DEVOZIONE AL CUORE DI GESÙ (12): pietà verso il Sacro Cuore.

 

DISCORSO XII.

[A. Carmagnola: Il Sacro Cuore di Gesù – S. E. I., Torino, 1920 – imprim.]

Pietà verso il Sacro Cuore di Gesù.

Dopo che a Dio, o miei cari, l’uomo è tenuto prima che ad altri ai parenti ed alla patria; ai parenti che lo hanno generato e nutrito, alla patria per la quale si è nati e si vive. L’uomo pertanto, che sente abitualmente questo dovere, e si reca a coscienza di compierlo, rendendo ai parenti ed alla patria gli omaggi dovuti, è adorno di quella virtù morale tanto bella e tanto stimata, che si chiama pietà. Ma se la pietà è già così bella e stimabile in quanto ha per oggetto la patria ed i parenti, diventa oltre ogni dire sublime, quando non solo come virtù, ma come dono dello Spirito Santo, ha per oggetto Iddio, Padre nostro per eccellenza. Perciocché il Cristiano che la possiede, non riguardando Iddio soltanto come suo Creatore e padrone, ma riconoscendolo sopra tutto come il più affettuoso dei Padri, per un istinto prodotto in cuor suo dallo Spirito del Signore, sente verso di Lui un affetto veramente figliale, e si volge ad onorarlo come il più tenero dei figli. La pietà cristiana adunque è il più delicato, il più nobile, il più perfetto dei sentimenti cristiani; è la prima, la più grande, la più importante delle cristiane virtù; essa è la fioritura della fede, il profumo della speranza, lo splendore della carità; ed è perciò che S. Paolo ha detto, che la pietà è utile a tutto, che la pietà è tutto, ch’essa è la sorgente di tutte le grazie, di tutte le consolazioni nella vita presente ed il pegno più sicuro della salute nella vita avvenire: Pietas ad omnia utilis est, prommissionem habens vitæ quæ nunc est, et futuræ. (I Tim. IV, 6). Ma come vi ha l’oro vero e l’oro falso, così pure si dà una pietà vera ed una pietà falsa. Vi hanno taluni, che si danno a credere di avere della pietà, perché hanno le pareti delle loro case tutte adorne di sacre immagini, perché dicono ogni giorno una gran moltitudine di orazioni, e passano anche lunghe ore in chiesa; sebbene con tutto ciò siano sempre pieni di collera, di superbia e vadano privi di purezza, di carità; e di pazienza e di altre cristiane virtù. Costoro purtroppo non hanno che una falsa pietà, habentes speciem pietatis, virtutem autem abnegantes, (II Tim. III) perché, come dice S. Tommaso, le anime veramente pie sono anime veramente mansuete, umili, pure, caritatevoli e pazienti, e non può essere, che la pietà, che è il fiore delle cristiane virtù, vada da esse disgiunta. Ma come non vi è vera pietà in sole pratiche devote senza la base delle virtù cristiane, così non vi ha neppur vera pietà nell’apparenza delle virtù cristiane, senza le pratiche devote.No, non è che un assurdo il dire: Io credo, solamente non faccio le pratiche di pietà; perché non si può essere Cristiani a mezzo, ed il vero Cristiano è colui, che ha la fede con le opere, tra le quali tengono il primo posto le pratiche di pietà. Pertanto non recarsi alla chiesa, non assistere alla Messa, non ascoltar la parola di Dio, non frequentare i Sacramenti, non venerare le sante immagini e vantarsi Cristiano, non è che un illudersi grandemente e tralasciare una parte essenziale dei doveri cristiani. Ciò premesso, voi dovete tosto riconoscere, che se il devoto del Sacro Cuore di Gesù ad esercitare la pietà verso di Lui, che è cuore di padre, di fratello, di sposo e di amico, deve studiarsi anzi tutto di ricopiarne le più belle virtù, deve pure con sollecitudine compiere verso di Lui quelle pie pratiche, che più possono riuscirgli gradite. Epperciò dopo avervi animati nei passati giorni a seguire l’esempio delle speciali virtù del Divin Cuore, prendo oggi ad eccitarvi ad alcune pie pratiche in suo onore, e sono: 1° La venerazione della sua immagine. L’apostolato della preghiera. La visita al SS. Sacramento.

I. — Come la terra tende al sole con tutta la sua massa, così l’uomo tende a Dio con tutto il suo essere, vale a dire non solamente con lo spirito, ma anche col suo cuore materiale, con la sua carne e con le sue ossa, umiliate dal peccato; perciocché anche queste, come dice la Santa Scrittura, esultano alla presenza di Dio: Cor meum et caro mea exsultaverunt in Deum vivum. (Ps. LXXXIII, 3) Exsultabunt Domino ossa (Ps. L, 10) Per la qual cosa l’uomo non è, e non può essere appieno soddisfatto nel possedere Iddio nella sua intelligenza per la fede e nella sua anima per la grazia, ma egli aspira ancora a vederlo con i suoi occhi, a toccarlo con le sue mani, a stringerlo tra le sue braccia, a trovarsi insomma anche in relazioni sensibili con Lui. Ed è questa aspirazione così profonda e così invincibile, che ha indotto l’uomo lungo il corso dei secoli a dipingere e scolpire Iddio, a rappresentarselo cioè sotto forme sensibili. È questa aspirazione, che tra i popoli pagani ha moltiplicato all’infinito gli idoli e le immagini di falsi dèi, e ne ha riempiuti i loro templi, le loro case, le loro campagne, le loro ville, le loro piazze, tutti i loro pubblici edifìzi. Ma è pur questa aspirazione, che ha generato tra i Cristiani quella sollecitudine così viva di fare immagini senza numero, d’ogni qualità e grandezza, del vero Dio e dei Santi, veri amici di Dio, di porle ancor essi dappertutto, non solo nelle chiese, ma anche nelle case, negli angoli delle vie, nelle pubbliche piazze, e di portarle eziandio sopra se stessi, di stringerle al cuore, di baciarle e render loro un culto di religione e di amore. La qual cosa essendo così istintiva nel cuore umano, epperò così ragionevole e così piena di buon senso e di filosofia, come mai gli eretici e gli increduli osano beffare ed accusare di superstizione? Porse che non praticano essi la stessa cosa con quegli oggetti, che sostituiscono ed antepongono a Dio? Purtroppo, è quello che si vede tuttodì, l’uomo distolto dal figurare Iddio, figura satana; distolto dal rappresentare le magnifiche prosopopee della virtù, dipinge le orribili scene del vizio; distolto dal mettere nella sua casa e di portare su di sé le immagini di Gesù Cristo, della Vergine dei Santi, empie la sua casa di immagini indecenti ed impudiche, e porta sopra del cuore un simbolo od un ricordo di corruzione e di peccato. E così gli eretici e gli empi colle stesse pratiche, benché erronee e peccaminose, concorrono a confermare la convenienza e la bontà delle pratiche cristiane. – Se adunque il disegnare le immagini di Dio ed il venerarle è cosa sì conforme al cuor dell’uomo, bisogna riconoscere che è Dio stesso Colui che desidera che si segua una tal pratica, perciocché non è altri che Iddio, che ha posto nel cuor dell’uomo una tale aspirazione. E quando ne mancassero altre prove basterebbe per tutte quella che abbiamo in relazione all’immagine del Sacro Cuore di Gesù. Ed in vero fu Gesù Cristo medesimo Colui, che a Santa Margherita Maria Alacoque espresse il desiderio, che si formasse l’immagine del suo Cuore e si prendesse a venerarla. Udite. L’anno 1674 nel giorno di S. Giovanni Evangelista, 27 dicembre, la Margherita, rapita in estasi d’amore, ricevette una grazia, somigliante a quella che ebbe il santo Apostolo nell’ultima cena con Gesù. E durante tale rapimento il divin Cuore le si rappresentò tutto fiamma e fuoco vibrante per ogni verso raggi luminosi, e trasparente come limpido cristallo. La trafittura ricevuta dalla lancia vi appariva visibilmente; una corona di spine lo circondava, ed una croce vi era piantata sopra. E fu allora che le disse, che gli sarebbe stato di piacere singolare l’essere onorato sotto la figura di quel Cuore, in una immagine esposta alla pubblica venerazione, per meglio toccare il cuore così insensibile degli uomini. E per ottenere che si eseguisse il suo così vivo desiderio, promise che là ove fosse esposta pubblicamente la sua immagine avrebbe sparso ogni sòrta di benedizioni. E questo desiderio di Gesù Cristo fu assecondato la prima volta il 20 luglio del 1685. La festa di S. Margherita, vergine e martire, cadeva in quell’anno, in giorno di venerdì e le novizie del monastero di Paray-le-Mouial, dipendenti da Santa Margherita Alacoque per festeggiarla nel modo più gradito alla loro Maestra, stabilirono fra di loro di offrire i primi onori pubblici al Sacratissimo Cuore. Ma tutto mancava, persino una sua immagine. Tuttavia quelle prime adoratrici del Cuore di Gesù non si perdettero d’animo. Presero un semplice foglio di carta, con penna ed inchiostro delinearono in fretta la figura di un cuore infiammato, circondato di spine, sormontato da una croce. Vi scrissero in mezzo la parola Charitas, e dintorno i benedetti nomi Iesus, Maria, Ioseph, Anna, Ioachim. Questa primitiva poverissima immagine, che si conserva tuttora nel monastero della Visitazione di Torino, fu collocata sopra un altarino, nella sala del noviziato, tutta adorna di fiori. E fu davanti a questa immagine, che Santa Margherita umilmente prostrata, con ardore da serafino consacrò se stessa e le sue novizie al Sacratissimo Cuore. In seguito propagandosi la divozione di questo Cuore Santissimo, si propagò eziandio la pratica di farne delle immagini, di esporle sopra degli altari, di porle nelle case e di portarle indosso. E il Sacro Cuore di Gesù fu mai sempre fedele alla sua promessa, e fece discendere mai sempre in gran copia le sue benedizioni là dove la sua immagine era venerata. – La storia ecclesiastica racconta che nell’anno 528 nella città di Antiochia essendovi delle scosse terribili di terremoto i Cristiani con fede scrivevano sopra le porte delle loro case queste parole: Christus nobiscum, state: Cristo è con noi, state in piedi; e per virtù di queste parole, le case non crollavano. Nella Storia Sacra poi leggiamo che l’Angelo del Signore, essendo disceso nell’Egitto a sterminare tutti i primogeniti degli Egiziani, non entrava tuttavia nelle case degli Ebrei, perché questi, dietro l’ordine di Dio, ne avevano segnate le porte col sangue dell’agnello. Or ecco il prodigioso benefizio, che arrecò mai sempre l’immagine del Sacro Cuore di Gesù. Nel 1720, infierendo la peste nella città di Marsiglia, la venerabile serva di Dio Anna Maddalena Kemuzat sparge largamente fra i suoi concittadini l’immagine del Sacro Cuore di Gesù a forma di scapolare su cui stava scritto: « Fermati! Il Cuore di Gesù è con me. » E quanti portavano indosso una tal immagine erano scampati dal flagello il quale poi cessava del tutto, quando il vescovo Monsignor di Belzunce consacrava al Sacro Cuore tutta la città. Ma oltre a questo fatto pubblico, quanti altri privati se ne potrebbero raccontare! Se adunque Gesù benedetto ha espresso Egli medesimo il desiderio, che si onori l’immagine del Sacro Cuore ed ha promesso le benedizioni più elette a quelle abitazioni, dove sarà esposta, ed a quelle persone, che la porteranno con sé, che altro ci vorrà per animarci a questa pratica di pietà? Sia pur dunque che i mondani adornino le loro case di immagini profane e pur anche indecenti, noi le adorneremo di immagini di Dio, della Vergine e dei Santi, e soprattutto del Cuore Santissimo di Gesù. Sia pure che gli eretici e gli increduli portino presso di sé le immagini delle creature che adorano invece di Dio, ed i simboli di empietà e di superstizione, noi ci gloriamo di portare con noi le immagini e le medaglie del sacratissimo. Cuore, e seguendo questa prima pratica, così gradita a Gesù Cristo, siamo certi di averne in ricambio le più belle grazie. Ma passiamo alla seconda.

II. — La seconda pratica speciale di pietà, che noi posiamo esercitare ad onore del Sacro Cuore, e col suo più vivo gradimento, è l’apostolato della preghiera. Secondo l’insegnamento di S. Basilio, di S. Agostino, di S. Giovanni Crisostomo, di S. Clemente Alessandrino, e di molti altri Santi Padri, la preghiera è necessaria alla nostra eterna salute di necessità di mezzo: vale a dire senza pregare è a noi assolutamente impossibile il conservarci in grazia e salvarci. Ed in vero, essendo tanti i nemici dell’anima nostra, che continuamente ci combattono e noi essendo al contrario tanto deboli, se Iddio non ci soccorre con speciali aiuti, non possiamo certamente star lungo tempo in grazia, senza cadere in qualche colpa grave. Questa è dottrina di fede, dichiarataci dal sacro Concilio di Trento. Ora questi aiuti speciali a perorare in grazia, Iddio, almeno ordinariamente parlando, non li concede se non a chi glieli domanda. Quindi chiaro apparisce, che dopo il Battesimo, agli adulti la preghiera è un mezzo assolutamente indispensabile a conseguire l’eterna salute. Epperò è certo, che tutti i dannati dell’inferno si sono dannati perché non pregarono; se avessero pregato, non si sarebbero perduti; e tutti i santi del paradiso si son fatti santi col pregare: se non avessero pregato, non si sarebbero né santificati, né salvati. Ma quando pure si potesse mettere in dubbio, che la preghiera sia necessaria di necessità di mezzo, non si potrà certamente dubitare, che essa sia necessaria di necessità di precetto, vale a dire, perché ci fu comandata da Dio. Già ripetemmo più volte che il Cuore di Gesù è Cuore di Dio, di quel Dio, che è il nostro padrone assoluto. Come tale adunque ha tutti i diritti di comandarci quel che gli piace, e noi abbiamo tutto il dovere di obbedirlo senza ricercare minimamente il perché dei suoi comandi. Ora tra i vari comandi che il Cuore di Gesù ci ha fatto ripetutamente, tiene un posto principalissimo quello della preghiera: « Domandate, pregate, bisogna sempre pregare, » Egli ci ha detto: « Questa è la legge, che vi impongo, se da me volete ricevere i miei benefizi. Chi domanda riceve, chi cerca trova, a chi bussa sarà aperto. » E notate bene, o carissimi, che il divin Redentore non ci disse: « Vi invito a pregare, vi consiglio di pregare, vi esorto a pregare; » ma disse senz’altro: « pregate, domandate, bisogna pregare: » appunto perché intendessimo che questo era un comando formale ed assoluto, che noi avremmo avuto il dovere di praticare. Di fatti, anche durante la sua mortal vita, benché sì generoso e sì facile a largheggiare, tuttavia il più delle volte non concedeva le sue grazie, non dopo esserne stato richiesto con la preghiera, e non di rado, come col centurione, con la cananea e con altri sventurati la andava sollecitando col fingersi sordo alle pressanti loro istanze. – Ma quasi che il suo comando e la sua condotta non fossero ancor stato sufficienti a farci ben comprendere la sua volontà, volle aggiungere il suo illustre esempio. In mezzo alle sue apostoliche fatiche, alla sua vita di carità, soleva togliersi sovente di mezzo agli uomini, e ritirarsi in luogo solitario, al far che? Celo dice il Vangelo: a pregare il suo Divin Padre, e mentre spendeva il giorno in servizio delle anime, consacrava la notte ad un’assidua orazione: et erat pernoctans in oratione Dei. (Luc. VI, 12) E questa pratica così ammirabile Egli accentuò con atti più espressivi e solenni la vigilia della sua morte nel giardino degli ulivi, e nelle stesse ultime ore del sua agonia sulla croce. Ma forse che Egli avesse bisogno pregare? No, senza dubbio, ma Egli pregò pei bisogni nostri e per confermare con il suo esempio il comando della preghiera. Da ultimo perché nessun pretesto, neppur quello di non saper pregare, ci avesse potuto esimere dall’adempimento del suo precetto, il buon Gesù, così desideroso di donarci le sue grazie ci ha insegnato le formole, di cui dobbiamo valerci a domandarle, e in una delle sue escursioni apostoliche, fermandosi sul ciglio d’una strada con i suoi discepoli, apprende e a loro e a noi a recitare il Pater, quella preghiera così semplice così sublime, che contiene tutto quello, che possiamo desiderar e domandare da Dio. – Dopo tutto ciò vi potrebbe essere ancora alcun Cristiano che non attendesse alla pratica della preghiera colla massima sollecitudine? Eppure quanti vi sono, i quali per tutto il giorno aprendo il labbro alle più orride bestemmie, da anni ed anni non l’aprono alla più breve e più piccola preghiera! E quanti altri vi hanno, che sebbene preghino, tuttavia non recano che disgusto e nausea al Cuore di Gesù, tanto pregano malamente! Ah! se noi amiamo il Divin Cuore dobbiamo pregarlo con le dovute disposizioni. Dobbiamo pregarlo anzi tutto per noi, perché ci mantenga e ci accresca il suo amore, perché ci difenda nei pericoli e ci rafforzi nelle tentazioni, perché ci protegga e ci assista nei nostri interessi materiali e spirituali, perché sopra ogni altra grazia ci doni quella della perseveranza finale, onde possiamo andarlo un giorno a vedere e godere in cielo. – Ma il devoto del Sacro Cuore di Gesù non deve contentarsi di pregare per sé: non è soltanto la preghiera ch’ei deve praticare, ma l’apostolato della preghiera. Gesù Cristo è venuto sulla terra a morir sulla croce per salvare le anime: questa la brama ardentissima del suo Divin Cuore, e niun’altra cosa può attristarlo, che la perdita delle anime. Ora i suoi devoti non devono adoperarsi col massimo impegno per farne interessi e soddisfarne le brame? Noi dobbiamo dunque piegare oziando per la salute altrui, e massimamente per la conversione dei peccatori. Così fece lo stesso Cuore di Gesù durante la sua mortal vita: « Come il sacerdote, dice l’Apostolo, è preso di mezzo agli uomini, affinché offerisca sacrifici pei loro peccati, così Gesù Cristo, Sacerdote eterno secondo l’ordine di Melchisedech, nei giorni della sua carne offerse a Dio per i peccati nostri preghiere e suppliche con forti grida e con lacrime. (Hebr. v, 1-7) Così fa tuttora lassù in Cielo, tutto sfolgoreggiante della sua gloria, e quaggiù in terra tutto nascosto nel santo tabernacolo; Egli sembra, che non viva che per implorare pietà dal suo divin Padre per l’umanità peccatrice, mostrandogli il suo Cuore squarciato: Semper vivens ad interpellandum prò nobis. (Hebr. VII, 25) E così dobbiamo far noi, pregare ed offrire al Cuore di Gesù le nostre preghiere, perché si dissipino gli errori e le eresie, perché cessi l’incredulità ed il vizio, perché si convertano i peccatori e tornino a lui, e così trionfi la virtù e la Religione. E poiché Gesù ha detto che quando « due o tre persone si raduneranno a pregare nel suo nome, Egli si trova in mezzo a loro, » (MATT. XVIII, 20) così ad accrescere il merito della nostra preghiera facciamoci volentieri ascrivere all’Opera dell’Apostolato della preghiera, opera tanto commendata dal Romano Pontefice, e nella quale trovandosi uniti a pregare in uno stesso spirito e come con un sol cuore un numero immenso di devoti del Sacro Cuore, questi non mancherà di esser fedele alla sua promessa. Oh! il Cuore di Gesù è infinitamente ricco e infinitamente buono. Niuno per certo potrà mai misurare i tesori infiniti di grazia, che esso tiene presso di sé, per dispensarli a chi glieli domanda. Contiamo pure, se ci è possibile, le stelle del cielo, le arene del mare, le gocce d’acqua dell’oceano, i fiori e le foglie delle piante… Tuttavia i tesori di grazia, che il Cuore di Gesù possiede superano di gran lunga tutte le cifre, che possiamo mettere insieme, perché tali tesori sono muniti. Ma questo divin Cuore, non è già come tanti ricchi del mondo, che pur possedendo ingenti ricchezze le posseggono unicamente per sé, senza farne parte alcuna a quei poverelli che pur ne avrebbero diritto. Esso invece, oltre all’essere infinitamente ricco, è pure infinitamente buono e vuole nella sua infinita bontà distribuirci i suoi tesori. Mirate come Egli li distribuisce a tutto il creato. È desso il buon Gesù, che invia incessantemente la sua benedizione ai fiori ed alle piante della terra, agli uccelli dell’aria, ai pesci dell’acqua ed agli animali del bosco, e persino ai più piccoli insetti, che non contano che l’esistenza di una qualche ora. Lo disse il re Davide: Aperis tu manum tuam et imples ormne animal benedictione. (Ps. CXLIV) Che se tanta è la bontà che adopera verso le stesse creature irragionevoli, chi può dire la bontà con cui è pronto a trattar noi creature ragionevoli! Anzi noi, suoi particolari amanti? Oh sì! Questo Santissimo Cuore, mercé l’apostolato della preghiera, darà a noi tutte le grazie necessarie alla salute dell’anima nostra, e ci farà l’onore di salvarne delle altre.

III. — Finalmente la terza pratica di pietà, che può riuscire di sommo gradimento al Cuore Sacratissimo di Gesù, è la visita quotidiana al SS. Sacramento e la Comunione riparatrice. Oh quanto fu grande la bontà del Cuore di Gesù per noi! Benché infinitamente beato in se stesso, non gli parve tuttavia essere pienamente felice, se con l’istituzione della Santissima Eucaristia non trovava il modo di restare perpetuamente tra di noi e di diventare il cibo spirituale delle anime nostre. E per tale Sacramento egli anzitutto è naturalmente presente nel Santo Tabernacolo, come lo è in cielo, e finché vi sarà una zolla di terreno su cui si eriga un altare, ed un sacerdote che ne celebri il santo Sacrificio, Egli continuerà a tenere la sua abitazione fra noi. Che sterminato amore! E che cosa mai vi era di bello, di buono e di grande in noi da eccitare un Cuore divino a trovare la sua delizia nel fermare tra di noi la sua dimora? Ah! si accresca pure il nostro stupore, che ben ve n’ha ragione: ciò che ha indotto il Cuore di Gesù a restare con noi, tutt’altro che la nostra grandezza, è stata la nostra miseria. Egli ha considerato i nostri grandi bisogni, e pieno di compassione, come un dì si commoveva copra le turbe fameliche, così si commosse sopra le nostre necessità, sopra le nostre afflizioni, e per aiutarci e consolarci in esse, si è posto in mezzo a noi nel Santo Tabernacolo. E da quel Tabernacolo, che Egli a sé ci chiama continuamente col dire: Venite ad me omnes, qui laboratis et onerati estis et ego reficiam vos. (MATT. XI, 28) « Venite a me, voi che siete travagliati dalle sventure, dalle traversie, dalle infermità della vita, ed Io vi ristorerò. Venite a me, voi che già vi apprestate al tramonto della vita, ed io vi sosterrò nei vostri stanchi anni, e vi disporrò a ben compiere il passo da questo mondo all’eternità. Venite a me voi, o figliuoli, che siete ancor nel fior degli anni, ed Io vi insegnerò il santo timor di Dio, per mezzo del quale lascerete i piaceri della terra per inebriarvi soltanto di quelli del cielo. Venite a me, voi, o genitori, cui riesce sì arduo il compito dell’educazione cristiana dei vostri figli, ed Io svelandovene i segreti, ve lo alleggerirò. Venite a me, voi, o poverelli; Io di voi mi compiaccio, e tra voi ho chiamato i primi adoratori della mia umanità e del mio Cuore, e continuerò a evangelizzarvi, ad animarvi alla rassegnazione ed alla brama delle ricchezze imperiture del cielo. Venite a me, voi, o anime giuste, ed io vi arricchirò di nuova grazia perché abbiate a perseverare nelle vie della giustizia e della santità; venite anche voi, o anime peccatrici; Io sto qui come al pozzo di Sichem, aspettando che voi veniate a me, pentiti dei vostri traviamenti, per darvi a bere dell’acqua di vita eterna; venite, venite tutti, perché di tutti conosco i bisogni e per sovvenirli sono qui in mezzo a voi, aspettando solo che veniate a visitarmi. » Oh parole tenerissime! Oh dolcissimo invito! Ben a ragione la Chiesa, considerando questi amorosi accenti, nell’ufficiatura del Sacratissimo Cuore di Gesù, per spronarci ad assecondarne l’intento si volge a noi e ci dice: Auditis ut suavissimis – Invitet omnes vocibus? Udite, con che voci soavissime a sé c’invita, a sé ci chiama?Ora se questo è il motivo per cui Gesù Cristo è rimasto tra di noi nel SS. Sacramento dell’altare, e così grande è la sua brama che noi ci rechiamo a visitarlo e domandargli ivi le grazie di cui abbiamo bisogno, non ci faremo sollecitudine di venire almeno una volta ogni giorno a trovarlo? Ah! io dico, che un devoto del Sacro Cuore di Gesù, che non trovasse modo e tempo di fargli ogni dì anche una breve visita, avrebbe in cuor suo ben poco amore per Lui. Difatti i santi che amavano davvero Gesù trovavano le loro delizie in visitarlo di spesso, e nello sfogarsi con Lui in dolci affetti! S. Vincenzo de’ Paoli lo visitava più spesso che gli era possibile, e il principale sollievo che prendeva tra le gravi sue occupazioni, era quello di starsi lungo tempo dinnanzi al sacro Tabernacolo. Vi si tratteneva poi con un contegno così umile, modesto e devoto, che sembrava vedere co’ propri occhi la Persona adorabile di Gesù Cristo. Quando gli occorrevano negozi difficili, egli ricorreva, come Mosè, al sacro Tabernacolo per consultare l’oracolo della verità. Quando usciva di casa, andava a chiedergli la santa benedizione; appena ritornatovi, andava a ringraziarlo dei benefìci ricevuti ed a umiliarsegli per i mancamenti che poteva aver commessi. S. Luigi Gonzaga era tutto in festa quando poteva fare compagnia al suo caro Gesù: ivi, come dice S. Maddalena de’ Pazzi, saettava il Cuore del Verbo, e non sapeva partirsene che con pena. S. Francesco Saverio, in mezzo alle immense sue fatiche, trovava un grandissimo ristoro nel passare gran parte della notte avanti a Gesù Sacramentato. Lo stesso soleva fare S. Francesco Regis, il quale, trovando chiusa talvolta la chiesa, si tratteneva di fuori genuflesso avanti alla porta, esposto all’acqua e al freddo per far corteggio, almeno così da lontano, al suo Sacramentato Signore. Così facevano i veri amanti del Cuore di Gesù. E non faremo così anche noi? Sì, per amore di Gesù, prendiamo tutti questa bella pratica, ed anzi, per impegnarci sempre più alla stessa, facciamoci ascrivere altresì all’Adorazione quotidiana universale, la quale, sorta da pochi anni in Torino, città del SS. Sacramento, elogiata dai Vescovi, ed eretta in molte diocesi, fu ripetutamente benedetta ed arricchita di speciali indulgenze dal Sommo Pontefice. Chi vi si ascrive non si impone altro obbligo, che di entrare ogni giorno in una chiesa ove si conservi il SS. Sacramento per fermarvisi anche solo pochi minuti a recitarvi una preghiera, a rivolgere un pensiero, a mandare un sospiro al Cuore Sacramentato di Gesù. E chi mai, nell’andare o venire pe’ suoi interessi materiali, per i suoi negozi e pe’ suoi lavori, non incontra una chiesa, non trova un minuto almeno di tempo per passarvi entro a salutare Gesù?Ma æmulamini charismata meliora: (I Cor. VII, 31) aspirate a qualche cosa di meglio. Non contentatevi di visitare Gesù nel suo SS. Sacramento, ma recatevi ancora di spesso a riceverlo ne’ vostri cuori e ciò specialmente per ripararlo meglio che sia possibile delle gravissime ingiurie che in questo Sacramento di amore pur troppo riceve. Il medesimo Gesù nelle sue apparizioni a Santa Margherita Alacoque parlandole del modo di celebrare la sua festa, le raccomandò che in essa si riparassero colla comunione gli indegni trattamenti a cui è fatto segno nella SS. Eucaristia. Altra volta le suggerì allo stesso fine di comunicarsi ogni primo venerdì del mese e quante altre volte le fosse concesso dall’obbedienza. Quale contento adunque noi daremo al Cuore di Gesù soddisfacendo le sue ardentissime brame! E nel tempo stesso che gran bene arrecheremo alle anime nostre! Venite adunque, o devoti del Sacro Cuore, venite a questi altari ad unirvi ai Cori degli Angeli e a condividere il loro ufficio di star prostrati innanzi alla maestà di Dio; venite come pecorelle privilegiate a stringervi attorno al pastore delle anime; venite come discepoli prediletti a posare la vostra testa sul Cuore di Gesù, venite come Maddalene feriti di carità a trovar qui il vostro paradiso. Venite, e cibatevi di Lui, e adoratelo, e sfogate con Lui la vostra pietà, il vostro amore, piangendo ai suoi piedi i vostri peccati e i peccati di tutti gli uomini, offrendovi a Lui mille volte per risarcirlo delle offese che riceve, massime in questo Sacramento, implorando le sue grazie per voi, per i vostri cari, per i vostri parenti lontani da Dio, per tutti i peccatori, per i sacerdoti, per i Vescovi, per il Papa, per la Chiesa, per le anime sante del purgatorio. Oh voi felici! Mentre il Cuor vostro nella vicinanza e nell’unione di Gesù, come quello dei discepoli di Emmaus, arderà e languirà di amore per Lui, il Cuor suo spanderà in voi torrenti di luce, di benedizioni e di grazie; ed abituandovi a menar la vostra vita in unione alla sua, vi assicurerete ognor più la fortuna di essere a lui uniti per tutta l’eternità.Intanto prostrati dinnanzi all’immagine del Sacro Cuore di Gesù facciamogli queste belle promesse: O Cuore Santissimo, poiché conosciamo quanto vi torni gradita la venerazione dell’immagine vostra, e di quante benedizioni siete largo a chi in essa vi onora, non lasceremo di adornarne le nostre case e di coprirne le nostre persone. E dinnanzi alle vostre immagini noi eserciteremo con ardore l’apostolato della preghiera, affine di ottenere da voi la grazia di salvare l’anima nostra e quella ancora di guadagnacene moltissime altre. Ma soprattutto verremo sovente a visitarvi nei vostri santi tabernacoli, a disfogare ivi con voi il nostro cuore, a lodarvi, a benedirvi; verremo a ricevervi soventi nei nostri Cuori per ripararvi degli oltraggi, che ricevete da tanti cattivi Cristiani, e domandarvi quegli aiuti di cui abbisogniamo per mantenerci nella santa perseveranza. E voi, o Cuore amantissimo di Gesù, degnatevi di gradire in odore di soavità queste pratiche nostre e di compensarle con speciali aiuti, secondo la vostra divina parola.

Autore: Associazione Cristo-Re Rex regum

Siamo un'Associazione culturale in difesa della "vera" Chiesa Cattolica.