LA SUMMA PER TUTTI (22)
R. P. TOMMASO PÈGUES
LA SOMMA TEOLOGICA DI S. TOMMASO DI AQUINO IN FORMA DI CATECHISMO PER TUTTI I FEDELI
PARTE TERZA
GESÙ CRISTO OSSIA LA VIA DEL RITORNO DELL’UOMO VERSO DIO
Capo XXXVII.
Il sacramento della Penitenza. – Sua natura – Virtù che esso implica.
1683. Che cosa intendete per il sacramento della Penitenza?
Intendo uno dei sette sacri riti, istituito da Gesù Cristo, per rendere agli uomini la vita della grazia già data ad es unsi per mezzo del Battesimo, comunicando loro di nuovo il frutto della sua Passione, quando hanno avuto la disgrazia di perderlo col peccato (LXXXIV, 1).
1684. In cosa consiste il sacramento della Penitenza?
Il sacramento della Penitenza consiste in certi atti ed in certe parole, che dimostrano da una parte che il peccatore ha abbandonato il peccato, e dall’altra che Dio rimette il peccato stesso per mezzo del ministero del sacerdote (LXXXIV, 2, 3)
1685. Questo sacramento è dunque cosa particolarmente preziosa per l’uomo, e questi deve averne una riconoscenza speciale a Gesù Cristo che lo ha istituito?
Sì certamente; perché attesa la fragilità della nostra natura decaduta, anche dopo aver ricuperato mediante la grazia del Battesimo la vita soprannaturale, era sempre possibile all’uomo di perderla. E se Gesù Cristo non avesse istituito il sacramento della Penitenza, l’uomo caduto non avrebbe avuto alcun mezzo esteriore sacramentale di rialzarsi. Bene a ragione quindi questo sacramento si chiama la seconda tavola di salute dopo il naufragio (LXXXIV, 6).
1686. E se l’uomo cade ancora dopo aver ricevuto questo sacramento, può ricorrervi di nuovo per rialzarsi?
Sì; perché Gesù Cristo nella sua infinita misericordia verso il peccatore e la sua miseria, non ha voluto mettere alcun limite al numero di volte che si può ricevere questo sacramento, che porta sempre seco il suo frutto di remissione e di perdono, con la sola condizione che l’uomo sia sincero e veramente pentito (LXXXIV, 10).
1687. Vi è una virtù speciale corrispondente a questo sacramento, il cui atto è imposto quando si riceve il sacramento stesso?
Sì; è la virtù della penitenza (LXXXV).
1688. In che cosa consiste la virtù della penitenza?
La virtù della penitenza è una qualità di ordine soprannaturale che induce la volontà dell’uomo, quando ha avuto la disgrazia di offendere Dio, a riparare a questa offesa, adoperandosi spontaneamente e di buon grado a soddisfare alla giustizia di Dio per ottenerne il perdono (LXXXV, 1, 5).
1689. La virtù della penitenza è isolata nel suo atto, oppure suppone il concorso delle altre virtù quando essa agisce?
La virtù della penitenza ha questo di specialissimo, che quando agisce implica il concorso di tutte le altre virtù. Implica infatti la fede nella Passione di Gesù Cristo, che è la causa della remissione dei peccati; implica la speranza del perdono; e l’odio dei vizi e dei peccati, in quanto si oppongono all’amore di Dio, il che suppone la carità. Essendo essa stessa una virtù morale suppone la virtù della prudenza, che ha l’ufficio di dirigere le virtù morali nei loro atti. D’altra parte, come specie della virtù di giustizia avente per oggetto di ottenere il perdono di Dio offeso, compensando la offesa con una soddisfazione volontaria, essa utilizza la temperanza quando si astiene da ciò che piace, e la fortezza quando si impone cose dure e difficili, oppure le sopporta (LXXXV, art. 3 ad 4).
1690. A che cosa mira la virtù della penitenza nel suo atto di giusta compensazione?
Essa mira a placare il Signore giustamente irritato; a rientrare in grazia presso il migliore dei Padri gravemente offeso: ed a riconquistare il più divino degli Sposi odiosamente tradito (LXXXV, 3).
1691. L’atto della virtù della penitenza è dunque qualche cosa di grande, e che non sarebbe mai troppo rinnovare quando si è avuta la disgrazia di offendere Dio?
L’atto della virtù della penitenza dovrebbe essere in qualche modo ininterrotto, soprattutto per quanto riguarda il dolore interiore di avere offeso Dio; e per quanto riguarda gli atti esteriori satisfattori, per quanto riguarda il dolore interiore di avere offeso Dio; e per quanto riguarda gli atti esteriori satisfattori, se è vero esservi una misura oltre la quale non si è più tenuti a soddisfare, siccome possiamo sempre temere la nostra soddisfazione sia imperfetta, abbiamo ogni interesse a non tenersi mai per interamente sgravati presso Dio, per poterlo essere più sicuramente quando compariremo dinanzi a Lui. Con questo di più, che praticando la virtù della penitenza, noi pratichiamo a perfezione l’atto di tutte le virtù cristiane (LXXXIV, art. 8, 9).
Capo XXXVIII
Effetti del sacramento della Penitenza.
1692. L’ effetto proprio del sacramento della Penitenza è quello di rimettere i peccati?
Sì; l’effetto proprio del sacramento della Penitenza è quello di rimettere i peccati a tutti coloro che lo ricevono con sentimenti di vera penitenza (LXXXVI, 1).
1693. Quali peccati rimette il sacramento della Penitenza?
Il sacramento della Penitenza rimette tutti i peccati che un uomo può avere sulla coscienza e che sono di natura tale da cadere sotto la potestà delle chiavi siccome commessi dopo il Battesimo (LXXXVI, 1).
1694. Questi peccati possono essere rimessi senza il sacramento della Penitenza?
Se si tratta di peccati mortali non possono essere mai rimessi, senza che il peccatore abbia la volontà almeno implicita di sottometterli al potere delle chiavi mediante la pratica del sacramento della Penitenza, in quanto gli sarà possibile di riceverlo. Ma per i peccati veniali, quando il soggetto è già in istato di grazia, basta un atto fervoroso di carità, senza che sia necessario di ricorrere al sacramento (LXXXVI, 2).
1695. Ne segue che soltanto coloro che hanno dei peccati mortali sulla coscienza debbono ricevere questo sacramento?
No; perché sebbene il sacramento sia necessario soltanto per essi, è però di grandissimo valore e di grandissimo aiuto anche per i giusti. Anzitutto per purificarli sempre più dei loro peccati passati, se ve ne sono stati dei mortali; ed inoltre per meglio aiutarli a purificarsi dei peccati veniali, ed a premunirsi contro di essi aumentando in loro la grazia (LXXXVII, 2 ad 2, 3).
1696. Se dopo aver ricevuto mediante il sacramento della Penitenza il perdono delle colpe passate, l’uomo ricade nelle medesime od in altre colpe gravi che gli fanno perdere la grazia del sacramento, il suo peccato ed il suo stato sono cosa più grave in forza di questa ricaduta?
Sì; il suo peccato ed il suo stato sono cosa più grave. Non che i peccati passati rimessi siano di nuovo imputati da Dio; ma per causa della ingratitudine e del disprezzo più grande della bontà di Dio che il peccato di ricaduta porta seco (LXXXVIII, 1, 2).
1697. Questo disprezzo della bontà di Dio e questa ingratitudine, sono un nuovo peccato speciale aggiunto al peccato di ricaduta?
Lo sarebbero se il peccatore si proponesse direttamente tale disprezzo della divina bontà e del bene ricevuto; ma in caso contrario essi non sono che una circostanza che aggrava il nuovo peccato (LXXXVII, 4).
1698. È dunque certo che il male distrutto mediante il sacramento della Penitenza, di per sé è distrutto per sempre, e Dio non lo imputa più in se stesso ed in quanto è stato perdonato?
Sì; è cosa del tutto certa, perché i doni di Dio sono senza pentimento (XXXVII, 1).
1699. Ed in rapporto al bene preesistente prima nel giusto, ma distrutto poi dal peccato; dobbiamo attribuire al sacramento della Penitenza qualche efficacia, in modo che per mezzo di esso questo bene possa rivivere?
Si; certamente il bene che preesisteva nel giusto, ma che il peccato aveva distrutto, può rivivere in virtù del sacramento della Penitenza. Di modo che per riguardo del bene essenziale che era la grazia ed il diritto alla visione di Dio, si ritrova lo stato primiero nella misura con la quale si riceve il sacramento con buone disposizioni. Se le disposizioni restassero al di sotto del primiero fervore, il bene essenziale sarebbe in grado minore; ma tutta la somma degli antichi meriti rivivrebbe nell’ordine della ricompensa accidentale (LXXXIX, 1-4; 5 ad 3).
1700. È dunque sommamente importante ricevere il sacramento della Penitenza nelle migliori disposizioni possibili?
Sì; ciò è sommamente importante, perché l’effetto del sacramento è proporzionato alle disposizioni di chi lo riceve.
Capo XXXIX.
Della parte del penitente nel sacramento della Penitenza: contrizione, confessione e soddisfazione.
1701. Chi riceve il sacramento della Penitenza, ha parte nell’effetto del sacramento stesso a titolo affatto speciale?
Sì; perché gli atti che produce fanno parte del sacramento (XC, 1)
1702. A qual titolo gli atti del penitente fanno parte del sacramento della Penitenza?
Gli atti del penitente fanno parte del sacramento della Penitenza, perché in questo sacramento in cui gli atti del ministro costituiscono la forma, quelli del penitente costituiscono la materia (XC, 1).
1703. Quali sono gli atti del penitente che sostituiscono la materia del sacramento?
Sono la contrizione, la confessione e la soddisfazione (XC, 2).
1704. Perché questi tre atti sono richiesti come materia del sacramento della Penitenza?
Perché il sacramento della Penitenza è il sacramento della riconciliazione tra il peccatore che aveva offeso Dio, e Dio che era stato offeso. Ora: in una siffatta riconciliazione bisogna che il peccatore offra a Dio un compenso che Dio accetti, in modo che l’offesa sia dimenticata ed il suo effetto distrutto. E per questo si richiedono tre cose: 1° che il peccatore abbia la volontà di offrire il compenso che piacerà a Dio di determinare; 2° che accetti dal sacerdote che tiene il luogo di Dio le condizioni di questo compenso; 3° che lo offra di fatto e soddisfaccia fedelmente. Queste tre cose si fanno appunto mediante la contrizione, la confessione e la soddisfazione (XC; 2).
1705. Potrebbe esistere il sacramento della Penitenza senza l’una o l’altra di queste parti?
Il sacramento della Penitenza non potrebbe esistere senza una qualche manifestazione esteriore queste diverse parti; ma può esistere senza la realtà interiore della contrizione o senza il compimento della soddisfazione. Tuttavia, la virtù del sacramento ne resta impedita o paralizzata (XC, 3).
1706. Che cosa intendete per contrizione?
Intendo quel dolore di ordine soprannaturale, per cui il peccatore si affligge al punto che la sua antica volontà cattiva ne sia come schiacciata pensando ai peccati commessi, per i quali si risolve a presentarsi al sacerdote ministro di Dio per confessarli, e riceverne una pena satisfattoria che si propone di compiere fedelmente (Supplemento, I: 1).
1707. Che cosa ci vuole perché questo dolore sia di Ordine soprannaturale?
Bisogna che sia causato da un motivo dell’ordine della grazia, potendo cominciare col timore dei castighi che Dio offeso, come si sa per fede, minaccia al peccatore, con la speranza di ottenere il suo perdono se si fa penitenza donde si passa a detestare il peccato in se stesso ed in quanto ostacola il bene soprannaturale e la vita perfetta; e soprattutto in ragione della offesa a Dio, oggetto supremo e sovrano del nostro amore. (I, 1, 2)
1708. Se si detestasse il peccato per il solo motivo dei castighi e delle pene del senso che attira sopra di noi da parte di Dio irritato, sia in questa vita che nell’altra, si avrebbe la contrizione?
No; perché per la contrizione bisogna che il peccato sia detestato per il male che arreca all’anima, avuto riguardo al Bene infinito che è Dio stesso, che può e deve essere posseduto da noi, quaggiù colla grazia ed in cielo colla gloria (I, 2).
1709. Come si chiama il primo dolore, anche soprannaturale, del peccato?
Si chiama dolore di attrizione (I, 2 ad 2)
1710 Dunque la contrizione e l’attrizione si distinguono tra loro a seconda dei motivi di dolore che si hanno dei propri peccati?
Si perché nell’attrizione il dolore non è causato che da un motivo di timore servile; mentre nella contrizione si ha, al termine del moto, un impulso di timore filiale (ossia di pura carità (I, 2)
1711. Basta l’attrizione per ottenere il perdono delle proprie colpe mediante il sacramento della Penitenza?
L’attrizione può bastare per accostarsi al sacramento. Ma sul punto di ricevere la grazia del sacramento coll’assoluzione del sacerdote, alla prima attrizione succede nell’anima la vera contrizione (a, 3; I 15 I, 1).
1712. Bisogna che la contrizione si estenda a tutti i peccati commessi?
Sì; bisogna che la contrizione si estenda a tutti i peccati commessi, specialmente al principio del suo moto e quando il peccatore concepisce dei peccati il dolore che a lui deve causare la malizia propria di ciascuno di essi, specialmente quando si tratta di peccati mortali. Ma al termine della sua azione ed allorchè il dolore è già informato dalla grazia, basta che si estenda a tutti in generale, detestandoli tutti sotto la loro comune ragione di offesa fatta a Dio (II, 3, 6).
1713. Potreste darmi una formula dell’atto di contrizione?
Sì; eccola per modo di omaggio Dio: Mio Dio, mi pento con tutto il cuore dei miei peccati, e li odio e detesto, come offesa della vostra Maestà infinita, cagione della morte del vostro divin Figliuolo Gesù, e mia spirituale rovina. Non voglio più commetterne in avvenire r propongo di fuggirne le occasioni. — Signore, misericordia, perdonatemi.
1714. Che cosa deve fare il peccatore dopo essersi eccitato al dolore dei suoi peccati per mezzo dell’attrizione o della contrizione, per ottenerne da Dio il perdono?
Deve confessarsene al sacerdote, quando la confessione gli è imposta sia per precetto della Chiesa, sia perché le circostanze in cui si trova gli fanno un dovere di confessarsi (VI, 1-5).
1715. Quando obbliga a confessarsi il precetto della Chiesa?
Per tutti i fedeli vi è l’obbligo una volta l’anno e preferibilmente nel tempo pasquale, in forza del precetto della Comunione pasquale, che nessuno ha diritto di ricevere senza essersi confessato, quando ha qualche peccato mortale sulla coscienza (VI, 5; Codice, Can. 906).
1716. Perché è necessaria la confessione per ricevere il sacramento della Penitenza?
Perché soltanto per mezzo della confessione il penitente può far conoscere al sacerdote i propri peccati, e metterlo in grado di pronunziarsi sia sull’attitudine del soggetto a ricevere l’assoluzione, sia sulla pena soddisfattoria che deve essere imposta per i peccati da parte di Dio, affinché dal peccatore venga offerta la giusta compensazione del suo ritorno in grazia (VI, 1).
1717. Come deve essere la confessione perché il sacramento sia valido?
Bisogna che in quanto è possibile il penitente faccia conoscere, secondo il numero e la specie, tutti i peccati mortali che ha commesso; e che compia questo atto in ordine all’assoluzione sacramentale che è venuto a domandare al sacerdote (IX, 2).
1718. Se nel momento in cui li accusa non avesse la contrizione o l’attrizione dei suoi peccati, questi potrebbero essere rimessi mediante l’assoluzione che il sacerdote potesse dare?
No; non lo potrebbero. Ma sarebbero confessati se la confessione fosse stata completa; e non vi sarebbe più bisogno di confessarli di nuovo perché fossero rime i per virtù del sacramento. Basterebbe che il peccatore supplisse alla mancanza di contrizione, e nella nuova confessione accusasse questa mancanza che aveva accompagnato la confessione precedente (IX, 1).
1719. Se uno in confessione avesse dimenticato senza propria colpa qualche peccato grave che in seguito ricorda, sarebbe tenuto a confessarlo nella prossima confessione?
Sì; perché ogni peccato grave deve essere direttamente sottomesso alla potestà delle chiavi (IX, 2).
1720. A quale titolo il sacerdote riceve la confessione del peccatore?
La riceve nel nome ed in luogo di Dio stesso. Di modo che nella sua vita, come uomo ed al di fuori del suo ministero di confessore, non ne deve niente conoscere e non ne deve fare assolutamente uso alcuno (XI, 1-5).
1721. Che cosa deve fare il penitente dopo la confessione?
Deve compiere con la massima cura la pena satisfattoria che il sacerdote gli ha imposto
nel nome di Dio, per il suo ritorno in grazia (XII, 1, 3).
1722. Si possono determinare le grandi specie di opere, alle quali si riducono tutte le pene satisfattorie?
Sì: esse si riducono tutte alla elemosina, al digiuno ed alla preghiera. Infatti, nella soddisfazione noi dobbiamo togliere qualche cosa per offrirlo a Dio in Suo onore. Ora: noi non abbiamo che tre specie di beni che possiamo offrire: i beni della fortuna, i beni del corpo ed i beni dell’anima. La offerta dei primi va sotto il nome generale di elemosina; quella dei secondi, sotto il nome generale di digiuno; la offerta dei terzi, sotto il nome generale di preghiera (XV, 3).
1723. Se non si compisse la penitenza sacramentale, ossia la pena satisfattoria imposta dal sacerdote nell’atto del sacramento, si perderebbe la grazia del sacramento stesso?
No; purché ciò non si faccia in onta al sacramento. Ma se ciò non avvenisse che per dimenticanza o anche per negligenza, la grazia della remissione ricevuta nel sacramento resterebbe. Tuttavia, si è sempre passibili, di fronte alla giustizia di Dio, della pena dovuta al peccato, e bisogna scontarla in questa vita o nell’altra; e la grazia stessa del sacramento non riceve l’aumento annesso al compimento della soddisfazione sacramentale (Parte Terza, XC, art. 2 ad 2.)
Capo XL.
Del ministro del sacramento della Penitenza del potere delle chiavi. Dell’assoluzione. -Delle indulgenze. – Della comunione dei Santi. – Della scomunica.
1724. Che cosa si deve intendere per potere delle chiavi?
Il potere delle chiavi non è altro che il potere di aprire la porta del regno dei cieli, rimuovendo l’ostacolo che chiude questa porta, vale a dire il peccato stesso e la pena che gli è dovuta (XVII, 1):
1725. Dove si trova questo potere?
Nella santissima Trinità come nella sua prima origine; poi nella santa umanità di Gesù Cristo, la Passione del quale ha meritato che questo doppio ostacolo fosse tolto e lo toglie essa stessa con la sua virtù. E poiché la efficacia della passione di Gesù Cristo rimane nei sacramenti, che sono come i canali della sua grazia per i quali rende gli uomini partecipi di tutti i suoi meriti, ne segue che i ministri della Chiesa che sono i dispensatori dei sacramenti, Sono essi pure i depositari del potere delle chiavi che hanno ricevuto da Gesù Cristo stesso (XVII, 1).
1726. Come si esercita il potere delle chiavi nel sacramento della Penitenza?
Il potere delle chiavi nel sacramento della Penitenza si esercita mediante l’atto del ministro che giudica lo stato del peccatore, e gli dà l’assoluzione ingiungendogli la penitenza, oppure gli nega l’assoluzione stessa (XVII, 2).
1727. Il sacramento della Penitenza produce il suo effetto di remissione unito al potere delle chiavi, nel momento della assoluzione data dal sacerdote e per la virtù dell’assoluzione stessa?
Sì; e senza questa assoluzione il sacramento non potrebbe esistere, né per conseguenza produrre il suo effetto di remissione o liberazione (X, 1, 2; XVIII, 1).
1728. Soltanto i sacerdoti hanno il potere delle chiavi?
Soltanto i sacerdoti ordinati validamente secondo il rito della Chiesa Cattolica, hanno il potere delle chiavi che aprono direttamente la porta del cielo, mediante la remissione delle colpe mortali nel sacramento della Penitenza (XIX, 3).
1729. Basta che il sacerdote sia ordinato validamente secondo il rito della Chiesa Cattolica, perché abbia questo potere delle chiavi rispetto a questo o quel battezzato, che vuol ricevere il sacramento della Penitenza?
No; bisogna che sia anche approvato dalla Chiesa per ascoltare le confessioni, e che il battezzato che ha da assolvere appartenga alla sua giurisdizione (XX, 1-3).
1730. Praticamente, ogni sacerdote che si trovi in qualche luogo con l’ufficio o la facoltà di ascoltare le confessioni, può assolvere tutti coloro che si presentano a lui con intenzione di ricevere il sacramento della Penitenza?
Sì; purché questi non accusino delle colpe riservate ad una potestà superiore; cosa che giudicherà egli stesso ascoltando la confessione del soggetto che si presenta.
1731. Esiste nella Chiesa un potere che si avvicina al potere delle chiavi, e che libera diversamente dall’assoluzione sacramentale e dalla ingiunzione di una compensazione che si fa per mezzo della penitenza sacramentale?
Sì; è l’ammirabile potere delle indulgenze (XXV, 1).
1732. In che cosa consiste questo potere?
Consiste nella facoltà che ha la Chiesa di prender dal tesoro infinito ed inesauribile di Gesù Cristo, della Santissima Vergine e dei Santi, nell’ordine della soddisfazione per il peccato, ciò che in tutto od in parte corrisponde alla soddisfazione che dovrebbe dare il peccatore alla giustizia di Dio, dopo la remissione del suo peccato sia in questo mondo che nell’altro; applicarlo a determinati soggetti, e per effetto di questa applicazione liberarli dal loro debito verso la giustizia di Dio (XXV, 1).
1733. Che cosa ci vuole perché possa farsi questa applicazione?
Ci vogliono tre cose: autorità in colui che la fa; stato di grazia o di carità in colui per il quale è fatta; ed un motivo di pietà come ragione per cui si fa, vale a dire qualche cosa che torni ad onore di Dio ed utilità della Chiesa. Tali sarebbero le pratiche di pietà, le opere di zelo e di apostolato, le elemosine e cose simili (XXV, 2).
1734. Le opere che sono la ragione ossia il motivo della indulgenza, ne sono forse il prezzo?
Niente affatto; perché la indulgenza non è una remissione della pena che si compra, e della quale si dà l’equivalente con altre pene satisfattorie. Essa è essenzialmente il trasferimento a determinati soggetti, per qualcuna delle ragioni di pietà che abbiamo enumerato, della pena o della soddisfazione che apparteneva ad altri, e che questi altri consentono di veder trasferire ad altri ancora in virtù della comunione dei Santi (XXV, 2).
1735. Solamente coloro che compiono la condizione apposta per la indulgenza, possono beneficiare di essa?
Possono essi stessi cederne il beneficio ad altro soggetto, guadagnandola per esso, se si tratta delle anime del Purgatorio, quando chi concede la indulgenza ne dà loro la facoltà (XXVII, 3 ad 2; Codice, can. 930).
1736. E chi dunque può concedere le indulgenze?
Colui soltanto al quale è stato affidato il tesoro dei meriti di Gesù Cristo e dei Santi, in forza della potestà che ha ricevuto di legare o di sciogliere rispetto a tutti coloro che appartengono al corpo mistico di Gesù Cristo su questa terra, vale a dire il Sommo Pontefice. Ma poiché i Vescovi sono ammessi a condividere la sua sollecitudine pastorale, preposti come sono a giudici nelle diverse parti della Chiesa, possono essi pure, nei limiti loro stabiliti dal Sommo Pontefice, accordare indulgenze ai loro sudditi (XXVI, 1-3).
1737. Che cosa consegue da una potestà così meravigliosa esistente nella Chiesa Cattolica ed in essa sola, in forza della Suprema autorità del Sommo Pontefice?
Da questa potestà meravigliosa, unita del resto a tutto ciò che è stato detto della potestà delle chiavi nel sacramento della Penitenza; ed in modo generale in tutto ciò che riguarda la comunicazione, per via di azione sociale e gerarchica, dei meriti della Passione di Gesù Cristo, ne consegue che non può esservi per l’uomo bene più grandesu questa terra che di essere incorporato mediante il Battesimo alla Chiesa Cattolica, e di poter partecipare a tutti i diritti conferiti dal Battesimo, essendo in perfetta comunione con tutti i membri della Chiesa Cattolica e col suo Capo ii Romano Pontefice, al quale solo sono stati affidati tutti i beni e tutti i tesori della vita soprannaturale da distribuirsi fra gli uomini.
1738. Può darsi che qualcuno, pur essendo incorporato nella Chiesa Cattolica mediante il Battesimo, non partecipi ai diritti che il Battesimo conferisce?
Si; è il caso di tutti quelli che cadono sotto le censure della Chiesa, specialmente sotto la più terribile di tutte che è la scomunica (XXI, 1, 2).
1739. Gli eretici e gli scismatici sono scomunicati?
Sicuramente. Tutti gli eretici e tutti gli scismatici sono scomunicati per il fatto stesso dello scisma e della eresia, e non hanno più parte alcuna alla comunione dei Santi.
1740. Non vi sono dunque che i soli Cattolici sottomessi al Pontefice Romano e non colpiti da censure, che possono pienamente godere i loro diritti in quello che concerne la partecipazione ai beni di Gesù Cristo nella Chiesa?
Sì: non vi sono che i Cattolici. Con questo di più che per partecipare a tali beni per via di indulgenza, bisogna essere pienamente, mediante la grazia e la carità, nella comunione dei Santi.
1741. Che cosa opera dunque questa comunione dei Santi quando esiste perfetta?
Essa fa sì che, ora per il tratto di unione vivente e personale che è lo Spirito Santo ed ora per l’azione gerarchica della Chiesa visibile di cui lo Spirito Santo è anima, tutti i membri del corpo mistico di Gesù Cristo viventi ancora sulla terra, o che si trovano nel Purgatorio o di già in cielo, possano continuamente comunicare insieme, in ordine alla eterna felicità che un giorno dovrà essere loro comune nella Patria celeste.