IL VERME RODITORE delle SOCIETA’ MODERNE (7)

CAPITOLO XV

INFLUSSO DEL PAGANESIMO CLASSICO SULLA FILOSOFIA

Mentre il paganesimo classico si formula nell’ordine artistico col naturalismo e col sensualismo, esso si fa sentire nell’ordine puramente intellettivo mediante un influsso forse più funesto, sebbene meno palpabile. In nessun luogo fece più strage che nella filosofia. Chiamo filosofìa quell’ ardente ricerca della verità su Dio, sull’uomo, sul mondo, sul complesso degli esseri, sulla loro natura e sulle relazioni che li congiungono. Per spiegare questo immenso dominio, la ragione, (si capisce) ha qui d’uopo più che altrove, d’ un punto di partenza certo, d’una bussola affatto sicura e d’una pietra di paragone infallibile, che l’aiuti a distinguere il vero dal falso. Sotto l’impero del Cristianesimo, tutte queste condizioni di successo erano messe a sua disposizione. – Figliuola docile della fede, la ragione cominciava ad ascoltare le lezioni della madre. Poscia, prendendo per punto di partenza le verità ch’essa aveva imparato a sì infallibile scuola, ne ricercava le relazioni nascoste, ne dimostrava la ricchezza e la varietà, ne faceva applicazioni feconde d’ utili risulta menti. Aveva dubbi? Consultava la genitrice, paragonando le scoperte da lei fatte agli insegnamenti che aveva ricevuti, e sempre, da figliuola bennata, faceva ridondare i suoi trionfi a gloria della religione. In altri termini, e per parlare la lingua del più grande filosofo che il mondo abbia conosciuto nel sistema scientifico creato dal Cristianesimo e sì ben capito dal medio-evo, le scienze somigliavano ad una famiglia ottimamente ordinata. La teologia era la madre, tutte le scienze erano sue figliuole; la madre dava gli ordini, imprimeva la direzione; le figliuole lavoravano, ognuna nella sua orbita, per il bene comune. Lo scopo ultimo di tutti gli sforzi era la glorificazione ed il servizio della loro regina, la quale poneva in opera, pel bene fisico e morale dell’uomo, i risultamenti ottenuti da ogni scienza e dalla filosofia stessa, sua figliuola primogenita [“Theologia imperat omnibus aliis scientiis tamquam principalis, et utitur in obsequium sui omnibus aliis scientiis, quasi usualis … ita ut, cum finis totius philosophiæ sit intra finem theologiæ et ordinatus ad ipsum, theologia debeat omnibus aliis scientiis imperare, et uti iis quæ in eis traduntur.] D. TH. in lib.l, Sentent. Prolog. —“Non accipit sua principia ab aliis scientiis, sed immediate a Deo per revelationem. Et ideo non accipit ab aliis scientiis langua a superioribus, sed utitur eis tanquam interiorìbus, et ancillis.” [Id. S. Theol., p. l, q . 1, art. V.]. – Dalla certezza del punto di partenza, dalla direzione infallibile nella investigazione, dalla convergenza universale di tutte le scienze verso lo stesso scopo erano derivate e quell’assenza d’ ogni grave errore, e quella lucidità nelle definizioni, e quella ricchezza di vedute, e quella fecondità nelle applicazioni, e quel carattere d’unità e d’universalità nella scienza, e quella profonda intelligenza della verità, e quelle magnifiche speculazioni che riunendosi nelle opere di Sant’Agostino, di Sant’Anselmo, d’Alberto il Grande, d’Alessandro d’Ales, di San Bonaventura e di San Tommaso, come in un vasto specchio, illuminavano coi loro immortali splendori tutte le questioni le più astratte dell’ ordine religioso, politico, civile, domestico ed anche materiale. Sì splendori immortali, poiché i mille sistemi filosofici nati da tre secoli in qua, lungi dall’oscurarne la purezza, non fecero se non renderla più vivace; immortali, poiché ivi ancora bisogna ricorrere per ricercare lo scioglimento di tutti i problemi che tormentano il mondo. « Erede della filosofia dei Padri della Chiesa, la filosofia del medio-evo, dice il signor Moeller, appoggiandosi a credenze incrollabili, rimase sempre la stessa quanto ai principii; ed essa guadagnò così, con lavori secolari, una grandezza ed una estensione che mai fu eguagliata da verun’altra filosofia (Moeller, Stato della filosof. modem, in Alemagna, p. 4.) ».Ma le cose cangiarono affatto col Rinascimento. In tale età mille voci s’innalzarono d’ogni parte d’Europa per proclamare i sistemi filosofici della Grecia, il vero tipo della filosofia, il modello della libera discussione ed il vasto campo in cui la ragione doveva entrare se voleva giungere alla scoperta della verità. La prima cosa da fare in questo scopo era di persuadere alla ragione di cercare in se stessa il suo punto di appoggio e di cessare di pigliare l’insegnamento della Chiesa per base delle sue investigazioni filosofiche. E siccome la si era persuasa di finirla col suo passato letterario ed artistico, rappresentandoglielo quale il tipo dell’ignoranza e della barbarie, mille avvocati sostennero che la filosofia cattolica del medio-evo era la compressione dello spirito umano ed il tipo della servilità. E perché, ve ne prego? Perché essa pigliava per suo punto di partenza, per sua bussola e per sua pietra di paragone le verità indimostrabili della Fede.Dite dunque che la geometria, la chimica, tutte le scienze, di qualsiasi natura, sono la compressione della intelligenza, poiché tutte senza eccezione partono da assiomi o da principii indimostrati e indimostrabili. Voi pretendete che la Chiesa ostasse alla libertà del pensiero e che i dogmi da essa imposti alla ragione inceppassero il libero muoversi degli spiriti. Per provare che siffatti gravami addotti contro la filosofia cattolica sono fondati, voi dovreste anzi tutto dimostrare che i dogmi della Chiesa non sono verità le quali, come tali, formano le basi di ogni verace filosofia. Infatti, se i nostri dogmi sono verità, dov’è il motivo di ammettere che la filosofia la quale cerca la verità, possa trovarsi imbarazzata accettando una verità qualunque? Ora, sin qui, nessuno poté provare che i dogmi cattolici non siano verità. Sono ignorati, respinti; ma è sopra le umane forze il dimostrare che la fede della Chiesa sia un errore.Si poteva andare più lungi e chiedere agli avvocati del paganesimo rinascente, ai panegiristi della pretesa emancipazione intellettiva, se una filosofia che accetta per punto di partenza le verità della fede cattolica, sia più ristretta, meno libera di quella che prende per sola ed unica base la ragione umana? Egli è evidente per ogni uomo ragionevole, che una idea, quale essa sia, non potrebbe limitare l’esercizio della ragione se non in quanto è essa stessa limitata. Se dunque i dogmi cattolici non erano superiori all’umana intelligenza, il rimprovero degli apostoli della filosofia indipendente sarebbe stato fondato. Ma le verità religiose hanno un senso sì profondo, sì inesauribile, che nessuno spirito creato è capace di abbracciarle in tutta la loro estensione e di darne una spiegazione compiuta. Perciò, le rivelazioni divine, invece di limitare le facoltà della ragione umana, le offrono di continuo nuovi punti di veduta e danno sempre nuovo alimento al pensiero (V. Moeller, ib., p. 4). Queste così semplici osservazioni, che bastavano per ridurre al nulla le pretese dei nuovi venuti, o non furono fatte, o non furono ascoltate. D’ogni parte si accorse alla scuola dei filosofi pagani. Per entrarvi, bisognava soscrivere a questo adagio di Epicuro: che la vera filosofia non poteva nascere se non fra i Greci, poiché in ogni altra parte la tradizione regnava, e vi si soscrisse. La tradizione cattolica, l’insegnamento della Chiesa furono rigettati come ostacoli, e la sufficienza dell’umana ragione fu solennemente proclamata. Un tal principio preparava la conseguenza finale che fu dedotta ai dì nostri. « Concludiamo. Il Cristianesimo ha perduto il suo antico dominio sulle anime; la fede se n’è ritratta. Abbandonato dalla pubblica opinione, convinto d’inferiorità dalla moderna ragione, avverso al principio delle nostre istituzioni e delle nostre leggi, esso non può più, esso non deve presiedere alla educazione nazionale. Esso non lo può più, perché le sue lezioni non sono più ascoltate; esso non lo deve, perché scopo della prima educazione si è di formare cittadini, esercitati dall’infanzia all’intelligenza, all’amore ed alla pratica delle leggi del paese….« Il Cristianesimo non è più. Abbiamo d’uopo d’una religione; chi la farà? La mia risposta è prevedibile: la ragione ha vinto il Cristianesimo oltrepassandolo; tocca alla ragione di surrogare ciò ch’essa ha distrutto (1) ». Ben tosto i due grandi sistemi filosofici dell’antichità, quello di Platone e di Aristotele, cioè l’idealismo e l’empirismo, riunirono sotto le loro opposte bandiere tutti i professori di filosofia ed i loro scolari. Sotto la bandiera di Platone si schierò l’Italia, diretta dai Medici di Firenze, da Marsilio Ficino,da Andrea Porta e da altri distinti personaggi. Aristotele attrasse al suo vessillo prima l’Inghilterra, poscia l’Alemagna e la Francia. Cominciate al rinascere del paganesimo, queste due linee filosofiche parallele ed opposte si prolungano sino ai dì presenti. Cosa notevole! Le superbe pretese e l’impotenza assoluta, gli eterni tentennamenti, le fluttuazioni, le contraddizioni, gli errori mostruosi, le applicazioni formidabili di questa filosofia pagana nell’Europa moderna, sono esattamente le medesime che sorsero in seno all’antica Grecia. Oggidì come altre volte, essa può scrivere sulla porta delle sue scuole: Qui è l’officina di tutte le assurdità (“Nihil tam absurdi quod non dicatur ab aliquo philosopho”. Cicer.]. Ebbra di se stessa, cade da un estremo all’estremo opposto, senza poter mai tenere quel giusto mezzo in cui si trova la verità. Dal materialismo corre all’idealismo, dal panteismo allo scetticismo per riuscire adesso, come altre volte, all’abisso incommensurabile del razionalismo universale ed alla mina della società. Con Talete di Mileto, suo primo organo nell’antichità e fondatore della scuola ionia, essa proclama l’acqua e l’umido, cioè la materia, qual principio di tutte cose. La scuola italica e Pitagora suo fondatore, le danno una smentita e sforzansi di far regnare lo spiritualismo. Cinquantanni dopo, comparisce la scuola eleatica, i cui principali organi, Senofonte da Colofone, Parmenide e Melisso, professano il panteismo idealista e su vari punti giungono sino allo scetticismo. Colla scuola atomistica, fondata da Leucippo, il materialismo risale sul trono. Dalla contraddizione dei sistemi e dalle stragi del dubbio, sempre crescenti, le quali ne sono conseguenza inevitabile, nasce la scuola sofistica. A volte campioni del prò e del contro, i suoi discepoli si fanno un giuoco ed un’industria di sostenere e di combattere le proposizioni le più contraddittorie. Ancora alcuni anni, e la società greca, già sì caduca, si sfascerà sotto i loro colpi. Socrate giunge ed imprende ad opporre un argine al torrente del dubbio. Ei prende per oggetto la filosofia morale, e forma alcuni discepoli di cui il più celebre è Platone. Padre della scuola accademica, Platone dispiega tutti i mezzi del suo genio per rendere lo scettro allo spiritualismo. Aristotele suo discepolo glielo strappa e fa regnare l’empirismo, che, legato ai peripatetici, non tarda a riaccostarsi al materialismo. Epicuro ve lo fa entrare a piene vele. Discepolo dei successori di Aristotele, ei cava l’ultima conseguenza pratica dalla filosofia del maestro di Stagira. Il suo sistema è l’immoralità; il piacere è il bene supremo dell’uomo. Fondatore della scuola stoica, Zenone viene ad opporsi all’epicureismo. Il corpo è tutto, diceva Epicuro; il corpo è nulla, rispondeva Zenone; il piacere è l’unico bene, continuava Epicuro; il dolore stesso il più vivo non è un male, replicava Zenone. – Dopo cadute più o meno numerose, dopo resistenze più o meno impotenti, giunge, verso il finire del secondo secolo, Sesto Empirico. Relatore accanito di tutte le querele e di tutte le assurdità filosofiche, egli deduce la conclusione finale da questi dibattimenti di mille anni. La prima parola che cade dalla sua penna è contraddizione; l’ultima, scetticismo. Tale è il termine vergognoso a cui riesce la pagana filosofia. Durante il lungo periodo di sua esistenza, qual progresso ha essa effettuato? Quale verità ha essa scoperto? Quale virtù ha essa fatto praticare? Quale società ha essa resa migliore e più durevole? Un uomo non sospetto risponderà: « La storia della filosofia, dice il signor Ancillon, non offre se non un vero caos. Le nozioni, i principi, i sistemi vi si succedono, si combattono e si cancellano gli uni gli altri, senza che si sappia il punto di partenza e lo scopo di tutti questi movimenti, ed il vero oggetto di codeste costruzioni tanto audaci quanto poco solide. » Se essa fu impotente pel bene, chi dirà la sua potenza pel male? « 1 grandi errori della mente erano quasi sconosciuti nel mondo prima della greca filosofia. Essa li fece nascere, o per lo meno li sviluppò, indebolendo il rispetto per le tradizioni e sostituendo il principio dell’esame particolare al principio di fede (Saggio sull’indiff., t. III, p. 58) ». I sofisti prepararono la strada ai barbari.

CAPITOLO XVI

SEGUITO DEL PRECEDENTE

Risuscitata alla metà del secolo decimoquinto, la filosofia pagana dà una seconda volta lo spettacolo della sua impotenza nello scoprire la verità, e della sua onnipotenza nell’ingenerare l’errore. Non è questa un’accusa volgare che noi ripetiamo per ripeterla dopo mille altri; la è una innegabile verità che non bisogna cessar di ridire. Il paganesimo filosofico ci uccide. Senza parlare degli errori mostruosi su Dio, sull’uomo, sul mondo, di cui macchiò la storia d’Europa da tre secoli in qua, il razionalismo attuale, il razionalismo dissolvente che minaccia la società d’un prossimo ritorno alla barbarie, non ne è se non l’ultima parola. – Infatti, rigettata la tradizione cattolica come un ostacolo e l’infallibilità della ragione posta in assioma; come impedire che il razionalismo in tutte le sue formidabili applicazioni alla religione, alla società, alla famiglia, alla proprietà, non diventi un articolo di fede, qualora salti in capo alla filosofia di proclamarlo? Ora, l’abbiamo visto, la sufficienza assoluta della ragione fu realmente, sebbene tacitamente, stabilita in principio sin dal primo giorno del Rinascimento. Tutte le investigazioni filosofiche ebbero luogo sotto il suo occulto influsso. Bentosto fu gettata via la maschera, e col mezzo di Lutero la ragione fu proclamata sovrana in materia di religione. – Cartesio stese il di lei impero e formulò chiaramente l’universalità de’suoi diritti (Roma condannò la logica di Cartesio nel 1613. Il protestantismo stesso l’anatematizzò nel sinodo di Dordrecht nel 1656; talmente il dubbio cartesiano minacciava il poco di credenza che rimaneva nella Riforma!). – Sentiamo i suoi ammiratori e gli organi suoi fedeli: « Spirito indipendente, novatore ardito, genio di singolare potenza, Cartesio amava troppo di farsi egli stesso le sue idee, di confidare a sé l’intimo suo sentire, perché ei non riconoscesse l’autorità della ragione individuale, e il diritto ch’essa ha di esaminare e di giudicare ogni specie di dottrina. È gloria di Cartesio l’aver proclamato e praticato questi principii, e di essere l’autore di quella intellettuale riforma che recò il suo frutto nel XVII e nel XVIII secolo, e che, oggi più che mai, esercita il suo influsso nel mondo filosofico. Oggi di fatto, grazie a Cartesio, siam tutti protestanti in filosofia; a quel modo che, grazie a Lutero, slam tutti filosofi in religione…. Noi non vogliamo credere che all’evidenza della verità (Globe, n. 147) ». Vediamo ora all’opera la filosofia nuovamente fatta pagana: con Platone essa professa lo spiritualismo puro, e non tarda a cadere nel panteismo idealista con Spinoza. Alla scuola di Aristotele essa si appassiona per l’empirismo: e Bacone da Verulamio insegna che la materia è la cagione delle cagioni, essa stessa senza cagione; Locke trova nella sensazione l’unica fonte delle idee; Condillac inventa l’uomo statua; Maillet giunge all’uomo-pesce, e il barone di Holbach, riassumendo nel famoso Sistema della natura il principio e le conseguenze di questa scuola, ci dà qual manuale della ragione e della condotta il complesso mostruoso di tutte le assurdità e di tutte le turpitudini del materialismo e dell’ateismo tanto antico quanto moderno. Hobbes, Hartley, Barclay, Priestley, Elvezio, Lamétrie, tutte le sommità filosofiche d’Inghilterra, di Francia e d’Europa, applaudirono al coraggio del loro confratello che diceva forte quanto essi pensavano piano. La società medesima, fatta incredula e materialista alla scuola dei moderni pagani, rispose a coro come la società antica nutrita delle medesime dottrine: « La verità è una chimera; il piacere è l’unica legge, l’unico dovere ». – Gli antichi sofisti avevano aperto la via ai barbari: i loro moderni discepoli consegnarono la società ai distruttori del 93: Il pensiero dei saggi aveva preparato la Rivoluzione, il braccio del popolo la eseguì. Tanto predicata da tre secoli, insegnata con tanta cura alla gioventù, spiegata con tante fatiche dai forti cervelli d’Europa, la filosofia pagana era oramai giudicata. Ma, devesi pur dirlo, malgrado questa spaventosa esperienza, l’umana ragione non fu guarita. Il suo divorzio con la fede, l’amore appassionato della sua pretesa emancipazione avevano lasciato sussistere in essa il germe del male. Sulle reliquie ancor fumanti dell’ordine sociale, essa spiegò le stesse pretese alla direzione intellettuale del genere umano. Qui ancora, come nell’antichità, l’ultima sua parola fu il dubbio universale e l’epicureismo. Cabanis osò dire a questa società coperta di sangue e di sozzure: « I nervi sono il principio del pensiero, la cagione dell’idea; l’effetto è di necessità quale è la cagione; dunque il pensiero, dunque l’idea è materiale: dunque l’uomo non è che una macchina, senza altra differenza tra lui ed il suo cane, tranne la grandezza dell’angolo facciale. » Sistema abbietto, al quale Destult di Tracy prestò il soccorso dell’arida sua ideologia. Se Cabanis fu il fisiologo e Destult di Tracy il metafisico del materialismo nel XIX secolo, Volney ne fu il moralista. « Conservarsi, ed a tal fine tutto tentare e tutto fare, ecco, secondo Volney, la grande legge dell’umana natura. Allora, che cos’è il bene? Che cos’è il male? La risposta è facile: Il bene è quanto tende a conservare, a perfezionare l’uomo; il male è quanto tende a deteriorarlo e a distruggerlo. Il maggior bene è la vita, il maggior male si è la morte: nulla v’ha al di sopra del bene fisico, nulla di peggio della sofferenza del corpo: il bene supremo è la sanità (Storia della filosofìa nel secolo deèimonono, t. Il, p. 119). – Carità, abnegazione, fede, speranza, sagrificio dell’interesse personale al pubblico bene sono le virtù degli imbecilli a prò dei bricconi. L’assassinio è un dovere ogniqualvolta è utile. Io, cioè il mio corpo, e poi nulla, ecco tutta la religione; non vi sono se non gli stupidi che possano averne un’ altra. Tale si è la filosofia di Volney. Ora, quando si pensa che tali massime sono state sparse per quindici anni con una spaventosa profusione; quando si pensa ch’ esse penetrarono in tutte le classi della società; che le grazie e la semplicità dello stile han fatto del catechismo di Volney il libro dei salons e delle capanne: si ha forse a stupire del carattere profondamente epicureo dell’età nostra? – In questo sistema, Dio è evidentemente nulla, l’anima è nulla: tutto è materia. Però la nostra filosofia pagana intraprese una reazione spiritualistica contro il moderno Epicuro, come lo aveva di già fatto contro l’antico. I signori Royer-Collard, Cousin, Jouffroy, ed il Globe, si.assunsero la missione di ristaurare lo spiritualismo. Ma priva di base e di bussola, la loro filosofia è caduta nel panteismo e nello ecletticismo senza esautorare il sensualismo di Volney. Il panteismo si trova a grandi caratteri nelle opere di Cousin. Quanto all’ecletticismo, ei non è altra cosa, sotto un nome diverso, se non se lo scetticismo ed il razionalismo assoluto. Uno de’suoi più fervidi apostoli, Jouffroy, è morto nelle angosce di un dubbio orrendo. Tutte le generazioni attuali che ne sono imbevute, sono profondamente incredule: ecco quanto allo scetticismo. Che l’ecletticismo sia pure il razionalismo al suo più alto grado, eccone la prova. – Il pensiero confessato altamente, insegnato chiaramente dai suoi organi, si è che la verità compiuta, la verità tale quale deve essere conosciuta per soddisfare a tutti i bisogni della ragione, è ancora da trovare: nessun sistema filosofico, nessuna religione, nemmeno il Cristianesimo, ne è l’espressione adeguata. Quindi per essi la necessità d’una ricerca universale in tutti i sistemi ed in tutte le religioni, affine di prendervi ciò che è vero, e con tutte queste verità sparse formare un simbolo totale. Ma quale sarà la loro pietra di paragone per distinguere la verità dall’errore? La ragione forse di ogni individuo, o di un solo individuo, riconosciuto per maestro infallibile? Nell’uno e nell’altro caso, voi deificate la ragione e create il più vasto razionalismo che mai si sia visto. Essi ne convengono: « Poiché, dicono, appartiene alla ragione individuale il diritto di esaminare e di giudicare ogni specie di dottrina (Globe, n. 147) ». Ma almeno, sanno essi quali nuove dottrine sostituiranno alle vecchie? Non ancora; essi le cercano. La loro risposta merita d’essere conosciuta: « Le dottrine che devono presiedere alla nostra vita morale, religiosa, politica, letteraria, sta a noi il farle, poiché i nostri padri non ce ne legarono se non delle sterili e logore…. Bisogna dunque fabbricarne delle nuove. Questa necessita dell’età nostra è compresa o piuttosto è sentita da tutti gli animi (ib. n. 56). » È chiaro: il razionalismo non spiegò mai pretese più orgogliose; giammai la ragione, emancipata dalla tutela della fede mediante la filosofia pagana, si mostrò più stupidamente superba; giammai il mondo fu più vicino a nuove e spaventose catastrofi, inevitabili castighi della rivolta spinta sino all’imitazione di satana. Ciò che v’ha di più spaventoso, ciò che mostra sino a quale profondità il paganesimo filosofico sia entrato negli animi, si è che i sapienti del secolo soscrivono senz’altro a queste altiere pretese. Ei chiamano la ragione una rivelazione permanente di Dio, i cui diritti a nessun riguardo si devono sacrificare (Discorso del sig. Di Lamartine, nov. 1843). Credono mostrarsi assai generosi e ben meritare dei cattolici permettendo alla religione di trattare da eguale a eguale colla ragione, di dividere con essa l’impero dell’uomo, dando all’una la sovranità dello spirito ed all’altra la direzione del cuore. « La, religione e la filosofia sono due sorelle immortali, che non possono perire. La religione e la filosofia nacquero lo stesso giorno, il giorno che Dio pose la religione nel cuore dell’ uomo e la filosofia nel suo spirito; bisogna che esse vivano insieme, immortali, l’una a fianco dell’altra, che non si separino, e che nei tempi di prova cerchino d’avvicinarsi anziché di distruggersi (Il sig. Thiers, Discorso sull’istruzione pubblica, 18 gen. 1850). – Ma già i laici del paganesimo negano questa pretesa eguaglianza della religione e della ragione: ei dicono senza velo che la religione non è che un principio di oscurantismo e di corruzione, che la ragione sola è sovrana. « Io proverò, scriveva poco fa un discepolo del signor Cousin (Il sig. Jacques nella Libertà di pensare.), che il catechismo imbestialisce l’infanzia; proverò quindi che la corrompe… bisognava che la ragione si stabilisse al fine sovrana nel suo dominio. Ciò accade nel XVII secolo; Cartesio proclama l’affrancamento definitivo del pensiero, e, nel rispetto ch’egli esprime ancora per la Chiesa e per la teologia, è facile ravvisare un po’ d’ironia e molta prudenza… È egli d’uopo rammentar qui Voltaire e Rousseau? è egli d’uopo aggiungere che le loro dottrine, inspirate dallo spirito del secolo, si sono impadronite della società francese abbastanza fortemente per realizzarsi in qualche guisa nell’ordine dei fatti politici, sostituendovisi con violenza allo spirito del passato, mediante la gran rivoluzione dell’89? Così la ragione, che ancora non era se non se affrancata, è oramai sovrana. La sua volta è venuta di organizzare la società e di governare lo Stato. Divinizzate anche dal popolo, la ragione e la libertà surrogano gli Dei scaduti del Cristianesimo sugli altari donde le passioni popolari li precipitarono. La Convenzione decreta, in nome della ragione, l’esistenza dell’Essere supremo; non vi è più altro culto, altra religione che la religione della ragione ed il culto della libertà. Ecco la storia ».Sì, ecco la storia della filosofia moderna sotto l’influsso del paganesimo classico, non solo in Francia, ma in tutta Europa. Avrei potuto mostrare questa filosofia producente ovunque e soprattutto in Alemagna gli stessi errori, preparando gli stessi delitti, producendo le stesse calamità che in Francia. Basterà dire ch’essa vi giunse non solo in pieno paganesimo, ma sino a quelle regioni vicine all’inferno in cui la ragione, profondamente pervertita, non sa più se non bestemmiare Iddio ed invocare il nulla. Per giustificare la nostra asserzione, ci si permetta di citare le opinioni attuali dei suoi rappresentanti i più accreditati, col giudizio dei loro discepoli. « Vi sono quattro cose, diceva Goethe, che io egualmente detesto: il tabacco e le campane, le cimici ed il Cristianesimo. » Questa spaventosa bestemmia è, secondo la Libertà di pensare, « l’espressione la più ingenua dell’invincibile ripugnanza che il Giove Olimpico dei tempi moderni provava per l’estetica cristiana. Si è per istinto che Goethe odiava la rivoluzione morale che sostituì la Vergine pallida ed infermiccia all’antica Venere, ed alla perfezione ideale del corpo umano rappresentato dagli Dei della Grecia, la magra immagine d’un crocifisso stiracchiato da quattro chiodi. Dopo ciò non fa più meraviglia vederlo porre innanzi al suo letto, esposta a levante la testa colossale di Giove, acciò ei possa al suo svegliarsi rivolgergli la sua preghiera del mattino. Inaccessibile al timore ed alle lacrime, Giove era veramente il Dio di quel grand’uomo. – « Hegel non si pronunciò meno decisamente per la superiorità dell’ideale religioso degli Elleni e contro l’intrusione degli elementi siriaci o galilei. La leggenda del Cristo gli sembra concepita nello stesso sistema della biografia alessandrina di Pitagora; essa ha luogo nel dominio della realtà la più volgare, e non già in un mondo poetico; è un miscuglio di semplicità meschina, di pallide chimere, come se ne in contrano fra le persone fantastiche che non hanno una bella e forte immaginativa. L’Antico ed il Nuovo Testamento non hanno, ai suoi occhi, alcun valore estetico.« Codesta è la stessa tesi che tante volte eccitò il brio spiritoso e la fantasia umoristica di Enrico Heine: ma il signor Luigi Feuerbach, capo della giovine scuola alemanna, è forse l’espressione la più compiuta e la più sviluppata di questa antipatia contro il Cristianesimo; e se il secolo XIX dovesse vedere il finimondo, certo sarebbe lui che bisognerebbe chiamare l’Anticristo ». – Per poco ei non definisce il Cristianesimo un pervertimento della natura umana « Non vi sono che degli ignoranti o degli spiriti superficiali che indirizzar possano all’antichità il rimprovero di materialismo. – L’antichità rappresenta la natura ed il finito; falsati quali noi siamo dalle nostre idee soprannaturali e dalla nostra sete d’infinito, quell’Arte così limitata, quella morale sì semplice, quel sistema di vita sì bene fissato d’ogni parte, ci sembrano una realtà circoscritta. Castore e Polluce, Diana e Minerva sono per noi freddi e senza ideale, perché rappresentano la natura sana e normale. Ma lo spiritualismo cristiano è, nel fondo, ben più materiale … Tutte le false idee che vi sono nel mondo in fatto di morale e di estetica sono derivate dal Cristianesimo. La Grecia, con un tatto divino, aveva afferrato in tutto la perfetta misura, fuggitiva ed inafferrabile gradazione che si intravede per istinto, ma in cui uno non può mantenersi….» – « Non è solamente il sovrannaturale che cade sotto la critica della nuova scuola alemanna: il signor Feuerbach e tutti i filosofi di questa scuola riconoscono senza esitare, che il teismo, la religione naturale, ogni razionalismo che ammette qualche cosa di trascendente, deve essere posto sullo stesso piede del sovrannaturale. Credere a Dio ed all’immortalità dell’anima è ai suoi occhi altrettanto superstizioso quanto il credere alla Trinità ed ai miracoli. La critica del cielo non è più se non la critica della terra; la teologia diviene l’antropologia. « La scienza che un uomo ha del suo Dio non è che un altro nome per indicare la scienza ch’egli ha di se stesso, la coscienza ch’egli ha del suo io ». Ogni considerazione del mondo superiore, ogni sguardo gettato dall’ uomo al di là di se stesso e del reale, ogni sentimento religioso, sotto qualsiasi forma si manifesti, non è che un’illusione (Libertà di pensare, 20 novembre 1850) ». Per coronare questo spaventoso sistema d’empietà, Feuerbach termina la sua Tanatologia dichiarando ch’egli ama meglio tuffarsi nel niente, che non incontrare nella sfera delle ombre Socrate, Sant’Agostino e tanti altri eroi. Poi, come conclusione finale di ogni sua filosofia, invita i suoi adepti ad adorare la morte! – Facile sarebbe moltiplicare le citazioni. Quelle che precedono sono più che bastevoli per dimostrare gli eccessi inauditi, l’influsso disastroso e sempre attuale del paganesimo filosofico, nonché l’indispensabile necessità di ritornare senza indugio alla filosofia cristiana, se vogliamo prevenire un nuovo e forse ultimo cataclisma