli e negli uomini, e che è l’ultimo fine verso il quale la santità è necessariamente diretta. Supponendo anche che noi siamo santi, cosa sarà la nostra santità creata nell’essere comparata a quella di Dio? Egli è Santo in se stesso, e da se stesso, Santo per essenza, ciò che è impossibile ad una creatura che, secondo la teologia, non può essere, per sua natura, Figlio di Dio, Essere impeccabile, avere lo Spirito Santo e vedere la natura divina. La nostra santità consiste nei doni sopraggiunti gratuitamente alle debolezze ed alle incapacità della nostra natura finita; quella di Dio è sostanziale, è la sostanza sua propria; la nostra non è che una qualità, un accessorio, una illuminazione dello spirito ed un movimento del cuore che ci vengono da Lui; quella di Dio è infinita e nella sua intensità, e nella sua estensione, come noi non ne abbiamo, ahimè! Bastano parole molto basse per esprimere l’estrema debolezza, il deplorevole languore, la povertà della nostra santità più eclatante e più ardente. La santità di Dio è infinitamente feconda, perché essa è l’origine, il sostegno, l’esempio, l’incoraggiamento di ogni santità creata; la nostra è feconda anche, perché è nella natura della santità, ma quanto poco abbiam fatto, a quante anime abbiamo insegnato a conoscere Dio ed amarlo? (FABER, Le Créât, et la Créât., p. 145, 146).

ff. 15. – Il Profeta, dopo avere attestato la grandezza del regno di Dio, la verità della sua parola, l’inalterabile santità della sua condotta, parla di nuovo della sua clemenza, che soprattutto fa la gloria del suo regno; egli ce la presenta sostenente coloro che sono ancora in piedi, prevenendo la caduta di coloro che sono sul punto di cadere, rialzando infine coloro che sono a terra e, cosa più mirabile, non a questi o a quelli, ma a tutti accorda una tal grazia, a tutti, senza eccettuare i poveri, gli uomini della condizione estrema. Egli è il Signore di tutti, non saprebbe passare al fianco di un uomo caduto, né chiudere gli occhi su colui che vacilla. Ciò che Egli fa per l’umanità intera, lo fa per ciascun uomo in particolare; Se questi è tra i caduti che non si rialzano, non è perché gli manchi il soccorso, è perché non vuole profittarne. (S. Chrys.). 

ff. 16, 17. – Il Re-Profeta passa dopo ad un altro ordine di benefici: « E Voi date a tutti il loro nutrimento al tempo opportuno. » Questo non è precisamente la pioggia, la terra o l’aria, è l’ordine stesso di Dio che produce la messe o i frutti « nel tempo opportuno, » per ricordarci che ogni cosa ha il suo tempo determinato, che le produzioni della terra cambiano con le stagioni. Nulla manifesta in modo più evidente, la saggezza di Dio, che questa attenzione che ha nel non darci in ogni tempo ed a distribuire le nostre risorse nel corso dell’anno (S. Chrys.). – « Dio concede a tutti il loro nutrimento in tempo opportuno. » Egli assiste gli indigenti quando sono nel bisogno, non accorda il superfluo a coloro che lo desiderassero per abusarne; Egli spoglia qualcuno dalle sue ricchezze, perché le possiedono a sproposito e senza utilità per il bene degli altri. La sua Provvidenza è asservita alle circostanze, ai bisogni, allo stato, ai doveri di tutti gli uomini (Berthier).

ff. 18. – « Il Signore è giusto in tutte le sue opere. » Sia che Egli colpisca, sia che guarisca, il Signore è giusto e non c’è ingiustizia in Lui! Tutti i Santi, in mezzo alle afflizioni che hanno subito, hanno cominciato con il lodare la sua giustizia ed hanno così implorato i suoi benefici, hanno cominciato col dire: ciò che Voi fate è giusto! Così pregava Daniele, così pregarono gli altri Santi: giusti sono i vostri giudizi, la nostra sofferenza è meritata, la nostra sofferenza è giusta. (Dan. III, 27 e IX, 5). Essi non hanno attribuito a Dio alcuna mancanza di equità, non lo hanno tacciato né di ingiustizia né di errore; essi hanno cominciato con il lodarlo quando li castigava ed è così che hanno sentito che li nutriva. « Il Signore è giusto in tutte le sue vie. » Che nessuno lo creda ingiusto, quando soffra qualche dolore; ma che lodi la giustizia di Dio ed accusi la propria ingiustizia: « Il Signore è giusto in tutte le sue vie e Santo in tutte le sue opere. » (S. Agost.).

ff. 19. – « Il Signore è vicino a tutti quelli che lo invocano in verità. » Molti lo invocano, ma non in verità. Se cercano di ottenere da Lui qualche altra cosa che non sia Lui, essi non lo cercano. Perché amate Dio? Perché mi ha dato la santità! Il fatto è evidente, è Lui che ve l’ha data; perché la salvezza non può venire da nessun altro che Lui. Io l’amo, perché Egli mi ha dato, a me che non avevo nulla, una sposa ricca che mi serve bene. È Lui che ve l’ha data, voi dite il vero. Io l’amo, perché mi ha dato figli numerosi e buoni, mi ha dato dei servi, tutti i miei beni. È per questo che l’amate? È per questo che non domandate nulla più? Avete ancora fame, battete ancora alla porta del padre di famiglia, c’è ancora qualcosa da darvi: voi siete nella mendicità in mezzo a tutti questi doni che avete ricevuto, e non lo sapete; voi portate ancora gli stracci della vostra carne mortale; voi avete dunque ricevuto la veste gloriosa dell’immortalità, o essendo già sazi non la chiedete? « Beati coloro che hanno fame e sete di giustizia, perché saranno saziati. » (Matth. V, 6). Se dunque Dio è buono, perché vi ha dato questi beni, quanto sarete più felici quando Egli si sarà dato Egli stesso a voi! Voi avete desiderato tante cose da Lui, ma io ve ne scongiuro, desiderate anche Egli stesso, perché veramente questi beni non sono più dolci di Lui, o piuttosto non gli sono in alcun modo paragonabili. Di conseguenza, colui che preferisce Dio, pur avendo ricevuto i doni di cui si rallegra, a tutto ciò che già ha ricevuto da Dio, costui invoca Dio in verità. (S. Agost.).

ff. 20. – Ci è sufficiente chiedere con fede e nell’ordine della salvezza, sollecitare con una convinzione indistruttibile, per essere esauditi almeno nella maniera più utile ai nostri veri interessi. È vero, e questi mirabili risultati non sono che il commentario di queste parole del Profeta: « Dio farà la volontà di coloro che lo temono e, a maggior ragione, di coloro che lo amano. » Il Signore – dice Origene – vuole che, nella preghiera, le nostre disposizioni siano tali come se parlassimo ad un altro Dio: Io voglio che siamo i figli di Dio, affinché siamo i coeredi di suo Figlio. (Orig. Hom. II, in Ps. XXVII, 34). – « Egli farà la volontà di coloro che lo temono. » Qual uomo non crederebbe di degradare la divinità con espressioni simili: « Fare la volontà? » Qual re, qual principe direbbe di fare la volontà dei suoi sudditi? E di chi oserebbe dirlo come di un elogio? A maggior ragione, nessuno oserebbe dirlo di Dio. È che in tutte le nostre idee sulle grandezze divine, quando queste idee non sono che nostre, noi uniamo sempre involontariamente ciò che in noi si mescola più o meno in ogni grandezza, cioè l’orgoglio. Dio non saprebbe essere orgoglioso, perché non può compararsi al nulla, ed è per questo che non può temere come noi, di discendere. (La Harpe).

ff. 21, 22. – Vedete – dice Sant’Agostino – qual sia la severità di Colui che ritrova tanta clemenza e tanta bontà. Egli salverà tutti coloro che mettono la speranza in Lui, tutti i fedeli, tutti coloro che lo temono, tutti coloro che lo invocano in verità, « ed Egli perderà tutti i peccatori, » cioè coloro che perseverano nei loro peccati, coloro che disperano del perdono dei loro peccati, e che con questo disperare possa accumulare peccati su peccati, o coloro che, con una colpevole presunzione, si prometteno il perdono, e che questa promessa che si fanno, li ritenga nel peccato e nell’empietà (S. Agost.).