IL BEATO HOLZHAUSER INTERPRETA L’APOCALISSE: LIBRO QUARTO

IL BEATO HOLZHAUSER INTERPRETA L’APOCALISSE:

LIBRO QUARTO

SUI CAPITOLI OTTO E NOVE

Apertura del settimo Sigillo, e i primi sei Angeli che suonarono la tromba.

SEZIONE I.

SUL CAPITOLO VIII.

I PRIMI QUATTRO ANGELI CHE QUI SUONARONO LA TROMBA.

§ 1.

L’apertura del settimo sigillo.

CAPITOLO VIII, VERSETTI 1-6.

Et cum aperuisset sigillum septimum, factum est silentium in cælo, quasi media hora. Et vidi septem angelos stantes in conspectu Dei: et datæ sunt illis septem tubæ. Et alius angelus venit, et stetit ante altare habens thuribulum aureum: et data sunt illi incensa multa, ut daret de orationibus sanctorum omnium super altare aureum, quod est ante thronum Dei. Et ascendit fumus incensorum de orationibus sanctorum de manu angeli coram Deo. Et accepit angelus thuribulum, et implevit illud de igne altaris, et misit in terram: et facta sunt tonitrua, et voces, et fulgura, et terræmotus magnus. Et septem angeli, qui habebant septem tubas, præparaverunt se ut tuba canerent.

[E avendo aperto il settimo sigillo, sì fece silenzio nel cielo quasi per mezz’ora. E vidi i sette Angeli che stavano dinanzi a Dio: e furono loro date sette trombe. E un altro Angelo venne, e si fermò avanti l’altare, tenendo un turibolo d’oro: e gli furono dati molti profumi affinchè offerisse delle orazioni di tutti i santi sopra l’altare d’oro, che è dinanzi al trono di Dìo.  E il fumo dei profumi delle orazioni dei santi salì dalla mano dell’Angelo davanti a Dio. E l’Angelo prese il turibolo, e lo empiè di fuoco dell’altare, e lo gettò sulla terra, e ne vennero tuoni, e voci, e folgori, e terremoto grande. E i sette Angeli, che avevano le sette trombe, si accinsero a suonarle.]

I. – Nell’apertura dei primi sei sigilli abbiamo visto la guerra della Chiesa contro i Giudei e i Gentili. Ora resta da descrivere, nell’apertura del settimo, la lotta di questa stessa Chiesa contro i principali eresiarchi ed i loro fautori, che tutti, fino alla consumazione dei secoli, sono inclusi sotto questo settimo sigillo. È anche sotto quest’ultimo sigillo che è designata la persecuzione di Giuliano l’Apostata e dei suoi figli, una persecuzione che fu di breve durata e che seguì il regno di Costantino Magno.

Vers. 1. – E quando l’Agnello aprì il settimo sigillo, cioè quando Nostro Signore Gesù Cristo rivelò a San Giovanni le ultime persecuzioni che avrebbe ancora permesso contro la Sua Chiesa fino alla fine del mondo, ci fu un silenzio in cielo di circa mezz’ora. Questo silenzio annuncia una nuova afflizione che la Chiesa ebbe a subire, in effetti, da Giuliano l’Apostata. Ma poiché questa persecuzione durò poco tempo e questo tiranno fu presto portato via dalla morte, il testo dice: Ci fu silenzio in cielo per circa mezz’ora. C’è una sorta di silenzio tra un popolo quando tutti sono sotto l’impressione di terrore, della paura e dello stupore all’avvicinarsi di nuove calamità. Questo è quello che successe in effetti alla Chiesa di Gesù Cristo al tempo dell’imperatore Giuliano. Si fece silenzio in cielo, cioè nella Chiesa. Giuliano aveva professato la vera fede per vent’anni, anche se negli ultimi dieci anni della sua vita la religione che professava esternamente non era altro che una vile ipocrisia, frutto della paura che Costanzo gli ispirava. Non appena fu sul trono, libero da questo imbarazzo, rinunciò solennemente alla fede di Gesù Cristo. Non contento di questo, si fece incoronare sommo Pontefice con riti impuri, come vediamo in un inno romano composto dal sacerdote Prudenzo. Egli ordinò di riaprire i templi degli dèi per offrire loro delle vittime. Si fece anche pontefice dei sacrifici di Eleusi. Infine, fece grandi sforzi per ricostruire, a favore dei Giudei, il tempio di Gerusalemme che Tito aveva distrutto nell’assedio di quella città. Di contro, Giuliano chiuse le chiese dei Cristiani e proibì loro il sacrificio pubblico della Messa. Così ci fu silenzio nella Chiesa per circa mezz’ora. Ma Dio non sopportò a lungo questo infame persecutore, perché nell’anno 363, dopo un anno e mezzo di regno, fu ferito nella guerra persiana e ne morì. È quindi a proposito che nel testo si dica che questo silenzio durò solo mezz’ora: infatti, dopo la sua morte le chiese dei Cristiani furono riaperte, i templi degli idoli furono chiusi di nuovo, e la Religione di Gesù Cristo ricominciò a godere della sua gioia e del suo riposo sotto gli imperatori Gioviano e Valentiniano, suoi successori, e sotto il Sommo Pontefice San Damaso.

II. Vers. 2. E vidi i sette angeli in piedi davanti alla faccia di Dio; e furono date loro sette trombe. Si farà menzione in seguito di questi sette angeli e delle loro trombe.

Vers. 3. E venne un altro Angelo, che si fermò davanti all’altare. Quest’altro Angelo è San Damaso, che fu eletto Papa; ed è chiamato un altro, perché era l’opposto dei precedenti. Egli è annunciato tra gli altri Angeli di cui si parla qui, perché alcuni di questi lo hanno effettivamente preceduto, ma il maggior numero di essi è venuto dopo di lui. Essi sono rappresentati tutti insieme davanti al trono per ricevervi le trombe; ma gli angeli che seguivano costui qui in questione, cioè San Damaso, lo seguivano solo nel senso che fecero risuonare le loro trombe dopo di lui. Ecco perché ci viene detto, prima di tutto, di questo Papa o Angelo: e venne un altro Angelo, San Damaso che fu eletto Papa, ma non fu subito accettato. E si arrestò davanti all’altare, cioè dopo che San Damaso fu eletto Papa, fu confermato e stabilito nel suo Pontificato. È da notare che alla sua elezione, avvenuta nella basilica di Licino, egli fu sfidato dal diacono Ursicino, e che diverse persone di entrambi i partiti, che si erano formati in questa occasione, furono uccise in quel tempio, dove non ci si accontentò di combattere per i suffragi, ma si fece ricorso addirittura alla forza delle armi. Nonostante questa perturbazione, Damaso fu confermato con il consenso del clero e del popolo, e Ursicino fu assegnato alla Chiesa di Napoli. L’Apostolo esprime deliberatamente questa circostanza: E venne un altro Angelo, che stava davanti all’altare. Cioè, venne un altro Pontefice che governò effettivamente la Chiesa di Dio, perfettamente rappresentata qui dall’altare. Perché è sull’altare che Gesù Cristo viene immolato ed offerto ogni giorno nel santo Sacrificio della Messa, un Sacrificio incruento e propiziatorio accettato ogni giorno dalla mano del sacerdote dal Padre celeste. E venne un altro Angelo, ecc. ….. che portava un turibolo d’oro, cioè un altro Pontefice di grande pietà, saggezza e carità; perché queste tre virtù sono metaforicamente rappresentate dal turibolo d’oro, dal fuoco che vi si trova, e dal fumo che ne esce. Ora, questo Papa eccelleva in queste tre virtù. Fu egli che per primo confermò con la sua autorità la Sacra Bibbia tradotta da San Girolamo, e che fece sostituire il Simbolo niceno con quello costantinopolitano nella Messa. Istituì le collegiali, costruì templi e abbellì notevolmente il culto divino. Inoltre, ordinò che i Salmi fossero cantati a due cori in tutte le chiese, e fece inserire alla fine di ogni Salmo il Gloria Patri, ecc. E gli furono dati molti profumi. Ora segue il frutto della saggezza di questo Pontefice nel culto divino che egli ampliò notevolmente, e nella Religione che fece fiorire in tutta la Chiesa. E gli furono dati molti profumi. Questi profumi sono l’accrescimento ed il fervore della preghiera che egli diffuse tra i servi di Dio. Salmo (CXL, 2): « Che la mia preghiera si elevi, o Signore, come il fumo dell’incenso alla vostra presenza. » Si dice che questi profumi gli furono dati perché li usasse con la sua autorità per restaurare e propagare il culto divino che l’empio Giuliano aveva distrutto, e per rendere omaggio a Dio; affinché presentasse le preghiere di tutti i santi sull’altare d’oro che è davanti al trono di Dio. Queste parole mostrano l’ufficio del Sommo Pontefice, che è quello di estendere e conservare il culto divino da se stesso e con tutti i ministri inferiori, e di riportare la devozione del popolo cristiano a gloria di Dio. Affinché presentasse, ecc…., sull’altare d’oro che è l’Umanità di Gesù Cristo, o l’Agnello che è alla presenza del trono; perché in Lui e attraverso di Lui tutte le nostre preghiere e i nostri meriti sono presentati a Dio, poiché è su Gesù Cristo che si fondano le nostre preghiere e i nostri meriti, ed è attraverso Gesù Cristo che il Padre li accetta come graditi, e senza Gesù Cristo questi meriti e queste preghiere non avrebbero alcun valore per la vita eterna.

Vers. 4.E il fumo dell’incenso che procede dalle preghiere dei santi salì dalla mano dell’angelo davanti a Dio. Cioè, questo miglioramento del culto sacro fu  straordinariamente gradito alla Maestà Divina, perché questo culto era il frutto del lavoro, dell’industria, della saggezza e della devozione di questo santo Pontefice, che qui rappresenta la persona morale della Chiesa universale.

Vers. 5. – E l’Angelo prese l’incensiere, lo riempì di fuoco dall’altare e lo gettò sulla terra; e ci furono tuoni, voci, lampi e un grande terremoto. Seguì un’altra grande e buona opera che fu fatta sotto questo santo Pontefice, cioè il Concilio di Costantinopoli, in cui 150 Padri della Chiesa decretarono il dogma della divinità dello Spirito Santo contro l’empio Macedonio ed i suoi seguaci, che lo negavano, così come Ario aveva osato negarlo in precedenza nella seconda Persona. Ecco perché l’Apostolo San Giovanni dice qui: E l’Angelo prese l’incensiere. L’Angelo, cioè San Damaso, prese il turibolo dell’anatema per far condannare l’empio Macedonio e consegnarlo a satana nel Concilio generale di Costantinopoli, che fu unanime, e la cui unanimità è rappresentata dal turibolo, perché tutti i cuori e le menti vi erano riuniti come in un unico vaso contenente il fuoco della carità. Lo riempì con il fuoco dell’altare, cioè con la divinità dello Spirito Santo, che è designata dal fuoco. Si dice che questo Angelo riempisse l’incensiere con il fuoco dell’altare, perché fu con il consenso universale di tutta la Chiesa, rappresentata dall’altare, che questo Papa, come Capo supremo e giudice delle controversie in materia di fede, dichiarò questa verità della divinità dello Spirito Santo. E lo gettò sulla terra, definendo dall’alto della Cattedra apostolica, e pubblicando, per tutta la terra contro Macedonio e i suoi seguaci, che lo Spirito Santo è la Divinità stessa. E vennero tuoni, cioè scomuniche; e voci, o dichiarazioni di fede nello Spirito Santo; e lampi, cioè minacce di scomunica contro chiunque dovesse in futuro insegnare o credere qualcosa di contrario a questo dogma; ed un grande terremoto, cioè una grande alterazione e agitazione degli spiriti in queste circostanze. L’angelo gettò l’incensiere sulla terra, cioè contro i Macedoniani, spiriti terreni, le cui anime non potevano concepire altro che pensieri servili sullo Spirito Santo. Ed ecco i tuoni, le sante prediche su questo dogma della divinità dello Spirito Santo. E voci divine o lodi sulla sua divinità. E fulmini, cioè miracoli brillanti operati dalla sua virtù. E un grande terremoto; perché da questo i cuori degli uomini furono mossi e disposti a concepire pensieri giusti sulla divinità dello Spirito Santo.

Vers. 6. – Subito i sette Angeli che avevano le sette trombe si prepararono a suonarle. Vedremo, nel prossimo paragrafo, chi sono questi sette angeli con le loro trombe.

§ II

I primi due Angeli che suonarono la tromba.

CAPITOLO VIII VERSETTI 7-9.

Et primus angelus tuba cecinit, et facta est grando, et ignis, mista in sanguine, et missum est in terram, et tertia pars terræ combusta est, et tertia pars arborum concremata est, et omne foenum viride combustum est. Et secundus angelus tuba cecinit: et tamquam mons magnus igne ardens missus est in mare, et facta est tertia pars maris sanguis, et mortua est tertia pars creaturæ eorum, quæ habebant animas in mari, et tertia pars navium interiit.

[E il primo Angelo diede fiato alla tromba, e si fece grandine e fuoco mescolati con sangue, e furono gettati sopra la terra, e la terza parte della terra fu arsa, e la terza parte degli alberi furono arsi, e ogni erba verde fu arsa. E il secondo Angelo diede fiato alla tromba: e fu gettato nel mare quasi un gran monte ardente di fuoco, e la terza parte del mare diventò sangue, e la terza parte delle creature animate del mare morì, e la terza parte delle navi perì.]

I. Con i quattro angeli che suonano la tromba, che sono il soggetto dei prossimi due paragrafi, intendiamo gli eresiarchi che, dopo la sconfitta dei Giudei e dei gentili, iniziarono una nuova guerra contro la Chiesa di Gesù Cristo, attaccando il mistero della Santissima Trinità, la Divinità di Cristo e dello Spirito Santo, l’Umanità, la Persona, la Natura e la Volontà del Verbo incarnato, etc. Questi quattro eresiarchi rappresentano l’universalità di tutti gli altri eretici che derivano quasi tutti la loro origine da questi quattro principali, e che fondarono i loro errori sulle false dottrine di questi. Questo numero quattro è scelto di proposito, per similitudine con il numero degli animali, o dei quattro Evangelisti. Infatti, come la verità doveva essere predicata per le quattro parti del mondo, e seminata come grano dai quattro Evangelisti, così Dio premise che l’errore o la confusione fosse diffusa anche da questi quattro angeli che rappresentano tutti gli eretici. 1° Il diavolo, l’antico nemico dell’umanità, il padre degli eretici e dei bugiardi, si sforza di imitare ciò che Gesù-Cristo fa per la salvezza degli uomini, con atti simili nella forma esteriore, ma che in realtà tendono direttamente alla distruzione di ogni verità e di ogni bene. 2°. Si suona la tromba quando si vuole fare la guerra e prepararsi alla battaglia, o quando si vuole promulgare un decreto. Ora, il primo di questi atti è adatto agli ultimi tre angeli, e il secondo è adatto agli eresiarchi che, pieni di orgoglio, hanno diffuso i loro impuri dogmi ed errori in tutto il mondo in tempi diversi.

Vers. 7. – Il primo angelo suonò la tromba. Questo primo angelo fu Ario, un sacerdote di Alessandria, che, nell’anno di Gesù Cristo 315, sotto Alessandro, Vescovo di quella città e sotto l’imperatore Costantino il Grande e il Papa San Silvestro, osarono insegnare che Gesù Cristo è solo simile al Padre, ma non ha la sua stessa sostanza. Fu contro questa eresia che si tenne il primo Concilio di Nicea, uno dei quattro principali Concili di quel tempo, al quale aderirono 318 Vescovi cattolici. Ario, Fotino e Sabellio furono condannati. Sebbene Ario sia apparso prima di Giuliano l’Apostata e di Papa Damaso, il testo parla di lui al secondo luogo, perché fu solo dopo questi che la sua dottrina fu propagata e sviluppata a tal punto che la Chiesa ne gemette, ed il Breviario Romano, in occasione della festa di San Damaso, che si celebra l’11 dicembre, dice: “Il mondo si stupì nel vedersi ariano”. – Grandine e fuoco misto a sangue caddero sulla terra, e la terza parte della terra e degli alberi fu bruciata, e tutta l’erba verde è stata consumata. Qui seguono le tempeste, le lotte e gli immensi danni che la cristianità ha dovuto subire al suono di questa tromba. La grandine cadde sulla terra. Queste parole annunciano un temporale molto tempestoso che, nel linguaggio ordinario, viene solitamente indicato come una grandinata; questa tempesta infatti rovinò e divise il regno di Cristo in quel tempo. Leggiamo in Hist. eccl. 1. 10: « A causa di questa tempesta il volto della Chiesa divenne livido e orribile. Infatti, non era più combattuta da nemici stranieri come prima, ma era devastata da guerre e da lotte intestine. I fedeli si anatemizzavano a vicenda, e tutti pretendevano di essere nel seno della verità. »  La proprietà della grandine è quella di devastare i raccolti più fiorenti, i vigneti ed i campi, e di distruggere fiori, alberi e frutti, lasciando dietro di sé tracce di rovina; e tale fu la terribile conseguenza dell’eresia di Ario, che distrusse, per così dire, tutto lo splendore che il grande Costantino aveva dato alla Chiesa di Cristo. Grandine e fuoco misto a sangue caddero sulla terra, cioè il fuoco della gelosia e la grandine del dissenso che faceva scorrere il sangue, soprattutto sotto l’imperatore Valente, che, caduto in questa terribile eresia, perseguitò i Cattolici, a volte bruciandoli, a volte massacrandoli con il ferro o con altri nuovi generi di supplizi. – Cadde sulla terra, etc., perché quasi tutto l’universo era infettato da questo veleno, che penetrava ovunque, e che esercitò la sua influenza maligna per tanto lungo tempo, perché piaceva a quasi tutti gli uomini. E la terza parte della terra e degli alberi fu bruciata, e tutta l’erba verde fu consumata. Queste parole denotano la caduta generale dei Cristiani di quel tempo, e il notevole declino della vera Chiesa. Infatti, San Giovanni parla qui della terza parte della cristianità che disertò, cioè la terza parte dei laici, o del popolo, che egli designa con la parola terra, perché questa porzione del regno di Cristo era interamente assorbita dalle cose terrene e mondane. L’Apostolo parla anche della terza parte del clero, che egli designa con il termine di alberi, perché i sacerdoti devono essere superiori ai semplici fedeli, nella conoscenza delle sacre Scritture e nella pratica delle cose celesti, etc. Inoltre, gli ecclesiastici sono come alberi che devono dare frutti soprannaturali nella loro stagione, con la loro vita e la loro morale; e devono produrre foglie e frutti dai loro buoni esempi. Ora la terza parte di questi alberi perì, poiché, secondo la relazione di Sant’Ilario, 105 Vescovi furono infettati dall’errore ariano. E tutta l’erba fu consumata. San Giovanni si riferisce qui soprattutto ai Goti, che possono essere considerati come “erba verde”, perché, essendo disposti ad abbracciare il Cristianesimo, chiesero all’imperatore Valente dei sacerdoti per istruirli nei misteri e nei sacramenti della fede cattolica. Ma questo principe eretico mandò loro, invece, dei ministri ariani che li corruppero. Questa infame perfidia merita, senza dubbio, di essere punita con un furore tutto speciale da parte delle sue stesse vittime, nelle fiamme vendicative dell’eternità! Anno di Cristo 378.

II. Vers. 8Il secondo angelo suonò la tromba. Questo secondo angelo era Macedonio, Vescovo di Costantinopoli, che fece risentire le sue bestemmie contro lo Spirito Santo, rappresentandolo come una semplice creatura e come il servo del Figlio. Questo nuovo errore fu contrastato dal Concilio Ecumenico di Costantinopoli, il secondo dei Concili generali di quel tempo, al quale aderirono 150 Vescovi sotto Graziano e l’imperatore Teodosio, ed il Papa San Damaso nell’anno 381. E cadde nel mare come una grande montagna in fiamme. Questo eresiarca è paragonato ad una grande montagna in fiamme, a causa del suo orgoglio, della sua ambizione e della sua abominevole superbia, compiacendosi del suo errore con cui non negava, come Ario, la divinità del Figlio e dello Spirito Santo, ma negava solo la divinità dello Spirito Santo, dicendo che non è consustanziale al Padre. – Quest’uomo empio è raffigurato come un fuoco ardente, perché, essendo stato rigettato dalla sua sede episcopale, si infiammò, e bruciando di invidia, rabbia e furore, ed essendo stato costretto a ritirarsi come privato in un luogo segreto, chiamato i Chiostri, vicino a Costantinopoli, non cessò di vomitare dalla sua bocca impura il fuoco delle sue bestemmie contro lo Spirito Santo. E cadde nel mare. 1° Qui il mare è inteso a significare il mistero della Santa Trinità, che è impenetrabile agli occhi dell’intelligenza umana, come le profondità del mare lo sono ai nostri occhi, ed infinitamente di più. Inoltre, come le acque che bagnano la terra escono dal mare per ritornarvi, così tutti i beni naturali e soprannaturali vengono da Dio, uno in tre Persone, e devono tornare a questo stesso principio dal quale decorrono. 2° Il mare qui rappresenta lo stesso Spirito Santo; perché come il mare dà vita e prosperità a tutte le creature che sono in esso, che senza di esso non potrebbero esistere, così lo Spirito Santo è il mare vivificante in cui tutti noi abbiamo ricevuto la vita delle nostre anime nel Battesimo, ed è attraverso lo Spirito Santo che viviamo, perché se non fossimo irrigati con le sue acque della grazia, moriremmo presto. 3°. Per mare intendiamo ancora la Chiesa, a causa del Battesimo, poiché essa può essere considerata come il mare, dal momento che, come il mare è il ricettacolo di tutte le acque, così la Chiesa riceve e raccoglie tutti i fedeli attraverso il Battesimo. 4°. Il mare rappresenta anche il mondo, che è, infatti, come un mare in movimento, agitato dalle onde delle tentazioni e delle avversità, e che contiene il bene mescolato al male, proprio come il mare contiene i pesci buoni e quelli cattivi. – Ora, questa comparazione del mare in tutti i suoi significati ed accezioni qui citati, si applica perfettamente a questa grande montagna ardente caduta in questo mare di cui parla San Giovanni. Basta considerare attentamente la questione per convincersene. – E la terza parte del mare divenne sangue. 1° Il sangue qui rappresenta, in senso figurato, lo sconvolgimento che fu manifestato esternamente da questa eresia, riguardo alla credenza allo Spirito Santo e alla Santa Trinità, e riguardo al suo significato della Chiesa. 2° Si deve comprendere anche questo sangue nel suo significato proprio; infatti, questa eresia di Macedonio, come quella di Ario, fece versare molto sangue nel mondo, come si vede dalla storia della Chiesa.

Vers. 9. E la terza parte delle creature che vivono nel mare, morì, cioè la terza parte dei Cristiani perse la vita dell’anima che avevano prima attraverso la vera fede e l’amore nello Spirito Santo, quando ancora appartenevano alla Chiesa di Gesù Cristo, nella quale solo si può avere vita. E la terza parte delle creature che vivono nel mondo morì, cioè la terza parte dei Cristiani ha perso la vita dell’anima che prima  possedevano attraverso la vera fede e l’amore nello Spirito Santo, quando ancora appartenevano alla Chiesa di Gesù Cristo, nella quale solo si può avere vita. Così tutti coloro che abbandonarono la Chiesa per aderire alla perfidia di questa nuova eresia perirono immediatamente. Infatti, come pochi sono i pesci che possono vivere fuori dal mare, così sono poche le anime, e ancora meno, che possono vivere ed essere salvate fuori dalla vera Chiesa di Gesù Cristo. La terza parte è qui espressa in modo definito, ma va intesa in senso indefinito: significa in realtà una grande e notevole parte della cristianità. E la terza parte delle navi perì. Vale a dire che un numero considerevole di prelati e pastori d’anime furono infettati da questa eresia, quando avrebbero essi dovuto condurre i fedeli al porto sicuro della salvezza.

§ III.

Del terzo e quarto angelo.

CAPITOLO VIII. VERSETTI 10-13.

Et tertius angelus tuba cecinit: et cecidit de caelo stella magna, ardens tamquam facula, et cecidit in tertiam partem fluminum, et in fontes aquarum: et nomen stellae dicitur Absinthium, et facta est tertia pars aquarum in absinthium; et multi hominum mortui sunt de aquis, quia amaræ factæ sunt. Et quartus angelus tuba cecinit: et percussa est tertia pars solis, et tertia pars lunæ, et tertia pars stellarum, ita ut obscuraretur tertia pars eorum, et diei non luceret pars tertia, et noctis similiter. Et vidi, et audivi vocem unius aquilae volantis per medium cæli dicentis voce magna: Væ, væ, væ habitantibus in terra de ceteris vocibus trium angelorum, qui erant tuba canituri.

[E il terzo Angelo diede fiato alla tromba: e cadde dal cielo una grande stella, ardente come una fiaccola, e cadde nella terza parte dei fiumi e delle fontane: e il nome della stella si dice Assenzio; e la terza parte dell’acque diventò assenzio: e molti uomini morirono di quelle acque, perché diventate amare. E il quarto Angelo diede fiato alla tromba; e fu percossa la terza parte del sole, e la terza parte della luna, e la terza parte delle stelle, di modo che la loro terza parte fu oscurata, e la terza parte del giorno non splendeva e similmente della notte. E vidi, e udii la voce di un’aquila che volava per mezzo il cielo, e con gran voce diceva: Guai, guai, guai agli abitanti della terra per le altre voci dei tre Angeli che stanno per suonare la tromba.]

I. Vers. 10Il terzo angelo suonò la tromba. Questo terzo angelo era l’eresiarca Pelagio, che aveva come discepolo ed imitatore il suo contemporaneo Celestino. Entrambi erano monaci. Essi propagarono i loro errori al tempo degli imperatori Onorio ed Arcadio, e sotto il Pontificato di Innocenzo I e di San Agostino, Vescovo di Ippona. Fu in questa occasione che la Chiesa celebrò il Concilio di Milano, che li condannò nell’anno 416. Anche il Concilio generale di Efeso fu riunito in quel periodo contro Nestorio. Pelagio infettò la Siria e le isole britanniche, sua patria, con la sua eresia, ed i suoi seguaci fecero lo stesso in altre terre. Pelagio, supponendo che il libero arbitrio debba essere anteposto alla grazia divina, insegnò: 1° che non è per la misericordia di Dio a causa di Gesù Cristo, e senza merito da parte nostra, che l’uomo è giustificato, ma che è attraverso le proprie virtù e le buone opere naturali che egli può ottenere per sé una vera e solida giustizia davanti a Dio; e che non è per la fede di Gesù Cristo, ma per le nostre forze, che possiamo ottenere la remissione dei nostri peccati. – 2°. Egli insegnò che la morte di Adamo non fu una punizione per il peccato, ma una conseguenza delle condizioni della natura. 3°. Egli affermò pure che il Battesimo non fosse necessario ai bambini, perché negava l’esistenza del peccato originale. 4°. Egli disse che i giusti sono esenti dal peccato di questo mondo, perché una volta che un uomo è diventato giusto, non può più peccare. 5°. Una volta che un uomo ha ricevuto la grazia del Battesimo, non può più abusare del suo libero arbitrio e non può più commettere il peccato. 6°. Infine, predicò che le preghiere della Chiesa per la conversione degli infedeli e dei peccatori o per la perseveranza dei Giusti fossero inutile, e che il libero arbitrio sia sufficiente per tutti.   – Ora è di questo eresiarca che l’Apostolo dice nella sua Apocalisse: Il terzo angelo suonò la tromba, cioè Pelagio cominciò a promulgare i suoi abominevoli vaneggiamenti. E una grande stella, ardente come una torcia, cadde dal cielo. Questa stella era Celestino, il suo discepolo e imitatore che, al suono della tromba del suo maestro, cadde dalla Chiesa militante nell’eresia. È chiamata una grande stella, perché era un uomo colto ed un uomo religioso, due qualità che davano alla sua dottrina un’apparenza di verità. Ecco perché l’Apostolo dice di questa stella … che bruciava come una torcia. Con queste parole esprime il potere di questo eresiarca. Poiché con la brillantezza della sua letteratura e sotto il suo abito di religioso, fu in grado di dare alla sua falsa dottrina una tale apparenza di verità e santità che riuscì a contagiare e sedurre un gran numero di uomini. È chiamato ardente, perché era un acerrimo nemico ed un formidabile avversario della grazia dello Spirito Santo. E cadde sulla terza parte dei fiumi e sulle fontane. I fiumi e le fontane sono una metafora usata da San Giovanni per esprimere il Battesimo e le grazie che lo Spirito Santo concede ai giusti in questa vita. Ora, questi sono i fiumi e le fontane di grazia, di cui questo eresiarca ha avvelenato la terza parte, facendo seccare queste sorgenti per un numero considerevole di fedeli che hanno smesso di credere in loro ed attingere da loro.

Vers. 11. – Il nome della stella era assenzio. Queste parole esprimono la proprietà di questa eresia che consisteva nel rendere la grazia dello Spirito Santo amara, odiosa e insipida agli uomini. Infatti, come l’acqua dolce è piacevole e desiderabile per chi ha sete, così la grazia dello Spirito Santo ed il Battesimo sono desiderabili per i peccatori, quando hanno fede in Gesù Cristo. Ma questo demone gettò l’assenzio della sua infame eresia su queste acque, e le rese amare agli uomini, che riempì di presunzione delle loro proprie forze e del loro libero arbitrio; dal momento che senza la grazia di Dio, la pratica delle buone opere è per sua natura amara come l’assenzio, specialmente dopo il peccato originale. E la terza parte delle acque fu trasformata in assenzio, cioè una grande e notevole parte dei credenti fu infettata e corrotta da questa empietà. E molti uomini morirono a causa delle acque, perché erano amare. Per uomini, l’Apostolo designa i prudenti ed i sapienti del mondo che sono morti della morte dell’anima, a causa delle acque, cioè a causa di quei dogmi perversi sulla grazia e sul Battesimo. Perché erano amari nell’apparenza e nella stima e nella falsa credenza degli uomini che li consideravano così, mentre al contrario erano pieni della dolcezza dello Spirito Santo che riempie l’anima alterata del peccatore con le acque della sua grazia.

II. Vers. 12. – Il quarto angelo suonò la tromba. Questo quarto angelo era l’eresiarca Nestorio, Vescovo di Costantinopoli, che apparve sotto Teodosio il Giovane e Papa Celestino, nell’anno di Cristo 428. In questa occasione fu convocato il Concilio generale di Efeso, il terzo dei quattro principali Concili di quel tempo, che condannò Nestorio per aver insegnato contro la verità della fede cattolica che Gesù Cristo, il Figlio di Dio, non era nato dalla beata Vergine Maria come Dio, ma solo come uomo; e che quindi, Maria non dovrebbe essere chiamata la Madre di Dio, ma solo la Madre di Cristo. Egli diceva anche che c’erano due persone in Gesù Cristo, come ci sono due nature, cioè la persona divina e la persona umana. Lo stesso Eutiche combatté mirabilmente questa eresia al tempo del Concilio; ma poiché si lasciò trascinare dall’odio contro la falsa dottrina di Nestorio, se ne dimenticò fino al punto di negare non solo le due persone in Gesù Cristo, il che era giusto, ma negò anche la le due nature, così che accusava coloro che confessavano esservi due nature in Gesù Cristo di essere nestoriani, sebbene fossero ben distinte l’una dall’altra. Questo nuovo eresiarca cadde in una tale follia che insegnò che Cristo non era nato dalla Vergine Maria secondo la carne, ma che il suo corpo, come raggio di luce solare, era sceso dal cielo sulla terra nel suo grembo, e che al momento della sua incarnazione, la sua carne fu cambiata nella Divinità. Così la prima di queste eresie fu l’occasione della seconda, nell’anno 448. Si convocò contro costui il Concilio di Calcedonia, l’ultimo dei quattro principali Concili di quel tempo sotto l’imperatore Marciano e il sovrano Pontefice Leone I, nell’anno 451. È per questa occasione che San Giovanni dice nel contesto: Il quarto angelo, Nestorio, suonò la tromba, predicando questa eresia. E fu colpita la terza parte del sole e la terza parte della luna. Il sole è inteso qui come la divinità e la luna come l’umanità di Cristo che è come lo sgabello di Dio. Il sole significa anche Gesù Cristo, e la luna la beata Vergine Maria, o la Chiesa Cattolica, tutti colpiti o attaccati sia dall’eresia di Nestorio che da quella di Eutiche, se non intrinsecamente, poiché in sé sono invulnerabili, almeno relativamente ai fedeli credenti che furono sedotti e colpiti di cecità dalle tenebre di questi errori.  – E la terza parte delle stelle, etc. – Le stelle sono i Vescovi, i prelati e i dottori che, essendosi lasciati avvolgere e accecare dalla notte di questi errori, si smarrirono e lasciarono la vera Chiesa di Cristo. E questi eresiarchi bestemmiavano contro il Nuovo e l’Antico Testamento e contro il Vangelo e i profeti. Perciò San Giovanni aggiunge subito: Così che la loro terza parte si oscurò, e il giorno perse la terza parte della sua luce, e la notte pure. Vale a dire, che le principali testimonianze del Nuovo Testamento, espressione del giorno, e quelle dell’Antico Testamento, designante la notte, riguardanti la vera umanità di Cristo, la sua incarnazione nel seno della beata Vergine Maria, e l’unità della sua Persona divina, furono così oscurate nella mente dei fedeli dalla perfidia di questi due eresiarchi, che queste testimonianze cessarono di brillare in tutta la loro verità agli occhi dei fedeli. Ora queste quattro eresie di cui si parla qui furono come la porta d’ingresso di tutte le eresie che seguirono, e anche di quelle che precedettero, poiché questi furono i prodromi, e quelle le conseguenze.

III. Vers. 13. – E vidi e udii la voce di un’aquila che volava in mezzo all’aria e diceva ad alta voce: “Guai, guai, guai a quelli che abitano sulla terra a causa dei tre angeli che devono suonare la tromba. In questo versetto, San Giovanni annuncia gli immensi mali e le tribolazioni che verranno sul mondo intero alla voce dei tre ultimi angeli. Una parte di queste calamità fu causata dalle precedenti eresie, e l’altra parte sarà prodotta dagli errori che descriveremo nei capitoli seguenti. – E vidi e sentii la voce di un’aquila che volava in mezzo all’aria, ecc. Quest’aquila è San Giovanni Evangelista stesso, che è salito nelle alte regioni del cielo, attraverso la rivelazione che gli è stata data. Egli vedeva nel suo spirito tutti gli eventi che dovevano essere compiuti nella Chiesa nel tempo, fino alla consumazione dei tempi. E poiché gli orrori di questi ultimi eventi dovevano superare anche quelli dei precedenti, si preoccupò di informarne tutta la cristianità, affinché i fedeli di buona volontà che ne sarebbero stati testimoni non si scandalizzassero, né cadessero o fossero fuorviati, perché i colpi che si possono prevedere sono solitamente meno funesti e disastrosi. Ho sentito la voce di un’aquila, etc, …che diceva ad alta voce, per fare presagire la grandezza delle tribolazioni avvenire: Guai! Guai, guai, guai agli abitanti della terra, a causa dei tre angeli che devono suonare la tromba. Per gli abitanti della terra si intende l’intera razza umana, ivi compresi i buoni ed i cattivi; perché tutti saranno vittime di questi eventi, come vedremo più avanti. – (Da ciò che è stato appena detto su quest’aquila che rappresenta San Giovanni Evangelista stesso, possiamo capire perché la sua Apocalisse sia stata così a lungo fraintesa; e possiamo vedere che lo scopo di questa rivelazione era soprattutto quello di informare la Chiesa degli ultimi e più grandi mali che dovevano affliggerla.).

SEZIONE II.

SUL CAPITOLO IX.

DEL QUINTO E SESTO ANGELO.

§ I.

Del quinto angelo che suonò la tromba.

CAPITOLO IX. VERSETTI 1-12.

Et quintus angelus tuba cecinit: et vidi stellam de caelo cecidisse in terram, et data est ei clavis putei abyssi. Et aperuit puteum abyssi: et ascendit fumus putei, sicut fumus fornacis magnæ: et obscuratus est sol, et aer de fumo putei: et de fumo putei exierunt locustæ in terram, et data est illis potestas, sicut habent potestatem scorpiones terræ: et præceptum est illis ne laederent foenum terrae, neque omne viride, neque omnem arborem : nisi tantum homines, qui non habent signum Dei in frontibus suis: et datum est illis ne occiderent eos: sed ut cruciarent mensibus quinque: et cruciatus eorum, ut cruciatus scorpii cum percutit hominem. Et in diebus illis quærent homines mortem, et non invenient eam: et desiderabunt mori, et fugiet mors ab eis. Et similitudines locustarum, similes equis paratis in prælium: et super capita earum tamquam coronae similes auro: et facies earum tamquam facies hominum. Et habebant capillos sicut capillos mulierum. Et dentes earum, sicut dentes leonum erant: et habebant loricas sicut loricas ferreas, et vox alarum earum sicut vox curruum equorum multorum currentium in bellum: et habebant caudas similes scorpionum, et aculei erant in caudis earum: et potestas earum nocere hominibus mensibus quinque: et habebant super se regem angelum abyssi cui nomen hebraice Abaddon, græce autem Apollyon, latine habens nomen Exterminans. Væ unum abiit, et ecce veniunt adhuc duo væ post hæc.

[E il quinto Angelo diede fiato alla tromba: e vidi una stella caduta dal cielo sopra la terra, e gli fu data la chiave del pozzo dell’abisso. E aprì il pozzo dell’abisso: e dal pozzo salì un fumo, come il fumo di una grande fornace: e il sole e l’aria si oscurò pel fumo del pozzo: e dal fumo del pozzo uscirono per la terra locuste, alle quali fu dato un potere, come lo hanno gli scorpioni della terra: E fu loro ordinato di non far male all’erba della terra, né ad alcuna verdura, né ad alcuna pianta: ma solo agli uomini, che non hanno il segno di Dio sulle loro fronti. E fu loro dato non di ucciderli, ma di tormentarli per cinque mesi: e il loro tormento (era) come il tormento che dà lo scorpione, quando morde un uomo. E in quel giorno gli uomini cercheranno la morte, né la troveranno: e brameranno di morire, e la morte fuggirà da loro. E gli aspetti delle locuste, simili ai cavalli preparati per la battaglia: e sulle loro teste una specie di corone simili all’oro; e i loro volti simili al volto dell’uomo. E avevano capelli simili ai capelli delle donne: e i loro denti erano come di leoni. E avevano corazze simili alle corazze di ferro, e il rumore delle loro ali simile al rumore dei cocchi a più cavalli correnti alla guerra: e avevano le code simili a quelle degli scorpioni, e v’erano pungiglioni nelle loro code: e il lor potere (era) di far male agli uomini per cinque mesi: e avevano sopra di loro per re l’angelo dell’abisso, chiamato in ebreo Abaddon, in greco Apollyon, in latino Sterminatore. Il primo guaì è passato, ed ecco che vengono ancora due guai dopo queste cose.]

I. La stella che cadde dal cielo al suono della tromba del quinto angelo era l’imperatore Valente, uno zelante e potente falsificatore dell’eresia di Ario. Questo errore cominciò ad assumere tali proporzioni sotto questo principe, al quale l’Apostolo riferisce giustamente il suono della quinta tromba, a causa del grande danno che fece alla Chiesa. Questo principe fece più danni sostenendo e propagando questa eresia di quanto ne avesse fatti Ario stesso nel predicarla e nel suonare la sua prima tromba. Sedotto dalle lusinghe di sua moglie, che si era lasciata prendere dalle insidie dell’arianesimo, e dalla perfida eloquenza di Eudosso, vescovo di Costantinopoli, il più colpevole di tutti gli ariani, questo imperatore divenne uno dei più ardenti sostenitori di questa setta. Fu battezzato dallo stesso vescovo e giurò di essere sempre fedele a questa empia dottrina; anzi, egli la protesse con un tale zelo che divenne un vero e proprio persecutore dei Cristiani ortodossi. Non risparmiò contro di loro né l’esilio né la tortura; li bandì dai templi e proibì tutte le loro assemblee. Fu un acerrimo nemico dei monaci d’Egitto, che sradicò dalla loro solitudine per farli servire nella milizia. La descrizione dei suoi atti di furore si trova in Teodoreto e Baronio, che li hanno descritti. Aggiungeremo solo che il più perfido dei suoi crimini fu che, su istigazione dell’empio Eudosso, inviò dei sacerdoti ariani ai Goti che chiedevano invece di abbracciare la vera fede di Gesù Cristo. – Egli agì allo stesso modo nei confronti dei Vandali, che poi divennero nemici così formidabili per i Cattolici che nello spazio di 150 anni inondarono la Tracia, la Gallia, la Spagna, l’Africa, l’Italia, la Borgogna e altri paesi con incessanti incursioni, finché finalmente, sotto l’imperatore Giustiniano, nell’anno 527, Belisario e Narste sconfissero e annientarono questi barbari. (Ut habetur 21. Lib. spec. Hist. et pluribus chronologiis). I Vandali erano un immenso popolo di barbari e bellicosi, molto abili nell’arte della guerra e terribili per la velocità della loro marcia. Un’idea delle loro devastazioni può essere formata dalle dolorose prove che la Germania ha dovuto subire nel nostro secolo, per mano dei protestanti.

Vers. 1. – E il quinto angelo suonò la tromba. Questo angelo è collocato al quinto posto, secondo l’ordine della narrazione e della rivelazione di San Giovanni, che ripercorre le conseguenze ed i terribili danni derivanti dall’errore di Ario. Si sa, infatti, che fu l’empio Eudosso, un uomo presuntuoso e perfido, … che suonò la tromba e convinse l’imperatore Valente ad abbracciare questo errore. L’Apostolo continua: E vidi una stella cadere dal cielo sulla terra. Si tratta qui di paragonare l’imperatore Valente ad una stella, a causa delle sue qualità distinte, che lo avrebbero fatto brillare tra migliaia di principi, se non le avesse offuscate nell’oscurità dell’arianesimo. Egli viene anche paragonato ad una stella, a causa dell’insegna della dignità imperiale, che dovrebbe sempre far brillare gli imperatori e innalzarli al di sopra dei principi e dei popoli che sono loro soggetti, con una conoscenza più profonda della vera fede e per la superiorità delle loro virtù. E vidi una stella, l’imperatore Valente, che era caduta dal cielo, cioè dalla Chiesa di Cristo sulla terra. L’Apostolo dice al passato che questo imperatore è caduto a causa della sua ostinazione e del suo giuramento, che effettivamente adempì, poiché morì ariano. Si dice anche che sia caduto dal cielo alla terra, perché è stato abbandonato, disprezzato, rifiutato da Dio, e persino privato degli onori della sepoltura ecclesiastica, dopo essere morto miseramente. E gli fu dato la chiave del pozzo dell’abisso. Questa chiave si riferisce al potere imperiale, che gli era stato dato dall’alto, e Dio gli permise di usarlo in modo empio per diffondere l’eresia di Ario ovunque. Ed essa aprì il pozzo dell’abisso, cioè aprì ovunque la strada a questo errore, gli accordò la più grande libertà, e lo sostenne in tutti i suoi sforzi portando via, quasi in tutta la terra, le chiese e i vescovadi dei Cattolici, per consacrarli al culto dell’errore. Il pozzo qui significa, per metafora, l’eresia di Ario stesso, e l’abisso significa l’inferno; perché come le acque che scorrono sulla terra vengono dall’abisso dei mari, così anche tutte le eresie che scorrono sul mondo, vengono dall’inferno.

Vers. 2.- Ed ella aprì la fossa dell’abisso, e dalla fossa uscì un fumo, come il fumo di una grande fornace; e il sole e l’aria furono oscurati dal fumo del pozzo.

II. Queste parole esprimono gli orribili mali che questa abominevole eresia produsse, sia nella Chiesa Cattolica che nell’Impero Romano. 1°. Per quanto riguarda la Chiesa, lo vediamo in queste parole: E dal pozzo si levò un fumo come il fumo di una grande fornace. Con il fumo, San Giovanni ci mostra l’esaltazione, la promozione e l’espansione dell’eresia di Ario; poiché il fumo sale nell’aria, oscura la luce, e si diffonde sulla terra, espandendosi nello spazio. Ora, tale è il carattere delle eresie che, dopo aver incontrato proponenti simili a lucifero, che ne è il primo autore, si elevano al di sopra di tutto e salgono alle più alte regioni dell’intelligenza, oscurano il sole o la luce della verità, la divorano come un cancro roditore, e si diffondono sulla terra, corrompendo gli uomini e sterminando persino coloro che vogliono opporvisi. L’eresia di Ario è qui paragonata al fumo di una grande fornace, a causa della sua immensa potenza e della sua lunga durata, che superò tutte le altre, poiché durò fino al regno di Giustiniano I, nell’anno 527, ed ebbe come colpevoli e seguaci i più potenti ed illustri imperatori, re, patriarchi, arcivescovi, vescovi, etc. che si possano vedere nella storia ecclesiastica. E il sole e l’aria erano oscurati dal fumo del pozzo. Queste parole indicano una proprietà particolare di questa eresia, che era la denigrazione del Nome di Cristo e della sua Chiesa; poiché il sole rappresenta Cristo, che era come oscurato nella sua gloria esterna; infatti, gli ariani negavano che Egli fosse il Figlio di Dio, vero Dio stesso e consustanziale al Padre; e con questa bestemmia Lo derubarono della Sua gloria divina davanti agli uomini. L’aria significa la Chiesa Cattolica, che è illuminata da Cristo, come il sole visibile diffonde la sua luce nell’aria. Ora, durante il regno di Valente e dei suoi potenti successori, la Chiesa fu veramente oscurata dall’arianesimo, a causa del gran numero di coloro che lo abbracciarono. Al tempo dell’imperatore Zenone, non c’era un solo monarca che fosse cattolico. Infine, si dice che il sole e l’aria furono oscurati dal fumo del pozzo, perché l’eresia di Ario non avrebbe mai conquistato un tale impero senza la protezione datagli da Valente.

III. Vers. 3. – E le locuste uscirono dal fumo del pozzo e si sparsero sulla terra. San Giovanni descrive con queste parole le orribili calamità che questa eresia diffuse nell’Impero Romano e in altri regni. Questi mali sono divisi in due parti, la prima delle quali è contenuta in queste parole: Fu dato loro di tormentarli (gli uomini) per cinque mesi. L’altra parte si trova in quest’altro passaggio: E il loro potere era di nuocere agli uomini per cinque mesi. Per comprendere queste cose, bisogna ricordare che Valente condusse nell’errore di Ario i Goti e i Vandali, che avevano chiesto di essere istruiti nella vera fede, e che li costrinse addirittura, con un trattato di alleanza, a far parte della sua setta, inviando loro sacerdoti ariani. Ma poco tempo dopo, per il giusto permesso di Dio, questo empio complotto cadde sulla testa di Valente stesso; infatti, i Goti, che erano divisi tra loro in più fazioni, si unirono di nuovo, pieni di fiducia nelle proprie forze, maltrattarono i Traci e devastarono crudelmente il loro paese. Valente, che si trovava allora ad Antiochia, appena informato dei fatti, riconobbe in questi atti l’effetto fatale dell’errore che aveva commesso, avendo perso per questa circostanza un potente alleato in quella nazione, così bellicosa e così utile a lui e al suo impero. Per quanto riguarda le sue truppe, ne aveva fatto così poco conto, che invece di assoldarli e cercare di accattivarseli, ne aveva chiesto un tributo, tanto è vero che Dio acceca quelli che da Lui si allontanano! – Dopo aver devastato la Tracia, i Goti marciarono su Costantinopoli; Valente inviò contro di loro Traiano, che fu immediatamente sconfitto, messo in fuga e costretto alla ritirata. Dopo questi antefatti, l’imperatore volle provare egli stesso la sorte delle armi, ma fu a sua volta sconfitto e sbaragliato presso Andrinopoli, ove perì miseramente, bruciato in una capanna, nell’anno 378. È dopo di questo che i Goti, i Vandali e altri barbari prevalsero ovunque fino al regno di Giustiniano, A. D. 527; infatti, verso il 403, nella fazione di Stilicone, che aveva precedentemente oppresso Abagasio, re dei Goti, tenendolo rinchiuso nelle difese del Tesin con un esercito di 200.000 uomini, i Vandali, gli Svevi, gli Alani, i Burgundi e tutte le orde barbariche invasero la Gallia. Fu allora che Alarico, re dei Goti, rivendicando il trono dei Galli che Onorio gli aveva dato, si irritò e venne ad assediare Roma nell’anno 409. Questa città dovette riscattarsi al prezzo di denaro, e, nonostante ciò, fu assediata una seconda volta dallo stesso Alarico, che la prese e la spogliò delle sue ricchezze per tre anni consecutivi, sottoponendola così a prove più dure, per così dire, che se l’avesse distrutta. Si può vedere da Lechmanius, 1. I, c. 31, e da Baronio, quanto l’Impero d’Occidente abbia dovuto soffrire per le incursioni di Attila, degli Unni e di altri barbari, durante il regno di Valentiniano III, nell’anno 451 d. C. Più tardi Roma fu nuovamente saccheggiata da Genserico, capo dei Vandali. Odoacre, a sua volta, devastò l’Italia con un potente esercito di Eruli, e se ne impadronì per 14 anni. Questo sfortunato Paese passò poi per molti anni sotto il giogo di Teodorico, re degli Ostrogoti, un principe barbaro ed avido, che sconfisse Odoacre presso Verona, nell’anno 475. Sotto l’imperatore Zenone, i Vandali passarono in Africa, e il loro re Unnerico consegnò ai Mori 4.966 Vescovi e sacerdoti, per essere deportati nei deserti, mentre gli Ostrogoti, da parte loro, occupavano l’Italia, la Gallia, la Borgogna e la Spagna. Così queste orde barbariche scorrazzavano di regno in regno e portavano rovina e desolazione, finché finalmente, verso l’anno di Gesù Cristo 510, Clodoveo, re dei Franchi, avendo abbracciato la fede cattolica, sconfisse e uccise Alarico, re dei Visigoti, che regnava da 22 anni nelle Gallie. (Era il secondo degli Alarico, re dei Visigoti, che fu ucciso per mano di Clodoveo sulle pianure di Vouillé, vicino a Poitiers, nel 507). Infine, nell’anno 527, Giustiniano il Grande, salito sul trono dell’impero, scacciò i Vandali dall’Africa con Belisario e Narsete, riconquistò Cartagine, annientò i Parti, che stavano devastando la Siria, uccise Totila, il quale, impadronitosi di Roma, l’aveva ridotta in cenere e aveva scacciato tutti i Goti dall’Italia. Così furono sterminate, dopo il corso di 150 anni, quelle nazioni feroci, e scomparvero con l’arianesimo, che l’imperatore Valente aveva suscitato, e fu da quel momento che la fede Cattolica cominciò a fiorire e a prosperare di nuovo. – Tuttavia, il veleno di Ario non scomparve completamente con tutto questo, perché Narsete fece esplodere con una specie di rabbia la gelosia che covava nel suo cuore contro Giustino il Giovane, governatore dell’Italia. Egli richiamò i Longobardi, di origine scandinava, che erano allora in Pannonia ed infettati dall’arianesimo (La Pannonia era una regione dell’Europa antica che faceva parte dell’Illiria occidentale: ora è la parte orientale del cerchio dell’Austria, tutta la bassa Ungheria, con la Schiavonia propriamente detta, e qualcosa delle province della Croazia, Bosnia e Serbia, nella Germania e nella Turchia europea. La Pannonia era divisa in diverse province, di cui le principali erano la Pannonia superiore e inferiore.), e si servì di questo potente e fedele alleato per cacciare i Goti. I Lombardi, partiti con gli Unni loro alleati, sotto la guida di Alboino loro re, nell’anno 570: occuparono prima la Gallia Cisalpina, poi invasero l’Italia e stabilirono la sede del loro potere a Pavia. San Gregorio, (Hom. 1 in Evangelium), e dopo di lui il diacono Paolo, 1. I, c. 5, raccontano che quando avvenne questa invasione, si videro di notte nel cielo segni terribili, dove si poteva distinguere nel cielo la presenza di armate di fuoco schierate in battaglia, e si vedeva anche scorrere il sangue umano che fu versato orribilmente in seguito. È con certezza che lo stesso San Gregorio considera (IV. Epist., lib. XXXIV, Dial. 3) l’invasione dei Longobardi in Italia come una delle più crudeli persecuzioni della Chiesa; poiché tutti i re, se si eccettua il solo Agilulfo, che, avendo rinunciato all’arianesimo per entrare nella fede cattolica con tutta la sua nazione, regnò in seguito per quarant’anni; tutti i re, dicevamo, si mostrarono i più fervidi difensori dell’empietà di Ario. Questo terribile flagello durò non meno di 150 anni, fino al regno di Pipino, che salì sul trono dei Galli nell’anno 751, e avendo preso Ravenna, su richiesta di Papa Stefano, represse Astolfo, che allora portava scompiglio in Italia e negli stati romani. Poi suo figlio Carlo Magno, su richiesta del Pontefice Adriano I, depose dal trono il successore e figlio di Astolfo, si impadronì della sua corona, e così finì la tirannia dei Longobardi. Infine, verso l’anno 774, con l’aiuto di Dio, questo pio e potente imperatore relegò la setta di Ario, con tutta la sua tirannia e crudeltà, nelle fosse dell’inferno, e la fede cattolica ricominciò a diffondersi in lungo e in largo, sia per terra che per mare, per la conversione degli Slavi in Pannonia, degli Unni, degli Svevi, dei Goti, degli Ostrogoti; e in Germania, dei Sassoni, dei Danesi e di quasi tutti i popoli germanici, soprattutto della zona settentrionale. Segue nel contesto:

IV. Vers. 3. E le locuste uscirono dal fumo del pozzo e si sparsero sulla terra. Per locuste intendiamo i barbari del nord, e specialmente e principalmente i Goti e i Vandali, infettati di arianesimo. È per metafora che l’Apostolo li rappresenta in forma di locuste, 1° per farci capire la moltitudine che doveva diffondersi ovunque, tra i popoli e le nazioni, come locuste; infatti, il martire Metodio, Giordano Goto e il diacono Paolo riferiscono che dal nord vennero i Mussageti, gli Unni, gli Amazzoni, i Cimbri, i Parti, i Longobardi, gli Eruli, gli Svevi, i Bulgari, i Danesi, i Daci, i Germani, gli Slavi, i Burgundi, i Livoni, i Servi, i Normanni e i Celti, etc. Tutte queste nazioni si sparsero sulla terra come locuste, nei tempi stabiliti e permessi da Dio, e devastarono tutto ciò che si presentava loro davanti, così da poter essere giustamente considerate come piaghe che Dio si era riservato per punire il mondo intero e la cristianità in particolare, secondo le parole del profeta Geremia, I, 14: « Il male verrà dall’aquilone su tutti gli abitanti della terra. » Ibidem, IV, 6, 7, 9: « Porterò un male orribile e una grande distruzione dall’aquilone. Il leone è uscito dalla sua tana, il ladro delle nazioni si è alzato, è uscito dal suo paese per fare della vostra terra una desolazione, i vostri villaggi saranno devastati e resteranno disabitati, ecc. » 2° Come le locuste saltano da un posto all’altro, e cercando il nutrimento rovinano i campi, i prati, i raccolti e i fiori, così queste barbare nazioni passarono dalla Spagna alla Tracia, all’Africa e di là in Italia, poi nelle Gallie, etc., depredando e devastando tutto. – 3º Come le cavallette sono molto agili e fuggono con un solo balzo dalla mano che cerca di afferrarle, così queste nazioni si stabilirono ora in un luogo, e subito dopo in un altro. E le locuste uscite dal fumo del pozzo si diffusero sulla terra, perché l’eresia di Ario trovò appoggio nell’imperatore Valente, e tutte queste nazioni ne furono contagiate; e queste locuste si diffusero, etc., … per un giusto giudizio di Dio, sulla terra dell’impero, contro Valente stesso, e poi sulle altre terre e regni, come abbiamo detto. E fu dato loro un potere come quello degli scorpioni della terra. Il potere che questo popolo aveva da Dio e dalla natura è paragonato a quello degli scorpioni, 1° a causa della loro arma: infatti lo scorpione ha sulla sua parte anteriore la forma di un arco, e porta nella sua coda una freccia che è un dardo velenoso, con cui dà la morte dell’uomo; e così queste nazioni avevano come arma una specie di balestra, per mezzo della quale lanciavano dardi acuti e sottili, la maggior parte dei quali velenosi con cui causavano lesioni gravi e persino mortali. – L’arma usata da queste nazioni aveva, inoltre, questa peculiare somiglianza con gli scorpioni, in quanto questi animali poggiano sulla loro parte anteriore delle braccia che hanno la forma di un arco; e così tutto il loro corpo, che termina con una coda armata di un pungiglione, rappresenta più o meno nella sua interezza la forma della balestra armata di una freccia. 2°. A causa della rapidità, perché lo scorpione è molto agile con la sua coda nel ferire l’uomo, e così queste nazioni erano molto abili e molto esperte nel maneggiare le loro armi, con le quali facevano piovere frecce mortali sui loro nemici. Ecco perché era molto difficile fare la guerra contro di loro, e la vittoria su di loro era raramente raggiunta. 3°. Questa somiglianza con lo scorpione si trova nella perfidia degli ariani, che era davvero come un veleno sottile e pericoloso, per mezzo del quale infettarono successivamente tutte le nazioni e quasi tutto il mondo, occupando uno dopo l’altro tutti i regni, e costituendo ovunque re ariani. 4°. Lo scorpione è un animale pericoloso, astuto e abile, che si nasconde nelle fessure delle pietre e negli angoli dei muri e delle case, per sorprendere gli uomini all’improvviso e ferire a morte chiunque non possa prevenirlo. Ora, tale era il carattere di queste nazioni barbare e feroci, molto astute nell’arte della guerra e molto ingegnose nell’invenzione di macchine, e allo stesso tempo prudenti e che sapevano perfettamente come tendere trappole ai loro nemici per sorprenderli all’improvviso e impadronirsi dei loro paesi e delle loro città. Così essi ricoprirono il mondo di rovine e devastazioni.

Vers. 4. E fu loro proibito di danneggiare l’erba della terra. Queste parole ci mostrano la limitazione del potere ariano secondo la volontà di Dio, per la conservazione della sua Chiesa ed a vantaggio dei suoi eletti. Perché la giustizia di Dio permette, nei suoi imperscrutabili consigli, la maggior parte dei mali e delle calamità di questo mondo, in modo tale però da non portare al loro completo sterminio; e Dio sa come moderare e dirigere i mali che ci infligge, in modo che possano servire come castighi inflitti ai peccatori e agli empi, e come prove per gli eletti. Dio sa anche trarre dal male, beni sublimi e mirabili. E ricevettero la proibizione, cioè la barbarie e la potenza di queste nazioni fu moderata e contenuta dai decreti di Dio. Per evitare che facessero del male all’erba della terra, cioè perché risparmiassero il popolo cristiano nei loro massacri, metaforicamente rappresentato dall’erba della terra. E a tutto ciò che era verde. Questo passaggio si applica alla nazione francese, che fu effettivamente risparmiata dai Goti e dai Vandali, e riservata come una giovane vite alla fede cattolica, che abbracciò con il suo re Clodoveo, che finalmente cedette alle continue sollecitazioni di Santa Clotilde, sua moglie, nell’anno 500 dell’era cristiana. Fu dopo una brillante vittoria ottenuta con l’aiuto del cielo sui Germani, che egli divenne Cattolico e liberò l’Italia dall’ariano Alarico, re dei Visigoti, che uccise. Fu loro proibito danneggiare l’erba della terra, etc. ….. e a tutti gli alberi, cioè i prelati e i sacerdoti, che scamparono quasi tutti alla morte, sebbene ebbero molto da soffrire, soprattutto in Africa, per mano di Unnerico, re dei Vandali. Ma solo agli uomini che non avevano il segno di Dio sulla fronte. Queste parole si riferiscono al resto dei pagani che non avevano ancora ricevuto il carattere del Battesimo; è noto, infatti, che un gran numero di essi fu ucciso in Africa dai Vandali, ed anche nelle altre regioni che i barbari invasero. Ma siccome gli ariani si vantavano del nome di Cristiani, risparmiarono i Cattolici dalla morte, sebbene li affliggessero con molte calamità, facendo loro soffrire l’esilio ed altre avversità, come vediamo nella storia ecclesiastica.

Vers. 5E fu dato loro di non ucciderli. Questo passaggio si riferisce di nuovo ai Cristiani menzionati sopra. Nello stesso passaggio, la Scrittura passa talvolta da certe persone ad altre, come se questi fossero gli stessi di prima. (Ps. LXXVII, 38): « Quando li colpì, allora lo cercarono, ecc. », dove è evidente che coloro che furono colpiti a morte dal Signore non fossero quelli che lo cercavano. Ora, allo stesso modo, San Giovanni parla qui degli abitanti dell’Africa, alcuni dei quali erano Cristiani ed altri pagani. E così, passando dagli uni agli altri, dice nello stesso testo: E fu dato loro, cioè Dio permise a queste nazioni, non di uccidere i Cristiani, ma di tormentarli. Questo è quello che è successo quando i Vescovi, i Dottori ed altri Cattolici furono mandati in esilio, e alcuni di loro furono anche maltrattati e perseguitati in vari modi senza perdere la vita. Infatti, come abbiamo detto, Unnerico, re dei Vandali, sollevò una forte persecuzione contro gli ortodossi in Africa, ed in un solo colpo consegnò 4.966 Vescovi e sacerdoti ai Mori, per essere portati via nei deserti. Il suo successore fece la stessa cosa ed anche di peggio: fece strappare la lingua ai Vescovi ortodossi, il che non impedì loro, per un miracolo di Dio, di parlare e predicare. Dalla storia emerge la crudeltà con cui devastarono la Francia e ne uccisero gli abitanti. Sappiamo dalla stessa fonte quanti danni causarono i Vandali e gli Unni in Gallia. Si ricorda che Alarico, re dei Goti, pose l’assedio a Roma, che in seguito rimosse, e che l’anno seguente tornò in quella città, di cui si impadronì e saccheggiò per tre anni, senza tuttavia mettere a ferro e fuoco i suoi abitanti. La storia non è forse piena delle crudeltà di Attila, re degli Unni, chiamato il flagello di Dio,  di Genserico, re dei Vandali, di Totila e Odoacre? E non sappiamo quanto questi ed altri barbari abbiano tormentato i Cristiani in mille modi diversi, a volte mettendoli in cattività, depredandoli e infliggendo loro orribili tormenti, nelle successive incursioni che fecero quasi in tutto il mondo? Per questo il testo aggiunge espressamente: E fu dato loro non di ucciderli, ma di tormentarli, a causa di vari crimini commessi dagli stessi Cristiani in diversi luoghi, e in Gallia in particolare, ed a causa dell’allentamento della disciplina ecclesiastica. Per cinque mesi. Queste parole designano la durata del potere e dell’impero di queste nazioni ariane. In questa occasione, bisogna notare che, nella Scrittura, i giorni contano come anni. Ora, come i mesi sono di 28, 30 o 31 giorni, prendendo un mese di 28 giorni, due mesi di 30 giorni, e altri due mesi di 31 giorni, si avranno cinque mesi, che fanno 150 giorni, cioè 150 anni, che è precisamente la durata del regno dei Goti, dall’anno di Gesù Cristo 377, fino all’anno 527, come è stato detto sopra. E il loro tormento era come quello dello scorpione quando punge un uomo. In queste parole troviamo un’altra caratteristica di queste nazioni; perché erano come una peste nella Chiesa Cattolica, infettando molti fedeli e facendoli morire spiritualmente, diffondendo il veleno dell’arianesimo nelle terre che occupavano. Perciò le ferite di questi nemici della Chiesa possono essere paragonate perfettamente al pungiglione dello scorpione; infatti, come questo animale, quando vuole fare del male, 1° prima apre la pelle della sua vittima con il suo pungiglione; 2. fa fluire il suo veleno nella ferita 3° che provoca una ferita pericolosa; 4° che porta anche alla morte, se non si portano in tempo i rimedi appropriati; così queste nazioni 1° irruppero nei regni con la forza delle armi, per avere l’opportunità di fare del male e stabilirvi il loro potere. 2° Diffusero il veleno dell’errore nel corpo della Chiesa, che è stabilita in tutta la terra, e avvelenarono con esso i vari popoli. 3° Fecero una ferita profonda e pericolosa, calpestando la Chiesa e tutte le cose sante e sacre. 4° Infine, causarono la morte spirituale di un gran numero di Cattolici, che abbandonarono la vera fede alla vista di un tale scandalo. I giusti che perseverarono nella loro fedeltà vennero afflitti e tormentati in presenza di tante calamità alle quali non potevano porre rimedio. Quindi l’Apostolo aggiunge immediatamente:

Vers. 6. – In quel tempo gli uomini cercheranno la morte e non la troveranno; vorranno morire e la morte fuggirà da loro.

V. È infatti caratteristica dei Santi e delle anime pie essere molto più angosciati che se dovessero sopportare la morte stessa, alla vista della perdita generale delle anime, la seduzione degli innocenti, la defezione dei fedeli, il disprezzo delle cose sante, la rovina delle chiese, l’esilio dei giusti e le bestemmie dei malvagi. Poiché non potevano porvi rimedio, né impedire la prevaricazione della quale gemevano nei loro cuori. È allora che piangevano alla presenza del Signore, desiderando morire piuttosto che vedere i mali del loro popolo. Ne abbiamo un esempio nella Scrittura, che riferisce: « È meglio per noi morire in battaglia che vedere i mali del nostro popolo e del nostro santuario » (I. Mach., III, 59). ». E in questo tempo gli uomini cercheranno la morte, etc. Queste parole significano l’afflizione e la desolazione di quel tempo dell’arianesimo; e poiché queste disgrazie erano immense, specialmente per i prelati della Chiesa, l’Apostolo aggiunge: vorranno morire, e la morte fuggirà da loro. Possiamo vedere, infatti, da quanto precede, quanto grande fosse questa afflizione e desolazione che durò il considerevole spazio di 150 anni;  ed invase successivamente quasi tutti i regni, e si  sa che la Chiesa e i suoi prelati non hanno mai tanto da soffrire come quando hanno come avversari imperatori, re e principi; infatti,  allora i pilastri stessi della Chiesa si sgretolano, come Dio permise in particolare al tempo di Zenone, quando la Religione Cattolica non aveva un solo principe regnante, tra i suoi fedeli. Si dice che: Gli uomini cercheranno la morte e non la troveranno, per marcare la differenza del loro stato da quello dei martiri; perché al tempo delle prime persecuzioni, i fedeli cercavano con gioia e trovavano una morte gloriosa in mezzo ai tormenti, mentre in questo, Dio permise che i suoi eletti fossero orribilmente e a lungo tormentati, senza che ottenessero la gloria del martirio; cosa che era la più dolorosa da sopportare per gli uomini giusti.

Vers. 7. – E la faccia delle locuste era come quella di cavalli pronti alla battaglia; portavano sul capo come delle corone che sembravano d’oro. In questo testo l’Apostolo continua a sviluppare e spiegare le parole precedenti; e come aveva detto che i Goti e i Vandali erano locuste, ora indica le condizioni e le proprietà di queste nazioni sotto questo nome di locuste. 1° E la faccia delle locuste, cioè dei Goti e dei Vandali, era simile a dei cavalli preparati per la battaglia, per annunciare che sarebbero stati bellicosi, feroci e coraggiosi. Perché, proprio come i cavalli che stanno per combattere e ascoltano i corni e trombe, agitano le loro criniere, schiumano, solcano la terra con i piedi, sono quasi indomabili, si mostrano magnanimi e manifestano il loro ardore con i nitriti, calpestano tutto, e corrono verso la vittoria attraverso tutti gli ostacoli. Così, questi popoli del Nord aspettavano e desideravano la battaglia, e segnalavano il loro ardore, il loro coraggio e la loro impavidità con gli stessi gesti. Perciò l’Apostolo dice che erano come cavalli preparati per la battaglia; perché i cavalli sono pronti a correre in battaglia ogni volta che al loro cavaliere piace condurveli. Ora tali erano questi popoli, giustamente chiamati il flagello di Dio, aspettando solo il segnale della volontà divina per andare nel mondo a punire i Cristiani. Ecco perché si dice: « Tutto il male verrà dall’aquilone ». È dunque con tanta eloquenza quanto verità che San Giovanni rappresenta questi popoli come cavalli preparati alla battaglia. 2° Queste (le locuste) portavano sulle loro teste delle corone che sembravano d’oro. Queste parole denotano la falsa brillantezza dell’abilità, dell’astuzia, della lungimiranza e della prudenza umana, proprietà con cui queste nazioni barbare dovevano superare gli altri popoli e persino i Cristiani, secondo le parole di Gesù Cristo: (Luc. XVI, 8) « I figli di questo secolo sono più abili nel condurre i loro affari che i figli della luce. » Esse portavano come delle corone che sembravano d’oro, non che fossero corone come quelle indossate dai re, ma perché la saggezza è spesso paragonata ad una corona; infatti, la saggezza deve formare dei re e incoronarli; e queste corone erano come corone che sembravano d’oro, cioè non erano assolutamente d’oro, ma assomigliavano all’oro, per esprimere la differenza della saggezza mondana dalla vera saggezza celeste, che solo è veramente come l’oro. 3°. E i loro volti erano come quelli degli uomini. Questo passaggio indica che queste nazioni dovevano essere cristiane. Perché bisogna sapere che in questo capitolo ci sono due diverse classi di uomini: – a. gli uomini che non sono segnati sulla fronte, e questi sono i gentili e i pagani, come è stato detto sopra; – b. e degli uomini semplicemente detti, che sono i Cattolici e i veri Cristiani di cui abbiamo parlato, parlando delle afflizioni che i Vandali inflissero loro. – In quel tempo gli uomini cercheranno la morte, cioè, perché queste nazioni barbare erano battezzate e si vantavano del nome di Cristiano, anche se non erano veramente tali, poiché erano infettati dall’errore di Ario, è con ragione che l’autore dell’Apocalisse dica che i volti erano simili a quelli degli uomini, per distinguerli perfettamente sia dai pagani che dai Cattolici.

Vers. 8. – 4° E i loro capelli erano come i capelli delle donne, perché queste nazioni lasciavano crescere i loro capelli, come si vede ancora qualche volta al giorno d’oggi. I capelli lunghi indicano forza, e anche se non sono più in uso, erano comunque molto utili ai guerrieri di quel tempo per preservarli contro il freddo e l’umidità nei bivacchi, ecc. La Scrittura dice che la forza di Sansone consisteva nei suoi capelli, che non tagliava, come facevano i nazirei tra i Giudei. Così sembra probabile che queste nazioni di cui parla San Giovanni avessero l’abitudine di lasciar crescere i loro capelli fin dall’infanzia senza mai tagliarli; ed è per questo che si dice che i loro capelli erano come quelli delle donne. – 5° E i loro denti come i denti di un leone. Queste parole indicano la ferocia, la furia e la forza che distingueva queste nazioni da tutte le altre. Infatti, come il leone è considerato il più forte e terribile degli animali, avendo la sua forza principale nella testa e nei denti, con i quali depreda, strappa e divora tutto ciò che incontra; così anche queste nazioni dovevano essere le più feroci, crudeli e potenti, per sbranare e divorare gli altri.

Vers. 9. – 6° Portavano corazze come corazze di ferro. I guerrieri indossano la corazza per parare i colpi del nemico. Questa parola corazza deriva dal cuoio; anticamente i guerrieri proteggevano il loro petto con il cuoio più duro e forte, quello dei cammelli o di altri animali, come si fa ora con le corazze di ferro. Ecco perché è detto nel testo: Portavano corazze come corazze di ferro. Cioè, queste nazioni marciavano verso il nemico con la massima precauzione, fortemente armate e ben equipaggiate, non esponendosi incautamente ai dardi ed alle lance. Le loro corazze erano fatte di un cuoio così duro e forte da essere perfettamente paragonabile al ferro, ed erano allo stesso tempo così flessibili e ben adattate che resistevano ai colpi come se fossero state di ferro. 7°. E il rumore delle loro ali era come il rumore dei carri con molti cavalli che corrono alla battaglia. Qui si dice che queste nazioni avevano le ali per esprimere la loro velocità nelle spedizioni belliche. Sembravano volare di regno in regno e di paese in paese con i loro eserciti, il cui rapido movimento produceva un rumore spaventoso e devastava tutto sul loro cammino, come è stato detto sopra, (Isaia VII:18): « In quel giorno il Signore chiamerà con un fischio la mosca che è alla fine del fiume d’Egitto e l’ape dell’Assiria. E verranno a riposare presso i ruscelli, nelle cavità delle rocce, sulle siepi e su ogni arbusto. »

1° Per mosche e api il profeta intende le nazioni in guerra. 2°. Per ali si intendono anche le ali degli eserciti di queste nazioni, che, essendo schierati in buon ordine di battaglia, volavano in combattimento ed attaccavano il nemico con tanto coraggio, animosità, vivacità e clamore, che la terra fu scossa. La stessa cosa si vede nella Scrittura (I. Mach, IX , 13): « E la terra fu mossa dalla voce degli eserciti. » E siccome queste nazioni avevano acquisito una grande reputazione di coraggio e di valore militare, non meno che di abilità nell’arte della guerra, ottennero facilmente la vittoria sul nemico prevenuto e demoralizzato. E quindi il rumore delle loro ali era come il rumore dei carri con molti cavalli che corrono alla battaglia. Poiché quando una grande moltitudine di combattenti corre in battaglia con i molti carri da guerra che di solito li accompagnano, fanno un rumore così orribile, che ispirano terrore e paura, e il suono delle trombe e dei corni non fanno che aggiungersi a questo orribile tumulto.  I cavalli stessi, eccitati e animati, corrono, saltano, nitriscono e alzano la criniera, mostrando così la loro gioia e il loro coraggio. Così facevano la guerra e andavano contro il nemico nazioni bellicose e barbare.

Vers. 10Le loro code erano simili a quelle degli scorpioni: esse avevano il pungiglione. Con queste code intendiamo metaforicamente le conseguenze disastrose delle incursioni di questi barbari, che furono una rovina ed una devastazione universale di tutti i regni che attraversarono in vari momenti. Queste parole indicano anche il danno considerevole che questi popoli hanno causato alla Chiesa. Le loro code avevano un pungiglione. Questi pungiglioni significano anche i vari errori che queste nazioni hanno lasciato dietro di essi, allo stesso modo in cui certi animali velenosi lasciano dietro di loro il loro pungiglione nella ferita che hanno inferto. 9°. E il loro potere era di nuocere agli uomini per cinque mesi. In questo passo ci viene mostrata la seconda parte dei mali che risultarono da questa eresia per la Chiesa in generale, e per l’Impero Romano in particolare. Vediamo prima di tutto la lunghezza del tempo durante il quale i Longobardi posero il loro giogo di ferro sull’Italia. Questi Longobardi erano una nazione malvagia, tana e centro di tutte le altre nazioni barbare che, quando gli Unni, che erano loro alleati, avevano abbandonato la Pannonia, seguirono il loro re Alboino per invadere la Gallia Cisalpina e poi l’Italia, e per esercitarvi le loro devastazioni per 150 anni, come spiegato sopra. Da ciò dobbiamo concludere che i primi cinque mesi di cui si parla nel testo designano il tempo dell’occupazione dell’Italia e di altre terre da parte dei Goti e dei Vandali, e gli altri cinque mesi indicano la durata del giogo dei Longobardi sotto il quale la Chiesa e l’Impero Romano ebbero tanto a gemere. È storicamente vero che il loro regno fu più lungo e durò da 190 a 200 anni; ma il testo ha comunque ragione nel dire che essi danneggiarono la Chiesa solo per 150 anni, poiché uno dei loro re, Agilulfo, essendo diventato Cattolico con tutta la nazione, cessò di essere ostile nel Corso di tutto il suo regno, che durò 40 anni. Ora, sottraendo questo numero al precedente, otteniamo, secondo il testo, la durata del tempo durante il quale essi fecero del male agli uomini. E il loro potere era quello di danneggiare gli uomini per cinque mesi. Se non c’è menzione del resto del loro regno, è perché sarebbe stato superfluo; ma lo Spirito Santo non ispira né scrive nulla di inutile.

Vers. 11. 10°-Avevano sopra di loro come re l’angelo dell’abisso, il cui nome in ebraico è Abaddon, e in greco Apollyon, e in latino lo Sterminatore. Attraverso questo Angelo re, lo Spirito Santo designa un essere di natura distinta e superiore; ed è l’angelo dei principati che, a capo dei suoi angeli malvagi, viene a sostenere i malvagi nella loro guerra empia e ad incitarli per affliggere, combattere e distruggere la Chiesa di Gesù Cristo, se possibile. Il testo indica solo uno e il principale di questi angeli, che è il rappresentante di tutti gli empi, gli eretici e i loro fautori e promotori, che hanno in comune solo uno stesso obiettivo, che è quello di fare incessantemente una guerra di rovina e di sterminio contro Gesù Cristo e la sua Chiesa. Per spiegare meglio questo passaggio, non dobbiamo passare sotto silenzio che, secondo San Dionigi e l’opinione generale dei santi Dottori, gli angeli decaduti conservarono intatte le loro qualità naturali; e, di conseguenza, continuarono a possedere tra loro la distinzione degli ordini, secondo la distinzione delle loro nature. Inoltre, i Dottori ammettono comunemente che un certo numero di angeli si dimostrarono ribelli a Dio in ciascuno degli ordini o nove cori, così che i loro nomi distintivi furono mantenuti tra i demoni. Ora, il primo di questi ordini nella gerarchia infernale è quello dei principati, per cui gli angeli malvagi hanno il diritto e il potere di preminenza nei diversi regni e nelle guerre generali e particolari. Quindi, da questo consegue che, in opposizione agli Angeli santi, che sono inviati da Dio per suscitare i regni e le nazioni al bene, gli angeli malvagi dello stesso ordine sono accreditati da lucifero onde incitare al male e alla tirannia contro i Cristiani, e per turbare la Chiesa militante con la guerra, etc. Tutto il male che possono fare nel regno di Dio, con il suo permesso, lo compiono attraverso i loro satelliti che governano e che sono gli empi, gli eretici e i cattivi Cristiani. Perché sebbene tutti i regni e tutti gli uomini abbiano angeli buoni e cattivi che li ispirino, gli Angeli buoni hanno il predominio sui cattivi, o i cattivi sui buoni, secondo la condizione di questi regni, secondo la scelta della volontà umana, e anche secondo ciò che Dio permette. Ed è dell’angelo malvagio che presiedeva alle guerre dei Goti e dei Vandali che il testo aggiunge: Esse (queste nazioni) avevano per re l’angelo dell’abisso. In uno Stato, il re è colui che ha il predominio su tutti gli altri, tutti i suoi sudditi gli obbediscono, ascoltano la sua voce e lo seguono anche in guerra. Ora, tutti gli eretici costituiscono un vero regno il cui principe è sempre stato e sempre sarà lucifero, che, attraverso i suoi vari capi a lui subordinati, guida i settari e gli empi nella guerra di questo mondo contro Cristo e la sua Chiesa, a qualunque classe e tempo essi appartengano. Ed è solo da Dio che deriva il suo potere, o almeno il permesso di nuocere agli uomini nei grandi come nei piccoli stati. Essi avevano per re l’angelo dell’abisso, il cui nome in ebraico è Abaddon, in greco Apollyon e in latino lo Sterminatore. Qui la domanda è perché questo nome dell’angelo dell’abisso si esprime in tre lingue. Per rispondere a questa domanda, dobbiamo sapere che San Giovanni ha scritto l’Apocalisse per la Chiesa universale; ora, queste tre lingue sono le principali, e contengono o rappresentano tutte le altre. Inoltre, queste tre lingue rappresentano, attraverso le principali nazioni e le principali epoche di queste lingue, tutta la Chiesa cattolica dalla sua origine alla sua consumazione.  – 1°. La Chiesa ebbe origine e cominciò a fiorire tra i Giudei più distinti per la loro santità, che si convertirono alla fede di Gesù Cristo, e il cui numero era davvero molto esiguo in proporzione a tutta la nazione. Ora fu da questi stessi Giudei, che erano diventati Cristiani, che sorsero i primi eretici che, sobillati da satana, intrapresero la guerra alla Chiesa di Cristo. Sappiamo dagli Atti degli Apostoli come le loro principali rivendicazioni fossero la circoncisione e il giogo della legge di Mosè, che cercavano di imporre ai gentili. 2° Poi venne la Chiesa greca, formata dai gentili, che brillava principalmente per il numero, l’istruzione e la virtù dei suoi santi maestri. Ma molti di questi greci, sedotti dall’angelo dell’abisso, dichiararono una guerra feroce contro la Chiesa di Gesù Cristo, insegnando i dogmi più pericolosi e introducendo scismi contro i sovrani Pontefici, i legittimi successori di San Pietro. Il più malvagio di questi fu Ario, che, come è stato detto, essendo sostenuto dall’imperatore Valente, corruppe i Goti e i Vandali. Ma, per un giusto giudizio di Dio, questo empio potere fu finalmente spezzato, e questa Chiesa greca, con tutto il suo impero, macchiato da mille errori, cadde sotto il potere dei Turchi e divenne loro tributaria, come lo è ancora in parte. (Si veda la Storia Ecclesiastica). 3°. Alla Chiesa greca e all’Impero d’Oriente sono succeduti la Chiesa latina e l’Impero d’Occidente, attraverso la conversione di tutte le nazioni che ne facevano parte, particolarmente ai tempi di Carlo Magno. Questa Chiesa manterrà il suo impero in Occidente fino alla venuta del figlio della perdizione. Nel momento in cui la Chiesa è diventata latina, essa aveva 800 anni. Era allora nella sua quarta età, godendo di una pace e di una tranquillità perfette. Fu libera da ogni eresia per duecento anni, fino a Berengario il Sacramentario, che insorse contro di essa nelle Gallie. Questo eresiarca negò, come abbiamo già detto, la transustanziazione e la presenza reale del corpo e del sangue di Nostro Signore Gesù Cristo nella Santissima Eucaristia. satana, o l’angelo dell’abisso, non può soffrire che la Chiesa sia in pace; perciò, cercò più volte dopo Berengario di continuare la guerra contro la Chiesa per mezzo di uomini empi, come vediamo nella Storia Ecclesiastica. Ma tutti i suoi sforzi furono paralizzati, e causarono piccolo o nessun danno alla Chiesa, che riuscì sempre a sopprimere gli eretici con la pietà dei suoi principi, con la vigilanza dei suoi Pontefici, e soprattutto con la protezione di Dio. Se esaminiamo le varie eresie, possiamo vedere che hanno preparato il mostro Lutero, quel drago infernale a cui la Germania diede la luce nel 1517, e il cui scopo evidente era la completa rovina della Chiesa latina. Questo eresiarca richiamò dall’inferno tutte le eresie precedenti e le vomitò dalla sua bocca impura contro questa Chiesa, come vedremo in seguito. È dunque chiaro, da quanto abbiamo appena detto, perché San Giovanni, scrivendo per la Chiesa universale, dà il nome di questo angelo dell’abisso in tre lingue: è per farci capire che si tratta sempre dello stesso demone, già re, capo e dottore dei Goti e dei Vandali, che presiedeva alla setta di Ario attraverso i Longobardi. Ed è questo stesso diavolo che sarà il capo, il re, il dottore e il seduttore di tutti gli eretici che verranno in seguito, e specialmente di quelli dei nostri giorni che negano il Capo visibile della Chiesa.

Vers. 12Il primo “guai” è passato, ed ecco altri due “guai” che vengono dopo.

§ II.

Del sesto angelo che suona la tromba.

CAPITOLO IX. – VERSETTI 13-19

Et sextus angelus tuba cecinit: et audivi vocem unam ex quatuor cornibus altaris aurei, quod est ante oculos Dei, dicentem sexto angelo, qui habebat tubam: Solve quatuor angelos, qui alligati sunt in flumine magno Euphrate. Et soluti sunt quatuor angeli, qui parati erant in horam, et diem, et mensem, et annum, ut occiderent tertiam partem hominum. Et numerus equestris exercitus vicies millies dena millia. Et audivi numerum eorum. Et ita vidi equos in visione: et qui sedebant super eos, habebant loricas igneas, et hyacinthinas, et sulphureas, et capita eorum erant tamquam capita leonum: et de ore eorum procedit ignis, et fumus, et sulphur. Et ab his tribus plagis occisa est tertia pars hominum de igne, et de fumo, et sulphure, quae procedebant de ore ipsorum. Potestas enim equorum in ore eorum est, et in caudis eorum, nam caudæ eorum similes serpentibus, habentes capita: et in his nocent.

[E il sesto Angelo diede fiato alla tromba: e udii una voce dai quattro angoli dell’altare d’oro, che è dinanzi agli occhi di Dio, la quale diceva al sesto Angelo, che aveva la tromba: Sciogli i quattro angeli che sono legati presso il gran fiume Eufrate. E furono sciolti i quattro angeli che erano preparati per l’ora, il giorno, il mese e l’anno a uccidere la terza parte degli uomini. E il numero dell’esercito a cavallo venti mila volte dieci mila. E udii il loro numero. E così vidi nella visione i cavalli: e quelli che vi stavano sopra avevano corazze di colore del fuoco, del giacinto e dello zolfo, e le teste dei cavalli erano come teste di leoni: e dalla loro bocca usciva fuoco, e fumo, e zolfo. E da queste tre piaghe; dal fuoco, dal fumo e dallo zolfo che uscivano dalle loro bocche fu uccisa la terza parte degli uomini. Poiché il potere dei cavalli sta nelle loro bocche e nelle loro code. Le loro code, infatti, sono simili a serpenti, hanno teste, e con esse recano nocumento.]

I. Vers. 13. – E il sesto angelo suonò la tromba. Quando dunque il regno dei Longobardi e dei Goti fu distrutto e l’eresia di Ario fu consegnata all’inferno, la Chiesa di Cristo godette di un perfetto riposo e non ebbe nessuna eresia da deplorare dall’anno 800 d.C. fino all’apparizione del diacono Berengario nelle Gallie nell’anno 1048, che osò negare la presenza reale di Gesù Cristo nella Santissima Eucaristia. Nell’anno 1117, Durando di Wandoch insegnò, con un altro settario in Aragona, che il matrimonio non è che un concubinato sotto mentite spoglie; ma entrambi furono bruciati, e così fu messa fine all’eresia nascente. Ugualmente tutte le eresie che apparvero furono soppresse dalla loro origine, così che la Chiesa latina e l’Impero d’Occidente non ebbero alcun evento avverso considerevole da deplorare fino al 1517, quando Martin Lutero, che può essere considerato il principe degli eresiarchi, apparve in Germania. Il santo Profeta non descrive tutti i mali minori che colpiranno la Chiesa, ma si limita ai principali, lasciando da parte quegli eresiarchi intermedi e poco importanti che furono solo, come abbiamo detto, il prodromo della grande sventura che stiamo per descrivere. E questo è il motivo per cui si applica a raffigurare in questa quinta epoca, e sotto la figura del sesto angelo che suona la tromba, il più grande e terribile degli eresiarchi, con tutti i suoi caratteri e con tutte le conseguenze dei suoi errori. Basta esaminare il contesto, la natura e il carattere di questo eresiarca e dei suoi errori, per essere convinti che si tratti effettivamente di Martin Lutero che San Giovanni designa letteralmente con il sesto angelo che ha suonato la tromba.

1º Poiché lucifero, il re delle tenebre, trovò in Lutero uno strumento utile per l’esecuzione dei suoi piani, lo scelse come suo capo nella guerra di sterminio che stava per dichiarare contro la Chiesa latina. lucifero diede a questo monaco, per guidarlo, un dottore di consumata malizia e astuzia, che San Giovanni chiama giustamente l’angelo dell’abisso e il dottore di tutti gli eresiarchi, come abbiamo visto sopra, e il cui nome in latino significa Sterminatore. Ora, si sa che Lutero stesso si è spesso gloriato di questo nome, che in effetti gli si addice.

2° Di conseguenza, Martin Lutero deve essere considerato il peggiore ed il più pericoloso di tutti gli eresiarchi, poiché vomita errori contro la Chiesa latina che sono così perversi e numerosi al punto che non c’è un solo punto di fede o di morale che questo eretico o i suoi seguaci abbiano lasciato intatto. Ne seguì una tale confusione di idee, e gli spiriti erano così divisi tra loro, che questo male può essere considerato come un andare all’infinito. Infatti, non si troverà nemmeno una provincia, una città, una frazione, una famiglia, come dire, nemmeno due uomini della stessa casa, che siano d’accordo tra loro su tutti i punti della loro credenza. Il principio fondamentale di questo male ha la sua fonte nella libera interpretazione e nell’esame privato della Sacra Scrittura. Ed è da questo principio che sono sorte un’infinità di sette diverse, i cui principali e primi capi furono Thomas Münzer, Giovanni Ecolampadio, Andrea Carlostadio, Zwinglio, Giovanni Calvino, George David, Christopher Schapler, Philippo Melantone, Martin Bucer, Giovanni di Westfalia, Balthasar Parimontano, Giovanni di Leide, John Spangenberg, Michel Servet, John Brenz, Theodore Bezel, Luke Sterenberg, che erano deisti o trinitari; Louis Alemann che era ateo, ecc. Si veda il catalogo di Lindau, vescovo di Rüremonde, su Martin Lutero, e sull’origine e la patria di tutti gli eresiarchi di quel tempo.

3° Abbiamo imparato fin troppo bene a conoscere, per nostra disgrazia, il carattere peculiare di questa eresia, che è quello di eccitare alla guerra e alla sedizione, come Lutero stesso si compiaceva di pubblicare nei suoi discorsi e scritti, e secondo l’espressione preferita di Zwinglio: Il Vangelo richiede sangue. Questa dottrina sediziosa e sanguinaria di Lutero, proclamata e predicata pubblicamente con libelli e predicazioni contro Dio ed i monarchi, causò davvero un terribile spargimento di sangue. Eccitati dalla voce di Lutero, e stimolati alla rivolta da Münzer, Carlostadio, Bucer e altri, una massa di uomini fuorviati, noti con il nome di “contadini”, invasero i monasteri e le chiese di Svevia, Alsazia, Turingia e Franconia, per saccheggiarli e distruggerli. Nella sola Franconia furono saccheggiati fino a 300 monasteri e 180 castelli. Questi ribelli non risparmiarono né persone né beni, e si abbandonarono a tali eccessi nei massacri che facevano dei nobili, che fu intrapresa una guerra aperta contro i contadini, in cui caddero più di 130.000 di questi insensati. Quante vittime dovettero pagare con il loro sangue il furore di Zwinglio nella guerra civile che afflisse così crudelmente la Svizzera! Seguirono le guerre di Francia e Belgio, iniziate nel 1595; poi la guerra di Smalkade, nel 1547; la guerra di Livonia; il massacro di San Bartolomeo, o la guerra civile scatenata da Calvino, che fu preso per un dittatore; e infine la guerra dei protestanti propriamente detta, o guerra dei trent’anni, che iniziò nell’anno 1618 e durò quasi ininterrottamente fino al deplorevole trattato di pace che fu così fatale alla Religione Cattolica, nell’anno 1650. Quante migliaia e persino milioni di vittime caddero in Europa per il ferro, per il fuoco e per la peste? Quante migliaia di Cattolici persero la vita in Inghilterra, specialmente al tempo di Elisabetta, con la pena capitale e per altri tormenti? Lo spirito di questa eresia era così sanguinario, che non risparmiava nemmeno i suoi stessi re e principi: ne troviamo un orribile esempio dato recentemente dagli scozzesi, che hanno tradito e consegnato il loro legittimo sovrano, Carlo Stuart, e dagli inglesi, che lo hanno fatto decapitare con pubblica sentenza, senza nemmeno averlo ascoltato.

4°. L’eresia di Lutero causò tre grandi e orribili mali alla Chiesa e all’Impero Romano, che potrebbero essere paragonati a tre piaghe. Il primo fu la confusione e l’oscuramento delle verità della fede, derivanti da errori opposti tra loro, la cui varietà è sorprendente come il loro numero. Il significato legittimo della Scrittura fu quasi interamente corrotto da Lutero e dai suoi empi seguaci; le versioni della Bibbia furono pubblicate in un numero così grande e così poco conforme l’una all’altra, che non si sapeva più cosa credere o rifiutare. – Il secondo male fu come un grande fuoco acceso nelle menti degli uomini, che raggiunse un tale livello di irritazione che li vide sollevarsi gli uni contro gli altri, stati contro stati, regni contro regni. Tanti orribili e crudeli massacri che si susseguivano quasi senza interruzione, e per così tanto tempo, costarono la vita di centinaia di migliaia di uomini. Tale fu la terribile conseguenza di questa libertà, o piuttosto di questa licenza, che fu predicata al popolo per persuaderlo che né gli uomini né gli Angeli avevano alcun diritto di imporre loro delle leggi, se non nella misura in cui erano disposti ad accettarle. Il celibato era stato definito una tirannia. Il potere e la giurisdizione del Sommo Pontefice, dei Vescovi e dei prelati della Chiesa, furono tenuti in disprezzo, e tutti i precetti ecclesiastici furono violati. Il diritto di impadronirsi dei beni, dei principati e delle dignità della Chiesa era attribuito ai principi temporali, mentre i sacerdoti avevano solo il diritto di essere mantenuti. Gli inferiori si ribellarono ai loro superiori e ci si scrollò dal giogo del Signore. Gli stessi ecclesiastici si spogliavano delle loro vesti per sposarsi. I principi e i nobili cominciarono a odiare il Sommo Pontefice, i Vescovi e i sacerdoti, spogliarono i vescovadi, le prebende, i benefici e i monasteri, etc. e quando l’imperatore volle impedirglielo, presero le armi e si rivoltarono contro di lui. Chi vuole saperne di più su questa tragedia infame, legga la storia degli eventi che si svolsero dal 1525 al 1650. Ma non abbiamo ancora visto la fine di questi mali in Inghilterra, Scozia e Irlanda, e la Germania non sarà in pace a lungo. Ora, chiunque esamini attentamente e spassionatamente la causa di queste disgrazie, sarà costretto ad attribuirla unicamente a questa terribile eresia. – 3) Il terzo male che produsse fu la corruzione di tutta la morale e la disciplina, sia ecclesiastica che civile; perché è noto che non c’è un solo punto della morale e di tutto ciò che riguarda i buoni costumi, che Lutero non abbia avvelenato col suo respiro pestilenziale. Da ciò possiamo concludere che questo eresiarca non solo ha condotto una guerra spirituale o morale, ma che ha attaccato e addirittura sconvolto, politicamente parlando, quasi tutto l’Impero Romano.

5°. Il linguaggio di Lutero e dei suoi seguaci era presuntuoso, superbo ed audace, tanto da non risparmiare alcuna cosa, per quanto santa, né alcuna verità, anche la più antica e meglio stabilita. La sua bocca, come quella di un leone, strappava e divorava tutto; vomitava, per così dire, sarcasmo, disprezzo e calunnie contro l’autorità del Sommo Pontefice, e contro la scienza e la virtù dei santi Padri, non risparmiando nella sua furia né uomini, né Angeli, nemmeno la santissima Trinità. Per convincercene, leggiamo i suoi scritti, e soprattutto i discorsi pubblici che fece nelle assemblee di Worms, e in particolare quello del De Destructione, che è il più importante lib. Contro il re d’Inghilterra.

6° Questa eresia invase in breve tempo non solo tutta la Germania, ad eccezione della Baviera e del Tirolo, ma anche quasi tutti i popoli del Nord. Si diffuse in Francia, Belgio, Ungheria e Polonia. Inghilterra, Scozia, Danimarca, Svezia e quasi tutte le città imperiali si separarono dalla Chiesa latina. Come un torrente devastante, trascinò dietro di sé i principi dell’impero, e prese un tale incremento di forza ed estensione, che si diffuse in breve tempo e si estese e continua ad estendersi per terra e per mare, poiché la sua dottrina lusinga il potere e l’avarizia dei principi, e il gusto depravato di una generazione carnale. – satana, non potendo fare nulla nel mondo da solo, si servì di Lutero per permesso divino, ed ebbe fin troppo successo nell’esecuzione dei suoi piani infernali, perché ogni carne aveva corrotto le sue vie, e nessuno si accontentava di vivere secondo la sua condizione. Il popolo cercava la licenziosità, i principi e i nobili gli onori e le ricchezze, e il clero, disgustato dal celibato, si dava alle voluttà. C’è dunque da meravigliarsi che tutti questi stati abbiano accettato così facilmente la lusinghiera ma perversa dottrina di Lutero? È a questa generazione perversa che San Paolo rivolge queste parole così piene di verità (II Tim. IV, 3): « Verrà il giorno in cui gli uomini non sopporteranno più la sana dottrina e moltiplicheranno a loro piacimento i maestri che lusingheranno il loro orgoglio; e chiuderanno i loro orecchi alla verità e li apriranno alle favole. » Le affermazioni di Lutero erano così stravaganti che ogni uomo ragionevole deve essere colto da stupore nel vedere monarchi così grandi innamorarsi di esse; ma, ahimè, questi principi hanno moltiplicato i maestri a loro piacimento, che hanno lusingato il loro orgoglio e la loro lussuria, come fanno tuttora.

7° Infine, questa eresia di Lutero distillò un veleno ancora più fatale nella pseudopolitica e nell’ateismo, i cui principali propagatori furono Machiavelli, Bodin ed altri. Infatti, le loro opere sono venerate da principi, nobili e molti uomini illustri che tuttavia si vantano di essere Cattolici. E questo nuovo, mascherato sotto apparenze lusinghiere per i sensi, infetta ed avvelena negli spiriti degli uomini tutto ciò che i primi errori, che ne sono gli elementi, avevano lasciato intatto. La sua essenza pestilenziale si è insinuata nei consigli dei principi, degli Stati e delle repubbliche, che ispira, governa e dirige. – È attraverso di essa che tutto viene detto, sentito, tollerato, permesso e attuato contro la verità e la giustizia. E questa è la coda e le conseguenze finali di questo drago e della sua fatale dottrina. Perché Machiavelli e Bodin, e soprattutto i seguaci di Calvino, raccolsero questa essenza di veleno dalle piante del campo dell’errore, e la mescolarono con lo spirito infernale, per produrre sulle anime l’effetto che Lutero stesso non era stato in grado di ottenere. Fu infatti con l’infusione di questa essenza nelle menti e nei cuori che lucifero riuscì ad impedire la vera riforma e la conversione del mondo alla fede cattolica. Con questo mezzo rese impossibile la restituzione dei beni della Chiesa, insegnò agli uomini a nascondere la fede e impregnò gran parte della nobiltà di principi falsi e abominevoli. Con questo rese inutili tutti gli sforzi che sono stati tentati con la discussione ed anche con la forza delle armi, per guarire l’Europa e specialmente la Germania. È proprio vero che la saggezza o piuttosto l’astuzia di questo mondo prevale facilmente sugli uomini! (Luca, XVI, 8): « I figli di questo mondo sono più abili dei figli della luce nel condurre i loro affari. » Abbiamo visto le parole di Gesù Cristo adempiersi in Germania, (Matth. XII, 43): « Quando lo spirito immondo esce da un uomo, vaga in luoghi aridi, cercando riposo, e non lo trova. E dice: “Tornerò a casa mia da dove sono venuto”. E quando ritorna, la trova vuota, pulita e adornata. Poi va e prende con sé altri sette spiriti più malvagi di lui, ed entrando vi dimorano, e l’ultimo stato di quell’uomo diventa peggiore del primo; e così sarà questa generazione criminale. » Vediamo, infatti, tutte le eresie moderne risolversi in una sola, e finire nello pseudopoliticismo e nell’ateismo. Ognuno si forma una coscienza ed una religione a sua scelta, che basa sui suoi principi politici. Cos’altro è la religione degli pseudo-politici e degli atei se non pura ipocrisia? Poiché essi dicono in cuor loro: che mi importa della religione? Dio non esiste, è una parola; non c’è altra vita che questa. E così si prendono gioco delle più grandi verità. È di questa razza empia che parla il santo re Davide quando dice: (Sal. XIII, 1): « Lo stolto ha detto in cuor suo: “Non c’è Dio”. Sono perversi e corrotti, e sono abominevoli in tutti i loro affetti. Non ce n’è uno che faccia del bene, neppure uno….. La loro gola è un sepolcro aperto; hanno usato la loro lingua per ingannare con abilità; il veleno degli aspidi è sotto le loro labbra. La loro bocca è piena di maledizioni e di amarezza; i loro piedi si affrettano a spargere sangue. Tutte le loro vie tendono solo ad affliggere ed opprimere gli altri; essi non hanno conosciuto la via della pace; il timore del Signore non è davanti ai loro occhi; non capiranno questi operatori di iniquità, che divorano il mio popolo come un pezzo di pane? Etc. » Da questo compendio storico passiamo ora al testo.

II. Vers. 13E il sesto angelo suonò la tromba. Questo sesto angelo era Martin Lutero, il principe degli eresiarchi, e uno di quelli descritti sotto le sette trombe. Egli suonò la sua declamando contro le indulgenze e diffondendo i suoi orribili errori, con i suoi discorsi, con i suoi scritti e con i suoi seguaci. (De occasione et causa hujus apostasiæ vide Doctorem Gabriel. Prateolum, Marcassium, Lib. 10. Elench. Alfabet. Hæreticorum). Fu contro questo eresiarca che si riunì il Concilio Ecumenico di Trento, sotto gli imperatori Carlo V e Ferdinando, e con i Pontefici Paolo III, Marcello II, Paolo IV, Pio IV e Pio V. Lutero fu condannato all’unanimità come eretico, i suoi libri erano già stati condannati a Roma il 7 luglio 1520, ed egli stesso era stato scomunicato in precedenza da Leone X, lo stesso Papa che aveva concesso e pubblicato le indulgenze della Chiesa in Germania. La cura di questa pubblicazione era stata affidata all’Elettore di Magonza, il quale, secondo l’usanza, la affidò ai Domenicani; e fu questo che eccitò la gelosia, l’avarizia e l’orgoglio di Lutero e dei suoi seguaci, fino all’apostasia. E udii una voce dai quattro angoli dell’altare d’oro, che è davanti a Dio.

Vers. 14. – Una voce disse al sesto angelo che aveva la tromba: Slegate i quattro angeli che sono incatenati sul grande fiume Eufrate. Con l’altare, San Giovanni designa qui la Chiesa universale, ovvero i prelati, i Vescovi, i dottori ed i sacerdoti uniti al loro capo, il Sommo Pontefice. Essi sono veramente chiamati l’altare, perché è in essi e attraverso di essi che le preghiere e le buone opere del Cristianesimo sono offerte quotidianamente a Dio Padre attraverso Gesù Cristo; ed è da questo altare che l’incenso del pentimento e del dolore sale al cielo. Perciò questo altare è chiamato d’oro, perché solo la Chiesa è continuamente illuminata dalla saggezza eterna che l’oro rappresenta. Si dice anche che questo altare sia davanti a Dio, perché la Chiesa Cattolica è sempre presente agli occhi del Signore, che la custodisce e la protegge in modo molto speciale, e le impedisce di cadere in qualsiasi errore o di essere vinta da qualsiasi nemico. Se i suoi membri sono colpevoli di qualche colpa, Egli li castiga e li corregge come un buon Padre, secondo la Sua promessa in Paralipomeni, II, c. VII, 15, a proposito del tempio di Salomone, che era la figura della Chiesa Cattolica: « I miei occhi saranno aperti e i miei orecchi attenti alla preghiera di chi mi invoca in questo luogo, perché ho scelto questo luogo e l’ho santificato, affinché i miei occhi e il mio cuore siano sempre fissi su di esso. » Così una cosa che è davanti a Dio significa, secondo la Scrittura, la cura, la sollecitudine, la preoccupazione e l’amore paterno del Signore per essa. Ora, tale è la Chiesa di Gesù Cristo, che Egli ha acquistato con il Suo prezioso sangue. Abbiamo un esempio di questa sollecitudine e vigilanza nella storia naturale degli animali: chi non ha avuto occasione di ammirare nelle femmine degli uccelli la loro vigile sollecitudine e le loro ali di protezione per i loro piccoli? – Questo altare di cui parla San Giovanni nel suo testo, aveva quattro angoli, per significare ancora meglio la Chiesa che si estende nelle quattro parti del mondo, in Oriente e in Occidente, nel Nord e nel Sud; e come la Chiesa universale sia l’assemblea di tutti i fedeli del mondo riuniti sotto un solo capo, che è il nostro santo Padre il Papa, e poiché ogni volta che si riunisce in un Concilio generale, tutti i prelati e tutti i dottori del mondo sono convocati, ecco perché troviamo queste parole piene di significato e di verità nell’Apocalisse: E udii una voce che veniva dai quattro angoli dell’altare d’oro. Questa voce era la voce del Santo Concilio di Trento che usciva dai quattro angoli dell’altare. Era uno, perché questo Concilio era generale e condannò con voce unanime, e consegnò a satana, l’empio Lutero con tutti i suoi errori. Questa voce disse al sesto angelo, Martin Lutero, che aveva la tromba, e al quale Dio aveva permesso di predicare, di propagare, di diffondere da sé e dai suoi seguaci, gli errori più numerosi, più vari e più biechi, che le sue passioni sfrenate, il suo orgoglio indomabile e la sua impareggiabile audacia, erano stati in grado di produrre. Scatenare i quattro angeli; è un modo di parlare per provocare qualcuno alla battaglia e dichiarargli guerra, quando tutti gli altri mezzi di pacificazione sono stati esauriti per risolvere una questione urgente e necessaria. Così procedette Gesù Cristo quando vide che il diavolo era entrato nel cuore di Giuda, che doveva tradirlo e consegnarlo ai Giudei, e gli disse, (Jo. XIII, 27): « Fai presto quello che stai per fare ».  Ed è così che noi stessi agiamo quando vediamo che non c’è altro modo di sfuggire ad un nemico che una giusta difesa; ci prepariamo risolutamente alla battaglia e attacchiamo senza paura il nemico che ci insulta. Questa espressione imperativa: “Slegate“, non è dunque altro che una provocazione alla guerra spirituale contro la furia di satana e di tutto l’inferno, che si serviva di questo eresiarca per cercare di sterminare la Chiesa latina. Abbiamo detto che questa espressione di “Slegate” è imperativa, ordinando al Sovrano Pontefice e al Concilio di Trento, in effetti, di emettere una sentenza di scomunica e di condanna contro l’empio Lutero ed i suoi seguaci; e questa fu l’occasione che più accese la sua furia e lo eccitò alle più vergognose diatribe contro i Sovrani Pontefici, contro i santi Concili, le indulgenze, il celibato, le dignità, il potere, l’autorità ed i beni ecclesiastici. Di questo ci si può convincere per mezzo dei suoi scritti e dei suoi discorsi. Inoltre, questo nemico infernale sobillava i principi dell’impero, il popolo e persino gli ecclesiastici contro il Papa, i Vescovi ed i prelati, cercando sempre e con ogni mezzo di sterminare la Chiesa. Questo, almeno, si vede chiaramente negli sforzi che sono stati fatti e vengono fatti ancora al giorno d’oggi. Slega i quattro angeli che sono incatenati sul grande fiume Eufrate. Con il grande fiume Eufrate intendiamo l’Impero Romano che è chiamato un grande fiume. – 1°. Per la moltitudine di popoli che la compongono. Perché l’Europa, che appartiene interamente a questo impero, è molto popolosa, secondo queste parole dell’Apocalisse … (c. XVII, 15): « Le acque che hai visto, dove siede la prostituta, sono i popoli, le nazioni e le lingue. » 2° Perché l’Eufrate era uno dei quattro grandi fiumi del paradiso terrestre, secondo la Genesi, (II, 14): « Il quarto fiume è l’Eufrate »; così l’Impero Romano era uno dei quattro principali imperi del mondo e anche il più grande, il più potente ed il più durevole, come vediamo nella storia romana e nelle profezie di Daniele, II. – Quale non fu la potenza di questo impero, che era come il ferro, e che, come il ferro, rompeva e sottometteva tutti i re della terra e li rendeva ad esso tributari, anche se attualmente questo impero è molto piccolo, ed anche così diviso, in cui si vede solo confusione, come il Profeta aveva predetto. 3º Come l’Eufrate è molto grande verso la sua sorgente, ma poi si divide in vari fiumi, così l’Impero romano fu dapprima immenso, poi diminuì col tempo e si divise in vari regni e repubbliche che si separarono da esso o per ribellioni, o per defezioni dalla fede cattolica, o infine per qualche altra circostanza; così che ora ne rimane solo una piccola parte, piena di problemi, come abbiamo detto. Il numero quattro è spesso usato per esprimere la totalità di una cosa; così vediamo in San Matteo, XXIV, 31: « Egli manderà i suoi angeli con una tromba e un grande rumore, ed essi raccoglieranno i suoi eletti dai quattro venti », cioè tutti gli eletti. Ora, allo stesso modo, i quattro angeli menzionati qui da San Giovanni devono essere intesi come l’universalità dei malvagi che Lutero ha convocato per fare guerra alla Chiesa di Dio. E questi malvagi si dividono in due categorie: 1. Quella degli ecclesiastici che questo eresiarca reclutò tra il suo stesso popolo e tra un numero infinito di altri ordini religiosi e secolari, come Carlostadio, Munzer, Ecolampadio, Zuinglio, Calvino e un gran numero di altri. 2. La seconda categoria è costituita dai principi dell’impero e dai cosiddetti dottori della Riforma, che Lutero scatenò come bestie feroci contro gli imperatori e i re, per distruggere le chiese e i monasteri e per impadronirsi dei beni ecclesiastici e dei vescovadi. Fece tutto questo soprattutto in odio al Sommo Pontefice, ai Vescovi e ai sacerdoti, e per avversione alla Chiesa e alla fede cattolica, che i santi Padri, i Dottori e tutti i Santi hanno sempre adornata, mantenuto pura e incontaminata attraverso tutte le epoche e le difficoltà del tempo. I più perversi di questi principi empi e aggressori furono l’Elettore di Sassonia, che abolì i vescovadi e tutti i monasteri nei suoi stati, gli Elettori di Brandeburgo, di Heidelberg, di Brunswich, il Langravio d’Assia, i re di Svezia, di Danimarca e d’Inghilterra, ed un numero infinito di altri principi, duchi, marchesi, conti palatini, baroni e nobili. Tutto il Nord e anche quasi tutto l’Impero Romano d’Oriente, d’Occidente e del Nord si sono uniti contro la Chiesa Latina, al suono della tromba di questo sesto angelo, perché nessuno di loro poteva sopportare la sana dottrina del Santo Concilio di Trento. Slega i quattro angeli che sono incatenati dal potere dell’Impero; perché questi empi erano trattenuti dalla forza e dal giogo del potere di Dio che l’Impero Romano rappresentava, e cercavano di rompere le loro catene ululando come cani incatenati. Perché in quei giorni i principi dell’impero, i re e molti degli ecclesiastici erano come il cane furioso e lo stallone che nitrisce, a causa delle loro passioni sfrenate e della loro sete di ricchezze e di onori. Ma Dio nella sua potenza li tenne legati fino a quando la misura delle iniquità dell’Impero Romano fu piena, e la vendetta divina permise che questi uomini empi fossero sciolti da Lutero, per castigare quell’Impero e la sua Chiesa Latina. È quindi giusto che il testo dica: “Slegate i quattro angeli“, per indicare il permesso divino, senza il quale i nostri nemici rimangono incatenati ed incapaci di fare del male. La Germania e perfino l’Impero Romano avevano da molto tempo questo principio malvagio nel loro seno, e questi terribili disastri sarebbero avvenuti prima, se Dio non li avesse ritardati per aspettare che i peccatori facessero penitenza. Poiché tutti gli stati e le condizioni avevano corrotto i loro modi, i sudditi non volevano più obbedire, gli ecclesiastici violavano la disciplina e, considerando il celibato insopportabile, reclamavano a gran voce il matrimonio. Principi e nobili divennero insaziabili e bramarono altri onori, ricchezze e dignità. La vista di ricchezze in prebende, vescovadi e prelature suscitò la loro avarizia, e nella loro gelosia concepirono l’odio più profondo contro coloro che le possedevano. Per controllarli, aggiunsero la calunnia agli scandali di cui il clero ha purtroppo fornito tanti esempi. Tutti gli uomini hanno dimenticato Dio sulla terra e si sono immersi fino al collo nel fango della voluttà, degli onori, delle ricchezze. Così tutto fu preparato per una rovina generale che Dio, nella sua misericordia, trattenne per un po’ di tempo, finché finalmente lasciò esplodere la sua ira. Tale fu il destino dell’Impero Romano e della Chiesa Latina, che iniziò nell’anno 800 dell’era cristiana, quando passò ai Germanici, e continua fino ad oggi. Vediamo, dunque, nella loro storia che dalla loro origine fino all’anno 1517, cioè nello spazio di sette secoli, furono liberi da ogni eresia e rovina, eccetto solo quella di Berengario e di pochi altri eretici di poca importanza che abbiamo menzionato; infatti la mano di Dio teneva legato satana e tutti questi eresiarchi, che possono essere considerati come i prodromi del male, come abbiamo già detto, e non riuscirono mai a portare la furia dell’inferno contro la Chiesa fino al giorno della vendetta celeste.

III. Vers. 15E subito furono sciolti i quattro angeli, che erano pronti per l’ora, il giorno, il mese e l’anno in cui avrebbero dovuto uccidere la terza parte degli uomini. In queste parole seguono gli effetti del permesso divino con cui Lutero ottenne il grande potere delle tenebre per commettere con il massimo successo gli orribili mali con cui afflisse così crudelmente la Chiesa latina. Perché non è solo il male che ha fatto sugli uomini del suo tempo; ma dobbiamo considerarlo come il grande colpevole e la causa prima di tutti i disastri che i suoi errori hanno prodotto e produrranno ancora in futuro. Il primo di questi mali fu l’effervescenza che eccitava su un numero quasi infinito di ecclesiastici di ogni grado e condizione, insegnando loro, con la sua dottrina, a liberarsi del giogo della disciplina della Chiesa, e poi ad andare in giro per l’Europa come cavalli sfrenati, manifestando i loro desideri carnali con orribili nitriti, e pervertendo milioni di uomini con i loro scandali. Il secondo di questi mali fu quello di eccitare con discorsi e scritti i principi dell’impero alla più lunga e disastrosa guerra che sia mai stata o sarà.  E subito i quattro angeli furono sciolti, vale a dire, all’insieme degli empi e dei malvagi fu permesso di essere pronti e, per così dire, arruolati sotto le bandiere di lucifero, al quale furono venduti per fare il male, come fece Achab in passato, (III. Reg. XXI), che disse a Elia: « In cosa mi hai trovato tuo nemico? Ed Elia gli rispose: Perché tu ti sei venduto per fare il male agli occhi del Signore. » Noi vediamo un tale principe nella persona di Federico V che, insieme ai suoi alleati, fece versare in sì grande abbondanza il sangue dei Cristiani. Tali furono anche Enrico VIII, re d’Inghilterra, Elisabetta sua figlia, e successivamente Gustavo Adolfo, re di Svezia, che, a capo dei protestanti, divorò quasi tutta la Germania fino al midollo delle ossa, dopo averla sottoposta ai più sanguinosi oltraggi che possano umiliare una nazione. È fin troppo noto, infatti, l’orribile spargimento di sangue che questo principe provocò, così come i suoi stupri, le sue vessazioni, i suoi omicidi, i sacrilegi, ed altre infamie. Ora la prima fonte di questi incalcolabili mali, passati e futuri, fu la dottrina di Lutero. – E subito i quattro angeli, che erano pronti per l’ora, il giorno, il mese e l’anno, etc. Con questo l’Apostolo designa i vari periodi delle guerre del protestantesimo, i cui tempi sono fissati all’ora, al giorno, al mese e all’anno, secondo quanto piace alla volontà divina di permettere ai capi delle guerre di fermare e di determinare l’esecuzione dei loro piani. Dove dovevano uccidere la terza parte degli uomini. Qui l’Apostolo indica un numero definito per esprimersi in modo indeterminato; e con questa terza parte degli uomini si intende la maggior parte dei Cristiani che sono stati e saranno effettivamente uccisi da queste guerre. Per uomini, intendiamo indistintamente i buoni e i cattivi, i Cattolici e gli empi, che queste guerre dovevano e devono ancora coinvolgere. Per l’ora, il giorno, il mese e l’anno sono appositamente designati i periodi principali delle guerre protestanti; così l’ora indica chiaramente la guerra dei contadini, che durò poco tempo, e nella quale, tuttavia, 130.000 uomini furono uccisi dalla Lega svedese e da Antonio di Lorena. L’ora indica anche le guerre civili in Svizzera in Francia e in Belgio che furono brevi ma crudeli. Il giorno indica la guerra smalcadica che fu più lunga di quella dei contadini, ma che fu comunque abbreviata dall’imperatore Carlo V, famoso per le sue brillanti vittorie sui nemici più formidabili. Il mese annuncia la violenta guerra conosciuta come la Guerra dei Trent’anni, che durò dal 1619 al 1649. Questi trent’anni sono infatti designati dai trenta giorni del mese; perché sappiamo che nei profeti un giorno conta come un anno. Infine, per l’anno, l’Apostolo indica tutte le guerre e le sedizioni che avranno luogo in Europa, fino all’estinzione di questa crudele eresia.

Vers. 16. – E il numero di questo esercito di cavalleria era di duecento milioni. Con questo esercito, San Giovanni designa in generale tutte le milizie e le truppe che l’Europa, nelle diverse circostanze, ha messo sul piede di guerra, e continuerà a mettere per i quattro angeli, a causa di questa eresia empia e sanguinaria; ed il numero di queste milizie supererà tutto ciò che si poteva credere e supporre riguardo alle risorse dell’Europa. Eppure, sembrerebbe che questa guerra dovesse essere già esaurita, se consideriamo tutte le battaglie sanguinose di cui è già stata teatro per 125 anni. Infatti, quasi tutti i regni, principati e repubbliche furono insanguinati a causa di questi errori, come si vede da quanto precede. Ora, se sommiamo i numeri di tutte queste truppe, otterremo un numero incredibile, che San Giovanni stesso indica con una cifra prodigiosa in questi termini: E il numero di questo esercito di cavalleria era di duecento milioni. Diciamo un numero prodigioso, e il lettore sarà d’accordo con noi, se considera il numero ancora più sorprendente di fanteria che questa cavalleria così numerosa presuppone secondo l’arte della guerra. Anche il Profeta non si esprime in altro modo per non dire nulla di superfluo, ed infatti non annuncia un solo esercito, poiché ce ne sono stati e ce ne sarà un numero molto grande. Il suo scopo è quello di farci capire che tutti questi eserciti, per quanto numerosi e diversi possano essere, non formano che un unico esercito, moralmente parlando, poiché tutti devono tendere allo stesso fine e servire la stessa causa, che è quella di combattere per o contro i principi di Lutero. Tutte queste truppe sono uno strumento nelle mani di Dio per castigare questa epoca carnale con il massacro della terza parte degli uomini. Perché ho sentito il loro numero. Con queste parole il Profeta vuol dire che non è a caso, né senza motivo, che cita questo numero definito indicando un altro numero indeterminato; ma egli stesso afferma che questo numero di duecento milioni gli è stato indicato e che l’ha sentito in spirito.

IV. Vers. 17. – E così i cavalli mi sono apparsi nella visione. Il Profeta passa ora dalla descrizione dei mali fisici alla descrizione dei mali spirituali o morali di questa eresia. E, in primo luogo, descrive come ha visto la natura e le proprietà di questo esercito spirituale. Egli dice che i cavalli gli sono apparsi in questo modo nella visione. Ora questo modo di vedere è puramente intellettuale, ed è perfettamente adatto al suo oggetto, che è la guerra spirituale, così come l’altro modo di sentire, che presuppone una partecipazione fisica dell’orecchio, era adatto al primo dettaglio dei mali materiali. E così i cavalli mi sono apparsi nella visione. Per cavalli intendiamo i sacerdoti malvagi e gli empi che, avendo gettato via il giogo di ogni disciplina, e avendo abbandonato le briglie delle loro passioni, rinunciarono alla fede cattolica e corsero come cavalli selvaggi dietro a Lutero. Il numero di coloro che manifestavano le loro passioni sfrenate, con una sorta di nitrito dietro le voluttà della carne, era grande come quella di un grande esercito di cavalleria. 1°. Come lo stallone, quando viene messo in libertà, alza la criniera, scodinzola, spumeggia, corre, nitrisce dietro alla sua femmina, e diventa così indomabile da non essere preso da nessuno; così quegli uomini empi e sacrileghi che non hanno saputo mantenersi come eunuchi (Matth., XIX, 12: « Ci sono eunuchi che sono usciti dal grembo di loro madre come tali; ci sono alcuni che gli uomini hanno reso eunuchi da se stessi, per il regno dei cieli: Chi può intendere, intenda »), per il timore di Dio, credendosi liberati dalla dottrina di Lutero, dal vincolo della disciplina ecclesiastica, del celibato e della moralità, cominciarono ad alzare la criniera del loro orgoglio, a lanciare la loro schiuma contro la Chiesa di Dio, a pervertire gli uomini e a correre dietro a tutte le voluttà della carne. Non si lasciavano guidare da nessuno, per poter soddisfare più liberamente le loro passioni, non pensando che si esponevano così ad essere legati, dopo la loro morte, nella prigione eterna dell’inferno. Dobbiamo anche intendere letteralmente, con questi cavalli, i predicatori, cioè i ministri della riforma che hanno vissuto, che vivono ancora, … e che vivranno per preservare e propagare l’opera sovversiva di Lutero. Ora questi sono i maestri di cui parla San Paolo (II Tim., IV, 3), e il loro numero forma una grande armata. – 2 ° Gli stalloni in libertà calpestano tutto sotto i loro piedi, anche le cose più preziose che incontrano, perché sono privi di ragione; ed è così che Calvino, Zuinglio, Ecolampadio, Carlostadio, ed un’infinità di altri, guidati da Lutero, cioè dall’angelo che li ha liberati, hanno calpestato tutto. Come cavalli sfuriati, correvano attraverso il giardino della Chiesa che era in Europa, senza risparmiare nemmeno i fiori di quel giardino, cioè le vergini che avevano dedicato la loro vita ed il loro sangue a Gesù Cristo per preservare la loro verginità. Essi osarono attaccarle con le loro impure sollecitazioni, dicendo che dovevano abbandonare il loro stato e sposarsi. Essi non risparmiarono neppure i maestosi ed antichi alberi dei Santi Padri, alberi così fecondi per la loro dottrina sui sacramenti; né le piantagioni, né le opere, né gli abbellimenti dei Concili generali e provinciali, nemmeno gli orticoltori nella continua successione dei Sovrani Pontefici, da San Pietro all’attuale Papa che rimasero, nonostante queste offese, fermi ed incrollabili come eterni monumenti di verità. Essi attaccarono e cercarono di devastare tutte le piante della Chiesa, che sono tanto numerose quanto sono i miracoli e le virtù cristiane prodotte dalla fede cattolica. I loro piedi sono l’orgoglio, il disprezzo, la presunzione, la pazzia e l’empietà, e con questi piedi essi infangarono o attaccarono il Santo Battesimo, il Cristo, la Beata Vergine, la Santissima Trinità, i Santi Padri, la successione continua degli Apostoli, l’invocazione dei Santi, il libero arbitrio, quel grande dono che Dio ha dato alla natura, e infine, tutti gli articoli della fede e della morale; poiché nulla era al riparo dai loro insulti. Dico la verità e non mento: vorrei che Gesù Cristo mi rendesse anatema per i miei fratelli, che sono gli allemanni, e per tutti gli europei che sono accecati da questi cavalli di emissari, se si potesse, con questo mezzo, aprire i loro occhi alla verità, che si trova solo nella Chiesa Romana Una, Santa, Cattolica e Apostolica. – 3°. Come i cavalli sono leggeri nella corsa, soprattutto se ben cavalcati, così i cavalli emissari di Lutero portarono il veleno del suo errore con una corsa veloce, e in un attimo lo diffusero in tutta Europa, essendo cavalcati dai demoni, che sono i loro cavalieri, come vedremo più avanti. 4° Capestro. I cavalli sono animali molto forti e robusti che, una volta lasciati liberi dalle briglie, possono causare grandi danni a un campo o a una piantagione, e non si lasciano più facilmente domare. Ora, i cavalli emissari di Lutero erano anche molto forti, e nella loro erronea predicazione facevano affidamento sul potere di principi, re, Repubbliche, di ricchi commercianti, di città opulente come lo erano soprattutto agli inizi. Fu con l’aiuto di un tale potente protezione che essi causarono impunemente tanta rovina spirituale alle anime e facendo versare lacrime di sangue in abbondanza. E non sarà facile domarli, a causa del potere dei principi sui quali contano, e ai quali servono da maestri che lusingano il loro orgoglio e la loro avidità, secondo il linguaggio della Scrittura. Questi principi proteggono tali dottori, perché insegnano loro una dottrina conforme ai loro desideri, come, per esempio, mantenere ingiustamente i beni della Chiesa, le prelature, le dignità, i principati ed i vescovadi. – La storia della riforma ci fornisce una chiara prova della difficoltà, soprattutto nei primi tempi, di domare questi cavalli: come quando il pio e potente imperatore Ferdinando II impiegò tutte le sue forze per ristabilire l’ordine pubblico nei suoi stati, rimuovendo questi facinorosi che esponevano anime ad ogni vento di dottrina. Ma è noto che tutti i suoi sforzi furono paralizzati, e che dovette fare la pace con il nemico e accettare un trattato di pace che fece cadere la fede cattolica in uno stato peggiore del primo. Perché tutti i nemici della Chiesa, per quanto divisi possano essere, sono uniti e in perfetto accordo quando si tratta di attaccare gli interessi della fede, o di causarle qualche danno. Troviamo una figura vera, anche se poco lusinghiera di questo accordo degli empi, nella vita agricola: è quando un padrone di fattoria vuole mettere del ferro nel grugno di un maiale per impedirgli di fare di nuocere, che tutti gli altri animali accorrono alle sue grida, e minacciano colui che sta eseguendo l’operazione. E i cavalli mi apparvero nella visione come segue: coloro che li cavalcavano avevano corazze di fuoco, giacinto e zolfo. Con queste parole, il Profeta indica e descrive i cavalieri di questi cavalli che non sono altro che demoni. Si sa, infatti, che Lutero stesso confessò, nei suoi scritti, di avere frequenti rapporti con un demone che lo spingeva e lo spronava, per così dire, al male. Lo stesso vale per tutti i suoi discepoli e seguaci, e specialmente per quelli che negano il Capo visibile della Chiesa nell’epoca presente; tutti hanno dei demoni che servono come loro capi e li dirigono. Infatti, 1°. Colui che cavalca un cavallo, lo governa. – 2°. Lo tiene ben stretto per la briglia e lo dirige dove vuole. – 3°. Lo punge con il suo sperone per farlo correre, e per imprimergli tutti i movimenti che desidera: a volte lo fa andare avanti, a volte indietro, a volte lo fa caracollare. Ora, questo è il modo in cui i demoni hanno agito su tutti i discepoli e seguaci di Lutero, in qualsiasi forma siano apparsi, e questo è il modo in cui agiranno su coloro che appariranno di nuovo in futuro. Poiché essi li dominano sempre e li dirigono verso il male, ed essi, come cavalli addomesticati e flessibili, obbediscono senza vergogna agli impulsi dei loro cavalieri, calpestando la morale, la disciplina e gli articoli di fede. Se questi cavalli sono molli e senza fuoco, i loro cavalieri si servono dello sperone, cioè ispirano loro un falso zelo ed una specie di furore mescolato ad orgoglio, arroganza ed invidia, per meglio incitarli alla corsa e diffondere più rapidamente l’empietà, con il falso pretesto e sotto l’apparenza di bontà e verità. Fu in questa veste, almeno, che si presentarono alle città imperiali e si fecero strada presso i principi, presentando loro le ricchezze della Chiesa e dicendo loro, come fece il diavolo nella tentazione di Gesù Cristo: « Vi daremo tutte queste cose se vi inchinerete e ci adorerete. » È anche allo stesso modo che questi cavalli correvano a far risuonare i loro nitriti nelle orecchie degli ecclesiastici, di qualunque stato essi fossero, questa falsa e licenziosa interpretazione del passo di San Paolo, (I. Cor. VII, 9): « È meglio sposarsi che bruciare. » Con il loro rapido corso propagarono in tutta Europa, in un attimo, le loro falsità così lusinghiere per le passioni degli uomini. Ma questi cavalli non solo si sottomettevano ai loro cavalieri con la loro obbedienza e flessibilità per l’attacco, ma anche per la fuga. Gli eretici, infatti, rifuggivano con avversione tutto ciò che era contrario al diavolo; perciò, respingevano con orrore il segno della croce, l’acqua santa, i Sacramenti le cerimonie sacramentali, le reliquie dei Santi, e soprattutto la presenza reale del Corpo e del Sangue di Gesù Cristo nella santissima Eucaristia. Essi rifiutarono specialmente il santo nome della Beata Vergine Maria, così terribile per i demoni, in conseguenza di quell’antica inimicizia con cui la profezia divina si compie quotidianamente. (Gen. III, 15): « Io porrò inimicizia tra te e la donna, e fra la tua progenie e la sua progenie; essa ti schiaccerà la testa, e tu la insidierai nel calcagno. » Ora, gli eretici moderni manifestano, con tutte le loro azioni, questo vecchio e antico odio verso la Donna per eccellenza, che gli Angeli e gli Arcangeli  venerano, e i re e i principi e tutte le generazioni l’hanno sempre lodata e sempre la loderanno, secondo San Luca 1,48: « D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata. » Poi, come i demoni fin dall’inizio si mostrarono ribelli contro Dio loro Creatore, e per gelosia spinsero i nostri primi genitori alla disobbedienza, così questi cavalli emissari scossero il giogo dell’obbedienza alla santa Chiesa romana, e incitarono gli Stati dell’impero a ribellarsi contro i loro legittimi padroni e contro il sovrano Pontefice, il vero successore di San Pietro, e capo della Chiesa universale. Allora, cosa potrebbe essere più odioso e terribile per i diavoli del santo Sacrificio della Messa? Ora, gli eretici moderni, veri precursori dell’Anticristo, hanno fatto ogni sforzo per distruggerlo, e infatti rifiutarono il Sacrificio continuo, come farà l’Anticristo, secondo la profezia di Daniele, XII, 11: « E dal momento in cui il sacrificio continuo sarà abolito, ecc. » I demoni non desiderano altro che il sangue dei Cristiani, e cercano che omicidi, le discordie, guerre, sedizioni, etc., e fomentano i malvagi, che tengono sotto il loro dominio. Ora, non è questo il vero ritratto di questi cavalli emissari che la tromba del sesto angelo anima incessantemente al massacro ed alla devastazione, come abbiamo visto sopra? È quindi chiaro da tutto ciò che precede, che i cavalieri di questi cavalli sono i demoni che li dominano e li spingono al male, e vediamo dai dettagli che seguono nel testo, circa le armi e le uniformi di questi cavalieri, che il Profeta ha designato questi demoni alla lettera. Infatti, aggiunge: Quelli che li cavalcavano avevano corazze di fuoco, giacinto e zolfo, cioè erano notevoli per le loro corazze di fuoco, fumo e zolfo. Ora, queste tre cose si trovano nell’inferno, ed i demoni che lo abitano e che ne escono per fare guerra a Gesù Cristo sulla terra, sembrano brillare, secondo il testo, per queste corazze, per farci capire meglio cosa siano questi cavalieri. Infatti, come un re indossa una corazza d’oro, un ufficiale una corazza d’argento e un soldato una corazza di ferro, ognuno secondo il suo grado e la sua posizione, così i demoni indossavano una corazza di fuoco, fumo e zolfo. Queste parole indicano anche, letteralmente, i vari tipi di corazze che questi demoni indossavano a cavallo, per essere più terribili nel loro attacco contro la Chiesa di Gesù Cristo; e diciamo tre tipi, che sono: – 1°. lo zelo dell’odio implacabile e l’invidia nera che satana ispirò, attraverso i suoi falsi maestri, ai principi e ai grandi contro la Chiesa Romana, contro il sovrano Pontefice, contro i Cardinali, gli Arcivescovi, i Vescovi, i prelati, contro gli ordini religiosi, e in generale contro tutto il clero. L’esperienza quotidiana ci mostra l’incredibile odio e gelosia con cui gli eretici sono infiammati contro la Chiesa di Cristo. E questa è l’armatura con cui satana sapeva perfettamente come proteggere i suoi soldati per la battaglia. Perché un cuore pieno di odio e di avversione non si lascia facilmente convincere e persuadere dalla sana dottrina, da un buon consiglio o da un’ammonizione. Perciò è detto nel testo: Quelli che vi sedevano sopra avevano corazze di fuoco. Perché come il fuoco brucia e consuma, così il falso zelo dell’odio e dell’invidia consuma i cuori degli eretici, e li brucerà per sempre. – 2. Il secondo tipo di armatura è la confusione e la novità attraente della dottrina di questa eresia sulla fede e la morale. Per questo motivo non è stato facile combatterla. Perché non appena un errore veniva confutato, ne sorgevano infiniti altri ancora più sorprendenti. Questo era uno stratagemma nuovo e molto intelligente che satana impiegava nella sua guerra contro la Chiesa latina, ed era con l’aiuto di questa forte armatura che egli respingeva ogni colpo e marciava senza paura contro il suo nemico. Questa seconda armatura era del colore del giacinto, o del fumo; perché il giacinto assomiglia all’aria oscurata, e questo colore rappresenta perfettamente la confusione degli errori di Lutero. In effetti, 1°. il fumo è prodotto dal fuoco. 2°. Esso oscura l’aria. 3. Offusca la vista. 4°. È confuso e simile al caos; non può essere compresso, e se lo si comprime da una parte, si diffonde da un’altra. 5°. Infine, fa sgorgare le lacrime dagli occhi. Ora, tale è l’eresia moderna: 1°. Essa offre un quadro di errori i più numerosi e variati, e la confusione che ne deriva è dovuta al fuoco della gelosia e dell’invidia degli eretici contro i Cristiani; infatti, essi si dilettano ad insegnare e praticare in odio al Sommo Pontefice e alla Chiesa Romana tutto ciò che sia contrario ad essi. 2° Questa eresia oscurò con i suoi errori l’Europa, la cui fede era pura e chiara come l’aria in un bel giorno d’estate. 3°. Talmente turbò e offuscò la vista, cioè l’intelligenza e la sana ragione degli uomini, che non è più possibile distinguere quale sia la vera dottrina e la via che conduce alla vita eterna. 4°. È come un caos di tutti gli errori precedenti, che non sono stati dissipati, e più si vuole rimuovere le nuvole ed i vapori, più essi salgono da tutte le parti. 5°. Essa fece versare abbondanti lacrime, ed anche lacrime di sangue, specialmente in Germania, e ne farà versare ancor più. Ora, perché il profeta ha paragonato questo male al giacinto e non al fumo? La ragione è che, sebbene gli errori di questa dottrina non fossero in realtà altro che fumo, tuttavia apparivano plausibili all’esterno e avevano un’apparenza di solidità; e questi emissari li presentavano con questi falsi colori per renderli piacevoli agli uomini carnali di cui lusingavano i desideri, almeno per la vita presente. È così che i demoni sono abituati a presentare il male sotto colori e con ragioni in apparenza buone, per meglio riuscire ad ingannare gli uomini. Così vediamo da questo che è con buona ragione che il Profeta si è servito di queste corazze di giacinto per raffigurare questi nemici di Cristo e della sua Chiesa. – 3°. Il terzo tipo di corazza fu l’allentamento della disciplina ecclesiastica e della morale cristiana, che furono sostituite da una vita carnale e da una libertà licenziosa. Così che satana, attraverso questa eresia, ha aperto la porta a tutti i vizi e voluttà, persuadendo gli uomini, attraverso i suoi ministri, che la via del cielo è molto facile e coperta di rose … Dio non punisce il peccato così rigorosamente come insegnano i Cattolici. Egli ebbe cura particolare nel predicare la massima libertà della carne contrariamente al celibato, agli ordini religiosi, alle vergini ed ai sacerdoti. satana fu come un pescatore che, per mezzo di questa eresia, stese una grande rete sulle grandi acque d’Europa, e fece un’immensa pesca che fece arrostire nelle fiamme eterne; e il fetore del fumo che veniva da questo fuoco di lussuria, infettò tutta l’Europa.  È con questa terza armatura che satana protesse i suoi cavalieri ai quali diede corazze di zolfo. Infatti lo zolfo designa metaforicamente il fetore e l’infezione dei peccati disonesti. Questi erano dunque i tre tipi di armatura spirituale con cui i demoni erano coperti ed equipaggiati per intraprendere questa terribile guerra che satana aveva dichiarato alla Chiesa latina.

V. E le teste dei cavalli erano come teste di leoni. In queste e nelle seguenti parole il profeta procede a descrivere la natura e le proprietà di questi cavalli. Si concepirà senza dubbio un’idea mostruosa e orribile, se ce li immaginiamo con il ventre, i piedi ed il corpo di un cavallo, la testa di un leone, una gola infernale e una coda di serpenti. Questo, tuttavia, è ciò che verificheremo nel dettaglio.

1°. Si dice nel testo che le teste dei cavalli erano come le teste dei leoni, e questo è giusto. Perché come la testa di un leone è molto forte, e divora e lacera con i suoi denti tutto ciò che gli si avvicina, così questi cavalli, animati dalla potenza del leone, sono come le teste di un leone. – Così questi cavalli, mossi dal suono della tromba del sesto angelo, osarono attaccare e divorare con i loro denti maledetti quasi tutti gli articoli di fede, per quanto santi, autentici e antichi fossero. Essi non risparmiarono nulla che appartenesse ai buoni costumi, né le cose sacre, le cerimonie sacramentali né il culto della Beata Vergine e dei Santi. Come il leone in preda al furore lancia sguardi infuocati, fa cadere dalla sua bocca la schiuma della sua rabbia, fa risuonare le valli con il suo terribile ruggito, e diffonde il terrore della carneficina e il timore della morte ovunque vada, così questi cavalli dell’empietà, animati dal fuoco dell’odio, infiammati dal furore dell’invidia, e bruciando della sete di vendetta contro il Sovrano Pontefice e tutti i prelati della Chiesa, strapparono e divorarono con i loro denti di leone tutte le cose sante ed anche i Sacramenti.

2°. Il profeta aggiunge: E dalla loro bocca uscì fuoco, fumo e zolfo. Abbiamo detto che il fuoco denota l’ardore della gelosia, lo zelo dell’odio e l’invidia nera di cui questi cavalli erano infiammati dai demoni che li cavalcavano e che li lanciavano per tutta l’Europa per fare guerra al Sovrano Pontefice e alla Chiesa latina. Con questo fuoco bruciavano tutti i precetti morali e i dogmi della fede cattolica. Abbiamo anche detto che riempirono questa stessa Europa di fumo e di zolfo con la confusione della loro dottrina, della falsità della loro morale e dal fetore della loro vita licenziosa. Ora, secondo il testo, questi tre orrori sono usciti dalla loro bocca, cioè essi li predicarono e diffusero con i loro discorsi e scritti. Perché cosa potevano predicare se non ciò di cui i loro cuori erano pieni? E di cosa potevano essere pieni, se non del male che i demoni ispiravano loro? Così questi cavalli emissari diffondevano attraverso le loro bocche ciò che i demoni che li cavalcano, indossavano come armatura. Perché è proprietà dei demoni volere il male che satana fa commettere nel mondo dai suoi ministri, che sono gli empi e i malvagi. E la bocca dell’empio è simile al l’inferno, dal quale escono e usciranno per tutta l’eternità fuoco, fumo e zolfo, e divoreranno questi malfattori nei secoli dei secoli. È di questi stessi empi che Davide ha scritto così bene, (Sal. V, 10): « La verità non è nelle loro labbra; il loro cuore è pieno di vanità, la loro bocca è un sepolcro aperto e la loro lingua è piena di inganno. Giudicateli, o Signore, ecc. » – E (Sal. XII, 5): « La loro gola è un sepolcro aperto, hanno usato la loro lingua per ingannare con abilità, il veleno degli aspidi è sotto le loro labbra. La loro bocca è piena di maledizioni e di amarezza; i loro piedi si affrettano a spargere sangue. Angoscia e desolazione sono le loro vie; non hanno conosciuto il sentiero della pace. » – 3° Il fuoco, il fumo e lo zolfo delle corazze che i cavalieri portavano sono chiamati piaghe: 1° per significare l’influenza fatale che essi esercitarono in Europa sulla Chiesa latina per permesso di Dio. Perché la misura dei peccati degli uomini era piena, tutta la carne aveva corrotto le sue vie, e tutta l’Europa si era prostituita, lontano da Dio suo Signore, all’orgoglio, all’avarizia, alla lussuria e a tutti i piaceri della carne, e alla felicità della vita presente. Fu come risultato di questa tracimazione che questa eresia partorì e produsse una generazione di uomini che le erano perfettamente affini, e che divennero figli del dolore per la disgrazia del mondo intero.  – 2°. Queste corazze sono chiamate piaghe, perché Dio non può infliggere un castigo maggiore ad un popolo od una nazione che permettendone l’abbandono della vera fede e la caduta nell’eresia. Così Dio, nella sua bontà e misericordia, ha cura di annunciare questi terribili castighi spesso con cento e anche duecento anni di anticipo, per eccitare il popolo alla penitenza, ma se essi perseverano nei loro vizi ed errori, Egli fa finalmente esplodere la sua ira con una completa rovina. Infatti. Secondo l’espressione dell’Apostolo, (Eb. X, 31): « È terribile cadere nelle mani del Dio vivente. » Ed è per questo che il santo Re-profeta ci avverte, (Sal. II, 10): « Ora, o re, aprite i vostri cuori alla comprensione; imparate, voi che giudicate la terra. Servite il Signore con timore e gioite in Lui con tremore. Abbracciate rettamente la disciplina, in modo che il Signore non si irriti, e voi non periate fuori dalla via della giustizia, quando improvvisa si accenderà la sua ira. » Vedere quanto detto, in Lib. I, cap. II. – 4º Segue la grande devastazione causata da queste tre piaghe.

Vers. 18. – E con queste tre piaghe, il fuoco, il fumo e lo zolfo che usciva dalle loro bocche, la terza parte degli uomini venne uccisa. Per la terza parte degli uomini si intende qui una parte considerevole del Cristianesimo che abbandonò la vera fede e perì di una morte spirituale, o per il fuoco della gelosia o per il veleno dell’odio contro il sovrano Pontefice e la Chiesa e i suoi ministri, che questi emissari rendevano odiosi, sia per la confusione della loro dottrina e la diversità dei loro errori, sia infine per le attrazioni di una vita voluttuosa e di una libertà di coscienza senza limiti o restrizioni. Così il Profeta indica qui letteralmente che la terza parte degli uomini perse la vita spirituale a causa di questa eresia, nello stesso modo in cui aveva detto sopra, anche alla lettera, che la terza parte degli uomini fu uccisa fisicamente. Ora, questa morte spirituale di una terza parte della Cristianità può essere facilmente dimostrata dal numero di regni, province o città che erano e sono ancora infettati, totalmente o in parte, da abominevole eresia. – Infatti, se confrontiamo la moltitudine di eretici nel mondo con il numero di Cattolici che sono rimasti fedeli, possiamo facilmente comprendere la grandezza del male e la notevole rovina causata da questa eresia, che dobbiamo deplorare con lacrime di sangue.

Vers. 19. – 5º Perché il potere di questi cavalli è nella loro bocca e nella loro coda. Queste parole indicano la causa dei mali che questa eresia continuerà a produrre come conseguenza dei suoi principi, come è già indicato dalla congiunzione “perchè”, che è messa all’inizio. 1° Il potere di questi cavalli è nella loro bocca, che usavano per vomitare calunnie e menzogne contro il Sommo Pontefice, contro i prelati e in generale contro tutta la Chiesa, cercando di renderli odiosi, specialmente ai principi e alla nobiltà, e di persuadere tutti che non era opportuno che gli ecclesiastici possedessero ancora dignità, principati e ricchezze, a causa dell’abuso che essi ne facevano. Con i loro discorsi artificiosi e con l’apparenza di serietà e di ragione che pretendevano di darsi, ingannarono una moltitudine innumerevole di persone di ogni stato e condizione; e fu con tali mezzi che attirarono così tante persone alla loro setta, osando vantarsi di essere ispirati ed inviati da Dio per scuotere il giogo della schiavitù del diavolo. Tale era il loro linguaggio contro la Chiesa Cattolica. Essi aprirono anche la loro bocca per bestemmiare e per predicare che l’uso delle carni ai pasti è permesso ogni giorno, e che non si è più legati a nessun precetto della Chiesa. Inoltre, insegnarono e pubblicarono in tutta Europa che il Papa non doveva essere obbedito, e che il celibato doveva essere abolito, etc. E poiché la loro dottrina, così disastrosa per la Chiesa, era generalmente accettata da re, principi, nobili, città imperiali e da gran parte del popolo, il Profeta ha ragione nel dire che il potere di questi cavalli è nella loro bocca. 2º Dice anche che il loro potere è nelle loro code. Si deve notare che egli indica queste code al plurale, perché ce ne saranno diverse di generi diversi. La prima di queste code è l’ipocrisia e l’adulazione, di cui si servirono, come gli animali usano le loro code per adulare gli uomini; e questi eretici le usarono per coprire la turpitudine e dissipare il fetore della loro dottrina e dei loro vizi. – La seconda coda furono i principi, le città imperiali, le repubbliche e i governi, che essi condussero nell’errore e nella perdizione, persuadendoli che potevano con coscienza pulita prendere o conservare i beni della Chiesa, le dignità, i principati, le prebende e i vescovadi, ed essi correvano dietro a tali maestri che sapevano così bene come lusingare le loro passioni, come i bambini corrono dietro alle noci. C’è da meravigliarsi, allora, che, sostenuti da tali poteri, questi cavalli, nitrendo e agitando le loro criniere, abbiano osato e osino ancora lanciare la loro schiuma in modo così impudente contro la Chiesa latina? Questa seconda coda serviva loro anche per nascondere la loro turpitudine e dissipare il fetore della loro eresia, in quanto la gente semplice, vedendo i grandi e i dotti, i ricchi e i signori, i principi ed i governanti gradire e proteggere una tal dottrina, non potevano fare altro che perdere la testa. – La terza coda è lo pseudopoliticiamo e l’indifferentismo introdotti recentemente nel mondo da Machiavelli, Bodin ed altri filosofi; così come l’ateismo, che si possono considerare tutti come le ultime conseguenze di tanti princìpi falsi e contraddittori di questa dottrina, e di conseguenza anche come la coda di questi cavalli, poiché la coda è aderente al corpo come le conseguenze di un principio risultano dal corpo della dottrina: ne sono l’ultima ragione, come la coda è l’ultimo membro dell’animale. Siccome l’ultima soluzione del grande problema della fede cattolica è Dio, così, al contrario, l’ultima conseguenza della dottrina di Lutero è la negazione di Dio. Ed è per questo che tanti principi e governanti, persuasi dalle contraddizioni e dalle infinite variazioni delle sette moderne, e conservando il primo lievito di odio che il protestantesimo aveva ispirato in troppi di loro, anche tra i  Cattolici, finirono per non credere in altra verità che la religione e la ragion di stato; e si accontentarono di conservare le cerimonie esteriori e apparenti per riuscire a meglio contenere il loro popolo nella sottomissione; e dissero nell’empietà nei loro cuori: « Non c’è nessun Dio. » – 6° Il Profeta descrive poi la natura e le proprietà di queste code, e usa volutamente la congiunzione perché, per rendere chiara alla Chiesa latina la causa di tanta rovina e desolazione. Perché le loro code assomigliano a serpenti e hanno teste che feriscono. 1°. Le code di questi cavalli sono paragonate a serpenti, a causa delle lusinghe che usano. Infatti, come il serpente sedusse i nostri progenitori con le lusinghe nel Paradiso terrestre, e fece mangiare loro il frutto proibito, così i seguaci di Lutero sedussero e continuano a sedurre il popolo, lusingandoli nei loro desideri, e convincendoli a mangiare le vivande proibite e ad indulgere senza paura nella voluttà e nella licenziosità. Essi a questo scopo si servono di menzogne, tanto lusinghiere quanto speciose, e anche quando è necessario, fanno uso dei testi della Scrittura, di cui distorcono il significato, dicendo, per esempio, (Matth. XV. 11): « Non è ciò che entra nella bocca che contamina l’uomo »; e (I. Cor, VII, 9): « È meglio sposarsi che bruciare. » Inoltre, i serpenti non sono facili da prendere, perché se uno vuole afferrarne uno, corre un grande rischio di essere morso e di ricevere una ferita spesso mortale. Ecco come sono le code, ossia le conseguenze dell’attuale eresia. Perché, chi è colui che possa vantarsi di aver compreso l’astuzia degli eretici? Chi sarà capace di sradicare la falsa filosofia, la falsa politica e l’ateismo che si sono insinuati come un veleno anche nelle membra dei Cattolici stessi? Gloria a lui che potrà far discendere dai loro pulpiti quei dottori delle tenebre che predicano l’errore e la menzogna come vipere che minacciano la morte con il loro orribile sibilo! Felice l’uomo che, con l’aiuto di Dio, potrà impadronirsi e dominare principi, re, repubbliche, città imperiali e tutti i poteri su cui si basa questo errore! La storia ci dice che Ferdinando II, un imperatore tanto pio quanto potente, tentò di farlo, così come Ferdinando III; ma ahimè, il risultato dei loro sforzi fu un’orribile ferita che ricevettero nel tentativo di catturare questi terribili serpenti. 3º La natura del serpente lo obbliga a strisciare sulla terra, e questo è precisamente ciò che fanno quegli eretici, la cui faccia, come quella del serpente, è costantemente inclinata verso le cose terrene, cercando solo onori, ricchezze e piaceri. – 4°. Secondo Genesi III, 1, « Il serpente era il più astuto di tutti gli animali che il Signore Dio aveva posto sulla terra. » Lo stesso vale per la generazione attuale, che è la più astuta di tutte quelle che sono esistite finora. È certo che i protestanti hanno usato la più raffinata astuzia contro la Chiesa. Basta leggere per convincersene, gli atti della cancelleria di Anhalt, così come i decreti dei loro concili, e vi si vedrà tutta l’astuzia che li ha ispirati contro i Cattolici e contro l’Impero Romano; e si capirà che non è sbagliato paragonarli ai serpenti più astuti. – 5°. Se Dio, nella sua maledizione, ha stabilito l’inimicizia tra il serpente e la donna, tra la razza dell’uno e dell’altra, (Gen. III), possiamo allora capire quale inimicizia Dio ha permesso che esistesse tra questa nuova razza di serpenti e la Donna per eccellenza, la beata Vergine Maria, Madre del Dio fatto uomo, che sarà benedetta tra tutte le donne. – 6°. Si dice che queste code abbiano delle teste, per farci capire che i fautori e i seguaci di questa eresia sarebbero re, principi e un gran numero di persone distinte e potenti, che sono davvero come la testa, o i capi dei popoli. Inoltre, non è senza motivo che il profeta designa diverse teste, per significare che i dogmi del protestantesimo, avendo come base solo il principio del libero esame, avrebbero necessariamente seguito una moltitudine di sette diverse, poiché ogni autorità che avrebbe potuto interferire con la falsa libertà di coscienza doveva essere respinta. Non è proprio questo che l’esperienza ha purtroppo fin troppo bene dimostrato, a partire dalle scandalose controversie sulla presenza di Cristo in tutti i luoghi, sulla comunicazione degli idiomi divini, sul numero dei sacramenti, sulla fede dei bambini nell’amministrazione del Battesimo, sull’uso e le cerimonie della messa in tedesco, etc. etc. Era sufficiente che un concistoro o un concilio provinciale ammettesse e proclamasse qualche regola su questo argomento, perché altri concili e concistori la rifiutassero e addirittura la deridessero. Non è una prova evidente chiara che nessuno di loro fosse sostenuto dell’assistenza infallibile e della promessa dello Spirito Santo che avrebbe impedito loro di errare e dividersi? Queste teste significano anche la saggezza, l’intelligenza e la prudenza umana con cui questa generazione sorpassa di molti i Cattolici; infatti, secondo San Luca, (XVI, 8): « I figli di questo secolo sono più scaltri dei figli della luce nel condurre i loro affari », non è questo che abbiamo sperimentato soprattutto all’inizio di questa quinta epoca, nel vedere i protestanti superare di gran lunga i Cattolici nell’arte di fingere, di combinare piani occulti e di tendere trappole? Nel talento di acquisire ricchezze ed estendere il commercio, nei negoziati di successo, nel perfezionamento dei sistemi di attacco e di difesa delle fortezze e dei luoghi di guerra, nelle leggi e nei regolamenti civili della polizia esterna, nel lusso di una brillante educazione per la gioventù, etc.? Quando il Profeta ci dice che avranno delle teste, vuole avvertirci dei notevoli danni che questa generazione perversa causerà alla Chiesa e all’Impero Romano; e completa la descrizione di questa eresia dicendo: Le loro code sono come serpenti.… Hanno delle teste con le quali feriscono. Cioè, essi danneggeranno la Chiesa e l’Impero Romano in particolare con questi tre tipi di code di cui abbiamo parlato sopra, e che tutta la potenza ed il vigore di questa eresia, quando starà per finire, consisterà in queste tre code. Così che chiunque riuscirà a tagliare queste code metterà fine all’esistenza di questa eresia.  – Che Dio conceda che venga presto questo potente monarca, che rovesci le repubbliche, abbatta le città imperiali e marittime che non sono altro che nidi di vipere, e soffochi le grida e i sibili di questi predicatori e serpenti, e dopo aver umiliato gli eretici e gli scismatici, metta fine a tutti gli errori! Il Profeta non ha descritto nessuna eresia con tanta forza e chiarezza, e con paragoni così sensati come quella moderna, per far conoscere meglio alla Chiesa latina i mali che ne risulteranno. Portando questo mostro davanti ai nostri occhi, l’Apostolo avverte, anche a noi stessi, di mantenere fedelmente la fede cattolica romana, e di camminare sobriamente, castamente, divinamente e santamente in presenza di questa orribile bestia, affinché il nostro ministero non sia deriso e svilito. Inoltre, il Profeta ci avverte di evitare la lussuria, i piaceri della tavola, l’orgoglio, la fornicazione, l’avidità e l’ostentazione, per non offendere i deboli tra noi. Invece, dobbiamo sforzarci di brillare con la nostra vita e la nostra dottrina come una luce nelle tenebre. Osserviamo la disciplina del Signore, per evitare che la sua ira scoppi e permetta che tutto ciò che ancora possediamo in Europa sia divorato da questa bestia orribile. Leggete ciò che è scritto nel piccolo libro che tratta dei sette animali e di alcuni altri segreti particolari riguardanti la Germania.

§ III.

Riassunto dei mali causati dai Cattolici malvagi a se stessi.

CAPITOLO IX. VERSETTI 20-21.

Et ceteri homines, qui non sunt occisi in his plagis, neque pœnitentiam egerunt de operibus manuum suarum, ut non adorarent dæmonia, et simulacra aurea, et argentea, et ærea, et lapidea, et lignea, quæ neque videre possunt, neque audire, neque ambulare, et non egerunt pœnitentiam ab homicidiis suis, neque a veneficiis suis, neque a fornicatione sua, neque a furtis suis.

[E gli altri uomini che non furono uccisi da queste piaghe, neppure fecero penitenza delle opere delle loro mani, in modo da non adorare i demoni e i simulacri d’oro, e d’argento, e di bronzo, e di pietra, e di legno, i quali non possono né vedere, né udire, né camminare, e non fecero penitenza dei loro omicidii, né dei loro veneficii, né della loro fornicazione, né dei loro furti.]

I. E gli altri uomini che non furono uccisi da queste piaghe non si pentirono delle opere delle loro mani, affinché non adorassero più i demoni, etc. Questo testo contiene un ammirevole riassunto dei notevoli mali che noi Cattolici abbiamo causato alla Chiesa con le nostre opere perverse. Perché pur essendo rimasti nella vera fede, ci siamo quasi alleati con la bestia, per combattere contro la nostra santa Madre Chiesa. E gli altri uomini, cioè i resti dei Cattolici, che non furono uccisi da queste piaghe, che non abbandonarono la vera fede: … E gli altri uomini. Questa costruzione non sembra completa a prima vista, perché non c’è nessun verbo e nessun attributo. Ma bisogna sapere che questo verbo e questo attributo esistono comunque, e si trovano in queste parole del testo che precede: E che hanno teste che feriscono. In latino la connessione è fatta meglio, a causa del pronome illis, che è dei tre generi, invece del pronome francese elle, che è femminile. Gli altri uomini sono dunque anche il soggetto del verbo ferire che si trova nel verso che precede, e l’attributo si trova nella parola: di cui o con queste teste; cioè con queste teste di cui gli altri uomini si feriscono. Con questo collegamento di frasi, il profeta ci mostra in modo mirabile il legame o almeno l’avvicinamento che univa quasi i resti dei Cattolici ai protestanti.  Di conseguenza, il Profeta vuole farci capire che anche noi, cattivi Cattolici, avremmo portato la nostra parte di legna a questo orribile fuoco che doveva incendiare l’Europa. E questi mali di cui saremo colpevoli contro la Chiesa si dividono in due specie: la prima è la cosiddetta saggezza e l’astuzia del serpente che presiedono nei consigli delle potenze del secolo, e le ispirano di opprimere la Chiesa privandola delle sue immunità, e facendo uso di ogni tipo di titolo falso e specioso per invadere il potere spirituale, per gravare di imposizioni le rendite e persino le persone ecclesiastiche, le corporazioni, i seminari, etc.; e per togliere loro diritti, entrate, decime, etc. E se la Chiesa, dal canto suo, li minaccia di scomunica o simili, essi ridono e se ne fanno beffe e continuano nel loro peccato. Non è questo il peggior segno che tutta l’Europa è sull’orlo della rovina e della prevaricazione? Perché quale peggior segno può esserci in un bambino se non quello di deridere la verga con cui sua madre lo minaccia? Ora, è in questo che i cattivi Cattolici sono particolarmente vicini agli eretici, poiché fanno in modo occulto e celato ciò che gli eretici facevano alla luce del sole e con tanto splendore. Oggi stanno portando via ciò che i loro padri hanno fondato con una pia intenzione, ma non si arricchiscono perché continuano ad essere nel bisogno e nelle difficoltà finanziarie, perché la benedizione di Dio non è su di loro. Le parole del Saggio sono rivolte a tutti questi rapitori: (Prov, XI, 24): « Alcuni danno ciò che è loro e sono sempre ricchi; altri rubano i beni degli altri e sono sempre poveri. » Che questi ultimi si persuadano a cessare al più presto questa usurpazione del potere ecclesiastico, queste esazioni, queste imposizioni, questa oppressione del clero. Che comincino a temere la terribile spada della Chiesa, poiché essa attira la maledizione di Dio sulle loro famiglie e sui figli dei loro figli. Ne abbiamo un terribile esempio in Carlo Stuart, re d’Inghilterra, i cui predecessori pretesero essere i capi della Chiesa: egli venne decapitato e perse la sua corona a causa delle maledizioni che Enrico VIII ed Elisabetta avevano attirato su questa sfortunata dinastia. È così che Dio punisce i crimini degli uomini fino alla terza e alla quarta generazione. – Il secondo tipo di male che i Cattolici causarono alla loro Madre Chiesa furono i grandi peccati dei principi, del clero e del popolo, per i quali non fu fatta alcuna penitenza, secondo l’espressione del profeta stesso; infatti, egli aggiunge, (verso 21): E non fecero penitenza per i loro omicidi, i loro venefici, le loro impudicizie ed i loro furti. È già per i nostri enormi peccati che Dio ha permesso questa fatale eresia in Germania e in gran parte dell’Europa; ed è perché continuiamo a peccare che Egli permette che duri ancor così a lungo. Perché a quale altra causa possiamo attribuire un così triste risultato degli sforzi dell’imperatore Ferdinando II, per la riforma della fede e la restituzione dei beni della Chiesa, se non ai nostri peccati? Questo principe aveva in mano tutti i mezzi per riuscire; il suo lavoro era iniziato bene, e l’aveva anche persino rafforzato con brillanti vittorie, e tuttavia, a causa dei peccati dei Cattolici, quale fu il risultato di tutto ciò se non un trattato di pace che comprometteva ulteriormente la loro situazione? È a causa dei vizi che continuiamo ad assecondare, e per i quali non siamo disposti a fare penitenza dopo averli riconosciuti e confessati, che Dio, nella sua ira, ha impedito questa riforma della fede e questa restituzione dei beni della Chiesa, che avevamo iniziato in modo insufficiente, poiché non vi abbiamo aggiunto la riforma dei nostri costumi. In questo, il Signore agisce come un padre gravemente offeso dalla condotta indegna di suo figlio, che disereda strappando il testamento che aveva fatto in suo favore, etc. Perché non adorino più i demoni, gli idoli d’oro, d’argento, di bronzo, di pietra e di legno che non vedono, non sentono e non camminano. Queste parole specificano sette enormi peccati che sono la causa per cui Dio non ha pietà dell’Europa e che non risuscita la Chiesa oppressa sotto il giogo degli eretici. Il primo peccato è l’idolatria occulta dei superstiziosi, di cui l’Europa, e specialmente la Germania, abbondava prima dell’ultima guerra, e che già cominciano a riapparire. Coloro che indulgono in queste superstizioni mantengono un commercio segreto con i demoni che adorano in questi abomini, come un tempo i gentili li adoravano negli idoli; ed è così che dimenticano Dio, il loro Creatore. Ora questo è un grande peccato, che il testo esprime con queste parole: Perché non adorino più i demoni. Il secondo peccato è l’avarizia, che è abominevole davanti al Signore. Il Profeta lo descrive metaforicamente come idolatria, dicendo: Idoli d’oro, d’argento, di bronzo, di pietra e di legno. Come i pagani facevano la maggior parte dei loro idoli d’oro, d’argento, di bronzo, etc., così gli uomini di questo tempo non danno valore e amore ad altro se non a questi oggetti vani, e ne fanno gli idoli dei loro cuori avidi. Le ragioni per cui il Profeta chiama l’avidità idolatria sono le seguenti: 1. Perché è caratteristico dei Profeti designare questo tipo di cose con enigmi e metafore. 2. L’Apostolo San Paolo pure chiama l’avarizia idolatria, perché l’una è un crimine grande quanto l’altro. (Ephes. V, 5): « Sappiate che nessun fornicatore, nessun avaro, il cui vizio è l’idolatria, sarà erede del regno di Gesù Cristo. » 3. Proprio come l’idolatria fa apostatare, così coloro che vogliono diventare ricchi, secondo San Paolo, cadono nelle insidie del diavolo. (1 Tim. II, 9): « Coloro che vogliono diventare ricchi cadono nella tentazione e nella trappola di satana e in molti desideri inutili e perniciosi, che gettano gli uomini nell’abisso della perdizione e della dannazione. Perché il desiderio di ricchezza è la radice di ogni male. E alcuni di quelli che ne sono posseduti si sono allontanati dalla fede. »  – Ora, non è questo che abbiamo visto in Europa, e specialmente in Germania, a causa della loro cupidigia per i beni della Chiesa? Gli avari sono idolatri che adorano il denaro come degli idoli, mettendo tutta la loro fiducia nella ricchezza e commettendo fornicazione con essa dimenticando Dio ed ignorando le leggi divine ed umane. – 5° Siccome niente è di più vano, più vile e più imperfetto degli idoli; il più piccolo moscerino dovrebbe essere molto più stimato, sembra, dell’oro, dell’argento, del legno, del bronzo, e della pietra, per i quali, tuttavia, gli uomini abbandonano Dio loro Creatore e l’Essere per eccellenza. Il Profeta esprime così il suo stupore di fronte a questa follia con queste parole: Gli idoli d’oro, d’argento, ecc. che non possono vedere, sentire o camminare. – Il terzo peccato è l’invidia, l’odio, l’ira; sono la collera, le risse, i processi ingiusti, il desiderio di dominare e la cupidigia; così come anche le guerre ingiuste, da cui risultano innumerevoli omicidi. L’Europa in generale non abbonda forse di omicidi di questo tipo? Quante guerre ingiuste, tra le quali citeremo solo quella di Mantova, quella della Francia contro l’Impero Romano a sostegno dei protestanti, quando Ferdinando II voleva introdurre la riforma della fede e restaurare i beni della Chiesa; e infine, la guerra contro il re di Spagna non fu intrapresa per una profonda gelosia? Si vuole essere Cattolici, ma non si vuole vivere da Cattolici. – Si appoggeranno persino, se necessario, i nemici della fede con armi, i cattivi consigli e il denaro, senza alcun motivo se non l’interesse a legittimare tali alleanze. Quante altre guerre ingiuste sono state intraprese! Di quanti omicidi ci siamo resi colpevoli in tante rivoluzioni!!! O peccatori che siamo, quando finalmente riconosceremo i nostri crimini? Ecco perché il Profeta aggiunge: E non fecero penitenza per i loro omicidi. – Il quarto peccato è l’omicidio particolare. Quanti omicidi non dobbiamo deplorare? Quante donne incinte distruggono i loro frutti? Quante madri, o orrore della natura! Che sono così crudeli da versare il proprio sangue, il sangue dell’innocente? Quanti venefici nascosti o conosciuti nella società e nelle famiglie! Questo è ciò che il testo indica espressamente: non hanno fatto penitenza …. per i loro venefici. – Il quinto peccato è quello della carne, espresso in queste parole: E non si pentirono….. delle loro impudicizie. Qui il Profeta indica la specie per il genere; ma la sua parola contiene tutti i peccati di lussuria in generale di cui il mondo è così lordato, che possiamo ben applicare ad esso queste parole che la Scrittura rivolge agli uomini che vissero prima del diluvio: « Tutta la carne aveva corrotto le sue vie. » Ah, qui non servono parole ma lacrime! – Il sesto peccato è l’ingiustizia che regna ovunque, e che il Profeta indica con queste parole: E non si pentirono… dei loro peccati. Anche qui si cita la specie per il tipo, come ne abbiamo molti esempi nei Profeti. Per piccoli latrocini intende quindi l’ingiustizia in generale, in cui sono inclusi tutti i tipi di furto, di qualsiasi natura. Ora, chi non si lamenta di un’ingiustizia fattagli in questo modo, o almeno chi non ne è stato mai minacciato? Ma sono molti coloro che rubano la proprietà di altri e che finalmente riconoscono i loro torti e che riparano alle loro ingiustizie? Non cercano, al contrario, di aumentare la loro fortuna con ogni mezzo, giusto o ingiusto – per essi non fa differenza – ispirati come sono dalla loro insaziabile avarizia? – Il settimo peccato di quest’epoca, che deve essere considerato come il complemento della nostra perdizione, è l’impenitenza finale espressa così chiaramente dal profeta: E il resto degli uomini ….. non si pentì delle opere delle proprie mani. E più in basso: Non fecero penitenza per i loro omicidi, etc. Tale è l’ultima sentenza riportata da San Giovanni, l’arcicancelliere dei temuti consigli di Dio!!! O sacerdoti e laici di tutta l’Europa e soprattutto della Germania, apriamo finalmente gli occhi per vedere il terribile pericolo che ci minaccia! Dio ha gettato uno sguardo di collera sulla Chiesa sua figlia; e dopo più di cento anni ci hanno afflitto e travolto la guerra, la carestia, i dissensi, le eresie, gli scismi, rivoluzioni e malattie di ogni tipo! E non facciamo penitenza per tutto questo, perseveriamo nella ricerca criminale dei piaceri della carne; noi siamo ancora ansimanti per la sete di beni deperibili e gonfi per l’orgoglio della vita. Gli occhi delle nostre anime sono oscurati dalle nostre passioni, e non possiamo vedere l’abisso in cui stiamo precipitando. Ah, svegliamoci finalmente dal nostro sonno di morte! Per amore di Gesù Cristo che ci ha amati fino al sacrificio sul Calvario; per amore delle nostre anime e per l’amore di coloro che verranno dopo di noi, facciamo tutti insieme uno sforzo di salvezza, affinché il Signore non ci lasci cadere alla fine nelle profondità dell’abisso sul quale siamo sospesi, affinché l’orribile bestia non divori questa bella Europa, e che non ci sia più nessuno che possa salvarci. Così sia.

FINE DEL LIBRO QUARTO

IL BEATO HOLZHAUSER INTERPRETA L’APOCALISSE: LIBRO QUINTO