TESI A CONFRONTO: l’una cattolica e l’altra eretico-manichea.

TESI A CONFRONTO:

[La XVI Tesi DEL TOMISMO

e la Tesi c.d. Cassiciacum]

Il Magistero della Chiesa, con la Lettera al Generale dei Francescani del 13 dicembre del 1885 di Leone XIII, il quale in essa applica i princìpi dell’enciclica sulla rinascita del tomismo Æterni Patris (del 1879) al caso concreto dell’insegnamento della dottrina tomistica anche presso tutti gli altri ordini religiosi (con particolare riferimento ai figli di S. Francesco) e al clero secolare, recita: «L’allontanarsi dalla dottrina del Dottore Angelico è cosa contraria alla Nostra volontà, e, assieme, è cosa piena di pericoli. […]. Coloro i quali desiderano di essere veramente filosofi, e i religiosi sopra tutti ne hanno il dovere, debbono collocare le basi e i fondamenti della loro dottrina in S. Tommaso d’Aquino.

– Con la promulgazione del motu proprio “Doctoris Angelici” del 29 giugno del 1914 San Pio X imponeva come testo scolastico la Summa Theologiæ di San Tommaso alle facoltà teologiche, sotto pena d’invalidarne i gradi accademici. Papa Sarto richiamava l’obbligo di insegnare i princìpi fondamentali e le tesi più salienti del tomismo (“principia et pronuntiata majora”). – San Pio X incaricò nell’inverno del 1914 il padre gesuita Guido Mattiussi di “precisare il pensiero di S. Tommaso sulle questioni più gravi in materia filosofica, e di condensarle in pochi enunciati chiari ed inequivocabili”. Partecipò al lavoro anche Mons. Giuseppe Biagioli, professore di teologia dogmatica presso il Seminario di Fiesole. Nell’estate del 1914 il card. Lorenzelli, Prefetto della ‘S. Congregazione degli Studi’, presentò le XXIV Tesi compilate da Mattiussi e Biagioli a San Pio X, che le approvò il 27 luglio del 1914. Benedetto XV impose a p. Mattiussi di scrivere su La Civiltà Cattolica un ‘Commento delle XXIV Tesi’, che fu poi pubblicato a Roma dall’Editrice Gregoriana nel 1917.

Il 7 marzo 1916 la ‘S. Congregazione degli Studi’ a nome del papa Benedetto XV stabilì che “Tutte le XXIV Tesi filosofiche esprimono la genuina dottrina di San Tommaso e son proposte come sicure (tutæ) norme direttive”. Tuttavia «il Papa, pur insistendo “doversi proporre tutte le Tesi della dottrina di san Tommaso quali sicure regole direttive”, non imponeva il dovere di abbracciarle con assenso interno. Evidentemente Benedetto XV non voleva dare alle XXIV Tesi un valore dogmatico, ma un valore di alta importanza disciplinare […], come la dottrina preferita dalla Chiesa». Il Magistero ecclesiastico con papa Benedetto XV, il 7 marzo 1917, decise che «le XXIV Tesi dovessero essere proposte come regole sicure di direzione intellettuale. […] Nel 1917 il ‘CIC’ nel canone 1366 § 2 diceva: “Il metodo, i princìpi e la dottrina di S. Tommaso devono esser seguiti santamente o con rispetto religioso”. Tra le fonti indicate il ‘Codice’ addita il ‘Decreto di approvazione delle XXIV Tesi’». Sempre papa Giacomo Della Chiesa nell’Enciclica “Fausto appetente die” (29 giugno 1921) insegna: «La Chiesa ha stabilito che la dottrina di S. Tommaso è anche la sua propria dottrina (“Thomæ doctrinam Ecclesia suam propriam esse edixit”)». Pio XI nell’enciclica “Studiorum ducem” (1923) ha ribadito e riconfermato l’insegnamento delle encicliche di Leone XIII, S. Pio X e Benedetto XV. Per cui se per un atto di estrema bontà la Chiesa permette o tollera che si insegni lo scotismo e il suarezismo, è certo che la sua dottrina è quella di S. Tommaso: “Ecclesia edixit doctrinam Thomæ esse suam” (Benedetto XV, “Fausto appetente die”, 1921). La Chiesa – come abbiamo visto – ha voluto che si raccogliessero in una specie di ‘Sillabo’ le Tesi genuine della filosofia tomistica. ‘Le XXIV Tesi del Tomismo’ composte da p. Guido Mattiussi e approvate dal Magistero ecclesiastico (S. Pio X e Benedetto XV) contengono l’essenza della dottrina tomistica genuina.

Partendo da queste premesse magisteriali, ci accingiamo ad esaminare la XVI tesi del tomismo, per confrontarla con la tesi abbondantemente eretica, la c. d. Tesi di Cassiciacum, di un preteso teologo francese, addirittura un domenicano, dello stesso ordine di S. Tommaso quindi, Guerard Des Lauriers, un falso vescovo senza giurisdizione, oscillante tra setta lefebvriana e setta sedevacantista, pertanto personaggio sacrilego e blasfemo nei suoi scritti e nei suoi atti, ed iniziatore della setta eretica dei sedeprivazionisti, setta che sostiene e puntella il “novus ordo”, raccogliendo i pesciolini sfuggiti alla rete del Vaticano II, e alle canne da pesca dei lefebvriani e dei sedevacantisti apocalittici! – Coloro che fossero interessati a conoscere le altre tesi contenute nel lavoro di Matteussi e Biagioli, base filosofica della teologia cattolica, [lo raccomandiamo a tutti i Cattolici] non devono far altro che cercarsele nei siti internet finto-cattolici o nelle librerie specializzate. Diamo allora inizio all’esame della tesi XVI:

Tesi XVI del tomismo:

L’unione dell’anima con il corpo

«L’anima razionale è unita al corpo in maniera tale da esserne l’unica forma sostanziale. È per essa che l’uomo è uomo, animato, vivente, corpo, sostanza e ente. Quindi l’anima dà al corpo ogni grado essenziale di perfezione; inoltre comunica al corpo l’atto d’essere per il quale essa stessa è ciò che è ed esiste».

– L’anima umana è la forma sostanziale del corpo. Ora la forma sostanziale di un composto è unica poiché una sola sostanza – per il principio evidente di ‘identità’ e ‘non contraddizione’ – non può essere, nello stesso tempo e sotto lo stesso rapporto, una sostanza ed un’altra essenzialmente diversa. Per esempio, l’oro non può essere, nello stesso tempo e sotto lo stesso rapporto, oro e ferro avendo contemporaneamente la forma sostanziale di oro e di ferro.

San Tommaso spiega: “L’anima è ciò per cui il corpo umano possiede l’essere in atto e ciò è proprio della forma, che dà l’essere. Perciò l’anima umana è forma del corpo” (De Anima, 1, resp.; ivi, 1, ad 7). L’Angelico porta due argomenti a dimostrazione di questa affermazione: 1°) l’unione dell’anima col corpo non può essere accidentale (come vorrebbe lo spiritualismo esagerato di Platone e Cartesio), perché, quando l’anima si separa dal corpo, in quest’ultimo non rimane più nulla di umano se non l’apparenza. Il cadavere non ancora putrefatto sembra ancora un corpo umano, ma non lo è più in quanto non è vivo e non è un corpo organico. Perciò se l’anima fosse unita solo accidentalmente al corpo, come un marinaio alla nave o un cavaliere al cavallo, non darebbe la specie al corpo e alle di lui parti; infatti il cavaliere non dà la natura specifica al cavallo, altrimenti il cavallo dovrebbe essere di specie umana; invece l’anima informa e specifica il corpo e le sue parti; ne è prova il fatto che, separandosi l’anima dal corpo per la morte dell’uomo, le singole parti mantengono il loro nome che indica la loro specie solo in maniera equivoca. Per esempio, la parola ‘occhio’, parlando di un morto, è un concetto equivoco poiché l’occhio del morto non è un organo che può vedere, ma è materia in putrefazione; così pure la parola ‘corpo’ riferita ad un morto è un concetto equivoco poiché il corpo non è vivente, ma è una materia cadaverica in putrefazione. – 2°) Inoltre l’unione del corpo giova all’anima sia nell’essere che nell’agire: “L’anima è unita al corpo per la sua perfezione sostanziale, ossia per formare con lui una sostanza umana completa, perché la sola anima senza il corpo non sarebbe un uomo ma un fantasma, ed anche per la perfezione accidentale dell’azione. Per esempio, la conoscenza intellettiva dell’anima è acquisita attraverso i sensi e ‘niente si trova nell’intelletto se prima non è passato attraverso la conoscenza sensibile’; infatti questo modo di agire è connaturale all’uomo, che è un composto di anima e corpo” (De Anima, 1, ad 7).

– Tutto ciò (ossia il legame con la materia delle azioni più squisitamente spirituali dell’anima, come il conoscere) non compromette la spiritualità intrinseca dell’anima razionale, poiché essa non dipende soggettivamente dal corpo, ossia il corpo non è l’organo o la facoltà attraverso cui l’anima conosce intellettualmente, ma l’anima dipende dal corpo solo oggettivamente, ossia l’anima si serve del corpo come di un oggetto dal quale astrae psicologicamente le idee universali a partire dalle immagini sensibili, che si trovano nel cervello. È la conoscenza sensibile che dipende soggettivamente dal corpo ossia è situata negli organi corporei come facoltà di conoscenza sensibile. Per esempio, la vista si trova nell’occhio o nella sua pupilla e retina, che sono corporee, il tatto nella pelle, l’udito nei timpani, l’immaginazione e la memoria nel cervello; invece l’intelletto e la volontà sono soggettivamente facoltà spirituali che risiedono nell’anima razionale e che si servono degli organi sensibili come di oggetti materiali a partire dai quali le facoltà spirituali astraggono le idee universali. S. Tommaso scrive che le operazioni dell’anima razionale “richiedono il corpo non come strumento, organo o facoltà, ma solo come oggetto. Infatti la conoscenza intellettiva non si attua mediante un organo corporeo quale causa efficiente strumentale, ma si serve di un oggetto sensibile o corporeo” (In I De Anima, lect. II, n. 19). Inoltre “l’intellezione è un’operazione dell’anima spirituale e razionale, perché non nasce dall’anima per mezzo di un organo corporeo come causa efficiente – per esempio, l’immaginare nasce remotamente dall’anima che si serve del cervello come di uno strumento o causa efficiente prossima dell’immaginazione, come pure la vista nasce dall’anima mediante l’occhio – mentre il legame dell’anima razionale con il corpo riguarda l’oggetto; infatti le immagini sensibili, che sono gli oggetti dai quali l’intelletto astrae le idee spirituali universali, non possono sussistere senza il concorso degli organi corporei ” (De Anima 1, ad 12).

La specie umana è il composto di anima e corpo nel quale si sviluppano assieme le potenze vegetative e sensitive, che risiedono nell’organismo corporeo (l’uomo mangia, cresce, vede, sente, immagina e ricorda), e le potenze spirituali (l’uomo ragiona e vuole liberamente) che si trovano nell’anima razionale. Ora l’esperienza ci mostra che almeno nell’operazione intellettuale, la quale è propriamente umana, le potenze organiche e spirituali cooperano con l’intelligenza (“nulla si trova nell’intelletto se prima non è passato attraverso i sensi”, dicono gli scolastici), mentre se corpo e anima non formassero una sola sostanza dovrebbero restare estranei l’uno all’altra. Invece l’intellezione è un’azione spirituale, ma il corpo vi concorre come strumento oggettivo e non efficiente dell’anima e dell’intelligenza, che è una facoltà spirituale, la quale si trova nell’anima razionale, come già abbiamo intravisto sopra e vedremo meglio nelle Tesi successive riguardanti la conoscenza. L’Aquinate scrive: “L’anima pur potendo sussistere per se stessa, non forma da sé una specie o una sostanza completa, ma entra nella specie umana come forma. Così l’anima è sia la forma del corpo sia una sostanza” (De Anima, 1, resp.).

– L’uomo è una sola persona, che non è la sola anima né il solo corpo, ma l’unione sostanziale di anima e di corpo. L’uomo non è solo anima e il corpo non è la “prigione dell’anima” come voleva Platone, altrimenti l’uomo sarebbe un fantasma; parimenti l’uomo non è solo corpo, come vorrebbero i materialisti, altrimenti sarebbe un cadavere senza vita. Il comune modo di parlare testimonia questa verità, infatti diciamo: “io conosco, io voglio, io sento, io soffro, io cammino, io vedo”, come pure diciamo: “la mia anima o intelligenza conosce, il mio corpo cammina”, ossia la parola “io”, che indica tutto l’uomo, designa sia la parte spirituale sia quella materiale di noi stessi, secondo il buon senso e il senso comune di tutti gli uomini dotati di sana ragione.

– La materia e la forma si uniscono come la potenza e l’atto per costituire un solo soggetto o una sola sostanza completa. La materia di per sé è incompleta, è un co-principio sostanziale e deve essere completata da una forma per dar luogo ad un corpo completo, così pure la potenza o capacità di essere se non riceve l’atto non arriverà mai all’essere: solo se attuata essa sarà un ente completo in atto d’essere e non più una capacità soltanto in divenire. La potenza sta all’atto, come la materia alla forma. Ora l’atto e la forma attuano ed informano la potenza e la materia come il più perfetto completa il meno perfetto. Quindi l’anima informa e perfeziona il corpo, dandogli l’essere e la specie; per esempio l’anima razionale dà la specie umana  al corpo e poi l’essere, mentre la specie animale è data dall’anima sensibile e la specie vegetale è data dall’anima vegetativa.

– L’anima razionale è ciò per cui l’uomo è uomo, è animato, è vivente, è corpo, è sostanza ed è ente. Infatti 1) la natura specifica dell’uomo è la razionalità: “L’uomo è animale (genere) razionale (differenza specifica)” (Aristotele). Senza l’anima razionale avremmo al massimo un animale bruto, provvisto solo di anima vegetativa. Quindi l’anima razionale è ciò che rende l’uomo tale. 2) L’anima razionale dà la vita o l’animazione al corpo, poiché essa è “principio di vita”. Un puro corpo senza anima è un cadavere inanimato e non un corpo organico. 3)  L’anima è un co-principio sostanziale, che assieme al corpo forma la sostanza completa umana: la sola anima o il solo corpo non sono un uomo, ma la loro unione sostanziale forma l’uomo. Quindi senza corpo non c’è l’uomo, ma un angelo o un fantasma, e senza anima c’è solo un cadavere. 4) Infine l’ente è composto di essenza ed essere; ora l’essenza umana è composta dal corpo più l’anima razionale come forma sostanziale del corpo, ma l’essenza è in atto primo all’essere come atto ultimo. Quindi l’anima razionale informa il corpo e poi l’essere come atto ultimo completa l’essenza e la fa uscire fuori dalla sua causa e quindi la fa esistere (ex-sistere). Perciò l’uomo è un ente composto di corpo, anima, essenza ed essere ed è un ente esistente e vivo in atto. Perciò l’anima dà al corpo l’atto di essere per il quale essa stessa è ciò che è ed esiste. Abbiamo già visto che l’uomo è un ente composto di essenza (anima e corpo), la quale è ultimata dall’actus essendi come atto ultimo o perfezione di ogni forma, di ogni essenza, di ogni perfezione. Così il corpo, informato dall’anima, costituisce l’essenza umana la quale deve essere ultimata dall’atto di essere e l’ente umano potrà così esistere e vivere realmente. Perciò anche l’anima, spiega S. Tommaso,  è composta di essenza ed atto d’essere e di conseguenza di potenza e atto, perché “la sostanza dell’anima non è il suo essere, ma si rapporta ad esso come la potenza all’atto” (De Anima 1, ad 6).

– L’anima dà al corpo tutti i gradi di perfezione essenziale, ossia il corpo dell’uomo essendo informato dall’anima razionale riceve da questa le perfezioni proprie della specie umana, che sono la vita razionale, intelligente e libera, l’immortalità o resurrezione per riunirsi all’anima dopo la morte.

Dalla tesi risulta evidente che la forma e la materia devono essere unite in modo complementare in ogni essere vivente. Queste due condizioni, la formale e la materiale sono solo teoricamente separate, onde permetterne uno studio particolareggiato. È come per un chimico esaminare separatamente il rame e lo stagno, per comprendere meglio la composizione del bronzo. Ma se dal bronzo togliamo il rame, avremo solo stagno, evidentemente ben diverso dal bronzo, che potrebbe diventare bronzo se fuso al rame, ma intanto stagno è, e stagno rimane. Trattasi evidentemente di una “svista” gnostica ereditata da Platone e dalla scuola alessandrina dei filosofi neo-platonici, e poi da tutte le filosofie manicheiste, fino al recente modernismo-massonico, di cui evidentemente il nostro finto-vescovo è un esponente “sottile” e forse occulto.

La tesi del non-vescovo eretico-manicheo:

La tesi Cassiciacum, dal nome latino di Cassago Brianza, ove Sant’Agostino [… quando conservava ancora in parte la sua forma mentis neo-platonica, successivamente rigettata … chissà su questo riferimento a S. Agostino pre-cristiano, non acora pienamente convertito, non voglia essere un segnale di riconoscimento …]  si ritirò in preghiera e meditazione prima di ricevere il Battesimo, sostiene invece che può esserci un Papa solo materiale, cioè un corpo putrefatto, senza anima, senza la “fiammella divina” che però potrebbe arrivare da un momento all’altra appena il “cadavere ambulante” rifiuti il Vaticano II e le sue idiozie ed imbecillità dottrinali. Evidentemente siamo in un ambito gnostico-neoplatonico, del corpo “carcere” che imprigiona una “fiammella” emanante dal pleroma, che può trasmigrare per tornare e raggiungere infine il pleroma originario stesso!

Come sarebbe allora possibile che, in una prospettiva teologico-dottrinale, si possa concepire il ruolo del “papa” unicamente formale o materiale? Questo è manicheismo puro, altro che Albigesi! La figura del Papa non può sussistere se manca una delle due componenti essenziali, così come per ogni uomo, addirittura anche per ogni bestia. Cosa significa un “papa materiale”? A cosa possiamo paragonarlo? Ad uno zombi senza anima, un vampiro, un cadavere ambulante, un involucro, un carapace, una conchiglia vuota, un avatar? Ed invece un papa solo formale a cosa somiglierebbe? Ad uno spirito senza corpo, senza membra e strutture che gli permettano di agire ed operare! Ecco che allontanarsi dalla retta teologia, produce conseguenze devastanti, o … ridicole se preferite, se questo non comportasse la morte eterna di anime riscattate da Cristo con il suo Sangue preziosissimo versato sulla croce.

I sedeprivazionisti italiani presentano così la questione: “… La grande difficoltà che si para innanzi a quei cattolici che si oppongono al Concilio Vaticano II e alle sue riforme è quella dell’autorità papale, vale a dire in qual modo si possa giustificare il rifiuto della “nuova religione” quando essa è proclamata, almeno apparentemente, dall’autorità suprema. – La soluzione proposta dalla Fraternità di San Pio X [anche questa grossolanamente eretica –ndr.- ] è la seguente: i papi del Vaticano II sono veri papi ma non si deve obbedire loro quando ci ordinano di credere il falso o di compiere il male. Tuttavia, questa soluzione benché si possa applicare senza problemi agli ordini del papa che agisce in quanto persona privata, implica una defezione della Chiesa se si tratta del magistero ordinario universale o delle leggi generali, che sono verità infallibili. In altre parole, un vero Papa, in virtù dell’assistenza dello Spirito Santo, non può in nome della Chiesa, insegnarci cose false o ordinarci di compiere il male. Quindi, l’unica soluzione che mantenga l’indefettibilità della Chiesa consiste nell’affermare che quei “papi” che promulgano e diffondono la defezione dalla fede del Vaticano II e della “nuova religione” in generale non godono dell’autorità papale [una falsa conclusione addotta come necessità … il tipico espediente del lestofante!-ndr.-]. Tuttavia, tra tutti coloro che sostengono questa tesi alcuni affermano che detti papi sono totalmente privi della dignità pontificia, altri affermano che ne sono privi soltanto parzialmente, e cioè formaliter (formalmente) e non materialiter (materialmente)…”. In altre parole, un “tizio” diventa Papa materialmente se eletto da un conclave di Cardinali, ma può non esserlo formalmente per difetto di intenzione, perché non vuole procurare il “bene” della Chiesa Cattolica. Pertanto è autorizzato a dire stupidaggini, ad avallare e proclamare eresie, a canonizzare bestie, asini e porci, ma rimane comunque il Vicario di Cristo e può conferire la carica di cardinale per l’elezione di un successivo beota, che a sua volta sarebbe un papa materiale, finché, [ … Attenzione, questa non è da perdere … c’è da ridere!] … rinsavito abbandona le balordaggini del Vaticano II e quelle da lui stesso e dai suoi predecessori enunciate, ritorna “cattolico” ed acquisisce la carica “completa”, ristabilendo la pienezza del Papato!”. Se un cabarettista sapesse di questa cosa, potrebbe fare grande fortuna in tutti i teatri dell’orbe! Più avanti, a sostegno della “tesi cassiciacum” si riporta il parere di illustri teologi, e tra i teologi chiamati a sostegno della tesi del Des Lauriers troviamo citato DOMENICO PALMIERI, S.J. (Tractatus de Romano Pontifice, Prati Giachetti 1891.). Ascoltiamo bene: La successione materiale è una pura e semplice serie di Pastori o Vescovi che si succedono ininterrottamente risalendo fino agli Apostoli o a uno degli Apostoli dai quali abbia preso inizio: la successione formale è questa serie che in più gode dell’autorità trasmessa ai singoli successori dagli Apostoli, che per questa autorità sono costituiti successori formalmente. Poiché dunque ciascuno dei successori riceve l’autorità proveniente dagli Apostoli da coloro o da colui che ha ricevuto la medesima autorità in atto e può comunicarla ad altri, avviene in questo modo che l’autorità permanga formalmente mediante la successione. Tutte e due le successioni sono necessarie, né l’una può esistere senza l’altra; la prima tuttavia è più riconoscibile, la seconda invece la si conosce quando si conosce la vera Chiesa. – Quindi c’è da chiedersi. Ma questi “ci sono o ci fanno”, se pongono come base dei loro ragionamenti questi chiari enunciati: “… l’una non può esistere senza l’altra”? Quindi un papa materiale non può esistere assolutamente secondo il Palmieri. E più avanti leggiamo ancora:

“… Questa è la successione formale. Senza dubbio, perché qualcuno abbia l’autorità nella Chiesa, è richiesta la missione (Rom, X, 15, Coll. I Tim, V, 22, 7; Tim II, 2; Tit I, 5): ma non può inviare se non colui che ottiene in atto l’autorità Apostolica e può trasmetterla. Quindi, è da lui che si deve ricevere l’autorità; quindi, un successore deve succedere formalmente. Coloro dunque che succedono in tal modo sono i soli che possano veramente essere detti successori degli Apostoli; perché essi soli ottengono quell’autorità che gli Apostoli ricevettero da Cristo (pagg. 286-288). È questo è ancor più vero per il Papa che non può essere mai solo materiale, senza Autorità divina!

Viene scomodato, proprio in netto contrasto con la fanta-tesi, anche il grande Santo teologo: SAN ROBERTO BELLARMINO S.J. (De Romano Pontefice I. 2, c. 17.). Ecco il passaggio citato:

“Bisogna osservare che nel Pontefice “coesistono tre elementi: Il Pontificato stesso (precisamente il primato), che è una certa forma: la persona che è il soggetto del Pontificato (o primato) e l’unione dell’uno con l’altro. Di questi elementi, il primo, cioè il Pontificato stesso proviene soltanto da Cristo; la persona invece in quanto tale procede senza dubbio dalle sue cause naturali, ma in quanto eletta e designata al Pontificato procede dagli elettori; spetta a loro designare la persona: ma l’unione stessa procede da Cristo, mediante (o presupponendo) l’atto umano degli elettori… Si dice quindi in verità che gli elettori creano il Pontefice e sono la causa per cui un tale sia Pontefice… tuttavia non sono gli elettori che danno l’autorità né sono causa dell’autorità. Come nella generazione degli uomini l’anima è infusa soltanto da Dio e tuttavia, poiché il padre che genera disponendo la materia è causa dell’unione dell’anima col corpo, si dice che è un uomo che genera un altro uomo ma non si dice che l’uomo crea l’anima dell’uomo”. Evidentemente il termine “coesistono” in francese o in inglese non esiste per i nostri “tesisti” [… e compratevi un vocabolario, via!], per cui possono allegramente dire che nel Papato possono NON-COESISTERE le componenti essenziali, che possono essere spaiate e viaggiare da sole, così come un uomo può vivere senza l’anima ed essere comunque un uomo-materiale! Qui veramente è tutta da ridere!

Lo stesso D. Sanborn, strenuo difensore della tesi Cassiciacum del Des Lauriers [anch’egli un finto vescovo senza giurisdizione, come il Des Lauriers stesso], recentemente autoproclamatosi “rettore” di uno pseudo-seminario americano [mai autorizzato da chicchessia, ente autonomo eretico-finto-cattolico], riassumendo la dottrina chiarissima [a tutti, ma … evidentemente non a lui e ai c.d. Tesisti] dice [“Il Papato materiale” 1996]:

III) Non c’è successione apostolica legittima se non è formale.

La successione materiale, sia per elezione legale sia per presa di possesso con la forza o al di fuori della legge, non è sufficiente perché vi sia una successione apostolica legittima, perché l’autorità è la forma con la quale qualcuno è costituito vero successore degli Apostoli. L’elezione legale non è sufficiente perché qualcuno sia costituito e sia ritenuto vero successore degli Apostoli formalmente”. – Ed proprio questo il caso specifico degli antipapi che si sono insediati con la forza sul trono di Pietro, usurpando il legittimo Papato di Gregorio XVII il 26 ottobre del 1958 … e del suo attuale successore. Quindi anche D. Sanborn, non volendo, riconosce che l’elezione legale [figuriamoci quella illegale!] non è sufficiente perché qualcuno sia costituito e ritenuto vero successore degli Apostoli [in questo caso parliamo addirittura del Principe degli Apostoli] formalmente. Questo dovrebbe far comprendere immediatamente che mancando la forma, la materia non costituisce diritto al Papato, soprattutto quando poi addirittura il vero Papa c’è! Ecco come cose semplicissime si stravolgono e si invertono completamente, tanto da giustificare, con argomenti che lo escludono totalmente, la possibilità di una carica pontificale reale. Questo dovrebbe pure immediatamente far capire, anche al più ignorante dei teologi e allo più sprovveduto dei fedeli comuni, che una carica materiale nel Papato è cosa assurda ed inconcepibile, cosa per cui, seguendo l’assicurazione evangelica: “Io sarò con voi [materialmente e formalmente] fino all’ultimo giorno”, c’è da concludere che un vero Papa, materiale e formale c’è sicuramente, è necessità teologica assoluta di fede divina, se non vogliamo bestemmiare accusando il Signore di aver promesso una cosa non vera, accusandoLo cioè di essere un bugiardo ingannatore! Ecco allora l’eresia formal-materialista tradursi in: 1) peccato contro la fede, 2) bestemmia contro il Cristo ingannatore, 3) accusa di inganno e mistificazione contro la Chiesa Corpo mistico infallibile di Cristo; 4) peccato contro lo Spirito Santo; 5) porta spalancata sull’inferno!

Le conseguenze dell’allontanamento dalla metafisica tomistica:

Allontanarsi dalla metafisica dell’essere come actus ultimus omnium essentiarum comporta un grave pericolo di conclusioni disastrose. «Il più piccolo errore intorno alle prime nozioni di essere ecc., produce conseguenze incalcolabili, come ricordava San Pio X, citando queste parole di S. Tommaso: “Parvus error in principio, magnus est in fine”. – Si capisce allora perché San Pio X insegna nella Pascendi (8 settembre 1907) e nel Giuramento anti-modernista Sacrorum Antistitum (1° settembre 1910): “Ammoniamo i maestri di filosofia e teologia che facciano bene attenzione a ciò: allontanarsi anche solo un po’ dall’Aquinate, specialmente in metafisica, comporta un grave pericolo”. – Qui ci siamo non solo allontanati, ma all’aquinate gli abbiamo rivolto le spalle prendendo da subito una direzione opposta. Le conseguenze disastrose, ovviamente sono legate al gravissimo problema della salvezza eterna dell’anima. Che Dio ci salvi!

Domine, salva nos!”

Autore: Associazione Cristo-Re Rex regum

Siamo un'Associazione culturale in difesa della "vera" Chiesa Cattolica.