Salmo 18: Cæli enarrant Gloria Dei …
CHAINE D’OR SUR LES PSAUMES
ou LES PSAUMES TRADUITS, ANALYSÉS, INTERPRÉTÉS ET MÉDITÉS A L’AIDE D’EXPLICATIONS ET DE CONSIDÉRATIONS SUIVIES, TIRÉES TEXTUELLEMENT DES SAINTS PÈRES, DES ORATEURS ET DES ÉCRIVAINS CATHOLIQUES LES PLUS RENOMMÉS.
[I Salmi tradotti, analizzati, interpretati e meditati con l’aiuto delle spiegazioni e delle considerazioni seguite, tratte testualmente dai santi Padri, dagli oratori e dagli scrittori cattolici più rinomati da …]
Par M. l’Abbé J.-M. PÉRONNE,
CHANOINE TITULAIRE DE L’ÉGLISE DE SOISSONS, Ancien Professeur d’Écriture sainte et d’Éloquence sacrée.
TOME PREMIER.
PARIS
LOUIS VIVES, LIBRAIRE-ÉDITEUR
13, RUE DELAMMIE, 1878
IMPRIM. Soissons, le 18 août 1878. f ODON, Evêque de Soissons et Laon.
In finem. Psalmus David.
[1] Cæli enarrant gloriam Dei,
et opera manuum ejus annuntiat firmamentum.
[2] Dies diei eructat verbum, et nox nocti indicat scientiam.
[3] Non sunt loquelae, neque sermones, quorum non audiantur voces eorum.
[4] In omnem terram exivit sonus eorum, et in fines orbis terrae verba eorum.
[5] In sole posuit tabernaculum suum; et ipse tamquam sponsus procedens de thalamo suo.
[6]Exsultavit ut gigas ad currendam viam;
[7] a summo cælo egressio ejus. Et occursus ejus usque ad summum ejus; nec est qui se abscondat a calore ejus.
[8] Lex Domini immaculata, convertens animas; testimonium Domini fidele, sapientiam praestans parvulis.
[9] Justitiæ Domini rectae, laetificantes corda; præceptum Domini lucidum, illuminans oculos.
[10] Timor Domini sanctus, permanens in sæculum sæculi; judicia Domini vera, justificata in semetipsa.
[11] Desiderabilia super aurum et lapidem pretiosum multum; et dulciora super mel et favum.
[12] Etenim servus tuus custodit ea; in custodiendis illis retributio multa.
[13] Delicta quis intelligit? ab occultis meis munda me;
[14] et ab alienis parce servo tuo. Si mei non fuerint dominati, tunc immaculatus ero, et emundabor a delicto maximo.
[15] Et erunt ut complaceant eloquia oris mei, et meditatio cordis mei in conspectu tuo semper.
[16] Domine, adjutor meus, et redemptor meus.
SALMO XVIII
[Vecchio Testamento secondo la Volgata Tradotto in lingua italiana da mons.
ANTONIO MARTINI Arciv. Di Firenze etc.
Vol. XI
Venezia, Girol. Tasso ed. MDCCCXXXI]
La lode della legge divina paragonata al cielo e al sole, e del cielo e del sole più bella, più potente e più utile.
Per la fine, salmo di David.
1 . I cieli narrano la gloria di Dio, e le opere delle mani di lui annunzia il firmamento.
2. Il giorno al giorno fa nota questa parola, e la notte ne dà cognizione alla notte.
3. Non avvi linguaggio né favella, presso di cui intese non siano le loro voci.
4. Il loro suono si è diffuso per tutta quanta la terra, e le loro parole sino a’ confini della terra.
5. Ha posto nel sole il suo padiglione, e questi, come uno sposo che esce dalla stanza nuziale,
6. Spunta fuori qual gigante a fornir sua carriera. Dall’una estremità del cielo si parte;
7. E corre fino all’altra estremità di esso, e non havvi chi al calore di lui si nasconda.
8. La legge del Signore immacolata, che converte le anime; la testimonianza del Signore è fedele, e ai piccoli dà sapienza.
9. I precetti del Signore sono retti, e rallegrano i cuori; il comandamento del Signore è lucente, e gli occhi rischiara.
10. Santo il timor del Signore, che sussiste per tutti i secoli; i giudizi del Signore son verità, giusti in se stessi.
11. Più desiderevoli che l’oro e le pietre molto preziose, e dolci più del miele, e del favo di miele.
12. Imperocché il tuo servo diligentemente gli osserva, e grande è la mercede dell’osservarli.
13. Chi è che gli errori conosca? Mondami da peccati, che a me sono occulti.
14. E da’ perversi uomini tienimi lontano. Se questi non prevarranno sopra di me, sarò allora senza macchia, e da delitto gravissimo sarò mondato.
15. E a te accette saranno le parole della mia bocca, e la meditazione del cuor mio alla tua presenza in ogni tempo.
16. O Signore, aiuto mio e mio Redentore.
Sommario analitico
Davide, contemplando i cieli, il firmamento ed il sole come tante voci potenti che proclamano la gloria di Dio, e come rapito in estasi, vede nei cieli l’immagine degli Apostoli che percorrono l’universo e spandono la luce del Vangelo che dissipa le tenebre dell’infedeltà, dell’empietà, dell’ignoranza e del peccato; nel sole, la figura di Gesù-Cristo, del Figlio di Dio fatto carne, elevandosi radiosa dal seno di Maria, come dal letto nunziale ove si è unito alla natura umana, con la legge, è il simbolo della luce di cui Egli è il focolare. Questo salmo è come la promulgazione della legge evangelica. La grande verità che vuol mostrare è questa: La gloria di Dio si manifesta nelle opere visibili della creazione, che obbediscono alle leggi che Egli ha loro tracciato; ma ancora più mirabile è la legge morale che ha dato all’uomo.
I. – Egli compara gli Apostoli ai cieli, che proclamano la gloria di Dio e annunciano le opere delle sue mani (2), a) senza alcuna interruzione del tempo (3); b) senza alcune eccezione di persone (4); c) senza alcuna differenza di luogo (4).
II. – Egli fa vedere come la fonte di ogni luce è in Gesù-Cristo, simile al sole: a) per la maestà del suo brillare, Egli è il trono di Dio (5); b) per la beltà del suo levarsi, è più amabile di uno sposo che esce dalla camera nunziale; c) per la rapidità e l’immensità della sua corsa, è più forte di un gigante (6); d) per il suo calore fecondante (7).
III. – Egli fa l’elogio della legge della quale gli Apostoli sono i predicatori, di cui Gesù Cristo è la fonte e l’Autore: 1) essa viene in soccorso alla fede, convertendo le anime, insegnando loro a fuggire il peccato e loro ispirando la saggezza necessaria all’acquisizione delle virtù (8); 2) essa sostiene la speranza, diffondendo nelle anime la gioia che causa la prospettiva dell’eterna beatitudine, eccitando un vivo desiderio di seguire il sentiero umano di cui essa è il termine (9); 3) essa dà delle ali alla carità per il filiale timore che spinge le anime al dovere, e con un amore non meno filiale che conduce a Dio per Dio solo (10); 4) essa attira gli uomini alla pratica delle buone opere: a) con la sua utilità in questa vita, essa è più ricca, più desiderabile dell’oro e delle pietre preziose; b) per la sua soavità, essa è più dolce del miele (11); c) per l’eccellenza della ricompensa eterna che è loro riservata (12).
IV. – Malgrado il proposito che è quello di osservare la legge di Dio, proposito che afferma appunto, Davide teme le tenebre dei peccati: a) a causa dell’ignoranza dell’intelligenza, che non li conosce sufficientemente; b) a causa della debolezza della memoria che li dimentica; c) a causa della fragilità della volontà, che cede alle cattive suggestioni (13).
V. – Egli desidera dissiparle: a) con le sue opere, separandosi dai malvagi per essere senza macchia (14); b) con la bocca, invocando e lodando Dio; c) con il cuore, meditando la sua legge (15); d) con tutta la sua vita, mettendo la sua speranza solo in Dio (16).
Spiegazioni e Considerazioni
I – 1-4.
ff. 1. – « I cieli raccontano la gloria di Dio »; non che i cieli lascino intendere una voce sensibile, ma perché colui che si sarà esercitato a meditare le ragioni che hanno presieduto alla creazione del mondo e colui al quale questo linguaggio dei cieli avrà fatto comprendere la disposizione ammirevole e la magnificenza dei corpi celesti, giungerà così a conoscere la gloria del Creatore dei cieli (S. Basilio). – I cieli, gli astri, i giorni, le notti, non dicono nulla di per se stessi, poiché manca loro l’intelligenza; ma lo spettacolo che essi presentano, eccita l’uomo a riconoscere ed a celebrare la potenza, la saggezza, la bontà del Creatore (Berthier). – Voci eclatanti dei cieli che raccontano la gloria di Dio non con le parole, ma con la loro semplice mostra, che persuade ed istruisce con gli occhi. – Libro comune è questo, aperto sotto gli occhi di tutti, ed in cui gli astri, le stelle, sono tante lettere d’oro che rendono visibile l’eterna potenza e la divinità del Creatore del mondo. – Sventura dei filosofi pagani è stato l’aver conosciuto Dio attraverso le sue creature e non averlo glorificato come Dio (Rom. I, 21). – Sventura ancora più grande dei filosofi che, in seno al Cristianesimo e tra i suoi baglori, non studiano i cieli e gli astri se non per soddisfare ad una vana curiosità (Duguet). – Quando contemplate la bellezza, la grandezza, lo splendore dei cieli, e meditando al di fuori di voi stessi sullo spettacolo magnifico che essi presentano ai vostri occhi, voi lodate il Creatore per tante meraviglie, i cieli hanno fatto intendere veramente la loro voce, e hanno raccontato la gloria di Dio nel linguaggio che è loro proprio. E Come questo? Con il loro fulgore e splendore essi ci elevano a questa luce la più bella e più viva della quale è Dio la sorgente (S. Chryis. su Isai. XLV). – Nel senso allegorico i cieli sono i santi Apostoli, nei quali Dio abita come nei cieli, e che raccontano la gloria di Nostro Signore Gesù Cristo, o la gloria che il Figlio ha dato al Padre quando era sulla terra. Il firmamento è il loro cuore trasformato in cielo, per la loro fiducia nello Spirito Santo, da quando era terra di cui era fatto in precedenza a causa della paura (S. Agost.). Il linguaggio dei cieli è continuo; notte e giorno essi parlano; di giorno per la bellezza del sole, e di notte per quella della luna; e come i giorni e le notti si succedono, il Re-Profeta dice che ogni giorno, dopo aver compiuto il suo corso, trasmette al giorno seguente il compito di lodare Dio; che la notte anche, dopo aver cantato il suo inno, fa conoscere alla notte seguente, la sapienza nel lodare Dio. È un concerto magnifico in cui il cielo e la terra si rispondono e cantano il loro inno al Creatore. Quale sarà l’uomo così insensato da rifiutare di unire la propria voce alla vostra universale armonia? (Bellarm.). – Così avviene la trasmissione tradizionale e perpetua di età in età del deposito della Dottrina apostolica e della predicazione evangelica. I pastori, ai quali il deposito è affidato in modo speciale, devono avere, seguendo la raccomandazione di San Paolo, due qualità: essere fedeli e capaci; fedeli per conservare questo deposito nella sua integrità; capaci, per trasmetterlo senza alterazioni e così come esso è stato trasmesso a loro stessi (II Tim. II, 2). – Tre sono i caratteri della predicazione che fanno i cieli della Gloria di Dio, e che deve riprodurre la predicazione evangelica. – 1) essi la predicano incessantemente; 2) in tutte le lingue possibili; 3) a tutta la terra. – Predicazione continua, se non sempre con le parole, almeno con gli esempi. È una successione non interrotta di Pastori che annunciano la parola di Dio. – Un predicatore deve parlare in modo tale da essere inteso da tutti, dagli ignoranti fino ai sapienti, sia dal popolo che dalle persone di qualità. Egli deve predicare volentieri nei villaggi, così come nelle grandi città, sia davanti ad un piccolo uditorio, che davanti ad un uditorio numeroso (Duguet).
II. — 5-7.
ff. 5-7. – « Egli ha posto la sua tenda nel sole »; Egli ha stabilito la sua Chiesa in piena luce e non nell’oscurità; Essa non deve essere né nascosta né velata per così dire, per paura che non appaia come velata agli occhi degli eretici (S. Agost.). – Lo stesso Verbo, quando si è fatto carne, simile ad uno sposo, ha trovato il suo letto nunziale nel seno di una Vergine; unito per questo mistero alla natura umana e uscendo da questo puro e casto nido, umile per misericordia al di sopra di tutti, sorpassando tutti in dignità, « Egli si è slanciato come un gigante per intraprendere il suo percorso »; Egli è nato, si è fatto grande, ha insegnato, sofferto, e resuscitato, è salito in cielo; ha fatto il suo percorso e non si è arrestato (S. Agost.). – Ci vuole ardore per correre come un gigante nella via di Dio, cosa necessaria per essergli gradito. La vita molle e languida, senza amore per Dio, è lo stato più pericoloso. – Ogni fedele deve essere molto attento a seguire il percorso di Gesù-Cristo, cioè a studiare la sua vita più di quanto non sia un astronomo curioso nell’osservare le rivoluzioni del sole. Svincoliamoci allora da tutto ciò che ci appesantisce e da ogni legame col peccato, e corriamo con pazienza nel percorso che si apre guardando Gesù, l’autore ed il ricapitolatore della fede (Hebr. XII, 1-2). – Dio ha creato il sole, per comunicare alla terra la luce ed il calore di cui essa ha bisogno, e, docile alla voce che l’ha lanciato un dì nello spazio, l’astro del giorno non ha mai cessato di compiere regolarmente la sua opera. Poco gli importa di ciò che avviene sulla terra, egli la rischiara, la scalda, e nulla può sfuggire al suo calore. Che il mondo sia tranquillo o che sia agitato o sconvolto, esso riluce con uguale splendore sulle campagne serene e sui campi di battaglia. Che gli uomini obbediscano a Dio, o che Lo offendano, il sole ogni anno, fa nondimeno maturare le loro messi. Esso è pure l’immagine della bontà di Dio che si prende cura di tutte le sue creature, che non rifiuta a nessuno i suoi benefici, e che fa rilucere il suo sole sui buoni e sui malvagi (De La Bouillerie, Symbolisme, I, 33). – Dio, nell’universo morale come nell’universo fisico, ha diviso la luce dalle tenebre; e come quella del giorno colpisce repentinamente gli occhi, quella della coscienza colpisce ugualmente tutti gli spiriti. Cosa dico, per la luce del sole vi sono delle vaste profondità ove essa non penetra; ma non ve ne sono nel fondo dell’anima ove scende quella della coscienza, ed è di essa, più che dell’astro fisico, che si può dire che nulla sfugge al suo calore vivificante. « Luce vera, essa illumina – dice S. Giovanni – tutti gli uomini che vengono a questo mondo » (De Boulogne, Sur la Verité).
III. — 8 – 12.
ff. 7-12. – Il Re-Profeta sempre trasportato da una santa ammirazione per la Provvidenza divina, dopo aver celebrato la saggezza dei suoi consigli nelle sue opere grandi e magnifiche, passa da qui insensibilmente a considerare le sue leggi; similmente al salmo CXVIII 89-92. Cosa vuol dire? Quale legame trova questo canto celeste tra Dio e la sua legge? Non sembra che dica a tutti nel fondo della nostra coscienza: alzate i vostri occhi, figli di Adamo, uomini fatti ad immagine di Dio! Contemplate questa meravigliosa struttura del mondo, vedete quanto accordo e quanta armonia; c’è qualcosa di più bello e di più magnifico di questo grande e superbo edificio? Questo è perché la volontà divina vi è fedelmente osservata, perché i suoi disegni sono stati puntualmente eseguiti e tutto si regge per mezzo dei suoi movimenti. Se anche le creature corporee ricevono tale ornamento perché obbediscono ai decreti di Dio, quanto più sarà grande la bellezza delle nature intelligenti regolate dai suoi ordinamenti! (Bossuet. Serm. Sur la loi de Dieu). – Due cose sono necessarie all’uomo in questa vita: la luce del sole per i bisogni del corpo, e la luce della legge per la pace e la tranquillità dell’anima. – Sotto questi diversi nomi di legge, di testimonianza, di giustizia, di giudizio, di timore, il Profeta qui ha in vista la legge naturale, la legge mosaica e la legge di Gesù Cristo. Ecco alcuni dei tratti che applica convenientemente a queste tre leggi; ma presi tutti insieme non convengono che alla legge di Gesù Cristo. – Dio ha operato differentemente tra tutti gli altri popoli del mondo, ai quali si è contentato di parlare con lo spettacolo della natura, il popolo di Israele ed il popolo Cristiano, ai quali ha parlato con i suoi Profeti e con suo Figlio. Quali sono le caratteristiche di questa santa Legge? Sono multiple. – 1) la legge di Dio è pura, a) formalmente in se stessa, essa non permette né soffre di alcun peccato, come le leggi umane che ne tollerano diversi; b) effettivamente, rendendo puri coloro che l’osservano. La sua purezza coinvolge le anime, e facendosi amare da esse, le eleva fino a Dio, come fino all’Autore di questa legge. – Questa parola è santa e santificante. Non richiederebbe nessun’altra qualità perché sia separata dagli insegnamenti della morale umana quanto tutta la distanza che corre dalla terra al cielo. L’orgoglio ed il sensualismo legati insieme, hanno ai nostri giorni riesumato dai vecchi sepolcri del paganesimo, ciò che la stoltezza e l’irriflessione contemporanea hanno nominato la morale indipendente, o, ed è la stessa cosa, con formula brutalmente empia, la morale senza Dio. Ah! Questa come potrebbe essere santa? Come, scaturita da intelligenze corrotte e da cuori votati al vizio, non sarebbe affetta dall’infezione del vaso che la rinchiude? Come, priva di esempi, troverebbe il cammino della virtù? Come, privata di sanzioni, resisterebbe agli assalti impetuosi e alle rivolte dei sensi? (Doublet, Psaumes, I, 178). – La legge di Dio, considerata assolutamente, è in essa stessa ed in rapporto a Dio, che è suo principio, una legge semplice ed uniforme, una legge invariabile ed inalterabile, una legge santa ed irreprensibile (Bourd. Faus. Cons.). La santità della legge divina e ciò che le dà la forza di convertire le anime (Idem). – 2) La testimonianza del Signore è fedele perché essa è resa da Colui che è la verità stessa; è fedele perché secondo la sua promessa essa ricompensa certissimamente i buoni e punisce i malvagi. – Essa dà la saggezza ai piccoli, agli umili che hanno la semplicità del cuore e non si fidano delle luci del proprio spirito, ma si sottomettono umilmente a Dio, il solo capace di dar loro la vera saggezza. « Io vi rendo gloria o Padre, Signore del cielo e della terra, perché avete nascosto queste cose ai saggi ed ai prudenti, e le avete rivelate ai piccoli » (Matteo XI, 25). – 3) I giudizi del Signore sono retti e non vengono mai meno. La legge di Dio stabilisce nello spirito una certezza infallibile. Quale irrequietezza nelle cose umane! Non si sa se si faccia bene o male: si fa bene per stabilire la propria fortuna, si fa male per conservare la salute; si fa bene per i propri piaceri, ma non si contentano i propri amici e così anche altre cose. Nella sottomissione alla legge di Dio, si fa assolutamente bene, si fa bene senza limiti, perché quando si fa questo bene, tutto il resto ha poca importanza; in una parola si fa bene perché si segue il Bene sovrano. E come è possibile non essere nel riposo seguendo il sovrano bene? Quale dolcezza e quale tranquillità alla propria anima! … anche il Re-Profeta aggiunge: « I giudizi di Dio fanno gioire il cuore », perché essi sono retti, perché essi regolano le sue affezioni, perché essi li mettono nella disposizione che gli è più conveniente, e nel vero punto ove è la perfezione (Boss.). – 4) « Il precetto del Signore è luminoso, rischiara gli occhi » della nostra anima, perché più Dio la rende pura con la pratica della sua legge, più la rende chiara. La legge di Dio mostra la verità senza sfumature, senza rimescolio di oscurità, e noi facilmente scopriamo questo bagliore, questa chiarezza, quando imponiamo il silenzio alle nostre passioni. – 5) « Il timore del Signore è santo ». Questo timore del Signore non è servile, ma casto; esso ama Dio per se stesso; esso non teme la punizione di Colui davanti al Quale tremerebbe, ma temedi essere separato da Colui che egli ama. Tale è il casto timore, che non bandisce la perfetta carità, ma che sussiste nei secoli dei secoli (S. Agost.). – Le leggi umane ispirano la paura, ma una paura che non ferma che la mano, che non ha dominio sulla volontà. A Dio solo appartiene l’assoggettare l’uomo interiore e il creare nel cuore un timore veramente salutare, veramente puro e santo, questo timore che opprime i cuori; non la paura dello schiavo che teme l’arrivo di un padrone adirato, ma il timore di una sposa casta che teme di perdere ciò che ama. – 6) « I giudizi del Signore sono veraci e giusti per se stessi; » essi non sono sottomessi all’approvazione, alla conferma o all’accettazione degli uomini. Essi sono veraci per se stessi e gli uomini non potranno mai cambiarne alcunché (Duguet). – I giudizi degli uomini possono essere talvolta ben veri, ma non possono essere giustificati per se stessi. Tutte le verità create devono essere necessariamente riferite alla Verità divina, da cui traggono tutta la loro certezza. Ma per i giudizi di Dio – dice il santo Profeta – essi sono veri di una verità propria ed essenziale, ed è per questa ragione che sono giustificati per se stessi (Bossuet, Serm. Sulla legge di Dio). – 7) Lo spirito di fede solo può far comprendere e sentire la beltà, il pregio e la dolcezza della legge di Dio, lo spirito del mondo giudica diversamente, perché il mondo è nemico di Dio e di Gesù Cristo. Quale fondo di orazione doveva essere nel santo Profeta!Perché senza l’orazione non si conoscerà mai la bellezza e la dolcezza della legge di Dio, non se ne penetreranno mai i comandi (Berthier). – 8) Il vostro servitore prova quanto essi siano dolci, non solo lodandoli con le parole, ma soprattutto osservandoli. Il vostro servitore li osserva sia perché sono dolci per il presente, sia perché sono salutari per l’avvenire (S. Agost.). – O quanto desiderabile è questa legge e quanto dolce è questa parola! « Essa è più dolce del miele alla bocca, più desiderabile di ogni tesoro ». In effetti questa legge mirabile è un bagliore di verità divina, ed un efflusso di questa sovrana bontà. Non dubitate che questa fontana non abbia conservato qualcosa delle qualità della sua sorgente. Il vostro servitore, o Dio mio, osserva i vostri comandamenti, canta amorevolmente il salmista, « c’è una grande ricompensa » nell’osservarli. Non in altra cosa, dice Sant’Agostino, ma in questo li si osserva; la retribuzione è grande perché là c’è una dolcezza senza eguali (Bossuet, Sulla legge di Dio). Questa dottrina non persuade con le parole. Davide non ne ha fatto un trattato; egli l’ha provata, egli ha fatto, in rapporto alla legge, ciò che dice della dolcezza dell’amore di Dio: cominciate con il gustare il Signore, e vedrete la dolcezza legata al suo servizio.
IV. — 13, 16.
ff. 13, 14. – Conservando questa dolcezza, questa soavità della carità, questo amore dell’unità, il timore come il Re-Profeta, siamo attenti che qualche peccato non si infiltri in noi, perché noi siamo uomini, e pertanto ci lasciamo invadere dal peccato (S. Agost.). – Dov’è dunque l’innocente, vi prego, dov’è il giusto? Spesso ripenso a questo brano della Bibbia dove è detto: « Io visiterò Gerusalemme con dei lampi ». Abbiamo noi il coraggio di visitare Gerusalemme con dei lampi, e non oseremo più pronunziare arrossendone le parole di virtù, di giustizia e di innocenza. Cominciamo ad esaminare il male che è in noi, e lanciamo uno sguardo coraggioso che giunga al fondo di questo abisso; poiché è impossibile conoscere il numero di trasgressioni, e nondimeno fino a qual punto si sia stati colpevoli, come si sia perturbato l’ordine generale e contrariati i piani del Legislatore eterno. Pensiamo di poi a questa spaventosa comunicazione di crimini che esiste tra gli uomini, con la complicità, il consiglio, l’esempio, l’approvazione, parole terribili che bisognerebbe meditare incessantemente. Quale uomo sensato potrà pensare senza fremere all’azione disordinata che ha esercitato sui suoi simili e alle conseguenze possibili di questa funesta influenza? Raramente l’uomo si rende colpevole da solo, raramente un crimine non ne produce un altro. Dove sono i limiti della responsabilità? Da qui questo tratto luminoso che scintilla tra mille altri nel libro dei Salmi: « … quale uomo può conoscere l’estensione delle sue prevaricazioni? O Dio, purificatemi da quelle che ignoro, e perdonatemi quelle degli altri. » (J. De Maistre). – Si dica spesso con il sant’uomo Giobbe: « Quali sono i miei crimini e le mie iniquità? Mostratemi i miei peccati e le mie colpe. » (Giob. XIII, 23). – Quando, alla vista delle vostre buone opere, sarete tentati di compiacervi in voi stessi e moderate le vostre inquietudini, tremate ancora, perché il gran Dio giudicherà i giudizi stessi, e foste anche elevati come le aquile (Abd. IV), o rivestiti delle virtù brillanti come il sole, nessuno vi possa rispondere che una caduta fatale ne offuschi all’istante il lustro e lo splendore. E quando avrete confessato davanti a Dio tutti i vostri peccati conosciuti, tremate ancora, perché vi sono dei peccati nascosti – dice il Profeta – e che tutti i misteri non sono nel seno di Dio, ma ve ne sono ancora di mostruosi e di incomprensibili nel cuore dell’uomo. « Chi conosce i suoi peccati? » (De Boulogne, Sulla giustizia di Dio). – « Chi conosce le proprie colpe »? Dov’è l’uomo che sa acquisire questa scienza necessaria? Quanto siamo ardenti e vanamente curiosi? In quale abisso di cuori, in quali misteri segreti della politica, in quale oscurità della natura non pretendiamo noi di penetrare? Malgrado questo spazio immenso che ci separa dal sole, noi abbiamo saputo scoprire le sue macchie, cioè rimarcare delle ombre nel seno stesso della luce; tuttavia le nostre macchie ci sono sconosciute; noi solo vogliamo essere senza ombra ed le nostre colpe, che sono la favola del popolo, sono nascoste a noi stessi. Due cose ci impediscono di conoscerle: primieramente noi non vediamo molto da vicino, l’occhio si confonde con l’oggetto, noi non siamo tanto distaccati da noi stessi per considerarci con sguardo distinto e vederci in piena luce; secondariamente, ed è il disordine più grande, noi non vogliamo conoscerci se non per le nostre belle caratteristiche. Noi ci dispiacciamo nel dipingere chi non ha saputo coprire i nostri difetti, e amiamo meglio non vedere se non la nostra ombra e la nostra figura, pur se poco sembri bella, piuttosto che la nostra persona ove appaiono delle imperfezioni. Questa ignoranza ci soddisfa, e con la stessa debolezza con la quale immaginiamo di essere sani quando non avvertiamo i nostri mali, e rassicurati quando chiudiamo gli occhi al pericolo, ricchi quando trascuriamo di vedere l’imbarazzo e la confusione dei nostri conti e dei nostri affari; noi crediamo di essere perfetti quando non percepiamo i nostri difetti (Bossuet, Serm. Sulla carità, et Serm. de Profes.). – I peccati segreti, nascosti agli altri e a noi stessi sono i più pericolosi ed i più difficili da guarire. Niente c’è di più funesto di quelle colpe che si ritengono essere peccati leggeri. Nessun male inganna più facilmente di un male sull’esistenza del quale ci si illude. Nessun peccatore è più degno di lacrime di colui che immagina di non avere colpe da piangere (S. Agost.). – « Preservate il vostro servo dal peccato d’altri ». Preghiera ammirevole è quella che richiama all’uomo questa funesta comunicazione del male, in virtù della quale vi sono pochi peccati puramente personali. I miei peccati mi deturpano, quelli degli altri mi fanno soffrire; purificatemi dei primi, preservatemi dagli altri. Togliete dal mio cuore ogni pensiero cattivo, allontanate da me ogni cattivo consigliere (S. Agost.). – Noi possiamo renderci colpevoli dei peccati di altri con i nostri consigli (Eccl. XXVIII, 30); con le nostre approvazioni, (Rom. I, 32); con i nostri inasprimenti (Efes. VI, 4); con ingiusti comandi (Isaia XI); con i nostri discorsi o con i nostri esempi; con la reticenza (Ezech. III, 18); con la dissimulazione e la connivenza; con la complicità (Prov. XXIX, 24); prendendo le difese del male commesso, etc. – Essere posseduto dal peccato, è un grande male; ma esserne dominati, è il male sovrano. Il peccato non domina se non colui che cede e che, cedendo, divenga suo schiavo (II Piet. II, 19). – Tale è l’effetto di dominare dappertutto e di non cedere a nessuno, e che si lascia poi vergognosamente assoggettare alle passioni più disonorevoli (Duguet). – Questo grande peccato è l’orgoglio, origine e causa di tutti i crimini. È a causa di questo vizio, di questo grande peccato d’orgoglio che Dio si è fatto umile sulla terra. Questo grande peccato, questa grande malattia dell’anima, ha attirato dal cielo il Medico onnipotente, L’ha costretto ad abbassarsi fino alla condizione di schiavo, L’ha coperto di obbrobri, e Lo ha sospeso alla croce, alfine di guarire questo tumore con la virtù salutare di tale rimedio (S. Agost.). – Se noi non siamo purificati da questo grande peccato, le nostre parole potranno essere gradevoli alla presenza degli uomini, ma non in presenza di Dio (S. Agost.). – La purezza del cuore, è la principale disposizione per assicurare il successo delle nostre preghiere vocali e delle nostre orazioni. Quanto al peccatore, Dio gli dice: spetta a te rendere pubblici i miei giudizi, cantare le mie lodi, annunciare la mia alleanza? (Ps. XLIX, 16). – « Signore, voi siete il mio aiuto ed il mio Redentore. Eccellente conclusione di tutte le mie preghiere; il mio Aiuto nel bene, il mio Redentore nel male; il mio Aiuto affinché io viva nel vostro amore, il mio Redentore affinché sia liberato dalle mie iniquità ». (S. Agost.)