Salmo 22: “Dominus regit me …“
CHAINE D’OR SUR LES PSAUMES
ou LES PSAUMES TRADUITS, ANALYSÉS, INTERPRÉTÉS ET MÉDITÉS A L’AIDE D’EXPLICATIONS ET DE CONSIDÉRATIONS SUIVIES, TIRÉES TEXTUELLEMENT DES SAINTS PÈRES, DES ORATEURS ET DES ÉCRIVAINS CATHOLIQUES LES PLUS RENOMMÉS.
[I Salmi tradotti, analizzati, interpretati e meditati con l’aiuto delle spiegazioni e delle considerazioni seguite, tratte testualmente dai santi Padri, dagli oratori e dagli scrittori cattolici più rinomati da …]
Par M. l’Abbé J.-M. PÉRONNE,
CHANOINE TITULAIRE DE L’ÉGLISE DE SOISSONS, Ancien Professeur d’Écriture sainte et d’Éloquence sacrée.
TOME PREMIER.
PARIS
LOUIS VIVES, LIBRAIRE-ÉDITEUR RUE DELAMMIE, 13
1878
IMPRIM.
Soissons, le 18 août 1878.
f ODON, Evêque de Soissons et Laon.
PSALMUS XXII
Psalmus David.
[1] Dominus regit me, et nihil mihi deerit:
in loco pascuæ ibi me collocavit.
[2] Super aquam refectionis educavit me, animam meam convertit.
[3] Deduxit me super semitas justitiæ, propter nomen suum.
[4] Nam, etsi ambulavero in medio umbræ mortis, non timebo mala, quoniam tu mecum es.
[5] Virga tua, et baculus tuus, ipsa me consolata sunt.
[6] Parasti in conspectu meo mensam, adversus eos qui tribulant me;
[7] impinguasti in oleo caput meum; et calix meus inebrians quam praeclarus est!
[8] Et misericordia tua subsequetur me omnibus diebus vitae meæ;
[9] et ut inhabitem in domo Domini, in longitudinem dierum.
[Vecchio Testamento secondo la Volgata
Tradotto in lingua italiana
da mons. ANTONIO MARTINI Arciv. Di Firenze etc.
Vol. XI
Venezia, Girol. Tasso ed. MDCCCXXXI]
SALMO XXII
Esimia benevolenza di Dio verso i suoi eletti, figurata dalle cure dell’ottimo pastore verso le sue pecorelle.
Salmo di David.
1. Il Signore mi governa, e niuna cosa a me mancherà;
2. Egli mi ha posto in luogo di pascolo abbondante; Mi ha condotto a un’acqua che riconforta.
3. Richiamò a sé l’anima mia. Mi ha condotto pei sentieri della giustizia, per amor del suo nome.
4. Imperocché, quand’anche io camminassi in mezzo all’ombra di morte, non temerò disastri, perché meco sei tu.
5. La tua verga stessa e il tuo bastone mi han consolato.
6. Hai imbandita dinanzi a me una mensa, in faccia di quelli che mi perseguitano.
7. Hai asperso il mio capo di unguento; ma quanto è mai buono il mio calice esilarante!
8. E la tua misericordia mi seguirà per tutti i giorni della mia vita,
9. Affinché io abiti nella casa del Signore per lunghi giorni.
Sommario analitico
Questo salmo, sorgente inesauribile di soavità e sicurezza per l’anima che ama Dio e medita sulla sua provvidenza paterna, è stato composto da Davide, poco tempo dopo che Samuele gli ha conferito l’unzione reale, e torna verso il suo gregge nelle pianure così fertili di Bethleem. Davide, qui, nel senso allegorico e tropologico, rappresenta la Chiesa ed ogni uomo giusto che nella Chiesa riconosce Gesù Cristo come suo pastore e gli rende grazie per i molteplici doni che gli ha fatto, e soprattutto per i Sacramenti del Battesimo e dell’Eucarestia. Il Profeta qui fa tre cose:
I – Descrive la via purgativa dell’uomo, sotto la figura di un pastore.
II – La via illuminativa, sotto la figura di un ospite e di un amico, al quale si è dato nutrimento durante la pace, e l’olio degli atleti per il giorno del combattimento.
III – La via unitiva, sotto il simbolo di una coppa inebriante.
Iˆ Sezione.
Gesù Cristo ci viene qui presentato come un pastore che riunisce in sé tutte le condizioni di un pastore buono ed eccellente:
1) È il Signore stesso e non un mercenario che pasce le sue pecore.
2) È un pastore liberale: “nulla potrà mancarmi”.
3) È un pastore ricco: “mi ha stabilito in pascoli erbosi” (1). –
4) È un pastore buono e soave: “mi ha condotto presso acque tranquille”. –
5) È un pastore vigilante e attento a riportare la pecora errante: “egli fa ritornare la mia anima”. (2) –
6) È un pastore prudente che conduce le sue pecore lungo sentieri sicuri ed agevoli (3). –
7) È un pastore potente e forte per difendere le sue pecore da ogni pericolo (4). –
8) È un pastore severo che al bisogno sa fare un uso moderato del vincastro e del bastone pastorale (5).
II e III Sezione
In questa seconda parte, il Profeta ci propone le via illuminativa, sotto il simbolo di un amico ammesso al banchetto di un amico, e la via unitiva, sotto la figura di un calice inebriante:
1) Gesù Cristo riceve come amici ed ospiti coloro che si presentano alla sua tavola e dà loro la forza necessaria per combattere i nemici e sopportare tutti i travagli (6). –
2) Gesù Cristo nell’Eucarestia, è per l’anima uno dei profumi più soavi (7). –
3) Gesù Cristo, nell’Eucarestia, inebria l’anima ispirando il disprezzo delle cose terrene, e l’unisce a Gesù cristo. –
4) La misericordia di Dio segue ed accompagna tutta la vita coloro che ricevono con pietà l’Eucaristia (8). –
5) Gesù Cristo, nell’Eucaristia, conduce misericordiosamente i suoi servitori fino al cielo (9).
Spiegazioni e Considerazioni
I. Sezione – 1-5.
ff. 1. – Quale consolazione per un Cristiano avere Dio per guida e per pastore! Cosa gli può mancare? Che calma, che sicurezza! « Io non sono turbato, Signore, se voi mi guidate come pastore » (Ger. XVI, 17). – Dite con Giacobbe: « Se Dio sarà con me e mi proteggerà in questo viaggio che sto facendo e mi darà pane da mangiare e vesti per coprirmi, se ritornerò sano e salvo alla casa di mio padre, il Signore sarà il mio Dio » (Gen. XXVIII, 20, 21). – Differenza immensa c’è tra Dio, considerato come pastore, e gli altri pastori. Dio, nostro Maestro sovrano e nostro Creatore, non ci mette in altre mani; Egli non disdegna di essere Egli stesso nostro pastore, di condurci al passo come un pastore conduce le sue pecore « Ascoltatemi, voi che governate Israele, voi che conducete Giuseppe come una pecora » (Sal. LXXIX, 1). – In quanti modi la Provvidenza paterna di Dio ci governa e ci conduce. La Provvidenza che Dio stende sulla nostra vita e su ciascuno di noi, in particolare è una rivelazione personale del suo amore. Nessuno di noi saprebbe studiare la propria storia senza trovarvi l’influenza soprannaturale e l’azione diretta di Dio, così sensibile ed anche palpabile come se leggessimo una pagina dell’Antico Testamento. Dio veglia su noi con tanta sollecitudine che noi potremmo ingannarci e crederlo il nostro Angelo custode, invece che il nostro Dio (Faber, Il Creatore e la creatura). – Essendo Gesù Cristo il Pastore della Chiesa, nulla può mancare alle sue pecore, né per l’anima, né per il corpo. 1) Egli da loro per nutrimento la propria carne: « … la mia carne è un vero nutrimento ed il mio sangue vera bevanda ». – 2) Egli le nutre con la sua grazia: « Felici coloro che hanno fame e sete di giustizia, perché essi saranno saziati ». – 3) Egli li nutre di scienza e di dottrina: « Egli lo nutrirà con pane di vita e di intelligenza, e lo disseterà con la saggezza e la salvezza » (Eccles. XV, 3). – 4) Egli li nutre di gloria celeste: « Quale ineffabile onore è il far parte delle truppe di Gesù Cristo! Se noi vogliamo seriamente riflettervi, noi troveremmo in questo stesso pensiero, in mezzo a queste lacrime, a queste tribolazioni, il motivo di una grande gioia » (Sant’Agost. Lib. De Ovib.). – Davide faceva qui allusione a Bethleem, città situata in una contrada fertile, irrorata da numerosi corsi d’acqua … la Chiesa, vera Bethleem, è la casa del pane. Tre pascoli vi sono nella Chiesa: Gesù Cristo, i Sacramenti e le Sante Scritture. E cosa sono questi tre pascoli, se non Gesù Cristo? È Lui che ci nutre e ci ripara le forze che abbiamo perso. È nei divini Sacramenti che raccogliamo questo fiore nuovo che ha sparso il buon odore della resurrezione; voi raccogliete questo giglio brillante degli splendori dell’eternità; raccogliete la rosa, cioè il sangue del corpo del Signore. – Sono ancora i libri delle Scritture celesti ad essere il nostro nutrimento quotidiano, con cui ripariamo le forze della nostra anima quando ne gustiamo i divini oracoli, o quando ruminiamo frequentemente e approfondiamo le verità che abbiamo solo sfiorato con la semplice lettura (S. Ambr. Serm. XIV sur le Ps. CXVIII.). – il Re-Profeta, dice « in loco Pascuæ », e non « in locis », perché la Chiesa è una. Le eresie, gli scismi, le false filosofie, il libero pensiero sono dei deserti aridi pieni di erbe velenose. Sovrana importanza è il ben considerare dove si debba cercare questo pascolo e dire come la sposa dei cantici: « Dimmi, o amore dell’anima mia, dove vai a pascolare il gregge, dove lo fai riposare al meriggio, perché io non sia come vagabonda dietro i greggi dei tuoi compagni » (Cant. I, 7). – Per troppo tempo sono stato simile alla pecora che erra e perisce, ma non voglio più seguire i pastori mercenari che proponevano davanti ad essi la volontà dei loro capricci; i loro pascoli lussureggianti e fioriti, non erano che veleni mortali, e mai la minima ombra mi metteva al riparo dagli ardori di un sole bruciante! Voi solo, Signore, sapete dare alla pecora che in voi confida l’alimento che la fa vivere e l’ombra sotto la quale riposare. È Gesù Cristo stesso che ci pone nei suoi pascoli. Egli è nel contempo il Pastore e la via; Egli lo fa con sollecitudine, con carità, con soavità. Se diventate pastore voi stessi, con quale bontà, con quale dolcezza, con quale amore dovreste pascere le pecore di Gesù Cristo. « Pietro, mi ami tu? Pasci le mie pecore ». Gesù Cristo, dice san Crisostomo, avrebbe potuto dire a Pietro: se mi ami, dedicati ai giovani, dormi sulla terra nuda, veglia continuamente, sii il protettore degli oppressi, mostrati padre degli orfani, difensore delle vedove. Ma no, Egli gli domanda solo una cosa: « pasci le mie pecore ».
ff. 2. – Questa acqua fortificante, è l’acqua del Battesimo, ove noi veniamo rigenerati; è l’acqua della grazia che ci purifica e ci infonde nuove forze; è l’acqua della saggezza che disseta e rinfranca la nostra anima. « Colui che ne berrà non avrà mai sete » (Giov. IV). – Questa è l’acqua viva e pura e che sola spegne la sete. L’acqua stagnante e fangosa dei beni e dei piaceri della terra non fa che alterare. Noi attingiamo, alla sorgente della misericordia, le acque del perdono per cancellare i nostri peccati; noi attingiamo alla sorgente della grazia le acque della devozione per produrre e spandere la pioggia delle buone opere. Noi attingiamo alla fonte della saggezza le acque del discernimento spirituale per spegnere la nostra sete (S. Bern. I, Serm. sur la Nat.). – Dovere di un pastore è: condurre le sue pecore presso le acque pure della sana dottrina; « Non vi basta pascolare in buone pasture, volete calpestare con i piedi i resti della vostra pastura; non vi basta bere acqua chiara, volete intorbidire con i piedi quella che ne resta. Le mie pecore devono brucare ciò che i vostri piedi hanno calpestato e bere ciò che i vostri piedi hanno intorbidito » (Ezech. XXXIV, 18, 19). – « Egli ha convertito la mia anima ». A Dio solo appartiene il cercare, il ricondurre la pecora errante, a Dio solo appartiene la conversione della nostra anima. Questa conversione esige un atto di potenza superiore a quella che richiede la creazione. Il pastore deve lavorare con tutto il suo potere per convertire la anime che gli sono affidate, se … non vuole esporsi a questo terribile rimprovero: «Vanno errando tutte le mie pecore in tutto il paese e nessuno va in cerca di loro e se ne cura » (Ezech. XXXIV, 6).
ff. 3. – I sentieri sono letteralmente (sentiero = semi-iter) una via più stretta delle strade ordinarie, e bisogna intendere, con questi sentieri della giustizia, la pratica dei consigli così come quella dei comandamenti. « Il cammino della virtù – dice Bossuet – non è quello delle strade larghe nelle quali ci si può estendere con libertà; al contrario noi apprendiamo, dalle Sante Lettere, che questo non è che un piccolo sentiero, ed una via stretta e angusta e nello stesso tempo estremamente diritta; noi dobbiamo comprendere che in essa bisogna camminarvi in semplicità, e con grande rettitudine. Se ci si distoglie, o anche se si vacilla solo in questa via, si cade negli scogli dai quali è circondata da una parte e dell’altra » (Paneg. De S. Jos. I. P.). – Il pastore deve condurre le sue pecore, non lungo cammini larghi e spaziosi che conducono alla morte, ma attraverso i sentieri stretti della giustizia, che solo conducono alla vita. – Sull’esempio di Gesù Cristo, il buon pastore non deve cercare la propria gloria, ma unicamente quella di Dio nell’opera divina della conversione delle anime. Grande differenza c’è tra lo spirito mercenario, che guarda le pecore in rapporto a se stesso, come un bene proprio, e la carità pastorale che non le considera come proprie, perché esse sono di Gesù Cristo ed i loro interessi sono suoi (Dug.).
ff. 4. – L’ombra della morte, è il pericolo della morte; è la vita presente, che è piuttosto una morte che una vita, che non è che un’ombra in cui non vi è nulla di solido e di reale, e che svanisce rapidamente come l’ombra. L’ombra della morte sono ancora le tribolazioni, le prove, le grandi tentazioni, che riempiono la nostra anima di inquietudini mortali, nelle quali sembra che tutta la natura si sia scatenata contro di noi, e in cui corriamo il rischio di perdere la vita dell’anima e del corpo. – Se un branco di pecore è in piena sicurezza quando è condotto o sorvegliato da un uomo, quale non deve essere per noi la sicurezza, per noi che abbiamo Dio stesso come pastore? (S. Agost. lib. de Ou.). – Il pastore che ama le sue pecore, e che non vuole che nessuna di esse perisca (Matt. XVIII, 14) è un Pastore vigilante: « … non dormirà e non si assopirà, Colui che custodisce Israele » (Sal. CXX, 4); egli non teme in mezzo ai mali dai quali ti senti oppresso, perché: « Io sono il tuo Dio che ti fortifica, non mi svio mai dalla via nella quale ti introduco, perché Io sono con te, e non cesserò mai di soccorrerti; ed il Giusto che Io invio al mondo, questo Salvatore misericordioso, questo Pontefice compassionevole, ti tiene per mano » (Isaia, XLI, 9, 10.); è un Pastore potente e forte: « Io do alle mie pecore la vita eterna, esse non periranno mai, e nessuno le rapirà dalla mia mano. » – Dovere per il Pastore delle anime è l’esporre la propria vita, se necessario, per le proprie pecore, l’essere sempre con esse e non abbandonarle come fa un mercenario.
ff. 5. – La verga è per gli agnelli, ed il bastone per i figli diventati più grandi e già avanzati, in virtù della propria crescita, dalla vita animale a quella spirituale (S. Agost.). – Secondo San Gregorio, la verga è per la correzione, il bastone per sostegno. – « Il pastore porta la verga ed il bastone, l’una per le pecore, l’altro contro i lupi, ma l’uno e l’altro nell’interesse degli eletti » (S. Bern.). – La verga pastorale è necessaria per difendere le pecore contro gli attacchi dei lupi, per allontanarle da tutto quello che potrebbe corromperle: cattive dottrine, letture pericolose, commerci sospetti. – Il bastone pastorale non solo serve a condurre le pecore, ma pure per battere salutarmente quelle che si allontanano. – È il dovere della correzione con la quale un buon pastore evita egualmente due eccessi contrari: un lassismo complice che perdona tutto, ed una severità inesorabile che non vuole perdonare nulla (Dug.).
II e III sezione. – 6-9
ff. 6. – Questa mensa è l’abbondanza delle grazie e delle consolazioni divine (Orig.), essa è la santa Scrittura. Allo stesso modo di quando, sedendosi ad una tavola si ritrova il rilassamento, la consolazione e la refezione, così i Cristiani, sedendosi al banchetto delle sante Scritture, vi trovano consolazione e forza, cioè la fede, la speranza e la carità, contro i persecutori della Chiesa (S. Girol.). – È nella divina Eucaristia che il Cristiano attinge forza per resistere ai nemici della sua anima. – Frequentiamo quindi questo sacro pasto dell’Eucaristia, e viviamo in unione con i nostri fratelli; frequentiamola e ci nutriremo della gioia celeste, mangiamo questo pane che sostiene l’uomo; beviamo questo vino che gli deve rallegrare il cuore, e diciamo con un santo trasporto: « … che il mio calice inebriante è squisito! » Gesù Cristo si è servito del pane e del vino per darci il suo corpo ed il suo sangue, al fine di dare all’Eucaristia il carattere della forza e del sostegno, nonché il carattere della gioia e del trasporto; e col fine anche di farci comprendere, dalla figura di queste cose che costituiscono il nostro alimento ordinario, che tutti i giorni noi dobbiamo non soltanto sostenere, ma anche riscaldare il nostro cuore; non solo fortificarci ma anche inebriarci con Lui e bere a tratti lunghi già da questa vita, l’amore che ci renderà felici per l’eternità (Bossuet, Medit. LII° j.). – Quando il vostro nemico vi incontra dopo aver partecipato alla santa Tavola, dopo esservi seduti al celeste banchetto, scappa rapidamente come se vedesse un leone vomitare fuoco e fiamme, e non osa avvicinarsi. Quando questo nemico crudele percepisce che tutta la vostra lingua è coperta da sangue, credetemi, egli non oserà affrontare la vostra presenza, e quando vedrà la vostra bocca brillante di un chiarore divino, prenderà la via della fuga con sentimenti di vergogna e di spavento (S. Chrys. Omel. ai neofiti). – l’anima viene usata più del corpo, in mezzo alle battaglia della vita; essa si impegna lottando contro la malvagità, contro le tentazioni, contro le amare disillusioni del mondo, contro le scosse dell’odio e della calunnia; e quando non c’è più da lottare all’esterno, gli restano ancora i nemici interni, le angosce invisibili, le torture dello spirito immortale che vorrebbe delle ali per volare verso l’oggetto dei suoi desideri. Povera anima, quanto è da compiangere! Ma Dio nella sua misericordia, le ha dato, come ad un atleta, un nutrimento solido e sostanzioso: egli si siede al banchetto divino; poi terminato il pasto celeste, si alza, e come il pellegrino sempre gioioso, continua la sua strada cantando con il Profeta: « Il Signore mi conduce, nulla mi può mancare; … Egli ha servito davanti a me una tavola reale per fortificarmi nelle mie debolezze » (Mgr Landriot. Euchar, 3° Conf.) . – Dovere sacro del pastore è quello di preparare alle sue pecore la magnifica mensa del Corpo e del Sangue di Gesù Cristo; e di renderle capaci e degne di questo divino nutrimento con la parola, l’istruzione e l’esempio (Dug.).
ff. 7. – L’Eucaristia è per l’anima uno dei profumi più soavi. Essa non è soltanto la forza, ma la soddisfazione, la gioia data a tutte le facoltà. È la proprietà dell’olio che galleggia su tutti gli altri liquidi, che è soave, si dilata e si spande, guarisce le ferite, assorbe la luce, nutre e rende l’atleta inaccessibile alla presa dell’avversario. – Ciò che c’è di essenziale in noi è la nostra anima; ecco perché il Re-Profeta gli dà il nome di capo (S. Greg. Mor. XIX). – Questo calice che inebria, è soprattutto l’Eucaristia, ove con il Sangue di Gesù Cristo, noi beviamo torrenti di latte, fiumi di miele e un balsamo celeste (S. Bern.). – Effetti di questa ebbrezza celeste prodotta dall’Eucaristia sono: 1) la sobrietà dell’anima, dice San Cipriano, perché l’ebrezza prodotta dal calice che contiene il Sangue del Salvatore è ben diversa da quella che produce il vino; – 2) la saggezza. « Essa l’abbevera con l’acqua della saggezza e della salvezza »; – 3) l’amore di Gesù Cristo; – 4) Una santa gioia. « Venite a bene a questa divina coppa, dice S. Ambrogio, gusterete la gioia della remissione dei vostri peccati, l’oblio delle pene e degli affanni di questa vita, sarete affrancati dalla paura e dalla sollecitudine della morte »; – 5) L’aumento delle forze dell’anima: – 6) Una unione intima con Gesù Cristo (S. Cipr. Serm. de cæna). – nostro Signore Gesù Cristo si tiene alla porta della vostra anima, ascoltatelo mentre vi dice: « Io batto alla porta e busso, se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, Io entrerò in lui, cenerò con lui e lui con Me » (Apoc. III, 29); e la Chiesa stessa vi dice . « … la voce del mio diletto si fa sentire alla porta » (Cant. V, 22). – Egli rimane allora alla porta ma non da solo, gli Angeli lo precedono e vi dicono: « Aprite le vostre porte, o principi ». Quali porte? Quelle di cui il Signore dice: « apritemi le porte della giustizia » (Salm. CXVII). – Aprite dunque le porte a Gesù Cristo, affinché Egli entri in voi; aprite le porte della giustizia, aprite le porte della purezza, aprite le porte della forza e della saggezza … Che la vostra porta si apra al Cristo, e non si apra solamente, ma si elevi, se essa è eterna e non fragile o deperibile. Ora le porte della vostra anima si eleveranno se voi credete che il Figlio di Dio è il Dio eterno, onnipotente, inenarrabile, incomprensibile, il Dio che conosce tutte le cose passate e future; se voi limitate anche di poco la sua potenza e la sua saggezza, non solleverete mai le porte eterne (S. Ambr. De Fide).
ff. 8, 9. – L’abbondanza e la continuità della grazia sono meravigliose come la sua natura. Noi viviamo in un oceano di grazia come il pesce nella acque del mare. Esse sono sopra, sotto, attorno a noi, dappertutto ed in numero prodigioso; è una marea che può avere i suoi improvvisi aumenti, ma che sale sempre e non conosce deflusso o riposo. La nostra anima è tutta avvolta dalla misericordia divina, essa vive nella sua luce, si appoggia su di essa, così come il nostro corpo respira l’atmosfera, vede mediante la luce del giorno, e sente sotto i suoi piedi l’appoggio solido del nostro pianeta (Faber, le Createur et la creature, p. 224.). – « Affinché abiti eternamente, etc. », è l’ultimo frutto ed il più prezioso dell’Eucaristia: Essa ci conduce a questa Gerusalemme celeste, a questa eternità felice ove non ci sono che gioie, « ove non ci sarà più notte, né dolore, né pianto, né lacrime, né pericolo, né combattimenti ».