SALMO 26: DOMINUS illuminatio mea et salus
CHAINE D’OR SUR LES PSAUMES
ou
LES PSAUMES TRADUITS, ANALYSÉS, INTERPRÉTÉS ET MÉDITÉS A L’AIDE D’EXPLICATIONS ET DE CONSIDÉRATIONS SUIVIES, TIRÉES TEXTUELLEMENT DES SAINTS PÈRES, DES ORATEURS ET DES ÉCRIVAINS CATHOLIQUES LES PLUS RENOMMÉS.
[I Salmi tradotti, analizzati, interpretati e meditati con l’aiuto delle spiegazioni e delle considerazioni seguite, tratte testualmente dai santi Padri, dagli oratori e dagli scrittori cattolici più rinomati da …]
Par M. l’Abbé J.-M. PÉRONNE,
CHANOINE TITULAIRE DE L’ÉGLISE DE SOISSONS, Ancien Professeur d’Écriture sainte et d’Éloquence sacrée.
TOME PREMIER.
PARIS
LOUIS VIVES, LIBRAIRE-ÉDITEUR RUE DELAMMIE, 13
1878
IMPRIM.
Soissons, le 18 août 1878.
f ODON, Evêque de Soissons et Laon.
SALMO XXVI
[1] Psalmus David, priusquam liniretur.
Dominus illuminatio mea
et salus mea; quem timebo?
[2] Dominus protector vitæ meæ; a quo trepidabo?
[3] Dum appropiant super me nocentes, ut edant carnes meas,
[4] qui tribulant me inimici mei, ipsi infirmati sunt et ceciderunt.
[5] Si consistant adversum me castra, non timebit cor meum.
[6] Si exsurgat adversum me prælium, in hoc ego sperabo.
[7] Unam petii a Domino, hanc requiram, ut inhabitem in domo Domini omnibus diebus vitæ meæ,
[8] ut videam voluptatem Domini, et visitem templum ejus.
[9] Quoniam abscondit me in tabernaculo suo; in die malorum protexit me in abscondito tabernaculi sui.
[10] In petra exaltavit me, et nunc exaltavit caput meum super inimicos meos.
[11] Circuivi, et immolavi in tabernaculo ejus hostiam vociferationis; cantabo, et psalmum dicam Domino.
[12] Exaudi, Domine, vocem meam, qua clamavi ad te; miserere mei, et exaudi me.
[13] Tibi dixit cor meum, exquisivit te facies mea; faciem tuam, Domine, requiram.
[14] Ne avertas faciem tuam a me; ne declines in ira a servo tuo.
[15] Adjutor meus esto; ne derelinquas me, neque despicias me, Deus salutaris meus.
[16] Quoniam pater meus et mater mea dereliquerunt me; Dominus autem assumpsit me.
[17] Legem pone mihi, Domine, in via tua, et dirige me in semitam rectam, propter inimicos meos.
[18] Ne tradideris me in animas tribulantium me, quoniam insurrexerunt in me testes iniqui, et mentita est iniquitas sibi.
[19] Credo videre bona Domini in terra viventium.
[20] Expecta Dominum, viriliter age, et confortetur cor tuum, et sustine Dominum.
[Vecchio Testamento secondo la Volgata
Tradotto in lingua italiana da mons. ANTONIO MARTINI Arciv. Di Firenze etc.
Vol. XI
Venezia, Girol. Tasso ed. MDCCCXXXI]
SALMO XXVI.
Prima che Davide fosse unto, la seconda volta, solennemente in re stando ancora in esilio, ei compose questo salmo, in cui desidera il regno celeste, disprezzando sia prosperità, sia avversità temporali.
Salmo di David, prima che fosse unto.
1. Il Signore mia luce e mia salute: chi ho io da temere?
2. Il Signore difende la mia vita: chi potrà farmi tremare?
3. Nel mentre che i cattivi mi vengon sopra per divorar le mie carni:
4. Questi nemici miei, che mi affliggono, eglino stessi hanno inciampato, e sono caduti.
5. Quando io avrò contro di me degli eserciti attendati, il mio cuore non temerà.
6. Quando si verrà a battaglia contro di me, in questa io porrò mia speranza.
7. Una sola cosa ho domandato al Signore, questo io cercherò: che io possa abitare nella casa del Signore per tutti i giorni della mia vita;
8. Affine di vedere il gaudio del Signore, frequentando il suo tempio.
9. Imperocché egli mi ha ascoso nel suo tabernacolo; nel giorno delle sciagure mi pose al coperto nell’intimo del suo tabernacolo.
10. Sopra di un’alta pietra mi trasportò, e adesso ha innalzata la mia testa sopra dei miei nemici.
11. Starò intorno a lui, immolando sacrifizi nel suo tabernacolo al suon delle trombe; canterò e salmeggerò, lodando il Signore.
12. Esaudisci, o Signore, la voce mia colla quale ti ho invocato; abbi misericordia di me, ed esaudiscimi.
13. Con te parlò il cuor mio, gli occhi miei ti hanno cercato; la tua faccia cercherò io, o Signore.
14. Non rivolgere la tua faccia da me, non ritirarti per isdegno dal servo tuo.
15. Sii tu mio aiuto: non mi abbandonare, e non disprezzarmi, o Dio mio salvatore.
16. Perché il padre mio e la madre mia mi hanno abbandonato; ma il Signore si è preso cura di me.
17. Ponmi davanti, o Signore, la legge della tua vita; e per riguardo ai nemici miei guidami pel diritto sentiero.
18. Non abbandonarmi ai desiderii di coloro che mi perseguitano, dappoiché si son presentati contro di me dei testimoni falsi, e l’iniquità s’inventò delle menzogne.
19. Credo che io vedrò i beni del Signore nella terra dei vivi.
20. Aspetta il Signore, diportati virilmente, e prenda vigore il cuor tuo e aspetta pazientemente il Signore.
Sommario analitico
Davide prima della sua seconda consacrazione, nel fuggire alla persecuzione di Saul, condannato a condurre una vita errante, senza poter visitare il santo tabernacolo, e gemente nell’esilio, rappresenta ogni uomo giusto provato dalle tentazioni della vita e dalle persecuzioni del mondo, ritirato in spirito davanti al santo Tabernacolo, col desiderio di dimorarvi sempre e rianimato nella fede dalle promesse del Signore e dai beni invisibili della vita eterna. Malgrado tutti gli sforzi dei suoi nemici, egli si dichiara senza timori, perché egli possiede Dio (1):
(1) Il carattere dei giusti si manifesta qui in tutta la sua verità. Non si tratta qui della impassibilità rigida né della sfida superba lanciata al dolore dal giusto degli stoici, immortalati da Orazio. Qui ci sono le alternanze tra il coraggio e la paura, la debolezza e la forza, di un’anima che dubita nella speranza e che spera nel dubbio, pregando sempre senza cessare d’amare. Questa non è l’attitudine calma e fiera di una personalità esaltata, né dell’orgoglio umano che si erge da solo contro l’universo e si avvolge nel suo diritto come in un mantello, ma è il contegno di un figlio davanti a suo padre, che in un istante è intrepido davanti al pericolo da cui si sente minacciato, ed un istante dopo, gridando e tremando, quando il male diventa imminente, si stringe presto contro il suo protettore e lo invoca tra le lacrime:
I. – Come guida nei combattimenti, in cui viene in suo soccorso: – 1) rischiarando la sua intelligenza; – 2) fortificando la sua volontà (1); – 3)proteggendo tutte le potenze della sua anima (2); – 4) distruggendo i nemici che sono: a) spudorati e crudeli (3), b) numerosi e accaniti onde perderlo (4-6).
II. – Come asilo nel pericolo; Dio gli offre il suo tabernacolo, ove egli trova: – 1° un’abitazione stabile per tutti i giorni della sua vita (7); – 2° le delizie ineffabili nella visita del suo tempio (8); – 3° una protezione sicura contro tutti gli assalti dei nemici: a) Dio lo sottrae ai loro inseguimenti, b) lo protegge nel segreto del suo tabernacolo, c) lo eleva e lo rende superiore a tutti i loro sforzi (9, 10); – 4° un mezzo facile per rendere a Dio il culto che Gli è dovuto: a) frequentando il suo tempio e circondando i suoi altari, b) offrendogli vittime, c) cantando le sue lodi, d) componendo salmi in suo onore (11). –
III. Come remuneratore dopo la vittoria: – 1° nell’altra vita, mostrandosi a Lui faccia a faccia, cosa che Davide chiede: a) con le sue preghiere e le sue grida (12), b) con le affezioni e gli slanci del suo cuore, c) con lo zelo che egli mette nel ricercare Dio, d) con gli sguardi ardenti che rivolge al cielo (13). – 2° in questa vita, egli domanda a Dio: a) di dargli man forte contro i suoi nemici, perché Dio è sempre stato il suo Salvatore (15), e Dio si è dichiarato suo protettore quando veniva abbandonato da tutti (16); b) di dirigerlo nella via dei suoi comandamenti, dandogli la sua legge che: 1) gli impedirà di errare, 2) gli farà conoscere le trappole che gli tendono i suoi nemici (17), 3) lo difenderà contro tutte le menzogne e le loro calunnie (18); c) di fortificare il suo spirito ed il suo cuore: 1) con una fede perfetta nei beni futuri (19); 2) con una speranza ferma e paziente; 3) con una carità che porta ad atti eroici, alla pazienza nelle tribolazioni, all’attesa perseverante del Signore (20).
Spiegazioni e Considerazioni
I. — 1- 6.
ff. 1-6. – Ci sono tre grandi verità nei primi sei versetti di questo salmo. Dio è nostra luce, Egli è l’autore della nostra salvezza, Egli è il nostro unico protettore con il quale non abbiamo nulla da temere. Senza la luce di Dio, noi saremmo nelle tenebre; senza la salvezza che Egli ci ha meritato, noi saremmo tutti vittime della riprovazione eterna; senza la forza che Egli ci dà, noi cadremmo nel niente della natura e nel niente del peccato (Berthier). – Queste tre cose rendono un uomo intrepido, invincibile contro tutte le avversità: – che Dio lo illumini, perché egli veda ciò che è giusto; – che Dio lo guarisca e lo salvi, perché egli possa mettere in esecuzione ciò che ha conosciuto essere giusto; – che Dio sia il suo protettore, perché possa resistere a tutte le tentazioni (Ruffin). – « Il Signore è la mia luce e la mia salvezza, di cosa avrò paura? » Egli mi illumina affinché le tenebre spariscano, sicché io cammini saldo in piena luce: cosa temerò? Perché Dio non ci dà affatto una salvezza per cui altri possa sopraffarci; Egli non è una luce per cui altri possa avvolgerci nelle tenebre. Dio ci rischiara, noi siamo illuminati; Dio ci salva, noi siamo salvati; se dunque ci illumina e ci salva, è evidente che fuori da Lui non siamo che tenebre e debolezza (S. Agost.). – Quale invincibile fiducia deve dunque avere colui che sa dire: « Il Signore è protettore della mia vita, davanti a cosa mai tremerò? ». Un imperatore è protetto da uomini armati di scudo e non teme; un mortale è protetto da altri mortali e si sente in sicurezza; ed il mortale protetto da un Difensore immortale dovrebbe forse temere e tremare? – Ma quale baldanza, quale sicurezza non debba avere, comprendete bene, colui che dice: « Quando anche fossero accampate intorno a me delle armate, il mio cuore non tremerebbe! » Se i campi sono fortificati, sono essi mai più fortificati di Dio? « Quand’anche una guerra scoppiasse contro di me », chi mi muove guerra? Può essa togliere la mia speranza? Può togliermi ciò che da l’Onnipotente? Così come non si può vincere Colui che dà, così non mi si può togliere ciò che Egli mi dà. Se si può togliere il dono, si può vincere colui che dona (S. Agost.). – « Se Dio è per noi, chi sarà contro di noi? » (Rom. VIII, 31). – Non c’è che una parola da dire … « Io sono », e tutti i nostri nemici cadranno all’indietro.
II — 7-11.
ff. 7-11. – L’unico desiderio, l’oggetto unico del Re-Profeta, è di abitare nella casa di Dio, di conversare con Dio, di gioire delle dolcezze inseparabili dal servizio di Dio. Egli non divide affatto le sue affezioni tra Dio e il mondo, tra Dio e le sue passioni; egli non riserva alcun giorno all’ambizione, ai piaceri, alle cure nell’aumentare la sua fortuna, le sue ricchezze, ma tutto è donato a Dio (Berthier). – L’unico desiderio del Cristiano, è la ricerca unica alla quale tutti devono tendere. C’è una sola cosa necessaria, e qual è questa unica cosa? … È abitare nella casa del Signore. In questa vita passeggera ci si serve del termine di « casa »; ma a propriamente parlare, non bisognerebbe servirsi se non del termine di « tenda ». La tenda conviene al viaggiatore, al soldato in campagna, a colui che combatte un nemico. Quando dunque noi abitiamo una tenda in questa vita, è manifesto che abbiamo un nemico da combattere. Noi abbiamo quindi quaggiù una tenda, ed in alto una casa (S. Agost.). – « … Tutti i giorni della mia vita », non dei giorni che potrebbero finire, ma dei giorni eterni. I giorni della vita presente sono piuttosto una morte che una vita, ma i giorni della vita eterna sono come gli anni di Dio che non finiranno mai, questi giorni non sono in realtà che uno stesso giorno che non tramonta mai (S. Agost.). – Nelle abitazioni terrene gli uomini cercano diverse gioie e piaceri vari; ognuno vuole abitare una casa nella quale nulla turbi la sua anima, ma ove al contrario tutto lo rallegri, e se le cose che lo affascinano vengono eliminate, vuole ad ogni costo cambiare casa … Ed il profeta ci dice cosa desidera fare in questa casa: … contemplare le gioie del Signore. Che il nostro cuore si elevi più in alto di tutte le cose ordinarie; che il nostro spirito si elevi più in alto di tutti i pensieri che ci sono abituali e che sono nati dai desideri del nostro corpo … Se arriva un pensiero che non ecceda la nostra intelligenza, dite: la non c’è il cielo; perché se ci fosse il cielo, io non sarei stato capace di concepire questa idea. È così che bisogna desiderare il bene, ma quale bene? Il bene per il quale tutte le cose sono buone, il bene dal quale deriva tutto ciò che è buono. Tale è la gioia del Signore che noi saremo ammessi a contemplare senza che ci circonda nessuna suggestione, senza che alcuna potenza si allontani da noi, senza che alcun nemico vi si opponga (S. Agost.). – Perché il Signore ci fa questa grazia nell’eternità? « … Perché nel giorno della sciagura Egli mi ha messo al riparo nel segreto della sua dimora ». La vita presente forma i giorni delle nostre avversità. Come Colui che mi ha guardato con misericordia mentre ero lontano da Lui, non mi renderà felice quando sarò presso di Lui? Colui che ha dato una tale dimostrazione di protezione al viaggiatore esiliato, lo abbandonerà forse al termine del viaggio? (S. Agost.). – Gli antichi favori di Dio ci danno il diritto di attenderne di nuovi. – Mentre agli uomini, dopo aver ricevuto un beneficio, non bisogna subito chiederne un altro, al fine di danneggiare il proprio credito e rendersi inopportuno; con Dio invece, noi possiamo dire in tutta verità, … Egli mi proteggerà, perché Egli mi ha già protetto. Dio aveva nascosto e protetto Davide nell’interno del suo tabernacolo, perché lo aveva sottratto al furore dei suoi nemici, ed aveva assicurata la sua anima contro tutti i danni ai quali questo santo re fosse esposto. Questo segreto del tabernacolo è ancora aperto a tutti i perseguitati e ai sofferenti. Nel tempo della tempesta, essi si ritirano nella presenza del Signore, e ricorsi alla preghiera, ne escono non solo consolati, ma pieni di forza contro tutti i nemici della salvezza (Berth., Applic. à l’Euch.). – Noi immoliamo un’ostia di giubilazione, un sacrificio di azione di grazia che ci è impossibile spiegare con le nostre parole; noi l’immoliamo, ma dove? Nel suo tabernacolo, nella Santa Chiesa. Cosa immoliamo dunque? Una gioia immensa ed inenarrabile, che nessuna parola, nessuna voce può descrivere. Tale è l’ostia di giubilazione. Ma dove la si cerca? Dove la si trova? Percorrendo ogni cosa. « Io ho percorso ogni cosa, dice il Profeta, ed ho immolato nel suo tabernacolo un’ostia di giubilazione ». Che il vostro spirito percorre la creazione intera, ed ogni parte della creazione vi griderà: è Dio che mi fatto! Ciò che vi affascina nell’opera, è vanto dell’operaio, e più percorrete l’universo in tutti i sensi, più questo esame manifesta ai vostri occhi la gloria del suo Autore. Voi considerate i cieli, essi sono le grandi opere di Dio, voi considerate la terra, è Dio che ha creato queste numerose semenze, questi germi di infinita varietà, questa moltitudine di animali. Percorrete i cieli e la terra, non omettete alcunché: da ogni luogo, tutte le cose proclamano davanti a voi il loro Autore, e le creature di tutte le specie sono come tante voci che lodano il Creatore. Ma chi potrebbe dipingere la creazione intera? Chi potrebbe farne l’elogio che merita? E se il linguaggio dell’uomo è così ridotto all’impotenza quando si tratta delle creature di Dio, cosa può nei riguardi del Creatore? La parola viene meno e all’uomo non resta che l’emozione della sua gioia (S. Agost.).
III. — 12-20.
ff. 12. – Nella preghiera, soprattutto nell’orazione, è il cuore che deve parlare, che deve dire, come si esprime il Re-Profeta. È l’occhio dell’anima che deve cercare. Questo linguaggio del cuore, è il solo degno di essere ascoltato da Dio. La preghiera vocale senza il grido del cuore, non è che un suono che batte l’aria; ma il grido del cuore, senza parole, è una vera preghiera, è il nodo del santo rapporto che l’uomo deve intrattenere con Dio (Berthier).
ff. 13. Se la nostra gioia fosse posta nel sole che rischiara questo mondo, non sarà il nostro cuore a dire: « Io ho cantato la vostra lode »; per questo ci sarebbero gli occhi del nostro corpo.A Chi il nostro cuore dice: « … io ho cercato il vostro volto », se non a Colui che possono vedere gli occhi del nostro cuore? Gli occhi del corpo ricercano la luce del sole, gli occhi del cuore la luce di Dio. Ma voi volete vedere questa luce che contemplano gli occhi del cuore, perché questa luce è Dio stesso; perché Dio è luce, dice San Giovanni, e in Lui non ci sono tenebre (Giov. I, 5). – Volete dunque vedere questa luce? Purificate l’occhio che può contemplarla; perché sono beati coloro il cui cuore è puro, perché essi vedranno Dio (Matt. V, 8). (S. Agost.).
ff. 14. – C’è una sorta di progresso nelle espressioni di cui si serve il Profeta. Dio nasconde il suo volto quando cessa di irradiare i raggi della sua luce; Egli monta in collera quando non parla più al cuore dell’uomo, Egli lo abbandona quando lo lascia in preda alle sue passioni, Egli lo allontana e lo rigetta quando lo prova senza ritorno, quando lo toglie cioè da questo mondo per fargli provare le sue vendette nell’altra vita. I peccatori non si accorgono del loro stato deplorevole se non al momento di questa ultima catastrofe, e quando non c’è oramai più tempo per implorare la misericordia divina (Berthier). – Non c’è altra terra dei viventi che il cielo, non c’è altro libro dei viventi che il libro della predestinazione; ed ancora, non c’è altro Dio dei viventi se non il vero Dio il cui regno è eterno (Idem).
ff. 15. – Noi abbiamo domandato a Dio solo una cosa, di abitare nella sua casa tutti i giorni della nostra vita, di contemplare le sue delizie, di vederlo faccia a faccia. Noi siamo sulla strada per arrivare a tanto; ma se Dio ci abbandona, la rovina ci assalirà lungo il cammino, e noi ci arresteremmo senza camminare più: Voi siete il mio aiuto, non mi abbandonate, etc. (S. Agost.).
ff. 16. – Il Re-Profeta si fa un figlio di Dio, fa di Dio suo padre, fa di Dio sua madre. Dio è suo padre perché Egli lo ha creato, perché lo chiama, perché gli da dei comandi, perché lo dirige. Dio è sua madre perché lo tiene nelle sue braccia, lo nutre, lo allatta, lo porta nel suo seno. « Mio padre e mia madre mi hanno abbandonato, etc. ». I genitori mortali hanno generato dei figli, dei figli mortali sono succeduti ai genitori mortali, affinché coloro che li hanno generato morissero; Colui che mi ha creato non morirà affatto, ed io non mi separerò mai da Lui (S. Agost.). –È triste l’abbandono in cui i genitori lasciano l’anima dei loro figli nell’età in cui essi avrebbero tanto bisogno di essere illuminati, sostenuti, guidati meno ancora che dalle istruzioni, bensì con degli esempi viventi di religione, di pietà, di virtù. Quale gioia per noi aver ricevuto nel nostro Battesimo Dio come padre, e per madre la Chiesa Cattolica, nel seno della quale noi siamo stati posti, per apprendervi le verità della salvezza e le massime della vera pietà! – Abbiamo lo spirito ed il cuore di un bambino celeste, staccato dalla terra dalla sua nascita novella, animato dallo spirito di adozione divina, e da una docilità, da una sottomissione assoluta a Colui che è il Padre degli spiriti, affinché noi viviamo (Ebr. XII, 9). – È dall’abbandono totale da parte delle creature, che appare la fede dei servitori di Dio. È allora che l’uomo di fede esclama con S. Agostino: « … mi si tolgano le cose che Dio mi aveva dato, ma non mi si tolga Dio che me le aveva date ». È allora che Dio pure raccoglie i suoi servitori, e si dichiara Dio e Padre, il divino amico dei solitari e degli abbandonati.
ff. 17. – Il Profeta desidera essere condotto lungo le vie della giustizia, a causa dei suoi nemici. Il gran numero di nemici invisibili che incessantemente tendono insidie per farci uscire dal sentiero della giustizia che conduce dritto alla vita, è un motivo potente per chiedere più ardentemente a Dio la sua luce alfine di farci conoscere la sua volontà e la sua grazia per metterla in esecuzione.
ff. 18. – Come gli uomini sono liberati dalla volontà di coloro che li affliggono? « perché i testimoni dell’iniquità si sono levati contro di noi ». Siccome sono dei testimoni mendaci, se io sono legato alla loro volontà, io mentirò con essi e diverrò come uno di loro, non partecipando più alla vostra verità, ma alla loro menzogna. Al contrario, quando essi esercitano secondo volontà il loro furore contro di me, e si sforzano di ostacolare il mio cammino; se non mi abbandonate alla loro volontà e conseguentemente mi offrirò ai loro desideri, io resterò fermo, sarò nella vostra verità e l’iniquità avrà mentito a suo detrimento e non al mio (S. Agost.). – Testimoni ingiusti, sono una tentazione pericolosa da cui si può chiedere a Dio di essere preservati. Volendo perderci, questi testimoni di iniquità perdono se stessi, e la loro menzogna ricade su di loro.
ff. 19. – È nei mali, nelle persecuzioni da cui il Re-Profeta è assediato, che si trovano i pegni certi che lo rassicurano, per un’altra vita, al possesso dei beni del Signore, per cui ha avuto una conoscenza chiara e distinta dei beni eterni che contempla come se avesse davanti agli occhi il cielo aperto; perché la sua ragione e la sua fede gli dicono dal fondo all’anima che questi mali, queste persecuzioni, sono contrarie ad ogni giustizia, dalla Provvidenza di Dio egli ebbe, per l’avvenire, un altro stato in cui la sua innocenza fu riconosciuta e la sua pazienza glorificata (S. Agost.). – Egli ritorna ancora alla sola cosa che ha domandato: dopo questo pericolo, dopo questi travagli, dopo queste difficoltà, agitato, affannato, sfinito tra le mani di quelli che lo perseguitano e lo affliggono, è fermo e pieno di sicurezza, perché il Signore lo ha preso in adozione, perché il Signore è suo aiuto, perché il Signore lo conduce, perché il Signore lo dirige; dopo l’esame di tutte le cose e di questo sacrificio di giubilo, dopo i trasporti della sua allegria, dei suoi gemiti nelle pene, infine respira ed esclama: « Io credo fermamente che vedrò i beni del Signore ». O beni deliziosi, immortali, incomparabili, eterni, immutabili! E quando vi vedrò, o beni del Signore? Io vi vedrò, ma non sarà in questa terra dei mortali, ma nella terra dei viventi (S. Agost.). – Non c’è altra terra dei viventi se non il cielo, così come non c’è altro libro dei viventi che il libro della predestinazione; e non c’è altro Dio dei viventi se non il vero Dio, il cui regno è eterno.
ff. 20. – Dio differisce ma non negherà il compiersi della sua promessa. « Attendere il Signore » … voi non attendete qualcuno che possa ingannare, né che possa ingannarsi, o che non saprà prendere, per darlo, ciò che ha promesso. Voi avete la promessa di colui che è Onnipotente, la promessa di Colui che è infallibile, la promessa di Colui che è verace. « … Attendo il Signore, agisco con coraggio ». A colui che lo insidia ha fatto perdere la pazienza e lo fatto diventare debole come una donna, facendogli perdere ogni vigore, « Attendo il Signore », e nell’aspettarlo, lo possederete, possederete cioè Colui che aspettate. Desiderate qualcos’altro se potete mai trovare qualcosa di più grande, di meglio, di più dolce! (S. Agost.).