SANTO NATALE – PRIMA MESSA DURANTE LA NOTTE (2021)

PRIMA MESSA del SANTO NATALE (2021)

DURANTE LA NOTTE

Doppio di I cl. con ottava privileg. di III ord. – Paramenti bianchi.

Stazione a S. Maria Maggiore all’altare del Presepe.

(Messale Romano di S. Bertola e G. Destefani, comm. di D. G. LEFEBVRE O. S. B; L. I. C. E. – R. Berruti & C. Torino 1950)

Il Verbo, generato nell’eternità del Padre, (Com. Grad.) ha elevato fino all’unione personale con sé il frutto benedetto del seno verginale di Maria, ciò che significa che la natura umana e la natura divina sono legate in Gesù nell’unità di una sola Persona, che è la seconda Persona della SS. Trinità. E, come quando si parla di figliolanza, è la persona che si designa, si deve dire che Gesù è il Figlio di Dio perché la sua persona è divina; è il Verbo incarnato. Perciò Maria è la Madre di Dio; non perché essa abbia generato il Verbo, ma perché ha generato l’umanità che il Verbo si è unito nel mistero dell’Incarnazione; mistero di cui la nascita di Gesù a Betlemme fu la prima manifestazione al mondo. Si comprende allora perché la Chiesa canti ogni anno a Natale: « Puer natus est nobis et Filius datus est nobis»; un fanciullo è nato per noi, un figlio ci viene dato, (Intr., Allei.). Questo Figlio è il Verbo incarnato, generato come Dio dal Padre nel giorno dell’eternità: Ego hodie genui te, e che Dio genera come uomo nel giorno dell’Incarnazione: Ego hodie genui te; perché con l’assunzione della sua umanità in Dio « assumptione humanitatis in Deum » (Simbolo di S. Atanasio), il Figlio di Maria è nato alla vita divina, ed ha Dio stesso per Padre, perché Egli è unito ipostaticamente a Dio Figlio. – «Con grande amore, dice S. Leone, il Verbo incarnato ha ingaggiato la lotta contro satana per salvarci, perché l’onnipotente Signore ha combattuto con il crudelissimo nemico non nella maestà di Dio, ma nella debolezza della nostra carne » (5a Lez.). E la vittoria che ha riportato, malgrado la sua debolezza, mostra che Egli è Dio. – Fu nel mezzo della notte, che Maria mise al mondo il Figlio primogenito e lo depose in una mangiatoia. Cosi la Messa si celebra a mezzanotte nella Basilica di S. Maria Maggiore, dove si conservano le reliquie della mangiatoia. – Questa nascita in piena notte è simbolica. È il « Dio da Dio, luce da luce » (Credo) che disperde le tenebre del peccato. « Gesù è la vera luce che viene a illuminare il mondo immerso nelle tenebre » (Or.). «Col Mistero dell’Incarnazione del Verbo, dice il Prefazio, un nuovo raggio di splendore del Padre ha brillato agli occhi della nostra anima, perché, mentre conosciamo Iddio sotto una forma visibile, possiamo esser tratti da Lui all’amore delle cose invisibili ». « La bontà del nostro Dio Salvatore si è dunque manifestata a tutti gli uomini per insegnarci a rinunciate alle cupidigie umane, per redimerci da ogni bassezza e per fare di noi un popolo gradito, e fervente di buone opere» (Ep.). «Si è fatto simile a noi perché noi diventiamo simili a Lui (Secr.) e perché dietro il suo esempio possiamo condurre una vita santa » (Postcom.). « È cosi che vivremo in questo mondo con temperanza, giustizia e pietà, attendendo la lieta speranza e l’avvento della gloria del nostro grande Iddio Salvatore e nostro Gesù Cristo » (Ep.). Come durante l’Avvento, la prima venuta di Gesù ci prepara dunque alla seconda.

Incipit

In nómine Patris, ✠ et Fílii, et Spíritus Sancti. Amen.

Introitus

Ps II:7.
Dóminus dixit ad me: Fílius meus es tu, ego hódie génui te

(Il Signore disse a me: tu sei mio figlio, io oggi ti ho generato).
Ps II:1
Quare fremuérunt gentes: et pópuli meditáti sunt inánia?

[Perché si agitano le genti: e i popoli ordiscono vani disegni?]

Dóminus dixit ad me: Fílius meus es tu, ego hódie génui te.

[Il Signore disse a me: tu sei mio figlio, io oggi ti ho generato].

Oratio

Orémus.
Deus, qui hanc sacratíssimam noctem veri lúminis fecísti illustratióne claréscere: da, quǽsumus; ut, cujus lucis mystéria in terra cognóvimus, ejus quoque gáudiis in coælo perfruámur:

[O Dio, che questa notta sacratissima hai rischiarato coi fulgori della vera Luce, concedici, Te ne preghiamo, che di Colui del quale abbiamo conosciuto in terra i misteriosi splendori, partecipiamo pure i gaudii in cielo:]

Lectio

Léctio Epístolæ beati Pauli Apóstoli ad Titum
Tit II: 11-15
Caríssime: Appáruit grátia Dei Salvatóris nostri ómnibus homínibus, erúdiens nos, ut, abnegántes impietátem et sæculária desidéria, sóbrie et juste et pie vivámus in hoc sǽculo, exspectántes beátam spem et advéntum glóriæ magni Dei et Salvatóris nostri Jesu Christi: qui dedit semetípsum pro nobis: ut nos redímeret ab omni iniquitáte, et mundáret sibi pópulum acceptábilem, sectatórem bonórum óperum. Hæc lóquere et exhortáre: in Christo Jesu, Dómino nostro.

[Carissimo: La grazia salvatrice di Dio si è manifestata per tutti gli uomini e ci ha insegnato a rinnegare l’empietà e le mondane cupidigie, e a vivere in questo mondo con temperanza, giustizia e pietà, aspettando la lieta speranza e la manifestazione gloriosa del nostro grande Iddio e Salvatore nostro Gesù Cristo. Egli ha dato sé stesso per noi, a fine di riscattarci da ogni iniquità, e purificare per sé un popolo suo proprio, zelante per buone opere. Insegna queste cose e raccomandale: in nome del Cristo Gesù, Signore nostro.]

Aspirazione. Siate benedetto, o mio divin Salvatore, che vi siete degnato di scendere dal cielo e rivestirvi di nostra carne mortale, per venire ad insegnarmi il cammino giustizia! Riconoscente a sì grande amore e per  profittare di un sì gran benefizio, rinunzio ad ogni empietà e ad ogni inimicizia, ai piaceri della carne ed a tutte le azioni, parole, pensieri che potessero dispiacervi, e prometto fermamente di vivere con temperanza, giustizia e pietà. Deh! la vostra grazia, o mio Dio, mi renda fedele ai disegni che essa m’ispira! (Goffinè: Manuale per la santif. della Domenica, etc …)

Graduale

Ps CIX: 3; 1
Tecum princípium in die virtútis tuæ: in splendóribus Sanctórum, ex útero ante lucíferum génui te.


[Con te è il principato dal giorno della tua nascita: nello splendore dei santi, dal mio seno ti ho generato, prima della stella del mattino.]

V. Dixit Dóminus Dómino meo: Sede a dextris meis: donec ponam inimícos tuos, scabéllum pedum tuórum. Allelúja, allelúja.

[V. Disse il Signore al mio Signore: Siedi alla mia destra: finché ponga i tuoi nemici a sgabello dei tuoi piedi. Allelúia, allelúia.]

Ps II:7
V. Dóminus dixit ad me: Fílius meus es tu, ego hódie génui te. Allelúja.

[V. Il Signore disse a me: tu sei mio figlio, io oggi ti ho generato. Allelúia.]

Evangelium

Sequéntia +︎ sancti Evangélii secundum Lucam
Luc II:1-14
In illo témpore: Exiit edíctum a Cæsare Augústo, ut describerétur univérsus orbis. Hæc descríptio prima facta est a præside Sýriæ Cyríno: et ibant omnes ut profiteréntur sínguli in suam civitátem. Ascéndit autem et Joseph a Galilæa de civitáte Názareth, in Judæam in civitátem David, quæ vocatur Béthlehem: eo quod esset de domo et fámilia David, ut profiterétur cum María desponsáta sibi uxóre prægnánte. Factum est autem, cum essent ibi, impléti sunt dies, ut páreret. Et péperit fílium suum primogénitum, et pannis eum invólvit, et reclinávit eum in præsépio: quia non erat eis locus in diversório. Et pastóres erant in regióne eádem vigilántes, et custodiéntes vigílias noctis super gregem suum. Et ecce, Angelus Dómini stetit juxta illos, et cláritas Dei circumfúlsit illos, et timuérunt timóre magno. Et dixit illis Angelus: Nolíte timére: ecce enim, evangelízo vobis gáudium magnum, quod erit omni pópulo: quia natus est vobis hódie Salvátor, qui est Christus Dóminus, in civitáte David. Et hoc vobis signum: Inveniétis infántem pannis involútum, et pósitum in præsépio. Et súbito facta est cum Angelo multitúdo milítiæ coeléstis, laudántium Deum et dicéntium: Glória in altíssimis Deo, et in terra pax hóminibus bonæ voluntátis.

[In quel tempo: Uscì un editto di Cesare Augusto che ordinava di fare il censimento di tutto l’impero. Questo primo censimento fu fatto mentre Quirino era preside della Siria. Recandosi ognuno a dare il nome nella propria città, anche Giuseppe, appartenente al casato ed alla famiglia di Davide, andò da Nazareth di Galilea alla città di Davide chiamata Betlemme, in Giudea, per farsi iscrivere con Maria sua sposa, ch’era incinta. E avvenne che mentre si trovavano lì, si compì per lei il tempo del parto; e partorì il suo figlio primogenito, lo fasciò e lo pose in una mangiatoia, perché non avevano trovato posto nell’albergo. Nello stesso paese c’erano dei pastori che pernottavano all’aperto e facevano la guardia al loro gregge. Ed ecco apparire innanzi ad essi un Angelo del Signore e la gloria del Signore circondarli di luce, sicché sbigottirono per il gran timore. L’Angelo disse loro: Non temete, perché annuncio per voi e per tutto il popolo un grande gaudio: infatti oggi nella città di Davide è nato un Salvatore, che è il Cristo Signore. Questo sia per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, giacente in una mangiatoia. E d’un tratto si raccolse presso l’Angelo una schiera della Milizia celeste che lodava Iddio, dicendo: Gloria a Dio nell’alto dei cieli e pace in terra agli uomini di buona volontà.]

Omelia

(G. Colombo: Pensieri sui Vangeli e sulle feste del Signore e dei Santi; VI ediz. – Soc. Ed. Vita e pensiero.- Milano 1956)

LA SANTA NOTTE

La notte tenebrosa gravava come una lunga maledizione sul mondo assopito nel sonno. Tutti dormivano: si dormiva a Roma, si dormiva a Gerusalemme, si dormiva a Betlem, dove una moltitudine era accorsa da ogni villaggio per dare il nome al censimento di Cesare Augusto. Solo qualche pastore vegliava nei dintorni, accanto a fuochi morenti, mentre custodiva il gregge. – Ed ecco squarciarsi l’oscurità e sfociare giù dall’alto fiumi di luce e tutto il cielo ardere come una fiamma e sopra i paesi assonnati passare cori invisibili, cantando parole non mai udite sopra la terra: « Gloria a Dio nei cieli più alti; pace agli uomini di buona volontà ». Balzarono attoniti i pastori vigili presso il loro branco di pecore ed una luce li investì. Nella luce videro l’Angelo fulgidissimo del Signore. Si spaventarono; ma l’Angelo disse loro: « Non temete: è una gioia grande per voi e per tutti, che noi portiamo: è nato il Salvatore ». Dunque, il tempo di piangere era finito, la maledizione era passata, la schiavitù del demonio era infranta. – « Gioia grande!» diceva l’Angelo ai pastori prostrati nella luce celeste. « Gioia grande: è nato nella città di Davide Cristo Signore. Vi dò un segno per trovarlo: vedrete un bambino involto in pochi panni, adagiato in una greppia ». Come gli Angeli sparirono, i pastori si guardarono l’un l’altro muti, poi dissero: « Andiamo a Betlem, e vedremo ». Transeamus usque in Betlehem et videamus. Lasciarono le pecore a ruminare sotto la rugiada presso i fuochi ormai spenti,e corsero.Lasciamo ogni altra cura anche noi e corriamo dietro a loro col cuore pieno di fede, col cuore pieno di gioia. Giungono, ansimanti. Et venerunt festinantes. Trovano Maria, trovano Giuseppe e, in una greppia, un Bambino. Gioia grande! Dio si è fatto bambino. La divinità offerta e l’umanità peccatrice si sono abbracciate nel corpicino di Gesù Cristo. Gaudium magnum. Adoriamo anche noi il Bambino e pensiamo: Il padrone del mondo s’è fatto povero, senza casa, senza culla. Il forte, il Dio delle armate, s’è fatto debole e infermo. L’infinito, per il quale son troppo piccoli i cieli, è raccolto in una greppia. Chi ha dato alla terra la virtù di produrre il pane, e alle piante la virtù di produrre frutti, patisce la fame.Il regolatore delle stagioni e del freddo nasce d’inverno, intirizzito dall’aria rigida.  Quelle piccole mani arrossate dalla gelida notte hanno sollevato nei cieli il sole, la luna e tutte le stelle. Ed è per noi, sapete che Dio s’è reso così; per noi Propter nos egenus factus est, cum esset dives (II Cor., VIII, 9). S’è reso così perché noi gli volessimo bene: è il pensiero di S. Pier Crisologo: « sic nasci voluit qui voluit amari ». S’è reso così perché l’imitatissimo: è il pensiero di Tertulliano: « ut homo divine agere doceretur ». Allora diciamogli, con le lacrime agli occhi: « Bambino Gesù! noi ti ameremo,noi ti imiteremo ».NOI TI Ameremo. Elena imperatrice, la madre di Costantino il grande, aveva avuto da Dio la bella missione di ritornare al culto dei fedeli i luoghi santificati dalla vita e dalla morte di Nostro Signore.Quando arrivò a Betlem ed entrò nella grotta della santa nascita, emise un grido d’indignazione. Quel luogo santo era stata profanato: al posto della greppia là dove Cristo aveva vagito per la nostra salvezza s’ergeva la statua infame di Adone. L’imperatore Adriano, acre nemico di nostra fede, con un gusto diabolico l’aveva eretta là, perché il demonio ridesse dove Cristo aveva pianto. La pia regina, con le lacrime, comandò che abbattessero quel diabolico simulacro; ed ella stessa, con le sue mani, godeva di frantumarlo. Poi vi fè edificare un sontuosissimo tempio, che custodisse quell’umile posto, scelto da Dio per venire al mondo. –  È Natale: Dio nasce nei cuori. E c’è forse qualcuno che nel suo cuore, nel luogo dove Cristo deve nascere tien eretto il simulacro del demonio, il peccato?Alessandro il Macedone per conquistarsi l’animo dei Persiani, ha voluto vestirsi come loro, imitare in tutto quelle barbare costumanze; Dio per conquistare il nostro cuore, per farsi amare dagli uomini si è fatto uomo in tutto come noi: habitu inventus ut homo; ha voluto patire come noi e più di noi, e noi non gli vogliamo bene? Noi daremo il nostro cuore al demonio, ma non a lui? Nessuno sarà così pazzo e crudele da far questo. Come Elena regina frantumiamo il peccato dentro di noi, ed una bella confessione purifichi l’anima nostra, e la nascita di Cristo segni il principio di una nuova vita d’amore, di preghiera,di purezza.« Bambino Gesù! » diciamogli sinceramente « io t’amo ».Se la nostra vita passata ci dicesse che queste parole sono una bugia, perché non siamo capaci d’amarlo con le opere, diciamogli così: « Bambino Gesù, se non ti amo, desidero però d’amarti assai ». E se anche questo non fosse vero, perché  il nostro cuore è più attaccato alla roba di questo mondo che al Signore, diciamogli almeno: « Bambino Gesù! mi piacerebbe tanto desiderare d’amarti ».NOI TI IMITEREMO. A Giovanni II, re di Portogallo, annunciarono che stava male un servo, a lui tanto caro. Il re si turbò, poi volle egli stesso scendere dal suo palazzo nella casa del servo. Nel varcare la soglia dell’ammalato, chiese, come si suole, dello stato dell’infermo. Gli risposero che il male era gravissimo, ma il peggio era che l’ammalato non si lasciava indurre a prendere medicine. Quel mattino stesso i medici gli avevano imposto una medicina amara ma tanto salutare. La prese nelle sue mani, e senza indugio, egli stesso ne bevve parecchi lunghi sorsi. Poi, accostandola alla bocca del malato gli disse: «Io il re, sanissimo, ho preso quest’amara bevanda solo per tuo amore, e tu, il servo, ammalato, non prenderai questo poco che resta per amor mio e per tua salute? ».  Il vassallo tese di slancio le mani verso la medicina, e disse: « Datemela: ora la berrei d’un fiato, foss’anche tossico ». Noi siamo servi ammalati: ammalati di superbia perché ci crediamo un gran che e siamo niente; ammalati di collera perché non vogliamo dimenticare e perdonare le offese; ammalati d’avarizia perché non pensiamo che a roba e a danaro; ammalati nella mente, nel cuore di pensieri e di desideri cattivi. È necessaria la medicina amara dell’umiliazione, della povertà, della mortificazione. Il nostro re, il Bambino Gesù, oggi è venuto a trovarci in casa nostra e ce ne dà l’esempio. Egli santissimo Dio, s’è fatto umile nel presepio, povero in una stalla, mortificato dal freddo. E noi non vorremmo portare la nostra croce? Ci lamenteremo ancora della Provvidenza? – Simone Maccabeo, una notte che conduceva l’armata contro i nemici, si trovò la strada tagliata da un torrente gonfio per le piogge recenti. I soldati s’arrestarono, poiché nessuno osava guardare in quel posto. Simone non fece parola, slanciò il cavallo nell’acqua e passò per il primo: transfretavit primus (I Macc., XVI, 6). Tutti allora gli andarono dietro. Ebbene: il nostro capitano Gesù oggi, per il primo, si slancia attraverso il torrente del dolore, della povertà, della mortificazione: a noi non resta che andargli dietro. Bambino Gesù! noi ti imiteremo. Disse l’Angelo ai pastori: « Evangelizo vobis gaudium magnum ». Vi porto una gioia grande. Lungi da noi, dunque, ogni pensiero di tristezza. Che cosa possiamo temere se il Verbo si è fatto carne, se Dio s’è fatto bambino? Quando Dio è con noi, chi può essere contro di noi? Gioia grande! – Il capitano Alfonso d’Albuquerque fu sorpreso da una procella furiosa, in mezzo al mare. La povera nave flagellata dalle onde rabbiose, squassata dal vento, cigolava in ogni connessura quasi volesse sfasciarsi. Le nubi basse e cupe avevano fatto l’oscurità sull’acque; i lampi guizzavano in quella tenebra con un bagliore di sangue. Le donne urlavano; perfino i vecchi marinai piangevano di paura. Il capitano, pazzo dal terrore, strappò dal seno d’una madre un bambino di pochi mesi, salì sulla tolda in alto, e protese verso la rabbia delle nubi quella fragile creaturina: «E se, — diceva — siam tutti peccatori, questo bimbo, o Dio, risparmialo perché è senza peccati ». Subito tacque il vento, si chetò l’acqua, s’aperse il cielo: e attraverso lo squarcio d’una nube discese l’arcobaleno. – Nelle disgrazie della vita, nelle tentazioni, nell’ora della morte e nel giorno del giudizio, quando intorno alla navicella della nostra anima sarà come una fragorosa burrasca, ricordiamoci di questo Bambino che oggi c’è dato, che oggi per noi è nato; innalziamolo a Dio e si farà la pace e la gioia intorno a noi. Tra pochi istanti, quando la Messa sarà all’elevazione, io stesso tra le mie mani prenderò Gesù Bambino ed elevandolo verso il cielo, mi ricorderò delle parole di Alfonso d’Albuquerque: « Se tutti noi siamo peccatori, o Dio, questo Bambino risparmialo perché è senza peccati! ». Per la sua innocenza noi tutti saremo salvati.

Credo …

IL CREDO

Offertorium

Orémus
Ps XCV: 11:13
Læténtur cæli et exsúltet terra ante fáciem Dómini: quóniam venit.

[Si allietino i cieli, ed esulti la terra al cospetto del Signore: poiché Egli è venuto.]

Secreta

Acépta tibi sit, Dómine, quǽsumus, hodiérnæ festivitátis oblátio: ut, tua gratia largiénte, per hæc sacrosáncta commércia, in illíus inveniámur forma, in quo tecum est nostra substántia:

[Ti sia gradita, o Signore, Te ne preghiamo, l’offerta dell’odierna solennità: affinché, aiutati dalla tua grazia, mediante questi sacrosanti scambi, siamo ritrovati conformi a Colui nel quale la nostra sostanza è unita alla Tua:]

Prefatio de Nativitate Domini

Vere dignum et justum est, æquum et salutáre, nos tibi semper et ubíque grátias ágere: Dómine sancte, Pater omnípotens, ætérne Deus: Quia per incarnáti Verbi mystérium nova mentis nostræ óculis lux tuæ claritátis infúlsit: ut, dum visibíliter Deum cognóscimus, per hunc in invisibílium amorem rapiámur. Et ideo cum Angelis et Archángelis, cum Thronis et Dominatiónibus cumque omni milítia coeléstis exércitus hymnum glóriæ tuæ cánimus, sine fine dicéntes: Sanctus …

COMUNIONE SPIRITUALE

Communio

Ps CIX:3
In splendóribus Sanctórum, ex útero ante lucíferum génui te.

[Nello splendore dei santi, dal mio seno ti ho generato, prima della stella del mattino.]

Postcommunio

Orémus.
Da nobis, quǽsumus, Dómine, Deus noster: ut, qui Nativitátem Dómini nostri Jesu Christi mystériis nos frequentáre gaudémus; dignis conversatiónibus ad ejus mereámur perveníre consórtium:

[Concedici, Te ne preghiamo, o Signore Dio nostro, che celebrando con giubilo, mediante questi sacri misteri, la nascita del Signore nostro Gesù Cristo, meritiamo con una vita santa di pervenire al suo consorzio:]

PREGHIERE LEONINE (dopo la Messa)

RINGRAZIAMENTO DOPO LA COMUNIONE (1)

ORDINARIO DELLA MESSA

TRATTATO DELLO SPIRITO SANTO (4)

L. LEBAUCHE

TRATTATO DELLO SPIRITO SANTO (4)

TITOLO ORIGINALE: TRAITÉ DU SAINT – ESPRIT Edit. Bloud-Gay.- Paris 1950

V. Per la Curia Generalizia – Roma, 11 – 2 – 1952 Sac. G. ALBERIONE

Nulla osta alla stampa Alba, 20 – 2 – 1952 – Sac. S. Trosso, Sup.

lmprimatur Alba, 28 – 2 – 1952 Mons. Gianolio, Vic. GEN.

CAPO TERZO

CARATTERISTICHE DELL’ATTIVITÀ DELLO SPIRITO SANTO

L’attività dello Spitito Santo nel mondo è infinita, infinitamente ricca e infinitamente varia. Sarà possibile distinguerne le caratteristiche? Si legge nel libro della Sapienza:

«In essa (nella Sapienza) vi è uno Spirito intelligente, santo, unico, molteplice, immateriale, attivo, penetrante, senza macchia, infallibile, impassibile (soave, aggiunge qui la Volgata), amante del bene, sagace,  che non conosce ostacolo, benefico,  buono per gli uomini, immutabile, sicuro, tranquillo, onnipotente, che tutto sorveglia,  che penetra in tutti gli spiriti: negl’intelligenti, nei puri, nei più sottili » (Sap. VII, 22-23). – Ciò che prima di tutto colpisce in questa descrizione, è l’assenza di ogni sintesi. Il profeta o l’autore ispirato, avendo ricevuto in tutta la pienezza il dono d’intelletto, descrive lo Spirito Santo come lo vede, come lo intuisce alla luce di Dio. Lo descrive senza ordine, almeno senza quell’ordine che ci piace mettere nelle nostre idee, nei nostri scritti, nei nostri discorsi. – Si noterà anche l’esordio che richiede una spiegazione: « In essa (nella Sapienza) vi è uno Spirito intelligente, santo ». Seguiamo il testo dei Settanta. Nel manoscritto di Alessandria si legge: Essa (la Sapienza) è uno Spirito intelligente, santo. Qui la Sapienza e lo Spirito sono identificati. Donde viene questa variante nel sacro testo? – Il libro della Sapienza è stato scritto nel secondo secolo avanti Gesù Cristo. L’esposizione della Santissima Trinità è stata fatta progressivamente. Nel libro della Sapienza è ancora all’inizio. Ben presto apprenderemo che, da tutta l’eternità, Dio Padre genera un Figlio unico, che è il Logos, la Sapienza, il Verbo eterno del Padre. E apprenderemo pure che lo Spirito Santo procede dal Padre per il Figlio, per la Sapienza. Siamo in diritto di precisare il testo del libro della Sapienza, dicendo: Dalla Sapienza procede lo Spirito Santo. E, siccome nella descrizione che ci presenta le caratteristiche dell’attività dello Spirito Santo, ci è necessario non solo raggrupparle, ma sintetizzarle, diremo dello Spirito Santo, che procede dalla Sapienza e che Egli è:

– lo Spirito d’intelligenza, cioè Colui che possiede l’intelligenza, tutta l’intelligenza, e che dà l’intelligenza;

– lo Spirito di santità, cioè Colui che possiede la santità, tutta la santità, e che dà la santità.

Di questo Spirito d’intelligenza e di santità diremo che è:

– uno e molteplice;

– immateriale, attivo, che tutto penetra: i puri, cioè quelli che vivono seguendo i Suoi impulsi, per maggiormente purificarli; gl’impuri, cioè coloro che vivono in opposizione con Lui, per ispirar loro i rimorsi e con questo condurli a cambiar vita;

– stabile e mobile, cioè infinitamente pieghevole, pur restando il medesimo;

– pieno di soavità, di dolcezza, ricolmo delle tenerezze dell’amore;

– Colui che nulla arresta, quem nibil vetat, traduce energicamente la Volgata.

Secondo il libro della Sapienza, sono queste le sette caratteristiche dell’attività prodigiosa dello Spirito Santo nel mondo.

I.

Dio, il Padre onnipotente, per mezzo del Verbo, nello Spirito, opera nel mondo tutte le cose. Dio, il Figlio unico, generato dal Padre da tutta l’eternità, il Verbo del Padre, è la luce che illumina ogni uomo che viene in questo mondo. E questa luce la comunica per mezzo dello Spirito Santo che manda continuamente nelle anime. Lo Spirito Santo è come il faro luminoso, per mezzo del quale il Verbo illumina il mondo e le anime, tanto quelle che sono nella gloria, quanto quelle che si trovano sulla terra. Perciò si può dire dello Spirito Santo che è lo Spirito d’intelligenza, cioè Colui che possiede l’intelligenza, tutta l’intelligenza, l’intelligenza infinita e Colui che dà l’intelligenza. È questa la prima caratteristica dell’attività dello Spirito Santo, che il libro della Sapienza si compiace di segnalare. – Spirito d’intelligenza, lo Spirito Santo conosce gli esseri come appariscono e nella loro profondità, secondo il significato della parola latina intelligere, da intus legere; li conosce nei loro rapporti con gli esseri che li producono o ne sono le cause, e con lo scopo immediato e finale che perseguono; Egli stima, apprezza giustamente tali rapporti; pensa esattamente ogni cosa, dal verbo pensare, usato in questo senso da san Gregorio Magno, ciò che è, propriamente parlando, pensare. Lo Spirito Santo conosce tutto questo, lo afferma adeguatamente, veramente, assolutamente. Lo fa tanto più e tanto meglio in quanto è lo Spirito creatore, Colui che ha creato, disposto, ordinato tutto, Colui che conserva tutto ciò che esiste mediante una creazione continua, e per il quale, nel quale tutto si trova, tutto si muove, tutto vive. Come lo scultore, che conosce i minimi dettagli dell’opera da lui immaginata e realizzata. Così lo Spirito Santo è Colui che possiede l’intelligenza, tutta l’intelligenza, l’intelligenza infinita, e dà l’intelligenza agli uomini. Egli ha dato l’intelligenza agli Apostoli per renderli atti a comprendere il mistero di Gesù, nostro Salvatore, e per svelar loro il senso profondo del Vangelo. Egli ha illuminato i Padri della Chiesa, i Dottori, i Teologi, i fondatori degli Ordini religiosi. È Lui che ispira le vocazioni sacerdotali e religiose, che addita a ciascuno la sua via. – Per noi vi sono due modi di conoscere il reale. Prima mediante la rappresentazione che ce ne facciamo e i giudizi che formiamo. Questa vista del reale è, e non può essere altro che una forma umana. Per quanto puro, è sempre il nostro modo umano di vedere le cose. È una rappresentazione analogica di ciò che è. Conosciamo egualmente la realtà mediante il sentimento ed il cuore. Questa maniera, difficile ad esprimersi, ma con la quale invitiamo la nostra ragione a controllarsi continuamente e a non abusare dell’assoluto nelle sue affermazioni, è più diretta e più vera. Lo Spirito Santo ci ammaestra nell’uno e nell’altro modo. Suscita dei Dottori che parlano piuttosto il linguaggio del pensiero, come san Tommaso d’Aquino. Ne fa sorgere altri che parlano altrettanto bene il linguaggio del cuore, come san Bonaventura, san Francesco di Sales. – Ciò che lo Spirito Santo si applica particolarmente a farci comprendere, sia per mezzo del pensiero che del cuore, sono queste tre grandi verità: – Dio è presente dappertutto nel mondo, negli esseri, come negli avvenimenti. – Il Salvatore è spiritualmente congiunto alle anime, per illuminarle e condurle a vivere come Lui, per Lui, in Lui: cum Ipso, per Ipsum, in Ipso. Cum Ipso, cioè a Sua imitazione; per Ipsum, ossia nell’abbandono allo Spirito Santo che Egli manda; in Ipso, nella Sua amicizia. Quindi ecco il dogma che sintetizza tutti gli altri, ed è il dogma centrale di tutta la vita cristiana. – Il Salvatore, nell’Eucarestia continua, ma in forma gloriosa, tutti i misteri della Sua vita, quelli della vita nascosta, della vita pubblica e delle Sue sofferenze, in questo senso almeno, che ne ha una memoria attuale così perfetta e viva, che veramente continua a viverne. Inoltre, non cessa di offrirsi, sui nostri altari, per mezzo del ministero dei sacerdoti, sotto apparenze di morte, per perpetuare l’offerta cruenta del Calvario, affinché ogni individuo con la comunione eucaristica, offrendosi a Lui e con Lui, riceva in tale offerta la vita soprannaturale, in una pienezza sempre più grande. – Quando queste tre verità hanno penetrato a fondo un’anima, ispirano e dirigono tutta la sua condotta, intellettuale, morale e religiosa. Nel prossimo si vedrà risolutamente Dio. Al di là del prossimo, che si muove con le sue qualità e i suoi difetti, si scorgerà Gesù, il Maestro adorato, che continuamente comanda di amare e sacrificarsi. Nell’Eucarestia, si vedrà il Pane di vita, del quale è necessario cibarsi. Ci si comunicherà con fervore. Nell’Eucarestia, Colui che in cielo forma la felicità degli eletti è li tutt’intero, a nostra disposizione, sotto le specie sacramentali, nell’atto di offrirsi per noi a Dio Padre, mentre ci chiede di offrirci a Lui e con Lui, e noi ci offriamo a Lui e con Lui. Lo contempleremo, lo ameremo; prenderemo l’energica risoluzione di obbedirgli in tutto, ai Suoi precetti e ai Suoi consigli. Sì, senza dubbio, l’Eucarestia, compresa con fede illuminata e viva, è già il cielo sulla terra. E quando dopo la nostra vita terrena, ci troveremo dinanzi a Dio, proveremo tutti un sentimento di confusione, vedendo quanto poco abbiamo fatto uso della santa Eucarestia, in confronto a come avremmo potuto e dovuto farlo. – Ora, tale intelligenza, mediante lo spirito ed il cuore, ce la dà lo Spirito Santo. È l’effetto dei doni intellettuali dello Spirito Santo, di quei doni che la Chiesa invoca sui fedeli, specialmente nel tempo di Pentecoste, con la seguente strofa di uno degli inni più belli:

O lux beatissima, reple cordis intima, tuorum fidelium!

2.

Lo Spirito Santo è anche Colui che possiede la santità, tutta la santità, la santità infinita, e che dà la santità. È santo chi è separato da quanto è peccato, da tutto ciò che è male. Lo Spirito di Dio è santo. Viene chiamato Spirito Santo, perché è infinitamente lontano dal peccato, dal male. Come la luce e le tenebre sono in ragione inversa, così lo Spirito Santo e il peccato o il male, sono in opposizione assoluta. Lo Spirito Santo ha somma avversione, completo allontanamento dal peccato e dal male. È lo Spirito Santo che suscita nell’anima nostra una irresistibile inclinazione verso tutto ciò che è bene, verso il Sommo Bene, verso Dio, come diceva sant’Agostino: Fecisti nos ad Te, Deus, et îrrequietum erit cor nostrum, donec requiescat în Te. – Da un altro lato, è lo Spirito Santo che mette in noi la irresistibile avversione per il male, almeno per tutto quanto ci sembra male. È Lui che ispira al cuore dell’uomo il necessario giudizio della coscienza che bisogna fare il bene, non operare il male, e le fa chiamare bene ciò che è bene o le appare bene, e male, ciò che è male. E se, purtroppo, l’uomo commette il male che la sua coscienza riprova, è lo Spirito Santo che fa sorgere il rimorso. – È lo Spirito Santo che ci dà le prime attrattive soprannaturali, il pius credulitatis affectus, e i primi lumi della fede. È Lui che dà la grazia di corrispondervi, e corrispondervi gradatamente, di meglio in meglio. Noi chiamiamo santo colui che, avendo sempre corrisposto alla grazia, ha realizzato in sè un edifizio morale conforme a Dio. La santità concreta è l’imitazione di Gesù Cristo. Il Verbo di Dio si è fatto uomo e, per mezzo dello Spirito Santo, ha comunicato, quanto è possibile, all’umanità da Lui assunta, la pienezza della Sua divinità. E ciò per comunicarci, per il Suo divino Spirito, della pienezza di questa divinità. Lo Spirito Santo viene dunque in noi e ci fa convergere verso la santa umanità del Cristo in modo da riprodurne nella nostra vita una copia sempre più fedele. Egli ci invita a partecipare alla Sua religione verso Dio, Suo Padre, adorandolo, ringraziandolo con Lui ed in Lui; offrendoci a Dio, e pregandolo con Lui ed in Lui. Siccome la religione deve esercitarsi in ginocchio, nell’umiltà, Egli c’invita a partecipare alla Sua umiltà che in Lui giunse fino all’obbedienza della morte e della morte di croce. – L’ardente carità per il Padre Suo e per noi uomini fu, in qualche modo, l’anima del Verbo di Dio fatto uomo. Lo Spirito Santo che il Cristo non cessa di mandarci, c’invita a partecipare alla Sua carità e a darne la prova con la nostra dedizione, il nostro disinteresse, il sacrificio di noi stessi. Lo Spirito del Cristo che ci è comunicato, c’invita a partecipare al Suo odio per il peccato, al Suo zelo pet la salvezza delle anime. È la santità in atto, che è chiamata ad un accrescimento sempre più grande, finché giunga pet noi l’ora della morte, che dovrà essere, in unione col Cristo per lo Spirito Santo, una suprema adorazione di Dio Padre, un supremo ringraziamento a Dio, una suprema offerta della nostra vita al Padre, una suprema invocazione a Lui per noi e per coloro che lasciamo sulla terra; prima, per quelli che ci sono più vicini, poi per tutti gli uomini, gl’infelici, i peccatori, i santi. Possa questa santità ben compresa, divenire la nostra!

3.

Spirito di ogni intelligenza, Spirito di ogni santità, lo Spirito Santo è innanzi tutto, secondo il libro della Sapienza, uno e molteplice. Lo Spirito Santo è come un soffio che va dal Padre al Figlio e torna dal Figlio al Padre. È il soffio d’amore dal Padre al Figlio e dal Figlio al Padre. E il loro reciproco amore. Amore per quel che lo caratterizza, senza tuttavia costituirlo personalmente, lo Spirito Santo è più particolarmente il principio dell’amore di Dio, nel mondo. In maniera ad un tempo più completa e più esatta. Egli è colui per il quale, col. quale, nel quale il Padre ed il Figlio amano, al di fuori di se stessi, cioè nel mondo, tutto ciò che Essi amano. È così che lo Spirito Santo è uno. Ma questo amore, che è lo Spirito Santo, si differenzia in altrettante maniere quante sono le anime nelle quali esercita la Sua azione. Simile, secondo il paragone di san Giovanni Crisostomo, alla sorgente, che, dopo aver formato un unico ed abbondante corso d’acqua, si divide in una infinità di ruscelli che vengono ad irrigare le pianure, i prati e formano in seguito le riviere ed i fiumi. Simile pure alla pioggia benefica, che cade sulla. terra, si trasforma in linfa, diviene verde nella pianta; bianca, rosa, rossa nei fiori, gialla nel frutto. È l’amore ardente del Cristo che ha sostenuto nel martirio gli Apostoli, migliaia di confessori, di giovani vergini come santa Cecilia, sant’Agnese, santa Lucia. L’amore del Cristo ha condotto e non cessa di condurre una moltitudine di Cristiani ad una vita di totale abnegazione mediante la pratica dell’obbedienza a una regola, a un superiore; della povertà affettiva ed effettiva, o almeno affettiva e della castità. Gli uni mettono in primo piano nella loro vita l’abnegazione e in secondo piano l’amore. Si sacrificano per amore. Gli altri invece, pongono in primo piano l’amore di Cristo e in secondo piano la mortificazione sotto tutte le forme. Amano, e l’amore li conduce al sacrificio. È un affare di punto di vista che corrisponde a mentalità diverse e molte volte a educazione differente. Può sembrare cosa di poca importanza. Bisogna amare e sacrificarsi. Che ci si sacrifichi per amore oppure si ami risolutamente in modo che l’amore trascini al sacrificio, l’essenziale non è forse fare l’uno e l’altro? Sì, senza dubbio. Ma, nel mondo delle anime, vi sono delicatezze infinite. E giustamente, una persona per fare una di queste due cose, è necessario sappia prendere anche l’altra. – Questa differenza di punto di vista è invece di tale importanza che ha determinato, nella Chiesa, due correnti di spiritualità, due scuole che hanno ciascuna i loro dottori, i loro metodi, i loro vantaggi e i loro inconvenienti. Alcuni ordini religiosi sono stati fondati mettendo in primo piano nella loro tegola la mortificazione sia mediante l’obbedienza, come i Benedettini, sia per mezzo della povertà affettiva ed effettiva, come i Francescani. Altri religiosi invece, hanno posto in primo piano nelle loro Costituzioni la carità, come i Domenicani e i Carmelitani. Nulla di più meraviglioso di quell’infinita varietà di forme di vita religiosa tutte intese a tributare alla Santissima Trinità, in unione col Cristo, il gran Religioso di Dio, il medesimo omaggio di adorazione, di riconoscenza, di offerta e d’invocazione. È la grande preghiera che non cessa di essere rivolta a Dio per il compimento nel mondo dell’opera redentrice. – Ora lo Spirito Santo, uno e molteplice ad un tempo, è Colui che anima tutta questa vita religiosa. È Lui che ne assicura l’unità perfetta e l’infinita varietà. – E ciò, come sta scritto nel libro della Sapienza, perché lo Spirito Santo è immateriale, attivo e penetra tutto. Lo Spirito è opposto alla materia. Lo Spirito Santo, che è per essenza lo Spirito, è assolutamente opposto alla materia. Affrancato dalla materia, è infinitamente attivo. Penetra tutto. Penetra gli esseri materiali e spirituali, per sostenerli nell’esistenza e dirigerne l’attività. Penetra l’anima umana fino ai più profondi recessi. Penetra i puri, cioè quelli che vivono seguendo le Sue ispirazioni, per dar loro la testimonianza della buona coscienza, la gioia migliore che si possa provare in questo mondo, quella che, a rigore, deve bastare, e basta all’uomo saggio, quelle che nulla quaggiù può turbare o togliere, né le ingiustizie, né le calunnie, né la vita, né la morte. Penetra gl’impuri, cioè coloro che non ascoltano i Suoi inviti, per ispirar loro il rimorso, che per essi può essere un principio di conversione. – Lo Spirito Santo è anche stabile e mobile. È stabile in Se stesso. Egli è sempre il medesimo movimento vitale, che viene dal Padre per il Figlio e torna al Padre per il Figlio. Egli è egualmente sempre stabile nella sua azione ad extra. Ci conduce verso il Figlio, Verbo di Dio fatto uomo, e per il Figlio verso il Padre, affinchè, divenuti simili al Figlio, possiamo essere figli di Dio. Ma quale non è la Sua mobilità o pieghevolezza! Vi è una pieghevolezza di animo che consiste nell’adattarsi a coloro in mezzo ai quali si vive, ai loro difetti come alle loro qualità, alle loro esigenze buone o cattive, in modo da guadagnarli alla propria persona, alla propria causa, al proprio partito, per vana compiacenza e spesso per ambizione. Una tale pieghevolezza è meschina; procede dall’egoismo e da una grande bassezza d’animo. Vi è invece un’altra pieghevolezza di animo, che proviene da un’idea nobile, da una volontà di giustizia e di carità. Si vede e si ama il prossimo in Dio. Si vuole il suo bene con fervore e disinteresse. E allora ci si applica a comprenderlo con i suoi difetti, le. Sue qualità, i suoi bisogni, le sue esigenze. Senza nulla perdere né delle proprie convinzioni, né della propria dignità personale, ci si adatta a lui in ciò che ha di buono, per cercare di elevarlo sempre più in alto, cambiarlo, trasformarlo in modo di giungere a farne una persona umana, un Cristiano di carattere. Una tale pieghevolezza richiede grande spirito di giustizia, una carità ferma e risoluta, grande bontà fatta di pazienza, di amabilità, di dolcezza. Essa si eserciterà sempre nel più gran rispetto della volontà del prossimo, in una dedizione intelligente che non si scoraggerà, né si stancherà di nulla. – Tale pieghevolezza è una grandissima perfezione. Eleviamola all’infinito e avremo un’immagine della pieghevolezza dello Spirito Santo, di quella pieghevolezza che Egli non cessa di esercitare nel governo delle anime, riguardo a ciascuno di noi. In tutta la misura nella quale ci prestiamo alla Sua azione, rispettando infinitamente la nostra volontà libera, ci prende quali noi siamo, ci trascina, ci eleva, ci santifica. Unito a noi, alla nostra vita, quanto può esserlo; resta sempre il medesimo, lo Spirito Santo, Colui che viene dal Padre per il Figlio e torna al Padre per il Figlio, ma questa volta, prendendoci con Sé, per conformarci alla santa umanità del Figlio di Dio fatto uomo. Così lo Spirito Santo è stabile e mobile. Pur rimanendo il medesimo, è sommamente pieghevole. – Questa pieghevolezza nella direzione delle anime lo Spirito Santo la esercita sempre con infinita dolcezza e perfetta soavità. Lo Spirito Santo, leggiamo nel libro della Sapienza, è pieno di soavità, di dolcezza, ricolmo delle tenerezze dell’amore. Nel lavoro è riposo; nell’ardore dell’azione ci calma; ne dolore è conforto. È il consolatore per eccellenza, dolce ospite dell’anima, dolce refrigerio. Se abbiamo corrisposto generosamente alla grazia dello Spirito Santo, avremo tutti provato, in certi momenti della nostra vita, questa dolcezza dello Spirito Santo ed esclamato come gli Apostoli sul Tabor: « Maestro è bene per noi star qui! » Avremmo voluto restarvi sempre. Però non siamo su questa terra per godere! ma per lavorare e soffrire. Il tempo della gioia è il cielo. Se ogni tanto un po’ di gioia tutta celeste ci è data, è per incoraggiare nel nostro lavoro ed aiutarci a meglio lottare, in mezzo alle difficoltà. Niente arresta lo Spirito Santo nel mondo, soggiunge l’autore del libro della Sapienza. Lo Spirito Santo tutto governa; dirige tutto, domina tutto. – Come ha creato tutto e tutto conserva nell’esistenza mediante una creazione continua: così potrebbe annientare ogni cosa. Ma allora perché il male è nel mondo? E, poiché il male esiste, perché lo Spirito di Dio non lo arresta? La presenza del male nel mondo è sempre stata lo scandalo di molti. I non filosofi ne rendono Dio responsabile. Bestemmiano e si chiudono nella loro irreligione. Alcuni filosofi, per spiegare il male, hanno immaginato la presenza, nel mondo, da tutta l’eternità, di un principio cattivo di fronte a Dio, principio buono. L’uno e l’altro sono in assoluta opposizione. Da ciò, ovunque nel mondo, il bene è in lotta contro il male, il male in lotta contro il bene. E in ciascuno di noi esiste un dualismo di desideri, di pensieri, di energie, la lotta dello spirito contro la carne e della carne contro lo spirito. Questa teoria è insostenibile. Il principio cattivo non può essersi levato da tutta l’eternità contro Dio, principio buono, come è stato detto. Se esistesse, non avrebbe potuto essere creato che da Dio. E Dio che è il principio buono, non può aver creato il principio cattivo. Il male non viene da Dio. Viene da noi uomini. Questa è tutta la spiegazione. Dio, infinitamente buono, ha creato il mondo unicamente per bontà. Aveva messo l’uomo nel mondo, per vivere con lui in rapporti di dolce amicizia. Sarebbe questo il suo destino; la sua ragione d’essere sulla terra. Mentre le altre creature servirebbero Dio necessariamente, per ordine delle manifestazioni della loro attività naturale, l’uomo servirebbe Dio vivendo con Lui come un amico vive col proprio amico. Perché potesse essere così, lo aveva fatto simile a Sé mediante la comunicazione di una vita tutta divina. A motivo di tale vita tutta divina, Dio si era compiaciuto di perfezionare la natura umana. Le aveva dato una intelligenza superiore, una forte volontà; per mezzo di un concorso fisico e vitale straordinario, le rendeva facile ogni lavoro; le avrebbe accordato una vita perenne. Ma ecco. L’amore vuol essere libero. L’uomo creato da Dio era libero. Libero di amare il suo Dio o di non amarlo. Anziché rispondere al disegno di Dio, l’uomo, abusando della propria libertà, si levò contro Dio. Ricusò di servirlo, gli rifiutò obbedienza. Era ricusare di riconoscere Dio quale Sovrano Signore; era rifiutare di amarlo. L’uomo si metteva così in opposizione col suo destino e con la sua ragione di essere in questo mondo. Dio si ritirò da lui, gli sottrasse la Sua grazia e tutti i doni di privilegio che ne erano la conseguenza. – Malum ex quocumque defectu, dice il filosofo. Per essere completo, devo dire: Malum ex quocumque defectu Dei. Dio si allontanò da noi e fu la morte: fu il male, il male morale e quello fisico. – Vecchia storia, vecchia soluzione, senza dubbio! Ma poiché essa è la vera e l’unica soluzione, perché perdersi in discorsi e dissertazioni per cercarne un’altra ? « L’uomo è più inconcepibile senza questo mistero, di quel che non lo sia tale mistero per l0’uomo », ha scritto Pascal (Pensieri sez. VII). È permesso andare ancora più innanzi. Poiché lo Spirito Santo è ovunque e può tutto, perché non arresta il male? Dio impedisce il male; ma lo impedisce rispettando sempre la nostra volontà libera. Il Redentore è venuto. Ha lavato nel Suo Sangue tutte le iniquità. Tocca a ciascuno di noi appropriarsi i benefizi della Redenzione mediante il buon uso della nostra volontà libera. Durante tutto il corso della nostra vita lo Spirito Santo, che il Cristo ci manda, per mezzo delle grazie che Egli ci offre, ci circonda, ci tormenta perché seguiamo le Sue ispirazioni, i Suoi impulsi, perché per Suo mezzo ci uniamo al Cristo, imitiamo la Sua vita, partecipiamo alle Sue virtù, riproduciamo tutti i Suoi misteri. Egli c’insegue così senza stancarsi sino alla fine della nostra esistenza. Niente lo arresta, se non la nostra cattiva volontà libera, finale, che è il peccato contro lo Spirito, quel peccato che non può venir perdonato né in questo mondo, né nell’altro. – Se obbediamo allo Spirito Santo, è per la nostra eterna salvezza. Tuttavia, se la grazia di Dio che è una similitudine divina, una similitudine vitale, ci è data, ci è restituita, in tutta la pienezza del nostro buon volere, i doni di privilegio che furono accordati al primo uomo e che lo rendevano esente dalla sofferenza non ci sono resi. – Raggiungeremo la nostra salvezza portando la croce, al seguito del nostro Salvatore che, per riscattarci dalla schiavitù del peccato, si è umiliato, rendendosi obbediente fino alla morte, e alla morte di croce. La sofferenza o la croce così considerata, i santi, e santi dobbiamo diventarlo tutti, l’ameranno, invocandola con grande desiderio. E sarà in ciascuno di noi, con noi, per noi, l’ultima grande vittoria dello Spirito Santo sul male, la vittoria di colui che nulla arresta in questo mondo, se non il peccato nel quale il peccatore si ostina.

TRATTATO DELLO SPIRITO SANTO (5)