LO SCUDO DELLA FEDE (229)

LO SCUDO DELLA FEDE (229)

LA SANTA MADRE CHIESA NELLA SANTA MESSA (3)

SPIEGAZIONE STORICA, CRITICA, MORALE DELLA SANTA MESSA

Mons., BELASIO ANTONIO MARIA

Ed. QUINTA

TORINO, LIBRERIA SALESIANA EDITRICE, 1908

LA MESSA

Il nome Messa pare un’inflessione della parola latina missio, che significa congedo, commiato, cioè l’atto di licenziare, mandare, mettere in libertà le persone presenti. Si disse Missa per Missio, come si disse oblata per oblatio (oblazione), ascensa per ascensio (ascensione) (Alcuni credono che il nome Messa derivi dall’ebraico missach, col quale nome chiamavano gli Ebrei una volontaria oblazione, che facevano nel tempio in ringraziamento pei frutti della terra, e che poi mangiavano a ricordanza della sofferta schiavitù e della libertà, che Dio loro diede. Questa offerta veniva fatta colla cerimonia di sollevarla in alto, e pare quindi convenga ad esprimere la volontaria offerta del divin Redentore, il quale, dice Isaia (LIII, 7) oblatus est quia ipse voluit.). I Latini diedero questo nome al Sacrifizio, perché, venuta 1’ora dell’offerta si mandavano fuori i catecumeni, i penitenti, gli ossessi, e poi si licenziava tutto il popolo alla fine della funzione. Prima adunque che si facesse l’offerta, il diacono diceva ad alta voce: partano i catecumeni. Questi tosto andavano dal Vescovo a ricevere la benedizione per mezzo dell’imposizione delle mani, e si ritiravano poi con grande umiltà in silenzio. Così facevano anche i penitenti, dicendo il Diacono: partano i penitenti. Si allontanavano pure, quando ne ricevevano l’avviso gli ossessi, perché sembrava non convenisse alla santità dei sacri ministeri la presenza dei posseduti dal demonio, e si temeva forse turbassero il silenzio, ed offendessero con qualche atto sconvenevole il decoro della santa funzione. –  L’esclusione di queste tre sorta di persone fatta  a quel punto con tanta solennità. ben doveva ispirare nel popolo alta idea del tremendo mistero, facendogli intendere, come convenisse portar purità di coscienza per aver parte nel Sacrifizio al dono di Dio, se tanta cura si aveva di allontanare quelli che non si credevano puri abbastanza pet potervi assistere solamente. Anche il congedo che si dà a tutti in fine della celebrazione coll’Ite, Missu est, deve eccitare santi pensieri in cuore dei fedeli. Perché, quando si dice: « andate; la messa è compiuta » ite, Missa est, più che un saluto, ci si fa una raccomandazione di partirci pieni di gratitudine, e di portar con noi la memoria della gran degnazione che Dio ci ha usato, e la mente degli alti misteri tutta occupata. – Questi congedi adunque ripetuti per ben quattro volte dovevano fare grande impressione sull’animo del popolo, e, da ciò, che faceva loro impressione, ci diedero i fedeli il nome al Sacrifizio. Ed essendo questi avvisi di uscire replicati più d’una volta, come abbiam detto, ne venne che il Sacrifizio non solo si chiamava dagli antichi Missa (la Messa), ma Missæ in numero plurale (le Messe)  Quindi Missas facere, (celebrare le Messe); Missarum solemnia, (le solennità delle Messe (Bossuet. Explic. de quelq. difficult. sur les prières de la Messe). – Basti questo del nome; diremo ora che cosa sia il Sacrifizio; e come sia propriamente Sacrifizio la santa Messa. Il Sacrifizio è quell’atto principale di religione, in cui si fa offerta di una cosa esteriore e sensi bile a Dio da un legittimo Sacerdote in modo, che in istato è della sua maniera di esistere, cioè s’immola o si distrugge, o si consuma: e ciò per significare che la creatura ragionevole si getta tutta in mano dli Dio, e gli cade a’ piedi come cosa morta, riconoscendolo della propria vita, come di ogni altra cosa, padrone assoluto e supremo (1(1) Bened. XIV. De Sac. Mis. lib. 2, cap. 16, n. 22). Il quale onore per eccellenza reso a Dio come Principio, sommo Autore e Creatore di tutto, si chiama culto di Latria. Anche coll’umiliarci dinanzi alla sua divina Maestà nell’offerirle il Sacrifizio ci confessiamo peccatori, e perciò indegni della vita, del cui dono abusiamo, e meritevoli della morte, quando Dio mandare la voglia. E, perché non vuole il Signore, che ci diamo da noi stessi la morte, noi, per fare quel che è in nostro potere, gli mettiamo innanzi la vittima, e nel consumarla, per riconoscerlo Creatore, gli confessiamo, che vorremmo pur placare la sua giustizia. Ma che possiamo noi fare, che degno sia di Lui, e atto a soddisfare? Ecco Gesù, che nell’ultima cena, consacrando e dando ai Sacerdoti la facoltà di consacrare il pane, facendolo diventare suo Corpo divino, ed il vino, che si trasmuta nel suo Sangue, e ci preparò, e ci mise in mano tale vittima, che neppure la Divinità non poteva desiderare maggiore. Il Figliuolo di Dio ha provveduto da Dio all’onor del Padre. Benchè realmente nel Corpo sia il Sangue, e nel Sangue sia il Corpo santissimo, perché vive sull’altare impassibile ed immortale come in Cielo; nondimeno sotto la forma del Sacramento, consacrandosi prima il Corpo, poi il Sangue santissimo, si fa un Sacrifizio, commemorativo, che significa, e commemora in mistica immolazione la reale separazione del Corpo e del Sangue fatta sulla croce: e Gesù Cristo sta sotto due simboli, del pane e del vino, che rappresentano detta separazione come in istato di vittima (Catechismo intorno alla Chiesa Catt. del P. Gio. Perrone della Comp. di Gesù.) svenata nel Sacrificio, così appunto come era là sul Calvario, dove il Corpo Santissimo pendeva dissanguato, ed il Sangue era sparso per terra! Racchiudendo poi anche tutto il suo Corpo e tutto il suo Sangue sotto le specie delle più minute particelle, impicciolisce, annichila in certo modo tutto se stesso, nasconde non solo la sua Divinità, ma l’umanità pur anco: e si mette come in istato di insensibilità e come di morte. Vi è dunque in questo Sacrifizio come una morte mistica ineffabile della gran Vittima; e sotto ai nostri sensi Gesù Cristo pare che non esista più, come è veramente sacrificato. In quest’atto solenne, annientandosi dinanzi al Padre, l’adora, lo placa, lo ringrazia, dimanda tutti i favori per gli uomini, offrendogli per essi tutti i suoi meriti. Così Gesù Cristo, eterno Sacerdote nella s. Messa, fa di sé un sacrificio di adorazione, sacrificio di ringraziamento, sacrificio di soddisfazione e sacrificio di propiziazione. Del quale sacrificio il fine è di adorare Dio, rendergli gloria e ringraziarlo; l’espiazione del peccato e la santificazione delle anime ne è il frutto. Ma ci riserbiamo di trattarne nell’atto del sacrificio con maggiore chiarezza. – Vediamo ora come la Chiesa si prepara a compiere questo augusto mistero.

PARTE I

LA PREPARAZIONE

Gesù Cristo è il primo, è principale offerente il Sacerdote Immortale e Vittima Eterna; ma i sacerdoti servono di ministri a Lui, e di offerenti insieme con Lui a nome della Chiesa e di tutti i fedeli (Cone. Trid. sess. XXII, cap. I.); i quali pure offrono il sacrifizio (Inn. III, lib. 5, De Mist. Missæ), formando tutti insieme un popolo santo ed un regale sacerdozio, di cui è Capo Gesù Cristo, ed i sacerdoti sono ministri. La Chiesa perciò prepara con ogni più fina cura le persone che elegge a ministero così santo e tutte le cose che han da servire pel sacrificio; e prepara il popolo, che deve ad esso partecipare, coll’orazione e coll’istruzione (S. Thom. in suppl. q. 58, art. 2). – Quindi poi dividiamo questa parte della preparazione in quattro capi.

CAPO I

Art. I.

PREPARAZIONE AL SACERDOZIO.

Quando il Figliuol di Dio degnossi di assumere la carne dell’uomo, e farsi con essa una sola persona; formossi all’uopo tale una creatura la quale fosse al possibile degna di Dio. E la Vergine Maria, concepita nell’originale interezza, ricolma di tutte le grazie, destinata alla dignità al tutto divina di esser la Madre del Figliuol di Dio, fu come il punto più sublime dell’umana perfezione, in cui non disdegnò discendere Iddio, e in Lei sposare se stesso umana natura (S. Alfonso de’ Liguori. Le glorie di Maria, v. II, dis. I. e seg.). Quindi, appena era nata la Bambina Santissima, o meglio, appena spuntato in terra questo Fiore di paradiso, lo Spirito Santo, che la possedeva, si affrettò di porla al sicuro all’ombra del Santuario: e, prevenendo lei di grazia, e i benedetti suoi genitori Gioachino ed Anna guidando colle sue ispirazioni, fece che Ella si dedicasse bambina al servizio del tempio: onde un minuzzol solo non andasse perduto di quella vita tanto preziosa e tutta di Dio. Ora la santa Chiesa, che ha la missione di rinnovare col Mistero della consacrazione del Corpo e del Sangue di Gesù nella mistica incarnazione il prodigio della verginale maternità di Maria Santissima (Bossuet. Spiegazioni delle diffic. sulla s. Messa.), cerca pur essa con ogni più fina cura di preparare per questo mistero uomini perfetti, per quanto possano essere i figliuoli di Adamo. Perciò, quando le sì presenta un giovinetto di cuore ingenuo e di costumi innocenti, assennato e pio, che dà speranza di riuscita felice, affinché nei pericoli del mondo non trovi uno scoglio la sua innocenza, si affretta di riceverlo nei seminarii; e quivi con amorosa sollecitudine se lo raccoglie in seno, lo alimenta del proprio latte, lo purifica, lo santifica coll’abbondanza delle sue benedizioni, lo informa ad una vita di santità, e gli scolpisce nell’animo le più elette virtù, che lo rendono degno di comparire al cospetto di Dio. La Chiesa insomma di questa preziosa porzione di umanità, che Dio si elegge di santificare per solo suo servizio, fa come un orefice di una massa d’oro (S. Giov. Chrys.: De sacerd., c. 5)) di cui vuol formare un vaso da consacrarsi all’altare. Egli la purifica dall’immonda scoria, l’affina, l’aggrazia di forme le più elette, vi scolpisce intorno intorno col più gentil lavorio ammirabili bassi-rilievi, che ingemma di splendide gioie; e fa che tutto risplenda tersissimo della più vaga luce riflessa, poi lo presenta al pontefice, affinché egli lo consacri all’uso santo. Così la Chiesa prepara il giovine chierico adornandolo di tutte virtù, perché il Vescovo lo assuma allo Sposalizio divino.

Vestizione e Tonsura.

Il gran Sacerdote prima di tutto lo spoglia delle vesti usate dagli altri nomini comunemente, per fargli intendere, che deve svestir l’uomo vecchio come uomo rinato secondo Dio, e distinguersi fra il popolo colla santità (Conc. Trid. Sess. XIV, De Refor. cap. 6, Conc. Herbipol. cap. I, an. 1287, S. Dion. Eccl. Hier cap. 6.) di un più perfetto costume, e così presentarsi al popolo con la veste nuziale (Sist. V in Bulla: Cum sacrosa»nctam.): e quindi lo ricopre della veste talare, lungo paludamento, che spira gravità e compunzione, quasi per porlo al coperto delle lusinghe, e dagli allettamenti del secolo (Sin. Ebroi. anno 1576, Tit. de vita et hon. cler. —- S. Ber. De modo bene vivendi.), e per ricordargli che egli deve essere con Gesù Cristo crocifisso, e morto al mondo e ai suoi piaceri. In segno di volerlo purificare e segregare dalle vanità del tempo presente, gli tonde i capelli, lasciandogli solo una corona intorno alla fronte, che gli ricorda dover essere con Gesù Cristo, come una vittima coronata di spine pel gran sacrificio (Amalarius form. lib. De Eccl. Off. cap. 39, et Petrus Bles. In Job. cap. I.). Dopo di averlo disposto così, lo va preparando con mistiche benedizioni; e, a provargli il merito (Leo ep. 85.), gli affida incombenze via via sempre più importanti, cioè sperimenta nell’esercizio degli ordini per grado ((6) Inn. I, ep. 4. Conc. Trid. sess. XXIII, De Refor.), se possa commettergli la gran funzione più che angelica e al tutto divina. Per questo lo fa passare pei quattro Ordini Minori e pei tre Ordini Maggiori, affine d’innalzarlo all’eccelsa dignità del Sacerdozio.

ORDINI MINORI

L’Ostiario,

Così di fatto, quando il giovane, vestito dell’abito clericale, e tonsurato, si mostrava assiduo alle funzioni, al salmeggiare, alla preghiera, e, colla gravità del contegno, innocenza del costume e santità della vita, si meritava la buona testimonianza del popolo, in mezzo a cui viveva; provava ancora la Chiesa la sua fedeltà nel ministero esterno, affidandogli coll’Ordine dell’Ostiariato le chiavi del luogo santo. Chiamar il popolo all’adunanza, suonar l’organo e le campane a raccolta, vegliare, e far la guardia alle sante porte (Pontif. Rom.), perché nessun interdetto o scomunicato entrare vi possa, mantenere l’ordine e la divisione delle persone di diverso sesso (Bonomns, Stat. Ecc. Vercellensis.), allontanare chi disturbasse il raccoglimento, cacciare chi col mal contegno è colla vita indegna offendesse la santità dei Misteri nel terribile luogo, sono le funzioni dell’Ostiario (Pontif. Rom. Con. Med.), di questo uomo a cui è dato in sorte di stare ogni dì vegliando alle porte della casa del Signore (Prov. 8, 83.). – Nell’essere creati Ostiari i sacerdoti prendono un santo impegno di vegliare al decoro del luogo santo: e s. Girolamo fa un titolo di gloria al suo nipote Nepoziano sacerdote, che vi scopava il pavimento, regolava i banchi, ornava di festoni di verzura le sacre pareti. Ai Sacerdoti il dovere di difendere le chiese, di scacciare i profani che con ribaldo orgoglio in questi poveri tempi pretendono di portar il sacrilegio dinanzi ai tremendi Misteri fin sotto gli occhi di Gesù in Sacramento; e se mai loro si domandasse: e con qual diritto? i Sacerdoti posson rispondere: col diritto che ha un ministro di far rispettare la reggia del suo sovrano, che ha un ambasciatore di difendere l’onore del suo re, col diritto e dovere santo che ha il soldato di versare il sangue per la gloria del suo monarca: e di quale? del Monarca dell’universo.

Il Lettore.

Dopo che il chierico dato avesse a divedere, che gli stesse a cuore il decoro del luogo santo, veniva eletto a leggere al popolo il vecchio Testamento e le lettere dei santi Pontefici; perocché sempre tutte le Chiese si considerarono come una e sola famiglia, il cui capo è Gesù Cristo in cielo, e in terra il sommo Pontefice, che lo rappresenta. Quando il Vicario di Cristo, od altro Vescovo di specchiata dottrina e santità, scriveva qualche lettera ai fedeli delle altre Chiese, la si leggeva ad edificazione comune al popolo raccolto pel sacrifizio. Adunque è ufficio del Lettore confortare e consolare il popolo, colle sante lezioni e spiegare al popolo la dottrina cristiana, massime ai fanciulli (Bononius. Ep. Versellens. statu.): ed è pur consolante vedere ancora nelle Chiese il giovinetto chierico farsi allegro maestro delle più sublimi verità, semplicetto come i fanciulli del popolo, a cui spezza in bricioli il pane. Così il Lettore comincia farla da ministro, in certo qual modo, di Dio col popolo, amministrando ai fedeli le consolazioni che il Signor loro concesse, sia col dono delle sante Scritture, sia col mandare i sacri Pastori a nome suo e trattare i suoi interessi con loro (Amalarits torm.

L’Esorcista.

Data prova di diligenza, veniva il Lettore fatto Esorcista, e riceveva l’autorità di cacciare in nome di Gesù Cristo i demoni di corpo ai fedeli, quando mai ne fossero. posseduti; e così è ufficio dell’ Esorcista preparare gli oggetti per le benedizioni, e di invocare il nome di Gesù Cristo sopra i Catecumeni, preparare i fedeli ad assistere al santo Sacrificio (Pontif. Rom. Bononius etc.). Cacciare i demoni!….. Ma ancora queste anticaglie! diranno certi spregiudicati dei nostri dì: è già molto se noi ammettiamo gl’indemoniati dell’Evangelio…. ma tutte l’altre storie poi d’invasioni di spiriti, di negromanzia, le sono invenzioni di mariuoleria, o di superstiziosa ignoranza! Quasi l’universo di uomini onesti e dotti non ne abbia avuto mai, se non era quest’abbondanza dei tempi nostri beati! Ed intanto beffarsi degli esorcismi: e noi rispondiamo: Era qualche tempo che i demonii, almeno in Europa, evitavano di attirarsi l’attenzione degli uomini: lasciavano fare le loro parti alla filosofia materialistica, contenti, che facendo essa dimenticare gli spiriti, si dimenticasse pur Dio. Ma la Chiesa tenne sempre d’occhio il nemico, che fingeva il dormiglione: lasciava ridere gl’increduli, e continuava a creare gli Esorcisti all’uopo di combattere i diavoli, se ricomparissero. Ora ecco l’anno 1846. Le damigelle Fox di Rochester senton dei colpi nella camera: vi rispondono esse, e presto si mettono in comunicazione cogli spiriti battitori!… Accorrono curiosi; ripetono le prove, e si mettono abitualmente a conversare con esseri invisibili. La moda passa dall’America in Germania, in Francia, in Italia. Ovunque si vedono sotto le mani muoversi le tavole, risponder coi loro movimenti alle domande, alla volontà di chi si mette in comunicazione. La fisica si sforzava di spiegare come si movessero le tavole; quand’ecco, e tavole e mobili, quasi in sussulto, far ridda e spiegare nuove virtù: dare risposte precise a chi li interroga; scrivere colle matite lettere, e dire cose da diavoli, e far disegni; poi rivelare i più reconditi secreti; finalmente predicare dottrine filosofiche, affettare moderazione, anzi apparenza fino di pietà, poi smascherati, lasciarsi conoscere per istigatori a laide empietà!… Noi non possiamo tenere dietro alle fasi di questa diabolica invasione moderna: rimandiamo i lettori ai belli e dotti articoli della Civiltà Cattolica; ed a chi ridesse della nostra bonarietà, rispondiamo, che noi, credendo, che tutto quello che esiste non è solo materia, ben abbiamo la semplicità di credere che sieno gli spiriti, che invasano i mobili, che fan riddone, piuttosto che credere, che le tavole e gli altri mobili sieno capaci a scrivere e ragionare, e far di filosofi. Noi sappiamo che abbiamo la guerra coi mali spiriti e benediciamo la Chiesa, che ci fa potenti con due parole — Gesù e Maria! — con una gocciola di acqua santa, e con un far di croce colla mano da Lei benedetta nell’Ordine dell’Esorcismo (Vedi l’opera del Mervilie e i belli articoli della Civiltà Cattolica sullo spiritismo.).

L’Accolito.

Quest’uomo, che è già da tanto da comandare ai demonii (Pontif. Rom. ed una operetta popolare del P. Delaporte, il diavolo etc.), è poi fatto Accolito, la qual parola suona seguace, perché la fa da fante, e procede innanzi ai ministri del Signore coll’incensiere ardente, aprendo la folla dei fedeli adunati, o tien loro appresso in atto di servitù. Portano pure gli Accoliti in mano i lumi accesi pel Santo Sacrificio, quando specialmente si legge il Vangelo; preparano nelle chiese gli altari, illuminano il luogo santo, accendono le candele intorno alla croce. Ufficio dell’Accolito è pure assistere al Diacono e Suddiacono, che ministrano al Sacerdote, preparar gli orciuoli sulla credenza fare insomma da inserviente appresso ai santi ministri, stando al fianco loro sempre pronto ad ogni cenno (Pontif. Rom. S. Isid. lib. 10. Conc. Acquisgr., c. 5. Ivo Carnot.

De Excell. Sacr. Ord.). Diremo tutto col dire che i chierici hanno da fareda angioli intorno all’altare di Dio Santissimo… È pur felice la loro sorte di dovere continuamente aggirarsi nel Luogo Santo, dove abita Dio personalmente! Anche i popoli, quando vedono l’ecclesiastico tutto nel Santuario occupato, dicono « il benedetto! ei fa con Gesù anche le nostre parti; egli prega, piange, ama il Signore, se ne piglia cura anche per noi, che andiamo distratti in tante cure di mondo. »

ORDINI MAGGIORI.

Il Suddiacono.

Questo giovane, che trova le delizie intorno all’altar del Signore, che lo adorna ne’ giorni di Solennità come sposa nel di delle nozze, e che ama il decoro della casa di Dio, viene promosso all’ordine del Suddiacono. Al Suddiacono si affidano i vasi sacri da custodire e preparare per la tremenda azione. Le mani, che devono toccare quei vasi consacrati dal Corpo e dal Sangue di Gesù Cristo, devono essere pure e mondissime (Isai. LII, 11); perciò la Chiesa vuole, che, per salire a questo grado si faccia rinunzio alle nozze terrene (Siriacus Pont. Decr. 11 febb. 385, s. Isid. lib. 2, cap. 10, De Offic. Eccles. apud Conc. Acquisgr. cap. 6.), pensando che le cose sante, cioè tutte riserbate e consacrate al servizio di Dio, devono essere trattate da persone che siano sante. A questo giovine adunque, che ha rinunciato alle misere delizie della vita mondana, che non vuole aver altro amore che pel Signore, e nella casa del Dio vivente trova lo sposo Divino della vergine anima sua, la Chiesa crede di poter affidare tutto il suo gran tesoro, cioè quanto ha di più caro, a lei donato dall’amor di Dio, il Corpo stesso di Gesù Cristo nel SS. Sacramento, ed il libro del santo Evangelo, creandolo Diacono.

Il Diacono.

Il Diacono quindi ha l’officio di amministrare davvicino al Sacerdote offerente, distribuire il SS. corpo di Gesù Cristo secondo il comando del Sacerdote, ed amministrare il Santo Battesimo, come pure di leggere al popolo il Santo Vangelo (41). Di più a questo ministro di Dio, a cui è affidato il Corpo reale di Gesù Cristo, la Chiesa affida la cura anche del Corpo mistico, che è il popolo fedele; ed in modo particolare a lui raccomanda le membra, di cui più vivamente piglia cura, le vedove cioè i pupilli, i poveri, i bisognosi tutti (Pontif. Rom. S, Isid. lib. 2, offic. cap. 8.). Santa ordinazione! Qui ben traspira la carità di Gesù Cristo che è l’anima, che vivifica la sua sposa; e ci fa intendere, che Gesù Cristo riceve come fatto il suo Santissimo Corpo, ciò che sì fa ai fedeli, sue membra, e specialmente quando esse sono con Lui crocefisse nei patimenti. Si! Chi si stringe sul cuore il Corpo di Gesù Cristo, e professa di crederlo capo dell’umana famiglia raccolta nella Chiesa, non può a meno di abbracciare nella sua carità tutte le sue mistiche membra di quel caro Corpo Divino, e di raccoglierle disperse in sulla terra, e portarle a Lui in seno in Paradiso. Bello spettacolo dovette offrire al mondo pagano il santo Diacono della Chiesa Romana, Lorenzo martire! Distribuito il tesoro della carità della Chiesa ai poverelli, era venuto in voce d’uomo, che possedesse di molte ricchezze. Citato dal prefetto, ed ordinatogli di consegnare i suoi tesori, « farò, diss’egli, se tu mi dai tempo fino a domani. » Venuta la dimane, conduce innanzi tutti i poveri dalla Chiesa soccorsi e « vedi, dice, è tesori sono questi sì veramente, e sono l’oggetto della più tenera cura dell’amiministrazione della carità alle mie mani affidata! » Qual desolante spettacolo invece il secolo nostro presenta! In una certa nazione, che vantasi di essere la più progredita in civiltà, distaccatasi dalla comune madre, la Chiesa Cattolica, umanizzato il Cristianesimo, perduta la fede del Corpo di Gesù Cristo, andò pure in dileguo la tenera carità, che ama nel prossimo la persona di Gesù Cristo. Così spento il sacro fuoco del Sacrifizio, restò spenta la carità evangelica. La legge umana impose la legale carità; ma la morta parola dell’uomo può mai infondere la vita? Ecco ora nella più florida e nella più grande città d’Europa, ricca dell’oro di mezzo il mondo, molte migliaia di esseri umani infelicissimi intristiscono nella crudele miseria d’ogni più necessario bene, sino a non aver tanto d’acqua da rinfrescarsi nell’ardor della sete. Così mentre in Roma la Chiesa appena nascente, cerca a morte nelle catacombe, dove si nascondeva, mostrava nei poverelli, che si sosteneva in braccio, il suo caro tesoro, e si preparava a trasmutare solo in Italia 49 milioni di schiavi in popoli novelli; Londra mostra spaventata milioni di poveri, che minacciano la distruzione della società, se non accorre la Chiesa a sanare colla carità di Gesù Cristo la paurosa piaga del pauperismo, che diventa ognor più minacciante. Ma buon per l’Inghilterra, che stende le braccia, affinché la Chiesa a lei porti Gesù Salvatore in Sacramento, e con Lui il fuoco della carità nel Sacrifizio.

Il Sacerdote.

Finalmente ecco il gran giorno dell’assunzione al Sacerdozio. La consacrazione d’un Sacerdote è tale un atto, che importa a tutta la Chiesa. Ieri quegli era un uomo privato, domani sarà principe nella Casa del Signore; ieri ascoltava in silenzio la parola divina, domani ha egli il diritto di ammaestrare il popolo in nome di Dio. Se quest’uomo compie la sua missione bene sta; è l’uomo delle benedizioni, è il ministro delle grazie più elette; se la tradisce, oh Dio! diventa uno dei più terribili flagelli, con cui Dio possa nel suo sdegno castigare un popolo, che lo ha provocato! Perciò la Chiesa ha già ordinati digiuni e preghiere, e proclamata la prossima elezione; il popolo fu già consultato: dica in coscienza innanzi a Dio, se ha niente da opporre a questo uomo già da tanto tempo approvato (Pontif. Rom. Cone. Trid. sess. XIV, cap. v, sess. XXIII, c.I ecc.), affinché salga alla suprema dignità, che lo costituisce una cosa sola coll’immortal Sacerdote, Gesù Cristo, e sia destinato a rappresentarlo in terra, fatto mediatore tra Dio e gli \uomini, ministro del perdono divino, coll autorità di sacrificare il Corpo del Figliuolo di Dio medesimo, divenuto in certo qual modo corpo suo, come lo sacrificò Gesù Cristo sul Calvario. Ora ecco in qual mode compie la Chiesa la grande consacrazione del Ministro del santo altare. Il Vescovo raccoglie il consesso dei suoi consiglieri: piglia, diremo così, pei capelli questo cadavere ribelle del corpo dell’uomo; lo getta per terra sul pavimento della santa basilica. Poi insieme coi Seniori impone sul capo di quell’umiliato le sacramentali mani, invocando sopra di lui la pienezza dello Spirito Santo, mentre tutto il popolo prega inginocchio per terra. Gli unge le mani, e lo segna di croci col sacro Crisma; lo copre di una veste pure crocesignata e benedetta, e gli dà in mano coi vasi santi il pane ed il vino già preparato, lo consacra Sacerdote di Gesù Cristo colla podestà sua divina di chiudere e di aprire il Cielo, poi lo rialza da terra, e lo conduce per mano sull’Altare del Dio vivente ad offrirgli seco il gran Sacrificio, che redime, e salva il mondo (Conc. Trid. sess. XXIII, cap. II, sess. XXII, cap. I, II.). – Da quella sublime altezza egli alzerà le palme santificate al Cielo, ed il Cielo manderà giù ad una parola il perdono di Dio (Conc. Trid. sess. IV, cap. 6, can 3, Joan. 30, Mat. 16.); stenderà la mano sui fedeli, ed i fedeli saranno ricolmi di benedizione. Parlerà a nome di Dio, e dalla sua bocca spirerà il Verbo divino colla virtù dello Spirito Santo. Offrirà il Sacrificio, e si riconcilierà il Cielo colla terra. Queste verità che rivela la Chiesa intorno ai suoi Sacerdoti, noi confessiamo, che sono verità nascoste, e preziose pei soli credenti; ma elle sono corredate da tanti argomenti esterni e confermate da tante prove di fatto, che mostrano ad evidenza la verità della grazia invisibile di Dio nel Sacerdozio Cattolico. Conchiuderemo qui: la sacra Ordinazione piglia su l’uomo gettato per terra, lo risuscita purificato, lo compenetra della gloria del Tabor, lo fa strumento della sua misericordia, una santa gloria di Dio. Si osa dire sovente: vorremmo vedere un miracolo! Ebbene; eccolo qui un miracolo di tutti i dì, che dura da milleottocento anni: il Sacramento dell’ordine con due gocce di Olio Santo crea Sacerdoti, uomini di tanta unzione e carità, che la filosofia, le accademie, il progresso civile non possono imitare a pezza. Si legga quello che diciamo sulla fine di questa Parte, (Art. Missione) dove lo proviamo coll’evidenza del fatti, che valgono tutte ragioni.

La preparazione immediata.

Ecco finalmente il Sacerdote, che si accinge al Sacrifizio. Allo spuntare del sole, quando la natura si risveglia a vita novella, e rende immagine di quel mattino del mondo, in cui l’uomo innocente viveva lieta la vita sulla terra non ancora contaminata dal male: con una mente vergine di pensieri mondani, tutto elevata a Dio, egli entra nel

Santuario, si prostra a piè dell’Altare. Quivi, come Mosè prima di avvicinarsi al roveto, in cui Dio era disceso, si trasse la calzatura, ed a piè nudi si avvicinò tremando, così il Sacerdote s’umilia, piange, conferisce colla propria coscienza, e con Dio, a Lui espone con umiltà le cagioni che ha di temere d’avvicinarsi all’Altare, e portargli sotto lo sguardo santissimo le piaghe di un uom peccatore; a queste oppone le ragioni di conforto che trae dalla misericordia, dai meriti di Lui, cui vorrebbe offrire; esita, e prega, finché risolve di darla vinta alla bontà di Dio, e per questo titolo calma i terrori

di una coscienza, che, non fosse pure conscia di peccato, si sente sempre indegna d’avvicinarsi a Dio. Supplica Maria SS. d’accompagnarlo; invoca gli Angeli di confortarlo nel suo terrore, e va a lavarsi le mani per dar segno del desiderio di purificare il corpo ed il cuore da ogni resto di umana miseria, per accingersi con tutta mondezza alla grande funzione (S. Thom.3, p. 4, q. 3, Ben. XIV. Rubrica Miss. præpar. Ad Missam).

Autore: Associazione Cristo-Re Rex regum

Siamo un'Associazione culturale in difesa della "vera" Chiesa Cattolica.