LE INDULGENZE

LE INDULGENZE

(Enciclopedia Cattolica – C. d. VATICANO, 1951, vol. VI coll.1901-1910)

INDULGENZE. – Indulgentia, indulgere, in senso proprio indica condiscendenza, e condiscendere, nelle varie sfumature dell’idea. Gli storiografi imperiali-romani usano la parola nel senso tecnico di remissio tributi o remissio pœnæ, concessioni che gli imperatori solevano fare in certe occasioni. Valeva anche per indicare la abolitio, una specie di amnistia, decretata in occasione di lieti eventi pubblici. Nell’epoca carolingia era adoperato ancora come termine tecnico per per indicare condono di pene o di tributi (così nei Capitularia). Nel Codice Teodosiano (l. IX, tit. 38, De indulgentiis criminum) designa i condoni elargiti dagli imperatori cristiani specialmente a Pasqua; tanto è vero che la Domenica delle Palme, in molti testi dell’alto medioevo (calendari, sacramentari, vari Comes [cerimoniali], ecc.), viene detta dominica indulgentia. Quanto alla materia del condono delle pene, si riscontrano diversi termini che possono indicare anche l’indulgenza nel senso stretto attuale, ma che possono indicare e indicano di fatto anche altre idee simili o affini, in  quei tempi nei quali incominciò a svilupparsi la vera indulgenza. Da questa imprecisione di termini è nata tanta confusione fra gli studiosi meno cauti nelle loro ricerche. P. es., le parole absolutio, relaxatio, remissio, venia, condonatio e indulgentia, che possono indicare, nei secc. XI – XIII sia la indulgenza propriamente detta, sia, e più spesso, le varie forme di remissione, sacramentale e penitenziale, e anche extrasacramentale. Quest’ultima è la vera indulgenza, come oggi si intende. – Secondo la dottrina cattolica indulgenza è « la remissione dinanzi a Dio della pena temporale dovuta per i peccati, già perdonati riguardo alla colpa, che l’autorità ecclesiastica concede dal tesoro della Chiesa a modo di assoluzione per i vivi e a modo di suffragio per i defunti » (can. 911).

Sommario: I . Storia. – II. Natura. – III. Potestà di concedere indulgenza – IV. Divisione. – V . Requisiti per la concessione e l’acquisto delle indulgenze

I. STORIA

(1-7 omissis)

8. Legislazione tridentina e post-tridentina. — Il Concilio di Trento, dopo quelli di Lione e di Vienna, tornò ad occuparsi delle indulgenze, soprattutto in vista della spietata guerra  spiegata dai riformatori contro di esse. Nella Sess. XXI, cap. 9, soppresse l’istituzione dei « questori », cioè dei raccoglitori di denaro per le indulgenze, che fece tanto male a causa degli abusi che vi si inserirono, e riservò la pubblicazione di indulgenze ai soli Ordinari; essi possono anche, se occorre raccogliere, senza compenso alcuno, eventuali elemosine. Finalmente, nella sess. XXV, si emanò il celebre decreto de indulgentiis, nel quale, dopo aver definito che la Chiesa ha il diritto di concedere indulgenze da Cristo Signore, si approva di nuovo l’uso delle indulgenze come christiano populo maxime salutarem, abolendo nuovamente ogni specie diquestua in vista di indulgenze, e ordina che i Vescovi vigilino seriamentenelle proprie diocesi sopra ogni possibile abuso, denunziandolo nei sinodi provinciali, e al Sommo Pontefice.Dopo il Concilio di Trento Clemente VIII eresseuna commissione cardinalizia per occuparsi delle indulgenze secondola mente del Concilio, la quale continuò sottoPaolo V i suoi lavori, preparando varie bolle e decretiin materia. Ma soltanto Clemente IX creò una vera Congregazioneper le indulgenze (e le reliquie), con breve del 6 luglio1669; nell’apr. 1668 uscirono i primi decreti della medesima. Pio X, con motu proprio del 28 genn. 1904,unì la Congregazione delle I. con quella dei Riti, ma nel1908, con il nuovo ordinamento della Curia, tutta lamateria delle indulgenze passò al S. Uffizio. Benedetto XV però,con motu proprio del 25 marzo 1915, trasferì la sezionedelle indulgenze dal S. Uffìzio alla Penitenzieria Apostolica, rimandandoal S . Uffizio tutto ciò che riguarda la dottrina sulleindulgenze. Così fu confermato dal Codice, can. 238 § 2.

BIBL.: 1. Letteratura storica: la storia delle indulgenze è stata diligentemente studiata non solo dai cattolici, ma anche dai protestanti, anche perché le questioni riguardanti le indulgenze, furono l’occasione per lo scoppio della tremenda rivoluzione religiosa-sociale, che va sotto il nome di riforma. È stato intuito fin dal sec. XVIII che le indulgenze, nel senso stretto della parola, risalgono soltanto al sec. XI e non sono che il frutto di una lunga evoluzione che si basa sulla storia e sullo sviluppo della penitenza ecclesiastica. Si può dire che l’opera storico-critica più antica sulle indulgenze, fu quella di E. Amort, De origine, progressu, valore ac fructu indulgentiarum accurata notitia historica, dogmatica, polemica, crìtica (Augusta 1735). Ma soltanto durante il secolo passato e nel presente gli studi sull’indulgenza, sono arrivati a tale punto da rendere chiara e sicura la storia dell’evoluzione genetica delle indulgenze. Il merito va in prima linea a N. Paulus, il quale, sin dal 1899, in una serie quasi innumerevole di articoli e studi particolari, ha raccolto un immenso materiale, soprattutto documentario, che gli permise finalmente di scrivere l’opera fondamentale sulle indulgenze: Geschichte des Ablasses im Mittelalter, 2 voll. Paderborn 1922-23. Chiarita soprattutto la nozione precisa dell’indulgenza, nel senso teologico-canonistico attuale, egli poteva ben discernere, fra le discordanti opinioni dei dotti, i presupposti storici, e la effettiva origine dell’i.: poteva eliminare molti documenti falsi e incerti, e chiarire, inserendole nel loro tempo, le diciture ambigue o malamente interpretate. Un altro studioso, B. Poschmann, fondandosi sopra il materiale storico del Paulus, continuò l’investigazione soprattutto dal punto di vista della penitenza cattolica e della sua prassi attraverso i secoli, per meglio chiarire ancora la natura dell’indulgenza e la sua, per dir così, legittimità, dimostrando che non è nata da elementi estranei alla prassi e dottrina della Chiesa sulla penitenza, ma che è conforme ad essa, anche se in apparenza si discostava da certe forme usuali nel suo tempo. Si citano subito le sue principali opere: Die abendlàndische Kirchenbusse am Ausgang des christlichen Altertums, Bonn 1928; Die abendlàndische Kirchenbusse im frulien Mittelalter, ivi 1930; Pœnitentia secunda, ivi 1940; Der Ablass im Lichte der Bussgéschichte, ivi 1948. Nella trattazione dell’argomento si inserì nel 1932  I. A. lungmann, con la sua poderosa opera: Die lateinischen Bussriten in ihrer geschichtlichen Entwicklung, Paderborn 1932. Altre opere interessanti di una certa importanza sono: A. Gottlob, Kreuzablasse und Alniosenablass. Eine Studie tiber die Frùhzeit des Ablasswesen, Stoccarda 1906; E. Goller, Der Ausbruch der Reformation und die spàtmittelalterliche Ablasspraxis, Friburgo 1917; H. Delehaye, op. cit. (5 articoli estratti dagli Anal. Boll., 44 [1926], 45 [1927], 46 [1928]). L’opera fondamentale pratica sulle indulgenze è: Die Abldsse, ihr Wesen und Gebrauch, pubblicata la prima volta dal p. F. Beringer, Paderborn l86 c, continuata da I. Hilgers e finalmente da P. A . Steinen (5a ed., 2 voll., I vl 1921 – 22). Lo Hilgers aveva anche pubblicato un suo studio: Die katholìsche Lehre von den Ablàssen und deren geschichtliche Entwicklung, ivi 1914, nel quale volle riportare l’origine delle indulgenze, quanto più indietro possibile, ma fu fortemente contrastato da Paulus. Nelle grandi enciclopedie francesi: E. Magnin, Indulgences, in DThC, VII, coll. 1594-1636; P. Galtier, Indulgerne, in DFC, II, coll. 718 – 52; H. Leclercq. Indulgence, in DACL, VII, coll. 535 – 40; gli stessi autori confessano candidamente di aver attinto il materiale per le loro esposizioni dalle opere e dagli articoli di N. Paulus. ( …. )

II. NATURA. –

Secondo l’insegnamento della Chiesa ogni peccato, anche veniale, lascia nell’anima non solo lo stato di colpa ma anche lo stato di pena. Ora il fedele, che confessa i suoi peccati o emette un atto perfetto di contrizione con il proposito di confessarsi, ottiene sicuramente la remissione della colpa e il condono della pena eterna, che segue ogni colpa grave, ma non sempre o almeno non del tutto consegue la remissione della pena temporale, la quale può essere rimessa in questa vita per mezzo delle opere satisfattorie e delle indulgenze, oppure dovrà essere rimessa nell’altra vita, in Purgatorio. L’indulgenza pertanto non è remissione della pena eterna, la quale viene condonata unitamente alla colpa, né remissione di colpa sia mortale sia veniale. Né molto meno può dirsi che l’indulgenza sia la remissione dei peccati futuri, come hanno insegnato alcuni protestanti: lo ha dichiarato espressamente Papa Eugenio IV in una concessione d’indulgenza a favore della Congregazione di S. Giustina (E. Amort, De origine indidgentiarum, Augusta 1735, p. 136). L’indulgenza invece è un atto di giurisdizione, che suppone lo stato di Grazia e che viene esercitato, pur in diverso modo, sui fedeli vivi e sui defunti. Per i vivi l’indulgenza è concessa per modo di assoluzione, ossia di remissione per un atto di potestà giudiziale, che porta con sé una soluzione, ossia  un pagamento operato con i beni comuni della famiglia cristiana. Ai defunti l’indulgenza è applicata per modo di suffragio: e defunti non sono più sottoposti alla giurisdizione della Chiesa, quindi non si può parlare di assoluzione giudiziale, ma solo di suffragio, nel senso che i fedeli pellegrini in questa terra (homines viatores) pongono un’opera buona e mediante l’autorità della Chiesa offrono i meriti satisfattori di Gesù Cristo al Sognore pregandolo che voglia accettarli in remissione delle pene, che le anime purganti debbono ancora scontare. Tale remissione di pena opera non solo in foro esterno, davanti alla Chiesa, ma anche in fòro interno, davanti a Dio. L’autorità ecclesiastica nel concedere le indulgenze, attinge al tesoro della Chiesa, costituito dai meriti satisfattori di Gesù Cristo, ai quali vanno aggiunti quelli della Vergine e dei santi. Ogni opera buona, fatta in stato di Grazia, oltre la parte meritoria, ch’è inalienabile e che dà diritto alla ricompensa, porta con sé la parte satisfattoria, per mezzo della quale si può scontare il debito temporale contratto con il peccato e che può esse ceduta anche agli altri. Tale tesoro viene applicato mediante la Comunione dei santi, in forza della quale la Chiesa trionfante, la purgante e la militante non costituiscono tre società, ma formano un solo corpo, di cui Cristo è il capo ed i fedeli le membra, le sono talmente unite dal vincolo dell’amore che i beni della comunità sono come propri di ciascuno e vanno a beneficio dei singoli (I Cor. XII, 12-26).

III. POTESTÀ DI CONCEDERE INDULGENZE

Risiede nella Chiesa, in coloro ai quali è stata commessa la potestà delle chiavi e che perciò per diritto divino hanno il governo della Chiesa. Tale verità, definita dal Concilio di Trento (Denz.-U, 989), si deduce dalle parole di Gesù Cristo dirette a s. Pietro: « Ti darò le chiavi del Regno dei cieli … Qualunque cosa scioglierai in terra, sarà sciolta in cielo » (Mt. XVI, 19). Se la Chiesa può, nel Sacramento della Penitenza, lavare l’anima dalla macchia della colpa, può certamente liberarla anche da un male più leggero, ossia dallo stato di pena.

IV. DIVISIONE. –

Le indulgenze si dividono in: a) plenarie, e parziali. È plenaria quella che, secondo la mente del concedente, rimette tutta la pena temporale: può essere però plenaria totaliter o relative secondo le disposizioni di chi l’acquista (can. 926). L’indulgenza plenaria, se non è detto espressamente il contrario, può acquistarsi una sola volta al giorno, anche se le opere prescritte vengono compiute più volte (can. 928 § 1); se può acquistarsi più volte al giorno vien detta toties quoties. Tra le indulgenze plenarie toties quoties è ben nota quella della Porziuncola concessa per il 2 di ag. L’indulgenza plenaria quotidiana, che suol concedersi per la visita ad una chiesa, va intesa nel senso che  può guadagnarsi in qualsiasi giorno, ma una volta soltanto nell’anno (can. 921 § 3). Il Giubileo è una indulgenza plenaria arricchita di particolari privilegi dal Romano Pontefice, e differisce dalle altre indulgenze plenarie per le solennità con cui è concesso e per i privilegi da cui è seguita. Queste circostanze estrinseche sono ordinate a rendere più profonde le disposizioni dei fedeli, e perciò stesso più sicura, soggettivamente, la remissione di tutte le pene temporali. Si deve pertanto ritenere il Giubileo non è superiore alle altre indulgenze plenarie quod effectum, ma soltanto quoad affectum (cf. F. L. Ferraris, Prompta bibliotheca canonica, IV, Montecassino 1848, p. 280). Parziale è l’indulgenza che rimette soltanto parte della pena temporale: se non è detto espressamente il contrario, essa può lucrarsi tante volte al giorno quante volte vien compiuta l’opera  prescritta (can. 928 § 2); b) personali, reali e locali, secondo che vengono concesse direttamente alle persone o ceto di persone, p. es., a religiosi; oppure sono annesse all’uso di particolari oggetti sacri, p. es., medaglie, corone, ovvero sono concesse la visita ad un determinato luogo sacro; c) perpetue o temporanee, secondo che sono accordate senza restrizione di tempo oppure sono limitate ad un certo numero di anni; d) indulgenze per i vivi o per defunti oppure per vivi e defunti. Per alcune indulgenze  personali, annesse all’appartenenza all’Azione Cattolica, alle Confraternite ed ai  Terz’ordini, v. alle rispettive voci. Così pure per alcune principali indulgenze: (ad es., Via Crucis, altare privilegiato, Porziuncola e reali, quelle annesse alle varie Corone,  agli Scapolari; alle medaglie o simili ecc.).

V.  REQUISITI PER LA CONCESSIONE E L’ACQUISTO DELLE INDULGENZE

Da parte del concedente si richiede che abbia la legittima potestà: distribuire infatti i beni di una società, quali sono le indulgenze rispetto alla famiglia cristiana, spetta a coloro che presiedono alla società medesima. Si richiede inoltre una causa giusta e legittima: chi è infatti preposto alla concessione delle indulgenze, non è dissipatore ma dispensatore del tesoro della Chiesa. Da parte dell’acquirente si richiede (can. 925):

a) che sia battezzato. Possono partecipare dei beni di società soltanto coloro che ne sono membri: si diviene membri della Chiesa per mezzo del Battesimo;

b) che sia in stato di Grazia, almeno quando pone l’ultima opera ingiunta: fino a che vi è la colpa, non vi può essere remissione alcuna di pena;

c) che sia suddito del concedente (ma se il concedente è il Vescovo di una diocesi, possono lucrare l’indulgenza anche tutti coloro che si trovino nel suo territorio: can. 927);

d) che abbia l’intenzione, almeno generale, di lucrare l’indulgenza; non è necessario che tale intenzione sia attuale o virtuale: è sufficiente l’abituale;

e) che adempia a tutte le condizioni. Quelle che comunemente sogliono imporsi per l’acquisto delle indulgenze plenarie sono: la Confessione, la Comunione, la recita di qualche preghiera secondo l’intenzione del Sommo Pontefice e la visita di una chiesa o di un oratorio pubblico, ovvero, per coloro che legittimamente ne usano, di un oratorio pubblico. – Quando è prescritta la Confessione, questa va fatta anche da coloro che non hanno coscienza di alcun peccato mortale; essa però può farsi entro gli otto giorni immediatamente  precedenti a quello, cui è annessa l’indulgenza, o entro gli otto giorni seguenti. Quando, poi, si tratta di indulgenze annesse a pii esercizi (tridui, settenari, novene), la Confessione può farsi anche entro gli otto giorni che seguono immediatamente il compimento dell’esercizio. Inoltre: non è obbligatoria in quest’ultimo caso la Confessione per chi si comunica quasi tutti i giorni con retta intenzione, anche se se ne astenesse una o due volte la settimana; né per chi si confessa abitualmente almeno due volte al mese. È eccettuata da questo privilegio la Confessione prescritta per l’acquisto del Giubileo o di indulgenze concesse a modo di Giubileo (can. 931). La Comunione deve essere sacramentale e non basta la spirituale; vale quella ricevuta per Viatico e anche quella pasquale (eccettuato il caso del Giubileo o di indulgenza a modo di Giubileo). Basta sia fatta la vigilia del giorno a cui è annessa l’indulgenza; o nell’ottava che lo segue. Nel caso di indulgenze concesse per tridui etc., vale per la Comunione quanto fu detto per la Confessione. Non è necessario che la Comunione sia fatta in chiesa, di cui è prescritta la visita per l’acquisto dell’indulgenza.  Con una sola Comunione si possono lucrare parecchie indulgenze plenarie concesse per il medesimo giorno, purché si adempiano le altre condizioni prescritte per ciascuna delle indulgenze che si vogliono acquistare (can. 931). La visita ad una chiesa, quando è prescritta, può farsi dal mezzogiorno della vigilia sino alla mezzanotte del giorno stabilito per l’indulgenza. (can. 923). Si richiede di accedere al luogo prescritto con l’intenzione generale o implicita di onorare Dio. Se il luogo delle visite non è prescritto in modo determinato, le persone viventi in una casa religiosa, collegi, convitti, ospedali, ecc., e le persone addette loro assistenza o servizio, possono lucrare le indulgenze visitando la cappella dell’Istituto, nella quale soddisfano al precetto festivo (decr. della S. Penitenzieria Apostolica del 20 sett. 1933, A. A. S. , 25 [1933], p. 446). La preghiera deve essere vocale almeno in parte e non solo mentale (can. 934 § 1), ed è libera a scelta, se non vi sono p r e scrizioni speciali. Per soddisfare alla clausola « secondo l’intenzione del Sommo Pontefice » basta la recita di un Pater, Ave e Gloria (decr. cit., ibid., p. 446); però trattandosi della indulgenza del « Perdono di Assisi » o di indulgenza toties quoties, per cui si richiede la visita di una chiesa, si dovranno recitare 6 Pater, Ave e Gloria, senza poter sostituire altra preghiera, anche più lunga (decr. della S. Penit. Apost. del 5 luglio 1930, A A S, 22 [1930], p. 363). Da notare, che le preghiere possono essere recitate alternativamente con un compagno, o seguite mentalmente quando sono recitate da un altro (can. 934 § 2); i muti possono acquistare le indulgenze unendosi coi fedeli che pregano e innalzando il cuore a Dio; e le preghiere possono recitarle mentalmente, espresse con i gesti loro propri percorse sul libro con gli occhi (can. 936). Infine, le indulgenze annesse alle invocazioni e giaculatorie si possono da tutti acquistare con la sola recita mentale (decr. della S. Penit. del 7 dic. 1933; A A S , 26 [1934], p. 35). Quando per causa ragionevole non si può tenere in mano il Rosario o il Crocifisso indulgenziati, si possono acquistare le indulgenze, se si porta indosso l’oggetto indulgenziato (decr. S. Penit. del 9 nov. 1933; A.A.S., 25 [1933], PP- 502 -13).

BIBL.: E. Amort, De orìgine, progressu ac fructu indulgentiarum, Augusta 1735; I. B. Bouvier, Traìté dogmatique et pratique des indulgences, des confrérìes et du jubìlé, X ed., Parigi 1855; P. Moccheggiani, Collectio indulgenti arimi theologice, canonice et historice digesta, Quaracchi 1897; G. Grimaud, Ordo des ìndulgences plénìères apprativo par la S. C. des Indulgences, Parigi 1904; L. Fanfani, De indulgentiis, Torino 1926; A. Lépicier, Le indulgenze: loro orìgine, natura e svolgimento, Vicenza 1931; J. Lacau, Précieux trésors des indulgences, 10a ed., Torino-Roma 1932; 1Theologia Mechliniensis, Tractatus de indulgentiis, 5a ed., Malines 1933; G. Demaret. Indulgences à l’usage de tous les fidèles suìvìes d’une manuel de piété, Parigi 1940; A. Legrand, Florilegium seu fasciculus precum et indidgentiarum, 3a ed., Bruges 1941; V. Heylen, Tractatus de indulgentiis, 6a ed., Alalines 1948; S. De Angelis, De indulgentiis. Tractatus quoad earum naturam et usum, 2a ed., Città del Vaticano 1950.

Serafino De Angelis

GNOSI TEOLOGIA DI sATANA (61) – LA CITTÀ ANTICRISTIANA (1)

LA CITTÀ ANTICRISTIANA (1)

DI P. BENOIT

DOTTORE IN FILOSOFIA E TEOLOGIA DIRETTORE EMERITO DEL SEMINARIO DI PARIGI

SOCIÉTÉ GÉNÉRALE DE LIBRAIRIE CATHOLIQUE VICTOR PALMÉ, DIRECTEUR GÉNÉRAL

rue des Saints-Pères, 76

BRUXELLES

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12, rue des Paroissiens, 12

GENEVE

HENRI THEMBLEY, ÉDITEUR’

4, rue Corraterîe, 4

-1886 –

II

LA FRANCO-MASSONERIA

O LE SOCIETÀ SEGRETE

ТОМO PRIMO

PREAMBOLO

1. Su questa terra, sono presenti due Città che si combattono l’una contro l’altra: la Città di Dio o la Città dei Cristiani, presieduta dal suo Capo Gesù Cristo, e la Città del Mondo o la Città degli Antichicristi, governata dal suo capo “il serpente antico”, “il principe di questo mondo”, “il dio di questo secolo”. La Città di Dio si oppone alla Città del mondo con una dottrina ed un esercito. Questa dottrina è “il Vangelo della salvezza”. Questo esercito è la Gerarchia Cattolica, composta dal Papa, i Vescovi ed i sacerdoti, predica in tutto l’universo “la parola della verità”, e governa con autorità divina l’umanità rigenerata.

– A sua volta, la Città del Mondo si oppone alla Città di Dio con gli errori e con le milizie. Gli errori oggi sono il Razionalismo e il Semi-razionalismo. – Le milizie sono le società segrete o la massoneria. « Lo scopo supremo della Massoneria – dice Leone XIII in un’incomparabile Enciclica, che sarà la nostra luce principale in tutta quest’opera, – è di rovinare da cima a fondo l’intera disciplina religiosa e sociale che è nata dalle istituzioni cristiane, e di sostituirla con una nuova, modellata sulle loro idee, e i cui principi e leggi fondamentali sono mutuati dal naturalismo. » Abbiamo parlato degli errori moderni. [Nella prima parte di quest’opera]. Non ci resta ora che di occuparci delle società segrete o della Franco-massoneria.

2. Divideremo questo nuovo studio in tre parti. Indagheremo prima di tutto su quale sia lo scopo della Massoneria; poi passeremo in rassegna le società massoniche stesse; e infine vedremo come le sette lavorano per raggiungere l’obiettivo proposto.

In altre parole, prenderemo in considerazione:

1° Il piano del tempio massonico;

2° I lavoratori impiegati per costruirlo;

3° Il lavoro di costruzione.

3. Si potrebbe dire che la Massoneria porti la sua definizione nello stesso suo nome; è un’associazione di franchi o liberi muratori. I muratori costruiscono un edificio: qual è l’edificio costruito da questi muratori liberi? Costruiscono – dicono – « il tempio della libertà, dell’uguaglianza e della fraternità », « la chiesa della ragione e della natura », « il santuario della verità e della virtù”. Costruiscono – diciamo noi – il tempio di satana ».

4. Gesù Cristo si è paragonato ad un architetto, ed ha paragonato la sua Chiesa ad un edificio: “Tu sei Pietro”, ha detto al capo dei suoi Apostoli, “e su questa roccia edificherò la mia Chiesa”. (Matt. XVI, 18) Anche satana, il rivale ed “avversario” di Gesù Cristo, pretende di essere un architetto; anche lui vuole costruire un tempio.

5. Il tempio di Gesù Cristo è il tempio della perfetta obbedienza a Dio, il tempio della fede e della carità. Il tempio di satana è il tempio della rivolta universale contro il Signore ed il suo Cristo, il tempio dell’empietà e della diffamazione. Il primo tempio è ogni uomo soggetto a Gesù Cristo, divenuto così “primogenito” dei figli di Dio, in una parola, si è fatto Cristiano: « Non sapete – disse San Paolo ai fedeli – che voi siete i templi di Dio, e che lo Spirito Santo abita in voi? » (I Cor. III, 16) « Il tempio di Dio è santo -, diceva – e questo tempio siete voi stessi » . (ibid. 17). Ed ancora: « voi siete l’edificio di Dio, il tempio del Dio vivente: Dei ædificatio, templum Dei vivi.

Il primo tempio è anche la Chiesa considerata nel suo insieme, tutta l’umanità l’intera rigenerata, che lo Spirito anima con il suo soffio e sulla quale regna Gesù Cristo: « questo è il vero tabernacolo di Dio con gli uomini »; (Apoc. XX, 2, 3) questo è il tempio le cui vaste proporzioni sono state misurate da Ezechiele e San Giovanni, (Ez. XL.— Ap. XI.) la cui magnificenza è stata celebrata da tutti i profeti ( Ps. XXVI, 4. — Is. VI, 1. — Jer. XXX, 18. — Dan. III, 53, etc.). –  Il secondo tempio è ogni uomo che si è ribellato contro Dio ed il suo Cristo, si è reso conforme al primo dei rivoltati ed è diventato con lui e sotto di lui un anticristo. È anche l’insieme di tutti coloro che anima lo spirito di rivolta, la riunione di tutti quegli orgogliosi e libertini sui quali regna l’Arcangelo decaduto.

6. Ora Gesù Cristo, per edificare la sua Chiesa, impiega degli operai: questi sono il Papa, i Vescovi, sono i sacerdoti, è la Gerarchia cattolica. Satana, da parte sua, nella costruzione del tempio della rivolta, si avvale di operai organizzati in gerarchie: oggi questi sono i franco-massoni. – Gli operai di Gesù Cristo prendono « quelle pietre – umane – che giacciono sparse (Dispersi sunt lapides sanctuarii in capite omnium viarum. Thren. IV, 1.) dalla rovina originaria: le tagliano, le puliscono (Fabri polita malleo, Hanc saxa molem construunt. Hymn. in Dedic. Eccles.), sul modello della « pietra angolare posta da Dio stesso in Sion (I Petr. II 4-7,) », e le fanno entrare nella magnifica struttura « del tempio vivente, dove abita Dio ». I settari si impadroniscono di uomini imprudenti o perversi, li formano sul modello dell’Arcangelo della rivolta e li collocano nel tempio dell’empietà e della corruzione. La Gerarchia cattolica è la voce di Gesù Cristo nel mondo, la sua mano, il suo organo, il suo strumento per operare la salvezza delle anime: essa prega, parla ed agisce nel suo Nome; nella sua potenza e virtù essa dà “verità e grazia” a tutti gli “uomini di buona volontà”; in Lui e con Lui opera per fare entrare nel « regno di Dio, tutte le nazioni della terra ». –

La gerarchia o le gerarchie massoniche sono « la cattedra di pestilenza » dove siede l’ « avversario » di Gesù Cristo, laddove « chiama bene il male e il male bene », laddove « insegna la menzogna » e combatte contro il regno di Dio; esse sono l’organo e lo strumento che egli usa per condurre gli uomini alla sua rivolta; in essi e attraverso di essi egli conduce la guerra più grande mai vista alla Città di Dio; con il loro aiuto si illude per far sparire il soprannaturale da tutta la terra per condurre il genere umano ad un’apostasia universale. In una parola, esattamente come il sacerdozio cattolico fa l’opera di Gesù Cristo nel mondo, così la Massoneria fa l’opera di satana. Come l’uno milita con Gesù Cristo contro satana, così l’altro combatte per satana contro Gesù Cristo. Mentre il primo eleva il tempio della carità, il secondo costruisce il tempio dell’apostasia.

7. Come tutta la Gerarchia cattolica dice a Gesù Cristo con uno dei suoi membri: « Mio Signore e mio Dio, ti consacro la mia libertà, la mia memoria, la mia intelligenza e la mia volontà. Tutto ciò che possiedo viene da Voi; lo metto nelle vostre mani e lo pongo solo al vostro servizio. »  – Da parte sua, tutta la gerarchia massonica potrebbe dire a Satana con uno dei suoi più famosi seguaci: « Vieni, satana; vieni, calunniatore di sacerdoti e di re: lascia che ti abbracci, lascia che ti stringa al mio petto! Ti conosco da molto tempo, e anche tu mi conosci. Le tue opere, o benedetto del mio cuore, non sono sempre belle né buone: ma solo esse danno senso all’universo, impedendogli di essere assurdo ». Cosa sarebbe la giustizia senza di te? un istinto. La ragione? Una routine. Un uomo? Una bestia. Tu solo animi e fecondi il lavoro; nobiliti la ricchezza; servi come scusa all’autorità; metti il sigillo alla virtù. Ancora spera, proscritto! Io non ho che una penna almio servizio; ma essa vale milioni di bollettini. E giuro di non metterla giù finché non saranno ritornati i giorni cantati dal poeta: Ah, restituitemi i giorni della mia infanzia, o Dea della libertà (Proudhon) ! »

8. Questa è l’essenza della Massoneria. Sì, per dirla in una parola, i settari del nostro tempo sono in effetti gli operai che procedono su tutti i lati della costruzione del tempio o della città di satana. Ci convinceremo di questo nel corso di questo lavoro. D’ora in poi, ascoltiamo la solenne dichiarazione che la grande voce incaricata di indicare tutti i pericoli della Città di Dio sta facendo in faccia all’universo cristiano: « Da quando, per invidia del diavolo – dice Leone XIII nella sua famosa Enciclica sulle società segrete – il genere umano si è miseramente separato da Dio, al quale era debitore per la sua chiamata dalla inesistenza e dei doni soprannaturali, si è diviso in due campi nemici, uno dei quali combatte incessantemente per la verità e la virtù, e l’altro per tutto ciò che è contrario alla verità e alla virtù ». Il primo è il regno di Dio sulla terra, cioè la vera Chiesa di Gesù Cristo, le cui membra, se vogliono farne parte dal profondo del cuore e in modo tale da ottenere la salvezza, devono necessariamente servire Dio ed il suo Figlio Unigenito con tutta l’anima e con tutta la volontà; il secondo è il regno di satana, al quale appartengono tutti quegli sventurati che, seguendo gli esempi fatali del loro capo e dei nostri progenitori, rifiutano di sottomettersi alla legge divina e, nella loro condotta, si allontanano da Dio o addirittura si lasciano trascinare da lui. Sant’Agostino vide questi due regni e li descrisse abilmente sotto forma di due Città, governate da leggi contrarie e tendenti ad un fine contrario; e, con notevole brevità, segnò con le seguenti parole il principio costitutivo di ciascuno di essi: « DUE AMORI SONO NATI IN DUE CITTA’: L’AMOR-PROPRIO SPINTO FINO AL DISPREZZO DI DIO E’ NATO NELLA CITTA’  TERRESTRE; L’AMORE DI DIO PORTATO FINO AL DISPREZZO DI SE STESSI, E’ NATO NELLA CITTA’ CELESTE » (De Civit. Dei, lib. XIV, c. XXVII). In tutta la successione dei secoli, queste due città non hanno smesso di combattere l’una contro l’altra, con ogni sorta di tattica e con le armi più diverse, anche se non sempre con lo stesso ardore e la stessa impetuosità. Ora, nel nostro tempo, i fautori del male sembrano essersi coalizzati in uno sforzo immenso, sotto l’impulso e con l’aiuto di una società diffusa in ogni parte e fortemente costituita, la società dei franco-massoni (Hoc autem tempore, qui delerioribus favenl partibus videntur simul conspiraro vehementissimeque cuncti contendere, auctore et adjutrice ea quam Massonum appellant, longe latequo diffusa et firmilor constitula hominum societate. – Encyc. Humanum genus 20 apr. 1881.). »  – Entriamo ora nei dettagli e cominciamo a cercare lo scopo delle società segrete.

LA CITTÀ ANTICRISTIANA (2)