CONGETTURE SU LE ETÀ DELLA CHIESA E GLI ULTIMI TEMPI (4)
Tratte dall’Apocalisse, dal Vangelo, dalle Epistole degli Apostoli, e dalle Profezie dell’Antico Testamento
Messe in relazioni con le rivelazioni della Suora della Natività
di Amedeo NICOLAS
PARTE PRIMA.
CAPITOLO III.
LA TERZA ETÀ DELLA CHIESA.
La terza età è descritta nel terzo Angelo, nel terzo sigillo, nella terza tromba e nella terza lode. Comprende gli anni che vanno da Costantino fino a Carlo Magno e alla scomparsa dell’eresia degli Iconoclasti (Sic. Holzhauser, tom. 1, p. 118, Wüilleret. Chiama questa età l’età dei Dottori).
ARTICOLO 1.
I. La terza Chiesa, per il suo nome e la sua storia, corrisponde a questa epoca. Holzhauser (t. 1, p. 121, Wüilleret) dice che la parola Pergamo, il nome di questa Chiesa, significa “ciò che divide le corna“. Noi non abbiamo trovato nulla che possa fornirci questo significato, e ne diamo uno diverso che si accorda molto bene con ciò che è successo in quest’epoca. Fu a Pergamo che si iniziò ad usare la pergamena per scrivere; questo materiale fu chiamato così dal nome della città stessa; la Chiesa di Pergamo sarebbe dunque l’epoca della Scrittura, cioè dei Concili, dei Dottori e dei Padri della Chiesa, e infatti la storia ci dimostra che è proprio così.
II. Se dal nome della Chiesa di Pergamo passiamo all’esposizione secondo San Giovanni, potremo assegnarle il tempo e la durata che le abbiamo dato. Colui che parla ha in bocca (Apoc. cap. 1, v. 16) una spada affilata a due tagli, la spada della parola e della dottrina (Hæc dicit qui habet romphæam ex utraque parte acutam (Non sic Holzhauser, tom. 1, p. 122, Wuilleret), ibid. cap. II, v. 16). – L’epoca in questione non è quella degli imperatori romani persecutori; ma tuttavia ci sono dei martiri, e in particolare sant’Antipa, massacrato a Pergamo dagli ariani (Sic Holzhauser, tom. 1, p. 124, 125, Wüilleret). satana, non ancora incatenato nell’abisso, è seduto sul trono, che può rappresentare sia il breve regno di Giuliano l’Apostata, che la lunga serie di eresie che, a partire da Ario, continuò fino agli Iconoclasti. (Scio ubi habitas, ubi sedes est satanæ. Et in diebus illis Antipas testis meus fidelis, qui occisus est apud vos ubi satanas habitat – Io so che voi vivete dove satana ha il suo trono, e che in questi giorni Antipa, mio fedele testimone, è stato ucciso in mezzo a voi dove satana vive), ibid. cap. II, v. 13). Ario attaccò la divinità di Gesù Cristo, Macedonio quella del Santo Spirito; Pelagio esagerava la potenza umana nel bene e rifiutava la grazia. Nestorio vedeva in Gesù due persone. Eutyche, il più violento di quelli che lo combatterono al Concilio di Efeso, passò dall’unità delle persone all’unità della natura. I Monoteliti, i resti della setta degli Eutichiani, riconoscevano una sola volontà nell’uomo-Dio, e i demolitori di immagini perseguivano il culto della Croce e dei Santi. Quanti Concili generali e particolari, quante istruzioni pastorali, quanti scritti sono stati necessari per combattere tutte queste novità! L’aria era piena di eresie; appena ne finiva una, ne cominciava un’altra, e a volte ne esistevano diverse insieme. È dunque con ragione che San Giovanni nota l’esistenza di tutte queste false dottrine (Ita habes et tu tenentes doctrinum Nicolaïtarum – Voi avete tra voi alcuni che sostengono la dottrina dei Nicolaiti – cap. II, v. 15). E aggiunge al v. 14: Sed habeo adversùs te pauca, quia habes illic tenentes doctrinam Balaam qui docebat Balac mittere scandalum coram filiis Israël, edere et fornicari – Ho poco da rimproverarvi, cioè che avete tra voi alcuni che tengono la dottrina di Balaam, il quale consigliò a Balac di mettere lo scandalo davanti ai figli d’Israele, per indurli a mangiare e a fornicare – ; infatti, l’errore non era solo negli spiriti, era sceso nella pratica; il libertinaggio, l’intemperanza e la0 fornicazione si erano diffusi orribilmente. Essi precedevano la diffusione delle eresie, presso coloro che ne erano gli autori e si espandevano presso tutti i loro settari, che abbracciarono tutte queste menzogne solo per indulgere indisturbati in tutti i piaceri proibiti. – La Chiesa di Gesù Cristo non venne meno alla sua missione; Essa perseguì e condannò l’errore in tutte le sue forme. Preservò i dogmi cristiani con un gran numero di Concili; non rinnegò Gesù Cristo e la sua fede, nonostante i poteri temporali che la attaccavano; predicò la penitenza agli uomini erranti; Essa combatté con la spada della parola e della dottrina (Similiter pænitentiam age; si quominus veniam tibi citò, et pugnabo cum illis in gladio oris mei – Fate anche voi penitenza, altrimenti verrò presto da voi e combatterò contro di loro con la spada della mia bocca); ha dunque meritato bene che il suo divino fondatore le desse questa testimonianza e le dicesse: Et tenes nomen meum et non negasti fidem meam – Tu custodisci il mio Nome e non hai rinnegato la mia fede -, ibid. v. 13). La ricompensa che Dio concede al vincitore si riferisce a tutto ciò che abbiamo detto sulla terza età. Questa ricompensa è la manna della verità, della saggezza e della conoscenza che sono nascoste agli uomini carnali e fuorviati e sono note solo a coloro che vivono in Dio (Vincenti dabo manna absconditum, ibid. v. 17). È anche una pietra bianca su cui è scritto un nuovo nome che nessuno conosce tranne colui che lo riceve, e che potrebbe essere il nome di “Cattolico” che i fedeli adottarono allora per distinguersi dagli eretici che ancora si chiamavano Cristiani (Et dabo illi calculum candidum, et in calculo nomen novum scriptum, quod nemo scit, nisi qui accipit – Gli darò una pietra bianca con un nome nuovo scritto sopra, che nessuno conosce tranne colui che lo riceve – ibid v. 17).
ARTICOLO II.
Alla terza età corrisponde il terzo sigillo, alla cui apertura appare un cavallo nero, cavalcato da un cavaliere che tiene in mano una bilancia, e si sente una voce che esce dal mezzo dei quattro animali e dice: Due libbre di grano sono vendute per un denaro, e sei libbre di orzo per un denaro… Non nuocere al vino e all’olio (Et cùm aperuis set sigillum tertium, audivi tertium animal dicens: Veni et vide. Et ecce equus niger, et qui scdebat super illum habebat stateram in manu suậ, et audivi tanquàm vocem in medio quatuor animalium dicentium: Bilibris tritici denario, et tres bilibres hordei denario, et vinum et oleum ne læseris – E quando ebbe aperto il terzo sigillo, udii il terzo animale dire: “Venite a vedere“; ed ecco, apparve un cavallo nero, e colui che vi sedeva sopra aveva una bilancia in mano; e udii come una voce in mezzo ai quattro animali che diceva, come se tutte fossero d’accordo: Due libbre di grano per un denaro, e sei libbre d’orzo per un denaro; non fate del male al vino e all’olio – cap. VI, v. 5. 6 ) . – Questo cavallo nero rappresenta molto bene, secondo noi, le tenebre dell’eresia e la notte dell’errore. Chi è immerso in esse non è morto, perché ha ancora un principio di vita nelle verità che ha conservato; ma è perso, ha perso l’orientamento; non sa dove va e può solo perdersi. La bilancia che il cavaliere tiene in mano e il prezzo alto e fisso dei beni più necessari alla vita, come il grano e l’orzo, indicano la grande carestia spirituale che regnava nel mondo quando sorse questa grande confusione, e che andò di pari passo con una grande carestia materiale che desolò la terra in seguito all’invasione dei barbari ariani. D’altra parte, la raccomandazione di non toccare il vino e l’olio, cosa che significa che le altre colture sono state toccate, rende abbastanza chiaro che il sacerdozio, rappresentato dall’olio, con cui i sacerdoti sono unti e i Vescovi consacrati, e che i veri fedeli, rappresentati dal vino, non saranno danneggiati dalle eresie che sorgeranno, perché la Chiesa trionferà su di esse. Holzhauser (vol. 1, pp. 273-277, Wüilleret) pensa che il cavallo nero di cui parla San Giovanni rappresenti la guerra dei Giudei sotto Vespasiano e la distruzione di Gerusalemme. In questo è in opposizione a tutte le idee generalmente accettate. È, infatti, universalmente accettato che il colore nero rappresenti l’erranza, che il colore rosso o ruggine rappresenti la guerra e la persecuzione; quindi il colore nero non può indicare massacro e devastazione.
ARTICOLO III.
La terza tromba ci mostra una grande stella, ardente come stoppa infiammata, che cade dal cielo sulla terza parte dei fiumi e delle sorgenti d’acqua. Il nome di questa stella è Assenzio; essa trasforma la terza parte delle acque in assenzio, e così causa la morte di molti uomini, perché le acque erano diventate amare come l’assenzio (Et tertius Angelus tuba cecinit; et cecidit de cœlo stella mugna, ardens tanquàm facula, e questo dice in tertiam partem fluminum et in fontes aquarum. Et nomen stellæ absynthium, et factu est tertia pars aquarum in absynthium, et multi homines mortui sunt de aquis, quia amaræ factæ sunt, Apoc. Cap. VIII. 8, v. 10. 11). – Questa grande stella rappresenta, secondo noi, i numerosi e grandi eresiarchi di cui abbiamo parlato, che uscirono tutti dal sacerdozio, e sono rappresentati per questo da una stella, i quali, essendosi dati all’errore, caddero dal cielo, da dove illuminavano gli uomini, alla terra e a tutto ciò che essa contiene. Tutte queste false dottrine erano molto perniciose; non si limitavano ad ingannare pochi individui; infettavano città, province e interi popoli (In tertiam partem fluminum et in fontes aquarum); costituivano partiti che si facevano guerra tra loro e devastavano le regioni; i barbari del nord, che avevano abbracciato l’Arianesimo misero a ferro e fuoco l’Impero Romano; e all’amarezza di una dottrina menzognera che precipitava le anime nell’inferno, si aggiunse l’amarezza per le guerre, le carestie, le pestilenze e la miseria. Holzhauser vede nella terza tromba il monaco Pelagio e il suo amico Celestino (t. 1, p. 339 a 342, Wüilleret); in quanto concorda che gli eretici che escono dal clero sono rappresentati da una grande stella, che la stella che cade rappresenti la caduta di coloro che sono sacerdoti; e con questo stesso fatto fa capire che è senza motivo che abbia fatto della seconda tromba, che è una grande montagna (Mons magnus, Apoc. cap. VIII, v. 8), il patriarca Macedonio, e che abbia confuso il sacerdote Ario con la prima tromba.
ARTICOLO IV.
La terza lode (sapientiam, Apoc. cap. V, v. 12) è per la terza età. L’errore, la confusione, le tenebre erano ovunque; era necessaria una saggezza eterna per apprezzarli, denunciarli, condannarli e salvare la verità in mezzo a questo diluvio di menzogne.
CAPITOLO IV.
LA QUARTA ETÀ DELLA CHIESA.
La quarta età della Chiesa è compresa nella quarta Chiesa, il quarto sigillo, la quarta tromba e la quarta lode. Cominciò con Carlo Magno e finì con Lutero (Sic. Holzhauser t. I p. 131, Wüilleret).
ARTICOLO PRIMO
I. Il nome della quarta Chiesa e la sua storia le danno il carattere ed il tempo che le assegniamo. – Il nome di Thyatira porta con sé l’idea di grandezza, di consacrazione, di illuminazione, di solennità; Holzhauser lo riconosce (vol. 1, p. 131, Wuilleret). Questo nome è quindi ben collegato al vero carattere di questo Medioevo, così calunniato al giorno d’oggi perché religioso, e durante il quale i Vicari del nostro divino Maestro hanno regnato sui re come sui popoli.
II. La storia di questa Chiesa è anche legata a questo nome. – Nostro Signore Gesù Cristo appare come il Figlio di Dio, al quale tutte le nazioni sono state date in eredità (Et dabo tibi gentes hæreditatem tuam, Ps. II, v. 8), come il Re dei re e il Signore dei signori (Rex regum et Dominus dominantium, Apoc. cap. XIX, v. 16). I suoi piedi sono luminosi come bronzo fine; i suoi occhi sono luminosi come la fiamma del fuoco (Hæc dicit Filius Dei qui habet ocu los tanquàm flammam ignis, et pedes ejus similes auricalcho, Apoc. cap. II, v. 18). Tutto in Lui indica il regno e il dominio, qualcosa che non si trovava in nessuna delle epoche precedenti. – La carità, la fede, lo zelo, la pazienza e le opere mirabili di questa Chiesa sono ben espresse nel v. 19: Novi opera tua, et fidem, et charitatem tuam, et opera tua novissima plura prioribus – conosco le vostre opere, la vostra fede, la vostra carità, il vostro zelo, la vostra pazienza, e le vostre ultime opere più abbondanti delle prime). Questa Chiesa è poi divisa in due parti, non successive, ma coesistenti. La prima è costituita da coloro che seguono Jezebel, la grande peccatrice d’Oriente, di cui si è parlato nel capitolo II, v. 20 a 23; e la seconda è costituita da coloro che non lasciano Thyatira, che rimangono fedeli alla Tiara, alla triplice corona del Vicario di Gesù Cristo, di cui si parla nello stesso capitolo, v. 24 a 29. – Il Maestro Divino fa un grande, ma unico rimprovero a questa Chiesa, quello di permettere alla donna Jezebel, che si chiama profetessa, di indottrinare e sedurre i suoi servi, di farli fornicare e mangiare alimenti consacrati agli idoli (Sed habeo adversùs te pauca, quia permittis mulierem Jezabel, quæ se dicit propheten, docere et seducere servos meos, fornicari ct manducare de idolothytis, Apoc. cap. II, v. 20).
III. Chi è questa Jezebel? Chi sono coloro che ella seduce e conduce al male? Questa donna rappresenta, a nostro parere e a quello di Holzhauser (t. 1, pag. 136-143, Wüilleret) la Chiesa greco-scismatica e secondariamente tutti i membri della Chiesa latina che si rivoltarono contro Roma, contro i principi della terra, tali Valdo, gli Albigesi, Wicleff, Jean Hus, e preparono le vie a Lutero, a Calvino e a quella nube di cavallette malefiche che si abbatté, nel XVI secolo sulla Chiesa occidentale – La Chiesa greca, con la sua separazione e le conseguenze che ne sono derivate, ha realizzato tutto ciò che l’Apocalisse dice di Jezebel. Essa si è detta profetessa, cioè ha parlato in nome di Gesù Cristo, in nome di Dio, mentre non ne aveva nessun diritto, nessuna qualità, nessun titolo. Ha sviato il popolo con i suoi insegnamenti erronei e lo ha sedotto con i suoi artifici. Fece sprofondare quelli che la seguivano nella fornicazione, e li svilì a tal punto da far loro mangiare cose consacrate agli idoli. – Le fu dato un tempo considerevole per fare penitenza (Et dedi illi tempus ut pœnitentiam ageret, Apoc. cap. II, v. 21). Da Fozio che iniziò lo scisma, a Michele Cerulario che lo consumò, passò più di un secolo. Da quest’ultimo all’asservimento della Chiesa orientale da parte dei Turchi passarono quattrocento anni; ma essa non volle convertirsi, e preferì il dominio dell’infedeltà e della morte al giogo così leggero e così paterno del Vicario di N.S. J.-C. (Et non vult pænitere à fornicatione sua – E non volle pentirsi della sua fornicazione.) – L’ira di Dio si abbatté allora su questa Chiesa indurita con tutto il suo peso; la stese su di un letto (Ecce mittam eam in lectum, ibid. v. 22), cioè le tolse tutta la sua volontà, tutta la sua libertà, tutto il suo potere, rendendola schiava dei barbari maomettani che essa aveva preferito alla Chiesa romana. Essa precipitò nella più grande tribolazione coloro che fornicarono con essa, perché dopo il suo esempio non fecero penitenza (Et qui mạchantur cum ea, in tribulatione maxima erunt, nisi pænitentiam ab operibus suis egerint – E coloro che si contaminano con essa saranno nella più grande tribolazione, se non faranno penitenza per le loro opere -, ibid. v. 22). Inoltre, Dio consegnò alla morte spirituale i figli di questa Chiesa che i conquistatori feroci strapparono con la forza ai loro genitori, nella loro più tenera infanzia, per farne i loro giannizzeri, i loro soldati e i più fermi difensori dell’islamismo che è la morte dell’anima (Et filios ejus interficiam in morte – Ucciderò i suoi figli nella morte -, ibid. v. 23). La giustizia divina, nel punire la colpevole defezione della Chiesa greca, dà le ragioni del suo rigore. Tutte le Chiese impareranno da questo esempio, dice il testo sacro, che Dio scruta i lombi e i cuori, e rende a ciascuno secondo le sue opere (Et scient omnes ecclesiæ, quia ego sum scrutans renes et corda; et dabo unicuique vestrúm secundùm opera sua, ibid. v. 23). È perché i pensieri erano malvagi, i cuori erano corrotti, che ha respinto questi scismatici; è perché le loro opere erano cattive, che li rese schiavi dei Turchi; e anche la storia contemporanea conferma fin troppo bene i vizi e la cancrena dei Cristiani orientali che si sono abbassati anche al di sotto dei musulmani, con la loro doppiezza, e che formano ancora una delle tribù più barbare; perché soli, nel mondo, forniscono ancora pirati.
IV. Dio non indirizza lo stesso linguaggio alla Chiesa latina, alla Chiesa occidentale, a coloro che in altre parti del mondo sono rimasti fedeli a Lui, e in generale a tutti gli uomini che non hanno adottato queste menzogne e non hanno conosciuto le profondità di satana; al contrario, Egli promette loro che non li graverà di nessun altro peso (Vobis autem dico, et cæteris qui Thyatiræ estis: quicumque non habent doctrinam hanc, et non cognoverunt altitudines Satanæ, quemadmodùm dicunt, non mittam super vos aliud pondus, ibid. v. 23, 24). Egli pone come condizione che essi conservino ciò che hanno fino alla sua venuta (Tamen id quod habetis, tenete donec veniam, ibid. v. 25). E infine dà come ricompensa al fedele e al vincitore il potere sulle nazioni e la Stella del mattino (Et qui vicerit et custodierit usque in finem opera mea , dabo illi potestatem super gentes, et reget eas in virga ferrea, et tanquàm vas figuli confringentur, sicut et ego accepi à Patre meo: et dabo illi stellam matutinam – Colui che avrà vinto e avrà conservato le mie æuyres fino alla fine riceverà da me il potere sulle nazioni; e le vernicerà con una verga di ferro, e le spezzerà come un vaso di vasaio, come io ho ricevuto il potere da mio padre. Gli darò anche la Stella del Mattino – , ibid. v. 26, 27, 28). Cos’è questa stella del mattino? Cos’è questo potere sulle nazioni? La Stella del mattino (Stella matutina, lit. 5, v.) è Maria; ed è veramente nella quarta età e nel tempo che le assegniamo, che S. Anselmo, S. Bernardo, S. Bonaventura, S. Domenico, stabilirono e propagarono la devozione alla Beata Vergine, e quella del Rosario, che trionfò sugli Albigesi più efficacemente degli eserciti di Simone di Montfort. Questo potere è la supremazia dei sovrani Pontefici su tutti i re e i popoli, che li ha resi i padri della grande famiglia, e i principi gli anziani dei loro figli. – Riguardo alle promesse che Dio fa a questa Chiesa, ci prendiamo la libertà di fare due osservazioni: Il primo è che il potere sulle nazioni fu solo parziale, e fu esercitato solo in Europa, e non in tutto il mondo, durante il Medioevo; la seconda è che la devozione e il culto dell’iperdulia verso Maria si sono diffusi nella quarta epoca, ma che si sono sviluppati pienamente solo nel nostro tempo con gli innumerevoli prodigi che hanno manifestato l’onnipotenza dell’intercessione della Madre di Dio, con i grandi segni di bontà e protezione che ha dato alla terra, e infine con la proclamazione come dogma di fede della sua Immacolata Concezione. La triste Chiesa di Sardi non dà alla Chiesa il pieno potere sulle nazioni; non stabilisce il regno di Cristo su tutta la terra (Adveniat regnum tuum); lungi da ciò, schiavizza la religione; la tormenta, la perseguita, la spoglia, seduce un gran numero di fedeli e molti dei suoi sacerdoti; invece di estendere il culto di Maria, ne ritarda il progresso, e rimanda per più di duecento anni il riconoscimento del più bel privilegio della Madre di Dio. Sarà dunque nella sesta epoca che si realizzeranno le promesse fatte nella quarta, che vedremo questo grande omaggio reso alla nostra buona Madre e il regno di Cristo su tutti i popoli. – La nostra opinione, su questi due punti, è anche quella di Holzhauser; se ne può essere convinti leggendo le pp. 148 a 151, vol. 1. della traduzione di M. de Wüilleret, anche se non li commenta così a lungo come abbiamo fatto noi.
ARTICOLO II.
Alla quarta Chiesa, quella di Thyatira, corrisponde il quarto sigillo (Apoc. cap. VI, v. 7, 8) che ci mostra un cavallo pallido, cavalcato da un cavaliere chiamato Morte, e che appare in forma di scheletro. Questo cavaliere è seguito dall’inferno; egli riceve il potere sulle quattro parti della terra, e il potere di uccidere gli uomini con la spada, con la carestia, con la morte e con le bestie della terra – Et cum aperuisset sigillum quartum, audivi vocem quarti animalis dicentis: Veni et vide: et ecce equus pallidus, et qui se debat super illum, nomen illi Mors, et infernus seque batur eum, et data est illi potestassuper quatuor partes terræ, interficere gladio, fame et morte, et bestis terræ, cap. VI, v. 7, 8). Se il cavallo bianco rappresenta la conquista del mondo da parte di Gesù Cristo nella prima epoca; se il cavallo rosso indica le persecuzioni; se il cavallo nero rappresenta le eresie, si può dire con ragione che il colore pallido e cadaverico e la morte esprimono l’infedeltà, che è la morte spirituale, completa, che rende veri scheletri coloro che l’hanno abbracciata; e che, di conseguenza, il cavallo e il cavaliere del quarto sigillo sono il maomettanesimo e, più specialmente, l’impero turco. Maometto apparve nel secolo scorso, alla fine della terza età, e durante la sua vita fece grandi conquiste. I suoi primi successori governavano l’Arabia, l’Egitto, il Nord Africa, la Palestina, la Persia; avevano invaso parte della Spagna e attaccato la Gallia, ma erano entrati solo nell’Impero d’Oriente senza distruggerlo. Nella quarta epoca, i Turcomanni, usciti dalla Tartaria asiatica, sottomisero i Saraceni, altri Tartari che avevano sottomesso gli Arabi, e lasciarono loro solo l’Egitto e l’Arabia, che Selim poi prese da loro: Penetrarono ulteriormente nell’impero greco, si impadronirono di tutta l’Asia Minore, della Grecia e della cosiddetta Turchia d’Europa, e alla fine di quest’epoca, nell’anno 1453, presero finalmente Costantinopoli e fondarono il più grande impero che sia mai esistito; Infatti il maomettismo si diffuse in tutta l’Africa conosciuta, in Arabia, in Siria, Palestina, Mesopotamia, Circassia, Armenia, Persia, in tutta la Tartaria Maggiore e Minore, in India, Indocina, nelle isole della Sonda, nell’Asia Minore, l’antico regno di Macedonia e Grecia, e nel sud della Russia europea; così che dominava le quattro parti della terra, cioè l’est, il sud, l’ovest e il nord di Gerusalemme, che è il centro e l’ombelico del mondo (Ut diripias spolia et invadas prædam, ut inferas manum tuam super eos qui deserti fuerant, et posteà restituti, et super populum qui est congregatus in gentibus, qui possidere cæpit, et esse habitator umbilici terræ. – Ezech. cap. XXXVIII, v. 12), il luogo dove si è compiuto il grande Sacrificio. – Le devastazioni che questi infedeli hanno fatto, gli omicidi e gli assassinii che hanno commesso sono innumerevoli. La loro legge era quella della forza e della spada; la seguivano ciecamente come dei veri bruti. I loro crimini erano per loro atti di religione che assicuravano loro la felicità eterna; tutti coloro che non volevano abbracciare le loro menzogne venivano messi a morte. L’apostasia salì al punto più alto per questa ragione, per cui essi adempirono tutto ciò che è detto di loro nel v. 8 del sesto capitolo di San Giovanni. – Holzhauser non la pensa come noi; vede nel cavallo pallido e nel suo cavaliere, che è la morte, la persecuzione dell’imperatore Domiziano. Noi persistiamo nella nostra opinione; il lettore apprezzerà (tom. 1, p. 278, Wüilleret).
ARTICOLO III.
A questa stessa quarta epoca si riferisce la quarta tromba, al cui suono sono colpiti la terza parte del sole, della verità, la terza parte della luna, dei popoli che ricevono la luce del sole di giustizia, la terza parte delle stelle, cioè dei Sacerdoti e dei Vescovi, essendo la Chiesa greca circa il terzo della Chiesa universale; Il giorno perse la terza parte della sua luminosità, e così la notte (Et quartus Angelus tuba cecinit, et percussa est tertia pars solis, et tertia pars lune, et tertia pars stellarum, ita ut obscurare tur tertia pars eorum, et diei non luceret pars tertia, et noctis similiter, Apoc. cap. VIII, v. 12).
ARTICOLO IV.
La quarta lode, la forza (Fortitudinem, ibidem, cap. V, v. 12), si adatta bene alla quarta età che vide l’inizio e la sussistenza, in tutta la sua grandezza, del regno morale della Chiesa sui re e sui popoli d’Europa, e la sua indipendenza temporale.