[G. Sbuttoni: Da Pietro a Pio XII, Edit. A. B. E. S. Bologna, 1953; nihil ob. et imprim. Dic. 1952]
CAPO V .
LE ERESIE
PREAMBOLO
Gli eretici
All’opposizione brutale dei persecutori romani, si aggiunse l’opposizione dissimulata, che questa volta si sviluppa in seno alla Chiesa. Gesù Cristo non si accontentò di affermare l’Unità di Dio; introdusse i discepoli nella felice intimità delle Tre Persone divine e presentò Se stesso come vero Dio e vero Uomo. Quale ricchezza dottrinale!
Purtroppo dei Cristiani più o meno sinceri tentano di alterarne la purezza facendo un amalgama delle verità cristiane con alcune concezioni pagane. Intelligentissimi, costituiscono un temibile pericolo per la conservazione della dottrina di Nostro Signore. E ne nascono le eresìe.
Il nome « eresìa » viene da un verbo greco, che vuol dire « separo », «stacco». E anche oggi si indicano con il nome di «eretici» coloro che contraddicono all’insegnamento della Chiesa, per seguire una dottrina particolare e contraria alla stessa, dalla quale perciò si separano, si staccano.
Anche l’eresìa si può dire che nascesse con la Chiesa, perché quando comincia, l’eresìa ha sempre l’aspetto e la parvenza della verità; è anzi la verità stessa o storpiata o contratta o alterata. Un ramo risecchito è sempre un ramo.
1. – LE ERESIE
D. Cessate le persecuzioni ebbe più a lottare la Chiesa?
— Ebbe una lotta ancor più fatale, quella contro le eresìe.
D. Che cosa sono le eresìe?
— Errori nelle dottrine della Fede. Errori che o svisano la dottrina di Cristo, o la negano, o le contrappongono una dottrina opposta; in questo modo attentano alla stessa esistenza della Chiesa, che vive della dottrina di Gesù Cristo.
D. La Chiesa può tollerare l’eresia o venire a patti con essa?
— No, nel modo più assoluto. La luce non può tollerare le tenebre, né venire a patti con esse; e neppure la verità con l’errore.
D. Quali vie allora restano all’eretico?
— Due vie: o ritrattare i suoi spropositi, o andarsene. Nella Chiesa l’eretico, chiunque egli sia, non ha posto. Perciò viene invitato a correggersi delle sue idee, uniformandole al Vangelo, o alla dottrina della Chiesa; se resiste ostinato, viene eliminato con la scomunica.
D. Di chi furono opera le eresìe ?
— Di certi spiriti colti e inquieti, che, non paghi della Rivelazione cristiana, e, d’altronde, incapaci di sottrarsi al suo fascino, ne deturparono la purezza, tentando di conciliare fra di loro diverse ed anche opposte concezioni.
2. – LE PRINCIPALI ERESIE
D. Quale fu una delle prime eresìe?
— Lo GNOSTICISMO (dal greco « gnosis » = conoscenza), che pretendeva di avere la perfetta conoscenza dei misteri divini; era invece un miscuglio di elementi filosofico-religiosi orientali e cristiani.
D. E’ facile darne un concetto?
— No, perché tale eresìa fu sempre in continua evoluzione, cioè in continuo sviluppo.
D. I diversi sistemi gnostici hanno un punto in comune ?
— Sì, ed è il concetto che fra Dio, bontà infinita, e la materia, esiste una serie di esseri intermedi, che rendono possibile all’uomo di risalire fino a Dio.
D. Come si chiamano gli esseri intermedi?
— «Eoni». La loro perfezione si misura dalla loro vicinanza a Dio.
D. Furono tutti buoni gli « eoni » ?
— No; uno prevaricò; si chiama « Demiurgo ». Dopo aver prodotto una serie di Eoni, malvagi come lui, finalmente creò il mondo materiale e l’uomo.
D. L’uomo dunque è tutto male ?
— No, perché un Eone superiore ha staccato dal mondo spirituale una scintilla divina e l’ha posta nella materia. A misura della presenza di questa scintilla divina, gli uomini si distinguono in:
a) uomini spirituali, nei quali lo spirito supera la materia. Sono gli gnostici.
b) uomini psichici, nei quali lo spirito è uguale alla materia. Sono i Cristiani.
c) uomini materiali, nei quali la materia è superiore allo spirito. Sono i pagani.
D. Qual è lo scopo della Redenzione secondo gli Gnostici?
— Quello di liberare l’elemento divino imprigionato nella materia.
D. Chi è il Redentore?
— Gesù Cristo, il quale, secondo gli gnostici, è uno degli eoni più sublimi, che, assumendo un corpo apparente, redense l’umanità.
D. Quale fine assegnano al mondo?
— Compiuta la liberazione dell’ elemento divino dalla materia, il mondo sarà distrutto e con esso gli uomini che non meritano la salvezza.
D. Quali concezioni morali portò questa dottrina?
— Ne portò due formalmente opposte; una che insegnava la pratica della mortificazione e della penitenza; l’altra che liberava il freno ad una immoralità spaventosa, come risulta dal quadro delle scostumatezze degli gnostici, che ci fa S. Ireneo.
D. Che fece la Chiesa contro questa eresia?
— Per mezzo di molti Padri del tempo la sgominò. Tra tutti si distinse S. Ireneo con il suo celebre volume « Adversus Hæreses».
D. Quale argomento porta S. Ireneo nel suo « Adversus Hæreses »?
— Il seguente: la dottrina di Gesù Cristo fu, per suo ordine, insegnata dagli Apostoli a tutto il mondo; ora presso le singole chiese, che hanno origine apostolica, non esiste nessuna traccia di gnosticismo, anzi esse hanno sempre creduto einsegnato il contrario; perciò il Vangelo non ha nulla a che fare con le aberrazioni gnostiche.
3. – IL MANICHEISMO
D. Tramontato lo gnosticismo, quale altra eresìa si ebbe?
— Il MANICHEISMO, che prese nome dal suo autore, MANI.
D. Che cosa insegna?
— Che vi sono due regni eterni, quello della luce e quello delle tenebre. Satana esce dalle tenebre e muove guerra a Dio, re della luce. L’uomo, creato da Dio, è fatto prigioniero da Satana, che depone in lui elementi tenebrosi. Di qui la lotta continua che deve svolgere l’uomo, per liberarsi dalle tenebre e riacquistare la luce.
D. Come si compie la liberazione dell’uomo?
— Mediante una vita d’austerità, che comprende tre sigilli e mortificazioni:
a) il sigillo della bocca (divieto di parlare osceno);
b) i l sigillo della mano (divieto di distruggere animali e piante);
c) il sigillo del petto (obbligo di osservare la castità e di astenersi dal matrimonio).
D. In quante classi si distinguevano le persone?
— In due: gli eletti (monaci) e gli uditori (semplici fedeli).
D. Ebbe diffusione questa dottrina?
— Sì, e guadagnò anche uomini di grande cultura. Agostino, prima di essere il Santo che è, passò anche tra l’esperienza manichea.
D. Fu combattuta?
— Sì, dai Padri e dagl’imperatori per i danni che recava alla Chiesa e allo Stato.
D. Ebbe delle riprese?
— Sì, nel sec. XI con la dottrina «albigese», che nel Medioevo costituì uno dei più gravi pericoli per la Chiesa e la società civile.
4. – L’ARIANESIMO
D. Quale fu l’eresìa che sconvolse per molti anni la cristianità ì
— L’ARIANESIMO, che ebbe origine da ARIO, sacerdote di Alessandria, vissuto nel secolo IV.
che sconvolse per molti anni la cristianità ì
— L’ARIANESIMO, che ebbe origine da ARIO, sacerdote di
Alessandria, vissuto nel secolo IV.
D. Come nacque tale efesia?
—- Era sorta una disputa sull’unità di Dio. Per sostenere l’unità di Dio, si adoperò eccessiva intemperanza, sicché si cadde nell’errore opposto, il « subordinazionismo », con cui le tre divine Persone sarebbero tanto distinte tra loro da non essere uguali, ma da avere il Figlio inferiore al Padre e lo Spirito Santo inferiore al Padre e al Figlio. Da questo secondo errore germogliò l’arianesimo.
D. Qual è il pensiero di Ario?
— Secondo Ario il Figlio di Dio, il Verbo, non è generato dalla sostanza del Padre, ma è una creatura che ha avuto origine dal nulla, benché prima di ogni altra creatura e superiore agli stessi Angeli e di cui Dio si è servito per creare tutto il rimanente. Il Verbo non sarebbe Dio per natura, ma per grazia e adozione. Lo Spirito Santo sarebbe la seconda creatura di Dio.
D. Che cosa colpiva questa eresìa?
— Colpiva in pieno la dottrina cristiana. Infatti se la Seconda Persona della SS. Trinità non è Dio per natura, la Redenzione perde tutto il suo effettivo valore, in quanto Gesù–Cristo, semplice creatura, benché la più eccellente, non avrebbe avuto la virtù di redimerci. Con la Redenzione era anche colpita la Rivelazione.
D. Quale fu la reazione della Chiesa?
— Pari alla gravità del pericolo. Un’eletta schiera di Vescovi, 300, si adunò a NICEA, sotto la presidenza di papa Silvestro, nel 325 discusse ampiamente nel Concilio le idee di Ario e alla fine le condannò, scomunicando l’eresiarca.
D. Che cosa fu definito a Nicea?
— Fu definito che la natura del Padre è un’entità sola con la natura del Figlio e si usò per questo la formula: « IL FIGLIO È CONSUSTANZIALE (in greco “omoùsios ” ) AL PADRE » .
D. Si convinse Ario del proprio errore?
— La sua superbia non glielo permise; continuò invece segretamente a lavorare per la sua causa, prendendosela con la parola « consustanziale » dicendola pericolosa, perché, se da un lato asseriva la unità di Dio, dall’altro faceva sospettare che si negasse la distinzione reale fra le tre Persone divine. Sicché la questione riarse con maggior veemenza, e molti Vescovi caddero in buona fede nell’inganno, e, benché di idee cattoliche, ebbero paura della parola « consustanziale » .
D. Che s’aggiunse poi a questa sciagura?
— L’inizio del «CESAROPAPISMO», cioè l’ingerenza del potere civile in materia religiosa, soprattutto con l’imperatore COSTANZO, succeduto a Costantino. Anche gl’imperatori si dettero a imporre le loro opinioni teologiche, ad adunare concili, a far firmare formule dogmatiche composte a loro modo, e ad esiliare e perfino ad uccidere
vescovi.
D. Come morì Ario?
— Morì improvvisamente, mentre i suoi amici gli preparavano un grande trionfo, nel 335.
S. ATANASIO
D. Chi suscitò la Provvidenza per debellare la peste ariana?
— S. Atanasio, vescovo di Alessandria, nato nel 295, discepolo del famoso abate S. Antonio. Attirò l’attenzione di tutti per lo zelo nel combattere l’arianesimo già nel Concilio di Nicea, a cui prese parte quale segretario e consigliere del Vescovo di Alessandria. Nel 328, divenuto vescovo di Alessandria, cominciò ad emergere fino a divenire il nemico più formidabile dell’eresia, il « martello dell’arianesimo ». Dei 35 anni di episcopato alessandrino, solo 5 poté passarne in sede; tutti gli altri li passò in esilio e cercato a morte dagli eretici; finché nel 373, alla vigilia del trionfo della Chiesa sul nefasto errore, morì.
D. Sopravvisse l’arianesimo?
— Purtroppo, perché, bandito dall’impero romano, fu propagato fra i barbari, nei quali si trascinò per qualche secolo.
5. – IL NESTORIANESIMO
D. Che cos’è il NESTORIANESIMO?
— È l’eresia propugnata dal patriarca di Costantinopoli, NESTORIO, uomo di poco ingegno e di poca cultura, vissuto nel V secolo secondo il quale in Gesù Cristo esistono due persone distinte: la divina e l’umana, unite solo moralmente, cosicché il Verbo abita in Gesù uomo come in un tempio. Il Verbo quindi non è nato dalla Beata Vergine, e Maria non può dirsi Madre di Dio, ma solo madre dell’uomo Cristo; e nell’Eucarestia non si riceve che Gesù-uomo.
D. Chi controbattè fortemente questo errore?
— S. Cirillo di Alessandria, che nel Concilio di Efeso del 431 affrontò vigorosamente Nestorio e ne provocò la condanna e la deposizione.
D. Qual è il pensiero del Concilio?
— Questo: la Vergine ha dato a Gesù la sola natura umana, ma questa non possiede propria personalità, in quanto in Cristo sussiste un’unica Persona, quella del Verbo. Ma, siccome le attribuzioni si riferiscono alla Persona, così Maria, madre di Gesù, è giustamente chiamata anche Madre del Verbo, ossia di Dio.
D. L’eresìa scomparve completamente?
— No; in alcune parti d’Oriente vive tuttora.
6. – IL MONOFISISMO
D. Che accadde nella lotta contro Nestorio?
— Si cadde nell’errore opposto; fu per opera di EUTICHE, archimandrita di un monastero di Costantinopoli, che ammise in Gesù-Cristo una sola Persona, ma anche una sola natura, che, nell’Incarnazione, la natura umana sarebbe stata assorbita dalla natura divina.
D. Che nome prese la nuova eresia?
— MONOFISISMO, che significa un’unica natura.
D. Come fu stroncata?
— Dal Concilio di Calcedonia, nel 451, al quale papa s. Leone Magno spedì una lettera dove era esposta con chiarezza la vera dottrina. L’eresia vive ancora in alcune regioni in Egitto e in Etiopia.
7. – IL PELAGIANESIMO
D. Che cos’è il Pelagìanesìmo?
— L’errore di Pelagio secondo cui l’uomo non abbisogna della grazia.
D. Quale fu il pensiero di Pelagio?
— Questo: l’uomo può tutto, se vuole, con la semplice forza della sua libera volontà. Quindi niente debolezze e fragilità nella natura umana. Se per operare il bene fosse necessaria la grazia di Dio, si pregiudicherebbe il libero arbitrio. In breve, secondo Pelagio, l’uomo è sempre in grado di compiere da solo il bene. Il peccato originale non esiste. Il male fatto da Adamo con il suo peccato si risolve solo nell’aver dato cattivo esempio. Il battesimo non è necessario per la vita eterna, ma solo come documento per entrare in cielo. La grazia santificante del pari non è necessaria che come ornamento spirituale per l’anima. Così la Redenzione non è che un’elevazione ad una vita più spirituale.
D. Dove venne condannato questo errore?
— Nei concili di Cartagine e di Milevi, confermata poi subito dopo la condanna da Innocenzo I, rinnovata ad Efeso nel 431.
D. Chi fu il più grande lottatore contro il Pelagianesimo ?
— S. Agostino, contro il quale scrisse ben 15 opere.
D. Come difese S. Agostino la grazia divina?
— Insegnando che l’uomo, ferito dal demonio nel giardino delle delizie, era restato nel mezzo della strada che conduce a Dio, come il viandante sulla via di Gerico « semivivo ». Da solo non si poteva alzare e non avrebbe camminato. Era necessario che Gesù lo rialzasse, come fece il Samaritano al viandante, caricandolo sopra la sua cavalcatura. La grazia di Cristo ci risana, si rafforza, ci conforta. La nostra volontà consente e coopera con Dio che compie in noi la nostra salvazione.
D. Dove nacque Agostino?
— A Tagaste in Africa (Numidia), il 13 novembre 354, da Patrizio, pagano, che si convertì al Cristianesimo poco prima di morire, e da Monica, vero modello di sposa e di madre cristiana.
D. Che vita condusse?
— Studiò fino a vent’anni; poi insegnò grammatica a Tagaste e retorica a Cartagine, dove cadde nel Manicheismo e visse dissolutamente. Passato a Roma e a Milano a insegnarvi retorica, quivi frequentò le lezioni del grande Vescovo S. Ambrogio e la luce del Cristianesimo si fece strada nel suo animo. La conversione ebbe luogo nel 387. Ritornato in Africa, nel 391 fu ordinato sacerdote e nel 394 Vescovo di Ippona, dove rimase per 35 anni, morendovi il 28 agosto del 430, a 76 anni. È chiamato il « dottore della grazia ».