CRISTO REGNI (2)

CRISTO REGNI (2) 

P. MATHEO CRAWLEY (dei Sacri Cuori)

TRIPLICE ATTENTATO AL RE DIVINO

[II Edizione SOC. EDIT. Vita E PENSIERO – MILANO]

Nihil obstat quominus imprimatur – Mediolani, die 4 febr. 1926

Sac. C. Ricogliosi, Cens. Eccles.

IMPRIMATUR

In Curia Arch. Mediolani die 5 febr. 1926 – Can. M. Cavezzali, Provic. Gener.

PREM. TIP. PONT. ED ARCIV. S., GIUSEPPE – MILANO

CAPITOLO I

L’AUTORITA’ DEL RE DEI RE DIMINUITA

I. Il grande male moderno

lo non ho mai avuto gran timore degli attacchi rabbiosi dei settari che combattono contro la Chiesa e i suoi altari. La loro potenza aggressiva è limitata in virtù della misericordia di Gesù, che conosce la nostra miseria e che non permette che noi siamo tentati al di là dalle nostre forze; del resto, la collera dell’inferno è una prova che sta tutta a favore degli apostoli e delle anime. – Più della potenza dei nemici, io temo la debolezza degli alleati, e l’indifferenza dei buoni. Se Nostro Signore, infatti, ha affermato a santa Margherita Maria, in un modo così sicuro, che Egli regnerà « non ostante i suoi nemici », non ha con questo affatto contraddetto un’altra affermazione: che è indispensabile per completare l’interpretazione dello spirito della sua promessa: Egli regnerà soprattutto in misura della fedeltà dei suoi amici, e giammai malgrado coloro che Egli si è degnato eleggere per suoi amici ed apostoli del suo cuore. Il Re d’Amore regnerà nonostante l’inferno ed i suoi seguaci, si … Ma Egli non regnerà se vi sarà tiepidezza e fiacchezza in coloro che sono la sua falange di destra; non regnerà malgrado i figli della sua luce e gli eletti del suo amore. – Uno dei mali rilevati ed aggravati dagli avvenimenti, riguarda precisamente una cerchia di persone cristiane e cattoliche, dominata in parte dallo spirito mondano. Un insieme di massime perniciose, un andazzo di vita mondana e pagana, si sono in esso infiltrate, smovendo gli amici del Maestro, inquinando soprattutto i costumi, le abitudini e l’educazione della famiglia cristiana. E tutto questo con una grande abilità, senza toccare l’esteriorità cristiana, senza profanare, con manifesta empietà, le tradizioni sacre. Si è sempre cattolici di nome, si possiede l’amore proprio del titolo di cattolico e se ne conserva l’apparenza, ma l’anima di questo cattolicesimo si evapora q goccia a goccia. Che distanza immensa tra lo spirito, la mentalità, il costume, le abitudini, l’educazione di due successive generazioni! Che eredità di nobiltà morale e cristiana dilapidata dalle esigenze assurde ed inique di una società che, di fatto se non di diritto, condanna come cosa fuor di moda il Vangelo, la sua morale ed il suo spirito. – In questo studio sommario, terrò lungi dal mio pensiero coloro che sono veri e propri mondani, i frivoli per educazione, gli indifferenti e gli irreligiosi, ma tratterò esclusivamente di quello ch’io chiamerei mondo cattolico, ove la società e la famiglia cristiana si manifestano profondamente contaminate da alcune idee stravaganti e pericolose, e soprattutto per i costumi troppo liberi e paganeggianti. – Alle famiglie credenti soltanto rivolgerò il lamento che ad essi fece il Cuore di Gesù quando disse: « lo sono stato ferito in casa dei miei e fra i miei ». Costretto per debito di coscienza ad aprire gli occhi altrui, vorrei avere il tono persuasivo di un convinto, e nello stesso tempo l’accento afflitto d’un cuore sacerdotale. Lungi da me il pensiero ed il tono di una critica sferzante, che non s’addice mai alla penna del sacerdote. Il mio linguaggio è consacrato unicamente a sradicare il male, mostrando il bene, certamente con la piena sincerità di una coscienza sacerdotale, ma anche con la delicatezza e la dolcezza ineffabile del Vangelo che ama e rispetta il malato che bisogna guarire.

II. – Gesù è sempre ricevuto in casa di Simone

Una lettera molto gentile mi invita a fare l’Intronizzazione del Cuore di Gesù in una cospicua e grande famiglia. Dico grande, perché è nobile e ricca, e perché ha un nome molto cristiano. Mi si fissa il giorno e l’ora; mi si prega anche, arrivando in casa di fermarmi in portineria per farvi la stessa cerimonia. lo vado. Fin dalla soglia della portineria, l’intera famiglia del portiere, piena di gioia e di riconoscenza si prepara a ricevermi. La piccola stanza da pranzo è adornata di fiori e risplende di luci. Quante preziose economie sono state impiegate per la bella immagine del Re, amico di Betania, che spicca nella gran cornice dorata, in un’armonia di semplicità e di decoro! I fanciulli sono stati dispensati dalla scuola, e di buon mattino tutta la famiglia s’è inginocchiata alla Sacra Mensa. Ed ora essa canta, prega e piange di gioia. Io pronuncio poche parole, poi i fanciulli, i genitori da parte dell’Amico che rimane a presiedere il focolare, e vuol partecipare alle sue gioie ed ai suoi dolori… Ma prima di lasciarli, bisogna ch’io firmi alcune immagini ricordo, e prometta loro una Messa di ringraziamento, per l’onore e la grazia che il Re Gesù ha concesso, e perché essi si mantengano degni della amicizia di Lui. – Ed ora, toccate con mano qual doloroso contrasto! Tutto pieno ancora di commozione per l’amore semplice e forte di questi poveri, per il Povero divino, salgo in ascensore, e dopo qualche secondo, vengo introdotto nella sontuosa dimora della famiglia X … È mezzogiorno. La padrona di casa mi riceve, e dopo qualche parola di ringraziamento, mi invita a cominciare la cerimonia… Guardo attorno a me e cerco l’altare, o almeno l’immagine del Sacro Cuore. La signora X… indovina il mio desiderio e mi conduce in fondo al salone. Là, trovo, confuso fra cento ninnoli cinesi, una piccola e minuscola statua. Non un fiore, non una piccola lampada. I candelabri di bronzo restano spenti. Essi conservano la loro luce per altri, e non per Gesù! Domando con discrezione: — La famiglia assisterà a questa funzione ufficiale? — Il marito ed il figlio maggiore sono ancora in letto, perché son tornati dal teatro molto tardi; e le due giovani figlie sono appena uscite per fare a tempo, se sarà possibile, ad ascoltare l’ultima Messa. Dunque dinanzi a Madama X… e a due domestiche si rinnova il banchetto di Simone! Con brevi parole commento la scena evangelica, mi lamento di una accoglienza tanto fredda, e la biasimo: il Maestro è stato invitato, è vero, ma ahimè, è stato ricevuto senza onori; Gesù, riconosciuto forse, ma senza amore, quasi come un Re detronizzato!… Questo quadro rappresenta tutta una mentalità, tutto uno spirito di Cristianesimo convenzionale, ancora sincero, ma anemico, diluito, sfigurato. Il posto d’onore, voglio dire il trono vivente di gloria e di regalità d’amore, che Nostro Signore desidera e reclama, Egli non lo trova più, in generale, nella casa dei suoi, cioè nella sua casa. – La famiglia cristiana, salvo alcune belle eccezioni, venendo a patti con le esigenze mondane, lo misconosce di fatto. Non si vorrebbe tuttavia che Egli se ne allontanasse, e che, all’esterno, si creda o si dica questo; tuttavia, il posto intimo che gli spetta per diritto divino, nell’anima dei genitori, e per conseguenza in quello dei figli, non è più il suo. Per una conseguenza logica, se nella coscienza e nei cuori, Gesù non è più il Re che governa, il Padrone che comanda, non potrà esserlo, del pari, nella vita pubblica della società. Se per Lui c’è rimasto soltanto un certo protocollo di etichetta cattolica, si deve al fatto che Nostro Signore non è più se non un Re, un Sovrano che si riceve in incognito, con estrema prudenza. In qualunque casta sociale, questo male è penetrato; e dovunque, i timorosi e i pavidi si piegano, sotto il giogo del paganesimo moderno. Si adora furtivamente il Divino Crocifisso, aspettando che i tempi cambino, per alzare il suo labaro ed elevare il suo Vangelo e la sua Legge agli onori della vita sociale. Nostro Signore è sempre più allontanato dallo sguardo e dal cuore della società; Egli non è più il Maestro! La migliore prova di questa affermazione è il fatto concreto, eloquente e costante di una vita familiare e di una vita collettiva soprattutto, in aperta contraddizione: coi più elementari principî di una coscienza cristiana. Quel che dicono le labbra, in Chiesa, la domenica; quel che mormora il cuore, sempre in segreto, è sconfessato dagli atti della vita pubblica, tanto è vero che non si può servire due padroni in una volta. Onde bisogna tristemente concludere che, se si seguono i mondani, non si ha di Cristiani che il nome; e la fede allora è debole a tal punto, che non ha più il potere di arrestare sulla soglia del cuore e del focolare domestico, il flutto invadente e fangoso del piacere proibito.

II. – Qual è la conseguenza più immediata di questa apostasia latente?

È la mancanza d’autorità nella famiglia, con tutti i suoi effetti funesti. La gerarchia dei diritti e dei doveri è tale, che quando se ne toccano le fondamenta, tutto l’organismo resta scosso. Così, nella misura in cui la famiglia elimina la sovranità sociale di Nostro Signore, perde il suo prestigio ed il suo equilibrio; l’autorità dei genitori ne risente, e la felicità familiare crolla fatalmente, presto o tardi. – « Venga a casa, presto, Padre mio », mi supplica un giorno un signore, in preda a viva commozione. Gli domando perché, ed egli cerca di spiegarsi; ma poiché i singhiozzi lo soffocano, lo faccio sedere e aspetto. « Ecco — mi dice, dopo qualche minuto; — Lei conosce il mio figlio maggiore, e sa quali sacrifizi abbiamo fatto per la sua educazione ed il suo avvenire. Ma Lei sa, pure, che sei mesi fa egli partì in cattiva compagnia, e, dopo d’allora, siamo rimasti senza sue notizie. Ecco che arriva all’improvviso, va diritto in camera sua, senza neanche salutare né sua madre né me. Indignati, andiamo verso di lui, rimproverandogli la sua condotta, chiedendogli donde viene e cosa ha fatto… Ebbene, sa Lei quale è stata la sua risposta? Ha insultato me, suo padre, ed ha alzato la mano sulla madre sua! Oh, che ingrato! … Venga Padre, venga con me a parlargli ». — « Caro signore, non vengo ». — « Ma io non comprendo perché non vuol cercare di parlargli e di convertirlo ». — « No, no, mi scusi, non posso venire assolutamente ». — « Padre, perché dunque? Mi spieghi almeno la sua condotta, tanto contraria alle sue predicazioni? » — « Sì, signore, lo farò in poche parole ». E avvicinandomi, prendo affettuosamente la mano dell’infelice padre, e gli dico gravemente, ma col cuore commosso di tenera pietà: « Ecco, è tanto tempo, che sua moglie ed io la supplichiamo di piegare i ginocchi e di compiere i suoi doveri di Cristiano; ebbene, dimenticando lei il primo comandamento, ha insegnato a suo figlio a dimenticare il quarto. Non è questo logico? Se suo padre disobbedisce agli ordini di un Dio, egli può bene disconoscere l’autorità di suo padre, che, dopo tutto, non è che una creatura. Lei è stato buono con la sua sposa e i suoi figli buono con i suoi amici ed i suoi domestici: ma è stato crudele verso Nostro Signore; Egli è il solo che Lei abbia misconosciuto; Suo figlio è stato buono per i suoi amici; troppo buono e condiscendente. tutti, forse, eccetto che con Lei, suo padre. Si metta in ginocchio, riconosca l’autorità del Maestro, confessi le sue colpe, ed allora, sì, noi andremo a casa, vi condurremo Gesù, e convertiremo il giovane ». La sua confessione fu ammirabile di sincerità e pentimento, e la conversione del figlio, che ne seguì fu non meno bella e vera. Ecco l’equilibrio ristabilito nell’ordine e per l’ordine del Vangelo. La pace non ne è che una logica conseguenza. Non si dirà mai abbastanza che il gran male moderno non è la guerra, la rivoluzione o il caro prezzo della vita. No, il male radicale trascendente, sta nel focolare domestico scosso, perché totalmente o in parte scristianizzato. Non bisogna ragionare da fanciulli e giudicare l’importanza di un fenomeno dal fracasso prodotto, dalle sue remote ripercussioni. Per i semplici, un colpo di cannone è più spaventoso di un microbo o di un libro. Ora, noi sappiamo che tutti i cannoni non hanno fatto tanto male quanto un microbo, dal punto di vista fisico, e quanto un libro, dal punto di vista morale. I tre quarti di male che devastano l’Europa, radendo fino alle radici quel che la guerra aveva lasciato ancora in piedi, sono la conseguenza d’un male che è alla sorgente stessa della umanità: nella famiglia.  Leggete questa frase uscita dal cuore angosciato del Papa Pio XI: « Si è decretato che Dio, che il Cristo Signore non presiederebbe più alla costituzione della famiglia! » (Enciclica citata). Ecco il male radicale, che lo stesso S. S. Benedetto XV denunziava nella sua lettera del 25 aprile 1915, preconizzando la crociata dell’Intronizzazione del Cuore di Gesù nelle famiglie. – Noi dimentichiamo troppo ingenuamente che la famiglia è scuola per eccellenza, di virtù o di vizio, di santità o di delitto, e trascurando di purificare questa sorgente, ci lamentiamo sterilmente di mali che ci vengono a colpire per nostra negligenza. Le famiglie mondane si trasformano rapidamente in pagane, per divenire addirittura laicizzate. Non si capovolgono impunemente i principî del Vangelo; l’edificio della Redenzione è fondato su Nazareth, ed è la famiglia cristiana che dovrà sempre perpetuare il frutto del Calvario. A misura dunque che la tempesta satanica neutralizza l’esempio di Nazareth, vale a dire l’influenza del santuario domestico, per eccellenza cristiano, essa compromette i frutti della Redenzione. Questo è un principio positivo di legge divina. Il Signore avrebbe potuto procedere altrimenti, ma Egli tracciò questa legge, e vi si sottomise Lui stesso; fondò la famiglia e la divinizzò elevando il matrimonio alla dignità ed alla sublimità di un sacramento.

IV. – L’apostasia sociale, dolorosa e logica conseguenza della apostasia famigliare.

Si potrebbe forse trovare, tanto tra i saggi ed i ricchi, quanto fra la folla degli avventurieri, dei semplici e dei poveri, un tale esercito di gente senza fede né legge, che dirige la cosa pubblica, che influisce potentemente sui destini dei popoli, che lavora con pertinacia a laicizzare la società, che studia con passione i mezzi di sopprimere Dio ed il suo Cristo da tutte le attività della vita; si potrebbe, dico, trovare un’armata tanto formidabile, se la famiglia cristiana fosse rimasta una cittadella di verità e di morale cristiana? No, mille volte no! Confesso; certo, che qualche unità di questo immenso esercito possa essere formata da vili apostati di qualche focolare cristiano, ma noi siamo obbligati a constatare che la immensa maggioranza è il frutto naturale d’una società neo-pagana. Questo male non è stato improvvisato dal recente conflitto d’armi. La barca navigava già senza bussola: andava alla deriva, quando fu urtata da questa mina subacquea che fu la guerra.  a famiglia cattolica era già stata colpita mortalmente dal Giansenismo, eresia più pericolosa di qualunque altra, perché la più ipocrita e la più astuta nel suo sistema d’attacco, e nelle sue tendenze di distruzione. Conservare, come insegna, il blasone di un Cristianesimo scrupoloso ed integrale, che abilità satanica! Servirsi della Croce, per avvelenare il focolare domestico, con un veleno ad azione lenta, profonda, mortale, quale potente fortuna di diabolico successo!… Il Giansenismo è il monaco apostata, diventato, per orgoglio, un novello satana, ma un satana che conserva l’abito, l’aspetto, la dignità esteriore del religioso. – Accentuando, per principio, la sua apparenza di virtù austera e penitente, gravemente, con l’aureola d’un anacoreta, d’un uomo di preghiera e di disciplina, è penetrato nel santuario familiare, infiltrandovi uno spirito tanto più forte e penetrante, quanto la forma estetica di questo mentitore corrispondeva ad un ideale di austerità, vagheggiata da talune famiglie cristiane. – Il Giansenismo non si fermò ai rigoristi, ai ferventi dell’osservanza alle leggi divine, ma invase abilmente e risolutamente tutto il fiore della cristianità, non già per predicare, come il protestantesimo, un rilassamento, ma per reagire contro i rilassati e i non curanti. Da principio, il Giansenismo non avvelenò tanto le folle, quanto un nucleo di famiglie, influenti per la loro situazione sociale, o per il credito della loro virtù cristiana. Predicando in questo ambiente, una crociata di terrore, col suo rigorismo ad oltranza; sostituendo il timore alla carità, facendo agire arbitrariamente la giustizia divina da inesorabile, là dove il Vangelo e la Chiesa predicano la Misericordia, esso provocò in un gran numero di famiglie cristiane, e perfino nelle istituzioni religiose, dopo un focoso assalto alle austerità, una profonda nevrastenia morale, quasi sempre inguaribile perché basata sulla rivolta dello spirito, sull’orgoglio. La religione di cotesti seminatori di terrore non poteva reggersi lungamente. Un Cristianesimo fatto soltanto di timore e di spavento, non poteva formare che una casta di farisei e di formalisti. Questa religione di costrizione, che confondeva il rispetto col servilismo, che condannava l’espansione del cuore cristiano, il suo canto d’amore e di confidenza, come un’insolenza contro il Cielo, questa tremenda deformazione del Vangelo, cadde a poco a poco, ma lasciò dietro di sé la fatica, il malessere profondo, la nausea dell’idea religiosa. – Quando la corda troppo tesa si ruppe, non restò nelle anime che un tetro silenzio: si sentirono deluse, e si vendicarono della lunga e dura quaresima che si era loro fatta subire, passando quasi furiosamente da questo esasperante rigore, al carnevale sociale in cui anemizza e muore la coscienza cristiana. Fu un poco quel che potemmo vedere anche noi, durante la guerra europea: il timore formidabile dei primi mesi, empì le chiese di folle rigurgitanti, e non mancarono gli ingenui che credettero ad una conversione repentina, splendida. Tuttavia, siccome la vittoria si fece attendere, l’entusiasmo cessò, e seguì il rilassamento. Il più gran delitto del Giansenismo fu di spegnere la fiaccola d’amore che ardeva per Gesù Cristo, nel santuario familiare. Il Cristianesimo è sostanzialmente carità, poiché il suo Fondatore non è che amore: e sopprimere questo carattere dal cuore e dal focolare domestico è proscriverne il suo Re; è calpestare il primo dei suoi diritti sovrani, quello d’essere appassionatamente amato; è impedire l’intimità di Betania col suo amico divino Gesù: « Voi, amici miei » aveva detto Egli stesso. Il Giansenismo commetteva questo delitto di soffocare il cuore del Cristiano, sotto il pretesto del rispetto per la maestà di Dio. Di questo Dio, che lasciò nel cielo la sua gloria per dirci, abbassandosi immensamente ed immensamente amandoci, quelle parole: « Venite tutti! » sotto il pretesto, dico, del rispetto per quel Dio che chiama e rassicura: « Venite tutti… son io… non temete… » Inconcepibile aberrazione! Credere che la confidenza, escluda il rispetto, che l’avvicinarsi a Gesù, il desiderio di andare a Lui, di vederlo, significhi misconoscere la nostra indegnità e la nostra miseria… prendere per orgoglio, il desiderio che ognuno dovrebbe avere, e la dolce realtà di essere amico di Lui… non poterlo servire in ginocchio, cantando con amore il suo amore, senza avere dinanzi l’ossessione di un inferno minaccioso… temere mille volte di più essere castigato, che il non essere amato e non amare… è questo l’orribile Giansenismo. Ahimè! Sì, conservare la pace, nonostante la propria miseria, credere con immensa fede alla pietà di un Salvatore che ci conosce e ci ama come noi siamo, abbandonarsi alla sua misericordia, al suo Cuore, riconoscendo le proprie colpe, era, dicevano essi, provocare infallibilmente una sentenza di vindice giustizia. Pertanto, Gesù-Ostia, il Dio fatto uomo, prigioniero per amore, assetato dell’amore dell’uomo, rinchiuso per sempre, dal Giansenismo, nel Tabernacolo, come in una fortezza inespugnabile. Non è un fosso soltanto che si scava, ma un abisso immenso, insuperabile, fra il Cuore di Gesù, che fa sua delizia l’abitare fra i figli degli uomini, e il cuore dell’uomo, la cui debolezza aspira alla forza, e la cui tenerezza tende all’unione divina dell’amore. – « No — dice l’eretico — il Dio del Tabernacolo non si può avvicinare nella sua santità. Il Dio di penitenza è vendicatore nella sua giustizia. Il Dio della Croce schiaccia, più ancora del peccato, i poveri peccatori. Il Dio del Paradiso è terrificante nella sua maestà e nella sua gloria… tenetevi lontani da Lui! » Così tutta la economia redentrice e vivificante del Vangelo viene impugnata. Il terrore religioso regna sulle anime. Noi raccogliamo ancora la messe avvelenata che questa abbominevole dottrina ha seminato nel fior fiore delle famiglie cristiane d’Europa. L’educazione puramente formale, artificiale, vana e fittizia che si dà ai nostri giorni, è in parte la conseguenza del veleno del Giansenismo. La mancanza di carità grande, ardente, vigorosa non poteva produrre che frivolezza. Non essendo Gesù più il Re, ed il centro «della famiglia, è stato sostituito dall’idolatria « del proprio io » nelle due manifestazioni che sono le più pericolose: la vanità e la sensibilità. Ed ecco come, mentre rimane la veste superficiale di Cristiani, gli idoli domestici, gli Dei lari sono riapparsi nel focolare. – Difatti, la mondanità che infesta le famiglie cristiane è divenuta tanto ai giorni nostri il peccato di moda, che non ha ormai neppure più il triste privilegio di essere uno scandalo.  Che dissipazione di tempo, di gioventù, di ricchezza e soprattutto di tesori spirituali e morali, in questa vita mondana, non solamente vana ed inutile, ma pericolosa per l’esempio, quando questo esempio viene dall’alto, da coloro che sono ancora considerati i conservatori della morale evangelica. – E non si creda che questa frivolezza sia soltanto una forma esteriore, che questa mondanità sia solamente un abito sconveniente, ma che nasconde invece un’anima sana ed in fondo onesta e cristiana. Se essa si rivela attraverso una spaventosa immodestia esteriore e di conseguenza attraverso manifestazioni di vanità, essa penetra molto al di là dall’epidermide; entra nel cuore, succhia a poco a poco tutta la potenzialità morale, dovuta all’educazione, all’atavismo, alla tradizione cristiana. Essa distrugge moralmente il senso soprannaturale e la concezione cattolica delle migliori famiglie. – Così è avvenuto in casa della signorina X…, giovanetta di nobile stirpe, di educazione e di modi distinti, e la cui famiglia è molto cristiana di nome, molto mondana di fatto. Ella parla al suo fidanzato con sincerità, come essa stessa racconta, due settimane prima del matrimonio. Gli dichiara la felicità che prova nell’aver trovato in lui il giovane di spirito superiore, indipendente nelle sue opinioni, fiero delle sue convinzioni personali, libero dai tanti pregiudizi della religione e della razza. Egli è proprio il marito che aveva sognato e che certamente non le imporrà, nella pienezza della gioventù, il giogo crudele ed altrettanto ridicolo di una famiglia… I fanciulli toglierebbero la libertà di godere e di viaggiare… « non ho mai avuta la vocazione di nutrice o di istitutrice », conclude essa in uno scoppio di riso… Io lo ripeto (escludendo completamente dal mio pensiero quell’ambiente che si considera emancipato da quelli che si chiamano i ceppi della religione, e dove non sì conosce appena il Nome di Nostro Signore), Gesù Cristo non comanda quasi più in mezzo ai suoi. – Si tratta di una rivoluzione sociale segreta che pervade i salotti e si insinua fino nell’intimità dei santuari familiari per seminarvi la menzogna e la sventura. E nel suo sistema raffinato e sapiente, fa opera di morte, con maggiore efficacia forse del fermento rivoluzionario, che agita le popolazioni dei trivi e delle bettole. – Se si conoscessero le sventure innumerevoli di questa mondanità! Esse non si esibiscono, ahimè, come i gioielli o i broccati, ma quante gioconde commedie dissimulano tremende agonie… Pax; pax! . et non erat pax! (ler VI, 14). Se si sapesse che quella tale famiglia tanto ricca, non è esteriormente che il lussuoso sepolcro imbiancato di tutte le speranze e di qualche bagliore di felicità svanita!… Il capo è quasi sempre assente dal focolare domestico, e quando c’è, si fa servire in camera sua… La moglie rimane spesso nella tetra solitudine che le sue tre figlie giovanette le creano, vivendo fuori una vita, malsana quasi certamente, ma che sollevi dal silenzio mortale e dalla opprimente tristezza della casa ch’esse chiamano, con ironico disgusto, « il catafalco ». Ci si ritrova tuttavia « ufficialmente », nelle visite che conviene rendere o ricevere insieme, o al teatro… ma altrove, ci si sfugge reciprocamente, non ci si saluta nemmeno. L’intesa di questa disunione è fatta da lunghi anni. Si dorme sotto lo stesso tetto; ci si rimane per forza, quando si è ammalati… e questo è tutto, e anche troppo… Oh, se almeno questa famiglia fosse unica nella sua infelicità! Ahimè! migliaia e migliaia di focolari domestici, quel bandito elegante, forsennato, crudele che si chiama mondo, saccheggia spietatamente. Egli ne scaccia invariabilmente il suo eterno rivale, il Maestro crocifisso; ma lascia prudentemente, al posto della « Divina Realtà », per soddisfazione di una coscienza falsata e soprattutto per salvare le apparenze di una vita cristiana, per la dissimulazione dell’apostasia, esso lascia — l’ingannatore — il blasone cattolico. La grande ricetta del secolo: salvare le apparenze! Mancando il Re, il suo labaro continua a sventolare, per coprire, con la sua gloria, le molteplici disfatte della morale. Questa vita vertiginosa, che si chiama vita del gran mondo, non è che una morfinomania, una ricerca di narcotici che addormenti per un’ora tanti intimi rimorsi. Non posso paragonarla ad altro che a un banchetto in cui nessuno gode tranquillamente degli alimenti che sono serviti, ma nel quale i convitati assistono ad una sfilata di vivande che assaggiano appena, per alzarsi di tavola tediati, stanchi e ancora affamati. – Stordirsi così, andando da un salone a una spiaggia, da un teatro ad un ballo; stordirsi, cambiando maschera, in questo carnevale apparentemente elegante e di buon gusto; stordirsi ricercando nuove distrazioni e nuove raffinatezze del piacere, la più eloquente dichiarazione di una profonda infelicità? – In mezzo alle più belle feste, fra due sorrisi mendaci, si soffocano talora dei singhiozzi… E l’amarezza mortale di questi mondani pet debolezza e per moda, viene dall’assenza si potrebbe dire con Marta, se Tu fossi stato qui, nostro fratello non sarebbe perito… » – Le croci di disperazione che li schiacciano, sono tanto differenti da quelle che dà il Re d’amore. Il calice che il mondo offre ai suoi amici, pieno di amarezza e di torbido, è molto diverso da quello del Getsemani, a cui il Maestro ci invita a partecipare. Tuttavia, Gesù-Re, bandito da quelle famiglie e quei cuori, non varcherà mai, contro la loro volontà, la soglia della loro porta. Ma aspetterà paziente, perché è il Salvatore, che il dolore li obblighi a ricordarsi di Lui: « Signore… colui che tu ami è malato! » – Quanto a noi, il nostro compito, dinanzi a questa terribile crisi familiare, è quello di ripetere con tutte le nostre forze: « Il Maestro è là… Batte alla porta vostra… Vi chiama: apritegli! » « Il suo scettro è di luce e di pace, il suo giogo è dolce e lieve, Lui solo può promettere la felicità vera delle anime, senza opprimere peraltro la sorgente delle lacrime, ma divinizzando e fecondando ogni pena ». – « Apparisce chiaramente », dice l’Enciclica di S. S. Pio XI, « che non vi ha alcuna pace di Cristo fuori di Cristo, e che in conseguenza noi non possiamo cooperare più efficacemente a ristabilire la pace, se non restaurando il Regno di Cristo ». Ricostituiamo dunque integralmente i diritti del Maestro, del solo Re delle anime, della famiglia, della società; intronizziamo profondamente in maniera vitale e vissuta, Gesù Cristo, il solo Liberatore, il solo Salvatore, ed avremo restaurato in Lui ogni cosa, e con Lui, l’ordine e la pace individuale e sociale. – Affrettiamo il suo Regno sociale, il suo Regno d’amore: adveniat! Per la nostra salute eterna Egli deve regnare: Domine, Salva nos, perimus! (Matteo VIII, 25).