I SERMONI DEL CURATO D’ARS: SULL’INFERNO DEI CRISTIANI

[Discorsi di S. G. B. M. VIANNEY, curato d’Ars – Vol. I, ed. Ed. Marietti, Torino-Roma, 1933]

Sull’inferno dei Cristiani.

Ibi erit fletus et stridor dentium.

E lì sarà pianto e stridor di denti

(MATTH. VIII, 12).

Noi leggiamo nel Vangelo che, entrato il Salvatore in Cafarnao, un centurione si recò a trovarlo, dicendogli: “Signore, il mio servo è ammalato nella mia casa, d’una paralisi della quale soffre molto. „ — “Or bene! gli disse questo buon Salvatore, verrò e lo guarirò. „ — “Ah! mio Signore, gli disse il centurione, io non son degno che Voi entriate nella mia casa; ma dite solamente una parola, e il mio servo sarà guarito. Perché io che sono soggetto ad altri, tuttavia ho sotto di me dei soldati, io dico all’uno: Andate là, ed egli va; ad un altro: Venite qui, ed egli viene; e al mio servo: Fate questo, ed egli lo fa. „ – Gesù avendolo sentito a parlare in tal modo fu vinto di ammirazione, e disse a coloro che lo seguivano: « In verità io vi dico che non ho trovato una fede così viva in tutto Israele. Per questo io vi dichiaro che molti verranno dall’Oriente e dall’Occidente e saranno collocati con Abramo e Giacobbe, nel regno dei cieli, mentre i figli del regno saranno gettati nelle tenebre esteriori, dove è pianto e stridor di denti. „ – Chi è di noi, M. F., il quale per poco penetrasse il senso di queste parole non si sentirebbe costretto da spavento, pensando che sono veramente i cattivi Cristiani, che sono quegli infelici che saranno scacciati dal regno dei cieli e gettati nelle tenebre esteriori, con altre parole, nell’inferno, dove vi sarà pianto e stridor di denti; mentre che idolatri e pagani, che non hanno mai avuto la sorte di conoscere Gesù Cristo apriranno gli occhi dell’anima, abbandoneranno la via della perdizione, verranno a schierarsi nel seno della Chiesa, e ad occupare il posto che quei cattivi Cristiani hanno perduto col disprezzo delle grazie che hanno ricevute? Non è tutto. I Cristiani dannati soffriranno nell’inferno tormenti infinitamente più rigorosi degli infedeli. Perché questi stranieri in parte saranno dannati perché non hanno mai udito parlare di Gesù Cristo e della sua religione; essi sono vissuti e sono morti nell’ignoranza; mentre i Cristiani hanno veduto dall’età della ragione, la face della fede brillare dinanzi a loro come uno splendido sole ed hanno ricevuto dei lumi più che bastevoli per conoscere quello di cui erano tenuti verso Dio, verso il prossimo e verso se medesimi. O inferno dei Cristiani, quanto sarai terribile e rigoroso! Ma io vi dico, e potrete udirlo senza fremere? Che quanto il cielo è lontano dalla terra, altrettanto l’inferno degli infedeli sarà lontano da quello dei Cristiani. Se bramate saperne la ragione, eccola. Se Dio è giusto, come non possiamo dubitarne, Egli deve punire un’anima nell’inferno in proporzione delle grazie che ha ricevute e disprezzate, delle conoscenze che aveva per servir Dio. Posto ciò, è dunque giusto che un Cristiano dannato soffra infinitamente più di un infedele nell’inferno, perché  le grazie, i mezzi per salvarsi erano infinitamente più grandi. Per farci sentire, M. F., la necessità di approfittare delle grazie che riceviamo nella nostra santa religione, io imprendo a dimostrarvi quanto un Cristiano dannato sarà più tormentato di un infedele. Per farvi comprendere, M. F., la grandezza dei tormenti che sono riservati ai cattivi Cristiani, sarebbe necessario essere Dio medesimo, perché Egli solo lo comprende, e i dannati soli lo sentono, perché Dio è infinito nelle sue punizioni come nelle sue ricompense. Quando il buon Dio mi concedesse il potere di trascinare qui, al mio posto, un infame Giuda il quale ha commesso un orribile sacrilegio comunicandosi indegnamente e vendendo il suo divin Maestro, ciò che fanno spesse volte i cattivi Cristiani colle loro confessioni e comunioni indegne, il solo suo grido sarebbe: Oh! io soffro! Triste linguaggio che non può esprimere né la grandezza, né la lunghezza dei loro patimenti! O inferno dei Cristiani quanto sarai terribile! poiché Gesù Cristo sembra esaurire la sua potenza, la sua collera e il suo furore per far soffrire questi cattivi Cristiani. O mio Dio, si può mai pensarvi, sentirsi di questo numero e vivere tranquilli! Mio Dio, quale sciagura può paragonarsi con quella di questi Cristiani! — Ma, mi direte voi, ammesso ciò sembrerebbe che vi sieno parecchi inferni. — Ora, io vi dirò che, se i patimenti e le pene dei dannati fossero le medesime, Dio non sarebbe giusto. Dico di più, che vi sono altrettanti inferni quanti sono i dannati, e che i loro patimenti sono grandi in proporzione della grandezza e del numero dei peccati che hanno commessi e delle grazie che hanno disprezzate. Dio, che è onnipotente, ci rende sensibili alle nostre sventure, a grado che il male che abbiamo commesso è grave. Accade dei dannati come dei santi. Questi sono felici, è vero; tuttavia ne occorrono alcuni che sono maggiormente elevati in gloria, e questo, giusta le penitenze e le altre buone opere che hanno praticato nel corso della loro vita. Corre la stessa cosa dei dannati: essi sono tutti infelici, tutti privi della vista di Dio, ciò che costituisce la più grande di tutte le sciagure; perché se un dannato avesse la sorte di vedere il buon Dio, una volta, ogni mille anni, e ciò per cinque minuti, il suo inferno cesserebbe di essere un inferno. Sì, M. F., il buon Dio ci renderà sensibili a questa privazione ed agli altri tormenti, giusta il numero, la grandezza e la malizia dei peccati che avremo commessi. Ditemi, M. F., possiamo noi udire senza fremere il linguaggio di quegli empi che vi dicono che essi amano di essere dannati tanto per molto come per poco? Ah! infelici, voi non avete mai posto mente che maggiormente i vostri peccati saranno moltiplicati e saranno commessi con più grande malizia, maggiormente soffrirete nell’inferno? Da ciò io inferisco, M. F., che i Cristiani che hanno peccato con maggior conoscenza, che sono stati tante volte obbligati di fare violenza a se stessi per soffocare i rimorsi della loro coscienza, che hanno disprezzato tutte queste sante inspirazioni e tutti questi buoni desideri che Dio ha loro dato, sono maggiormente colpevoli; dunque è ben giusto, io dico, che la giustizia di Dio si faccia sentire più rigorosamente sopra di essi che non su quei poveri infedeli che hanno peccato, in parte, senza conoscere il male che commettevano e Colui che essi oltraggiavano, senza conoscere la bontà e l’amore di un Dio verso le creature sue. Se gli idolatri, ci dicono i santi, sono dannati per aver trasgredito le leggi di Dio che non conoscevano, delle leggi che non hanno conosciute, (S. Paolo – Rom. II, 14, 15 – scrive che i gentili che non hanno altra legge che la legge naturale, sono legge a se medesimi; essi non sono adunque senza legge, né scusabili quando la trasgrediscono, commettendo il male, quale sarà dunque la punizione dei Cristiani i quali conoscono il male che commettono, i doveri che devono compiere? Che comprendono quanto oltraggiano Dio, che non ignorano i mali che si preparano per l’eternità; e che nonostante ciò, non omettono di peccare? No, no, M. F., la potenza e la collera di Dio, sembrano non essere abbastanza grandi né l’eternità abbastanza lunga per punire questi infelici. Sì, M. F., parmi vedere quelle fiamme accese dalla giustizia di Dio rifiutarsi di far soffrire queste pene agli idolatri e lanciarsi con un furore spaventevole sopra questi infelici Cristiani riprovati. Infatti, chi non sarebbe tocco di compassione vedendo ardere queste nazioni straniere? Ah! devono esse esclamare dal mezzo delle fiamme che le divorano: Mio Dio, perché ci avete gettati in questi abissi di fuoco? Noi ignoravamo quello che bisognava fare per amarvi. Se noi vi abbiamo oltraggiato, è perché non vi conoscevamo. Ah! Signore, se a noi fosse stato  detto, come ai Cristiani, tutto quello che avete operato per noi, come ci avete amati, ah! no, mai non avremmo avuto la sventura di offendervi. – Ah! parmi di vedere Gesù Cristo turarsi le orecchie per non udire le grida di quegli infelici. No, M. F., Gesù Cristo è troppo buono per non lasciarsi commuovere. Se non ci avesse detto, senza il battesimo e fuori della Chiesa, non possiamo sperare il cielo, potremmo credere che queste povere anime siano dannate senza aver saputo quello che bisognavo fare per salvarsi? No, M. F., parmi che Gesù Cristo non può volgere gli occhi su questi sventurati senza essere tocco di compassione. Ma che si consolino nella loro sventura; i mali che soffriranno saranno infinitamente meno rigorosi che quelli dei Cristiani. Mio Dio! potrà dire ciascuna di esse, perché mi avete gettata in questo fuoco? – Ma, dall’altra parte, ascoltate le grida, gli urli dei Cristiani dannati. Ah! quanto io soffro! Io non veggo, io non tocco, io non sento che fuoco. Ah! se io sono dannato è per colpa mia, io non ignoravo tutto ciò che bisognava operare per salvarmi, e aveva tutti i mezzi più che necessari per ciò. Ah! peccando, io sapeva benissimo, che perdeva il mio Dio, la mia anima e il cielo, e che mi condannava per sempre ad ardere nell’inferno! Ah! sciagurato! Io sono punito perché l’ho voluto. Il buon Dio che tante volte mi ha offerto il suo perdono e tutte le grazie che mi abbisognavano per questo, il buon Dio che mi incalzava coi rimorsi di coscienza che mi straziavano e che sembravano costringermi a uscire dal peccato, ed io non l’ho voluto e sono dannato! Io non mi sono giovato di tutti i lumi che questa bella religione mi forniva, che per peccare con maggior malizia. Sì, mio Dio, dirà quel Cristiano per tutta l’eternità, punitemi, è giusto, perché se voi vi siete incarnato, se voi avete sofferto tante umiliazioni, tanti tormenti, una morte così dolorosa e ignominiosa, non era che per muovermi ad operare il salvamento dell’ anima mia. Tutta questa bella religione che avete stabilito, nella quale versate con tanta copia le vostre grazie per i peccatori, non era che per il mio salvamento; sì, mio Dio, io non ignorava tutto ciò. – Sì, M. F., un Cristiano dannato avrà, per il volgere dell’eternità, dinanzi agli occhi, tutti i buoni pensieri, tutti i buoni desideri, tutte le buone opere che avrebbe potuto praticare e che ha omesso, tutti i sacramenti che non ha ricevuto e che poteva ricevere, tutte le preghiere tralasciate, tutte le Messe che ha mal ascoltate e alle quali avrebbe potuto assistere come si conviene, ciò che lo avrebbe grandemente aiutato a salvare l’anima sua. Sì, M. F., questo cattivo Cristiano si ricorderà tutte le istruzioni che non ha ascoltate o che ha disprezzate, e colle quali avrebbe potuto conoscere i doveri suoi. Ah! diciamo meglio, M. F., tutti questi ricordi saranno come altrettanti carnefici che lo strazieranno. – Or bene, M. F., di tutto ciò, il buon Dio avrà nulla da rimproverare ai poveri idolatri. No, essi non sapevano che volesse significare pensare al buon Dio, amarlo, né i mezzi a cui appigliarsi per andare al cielo; ciò che ha fatto dire a parecchi santi che tutto ciò che il buon Dio poteva inventare per far soffrire i Cristiani dannati non sarà troppo rigoroso per essi, perché conoscevano quello che bisognava fare per andare al cielo e piacere a Dio. Vedete, M. F , se non è giusto che noi soffriamo nell’altra vita più dei pagani. Ascoltate con quale malizia il Cristiano pecca sopra la terra, con quale audacia si ribella contro Dio. Sì, o Signore – egli dice – io so che voi siete il mio Dio, il mio creatore, che avete sofferto, che siete morto per me, che mi avete amato più di voi stesso, che non cessate di chiamarmi a voi colla grazia vostra, coi rimorsi di coscienza e colla voce dei miei pastori; or bene! io mi rido di voi e di tutte le vostre grazie. Voi mi avete imposto dei comandamenti che intendete sieno osservati colla minaccia dei castighi più rigorosi: io mi rido di voi e dei comandamenti vostri, e delle vostre minacce. Voi mi avete dato tutti i lumi necessari per comprendere tutta la bellezza della nostra santa religione e la felicità che ci procura: or bene! io farò tutto l’opposto di quello che essa mi comanda. Voi mi minacciate che se resto nel peccato perirò in esso: io è precisamente per questo che non voglio uscirne. Io so benissimo che voi avete istituito dei sacramenti coi quali noi possiamo francarci dalla sua tirannia: e non solamente io non voglio approfittarne, ma io voglio di giunta disprezzare e schernire coloro che vi ricorreranno, per muoverli ad operare come io opero. Io so che voi siete realmente presente nel sacramento adorabile dell’Eucaristia, ciò che dovrebbe indurmi a non presentarmi davanti a Voi che con un grande rispetto e un santo tremore, segnatamente essendo un peccatore quale sono: non ostante ciò, io voglio recarmi nelle vostre chiese e ai piedi dei vostri altari per disprezzarvi e ridermi di voi col mio poco rispetto e la mia poca modestia. – Sì, dirà quella giovane mondana e perduta, io voglio co’ miei abbigliamenti e col mio fare seducente rapirvi l’onore che vi si tributa: io prenderò tutti i mezzi per rapirvi i cuori; io mi studierò di accendere nei cuori, coi miei modi infornali, i fuochi impuri che ve li renderanno un oggetto di orrore. Voi volete amarmi? Io farò quanto potrò per disprezzarvi. Voi mi dite che io sarò felice, se lo voglio, per tutta l’eternità, se vi servo fedelmente; ma che se faccio l’opposto, voi mi getterete negli abissi, nei quali mi farete patire mali senza fine: io mi rido dell’uno e dell’altro. Ma, pensate voi, noi non diciamo ciò peccando; noi pecchiamo, è vero, ma non teniamo questo linguaggio. — Mio amico, le vostre azioni lo dicono, tutte le volte che voi peccate, conoscendo il male che commettete. Ne dubitate forse? Ditemi, quando lavorate il santo giorno della domenica, o che mangiate di grasso noi giorni proibiti, quando giurate, o quando pronunciate parole sconce, voi sapete benissimo che oltraggiate il buon Dio, che voi perdete l’anima vostra e il cielo, e che vi preparate un inferno. Voi sapete benissimo che essendo nel peccato, se voi non avete ricorso al sacramento della penitenza, voi non sarete giammai salvi. Andate, peccatori inveterati, indurati, andate, fango d’iniquità, le nazioni straniere vi aspettano per mostrarvi che, se voi avete commesso il male, voi lo sapevate benissimo. Posto ciò, è dunque giusto che un Cristiano che pecca con tanta conoscenza e con tanta malizia, sia punito più rigorosamente nell’altra vita d’un infedele il quale ha peccato, per così dire, senza sapere che commetteva il male. Ditemi, M. P., tenete voi in nessun conto tutti questi benefizi dei quali il buon Dio vi ha favoriti a preferenza dei pagani, e che voi avete disprezzati? Ah! M. P., quanto i tormenti che il buon Dio prepara ai cattivi Cristiani sono spaventosi! Possiamo noi udire senza fremere quello che ci dice S. Agostino, che occorrono dei Cristiani i quali, soli, nell’inferno, soffriranno più che nazioni intere di pagani, perché, così egli, occorrono dei Cristiani che hanno ricevuto soli delle grazie che non nazioni intere di idolatri. No, miei figli, ci dice S. Giovanni Crisostomo, i peccati dei Cristiani non sono più peccati, ma sacrilegi dei più orribili, in confronto dei peccati degli idolatri. No, no, cattivi Cristiani, dice loro, non è più questione di peccati, per voi, ma di sacrilegi i più orribili. – Ma, voi pensate, ciò è molto grave! — M. F., ne bramate la prova? Eccola: che cos’è un sacrilegio? — È, mi direte voi, la profanazione di una cosa santa, consacrata a Dio, come sono le nostre chiese, le quali sono destinate alla preghiera; è una profanazione, quando ci rechiamo senza rispetto, senza modestia, che parliamo, ridiamo o dormiamo. È, mi direte voi, la profanazione d’un ciborio destinato a contenere Gesù Cristo sotto le specie del pane, o d’un calice, che è santificato dal contatto del corpo adorabile di Gesù Cristo e del suo sangue prezioso. — Ora, ci dice S. Giovanni Crisostomo, i nostri corpi sono tutto questo per il santo battesimo. Lo Spirito Santo ne fa il suo tempio colla santa comunione; i nostri cuori sono somiglianti ad un ciborio che contiene Gesù Cristo: “Le nostre membra non sono le membra di Gesù Cristo? „ (I Cor. VI, 15) La carne di Gesù Cristo non si mescola alla nostra carne? Il suo sangue adorabile non fluisce nelle nostre vene? Ah! sventurati, abbiamo noi mai fatto queste riflessioni, che, ogni volta che pecchiamo, commettiamo una profanazione ed un sacrilegio orribile? No, no, mai vi abbiamo posto mente, e se prima di peccare ne fossimo stati convinti, ci sarebbe stato impossibile il peccare. Ah! mio Dio, come il Cristiano conosce poco quello che fa peccando! Ma, mi direte voi, se tutti questi peccati i quali sono così comuni nel mondo, sono profanazioni e sacrilegi così ingiuriosi al buon Dio, qual nome dare a quello che chiamiamo sacrilegio, e che commettiamo quando nascondiamo i nostri peccati o li camuffiamo per timore o per vergogna confessandoci? — Ah! M. F., possiamo noi fermarci, senza venir meno di orrore, al pensiero di un tal peccato, che getta la desolazione nel cielo e sopra la terra! Ah! un Cristiano può spingere il furore suo sino ad un tale eccesso, contro il suo buon Dio e il Salvatore suo? Un Cristiano che avesse commesso un solo sacrilegio in vita sua, potrebbe ancor vivere? Ah! no, non vi sono parole, né espressioni per rappresentarci la grandezza, la laidezza d’un tal mostro. Un Cristiano, io dico, il quale, nel tribunale della penitenza, in cui un Dio ha spinto la grandezza della sua misericordia oltre i limiti che gli angeli stessi non potranno mai comprendere: ah! che dico? un Cristiano il quale, tante volte ha sperimentato l’amore del suo Dio, potrebbe rendersi colpevole d’una tale atrocità verso un Dio così buono? Un Cristiano, io dico, alla sacra mensa, avrà il cuore, il coraggio di strappare il suo Dio dalle mani del sacerdote per consegnarlo al demonio? Ah! sciagura spaventevole! Ah! disgrazia incomprensibile! un Cristiano avrà il barbaro coraggio di trucidare il suo Dio, il suo Salvatore, e il suo padre il più amabile! Ah! no, no, l’inferno, con tutto il furore suo, non ha mai potuto inventare alcuna cosa di simile! O angeli del cielo, venite, venite in soccorso del vostro Dio, che è contuso e trucidato dai suoi propri figli! Ah! no, no, mai l’inferno ha potuto spingere il suo furore ad un tale eccesso! Ah! Padre eterno, come potete soffrire tali orrori contro il vostro divin Figlio, il quale ci ha tanto amati, e che ha sacrificato così di buon grado la propria vita per riparare la gloria che il peccato ci aveva rapita! – Un Cristiano che fosse colpevole di un tal peccato, potrebbe egli camminare, senza che gli sembri che la terra, ad ogni istante si apra sotto i suoi piedi per seppellirlo nell’inferno? Ah! M. P., se il pensiero di un tal peccato non vi fa fremere d’orrore e non agghiaccia il sangue nelle vostre vene, ah! voi siete perduti! ah! no, no, non più cielo per voi, il cielo vi ha rigettati! No, no, non occorre castigo abbastanza grave per punirvi di un tal peccato, il quale eccita la meraviglia degli stessi demoni! Venite, sciagurati, venite, vecchiardi infami, così S. Bernardo, venite, carnefici di Gesù Cristo. E che! sciagurati! Voi avete commesso un sacrilegio, voi sopra il quale si è fatto scorrere il sangue adorabile di Gesù Cristo nel tribunale della penitenza! Sciagurati, così egli, voi avete nascosto i vostri peccati, voi avete avuto la barbarie di assidervi alla sacra mensa per ricevervi il vostro Dio! Fermatevi! fermatevi! ah! mostro d’iniquità, ah! di grazia, risparmia il tuo Dio! ah! no, no, mai l’inferno può spingere il suo furore fino ad un tale eccesso. Ah! M. F., se nazioni straniere soffrono già tormenti così spaventosi nell’inferno, quale sarà dunque la gravezza dei tormenti dei Cristiani e delle cristiane che, tante volte nel corso della loro vita, hanno commesso dei sacrilegi. Ah! no, no, l’inferno non sarà mai abbastanza rigoroso per punire questi mostri di crudeltà. Oh! quale spettacolo, così il grande Salviano, vedere dei Cristiani nell’inferno! Ah! ci dice, che cosa sono diventate tutte quelle splendide e tutte quelle belle qualità, che sembravano rendere i Cristiani quasi somiglievoli agli angeli? O mio Dio, puossi mai concepire qualche cosa di più spaventevole! un Cristiano nell’inferno! un battezzato trovato fra i demoni! un membro di Gesù Cristo nelle fiamme! Divorato dagli spiriti infernali, un figlio di Dio tra i denti di Lucifero! Venite, nazioni straniere, venite, popoli sventurati, che non avete mai conosciuto Colui che avete offeso e che vi ha gettati nelle fiamme, venite; è cosa giusta che siate i carnefici di quei Cristiani riprovati, i quali avevano tanti mezzi di amar Dio, di piacergli, e di acquistare il cielo, e che non hanno passato la loro vita che a far soffrire Gesù Cristo, lui che ha tanto desiderato di salvarli! Venite ad udire Gesù Cristo medesimo, il quale ci dice che al giudizio, i Niniviti che erano una nazione infedele, sì, dice egli, i Niniviti si leveranno contro questi popoli ingrati e li condanneranno. Questi Niniviti, alla sola predicazione di Giona, il quale era loro sconosciuto, fanno penitenza e abbandonano il peccato (Matt. XII, 41); e dei Cristiani ai quali questa santa parola è stata tante volte prodigata; sì, questa parola divina, la quale non ha cessato di risuonare alle loro orecchie, ma ah! non ha colpito il loro cuore indurato, questi Cristiani non si sono convertiti. Ah! M. F., se tante grazie, tante istruzioni, tanti sacramenti fossero stati concessi ai poveri idolatri, quanti santi, quanti penitenti avrebbero popolato il cielo! mentre tutti questi beni non serviranno che a indurarvi sempre più nel peccato. – Ah! terribile momento nel quale Gesù Cristo determina i diversi gradi di patimenti che noi soffriremo nell’inferno! Ah! ciò si farà in proporzione delle grazie che abbiamo ricevute e disprezzate. Sì, una sola grazia avrebbe bastato ad un Cristiano per salvarlo, se avesse voluto approfittarne, e ne avrà ricevute e disprezzate migliaia e migliaia! Ah! se ciascuna grazia disprezzata sarà un inferno per un Cristiano, ah! mio Dio, quale sciagura eterna per questi cattivi Cristiani! Ah! sarebbe necessario poter udire questi Cristiani riprovati dal mezzo delle fiamme nelle quali la giustizia di Dio li ha precipitati! Ah! se almeno, dicono essi, non fossimo mai stati Cristiani, benché fossimo dannati come quegli infedeli, almeno potremmo consolarci, perché non avremmo saputo quello che bisognava fare per salvarci! Quante grazie di meno ricevute e che non avremmo disprezzate. Ma, noi sciagurati, noi siamo stati Cristiani, circondati di lumi e inondati di grazie per condurci ed aiutarci a salvarci. Ah! dirà ciascuno di essi, questi tristi quadri saranno continuamente dinanzi ai miei occhi per tutto il volgere dell’eternità! Io, il cui nome è stato scritto nel libro dei santi, io che sono stato nel battesimo bagnato del sangue prezioso di Gesù Cristo, io che poteva ad ogni istante uscire dal peccato e assicurarmi il cielo, io al quale tante volte si è fatto udire la grandezza della giustizia di Dio verso i peccatori e segnatamente verso i Cristiani riprovati. Ah! se almeno mi fosse stata tolta la vita prima di nascere, non sarei mai stato in cielo, è vero; ma almeno non soffrirei tanto nell’inferno. Ah! se Dio non fosse stato così buono e mi avesse punito al mio primo peccato, io sarei nell’inferno è vero; ma sarei meno al fondo e i miei tormenti sarebbero meno rigorosi. Ah! in questo memento io riconosco che tutta la mia sventura proviene da me. Sì, M. F., ogni riprovato ed ogni nazione avrà il suo quadro dinanzi agli occhi, e ciò per il volgere dell’eternità tutta quanta, senza mai potere disfarsene, né volgere altrove lo sguardo. Ah! queste povere nazioni idolatre vedranno per tutta l’eternità che la loro ignoranza è stata in parte la causa della loro perdita. Ah! diranno gli uni agli altri, oh! se il buon Dio ci avesse concesso tante grazie e tanti lumi quanto a quei Cristiani! Ah! se noi avessimo avuto la ventura di essere istruiti come essi. Ah! se noi avessimo avuto dei pastori per insegnarci a conoscere e ad amare il buon Dio il quale tanto ci ha amati e che ha tanto patito per noi! Ah! se ci fosse stato detto quanto il peccato oltraggi Gesù Cristo e quanto la virtù è di un gran prezzo agli occhi di Dio, avremmo potuto commettere il peccato, avremmo potuto disprezzare un Dio così buono? Non avremmo mille volte preferito morire che recargli dispiacere? Ma ah! noi non avevamo la sorte di conoscerlo; se noi siamo dannati, ah! è perché ignoravamo quello che bisognava fare per salvarci. Sì, noi abbiamo avuto la sventura di nascere e di morire nell’idolatria. Ah! se avessimo avuto la fortuna di avere dei genitori Cristiani che ci avessero fatto conoscere la vera religione, avremmo potuto non amare il buon Dio? Se, come i Cristiani, fossimo stati testimoni di tanti prodigi che ha operato nel volgere della sua vita mortale, e che continua fino al chiudersi dei secoli, lui, che morendo, ha lasciato loro tanti mozzi per rilevarsi dalle loro cadute, quando avevano avuto la sventura di commettere il peccato; se noi avessimo avuto il sangue adorabile di Gesù Cristo che fluiva ogni giorno sopra il loro altare per impetrar grazie per essi! Oh! questi felici Cristiani ai quali si era tante volte raccontato la misericordia di Dio, la quale è infinita! Oh! Signore, perché ci avete gettati nell’inferno? Di grazia, frenate la vostra giustizia, mio Dio, se vi abbiamo offeso, è perché non vi conoscevamo. Ditemi, M. F., possiamo non essere commossi dei tormenti di quei poveri idolatri? Poveri infelici, è vero che voi sofferto e siete separati da Dio, il quale avrebbe formato tutta la felicità vostra; ma consolatevi in quanto i tormenti vostri saranno infinitamente meno rigorosi che quelli dei Cristiani. Ma che penseranno e diventeranno questi Cristiani considerando il loro quadro nel quale saranno notate tutto le grazie che avranno ricevuto o disprezzato? Ahi che dico, dei cristiani che si vedranno arrossire e contristarsi per tanti peccati e por tanti sacrilegi; ah! ciò basta per servir loro d’inferno. Essi vorrebbero poter volgere il loro volto da un’altra parte per essere meno divorati dal rammarico; ma Gesù Cristo li forzerà per sempre, di guisa che questa sola vista basterebbe per servir loro d’inferno e di carnefice. Che cosa potranno dire per scusarsi e addolcire un poco i loro tormenti? Ah! nulla del tutto; all’opposto, tutto contribuirà ad accrescere la loro disperazione; essi vedranno che né le grazie né gli altri mezzi di salvamento non sono loro mancati, che all’opposto, tutto è loro stato prodigato; e vedranno che tutti questi beni, che avrebbero salvato tanti poveri selvaggi, non hanno servito che a dannarli. Ah! diranno a se medesimi, se almeno fossimo restati nel nulla. Ah! quale sventura per noi d’essere stati Cristiani! No, M. F., noi non possiamo pensare a quello che è arrivato a quei poveri Egiziani senza essere mossi di compassione. Essi perirono tutti passando il mar Rosso, rigurgitarono l’acqua di bocca e furono tutti inghiottiti; questo mare che tante volte li aveva portati sopra le sue onde con sì felici navigazioni, questo mare diventò il mezzo del loro supplizio e li espose alle risa dei loro nemici, ai quali apriva un libero passaggio per salvarli dalle loro mani. Ma, ahi lo spettacolo che ci presenta un Cristiano riprovato è assai più desolante. Per il volgere dell’eternità tutta quanta, si vedranno questi Cristiani dannati, si vedranno rendere per la bocca tutte le grazie che hanno ricevute e disprezzate nel corso della loro vita. Ah! si vedranno uscire da quei cuori sacrileghi quei torrenti del sangue divino che hanno ricevuto e orribilmente profanato. Ma, così S. Bernardo, ciò che aggiungerà un nuovo grado di tormenti a questi Cristiani dannati, è che, per tutta la eternità, essi avranno dinanzi agli occhi quello che Gesù Cristo ha sofferto per salvarli, e rifletteranno che non ostante ciò essi si sono dannati. Sì, così questo santo, essi avranno innanzi agli occhi tutte le lagrime che questo divin Salvatore ha sparso, tutte le penitenze che ha fatte, tutti i suoi passi e tutti i suoi sospiri, e tutto ciò per renderli migliori. Essi vedranno Gesù Cristo quale era in quella mangiatoia quando è nato, e che è stato adagiato sopra un manipolo di paglia; quale egli era nel giardino degli Ulivi, dove ha tanto pianto i loro peccati, perfino con lagrime di sangue. Egli si mostrerà come nella sua agonia, e quando lo si trascinava per le vie di Gerusalemme. Essi crederanno di udire appenderlo alla croce,

implorare misericordia per essi: e con ciò egli mostrerà loro quanto il loro salvamento gli ora costato caro, e quanto ha patito per meritar loro il cielo, che hanno perduto con

gioia e con malizia. Ah! M. F., quali rammarichi! ah! quale disperazione per questi Cristiani riprovati! Ah! grideranno dal fondo delle fiamme, addio, bel cielo, è per noi che siete stato creato, e che noi non vedremo mai! Addio, bella città che dovevate essere il nostro soggiorno eterno e formare la nostra felicità! Ah! se noi vi abbiamo perduta, è per nostra colpa e per nostra malizia. – Sì, M. F., ecco la triste meditazione d’un Cristiano per tutta quanta l’eternità nell’inferno. No, i pagani non avranno quasi nulla di tutto ciò da rimproverarsi; essi non avranno da rimpiangere il cielo perché non lo conoscevano; essi non hanno rifiutato né disprezzato i mezzi che si presentavano loro per salvarsi, perché ignoravano quello che bisognava fare per arrivare a questa felicità. Ma Cristiani, che non si è cessato d’istruire, di stringere ai panni e di sollecitare a non perdersi, ed ai quali si sono presentati tutti i mezzi i più facili per arrivare alla vita felice per la quale erano creati! Sì, M. F., un Cristiano dirà a se stesso per tutta l’eternità: Chi è dunque che mi ha gettato nell’inferno? Forse Dio? No, no. Non Gesù Cristo; all’opposto Egli voleva assolutamente salvarmi. Forse il demonio? No, no, io poteva non obbedirgli, come hanno fatto tanti altri. Sono dunque le mie inclinazioni? Ah! no, no, non sono le mie inclinazioni; Gesù Cristo mi aveva conferito l’impero sopra di esse, io poteva domarle colla grazia di Dio la quale non mi sarebbe mai venuta meno. Dunque donde può procedere la mia perdita e la mia sventura? Ah! tutto ciò non deriva che da me stesso, e non da Dio, né dal demonio, né dalle inclinazioni mie. Sì, io stesso mi sono attirato sul capo tutte queste sventure; sì, sono io che mi sono perduto e riprovato di mia propria volontà; se avessi voluto mi sarei salvato. Ma io mi sono dannato! Non c’è più mezzo e non più speranza; sì, è la mia malizia, la mia empietà e il mio libertinaggio che mi hanno gettato in questi torrenti di fiamme dalle quali più non uscirò. Sì, M. F., se la parola di Dio merita qualche credenza, io vi scongiuro di pensare seriamente a questa verità che ha convertito tante anime. E perché non produrrebbe gli effetti medesimi sopra di noi? Perché non sarebbe rivolta alla nostra felicità piuttosto che alla nostra sventura, se vogliamo approfittarne? Sì, M. F., o cangiamo vita, o noi saremo dannati; perché sappiamo benissimo che il nostro modo di vivere non può condurci al cielo. Ah! M.

F., ci accadrà come al povero Joab, il quale per evitare la morte, si rifugiò nel tempio e abbracciò l’altare nella speranza che lo si risparmierebbe, perché altra volta era stato il favorito di Davide; fu tuttavia per ordine suo che fu mandato a morte. Colui che era incaricato di ucciderlo gli gridò: Esci di là. — No, risponde il povero Joab; se è necessario morire, preferisco morir qui. Il soldato, vedendo che non poteva strapparlo dall’altare, trasse il suo pugnale, glielo immerse nel seno, e il povero Joab, baciando l’altare, ricevette il colpo della morte, e cadde ai piedi del tabernacolo, che aveva preso per sua difesa e per suo asilo (III Reg. II). Ecco, M. F., quello che ci accadrà un giorno, se non approfittiamo, o piuttosto se continuiamo a disprezzare le grazie del salvamento che ci sono copiosamente prodigate. Ora, noi siamo come Joab, che era il favorito e l’amico di Davide. Non sorgeva quasi un giorno, senza che ricevesse qualche nuovo beneficio dalla parte del principe. Egli era preferito a tutti gli altri sudditi; ma ebbe la sventura di non saperne approfittare e fu punito senza misericordia da quel medesimo dal quale era stato ricolmo di tanti benefizi. Si, M. F., accadrà la stessa cosa di noi che siamo stati preferiti a tante nazioni infedeli le quali vivono nelle tenebre e che non hanno mai avuto la ventura di conoscere la verità, vo’ dire la vera Religione e che periscono in questo triste e miserando stato. Ma di giunta, M. F., qual castigo non ci dobbiamo aspettare dalla parte di Colui che ci ha tanto amati e ricolmi di tanti benefizi, se, come Joab, abbiamo avuto la sventura di temprare le nostre mani nel sangue di Abner, vo’ dire di Gesù Cristo, ciò che noi facciamo ogni volta che pecchiamo; ma molto più orribilmente quando abbiamo la sventura di profanare i Sacramenti. O mio Dio, vi si può mai pensare e non morire di spavento? O mio Dio, come può avvenire che un Cristiano osi spingere sì innanzi la sua crudeltà e la ingratitudine sua? Ah! infelice, così S. Agostino, tu cadi di colpa in colpa, sempre nella speranza che ti fermerai ! Ma non temerai di mettere il suggello alla tua sventura? Oh! che gli ultimi sacramenti e tutti i soccorsi della Chiesa giovano poco a questi peccatori i quali sono vissuti disprezzando le grazie che ci procura la nostra santa religione! Sì, suonerà l’ora nella quale voi riceverete gli ultimi sacramenti colle migliori disposizioni agli occhi del mondo; ma ricevendoli v’accadrà come a Joab. Gesù Cristo che è nostro principe e nostro Signore, pronuncerà la vostra sentenza di riprovazione. Invece di servirvi di viatico per il cielo, la comunione non sarà per voi altra cosa che una massa di piombo per precipitarvi con maggior velocità negli abissi; voi stringerete come Joab è stato detto tante volte che, se lo volessi, potrei amare il buon Dio e salvare l’anima mia e rendermi felice per tutta quanta l’eternità; io al quale sono state offerte tutte le grazie per uscire dal peccato! Ah! se almeno non fossi stato Cristiano. Ah! se almeno non mi si fosse mai parlato del servizio di Dio e della sua religione. Ma no, nulla mi è mancato, avevo ogni cosa, e di nulla ho saputo approfittare. Tutto doveva essere diretto a procurarmi la mia felicità, e, per il nessun conto che ne ho fatto, tutto si è ritorto a mia sventura; addio, bel cielo!… addio, eternità di delizie !… addio, felici abitatori del cielo! … tutto è finito per me!… Non Dio, non cielo, non felicità!… Oh! quante lagrime ho da versare!… Quante grida da mandare in queste fiamme!… Non più speranza!… Ah! triste pensiero che strazierà un cristiano per l’eternità tutta quanta!… Ah! non perdiamo un momento per evitare questa sventura. E la sorte felice che vi desidero.