DOMENICA III DOPO L’EPIFANIA (2021)
Semidoppio. – Paramenti verdi.
Le Domeniche III, IV, V, e VI dopo l’Epifania hanno il medesimo Introito, Graduale, Offertorio e Communio, che ci manifestano che Gesù è Dio, che opera prodigi, e che bisogna adorarlo. La Chiesa continua, infatti, in questo tempo dopo l’Epifania, a dichiarare la divinità di Cristo e quindi la sua regalità su tutti gli uomini. È il Re dei Giudei, è il Re dei Gentili. Così la Chiesa sceglie in San Matteo un Vangelo nel quale Gesù opera un doppio miracolo per provare agli uni e agli altri d’essere veramente il Figlio di Dio. – Il primo miracolo è per un lebbroso, il secondo per un centurione. Il lebbroso appartiene al popolo di Dio, e deve sottostare alla legge di Mosè. Il centurione, invece, non è della razza d’Israele, a testimonianza del Salvatore. Una parola di Gesù purifica il lebbroso, e la sua guarigione sarà constatata ufficialmente dal Sacerdote, perché sia loro testimonianza della divinità di Gesù (Vang.). Quanto al centurione, questi attesta con le sue parole umili e confidenti che la Chiesa mette ogni giorno sulle nostre labbra alla Messa, che Cristo è Dio. Lo dichiara anche con la sua argomentazione tratta dalla carica che egli ricopre: Gesù non ha che da dare un ordine, perché la malattia gli obbedisca. E la sua fede ottiene il grande miracolo che implora. Tutti i popoli prenderanno dunque parte al banchetto celeste nel quale la divinità sarà il cibo delle loro anime. E come nella sala di un festino tutto è luce e calore, le pene dell’inferno, castigo a quelli che avranno negato la divinità di Cristo, sono figurate con il freddo e la notte che regnano al di fuori, da queste « tenebre esteriori » che sono in contrasto con lo splendore della sala delle nozze. Alla fine del discorso sulla montagna « che riempi gli uomini d’ammirazione » S. Matteo pone i due miracoli dei quali ci parla il Vangelo. Essi stanno dunque a confermare che veramente « dalla bocca di un Dio viene questa dottrina che aveva già suscitato l’ammirazione » nella Sinagoga di Nazaret (Com.). –Facciamo atti di fede nella divinità di Gesù, e, per entrare nel suo regno, accumuliamo, con la nostra carità, sul capo di quelli die ci odiano dei carboni di fuoco (Ep.), cioè sentimenti di confusione che loro verranno dalla nostra magnanimità, che non daranno ad essi riposo finché non avranno espiato i loro torti. Cosi realizzeremo in noi il mistero dell’Epifania che è il mistero della regalità di Gesù su tutti gli uomini. Uniti dalla fede in Cristo, devono quindi tutti amarsi come fratelli. « La grazia della fede in Gesù opera la carità » dice S. Agostino (2° Notturno).
Incipit
In nómine Patris, ☩ et Fílii, et Spíritus Sancti. Amen.
Introitus
Ps XCVI: 7-8
Adoráte Deum, omnes Angeli ejus: audívit, et lætáta est Sion: et exsultavérunt fíliæ Judae.
[Adorate Dio, voi tutti Angeli suoi: Sion ha udito e se ne è rallegrata: ed hanno esultato le figlie di Giuda.]
Ps XCVI: 1
Dóminus regnávit, exsúltet terra: læténtur ínsulæ multæ.
[Il Signore regna, esulti la terra: si rallegrino le molte genti.]
Adoráte Deum, omnes Angeli ejus: audívit, et lætáta est Sion: et exsultavérunt fíliæ Judae.
[Adorate Dio, voi tutti Angeli suoi: Sion ha udito e se ne è rallegrata: ed hanno esultato le figlie di Giuda]
Oratio
Orémus.
Omnípotens sempitérne Deus, infirmitatem nostram propítius réspice: atque, ad protegéndum nos, déxteram tuæ majestátis exténde.
[Onnipotente e sempiterno Iddio, volgi pietoso lo sguardo alla nostra debolezza, e a nostra protezione stendi il braccio della tua potenza].
Lectio
Léctio Epístolæ beáti Pauli Apóstoli ad Romános.
Rom XII: 16-21
Fratres: Nolíte esse prudéntes apud vosmetípsos: nulli malum pro malo reddéntes: providéntes bona non tantum coram Deo, sed étiam coram ómnibus homínibus. Si fíeri potest, quod ex vobis est, cum ómnibus homínibus pacem habéntes: Non vosmetípsos defendéntes, caríssimi, sed date locum iræ. Scriptum est enim: Mihi vindícta: ego retríbuam, dicit Dóminus. Sed si esuríerit inimícus tuus, ciba illum: si sitit, potum da illi: hoc enim fáciens, carbónes ignis cóngeres super caput ejus. Noli vinci a malo, sed vince in bono malum.
“Fratelli: Non vogliate essere sapienti ai vostri propri occhi: non rendete a nessuno male per male. Procurate di fare il bene non solo dinanzi a Dio, ma anche dinanzi a tutti gli uomini. Se è possibile, per quanto dipende da voi, siate in pace con tutti gli uomini. Non fatevi giustizia da voi stessi, o carissimi, ma rimettetevi all’ira divina, poiché sta scritto: A me la vendetta; ripagherò io », dice il Signore. Anzi, se il tuo nemico ha fame, dagli da mangiare; se ha sete, dagli da bere; perché, così facendo, radunerai sul suo capo carboni ardenti. Non lasciarti vincere dal male; al contrario vinci il male con il bene”. (Romani XII, 16-21).
P. G. Semeria: Le epistole delle Domeniche, Op. naz. Per il mezzogiorno d’Italia, Milano, 1939.
(Nihil obstat sac. P. De Ambroggi – Imprim. P. Castiglioni vic. Gen. Curia Arch, Mediolani, 1-3-1938)
LA VITTORIA DEL BENE SUL MALE.
Questa volta bisogna proprio che ve la legga questa lettera o porzione di lettera di S. Paolo ai Romani, ve la leggo e niente altro. È troppo delicato l’argomento che tratta, è troppo importante lo sviluppo che gli dà. Del resto purtroppo la sentite così di rado la parola di San Paolo, il grande predicatore della verità. Continua l’Apostolo a dare ai romani i consigli morali più tipicamente cristiani; li chiamo consigli, pensando al tono che è d’esortazione, ma si tratta di precetti belli e buoni. L’apostolo insiste sul tasto delicato e forte della carità cristianamente intesa, così diversa e superiore alla filantropia. « Non fate del male a nessuno, e fate del bene a tutti gli uomini » frase molto chiara e dove l’accento cade su quel nessuno e quel tutti. Cristiani battezzati di fresco, Cristiani troppo freschi per essere Cristiani profondi, potevano credere che la carità nella sua doppia espressione di non fare del male e di fare del bene, potesse e dovesse restringersi nell’ambito dei fedeli. Per gli infedeli, pei pagani doveva essere, poteva essere un altro conto, un altro affare. Ebbene, no. S. Paolo dissipa l’equivoco. Male un Cristiano non deve fare a nessuno, neanche al più scomunicato dei pagani, e bene a tutti. Ma se non dovendo fare e non facendo del male a nessuno il buon Cristiano non può mettersi in contrasto con nessuno, purtroppo possono gli altri mettersi in contrasto con lui, rompendo quello stato pacifico nel quale sfocia logicamente la carità. L’Apostolo lo sa e perciò soggiunge: « se è possibile e per quanto dipende da voi. Siate in pace con tutti ». Soggiunge così per continuare il filo logico del suo discorso ai Cristiani in caso di confitti che altri (non essi) abbiano suscitato, turbando il pacifico equilibrio della carità. In questo caso il dovere del Cristiano, offeso, oltraggiato, danneggiato è di non farsi giustizia da sé: « non vi vendicate, dice il testo, e continua: « rimettetevi alla giustizia di Dio, giusta la frase del V. T.: « È mia la giustizia, penserò io a farla ». Dove tocchiamo un’altra volta con mano il mirabile equilibrio del Cristianesimo contrario alla vendetta, ma pieno d’ardore per la giustizia, anzi tanto più dalla vendetta abborrente quanto più alla giustizia devoto. Ogni vendetta individuale rischia di essere un’ingiustizia, perché si fa giudice chi è parte in causa. La giustizia, questa idealità obbiettiva, cristiana per sua natura, non può essere soggettivizzata; o ci si rinuncia, o la si affida a Dio. – Affidato a Dio l’esercizio eventuale, eventualmente necessario, della giustizia, il buon Cristiano anche nel caso di ingiuria sofferta deve riprendere verso il suo offensore l’esercizio della carità. La quale nella fattispecie esercitata verso un nemico, verso chi l’ha demeritata diventa perdono. « Ci penso io alla giustizia, a mettere a posto il malvagio », dice il Signore, e allora a noi non resta che continuare per il solco radioso della carità. E perciò: « se — riprende la parola l’Apostolo Paolo — il tuo nemico (colui che ha voluto essere tale per te) viene ad avere fame, tu, da buon fratello, perché non sei, non puoi, non devi essere altro, tu dagli da mangiare, se ha sete dagli da bere. Lo richiamerai così, collo spettacolo vivo, edificante della tua bontà indomita ed indomabile, a coscienza più chiara e cosciente della suo malvagità ». – E qui senza tradire il concetto dell’Apostolo Paolo ho dovuto modificare un po’ le sue parole. Ma il concetto come è bello e profondo! Quando uno ti picchia, tu, secondo la morale del mondo, dovresti, devi picchiarlo: al gesto violento e brutale rispondere con un altro gesto egualmente brutale e violento, scendere anche tu su quel terreno bestiale e brutale, dove si è collocato lui. Dare a lui un cattivo esempio, come egli lo ha dato a te. Il Cristianesimo ragiona ben altrimenti. A chi si brutalizza, bisogna dare esempio di umanità; il Cristiano rimanga al suo posto, alto e nobile, e potrà condurvi l’avversario. E così avrà una vittoria non di Pietro su Cesare, dell’uomo sull’uomo, del più forte e violento sul più debole, no; si avrà la vittoria, una vittoria del bene sul male, del bene che lo ferma sul male che vorrebbe continuare le sue gesta. La Vittoria del bene sul male, il segno e il programma del Cristianesimo che Paolo riafferma a conclusione del suo discorso: « non ti far vincere dal male, ma vincilo tu il male e vincilo col bene, la sola arma efficace all’uomo, « noli vinci a malo, sed vince in bono malum ».
Graduale
Ps CI: 16-17
Timébunt gentes nomen tuum, Dómine, et omnes reges terræ glóriam tuam.
[Le genti temeranno il tuo nome, o Signore: tutti i re della terra la tua gloria.]
V. Quóniam ædificávit Dóminus Sion, et vidébitur in majestáte sua [V. Poiché il Signore ha edificato Sion: e si è mostrato nella sua potenza. Allelúia, allelúia.]
Alleluja
Allelúja, allelúja.
Ps XCVI: 1
Dóminus regnávit, exsúltet terra: læténtur ínsulæ multæ. Allelúja. [Il Signore regna, esulti la terra: si rallegrino le molte genti. Allelúia].
Evangelium
Sequéntia ✠ sancti Evangélii secúndum Matthæum.
Matt VIII: 1-13
In illo témpore: Cum descendísset Jesus de monte, secútæ sunt eum turbæ multæ: et ecce, leprósus véniens adorábat eum, dicens: Dómine, si vis, potes me mundáre. Et exténdens Jesus manum, tétigit eum, dicens: Volo. Mundáre. Et conféstim mundáta est lepra ejus. Et ait illi Jesus: Vide, némini díxeris: sed vade, osténde te sacerdóti, et offer munus, quod præcépit Móyses, in testimónium illis. Cum autem introísset Caphárnaum, accéssit ad eum centúrio, rogans eum et dicens: Dómine, puer meus jacet in domo paralýticus, et male torquetur. Et ait illi Jesus: Ego véniam, et curábo eum. Et respóndens centúrio, ait: Dómine, non sum dignus, ut intres sub tectum meum: sed tantum dic verbo, et sanábitur puer meus. Nam et ego homo sum sub potestáte constitútus, habens sub me mílites, et dico huic: Vade, et vadit; et alii: Veni, et venit; et servo meo: Fac hoc, et facit. Audiens autem Jesus, mirátus est, et sequéntibus se dixit: Amen, dico vobis, non inveni tantam fidem in Israël. Dico autem vobis, quod multi ab Oriénte et Occidénte vénient, et recúmbent cum Abraham et Isaac et Jacob in regno coelórum: fílii autem regni ejiciéntur in ténebras exterióres: ibi erit fletus et stridor déntium. Et dixit Jesus centurióni: Vade et, sicut credidísti, fiat tibi. Et sanátus est puer in illa hora.
[“In quel tempo, sceso che fu Gesù dal monte, lo seguirono molte turbe. Quand’ecco un lebbroso accostatosegli lo adorava, dicendo: Signore, se vuoi, puoi mondarmi. E Gesù, stesa la mano, lo toccò, dicendo: Lo voglio; sii mondato. E fu subito fu mondato dalla sua lebbra. E Gesù gli disse: Guardati di dirlo a nessuno; ma va a mostrarti al sacerdote, e offerisci il dono prescritto da Mose in testimonianza per essi. Ed entrato che fu in Capharnaum, andò a trovarlo un centurione, raccomandandosegli, e dicendo: Signore, il mio servo giace in letto malato di paralisi nella mia casa, ed è malamente tormentato. E Gesù gli disse: Io verrò, e lo guarirò. Ma il centurione rispondendo, disse: Signore, io non son degno che tu entri sotto il mio tetto; ma di’ solamente una parola, e il mio servo sarà guarito. Imperocché io sono un uomo subordinato ad altri, e ho sotto di me dei soldati: e dico ad uno: Va ed egli va; e all’altro: Vieni, ed egli viene; e al mio servitore: Fa la tal cosa, ed ei la fa. Gesù, udite queste parole, ne restò ammirato, e disse a coloro che lo seguivano : In verità, in verità vi dico, che non ho trovato fede sì grande in Israele. E Io vi dico, che molti verranno dall’oriente e dall’occidente, e sederanno con Abramo, e Isacco, e Giacobbe uel regno de’ cieli: ma i figliuoli del regno saranno gettati nelle tenebre esteriori: ivi sarà pianto e stridore di denti. Allora Gesù disse al centurione: Va, e ti sia fatto conforme hai creduto. E nello stesso momento il servo fu guarito”.]
OMELIA
[Discorsi di S. G. B. M. VIANNEY, curato d’Ars – Vol. I, ed. Ed. Marietti, Torino-Roma, 1933]
Sulla preghiera d’un peccatore impenitente.
Cum descendisset Jesus de monte, secutæ sunt eum turbæ multæ. Et ecce leprosus veniens, adorabat eum.
[Scendendo Gesù dalla montagna, una gran folla di popolo lo seguiva; ed ecco un lebbroso che venendo a Lui lo adorava.]
(MATTH. VIII, 1, 2).
Leggendo queste parole, miei Fratelli, io mi rappresento il giorno di una grande festa, nella quale si accorre in folla nelle nostre chiese, vicino a Gesù Cristo, non disceso da una montagna, ma sopra i nostri altari, sui quali la fede lo scopre come un Re nel mezzo del suo popolo, come un padre circondato dai figli suoi, in una parola, come un medico circondato dagli ammalati suoi. Gli uni adorano questo Dio, del quale il cielo e la terra non possono contenere l’immensità, con una coscienza pura, come un Dio il quale regna nel loro cuore; è solo l’amore che li conduce qui per offrirgli un sacrificio di lodi e di azioni di grazie; essi sono sicuri di non uscire dalla presenza di questo Dio caritatevole senza essere ricolmi di ogni sorta di benedizioni. Altri si presentano dinanzi a questo Dio così puro e così santo con un’anima tutta coperta di peccati; ma essi sono rientrati in se medesimi, hanno aperto gli occhi sopra il loro stato infelice, hanno concepito il più vivo orrore dei loro traviamenti, e, risoluti di cambiar vita, si recano a Gesù Cristo pieni di fiducia, si gettano ai piedi del migliore dei padri, facendogli il sacrificio di un cuore contrito ed umiliato. Prima di uscire dalla chiesa, il cielo sarà loro aperto, e chiuso l’inferno. Ma dopo queste due sorta di adoratori, si presenta una terza: vale a dire, quei Cristiani tutti coperti delle sozzure del peccato e assonnati nel male, che non pensano affatto ad uscirne, che tuttavia si conducono come gli altri, si recano ad adorarlo ed a pregarlo, almeno in apparenza. Io non vi parlerò di coloro che vengono con un’anima pura ed aggradevole al loro Dio; io non ho che una cosa sola da dir loro, di perseverare. Ai secondi io dirò loro di raddoppiare le loro preghiere, le loro lacrime e le loro penitenze; ma che pensino che, giusta la promessa di Dio medesimo, ogni peccatore che a Lui ritorna con un cuore contrito ed umiliato è sicuro di trovare il suo perdono. (Ps. L, 19). Essi sono sicuri, dice Gesù Cristo, di avere riacquistata l’amicizia del loro Dio e il diritto che la loro qualità di figli di Dio loro concede al cielo. Io non voglio dunque oggi parlarvi che di quei peccatori i quali sembrano vivere, ma che sono già morti. Strana condotta, M. F., sulla quale io non oserei esprimere il mio pensiero, se lo Spirito Santo non avesse già detto, dal principio del mondo e in termini appropriati, che la preghiera d’un peccatore il quale non vuole uscire dal suo peccato, e non fa tutto ciò che deve fare per uscirne, è in esecrazione agli occhi del Signore. Aggiungiamo a questo induramento, il disprezzo di tutte le grazie che il cielo gli offre. Il mio disegno è dunque di mostrarvi che la preghiera di un peccatore che non vuole uscire dal peccato, non è altra cosa che un’azione ridicola, piena di contraddizioni e di menzogne, se noi la consideriamo sia in rapporto alle disposizioni del peccatore che la fa, sia che la consideriamo per rapporto a Gesù Cristo al quale è rivolta. Parliamo più chiaramente, dicendo che la preghiera d’un peccatore che resta nel peccato, non è altra cosa che una azione la più insultante e la più empia. Ascoltatemi un istante e voi ne sarete sventuratamente convinti.
I . — Mio disegno non è di parlarvi a lungo delle qualità che deve avere una preghiera per essere accettevole a Dio e vantaggiosa a colui che la fa; io non vi dirò che poche parole della sua potenza; io vi dirò solamente di passaggio che è un dolce intrattenimento dell’anima col suo Dio, che ce lo fa riconoscere per nostro Creatore, per nostro Bene sommo e nostro ultimo fine; è un commercio del cielo colla terra; noi rivolgiamo le nostre preghiere e le nostre buone opere al cielo, e il cielo fa discendere sopra di noi le grazie che ci sono necessarie per santificarci. Io vi dirò di giunta che è la preghiera che aderge la nostra anima e il nostro cuore al cielo, ci fa sprezzare il mondo con tutti i piaceri suoi. È la preghiera che fa discendere Dio fino a noi. Diciamo ancor meglio: la preghiera ben fatta penetra ed attraversa la vòlta dei cieli e sale fino al trono di Gesù Cristo medesimo, disarma la giustizia del Padre suo, eccita e commuove la misericordia sua, apre i tesori delle grazie del Signore, le rapisce, se oso di così parlare, e ritorna carica di ogni sorta di benedizioni a colui che a Dio l’ha rivolta. Se mi fosse necessario di assodare questo vero, io non avrei che ad aprire i libri dell’Antico e del Nuovo Testamento. Noi vi leggeremmo che Dio non può mai negare ciò che gli si domandasse colla preghiera fatta nel modo dovuto. Qui io veggo trentamila uomini sui quali Dio ha risoluto di far discendere il peso della sua giusta collera, per distruggerli in castigo dei loro peccati. Mosè solo domanda la loro grazia, e si prostra dinanzi al Signore. Appena è cominciata la sua preghiera, che il Signore che aveva risoluto la loro perdita, cangia la sua sentenza, restituendo loro la sua amicizia, promettendo loro la protezione sua ed ogni sorta di benedizioni, e tutto alla preghiera di un sol uomo. (Exod. XXXII, 28-34). Io veggo un Giosuè il quale, trovando che il sole volge troppo rapidamente al tramonto, e temendo di non avere il tempo per vendicarsi dei suoi nemici, si prostra colla faccia contro terra pregando il Signore, comanda al sole di fermarsi, e, con un miracolo che non si era mai operato e che forse mai si opererà, il sole sospende il suo corso per proteggere Giosuè e lasciargli il tempo di inseguire e di distruggere il suo nemico. (Jos. X) Io veggo Giona che il Signore manda alla grande città di Ninive, questa città peccatrice, perché il Signore che è la giustizia e la stessa bontà, aveva risoluto di punirla e di distruggerla. Giona, correndo le vie della grande città, annuncia, dalla parte di Dio medesimo, che la sua distruzione non è lontana che di quaranta giorni. A questo annuncio triste e desolante, tutti si prostrano a terra, tutti hanno ricorso alla preghiera. Tosto il Signore revoca la sua sentenza e li guarda con bontà. Lontano dal punirli, li ama e li ricolma di benefizi. (Gion. I-IV) Se io mi volgo da un’altra parte, veggo il profeta Elia, il quale per punire i peccati del suo popolo, prega Dio di non concedere la pioggia. Per il volgere di due anni e mezzo il cielo gli obbedì, e la pioggia non cadde che quando il medesimo profeta la domandò a Dio colla preghiera (III Reg. XVII, 1; XVIII, 44). Se io passo dall’Antico Testamento al Nuovo, noi vi vediamo che la preghiera, ben lungi dal perdere la sua forza, diventa più potente sotto la legge della grazia. Vedete Maddalena: da che ella prega gettandosi ai piedi del Salvatore, i suoi peccati le sono perdonati e sette demoni escono dal suo corpo (Luc. VII, 47; VIII, 2). Vedete san Pietro: dopo di aver rinnegato il suo Dio, ricorre alla preghiera; tosto il Salvatore getta gli occhi sopra di lui e gli perdona (Ibid. XXII, 61, 62.). Vedete il buon ladro (Ibid. XXIII, 42, 43). Se Giuda, il traditore, invece di gettarsi alla disperazione, avesse pregato Dio di perdonargli il suo peccato, il Signore gli avrebbe rimesso la colpa. (Jóan. XIV, 13,14). Sì, M. F., il potere della preghiera ben fatta è così grande che, quando tutto l’inferno, tutte le creature del cielo e della terra domandassero vendetta, e che Dio medesimo fosse armato delle sue folgori per schiacciare il peccatore, se questo peccatore si getta ai suoi piedi pregandolo di usargli misericordia, col rammarico di averlo offeso e col desiderio di amarlo, egli è sicuro del suo perdono. È giusta la promessa che ci ha fatto Egli medesimo, dicendo che Egli ci dà la sua parola di concederci tutto ciò che noi domandassimo al Padre suo nel suo Nome. Mio Dio, come è dolce e consolante per un Cristiano l’essere sicuro di ottenere tutto ciò che domanderà a Dio colla preghiera! Ma, forse mi direte voi, come conviene fare questa preghiera, perché abbia questo potere presso Dio? — Senza essere prolissi: la nostra preghiera, per avere questo potere, deve essere animata d’una fede viva, d’una speranza ferma e costante, che ci muova a credere che, per i meriti di Gesù Cristo, noi siamo sicuri di ottenere quello che domandiamo, e di più da una carità ardente.
1° Io dico in primo luogo, è necessario che abbiamo una fede viva. — E perché, mi direte voi? — Perché la fede è il fondamento e la base di tutte le nostre buone opere, e senza questa fede, tutte le azioni nostre, benché buone in se medesime, sono opere senza merito. Noi dobbiamo altresì essere penetrati della presenza di Dio, dinanzi al quale abbiamo la ventura di trovarci; un ammalato che una febbre violenta abbia fatto cader nel delirio e che batte la campagna, il suo spirito una volta fisso in qualche oggetto, benché nulla siavi di visibile, è tanto persuaso che egli vede o tocca, che quantunque si sforzi di persuadergli il contrario, egli non vuol crederlo. Sì, M. F., fu questa fede violenta, se oso così dire, colla quale S. Maddalena cercava il Salvatore, non avendolo trovato nella sua tomba. Ella era tanto penetrata dell’oggetto che ella cercava, che Gesù Cristo per provarla, o piuttosto non potendosi più nascondere all’amor suo che l’aveva padroneggiata, le apparve sotto la figura di un giardiniere, e le domandò perché piangesse e chi cercasse. Senza dirgli che cercava il Salvatore, esclama: “Ah! se voi l’avete preso, ditemelo, affinché vada a ripigliarlo.„ (1 Joan XX, 15) La sua fede era così viva, così ardente, se mi è lecito di così esprimermi, che quand’anche fosse stato nel seno del Padre suo, lo avrebbe costretto a discendere sopra la terra. Sì, ecco la fede della quale un Cristiano deve essere animato, quando ha la ventura di trovarsi a la presenza di Dio, affinché Dio possa nulla negargli.
2° In secondo luogo, io dico che alla fede è da aggiungere la speranza, vo’ dire, una speranza ferma e costante che Dio può e vuole concederci quello che gli domandiamo. Ne volete un modello? Eccolo. Vedete la Cananea (Matth. XV); la sua preghiera era animata da una fede così viva, da una speranza così ferma che il buon Dio poteva concederle ciò che domandava, che essa non cessò di pregare, di pressare, o se così oso di esprimermi, di fare violenza a Gesù Cristo. Si ha un bel respingerla, e dal medesimo Gesù Cristo; epperò non sapendo più a qual partito appigliarsi, si getta ai suoi piedi dicendogli per tutta preghiera: “Signore, aiutatemi! ,, e queste parole pronunciate con tanta fede incatenano la volontà di Dio medesimo. Il Salvatore tutto meravigliato esclama: O donna, la tua fede è grande! vattene, tutto ti è concesso. – Si, F. M., questa fede, questa speranza ci fanno trionfare di tutti gli ostacoli che si oppongono al nostro salvamento. Vedete la madre si S. Sinforiano; il suo figlio era tratto al martirio: “Ah! figlio mio, coraggio! Ancora un momento di pazienza, e il cielo sarà la tua ricompensa! „ Ditemi, M. F., chi sosteneva tutti i santi martiri in mezzo ai loro tormenti? Non è questa avventurosa speranza? Vedete la calma di cui godeva S. Lorenzo sopra la graticola infuocata. Chi poteva sostenerlo? — La grazia, mi direte voi. — Ciò è vero, ma questa grazia non è la speranza d’una ricompensa eterna? Vedete S. Vincenzo al quale si strappano le viscere con uncini di ferro; chi gli dà la forza di soffrire tormenti così straordinari e così spaventosi? Non è questa avventurosa speranza? Ora, M. F., chi deve muovere un Cristiano, che si mette alla presenza di Dio, a rigettare tutte quelle distrazioni che il demonio si sforza di presentargli nel tempo delle sue preghiere, ed a vincere il rispetto umano? Non è il pensiero che un Dio lo vede, che se la preghiera sua è fatta nel debito modo, egli sarà ricompensato di una felicità eterna?
3° In terzo luogo, io ho detto che la preghiera d’un Cristiano deve avere la carità, vale a dire che egli deve amare il buon Dio con tutto il suo cuore e odiare il peccato con tutte le sue forze. — E perché, mi direte voi? — Perché un Cristiano peccatore che prega, deve sempre avere il rammarico dei propri peccati e il desiderio di sempre più amare Iddio. — Sant’Agostino ne reca un esempio molto sensibile. Nel momento nel quale si recava nel giardino per pregare, egli si crede realmente alla presenza di Dio, egli spera che benché grande peccatore, Dio avrà pietà di lui; rimpiange la sua passata vita, promette al buon Dio di cangiar vita, e di fare, col soccorso della sua grazia, tutto quanto potrà per amarlo. — Infatti, in qual modo potere amar Dio e il peccato? No, M. F., no, ciò non avvenne mai. Un Cristiano che ama veramente il buon Dio, ama quello che Dio ama, odia quello che Dio odia; da ciò io inferisco che la preghiera di un peccatore che non vuole abbandonare il peccato, non è fornita delle qualità delle quali abbiamo parlato.
II. Ora, vedrete con me che considerando la preghiera del peccatore per rapporto alle disposizioni sue, non è altra cosa che un atto ridicolo, pieno di contraddizione e di menzogna. Seguiamo un istante questo Cristiano che prega, io dico un istante, perché ordinariamente, le sue preghiere sono appena cominciate che già sono finite; ascoltiamo questo povero cieco e questo povero sordo; io dico cieco sui beni che egli perde e sui mali che egli si prepara, e sordo alla voce della propria coscienza che grida, alla voce di Dio che lo chiama. Entriamo in argomento, io sono sicuro che voi desiderate sapere che cos’è la preghiera di un peccatore che non vuole abbandonare il peccato, né è afflitto d’aver offeso Dio. Ascoltatemi: la prima parola che pronuncia cominciando la sua preghiera è una menzogna, egli cade in contraddizione con se medesimo: « Nel nome del Padre, e del Figliuolo, e dello Spirito Santo. „ Amico mio, fermatevi un momento. Voi dite che cominciate nel nome delle tre Persone della Ss. Trinità. Ma, voi dunque avete dimenticato che or fanno otto giorni, voi eravate in una compagnia della quale vi si diceva che quando si è morti tutto è finito, e se era vero, non esisteva né Dio, né inferno, né paradiso. Se nell’induramento vostro voi lo credete, voi non venite per pregare, ma solamente per sollazzarvi e divertirvi. — Ah! direte voi, coloro che tengono questo linguaggio sono molto rari. — Tuttavia ne occorrono tra coloro che mi ascoltano e che non lasciano qualche preghiera di tempo in tempo. Ed io vi mostrerei ancora, se il volessi, che i tre quarti di coloro che sono qui in chiesa, benché non lo dicano colla bocca, lo dicono spesso colla loro condotta e col loro modo di vivere; perché se un Cristiano pensasse veramente a quello che dice pronunciando i nomi delle tre Persone della Ss. Trinità, non sarebbe preso da spavento fino alla disperazione, considerando in lui l’immagine del Padre che ha alterato in modo spaventoso, l’immagine del Figlio che è nell’anima sua, trascinata nel fango del vizio, e l’immagine dello Spirito Santo, di cui il suo cuore è il tempio ed il tabernacolo, e che egli ha ripieno di lordure e di oscenità. Sì, M. F., queste tre parole sole, se questo peccatore avesse la conoscenza di quello che dice e di quello che egli è, potrebbe pronunciarle senza venir meno d’orrore? Ascoltate questo menzognero: “Mio Dio, io credo fermamente che voi siete qui presente, „ Ma che, voi credete di essere alla presenza di Dio dinanzi al quale gli angeli, che sono senza macchia, temono e non osano di alzare gli occhi, davanti al quale si ricoprono delle loro ali non potendo sostenere lo splendore della maestà che il cielo e la terra non possono contenere! E voi tutto coperto di peccati, voi vi trovate alla presenza sua con un ginocchio per terra e un altro levato. Osate voi aprire la bocca per lasciare uscire una tale abbominazione! Dite piuttosto che voi fate come le scimmie, che voi fate quello che vedete farsi dagli altri, o piuttosto che è un momento di divertimento che vi prendete facendo le viste di pregare. Un Cristiano che si mette alla presenza del suo Dio, che sente quello che egli dice all’autore medesimo della sua esistenza, non è compreso di spavento vedendo, da una parte, la indegnità sua di comparire davanti ad un Dio così grande e così formidabile, e dall’altra, la ingratitudine sua? Non gli sembra, ad ogni istante, che la terra si apra sotto i suoi piedi per inghiottirlo? Non si considera come sospeso tra la vita e la morte? Il suo cuore non sa ricolmarvi dei più insigni benefizi. Un’altra occupazione di questa sorta di gente, è di esaminare il modo onde sono vestite le persone e la loro avvenenza; e da ciò nascono i cattivi sguardi, i cattivi pensieri, i cattivi desideri. Or bene, direte voi che ciò non vi accade? Ciò non vi accade nel tempo stesso della celebrazione della santa Messa? Mentre che un Dio si immola alla giustizia del Padre suo per soddisfare ai vostri peccati, voi girate i vostri sguardi per vedere in qual modo una tale o un tale è vestito, e la sua avvenenza. Ciò non è la causa che fate nascere in voi medesimi un numero quasi infinito di pensieri che non dovreste avere e di cattivi desideri? Aprite dunque gli occhi, amico mio, e voi vedrete che tutto ciò che voi dite a Dio non è altra cosa che menzogna e inganno. – Proseguiamo. “Mio Dio, voi dite, io vi adoro e vi amo con tutto il mio cuore. „ Voi vi ingannate, amico mio, non bisogna dire il buon Dio, ma il vostro dio: e qual è il vostro dio? Eccolo: è quella giovane alla quale avete consacrato il cuor vostro, che vi occupa continuamente. E voi, mia sorella, qual è il vostro dio? Non è quel giovane al quale sono dirette tutte le cure vostre per piacergli, forse anche nella chiesa nella quale non dovete recarvi che per piangere i vostri peccati e domandare a Dio la conversione vostra? Non è egli vero che, mentre voi pregate, gli oggetti che voi amate occupano il vostro spirito, e si presentano dinanzi a voi per farsi adorare in luogo del vostro Dio? Non è egli vero che ora è il dio della golosità che si presenta davanti a voi per farsi adorare, pensando a ciò che mangerete quando sarete tornati a casa? O, un’altra volta, il dio della vanità, prendendo impero sopra voi medesimi, considerandovi come degni di meritarvi l’adorazione degli uomini? Sapete voi quello che voi dite a Dio? Ecco: « Signore, così voi, discendete dal vostro trono, cedetemi il vostro posto. „ Mio Dio, quale orrore e quale abbominazione! Eppure voi dite tutto ciò tutte le volte che desiderate di piacere ad alcuno. Un’altra volta è il dio dell’avarizia, dell’orgoglio o dell’impudicizia, i quali si sono presentati per farsi adorare ed amare nel luogo del vero Dio. Bramate voi che ve lo addimostri in un modo più chiaro? Ascoltatemi. Nel tempo della celebrazione della santa Messa, o durante le vostre preghiere, si presenta alla vostra mente un pensiero di odio o di vendetta; se voi amate dappiù il buon Dio che non quegli oggetti, voi li scaccerete prontamente; ma se voi non li allontanate, voi mostrate che li preferite a Dio e che li mettete nel posto di Dio medesimo nel vostro cuore per consacrarlo loro. Torna lo stesso come se diceste a Dio, quando questi pensieri si presentano alla vostra mente: “Mio Dio, uscite dalla mia presenza e lasciatemi mettere nel vostro luogo quel demone per consacrargli gli affetti del mio cuore. „ Voi non mi contenderete che non è quasi mai il buon Dio che voi adorate nelle vostre preghiere, ma ciascuna delle inclinazioni vostre, ma ciascuna delle vostre tendenze, vo’ dire, quelle passioni e null’altro. — Ciò, mi direte voi, rasenta l’esagerato. — Ciò rasenta l’esagerato, amico mio? Ora, io voglio dimostrarvi che è la verità, nella piena sua luce. Ditemi, mio fratello, o, voi, mia sorella, quando vi confessate, il vostro confessore non vi dice: “Se voi allontanate quei desideri, se voi scacciate quei pensieri, o se voi cessate da quelle perverse abitudini, se abbandonate quelle bettole, io vi darò il vostro Dio, voi avrete la ventura di riceverlo oggi nel vostro cuore? „ — “No, mio padre, gli dite, non è ancor tempo: io non mi sento il coraggio di impormi questo sacrificio, vo’ dire di abbandonare quelle danze, quei giuochi, quelle cattive compagnie. „ — Ciò non significa per avventura che voi preferite che il demonio regni nella vostra anima nel luogo del buon Dio? Il confessore dirà a quel vendicativo: “Amico mio, se voi non perdonate a quella persona che vi ha offeso, voi non potete avere la sorte di possedere il Dio dei Cristiani. „ — “No, mio padre, voi rispondete, io preferisco di non ricevere il buon Dio. „ — “Amico mio, dirà il confessore ad un avaro, se voi non restituite quei beni che non sono vostri, voi siete indegno di ricevere il vostro Dio. „ — “Io non ho l’intenzione di restituirli tosto; „ e la stessa cosa di tutti gli altri peccati. Ciò è tanto vero che, se ciò che noi amiamo apparisse visibilmente, ciascuno avrebbe dinanzi a sé un ramo dei sette peccati capitali, e Dio resterebbe per gli angeli soli. – Ma andiamo più innanzi, e noi vedremo, e udremo questo cerretano e questo cristiano mentitore. – E dapprima vediamo la sua fede. Noi diciamo che è la fede che ci discopre la grandezza della maestà di Dio dinanzi alla quale abbiamo la ventura di trovarci; è questa fede, associata alla speranza, la quale sosteneva i martiri in mezzo ai più spaventosi tormenti. Ditemi, quel peccatore, può avere il pensiero, può credere, cominciando la sua preghiera, che essa sarà ricompensata? E che una preghiera ripiena d’ogni sorta di cose eccettuato Dio solo, una preghiera fatta vestendosi o lavorando, col cuore occupato del proprio lavoro, fors’anche da livore e da vendetta, che so io, da cattivi pensieri! Una preghiera fatta gridando e giurando contro i vostri figli o i vostri domestici! Se ciò fosse vero, non saremmo costretti di confessare che Dio ricompensa il male?
2° Io dico che il peccatore non ha la speranza facendo la sua preghiera, se non che sarà ben presto finita: ecco a che si limita tutta la sua speranza. — Ma, mi direte voi, quel peccatore, benché peccatore sia, spera pur qualche cosa? — Or bene! io credo che un peccatore nulla crede e nulla spera, perché se credesse che vi è un giudizio, e quindi un Dio che deve domandargli conto di tutti i minuti della sua vita, e questo conto si renderà nel momento al quale non si penserà; se credesse che un sol peccato mortale lo rende meritevole d’una eternità infelice; se egli ponesse mente che non una preghiera della sua vita, non un desiderio, non un’azione, non un movimento del suo cuore che non sia scritto nel libro di questo supremo giudice; se egli vedesse la sua coscienza contaminata da orribili colpe, e che forse, lui solo, ha commesso tanti peccati quanti basterebbero per condannare al fuoco una città di cento mila abitanti, potrebbe restare in questo stato? No, certamente, se egli credesse davvero, che dopo questo giudizio vi è pei peccatori un inferno eterno, di cui un solo peccato mortale sarà la causa, se egli muore in questo stato; che la collera di Dio lo opprimerà per tutto il volgere dell’eternità, e che i peccatori vi cadono a migliaia continuamente; non prenderebbe tutte le cautele per evitare una così grande sventura? Se egli credesse veramente che vi è un cielo, una felicità eterna per tutti coloro che avranno fedelmente praticato quanto la religione loro comanda, potrebbe condursi nel modo col quale si conduce? No, certamente. Se, nel momento nel quale è pronto a peccare, egli credesse che Dio lo vede, che perde il cielo e attira sopra di sé ogni sorta di mali per questa vita e per l’altra, avrebbe il coraggio di fare quello che il demonio gli inspira? No, amico mio, no, ciò gli sarebbe impossibile. Da ciò io inferisco che un Cristiano che ha peccato e che resta nel suo peccato, ha perduto completamente la fede; è un povero uomo che il demonio ha accecato, che è sospeso per un sottilissimo filo sopra un abisso spaventoso; il demonio lo impedisce, per quanto può, di vedere gli orrori che gli sono preparati. Diciamo meglio, le sue piaghe sono così profonde ed il suo male così inveterato, che egli più non sente il suo stato; è un prigioniero, condannato a perdere la vita sul patibolo, il quale si trastulla aspettando il momento dell’esecuzione; si ha bel dirgli che la sua sentenza è pronunziata, che fra poco tempo non sarà più di questo mondo; a vederlo e al modo col quale si conduce, voi direste che gli si annuncia ciò che può recargli fortuna. O mio Dio, quanto lo stato d’un peccatore è dunque infelice! Per la speranza d’un peccatore, non è da parlarne, perché la speranza d’un bruto e la sua sono la cosa medesima; esaminate la condotta dell’uno e dell’altro, non vi corre differenza. Una bestia fa consistere tutta la sua felicità nel bere e nel mangiare e nei piaceri della carne, e voi non ne incontrerete altra nel peccatore che vive nel peccato. — Ma, mi direte voi, egli assiste alla Messa, e recita alcune preghiere. — E perché ciò? Non è né il desiderio di piacere a Dio e di salvare la propria anima che lo muove a quest’opera, è l’abitudine che ha contratta dalla sua giovinezza. Se le domeniche non venissero che tutti gli anni o tutti i dieci anni, non vi assisterebbe che tutti gli anni e ancor meno; egli lo fa perché gli altri lo fanno. Voi vedete bene al modo col quale si conduce in tutto ciò che non è altra cosa; o, per meglio farvi conoscere quello che è la speranza d’un Cristiano peccatore, io vi dico che non ha altra speranza che quella di una bestia da soma; perché noi siamo perfettamente convinti che un bruto non spera che ciò di cui può godere sopra la terra. Un peccatore indurito che non pensa né di abbandonare il piacere, né vuol uscire dal peccato, non ha altra cosa da sperare, perché dice e pensa, o almeno fa quanto può per persuadersi che tutto è finito dopo la morte. Invano, o mio Dio, voi sarete morto per questi peccatori! Ah! amico mio, credendo far mostra di spirito, tu ti avvilisci, poiché scendi al livello dei bruti e dei più vili animali.
3° Abbiamo ancor detto che la preghiera di un buon Cristiano dev’essere animata dalla carità, cioè dall’amor di Dio che lo induce ad amar Dio con tutto il suo cuore, e ad odiare, detestare grandemente il peccato come il peggiore di tutti i mali, con sincero desiderio di non più commetterlo e di combatterlo e schiacciarlo ovunque noi lo troveremo. Voi vedete che questo non può aver luogo nelle preghiere d’un peccatore che non è spiacente d’aver offeso il buon Dio, poiché io tiene inchiodato sulla croce del proprio cuore, fintanto che il peccato vi regna. Se vi garba di ascoltare per un istante ancora questo mentitore, vedetelo ed uditelo nel recitare il suo atto di contrizione. Se avete assistito alcuna volta ad una commedia, al teatro, avrete osservato che tutto quanto vi si fa e vi si dice, non è che finzione e menzogna. Or dunque! Prestate un momento l’orecchio alla preghiera di questo peccatore, e voi vedrete che non fa e non dice altra cosa; voi vedrete che tutto ciò che fa non è che finzione e menzogna. Vi sarà impossibile sentirlo recitare il suo atto di contrizione senz’essere presi da compassione: “Dio mio, incomincia egli, che vedete i miei peccati, guardate altresì al dolore del cuor mio. „ O mio Dio, si può pronunciare tale abbominazione? Sì, non c’è dubbio, povero cieco, il Signore vede veramente i tuoi peccati, non li vede che troppo, disgraziatamente. Ma il tuo dolore dov’è? Di’ piuttosto: “Mio Dio, che vedete i miei peccati, guardate altresì al dolore dei santi solitari nei boschi, donde trascorrono le notti a piangere i loro peccati. „ Ma per te, ben veggo che punto non ne hai. Ben lungi d’aver dolore de’ tuoi peccati non ne vorresti avere, poiché tu continui in questi, senza volerli lasciare. “Mio Dio, continua questo mentitore, io ho un estremo rammarico di avervi offeso. „ Ma è possibile pronunciare tali empietà e tali bestemmie? Se tu ne sei oltremodo spiacente, puoi rimanere un mese, due, tre, dieci o vent’anni, forse, col peccato nel cuore? Una volta ancora, se tu fossi spiacente d’aver offeso Dio, sarebbe necessario che il ministro del Signore fosse continuamente occupato a dipingere i castighi che Dio prepara al peccatore, per inspirartene l’orrore? Sarebbe necessario di trascinarti, per così dire, ai piedi del tuo Salvatore per farti abbandonare il peccato? “Perdonatemi, Dio mio – aggiunge egli – perché voi siete infinitamente buono e infinitamente amabile e che il peccato vi dispiace.„ Taci, tu non sai quel che tu ti dica. Certamente che Dio è buono; se non avesse dato ascolto che alla sua giustizia, sarebbe già da lungo tempo che tu bruceresti nell’inferno. “Mio Dio, egli dice, perdonatemi i miei peccati per i meriti della passione e morte di Gesù Cristo vostro caro Figlio. „ Ah! amico mio, tutte le sofferenze che Gesù Cristo ha avuto la carità di patire per te, non saranno capaci di toccare il tuo cuore, esso è troppo indurito. “Concedetemi la grazia – esso dice – di adempire la risoluzione che presentemente prendo di fare penitenza e di non offendervi più,,. – Ma, caro amico, puoi tu veramente ragionare in tale maniera? Dov’è dunque questa risoluzione che tu hai presa di non più offendere il buon Dio? Poiché tu ami il peccato, e lungi dal volertene liberare, cerchi invece il luogo e le persone che te lo possono far commettere; di’ piuttosto, amico mio, che saresti ben fortunato se il buon Dio ti concedesse la grazia di non offenderlo mai più, poiché tu ti compiaci a rivoltolarti nelle lordure de’ tuoi vizi. Io credo che sarebbe molto meglio per te di nulla dire, che parlare in tal guisa. – Ma andiamo più innanzi. Noi leggiamo nel Vangelo che i soldati avendo condotto Gesù Cristo nel pretorio, ed essendosi radunati intorno ad Esso, lo spogliarono delle sue vesti, gettarono sopra le sue spalle un manto di porpora, lo coronarono di spine, lo colpirono al capo con una canna, gli diedero delle ceffate, gli sputarono in viso, e dopo tutto ciò, piegando un ginocchio davanti a Lui l’adoravano. Puossi immaginare un oltraggio più sanguinoso? Ora ciò desta la vostra meraviglia? Ecco veramente la condotta d’un Cristiano che è nel peccato e che né pensa di uscirne, né lo vuole; ed io soggiungo, che egli solo fa tutto ciò che i Giudei fecero tutti insieme, poiché S. Paolo ci dice che ad ogni peccato che noi commettiamo, noi facciamo morire il Salvatore del mondo; (Hebr. VI, 6) con altre parole, noi facciamo tutto ciò che sarebbe necessario per farlo morire, se di nuovo fosse capace di morire una seconda volta. Finché il peccato regna nel nostro cuore, noi teniamo, come i Giudei, Gesù Cristo appeso alla croce; con essi noi lo insultiamo piegando il ginocchio davanti a Lui, facendo sembiante di pregarlo. Ma, mi direte voi, non è questa la mia intenzione, quando recito la mia preghiera; Dio mi scampi da tali orrori! — Bella scusa, amico mio! Colui che commette il peccato, non ha l’intenzione di perdere la grazia; tuttavia non tralascia di perderla; è per avventura meno colpevole? No, certamente, perché egli non ignora che non può compiere tale azione o dire tal cosa senza rendersi colpevole d’un peccato mortale. Se voi vi tenete sicuri, l’intenzione di tutti i dannati, non era certamente di perdersi, per questo sono meno colpevoli? No, certamente, perché non ignoravano che si perderebbero vivendo come sono vissuti. Un peccatore che prega col peccato nel cuore non ha l’intenzione di ridersi di Gesù Cristo né di insultarlo; non è meno vero che si ride di Lui, perché non ignora che si ride di Lui quando gli si dice: Mio Dio, io vi amo, mentre si ama il peccato, o: Io mi confesserò al più presto. Ascoltate quest’ultima menzogna! Egli non pensa né a confessarsi né a convertirsi. Ma, ditemi, qual è l’intenzione vostra, quando vi recate alla chiesa, o che voi recitate ciò che chiamate vostra preghiera? — È, mi direte voi forse, se pure usate il dirlo, di compiere un atto di rendere a Dio religione, la gloria che gli sono davanti. Oh orrore! Oh accecamento! Oh empietà voler onorar Dio con delle menzogne, con altre parole volerlo onorare con ciò che lo oltraggia! Oh abominazione! Avere Gesù Cristo sulle labbra e tenerlo crocifisso nel proprio cuore, associare ciò che vi ha di più santo con ciò che v’ha di più detestabile, che è il servizio del demonio! oh! quale orrore! offrire a Dio un’anima che si è già mille volte prostituita al demonio! O mio Dio! Quanto il peccatore è cieco, e tanto più cieco che non conosce se stesso, e non cerca di conoscersi! – Non aveva io ragione cominciando, di dirvi che la preghiera d’un peccatore non è altra cosa che un tessuto di menzogne e di contraddizioni? Ciò è tanto vero che lo Spirito Santo medesimo dice che la preghiera d’un peccatore che non vuole uscire dal peccato è in esecrazione agli occhi del Signore (Prov. XXVIII, 9) — Questo stato, direte voi con me, è orribile e degno di compassione. — Ora, vedete come il peccato vi accechi! tuttavolta, lo dico senza timore di esagerare, almeno la metà di coloro che sono qui, che mi ascoltano in questa chiesa, sono di questo numero. Non è egli vero che ciò non vi commuove, o piuttosto vi reca noia e vi fa parer lungo il tempo? Ecco, mio amico, l’abisso spaventoso al quale trascina il peccato un peccatore. Dapprima, voi sapete che sono sei mesi, un anno o più che siete nel peccato, eppure siete tranquillo? — Eh sì, mi direte voi. — Ciò non è difficile a credere, perché il peccato vi ha offuscati gli occhi; voi non vedete più nulla, ha indurato il vostro cuore affinché più nulla sentiate, ed io sono come sicuro che tutto ciò che vi ho detto non vi muoverà a fare qualche riflessione. O mio Dio, a quale abisso conduce il peccato! – Ma, mi direte voi, non devesi più pregare, perché le nostre preghiere non sono che insulti fatti a Dio? — Non è questo che io ho voluto dirvi mostrando che le vostre preghiere non erano che menzogne. Ma, invece di dire: Mio Dio, io vi amo, dite: Mio Dio, io non vi amo, ma concedetemi la grazia di amarvi. Invece di dirgli: Mio Dio, io ho un grande rammarico di avervi offeso, ditegli: Mio Dio, io non provo alcun rammarico dei miei peccati, concedetemi tutto il dolore che devo sentirne. – Lontano da voi il dire: Io voglio confessarmi dei miei peccati, ditegli piuttosto: Mio Dio, io mi sono affezionato ai miei peccati, parmi che non vorrei mai abbandonarli; concedetemi questo orrore che devo sentirne, affinché io li aborri, li detesti e li confessi, onde mai più ricadervi. O mio Dio, concedetemi, se è la volontà vostra, questo orrore eterno del peccato, perché è il nemico vostro, ed è lui che vi ha fatto morire, che ci toglie l’amicizia vostra, e ci separa da Voi! Ah! fate divin Salvatore, che tutte le volte che verremo a pregarvi, lo facciamo con un cuore staccato dal peccato, con un cuore che vi ama, e che in ciò che vi dirà, non dica che la verità! E la grazia che vi desidero.
Credo …
Offertorium
Orémus
Ps CXVII: 16;17
Déxtera Dómini fecit virtutem, déxtera Dómini exaltávit me: non móriar, sed vivam, et narrábo ópera Dómini.
[La destra del Signore ha fatto prodigi, la destra del Signore mi ha esaltato: non morirò, ma vivrò e narrerò le opere del Signore.]
Secreta
Hæc hóstia, Dómine, quǽsumus, emúndet nostra delícta: et, ad sacrifícium celebrándum, subditórum tibi córpora mentésque sanctíficet.
[Quest’ostia, o Signore, Te ne preghiamo, ci mondi dai nostri delitti e, santificando i corpi e le ànime dei tuoi servi, li disponga alla celebrazione del sacrificio.]
Communio
Luc IV: 22
Mirabántur omnes de his, quæ procedébant de ore Dei.
[Si meravigliavano tutti delle parole che uscivano dalla bocca di Dio.]
Postcommunio
Orémus.
Quos tantis, Dómine, largíris uti mystériis: quǽsumus; ut efféctibus nos eórum veráciter aptáre dignéris.
[O Signore, che ci concedi di partecipare a tanto mistero, dégnati, Te ne preghiamo, di renderci atti a riceverne realmente gli effetti.]
PREGHIERE LEONINE (dopo la Messa)