LE BEATITUDINI EVANGELICHE (-8A-)

LE BEATITUDINI EVANGELICHE (- 8A-)

[A. Portaluppi: Commento alle beatitudini; S.A.L.E.S. –ROMA, 1942, imprim. A. Traglia, VIII, Sept. MCMXLII]

CAPO OTTAVO

Beati qui persecutionem patiuntur propter justitiam: quoniam ipsorum est regnum cælorum.

[Beati i perseguitati]

I.

LA PROVA DI FEDELTÀ

Ma sapeva il Signore, che i suoi seguaci in tutti i secoli sarebbero stati colpiti dalla calunnia, dalle malvagie accuse, dalla persecuzione in vasta misura? Egli lo leggeva nell’avvenire con il suo occhio infallibile e anche nella sua personale esperienza. Poteva perciò ammonire con senso paterno i pochi intimi. La folla anche se avesse ascoltato una simile profezia non l’avrebbe saputo intendere nel suo giusto senso, e si sarebbe scandalizzata. Agli intimi darà spiegazioni. Tuttavia anche la folla ascolti, e tutti, perché in seguito non si ritengano ingannati o illusi. – Desiderano essi vivere quaggiù come la turba? Beati non saranno mai; qualunque sia per essere la loro accortezza. Intendono essi di assicurarsi un avvenire sicuramente felice? Siano capaci di affrontare anche la persecuzione. Malevolenza, calunnia, tormenti morali e anche fisici, come darà lui medesimo esempio tra breve, Su codesta strada, siano certi, troveranno la beatitudine, che non soffre diminuzioni.Saranno beati, non soltanto perché Dio nell’altra vita ha modo di premiare ogni sacrificio compiuto per Lui, ma proprio qui, come inizio visibile della eternità felice. – Non è proprio vero, che soltanto dopo questa esistenza tormentata, assente da ogni agio, spesa totalmente e austeramente per il bene, arida, fredda, oscura, malmenata e appesantita dal malvolere di molti, possa riceversi da Dio la prova del suo compiacimento. Anche ora il giusto è sovente scoperto, riconosciuto, premiato. Egli non sempre ne sarà consapevole; ma qui gli uomini sanno indovinare la bontà, anche se non sappiano essere buoni sempre.

UN’ANIMA

Leggo il titolo di alcuni capitoli della mirabile vita di santa Elisabetta d’Ungheria, langravia di Turingia. « Come la cara santa Elisabetta fosse cacciata dal suo castello coi suoi teneri figli e ridotta all’estrema miseria; e della ingratitudine grande e crudeltà degli uomini inverso di lei ». « Come il misericordiosissimo Gesù consolasse la cara santa Elisabetta nella sua miseria e nel suo abbandono, e come la dolcissima e misericordiosissima e clementissima Vergine Maria venisse a istruirla e fortificarla ». « Come i cavalieri di Turingia facessero pentirsi il langravio Enrico della sua fellonia e rendere giustizia alla cara santa Elisabetta ». – Tutta la storia della santa si può intuire da questi argomenti. Perduta la potenza con la morte del marito durante la crociata, essa cade vittima del cognato. È ammirabile la sua condotta in questo frangente. Cacciata di notte dalla sua casa, insieme ai figli, essa si reca alla chiesa dei cappuccini, che era aperta mentre si cantava mattutino e fa intonare per carità il Te Deum di ringraziamento al Signore per la sorte toccatale. – Ma il Signore non l’abbandona e presto viene la rivincita. Se poi questa non fosse venuta, la sua vittoria era piena e nella coscienza di tutti i buoni, dei quali il giudizio morale soprattutto conta, e nella propria coscienza, la quale conta anche maggiormente. Non occorre di più in questa misera esistenza terrena. La nostra posizione è necessariamente incomoda. Il mondo essendo posto « totus » nel maligno, che cosa possono pretendere coloro che aspirano invece a servire Dio? – Lo spirito del mondo è l’antitesi dello spirito di Dio. Anche prima di Cristo era così. Chi aspirava a giustizia, era considerato come nemico. Non lo si legge di Aristide? Fu bandito da Atene perché i suoi concittadini erano stanchi ed annoiati di sentirsi ripetere, che egli era « giusto ». E di Socrate pure si legge, che fu condannato a bere la cicuta, perché aveva insegnato troppo assiduamente di amare la virtù. – Il mondo è un campo di battaglia nel quale la luce combatte contro le tenebre, il bene contro il male; chiunque si sforza di propagare la luce e di fare il bene, lavora a vantaggio di Colui che fu detto Sole di giustizia. Come il mondo potrà tollerarli? Se volessimo recare esempi, quanti mai ne avremmo nella storia dell’umanità! Abele fu perciò ucciso da Caino; Abramo fu visto di malo occhio dai Cananei, perché fu il primo ad onorare il vero Dio; Isacco perseguitato da Ismaele; Giacobbe da Esaù; Giuseppe dai suoi fratelli, che lo vendettero, simulando che fosse stato divorato dalle fiere, ma le fiere erano essi. – E Gesù Signore fu soppresso dai Giudei, fratelli di sangue. Sicché san Gerolamo commenta: « Un giorno non mi basterebbe se volessi enumerare in quanti modi gli empi prevalgono quaggiù sui giusti e li opprimono ». (Com., in Habacuc). C’è anche la storia della Chiesa, ci sono le vite dei Santi, per somministrarci esempi. Ma chi non ne ha esperienza personale? Non perché ciascuno si possa sentire Santo; ma perché ogni volta che uno fa sinceramente bene, incontra ostacoli, che invece non incontra allorché seconda lo spirito del demonio. « Ho amato la giustizia, ed ho odiato l’iniquità, diceva sul letto di morte il Papa Gregorio VII, propterea morior in exilio ». E la persecuzione può venire da ogni parte, anche dalle meno pensabili.

DIO È MEDICO

La persecuzione prende anche le forme meno solenni e visibili e agisce sullo spirito sottilmente, copertamente, con gli effetti del fiele da cui una vita può essere disfatta senza apparire. Dai prossimi più intimi, nella stessa tua famiglia, nel tuo gruppo sociale, con il quale dividi gli ideali e la sorte dell’apostolato e del sacrificio, nel respiro della medesima fede. E forse questa è la più acre e avvelenante. La più difficile da concepire e da tollerare. Nondimeno il Signore soccorre, medica, consola, sostenendo sino all’estremo. E gli effetti per l’anima sono veramente sostanziosi. Una purificazione senza pari, un consolidamento della fiducia in Dio solo, una più chiara visione dell’intervento di Lui, una più massiccia decisione della volontà d’aderire con pienezza a Dio. Gaudio dell’anima ringiovanita e fatta più castamente ardente per la virtù. « Dio è medico, dice sant’Agostino, è tu hai ancora qualche infezione. Tu gridi, ma egli ha ancora qualcosa da potare. Ed egli non leva la mano sin che non ci sia qualche cosa, secondo il suo giudizio, da togliere. È medico crudele quegli che si lascia commuovere dai lamenti del paziente e perdona alla ferita e all’infezione. Osserva le madri: con quale energia esse trattano i loro piccoli nel bagno, per la loro salute!… Difettano forse di tenerezza? Tuttavia i loro bimbi gridano, ed esse non li ascoltano. Così il nostro Dio è pieno di carità, ma pure non sembra che ci ascolti, per guarirci e risparmiarci nell’eternità ». (Enarr. in Ps., XXXIII, 16). – Tutto questo non scusa i persecutori. È Dio mirabile nella sua arte di prodigioso utilizzatore del male a beneficio dei suoi. Ad essi Egli dà così, per via solo a lui praticabile, la beatitudine, che è un bene senza confine e senza pari. Piuttosto che lagnarci, facciamo d’essere fra i perseguitati anziché fra quelli che perseguitano, fra le vittime piuttosto che fra i carnefici. Siamo, sì, strumenti in mano al Signore, ma a servizio della virtù e non del vizio. Qui è meglio ricevere che dare. Poiché dare è frutto di cattiveria, ricevere è atto di adesione al Signore, che apprezza l’accorta virtù di chi si piega senza colpa a sopportarne il peso e il castigo.

II

NON DIAMO PRETESTO AI PERSECUTORI

Ci sono Cristiani i quali porgono ai maligni il fianco alle critiche e alle persecuzioni? Ci sono. È una delle conseguenze della umana fragilità. Si aderisce ad un grande ideale di vita, e si rimane indietro alla retroguardia di tutte le infermità morali, onde è tempestata la nostra esistenza quaggiù. Aneliti sinceri ma facili, cedimenti incresciosi e d’ogni dì.

I PRETESTI CI SONO

È vero, che talora passano, come aderenti a Cristo, anime dannate e che a Cristo offrono il segno della loro considerazione, calpestandone la legge e negandone i principi di vita. Disertori dall’esercito pacifico dei suoi veri seguaci, si fanno belli del suo nome e dei meriti dei fedeli per accaparrare profitti. Negatori delle sue verità, si adornano, data occasione, della fragranza delle parole del divino Maestro e della sua Chiesa. Usano della conoscenza, che ne hanno, attraverso la buona educazione, per coprirla di ingiurie e perseguitarla con la calunnia. Traditori come Giuda, ve n’ha ancora e quanti… Son questi i più pericolosi fra i persecutori, perché sono informati delle fragilità umane, che anche i migliori debbono portare con sé giorno per giorno. – I loro metodi di persecuzione hanno del diabolico. Con la negazione delle fondamentali verità della Fede, accoppiano il disprezzo e il ridicolo. Sicché sovente presso il pubblico ignaro giungono ad ottenere l’effetto di uno stupore e di un disagio umiliante e deprimente. Vi sono poi i trascurati. A questi guardano i primi, per dire a colpo sicuro, che la Fede è da cercare fra le donnette, ma che non esiste neppure più in troppi membri della Cristianità. Poiché le loro povertà di opere li fa insignificanti parti della società; soprattutto la deficienza della carità verso i bisognosi, li fa oggetto di facile critica ed esposti alla demolizione della loro sincerità di fedeli. La carità in vero, è la prova della convinzione d’appartenere al Corpo mistico di Cristo. Lo si può affermare ed insegnare, ma se le opere non corrispondono, e il bisognoso dell’elemosina e della indulgenza e comprensione morale fa difetto, a che serve la stessa Fede? Sicché costoro sono una autentica zavorra della comunità della Chiesa e forniscono il pretesto di polemiche e di persecuzioni.

NON LE RAGIONI

È pur vero, che Gesù nostro Signore ha insegnato che fossimo « perfetti » come lo è il Padre. Ed è questo l’ideale splendente che irraggia su ogni novella anima, dall’istante che viene irrorata dalle onde battesimali. La giovinezza di molti poi si svolge nell’atmosfera di purezza c di ardore, che li fa aderenti ad esso e li cresce nel dolce clima dell’amore delle cose alte. Ma in seguito viene la prova delle tentazioni, delle seduzioni mondane, le insidie di cui si incaricano con il Demonio anche la carne e il mondo. Parecchi cedono presto all’assalto, non proprio interamente; ma si fanno tiepidi, fiacchi, esitanti al sacrificio, che la battaglia impone. Che cosa volete dire contro la condotta della guerra se il soldato, anziché entusiasmarsi del coraggio del capitano, si intimidisce e abbandona il posto? E Gesù è il capitano in questa resistenza al male, e son degni di lui tanti suoi rappresentanti, da lasciare nell’insieme dei militi la più schietta ammirazione. Ma i deboli non difettano e la loro condotta offre motivi di critica e di maldicenza. Sono anime non affatto indegne della divisa che vogliono portare, ma c’è della zavorra nella loro condotta e, se occorre riconoscerla, bisogna altresì dare aiuto e protendere loro la mano, invece di gravarla sulle accuse ed esporli alla irrisione dei malevoli. Stimolarli, spingerli avanti con l’esempio più schietto di calore, di fervore, di santa letizia. Anche da queste constatazioni, che talvolta affiorano nella cronaca quotidiana ed entrano nell’ambito della conversazione di famiglia, la mamma accorta sa trovare argomento per sollecitare le volontà alla interezza della fede consapevole e vissuta. Le mezze misure del tiepido Cristiano sono tradimento della verità e di Cristo stesso, sono frode alla buona fede e tranelli contro il prossimo e illusione nociva a chi le va perpetrando. Le debolezze della vita morale devono essere battute in breccia con chiarezza di portamento consapevole e non scusate o velate al proprio occhio. La pietà ipocrita non serve e danneggia sempre. Si faccia tuttavia ben rilevare la bassa astuzia del persecutore, che abusa di ombre, incolpabili ai singoli, per oscurare lo splendore della veste, che orna il corpo mistico di Cristo. La Chiesa soffre di codeste cattiverie, ma il suo dolore è vivo soprattutto per il danno che colpisce gli ignari scandalizzati e le anime stesse dei colpevoli. Ogni Cristiano senta la maternità della Chiesa e se ne serva nei frangenti più difficili quando il tiepido scivola nella ingratitudine. – Il Cristianesimo si presenta al mondo come una potenza di elevazione spirituale. Non soltanto il suo Fondatore ha giustificato un tale concetto, ma tutta la sua storia ne è una dimostrazione. Gli effetti del suo lavoro nei secoli sono troppo evidenti; e, benché il peso delle fragilità umane venga ogni momento a gravare sui settori secondari della sua attività, sono palesi le elevate mète raggiunte, la nobiltà di schiere di anime, la distinzione di tanti suoi membri, l’efficacia stimolante per le folle che ne vissero. Oggi si tende a sopravalutare le deficienze della media e la esiguità del suo successo complessivo sulla vita sociale.

LA PIÙ GIUSTA REAZIONE

Questa tendenza antistorica, è il massimo argomento in mano ai negatori e agli illusi fondatori di una certa nuova religione mitica e psicologica. In ogni tempo ci furono fuggiaschi dalla Fede di Cristo. Non ci furono tra gli Apostoli stessi? Eresie, che travolsero intere regioni, vigoreggiarono per secoli. Scismi durano ancora e di proporzioni formidabili. Ma che cosa valgono nei riguardi della essenza del Cristianesimo? Non prevarranno « le porte dell’Inferno ». Le vicende particolari non contano. E pare, che due mila anni possano bastare a provare la consistenza intima e la divina protezione su di esso. I frantumi che lo circondano servono a dargli rilievo. A noi si impone di non servire codeste deviazioni dei giudizi degli uomini. Spetta ad ogni fedele di Cristo il dovere di compiere le opere della virtù con tutta quella perfezione, che esige il servigio di Dio. In tal modo offriremo al mondo l’esempio di cui ancora ha bisogno per ravvedersi e migliorare. Come sarà grande la nostra gioia lassù, allorché il Signore ci riceverà coronati dalle spine della persecuzione, che se non gli altri, noi a noi medesimi avremo confitto intorno alla nostra fronte, per amor suo e dei suoi fratelli! Ci sentiremo invitati ad accostarlo, a sedere a Lui vicino, a godere della sua intimità, poiché l’avremo in qualche senso meritata, vivendo quaggiù nella sua sequela più umile e disagiata. – Ma intanto intorno ai servi buoni si sviluppa un alone di vera simpatia, che attira al Signore e alla Chiesa gli sviati, gli ignari, quelli che soltanto per errore si erano allontanati dalla strada del bene. La virtù così praticata porta alla beatitudine di un efficace apostolato. Conferisce alla somiglianza viva con Gesù. Non sarà consolante di poter esclamare come alcune anime sante hanno fatto quaggiù: «Signore, se sono piccolo e fiacco, la mia energia l’ho spesa tutta per te! ». – Che cosa peseranno allora le calunnie, le ingiurie, le persecuzioni, quando tutto sarà messo a chiaro e ognuno si renderà conto del premio offerto da Dio alla nostra piccolezza? Santa Giovanna d’Arco, in un dramma letterario, a un certo punto chiede: « Signore, tu, che hai preparato questa contrada, dimmi quando essa sarà alfine pronta per ricevere i tuoi santi? Quanto tempo dovrà ancora passare, o Signore, quanto tempo? ». Sappiamo, ormai, che tocca a noi di essere questi santi. Quando ci decideremo a farci tali?

III

COME I SANTI AFFRONTANO LA PERSECUZIONE

CONCEZIONE AGONISTICA

Parliamo di cose irreali? Dove sono i segni d’una prova, che Iddio sia per chiedere ai suoi seguaci? Non occorre essere informati in misura particolare, per conoscere quanti popoli siano nel crogiolo della durissima prova della loro fedeltà al Cristo Signore. Le persecuzioni sono permanenti qua e là contro la Chiesa Cattolica. Ora è una nazione ora è l’altra; mentre essa benefica tutte le nazioni e consola tutti i popoli guidandoli alla salvezza, per la via della civiltà. Le sue vittorie son queste. Fin che essa è in grado di sostenere la fiducia nel bene, che è il dovere verso Dio e verso il proprio Paese, la Chiesa si dichiara soddisfatta e contenta di soffrire su quella strada feconda. Ma ciascuno è pure impegnato personalmente a sostenersi in faccia alle prove, che sono le opposizioni dello spirito del male e le seduzioni che esso esercita contro di noi. Non è una prova permanente questa? Non siamo noi così senza respiro nella persecuzione? Chi non rimane quasi permanentemente in stato di allarme, domani sarà con probabilità uno sconfitto. La battaglia è ingaggiata dal principio del mondo. La prova è d’ogni istante. La resistenza deve essere costante e vigile. Salda la convinzione della verità e delle sue basi storiche. Chiari i fondamenti razionali e le prove comuni, per sostenere le piccole obbiezioni quotidiane. Crescente l’impegno e l’accortezza per conoscere le ragioni della condotta della Chiesa e le difficoltà, che essa incontra qua e là. Soldato consapevole dei suoi doveri e delle difficoltà da superare, deve oggi insomma essere il fedele di Cristo. Se non che combattere è atto dello spirito e questo ha da essere nutrito e sostenuto con cura. Indichiamo tre atteggiamenti necessari allo scopo di sostenere la parte d’un saggio milite di Cristo. Innanzi ogni altra cosa un vivo senso d’umiltà.

ALCUNI CONSIGLI

È tanto facile convincersene, quando uno osservi le proprie insufficienze in cento aspetti della giornata intima e del lavoro. L’umiltà è un giudizio veritiero della propria condizione. I doni di Dio, le buone opportunità in cui siamo venuti a trovarci, la riuscita di questo o di quest’altro affare, sono in gran parte da attribuirsi ad altri che a noi. Chi se ne esalta dimostra di non averne rilevata l’origine. Splendori effimeri sono certi modi di intendere la propria consistenza morale e intellettuale. Fuochi fatui sono certi sogni fioriti soltanto nella fantasia. Quando io sono sincero con me medesimo e non tengo conto delle lusinghe o delle facili adulazioni, sento la mia povertà e mi stupisco della considerazione che presso taluni posso forse godere. Riflettiamo, che l’orgoglio allontana le simpatie e l’umiltà ci concilia quella degli Angeli e Dio ci ama. Riconosciamo il suo potere e la sua volontà; siamo soggetti ai suoi comandi senza inani proteste; siamo pronti ad accettare i doveri, i posti, le responsabilità che Egli ci affida ed egualmente disposti a rinunciarvi. Docili così, non può che rallegrarsi con noi e compensarci in proporzione. Come l’orgoglio che è il principio d’ogni peccato » (Eccli., X, 15), così l’umiltà è il piano su cui tutte le virtù si possono erigere. Cara virtù, che attira altresì la benevolenza degli uomini. Essi non sono mai minacciati nei loro possessi o materiali o spirituali dall’umile, e da questi ricevono esempi di remissività, di indulgenza, di bontà. L’umile non si appropria nulla da alcuno e riconosce a ciascuno il suo. E questa è la condizione prima di godere buona pace col prossimo. La seconda condizione per sostenere efficacemente la persecuzione è la piena confidenza in Dio, per cui si rimette a Lui la difesa della sua causa e non si reagisce con alcuna delle forme usate dagli uomini del mondo. Come fece il Signore. Si legge nel salmo XXXVII: « Sono diventato come un uomo che non ode e che non ha parole di risposta nella sua bocca. Poiché in te, Signore, ho poste le mie speranze; e tu ascoltami, Signore Dio mio ». – « Il Signore, scrive sant’Agostino, ti mostra ciò che devi fare, se la persecuzione si abbatte su di te. Tu cerchi di difenderti e nessuno ti presta ascolto. Eccoti colmo di turbamento, come se avessi perduta la tua causa: nessuno ti difende, nessuno reca testimonianza in tuo favore. Ma se l’accusa ha prevalso contro di te, ciò è soltanto davanti gli uomini: pensi tu che così avverrà anche al tribunale di Dio, dove la tua causa deve essere trattata in appello? Quando avrai Dio per giudice, tu non avrai altro teste che la tua coscienza. Tra essa e questo giusto Giudice, non temere nulla, se non la tua causa. Che questa non sia cattiva e tu non avrai né accusatori da temere, né difensori da sollecitare ». (Enarr., in Ps. XXXVII, 16). – Questo richiamo alla sovrana giustizia di Dio, capace di correggere qualunque umano errore, è sommamente consolante. Esso ci porta a concepire un assoluto abbandono in Lui, anche fra le laceranti angustie e le delusioni dalle quali l’umana accortezza sia incapace di liberarci.

METODI GLORIOSI

Non dico neppure, che la fiducia in Dio miri ad ottenere questo intervento risolutivo a nostro vantaggio. La fiducia deve avere un altro oggetto. La santa Chiesa non intende ottenere, pregando, la immediata fine della persecuzione; sebbene che la intenzione del Signore, il quale è sempre Padre, sia raggiunta nel miglior modo per la sua gloria e per la salute dei suoi figli. Altrettanto dobbiamo fare noi. Fiducia nella bontà di Dio. In Lui ci riferiamo in ogni tribolazione con la speranza della salute dell’anima, raggiunta con quelle forme e con quei mezzi, che siano di suo gradimento. Sicuri, come rimaniamo in qualunque frangente, della sua saggezza e del suo paterno amore. Lasciamo fare a Lui, che conosce i nostri bisogni. – È per questo atteggiamento del tutto superiore alle capacità dell’uomo, privo di grazia, che le persecuzioni contro la Chiesa, furono di costante profitto persino a molti dei persecutori. Questi strumenti della rabbia di satana e, in diverso senso della divina giustizia, furono sempre così vivamente colpiti dalla sovrumana serenità dei veri Cristiani, dalla loro accettazione del male senza reazioni violenti e ribelli, che sovente ne trassero l’unica conclusione naturale: essere la Chiesa alimentata da un succo divino, i suoi fedeli nutriti da una forza superiore, e la sua missione condotta a termine a dispetto di tutte le più disperate risoluzioni, dalla mano stessa del Signore. È la gloria dei Cristiani nel mondo: d’essere sovente oggetto di odio e di non mai odiare. Anzi di insegnare, con una assiduità e una fermezza che in certi frangenti della sua storia stupisce, che occorre amare gli stessi nemici. « Diligite inimicos vestros, benefacite his qui oderunt vos et orate prò persequentibus et calumniantibus vos » (Mt., V,. 44). – Lo stupore del mondo rimane sempre questa generosità senza uguale nel suo dominio. Si legge di san Francesco di Sales, il quale ebbe a dichiarare a chi lo offendeva atrocemente, che se gli avesse pur cavato un occhio, non avrebbe potuto impedirgli di guardarlo dolcemente con l’altro. Questo stato d’animo è innanzi tutto ispirato dall’amor di Dio, che sa e vede e protegge i suoi, poi dall’amore del prossimo e dall’istinto dell’apostolato, che alberga in ogni cuore di Cristiano. Per questo ognuno si considera « pescatore d’uomini ». Orbene il pescatore con l’amo non attira pesci se lancia sassi. Sappiamo dunque aspettare che si accostino e siano così presi senza violenza.

[Continua …]

Autore: Associazione Cristo-Re Rex regum

Siamo un'Associazione culturale in difesa della "vera" Chiesa Cattolica.