SALMO 21: ” Deus. Deus meus, respice …”
CHAINE D’OR SUR LES PSAUMES
ou LES PSAUMES TRADUITS, ANALYSÉS, INTERPRÉTÉS ET MÉDITÉS A L’AIDE D’EXPLICATIONS ET DE CONSIDÉRATIONS SUIVIES, TIRÉES TEXTUELLEMENT DES SAINTS PÈRES, DES ORATEURS ET DES ÉCRIVAINS CATHOLIQUES LES PLUS RENOMMÉS …
[I Salmi tradotti, analizzati, interpretati e meditati con l’aiuto delle spiegazioni e delle considerazioni seguite, tratte testualmente dai santi Padri, dagli oratori e dagli scrittori cattolici più rinomati da …]
Par M. l’Abbé J.-M. PÉRONNE,
CHANOINE TITULAIRE DE L’ÉGLISE DE SOISSONS, Ancien Professeur d’Écriture sainte et d’Éloquence sacrée.
TOME PREMIER.
PARIS
LOUIS VIVES, LIBRAIRE-ÉDITEUR RUE DELAMMIE, 13
1878
IMPRIM.
Soissons, le 18 août 1878.
f ODON, Evêque de Soissons et Laon.
Salmo XXI
In finem, pro susceptione matutina. Psalmus David.
[1] Deus, Deus meus, respice in me:
quare me dereliquisti? Longe a salute mea verba delictorum meorum.
[2] Deus meus, clamabo per diem, et non exaudies; et nocte, et non ad insipientiam mihi.
[3] Tu autem in sancto habitas, laus Israel.
[4] In te speraverunt patres nostri; speraverunt, et liberasti eos.
[5] Ad te clamaverunt, et salvi facti sunt; in te speraverunt, et non sunt confusi.
[6] Ego autem sum vermis, et non homo; opprobrium hominum, et abjectio plebis.
[7] Omnes videntes me deriserunt me; locuti sunt labiis, et moverunt caput.
[8] Speravit in Domino, eripiat eum: salvum faciat eum, quoniam vult eum.
[9] Quoniam tu es qui extraxisti me de ventre, spes mea ab uberibus matris meae.
[10] In te projectus sum ex utero; de ventre matris meae Deus meus es tu;
[11] ne discesseris a me, quoniam tribulatio proxima est, quoniam non est qui adjuvet.
[12] Circumdederunt me vituli multi; tauri pingues obsederunt me.
[13] Aperuerunt super me os suum, sicut leo rapiens et rugiens.
[14] Sicut aqua effusus sum; et dispersa sunt omnia ossa mea.
[15] Factum est cor meum tamquam cera liquescens in medio ventris mei.
[16] Aruit tamquam testa virtus mea, et lingua mea adhaesit faucibus meis, et in pulverem mortis deduxisti me.
[17] Quoniam circumdederunt me canes multi; concilium malignantium obsedit me.
[18]Foderunt manus meas et pedes meos, dinumeraverunt omnia ossa mea.
[19] Ipsi vero consideraverunt et inspexerunt me. Diviserunt sibi vestimenta mea, et super vestem meam miserunt sortem.
[20] Tu autem, Domine, ne elongaveris auxilium tuum a me; ad defensionem meam conspice.
[21] Erue a framea, Deus, animam meam, et de manu canis unicam meam.
[22] Salva me ex ore leonis, et a cornibus unicornium humilitatem meam.
[23] Narrabo nomen tuum fratribus meis; in medio ecclesiae laudabo te.
[24] Qui timetis Dominum, laudate eum; universum semen Jacob, glorificate eum.
[25] Timeat eum omne semen Israel, quoniam non sprevit, neque despexit deprecationem pauperis;
[26] nec avertit faciem suam a me: et cum clamarem ad eum exaudivit me.
[27] Apud te laus mea in ecclesia magna; vota mea reddam in conspectu timentium eum.
[28] Edent pauperes, et saturabuntur; et laudabunt Dominum qui requirunt eum; vivent corda eorum in sæculum sæculi.
[29] Reminiscentur et convertentur ad Dominum universi fines terrae;
[30] et adorabunt in conspectu ejus universæ familiæ gentium;
[31] quoniam Domini est regnum, et ipse dominabitur gentium.
[32] Manducaverunt et adoraverunt omnes pingues terræ; in conspectu ejus cadent omnes qui descendunt in terram.
[33] Et anima mea illi vivet; et semen meum serviet ipsi.
[34] Annuntiabitur Domino generatio ventura; et annuntiabunt cæli justitiam ejus, populo qui nascetur, quem fecit Dominus.
[Vecchio Testamento secondo la Volgata
Tradotto in lingua italiana da mons. ANTONIO MARTINI Arciv. Di Firenze etc.
Vol. XI
Venezia, Girol. Tasso ed. MDCCCXXXI]
SALMO XX
Preghiera di Cristo in croce intorno la sua passione e risurrezione. Il titolo riguarda la risurrezione che avvenne il mattino, e per mano di Dio che quasi ricevè e trasse Cristo dal sepolcro per darlo all’aura di vita.
Per la fine; per l’aiuto del mattino, salmo di Davidde.
1. Dio. Dio mio, volgiti a me; perché mi hai tu abbandonato? la voce de’ miei delitti allontana la mia salute da me.
2. Dio mio, io griderò il giorno, e tu non mi esaudirai: griderò la notte, e non per mia colpa.
3. E tu pure nel luogo santo risiedi, o gloria di Israele.
4. In te sperarono i padri nostri; sperarono, e tu gli liberasti.
5. A te alzarono le loro grida, e furon salvati; in te sperarono, e non ebber da vergognarsi.
6. E io sono un verme e non un uomo, l’obbrobrio degli uomini e il rifiuto della plebe.
7. Tutti coloro che mi vedevano, mi schernivano; borbottavano colle labbra, e scuotevano la testa.
8. Pose sua speranza nel Signore, egli lo liberi; lo salvi, dacché lo ama.
9. E sei pur tu, che fuor mi traesti dall’utero, speranza mia fin da quando io suggeva il latte materno.
10. Dall’utero io fui rimesso nelle tue braccia; dal seno della madre tu sei il mio Dio.
11. Non allontanarti da me; Perocché la tribolazione è vicina: perocché chi soccorra non è.
12. Mi han circondato un gran numero di giovenchi, da grossi tauri sono assediato.
13. Spalancaron le loro fauci contro di me, come leone che agogna alla preda e ruggisce.
14. Mi son disciolto come acqua, e le ossa mie sono slogate.Si è liquefatto come cera il mio cuore in mezzo alle mie viscere.
15. Il mio vigore è inaridito come un vaso di terra cotta, e la mia lingua è attaccata al mio palato, e mi hai condotto sino alla polvere del sepolcro.
16. Una frotta di cani mi si è messa d’intorno; una turba di maligni mi ha assediato. Hanno forate le mie mani e i miei piedi.
17. Hanno contate tutte le ossa mie. Ed eglino stavano a considerarmi e mirarmi.
18. Si divisero le mie vestimenta, e la veste mia tirarono a sorte.
19. Signore, non allontanar da me il tuo soccorso; accorri in mia difesa.
20. Libera dalla spada, o Signore, l’anima mia, e dalla violenza del cane l’unica mia.
21. Salvami dalla gola del leone: e dalle corna degli unicorni la mia miseria.
22. Annunzierò il nome tuo ai miei fratelli; canterò laude a te in mezzo alla Chiesa.
24. O voi che temete il Signore, lodatelo: seme di Giacobbe, quanto tu sei, rendi a lui gloria.
25. Lo temano tutti i posteri d’Israele, perché non disprezzò né ebbe a vile l’orazione del povero:
26. Né da me rivolse i suoi sguardi; e quando alzai a lui le mie grida, mi esaudì.
27. Da te le laudi, ch’io ti darò nella Chiesa, grande in presenza di color che lo temono, scioglierò i miei voti.
28. I poveri mangeranno, e saranno satollati; e al Signore daranno lodi quei che lo cercano; vivranno i loro cuori in eterno.
29. Si ravvederanno, e si convertiranno al Signore tutte l’estreme parti della terra.
30. E davanti a lui porteranno le adorazioni tutte quante le famiglie delle genti.
31. Imperocché del Signore è il regno, ed Egli sarà il dominatore delle nazioni.
32. Hanno mangiato, e hanno adorato lui tutti i potenti della terra; dinanzi a lui si prostreranno tutti quelli che scendono nella terra.
33. E l’anima mia per lui viverà, e la mia stirpe a Lui servirà.
34. Sarà chiamata col nome del Signore la generazione che verrà, e i cieli annunzieranno la giustizia di Lui al popolo che nascerà, cui fece il Signore.
Sommario analitico
Questo salmo che, si è detto, è piuttosto una cronaca che una profezia della Passione del Salvatore e della sua Resurrezione, indicata dal titolo: « per il soccorso del mattino ».
SEZIONE I.
I. – Nostro Signore Gesù Cristo, circondato da una folla di nemici crudeli e furiosi, e piombato in un abisso di sofferenze, chiede a suo Padre perché Lo abbia così abbandonato, e ne indica la causa nei crimini del genere umano che Egli ha fatto suoi e che sollecitano la vendetta divina (1).
II. – Contro questa moltitudine di nemici, contro questo diluvio di male, non c’è che una sola risorsa, e non oppone che un’arma sola: la preghiera perseverante notte e giorno, e presenta a Dio cinque ragioni pressanti per essere esaudito (2).
1) La santità, o, se si vuole, la misericordia di Dio, o ancora la sua potenza che dall’alto dei cieli, ove Egli risiede, può distruggere o annientare i suoi nemici (3);
2) La bontà paterna con la quale ha esaudito le preghiere dei suoi padri secondo la carne (4, 5);
3) L’eccesso dei suoi dolori e delle sue ignominie: 1. Egli è come un verme di terra; 2. Egli è l’obbrobrio degli uomini ed il rifiuto del popolo (6); 3. è un oggetto di scherno ed oltraggi per i suoi carnefici e i criminali crocifissi con lui (7); 4. questi oltraggi ricadono su Dio stesso (8);
4) I benefici dei quali Dio lo ha colmato in precedenza:
1. è Dio stesso che lo ha estratto dal seno di sua madre, in modo ammirevole (9);
2. dalla sua prima infanzia ha riposto in Dio tutta la sua fiducia (10);
3. egli Lo ha servito ed onorato fedelmente come suo Dio durante tutta la sua vita (10);
4) la grandezza e l’eccesso delle sue sofferenze, delle quali fa l’numerazione: 1. la tribolazione è la più stringente; 2. nessuno può soccorrerlo, tutti lo hanno abbandonato (11); 3. è attaccato da ogni sorta di nemici: a) dal popolo, figurato dalla folla di giovani buoi; b) dai sacerdoti e dai dottori, figurati dai tori (13), c) dai grandi ed i principi, figurati dai leoni (14); –
Non c’è una sofferenza di cui il suo corpo non sia l’oggetto: a) il suo sangue sparso come acqua; tutte le sue ossa dislocate; c) il suo cuore fuso come la cera; d) la sua forza essiccata come l’argilla (15); la sua lingua incollata al palato; f) tutta la sua forza vitale dissipata (16); g) le sue orecchie afflitte dalle bestemmie dei suoi nemici (17); h) i suoi piedi e le mani perforati; i) tutte le membra lacerate (18), j) egli è diventato uno spettacolo, un oggetto di derisione e di ludibrio per i suoi carnefici; k) vede i suoi vestiti contesi, la sua veste sorteggiata (19).
SEZIONE II.
I. Dopo aver esposto a Dio i motivi più urgenti perché Egli esaudisca la sua preghiera, il Salvatore lo supplica di inviargli i suoi potenti soccorsi per resuscitarlo dai morti, e difenderlo dopo la sua morte contro i demoni pronti a gettarsi su di Lui come preda sicura:
1) Egli domanda a Dio di non lasciarlo uscire solo dalla vita, privato di ogni soccorso divino (20);
2) descrive gli sforzi dei demoni pronti a piombare su di Lui come un branco di animali furiosi (21, 22).
II. – Il Salvatore percorre ed enumera i frutti della sua resurrezione:
1) la sua liberazione ed il suo trionfo si volgeranno interamente a gloria di Dio, a) per se stesso, Egli farà conoscere il suo nome a tutti i suoi fratelli, agli Apostoli (23); b) per gli Apostoli, che Egli invierà in tutte le nazioni, e per la bocca dei quali loderà Dio in mezzo all’assemblea dei popoli (24);
2) Egli esorta tutti quelli che temono Dio a lodarlo con i loro canti, le loro opere, e con timore tutto filiale, e offre loro una ragione per cui Dio non disprezza la preghiera del povero, al quale Egli ha prestato orecchio per le sue suppliche, che non ha allontanato da lui la sua faccia, che ha esaudito la sua preghiera (24-26).
3) Il Salvatore, come riconoscenza di così grandi benefici, promette di lodare Dio in una assemblea numerosa, la sua Chiesa (27), e di compiere voti in presenza di coloro che temono il Signore: il primo voto è quello dell’istituzione dell’Eucarestia, che deve durare fino alla fine del mondo, e dei quali espone i multipli effetti: a) l’anima saziata senza disgusto; b) la lode di Dio, seguita della gioia spirituale prodotta da questo Sacramento; c) la vita senza paura della morte (28); d) la riconoscenza per il beneficio della Passione (29); e) l’adorazione del vero Dio (30); f) la sottomissione libera e spontanea delle Nazioni, come ricambio di questa grazia sì segnalata (31); g) la devozione di tutti i fedeli; h) la consolazione per coloro che, prima di morire, si nutrono del celeste viatico (32).
– Il secondo voto è quello per il quale Gesù Cristo promette, non solo di dare il suo corpo nell’Eucaristia, ma di consacrare la sua anima al servizio di suo Padre (33). – Il terzo voto è quello con il quale Egli consacra a Dio, per tutta la durata dei secoli, tutti i fedeli che sono suoi figli, concepiti, formati ed animati dal suo sangue e, affinché nessuno dimentichi, Egli promette di inviare degli uomini apostolici che ricorderanno gli obblighi di questo voto (34).
Spiegazioni e Considerazioni
SEZIONE I.
I. — 1, 2.
ff. 1. – Questo salmo è stato definito a giusto titolo il Vangelo della Passione. Ma che dire? Il Vangelo non è più completo né più esaustivo, non avendo visto gli Apostoli più dei dolori divini di Davide che li ha contemplati alla luce della profezia? Spesso anche il salmista non ha fatto penetrare oltre le angosce dell’uomo del dolore e completa con vari tratti la recita troppo sobria del Vangelo, ed è nella passione di Gesù Cristo, ancor più della sua incarnazione e della sua vita mortale, che san Tommaso ha potuto dire che i salmi, descrivendola, sembrano piuttosto un Vangelo che una profezia. – È soprattutto in questo salmo XXI, che tutte le principali scene della Passione, l’abbandono di Dio, l’abbandono delle creature, l’odio, l’insulto, l’oltraggio, l’orribile insieme di tutti i dolori, sono intrecciati tra i colori più vivi e le sfumature più circostanziate. – Caricato dei peccati del mondo, Gesù Cristo, che voleva farci sentire che questo divino salmo era tutto per Lui dalla prima all’ultima parola, lo cominciò sulla croce con un gran grido, per farci apprendere a continuarlo nello stesso senso, e per così dire, sullo stesso tono, spingendo fino al cielo nel suo nome che Gli sembrava implacabile, questo pianto: mio Dio, mio Dio, etc. (Bossuet). – Queste parole contengono anche in compendio, tutto l’essenziale del suo supplizio nel personaggio di un peccatore che allora impersonava, perché la punizione propria di un peccatore, è quella di essere abbandonato da Dio, che egli ha per prima abbandonato per essere consegnato poi ai suoi nemici e a se stesso. – Ma come Gesù Cristo, la santità stessa, è potuto diventare peccatore? Egli non lo è diventato per una santa finzione, ma secondo la verità di questa parola: « Dio ha messo su di Lui l’iniquità di tutti noi » (Isaia, LIII, 6); ed ancora: « Egli portò i nostri peccati nel suo corpo sul legno della croce, perché, non vivendo più per il peccato, vivessimo per la giustizia » (I Piet. II, 24); o ancora: « Colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo trattò da peccato in nostro favore, perché noi potessimo diventare per mezzo di lui giustizia di Dio. » (II Cor. V, 21). – Chiunque si rende garante, si rende veramente debitore: Gesù Cristo è obbligato ad acquistarci mediante la giustizia di Dio, di modo che non sarà rimesso alcun peccato del quale non sarà scontata la pena; né alcun peccatore riconciliato, se non per coloro per i quali egli avrà, non solo corrisposto, ma anche pagato il debito secondo il rigore della giustizia. Così Egli ha espresso tutto il fondo del suo supplizio quando ha gridato con tanta forza: « … perché mi hai abbandonato? », e queste parole significano che viene consegnato ai suoi nemici ed a se stesso. Egli è debitore: è caricato di tutti i peccati del mondo; Egli è peccatore in questo senso veramente; tutti i peccati degli uomini sono suoi; Egli è vittima per il peccato, tutto penetrato di peccato, peccato Egli stesso, per così dire. Non meravigliamoci quindi se noi vediamo Gesù Cristo abbandonato dall’esterno e nel di dentro; dall’esterno alla crudeltà dei suoi nemici; al di dentro, alle sue passioni, di cui aveva la vivacità ed il sentimento, benché non ne avesse il disordine, vale a dire una tristezza mortale, ai suoi terrori, al suo spavento terribile, ad una lunga ed sfibrante agonia, ad una desolazione totale che noi possiamo ben chiamare scoraggiamento in rapporto a questo coraggio sensibile che sostiene l’anima tra le sofferenze: tali sono le piaghe interiori di Gesù Cristo, ben più rudi e per così dire più insopportabili di quelle delle sue mani e dei suoi piedi. (Bossuet). – Gesù Cristo ci insegna a temere la morte, perché essa è la pena del peccato, di cui non si può avere che troppo orrore. Egli ci mostra che non bisogna mai abbandonare Dio, anche quando sembra che Lui ci abbandoni, perché Colui che dice « mio Dio, mio Dio, perché mi avete abbandonato »?, non lascia, malgrado questo abbandono, di ricordare che questo Dio che lo abbandona, è suo Padre, poiché torna a Lui dicendo: « Mio Padre, nelle vostre mani rimetto il mio spirito. » (Bossuet, Expl. du Ps. XXI).
ff. 2. – Lo stato di abbandono è deplorevole: nell’approssimarsi della morte, passa il giorno e la notte a reclamare il soccorso di un Dio irritato; Egli non ottiene nulla con le sue grida, e sulla croce si sente talmente abbandonato da Dio, che non osa più chiamarlo suo Padre, come prima, e non Lo chiama se non come suo Dio: « Dio mio, Dio mio »! Questi non è più Colui che diceva: « Padre mio, Io so che Voi mi ascoltate sempre » (Giov. XI, 42); è un Dio offeso che rifiuta di ascoltare, privando di qualsiasi assistenza (Bossuet). L’esempio di Gesù Cristo che prega senza essere esaudito, è di grande istruzione per i Cristiani affranti che cercano presso Dio il rimedio ai loro mali, ma si meravigliano e si tormentano quando le loro preghiere non siano esaudite subito come essi desiderano. Occorre gettare gli occhi sulla croce, imparare da Gesù Cristo che tutto ciò che ha passato Lui, dobbiamo passarlo anche noi. – Dio agisce così perché noi possiamo avere la saggezza di chiedere ciò che Egli vuole. San Paolo ha gridato per ottenere che il pungiglione gli fosse tolto dalla carne, ma si è sentito rispondere: « … ti basta la mia grazia, perché la potenza di Dio si manifesta in proporzione alla debolezza umana ». L’Apostolo dunque non è stato esaudito, non a suo detrimento, ma affinché acquisisse una saggezza più grande (S. Agost.).
II. — 3-18.
ff. 3-5. – Gesù rigettato da suo Padre, abbandonato da Lui senza soccorso né difesa ai furori dei suoi nemici, rende giustizia a se stesso; Egli è colpevole, è sacrificato a tutte le espiazioni e merita tutti i supplizi: « Voi, o mio Dio, abitate la santità », Voi siete Santo, siete la santità stessa, e io? « Io non sono che un verme di terra, non sono più un uomo ». – Santità di Dio, così dolce per i giusti, e terribile per i peccatori. Essa è infinitamente lontana dal peccato, e da tutto ciò che ne porta le apparenze, essa lo persegue ovunque lo incontri, fosse anche nella Persona del Figlio (Dug.). – Dio, il Santo dei Santi, è il soggetto perpetuo delle lodi del suo popolo che non cessa di celebrare le sue misericordie; tutte le preghiere confluiscono a Lui dalle estremità della terra e dai mari più lontani; tutti i Patriarchi vi hanno ricorso e non certo inutilmente; Gesù è il solo che Egli non vuole ascoltare. – Rappresentiamoci nelle nostre preghiere la condotta che Dio ha tenuto riguardo ai suoi amici, i benefici dei quali li ha colmati, il soccorso che ha dato loro nel tempo della loro afflizione.
ff. 6-8. – Gesù Cristo è simile ad un verme nella sua passione, a causa della umiltà sovrana; Egli è stato come un verme ed un oggetto di orrore per tutti coloro che lo vedevano. « Noi l’abbiamo visto, era irriconoscibile e lo abbiamo desiderato, disprezzato dagli uomini, l’ultimo degli uomini, uomo dei dolori, che conosce l’infermità » (Isaia LIII, 2). – Come un verme schiacciato dai piedi non getta alcun grido, così Gesù Cristo non ha fatto sentire alcun pianto. « Quando Lo si malediceva, non rispondeva con ingiurie; quando Lo si maltrattava, non minacciava, ma si abbandonava al potere di colui che Lo giudicava ingiustamente » (I Pietro, II,22). – Egli non risponde quando Lo si accusa; non mormora quando Lo si batte; e finanche questo grido confuso che forma il gemito ed il pianto, triste ed unica risorsa della debolezza oppressa, per cui fa intenerire i cuori ed arrestare con la pietà ciò che non ha potuto impedire con la forza, Gesù non vuole permetterselo. Tra tutte queste violenze, non si ode un mormorio, e non si sente la sua voce; in più Egli non si concede che di girare soltanto la sua testa dai colpi. Eh! Un verme di terra schiacciato dai piedi, fa ancora qualche sforzo per svincolarsi, mentre Gesù rimane immobile, e non cerca di sottrarsi ai colpi neppure con il minimo movimento (Bossuet, I, Serm. P. le vend. Saint, 2° P.). – Annientamento prodigioso! Questo Dio si allinea, assume una forma, dice delle parole, concepisce pensieri che saranno oggetto di stupore per la terra ed il cielo. Il primo uomo pretende l’onore sacrilego di ritenersi un dio, il Dio espiatore non vuole più chiamarsi un uomo. « Io sono un verme di terra, e non più un uomo ». – Avvicinare con questi eccessi di umiliazione la dignità suprema del Figlio di Dio, del Creatore di tutte le cose, del Giudice sovrano dei viventi e dei morti: ecco fino a qual punto il Figlio di Dio si è annientato per salvare gli uomini. – Come coloro che sono in realtà dei vermi di terra, potrebbero pretendere di aver parte alla salvezza, cercando di elevarsi, di divenire i primi fra tutti? – Un verme che arranca ai miei piedi, mi fa orrore. Ma io stesso arranco e sono orribile davanti a Dio, ancora più di quanto un verme che si arrampichi sia orrendo davanti a me. Come lui, io ho attaccato alla radice piante ben utili; ma egli cerca la sua vita, mentre io non cercavo la mia vita; ma egli non ha distrutto nessuna specie di pianta, mentre cosa ne so io se non ho fatto morire più di un’anima? (L. Veuill. Rome e Lorette). – « Tutti quelli che mi vedevano mi hanno insultato ». Chi non ha rivolto il suo insulto a Gesù Cristo nella sua Passione? Chi non Lo ha coperto dei propri improperi, dei suoi detti ingiuriosi, dei suoi propositi di derisione e di oltraggio? – Dio ha permesso che Davide non vedesse in spirito tutta la sostanza delle bestemmie che queste bocche empie vomitavano contro Gesù Cristo; ma lo Spirito Santo, ha voluto che Davide ne componesse un riassunto, e le ascoltassero vari secoli prima di Gesù Cristo, nel libro della Sapienza (II, 16-18). Dio ha voluto che i giusti antichi che hanno preceduto Gesù Cristo, ascoltassero queste crudeli bestemmie come l’espiazione per i loro crimini, e per essere loro di consolazione nelle proprie sofferenze (Bossuet). – Essere appeso ad un legno infame, avere i piedi e le mani perforati, sostenersi sulle proprie piaghe, contrarre le mani dilaniate dal peso del suo corpo cedente e abbattuto; avere tutti gli arti fratturati e slogati da una sospensione violenta; sentire nel contempo la lingua e le viscere disseccate, sia per la perdita di sangue, sia per il lavorio terribile dello spirito e del corpo, e non ricevere per dissetarsi che un miscuglio di fiele ed aceto; tra questi indicibili dolori, vedere un popolo infido che si beffa, che scuote la testa, che ne fa oggetto di risa così estremamente deplorevole; avere due ladri ai propri fianchi, dei quali uno furioso e disperato muore vomitando mille blasfemie. Questo spettacolo in verità è spaventoso, questo cumulo di mali fa orrore; ma né la crudeltà del supplizio, né tutti gli altri tormenti non sono che un sogno, e un dipinto, in confronto ai dolori, all’oppressione, all’angoscia che soffre l’anima divina di Gesù, sotto la mano di Dio che Lo percuote (Bossuet, Serm. p. le vent. Saint.).
ff. 9, 10. – Chi mai aveva ricevuto tante prove nella sua infanzia della protezione divina che Gesù Cristo, e chi fu così mai più abbandonato alla fine della sua vita? – Felice colui che nell’uscire dal seno di sua madre è gettato tra le braccia della provvidenza paterna di Dio e posto nel seno della Chiesa Cattolica per non esserne mai più ritratto! – Felice chi, fin da questi primi inizi, mette tutte le sue speranze in Dio, senza mai riporle nelle creature. Felice chi, con il latte materno, succhia il miele della pietra, cioè la Sapienza increata di cui nutrirsi durante tutta la sua vita! (Duguet).
ff. 11. – È motivo della necessità di ricorrere a Dio quando è vicina la tribolazione, e che non ci si può attendere il soccorso da altri; è motivo di bontà in Dio il sovvenirsi di questi incontri, ed avvertire che è solo Lui che può salvare (Dug.). – A chi ricorriamo nelle grandi prove? Non esauriamo tutte le risorse della nostra immaginazione nel tentare il soccorso umano? Se noi ricorriamo a Dio, non è forse con una mezza speranza che si avvicina molto al dubbio ed alla mancanza di fede?
ff. 12-17. – Il dramma diventa terrificante. Tutto ha abbandonato la vittima spirante, il Calvario risuona dei clamori della folla, delle grida forsennate dei carnefici, delle atroci risate dei farisei e degli scribi. « Nessuno che lo soccorra ». Quale immagine renderà l’accanimento di questa moltitudine? Come dipingere la forza, l’agilità, la petulanza, l’odio, l’avidità di queste bestie selvagge che si scagliano sulla tenera ed inoffensiva vittima? Colpito infine da tanti colpi, prosciugato di sangue e privo di forze, l’agnello espiatore non ne può più di soffrire, la croce è testimone dei suoi supremi mancamenti e degli ultimi dolori (Doublet, Psaumes, etc.). I nemici di Gesù erano tutti gli ipocriti e tutti i malvagi, cosicché mai odio più forte fu così aspro, né più acceso del loro, ed è per questo che egli li rappresenta con queste figure raccapriccianti (Bossuet). Persecuzioni nascoste che squarciano in segreto la reputazione, figurate da cani che mordono lacerando; persecutori potenti in autorità, che opprimono apertamente, figurati da giovani buoi e da tori grassi. Il nemico capitale ed irreconciliabile dell’uomo, cioè il demonio, rappresentato da un leone fascinoso e ruggente che gira per ogni dove cercando chi divorare (Dug.). Sono queste le circostanze dolorose della passione di Gesù Cristo. Egli si è disciolto come l’acqua nel sudore che versò nel giardino; sulla croce il suo sangue si mescolò con l’acqua e le sue ossa furono slogate nella crocifissione. Il suo cuore era come cera fusa quando piombò in una tristezza mortale, e tutte le sue forze erano come ritirate nell’intimo dell’anima, mentre il resto fu lasciato allo spavento, alla debolezza, allo scoraggiamento, alla desolazione. – Davide non dimentica questo prodigioso disseccarsi che si produce in coloro che sono condannati al supplizio della croce, in un corpo svuotato dal sangue e con gli arti slogati dalla tortura e da una violenta sospensione; da qui viene la sete bruciante che Davide esprime con queste parole: « la mia lingua è attaccata al mio palato »; è forse il più grande tormento dei crocefissi e la più certa disposizione alla morte. Gesù Cristo ha voluto sentirla quando gridò: « ho sete », e rese l’anima un attimo dopo (Bossuet). L’uomo di per se stesso è simile all’acqua che cola, a meno che non sia contenuta in un vaso, e che da se stessa non abbia alcuna consistenza. Egli non ha più forza di colui le cui ossa sono slogate, o della la cera che fonde avvicinandosi al fuoco. È lo stato di un’anima dalla quale Dio si allontana e volta per un certo tempo da una condotta piena d’amore, benché severa; o di un’anima che ha interamente abbandonato a causa dei suoi peccati. Essa non è più irrorata dalle acque della grazia, è sterile di buone opere. La sua lingua attaccata al suo palato, non si scioglie che per proferire parole inutili o cattive, e spesso è condotta fino alla polvere della tomba, perseverando fino alla morte in questo stato funesto (Dug.). – Rappresentare un giusto in mezzo ad una truppa di malfattori che non cercano se non di perderlo, che tentano di sorprenderlo nelle sue parole, che spiano tutte le sue azioni per dar loro le interpretazioni peggiori che possano ricevere. La giustizia ha tradito Gesù Cristo, più della folla, più dei grandi e dei principi, più di coloro che Egli aveva ricolmato di beni. Ogni genere di iniquità mai fu commesso nello stesso tempo dai tribunali di Gerusalemme; mai in alcuna causa e per nessuna vittima, fu violato al tal punto il pudore stesso delle giustizia.
ff. 18, 19. – Nulla è più espressivo di questo smembramento di ossa in un corpo disincarnato e che non era più che uno scheletro, per significare questa violenta estensione delle membra sospese che poggiavano sulle stesse loro piaghe, e non potevano, per così dire, che dislocarsi da se stesse per il proprio peso. È così che l’abbandono fu spinto all’estremo; Egli è infine sulla croce, e vede, tra gli orrori dell’ultimo supplizio, le sue vesti sorteggiate e divise; e dopo una sì sanguinosa esecuzione, sembra che non resti alcuna risorsa all’umanità desolata; ma non è così, e ad contrario è li che iniziano le meraviglie di Dio nella seconda parte di questo divino salmo (Bossuet). – Che l’Apostolo dica ora: « Io sono sulla croce con Gesù Cristo » (Gal. II, 19), non meraviglia affatto, ogni vero Cristiano dovrebbe pensare lo stesso; che Dio dica per mezzo del suo profeta che Egli spanderà lo spirito di grazia e di preghiera su tutti quelli che Lo hanno perforato con i chiodi (Zac. XII, 10), è una sequela di questo amore ineffabile che ha stabilito il grande sacrificio sulla croce come la fonte di tutte le grazie. Tutto ciò che è accaduto al Cristo, deve pure avverarsi nei suoi fedeli servitori; bisogna – che siano divisi i loro vestiti sia prima che dopo la morte, – che i loro beni siano sottratti dall’ingiustizia, – che siano loro tolti parenti, amici, protettori, – siano privati di forza e di salute, – e alla morte la spartizione assoluta e senza ritorno (Berthier). – Felice colui che alla morte, non ha da dividere altri beni che i suoi vestiti; egli può morire in un sentimento più profondo di pace e di applicazione a Dio. – Gesù Cristo, spogliato di tutto, sulla croce, ci insegna soprattutto a fare la divisione tra l’uomo vecchio con l’uomo nuovo.
II — 23-34.
ff. 23. – Prima di spirare, Gesù Cristo annunzia al mondo la potenza della sua morte e la Gloria del suo sepolcro. Durante il calvario e fino alla croce, Gesù Cristo annunzia solennemente l’imperituro trionfo della sua Resurrezione e della sua vita gloriosa: « … o voi che temete il Signore, etc. ». Tale fu la preghiera suprema di Gesù sulla croce; lo notte oscura che avvolgeva il calvario si rischiarò, l’avvenire appariva con le sue glorie; Gesù, dopo essersi visto schiacciato dai colpi della giustizia, estendeva le sue promesse di gloria e le assicurazioni di immortalità (Doublet, Psaumes, de.). – Gesù Cristo resuscitato dice alle sante donne: « Andate, annunciate la mia Resurrezione ai miei fratelli, e quando andranno in Galilea, essi mi vedranno ». Egli dice alla Maddalena: andate verso i miei fratelli e dite loro: « Io salgo verso mio Padre e vostro Padre, verso il mio Dio e vostro Dio ». E l’Apostolo San Paolo, dal suo canto dice: « Colui che santifica e colui che è santificato hanno tutti uno stesso principio; è per questa ragione che Egli non disdegna di dare loro il nome di fratelli quando dice: Io farò conoscere il vostro nome ai miei fratelli » (Ebr. II, 12). Gesù Cristo sembra prendere una cura tutta particolare nel confermarci questo dolce nome di fratelli, qualche tempo prima della sua Ascensione, come se Egli ci dicesse: mio Padre è vostro Padre così come Lo è il mio, e voi siete miei fratelli, siete dunque suoi figli, i suoi figli diletti, come lo sono anch’Io! Ma se noi siamo i figli di Dio – conclude San Paolo – siamo dunque anche i suoi eredi, eredi di Dio e coeredi di Gesù Cristo, ma a condizione di soffrire con Lui, per essere glorificati con Lui (Rom. VIII, 17). – Gesù Cristo ha dei fratelli da far conoscere al Padre, e per formare con essi un’assemblea, che è la Chiesa, che ne canta eternamente le lodi.
ff. 24-26. – Tre sono i doveri indispensabili per tutti i membri della Chiesa della terra, significati qui dalla razza di Giacobbe e dalla posterità di Israele: lodare, glorificare, temere il Signore. – Tre sono le ragioni di questo obbligo: 1) « Egli non ha disprezzato né rigettato l’umile preghiera del povero »; 2) « Non ha allontanato il suo volto da sopra il povero », lo ha guardato con occhio favorevole, lo ha fatto uscire dalla tomba. 3) « Egli ha esaudito il povero ». Quale fondo inesauribile di istruzione e di consolazione per tutti quelli che soffrono, che sono afflitti, poveri come Gesù Cristo! – Il Re-Profeta ci fa assistere alla nascita ed alla fondazione della Chiesa; egli ne ha contemplato le prime assise, e ci descrive i suoi fondamenti. I diseredati di questo mondo vi sono chiamati per primi. « I poveri mangeranno e saranno saziati ».
ff. 27. – Questa grande assemblea, questa grande chiesa, è l’unione di tutti i fedeli disseminati in tutto l’universo, sotto il medesimo Capo invisibile che è Gesù Cristo, e sotto uno stesso Capo-visibile, che è il Sovrano Pontefice, Vicario di Gesù Cristo. Questa grande Assemblea è sparsa su tutta la terra, ma unita dai legami di una stessa fede, dalla partecipazione agli stessi Sacramenti, e governata da Pastori che formano un corpo visibile ed indivisibile. Ora, la Chiesa Cattolica è la sola nella quale questi caratteri si conservano e si perpetuano. – La Chiesa si proclama essere una società universale ove debbano riunirsi tutte le generazioni umane. Essa sa che, come società pubblica, deve a Dio un culto pubblico, solenne, ove tutte le voci e tutti i cuori si fondano in un unico sentimento di rispetto, di adorazione e di amore. Le sue riunioni, le sue assemblee popolari, sono l’adempimento di questa suddetta sacralità, di questo dovere dell’universo cristiano. È la legge degli esseri collettivi, legge non meno imperiosamente necessaria di quella dell’individuo. Così il Profeta, che lasciava tanto frequentemente evadere il suo cuore nel silenzio del ritiro, e sfogava la sua anima come l’acqua solitaria, aggiunge: « Io racconterò la gloria di Dio ai miei fratelli, e loderò il Signore in una grande assemblea ». – «Io renderò le mie voci, etc. ». è soprattutto il Crocifisso ed il Resuscitato che parla, è Lui che rende le sue voci. Rendere le sue voci secondo la Scrittura, era offrire a Dio un sacrificio di azione di grazia o di Eucaristia, quando si è ottenuto ciò che si domandava. È quello che fa Gesù Cristo dopo la Resurrezione, ed è proprio di questo Sacrificio l’essere un banchetto sacro, e il Profeta lo designa anche nel suo carattere (Bossuet).
ff. 28. – Una parte essenziale del culto pubblico che deve essere reso nella Chiesa, con Gesù Cristo e per Gesù Cristo, ed il primo che Gesù Cristo annunzia, è il culto della divina Eucaristia. Nel culto di questa Chiesa, di questa assemblea nella quale Gesù Cristo deve glorificare suo Padre, e compiere i suoi voti, è nessun’altra tavola se non quella dell’Eucaristia; e sono i poveri o gli uomini miti, umili di cuore, modesti, che devono usare questa carne per essere saziati. Partecipandovi « … essi lodano il Signore », e nel modo in cui « essi Lo ricercheranno », cioè se si porteranno davanti a Lui con sincerità e con ardore « il loro cuore vivrà eternamente », ciò che è, secondo lo stesso Vangelo, il frutto immediato dell’Eucaristia (Berthier). – I poveri, gli umili di cuore mangeranno; cosa mangeranno se queste non sono, secondo il costume, le carni immolate nel Sacrificio dell’Eucaristia, che sono in effetti quelle di Gesù Cristo? Perché per noi non ci sono altre vittime che Questa. « Ed essi saranno saziati »: da cosa se non dagli obbrobri, dalle sofferenze di Gesù Cristo e dalle sue umiliazioni? Ma essi non devono per questo mormorare, scoraggiarsi per questo Sacrificio, perché è a causa degli obbrobri di Gesù Cristo che noi dobbiamo aver parte alla sua vita ed alla sua gloria, ed in effetti il salmo dice loro nel nome di Gesù Cristo: « I vostri cuori vivranno nei secoli dei secoli, e voi avrete parte al nutrimento del quale Io ho già detto: « chi mi mangia vivrà per me, e non morirà. » (Bossuet).
ff. 29-32. – La prima e più antica conoscenza del genere umano è quella della divinità: l’idolatria, sparsa in tanti secoli per tutta la terra, non era altra cosa che un lungo e profondo oblio di Dio: rientrare in questa conoscenza, e tornare in se stessi dopo un assopimento mortifero, per riconoscere Dio che ci ha creati, è ciò che Davide chiama il ricordarsi, e spiega in questi tre versetti che questa doveva essere la felice e prossima sequela della crocifissione di Gesù Cristo (Bossuet). – Era questo uno spaventoso oblio di Dio, nel quale vivevano tutte le nazioni della terra prima della venuta di Gesù-Cristo, come se Dio non fosse stato il loro creatore. – Ma l’oblio di Dio è non meno terribile, per un gran numero di Cristiani, che vivono come se in realtà non ne avessero mai inteso parlare (Dug.). – L’Eucaristia, è considerata come il viatico dei morenti, di coloro i cui sensi si spengono, nei quali la vita svanisce, e che stanno per discendere nella terra dove il corpo di Gesù Cristo sarà per il proprio corpo un pegno sicuro di resurrezione.
ff. 33. 34. – Il frutto principale dell’Eucaristia è vivere la vita di Gesù Cristo. « Gesù Cristo è morto per tutti, affinché coloro che vivono non vivono più per se stessi, ma per Colui che è morto e resuscitato per essi » (II Cor. V, 15). – « Io vivo, e non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me. Questa vita nella carne, io la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha dato se stesso per me » (Galat. II, 19, 20). – Questa posterità che deve venire, erano i Cristiani che il Profeta distingue qui dai giudei. Ma oggi, in cui è così grande il numero dei Cristiani che non lo sono che di nome, e che vivono una separazione completa da Dio e da ogni pratica religiosa, c’è da desiderare che una nuova generazione si formi, cresca e si ingrandisca alla scuola di queste verità eterne ed imprescrittibili, di cui la Chiesa Cattolica custodisce il deposito, e provi che la Francia non abbia cessato di essere a Dio con la sua fede, il suo cuore, i suoi pensieri, i suoi sentimenti, le sue tradizioni, le sue speranze; che non abbia cessato di essere la Francia del Cristo, e la figlia primogenita della sua Chiesa.