CONOSCERE LO SPIRITO SANTO (XVI)

IL TRATTATO DELLO SPIRITO SANTO 

Mons. J. J. Gaume:  

[vers. Ital. A. Carraresi, vol. I, Tip. Ed. Ciardi, Firenze, 1887; impr.]

CAPITOLO XV.

(altra continuazione del precedente.)

Nuovo tratto di parallelismo tra la Città del bene e la Città del male — Come i buoni Angeli, cosi sono deputati dei demoni ad ogni nazione, ad ogni città, a ciascun uomo, a ciascuna creatura — Passi notevoli di Platone, di Plutarco, di Pausania, di Lampridio, di Macrobio, e altri storici profani — Evocazioni generalmente note e praticate — Evocazioni dei generali romani: Formule — Nome misterioso di Roma — Natura ed estensione dell’azione dei demoni — — Prove: la Scrittura, la teologia, l’insegnamento della Chiesa — Parole di Tertulliano — Il Rituale e il Pontificale — Ragione — Essi possono mettersi in rapporto diretto con l’uomo — I patti, le evocazioni — Il legno che si anima e che parla — Testimonianza importante di Tertulliano — Consacrazione attuale dei bambini cinesi ai demoni.

Bossuet dice: « Che dalle Sacre Scritture apparisce che satana e gli angeli salgono e scendono. Essi salgono, dice san Bernardo, [In Ps. Qui habitat., Ser. XII, n. 2] per l’orgoglio, e discendono contro di noi per gelosia: Ascendit studio vanitatis, descendit livore malignitatis. Essi hanno intrapreso a salire quando hanno seguitato colui che ha detto: Ascendam, cioè io mi innalzerò e mi renderò simile all’Altissimo. Ma la loro audacia essendo respinta, sono discesi pieni di rabbia e di disperazione, come dice san Giovanni nell’Apocalisse: O terra, o mare! guai a voi, perchè il diavolo scende a voi pieno di gran collera; Væ terræ et mari, quia descendtt diabolus ad vos, hàbens ìram magnam. » [Apoc,, XII, 12. — Bossuet, Ser, sopra i SS, Angeli]. Infatti con un nuovo tratto di parallelismo e che non è il meno temibile, l’azione generale dei demoni s’individua come quella dei buoni Angeli. Nella sua infinita bontà Iddio ha dato a ciascun regno, ad ogni città, ad ogni uomo un Angelo tutelare, incaricato di vegliare su di essi e di dirigerli verso il loro ultimo fine, che è l’amore eterno del Verbo incarnato. Parimente, nella sua implacabile malizia, satana deputa ad ogni nazione, ad ogni città, ad ogni uomo, fino dal momento che cominciano ad esistere, un demonio particolare, incaricato di pervertirli e di associarli al suo odio verso il Verbo incarnato, [Corn, a Lap,, in Dan,, x, 18]. – Questa delegazione satanica, fondata sul parallelismo rigoroso delle due Città, è un fatto di storia universale. I pagani ne avevano piena cognizione: essi sapevano che a ciascun regno, a ciascuna città come ad ogni individuo, presiedevano delle particolari divinità. « Parimente dicevano, che all’istante della nascita, differenti spiriti si pongono in contatto con i bambini; cosi nell’istesso giorno ed ora in cui s’innalzano le mura di una città, giunge un destino o un genio, il cui governo assicurerà la potenza della città. » [Prudent. Adv. Symmach., lib. II]. Essi conoscevano pel loro nome le divinità tutelari di un gran numero di città. Il protettore di Dodona era Giove; di Tebe, Bacco; Giunone di Cartagine e di Samo, Plutone di Micene; d’Atene Minerva; di Delfo, centro del mondo, Apollo; Fauno delle foreste dell’Arcadia; il Sole di Rodi; di Gnido e di Paphos Venere; così di molte altre. [Eplgram. ad custod. hortor. apud Ansaldi, De Romana tutelarium deorum evocatione, In-8, Oxford, 1765].Sapevano che gli Dei prendevano parte pei loro protetti, gli assistevano con i loro oracoli, e gli animavano del loro spirito. Tutti i poeti, tutti gli storici, tutti i riti religiosi depongono questa credenza. Le vittorie le attribuivano al favore dei loro Dii; le sconfitte al loro corruccio, tanto erano convinti che il mondo inferiore è diretto dal mondo superiore.  [Ovid. Trist. Lib. I, eleg. 2]. Sapevano che gli dei protettori erano presenti nei templi, o nelle statue regolarmente consacrate; ma che l’evocazione gli costringeva ad uscire fuori. « Sappiamo benissimo, dicevano, che il bronzo, l’oro, l’argento ed altre materie delle quali facciamo statue, non sono per se stessi dei, né gli riguardiamo come tali; ma nelle statue noi  onoriamo quelli che la consacrazióne attira in esse, e fa abitare in tanti simulacri fabbricati da mano umana. » [Amob. adv. Gentes. VI] In questa potente consacrazione, come non vedere la parodia dei nostri sacri riti, pei quali viene conferita ad oggetti benedetti una virtù soprannaturale? Se la consacrazione attraeva gli dei nelle statue, l’evocazione o la sconsacrazione gli faceva sopire. [Arnaldi, ibid. p. 21]. I Romani in particolare avevano una tal fede nella potenza della evocazione, che non esitavano ad attribuirle l’universalità del loro impero. [Vedi Minuzio Felice, Octav.; e Ansaldi, p. 49]. Di qui le usanze di cui adesso parleremo. – Presso i diversi popoli dell’Oriente e dell’Occidente si legavano le statue degli dei, affinché l’evocazione non potesse trarli fuori dal loro santuario, e fare abbandonar loro il regno o la città posti sotto la loro protezione. « Le statue di Dedalo, dice Platone, sono legate. Quando esse non lo sono, si scuotono e si salvano, e se lo sono, il Dio resta al suo posto. » [In Menone, apud Philipp. Carnerar., Medit. Mst., par. II, c. X, p. 37]. Pausania riferisce che eravi a Sparta una vecchissima statua di Marte attaccata per i piedi. « Col tenerla attaccata, dice il grave storico, gli Spartani avevano voluto avere questo dio per difensore perpetuo delle loro persone e della loro repubblica, e pigliandolo all’impegno, impedirgli di non mai disertar la loro causa.  » [In Menone, apud Philipp. Carnerar., Medit. Mst., par. II, c. X, p. 37.]. –  E Plutarco: « I Tirij si dettero premura di onorare i loro dii…, quando Alessandro venne ad assediare la loro città. Difatti, un gran numero di abitanti credettero udire in sogno che Apollo dicesse: Ciò che si fa nella città mi dispiace, e voglio andare da Alessandro. Per il che, contenendosi a suo riguardo come verso un disertore che vuol passare dalla parte nemica, essi legarono la statua colossale del nume, la inchiodarono nella base, chiamandolo l’Alessandrista. » [In Alexand.]. Omero afferma che i tripodi di Delfo camminavano da sé, [Iliade  XVIII]. Questi fatti e molti altri dello stesso genere provano, che i pagani credevano alla potenza della evocazione. Né s’ingannavano: anzi la praticavano sovente: i loro autori ed i nostri ne fanno fede. [Plin., Hist. lib. 28, c. 9; Festus, In peregrin; Virgil. Aeneid. lib. 2; Macrob., Salum ai. Ili, 9; Horaz., Carmin. lib. 2, ode 1.; Ovid., Fast. 6; Patron. Satyricon, Stace, Thehaid. lib. II, v. 8, 10; Glaudian., De Probo et Olibr. coss.; Tertull. Apolog. x; Prudent, lib. 2 adv. Symmachi; S. Ambr., epist. ad Valent adv. Symmach.; etc.]. Questa credenza universale spiega la condotta di Balac, che chiama Balaam per maledire Israello. La Potenza della evocazione ed il muoversi delle statue o degli dei, si manifestavano specialmente, quando il popolo, la città o il tempio erano minacciati da qualche grande infortunio. Parlando di certe pubbliche calamità, Stazio dice: « Voci terribili si fecero sentire nei santuari e le porte degli dei si chiusero da sé stesse. »  [Terrificaeque adytis voces, claus aeque deorum. Sponte fores. Thebaid. lib. 7]. – E Xifìlino: « Si trovo nel Campidoglio grandi e numerose vestigia degli dei che se ne andavano; ed i custodi annunziarono che durante la notte il tempio di Giove erasi aperto da sé con un gran fracasso. » [In Vitellium]. E Lampridio: « Si videro nel Foro le pedate degli dei che se ne andavano. »  [Vestigia deorum in Foro visa sunt exeuntium. In Commod. ]. E lo storico Giuseppe: « Qualche tempo innanzi la rovina di Gerusalemme, si senti nel tempio una voce che diceva: Usciamo di qui, migremus hinc. » Nell’antichità pagana lo stesso fenomeno ebbe luogo migliaia di volte. [Quod millies factum esse tradidere scriptores. Yid. Bulenger, De prodigiis veter. c. 48]. – Giusta la testimonianza di Lucano, ciò successe in una delle circostanze più memorabili della Storia Romana. Innanzi la battaglia di Farsalia, Pompeo conobbe che gli dei e i destini di Roma, evocati da Cesare, l’avevano abbandonato. [Transisse deos, Romanaque fata Senserat infelix. Parsal. VII]. Era parimente conosciuto che gli dei restavano immobili e revocazione inefficace, se non si pronunziava il nome proprio, il nome misterioso della città, o del luogo di dove si voleva fare uscire. [Carrier., ibid. C. x, p. 37. — Così nella Città del male le città avevano un nome volgare noto a tutti, e un nome misterioso dato senza dubbio dal demonio e la cui conoscenza era confidata, sotto gravi pene, a un piccolissimo numero di iniziati]. Questa tradizione, comune all’Oriente e all’Occidente, si riassume in un duplice fatto che illumina tutta una parte della Storia Romana. Macrobio riporta quei versi di Virgilio: « Gli Dei tutelari di quest’impero, uscirono tutti dai loro santuari e dai loro abbandonati altari. » Aggiunge poi: « Questa parola è uscita tutta intera dal fondo della più alta antichità romana, e dal segreto dei più reconditi misteri. Infatti, è cosa costante, che tutte le città sono sotto la custodia di qualche dio; e l’usanza dei Romani, usanza segreta e ignota al volgo, è, allorché assediano una città della quale hanno speranza d’impadronirsi, di evocarne, per mezzo di un incantesimo, carmen, gli dei tutelari. Senza di che, o essi non crederebbero poter prendere la città, e riguarderebbero come un delitto farne gli Dei prigionieri. Ecco perché i Romani stessi hanno voluto che la divinità protettrice di Roma, e il nome misterioso della loro città, fossero completamente sconosciuti, anche dai più dotti. L’evocazione ch’essi avevano fatta spesso contro i loro nemici, non volevano che una indiscretezza permettesse a nessuno al mondo di farla contro di essi. » [Saturn. Lib. III, c. IX]. – Il nome misterioso, il nome magico di Roma, non era Roma. Qual era? Nessuno oggi lo sa. Anche presso i Romani, questo nome era appena noto a qualche iniziato, al quale era proibito, sotto pena di morte, di rivelarlo. Varrone, Plinio, Solino c’insegnano che a tempo di Pompeo, un tribuno del popolo eruditissimo, Valerio Sorano, avendolo un dì pronunziato, fu immediatamente posto in croce.[Plin., Hist. Lib. III., C. 9, n. III. — Vedi altri particolari negli’ Annali di fil. crist. Febbraio 1865, p. 126 e seg. Intorno all’autorità di Pomponio Fiacco che viveva nel 3° e 4° secolo, Pierio e Camerario hanno preteso che il nome misterioso di Roma fosse Valentia. Ma questo non è punto provato. Camer., par. II, c. IX]. « Quanto alla formula di evocazione, continua Macrobio, eccola quale io l’ho trovata nel libro quinto delle Cose nascoste, di Sammonico Sereno. Lui stesso dichiara averla attinta in un antichissimo libro di un tal Furio. – Allorché l’assedio è formato, il generale romano pronunzia questo incantesimo evocatore degli dei: « Dio o dea, chiunque tu sia, protettore di questo popolo o di questa città; te soprattutto a cui la custodia di questo popolo e di questa città è stata specialmente affidata, ti prego, ti onoro, ti scongiuro di andartene via da questo popolo o da questa città; di abbandonare le loro terre, i loro templi, i loro sacrifici, le loro abitazioni, e di allontanartene; di dimenticare questo popolo e questa città e di diffondere in essi il timore e lo spavento; dopo essere usciti, di venire a Roma, presso di me e presso i miei e di dare le tue preferenze ed i tuoi favori al nostro paese, ai nostri templi, ai nostri sacrifici, alla nostra città; di essere d’ora in poi protettori miei, del popolo romano e dei miei soldati, in modo da averne certa la prova. Se tu fai così, io ti prometto con voto dei templi e dei giuochi. » – « Pronunziando queste parole si offrivano delle vittime e s’interrogavano le viscere circa l’esito della evocazione. » [Macrob. Saturn., lib III, c. IX]. – Macrobio dice che per mezzo di un canto, carmen da cui è venuto la nostra parola incantesimo, si invocavano gli dei, cioè i demoni. Questo carmen che variava probabilmente secondo i luoghi e le circostanze, era volgare tra i pagani. Cesare non saliva mai in cocchio senza pronunziare il suo carmen. In tutti i misteri, in tutte le feste, dove si mettevano più direttamente in relazione con gli spiriti, aveva luogo il carmen. – Anche oggi, gli incantatori di serpenti, nelle Indie, i Derwischi Giratori a Costantinopoli, gli Aissaoua dell’Africa che abbiamo visti a Parigi nel 1867, cominciano sempre con un canto, specie di melodia, che invoca lo spirito, il quale s’impadronisce di essi, e fa operar loro i più meravigliosi prestigi. – Ora tutto questo è una nuova parodia satanica delle usanze della vera religione. Per citarne un solo esempio; noi leggiamo che i re d’Israele, di Giuda e di Edom, consultando il profeta Eliseo, questi rispose: « Conducetemi l’incantatore o il musico. E appena che questo musico si messe a cantare, lo spirito o la potenza del Signore discese sopra Eliseo che profetò. » [IV Re, III, 15]. – Dopo la formula di evocazione veniva la formula del sacrificio. Essa aveva per fine di consegnare agli dei nemici la città o l’esercito, privata, con la evocazione, dei suoi dei tutelari. Più solenne della prima, era essa riserbata esclusivamente ai dittatori ed ai comandanti in capo dei grandi corpi d’esercito. Eccola: « O Dio Padre, ovvero Giove, ovvero Manete, o voi che con qualunque altro nome, sia permesso di chiamarvi, tutti riempite questa città (il nome della città) e il suo esercito, intendo dire, del desiderio di fuggire di spavento e di terrore; conducete via con voi le legioni che mi sono contrarie, l’armata, questi nemici e questi uomini, e le loro città ed i loro campi, e quelli che abitano questi luoghi, questi paesi, queste campagne o queste città; private del lume superno e l’esercito dei nemici, le città e le campagne, di quelli che io intendo dire; affinché queste città e campagne, le teste e l’età vi siano sacrificate e consacrate, secondo le più terribili formule con cui i nemici sono mai stati consacrati; e che io, in mia vece, per me, in virtù del mio giuramento e dell’autorità mia, per il popolo romano, i nostri eserciti e le nostre legioni, io do e consacro; affinché io, il mio giuramento ed il mio comando, le nostre legioni ed il nostro esercito, impegnati in questa spedizione, siano pienamente tutelati. Se voi fate cosi, in modo che io lo sappia, lo intenda e lo comprenda, allora, chiunque sia colui che abbia fatto questo voto, il luogo ove egli l’abbia fatto, che sia tenuto per ben fatto. Io ve lo domando per il sacrificio di tre pecore nere, a voi, o madre degli Dei e a voi Giove.1 » [Macrob. Saturnal. III, c. IX]. – « Nei tempi antichi, aggiunge Macrobio, ecco le citta che io trovo consacrate in questo modo: Tonies, Frégelles, Grabio, Veio. Fidene in Italia; all’estero, oltre Cartagine e Corinto, una moltitudine di eserciti, e di citta nemiche nelle Gallie, nelle Spagne, nell’Africa, presso i Mori e presso le altre nazioni. » – Così la prima operazione di un generale romano, quale si fosse il suo nome, Paolo, Emilio, Cesare o Pompeo, ponendo l’assedio dinanzi una città, o sul momento di dare battaglia, era d’invocare per sé gli dei protettori dell’esercito o della città nemica. [« Verno Fiacco, dice Plinio, cita quegli autori ch’egli ha per garanti, perché nell’assedio delle città si dovevano innanzi tutto fare evocare dai sacerdoti romani quel Dio sotto la protezione del quale era posta quella città, e promettergli che a Roma avrebbe lo stesso culto e anche più solenne; e questa sacra cerimonia esiste tuttora nelle prescrizioni dei Pontefici, ed è certo che si e nascosto il nome del Dio sotto la protezione del quale Roma è posta, affinché i nemici non potessero fare altrettanto. Imperocché non avvi alcuno che non tema di essere vittima di quelle terribili imprecazioni. – Hist, nat, lib. XXVIII, c. 4, n. 4]. Che cosa diranno tanti baccellieri apprendendo questo fatto che dieci anni di studi pagani lascian loro ignorare? Forse sorrideranno. Ma il ridere di un fatto non è distruggerlo. Ora la credenza alla delegazione speciale dei demoni è un fatto che ha per testimoni da mille anni in qua i Cammilli, i Fabii, gli Scipioni, i Paolo Emilii, i Marcelli, i Cesari. – Qui il riso non ha luogo affatto, perché non si tratta, né di Padri della Chiesa, né dei Santi, né degli uomini del medio evo, per la fede semplice ed ingenua; è questione di uomini, che i letterati considerano come tanti esseri quasi sovrumani, per il carattere serio, per la solidità della ragione, per la maturità dei consigli e per la superiorità dei talenti militari. – Aggiungiamo che l’uso di questa evocazione decisiva non veniva da loro. Gli oracoli più misteriosi l’avevano rivelato ; tutta l’antichità l’aveva praticato con una costante fedeltà. D’altronde, riflettendovi, si vede che questa evocazione rientrava a meraviglia nel destino di Roma pagana. satana voleva Roma per capitale. Ora chi vuole il fine vuole i mezzi. È dunque naturalissimo ch’egli abbia insegnato ai Romani il modo di disarmare i loro nemici, cioè di privarli del soccorso dei demoni, che egli medesimo aveva loro delegati. Tutti i demoni subalterni non dovevano cedere dinanzi agli ordini del loro re, e cedendo, contribuire alla formazione del suo impero? Perciò tutti manifestavano un gran desiderio di venire a Roma. [Ansaldi, p. 26 a 28]. – Che i Romani abbiano riconosciuta l’efficacia di queste terribili formule di evocazione e di sacrificio, tutta la loro storia lo dimostra. Senza di ciò, tutti i grandi uomini gli avrebbero così costantemente e così misteriosamente adoprati? Avrebbero eglino invariabilmente attribuito le loro vittorie alla superiorità degli dei di Roma? Avrebbero eglino, sotto pena di morte, proibito di rivelare il nome della divinità protettrice della loro città? Per una unica eccezione nella storia, avrebbero essi religiosamente recato a Roma, alloggiato in templi sontuosi, onorato con sacrifici e coi giochi del circo o dell’anfiteatro, gli dei delle nazioni vinte? Che cosa facevano i generali vittoriosi con tutte queste dimostrazioni, altrimenti inesplicabili? Essi compivano i loro voti, ringraziavano della loro compiacenza gli dei delle nazioni vinte, pagavano il debito del popolo romano. Questi non l’ignorava. Il fatto era cosi noto che il poeta il più popolare dell’impero [Virgilio] interpretava la fede comune, ringraziava pubblicamente Giove Capitolino, la cui potenza sovrana aveva evocato gli dèi dei nemici e dato la vittoria al suo popolo.2 [Macrob. Saturnal. III, c. IX]. – Passiamo adesso ai demoni deputati sulle città e sui regni. La delegazione di qualcuno di questi esseri malefìci ad ogni uomo in particolare, non è né meno certa né meno conosciuta dai pagani: « I demoni, dice Giamblico, hanno un capo che presiede alla generazione. A ciascun uomo egli invia il suo particolare demonio. Appena investito della sua missione, costui scopre al suo cliente e il culto che domanda e il suo nome, e il modo di invocarlo. Tale è l’ordine che regna fra i demoni. » [De myst, Aegypt p. 171]. Così il demone familiare di Pitagora, di Numa, di Socrate, di Virgilio e di tanti altri, di cui parla l’istoria, non è una eccezione. È un fatto che non ha di eccezionale che lo splendore più vistoso da cui è circondato. Da se medesimo egli rivela l’esistenza di un sistema generale, noto al paganesimo, come sui fianchi del Vesuvio, l’ardente cenere annunzia con certezza la nascosta vicinanza del vulcano. – L’insegnamento di Giamblico è confermato da una curiosa testimonianza di Tertulliano: « Tutti i beni portati nel nascere, dice questo Padre, il demonio stesso che gli inviò in origine, gli oscura adesso, e gli corrompe, sia allo scopo di nasconderci la causa, o di impedirci di farne uso conveniente. Difatti quale è quell’uomo a cui non sia congiunto un demone, uccellatore delle anime, appostato sullo stesso limitare della vita, o invocato da tutte le superstizioni che accompagnano il parto? Tutti hanno l’idolatria per levatrice: Omnes idolatria obstetrice nascuntur. – « È dessa che avvolge il ventre delle madri di fasce formate dagli idoli, e che consacra i loro bambini ai demoni. È lei che durante il parto fa offrire i piagnistei a Lucina e a Diana. È lei che durante tutta la settimana fa bruciare incenso sull’altare del Genio del bambino: Giunone per le bambine. Genio per i fanciulli. È lei che l’ultimo giorno fa scrivere i destini del bambino, e sotto quale costellazione è nato, a fine di conoscere il suo avvenire. È lei, che sin dalla deposizione del bambino sulla terra, fa un sacrificio alla dea Statina. «Qual è poi quel padre o quella madre che non voti agli dei un capello, o tutta la giovine chioma del suo figliuolo, che non faccia un sacrificio per soddisfare la sua particolar devozione, o quella della sua famiglia, o quella della sua stirpe, o quella del paese a cui appartiene? – Cosi un demonio s’impadronì di Socrate ancor fanciullo, e dei Genii, che è il nome dei demoni, sono deputati a tutti gli uomini: Sic et omnibus genti deputantur, quod dæmonum nomen est. » – [De anima, c. XXXIX. – La consacrazione del bambino al demonio è tuttora una legge delle religioni pagane. Per consacrare i loro infanti al Nostro Signore ed alla S. Vergine, le madri cristiane pongono loro al collo delle medaglie, votano di vestirle di bianco o di bleu. Udite invece quel che fanno le madri pagane: Una monaca francese scrive da Pinang, 10 febbraio 1868: « Noi leggiamo il Trattato dello Spirito Santo. Quest’opera c’interessa in modo particolare. Noi viviamo in paesi che appartengono al Re della città del male. Siamo circondate da pagani; vediamo con i nostri occhi le superstizioni del paganesimo. Quelli che rifiutassero di credervi vengano qui: vedranno ben tosto la verità di quel che si dice in questo libro, della schiavitù, dei disgraziati cittadini della città del male. « Abbiamo sovente la visita di donne cinesi che ci conducono le loro famigliole. L’altro giorno una di esse ci faceva vedere un bel bambino di sei mesi. Aveva in capo un berrettino a guisa di mitra, tutto ricoperto di fregi di oro puro, rappresentanti le più orribili figure d’animali; scorpioni, serpenti, draghi. Quella del diavolo era nel mezzo in diamanti. Il bambino aveva al collo altre figure appese con grosse catene parimente in oro. Il berretto solo costava più di 600 piastre, presso a poco 8000 franchi, così lo giudicavano dal peso. « Domandammo a questa donna di chi erano quelle figure. Essa ci rispose molto semplicemente che erano dei loro dii, e che quella del Padrone era nel mezzo. Del resto noi non vediamo mai di queste piccole creature infelici, ancorché così piccole, che non portino l’effigie del Re della Città del male. »]. L’angelo custode (li ciascun uomo, di ciascun regno, provincia o comune, non è inviato a caso dal Re della Città del bene; esso è scelto in vista dei particolari bisogni dell’individuo o dell’essere collettivo affidato alla sua sollecitudine. Cosi è che in uno Stato bene ordinato, non s’innalza ai pubblici impieghi gli uomini incapaci di adempierne i doveri. Si danno a quelli che mostrano le capacità necessarie nell’esito della loro missione. Con una maestria infernale, qui ancora satana contraffà la Sapienza eterna. Senza dubbio ei non possiede, come Dio, il potere di leggere nel fondo dei cuori; ma egli ha mille modi di conoscere, mediante i segni esterni, le disposizioni buone o cattive di ciascun uomo, il forte e il debole di ciascun popolo; e deputa all’uno ed all’altro il demone che gli bisogna per perderli. Ve ne ha di tutti i caratteri e di tutte le attitudini, in modo da fomentare ogni passione, e soprattutto la passione dominante. La Scrittura è spaventosa, allorché ne dà la nomenclatura. Essa nomina fra gli altri gli spiriti di divinazione o pytonici, Spiritus divinationis, seduttori del mondo, rivelatori di segreti e narratori di oracoli. Gli Spiriti di gelosia, Spiritus zelotypiæ, che gettano nelle anime i sentimenti di Caino contro Abele, o dei Giudei contro il Nostro Signore, i quali ispirano tutte le perfidie. Gli spiriti di menzogna, Spiritus mendacii maestri di ipocrisia, negatori audaci della verità conosciuta, oggi più numerosi e più potenti che mai. Gli Spiriti delle tempeste, Spiritus procellarum, a cui il mondo va debitore degli uragani, delle trombe, delle gragnuole, dei naufragi e delle fisiche rivoluzioni, così frequenti soprattutto nella storia moderna. Gli Spiriti di vendetta, Spiritus ad vindictam, i quali sostituendo la legge di odio alla legge di carità, accendono le guerre, provocano le risse e conducono all’assassinio sotto tutte le forme. Gli Spiriti di fornicazione, Spiritus fornicationis, i quali fanno dell’innocenza il loro cibo favorito. Gli Spiriti immondi, Spiritus immundus, il cui studio consiste nel cancellare nell’uomo perfino le ultime vestigia dell’immagine del Verbo incarnato, facendolo discendere al di sotto della bestia. Spiriti di infermità, Spiritus infirmitatis, che affliggono l’uomo nel suo corpo, mentre i loro confratelli uccidono la sua anima o la martoriano con piaghe.Tutta la tradizione, fondata nel Sacro Testo, è unanime nel proclamare l’esistenza di questa guerra individuale e incessante degli Spiriti di tenebre, contro ciascun uomo e contro ciascuna creatura. Uno dei testimoni più competenti, sant’Antonio, diceva: « Come in un esercito, tutti i soldati non combattono allo stesso modo né con le stesse armi; così fra i demoni, gli uffici sono divisi. La milizia prende tutte le forme: quante sono virtù, tante sono le specie di assalti.1 » [Diversa et partita dæmonum nequitia est…. atque omnes prò virium facilitate diversa contra singulas causas seu virtutes sumpsere certamina. S. Athan., in Vit S. Anton.]. – Sereno aggiunge: « Noi sappiamo che tutti i demoni non ispirano agli uomini le stesse passioni: ma ciascun demonio è incaricato d’ispirarne una in particolare. Taluni si compiacciono nelle immodestie, altri nelle bestemmie. Questi sono inclinati all’ira ed al furore e nelle turpitudini della voluttà: altri amano la cupa tristezza. Vi sono quelli che preferiscono l’allegria e l’orgoglio. Ognuno travaglia a gettare il suo vizio favorito nel cuore dell’uomo. « Che vi siano negli spiriti immondi tante passioni quante ve ne sono negli uomini, è indubitato. La Scrittura non nomina ella i demoni che accendono le fiamme del libertinaggio e della lussuria quando dice: Lo Spirito di fornicazione gli sedusse ed essi fornicarono lontano da Dio? Non parla essa egualmente di demoni diurni e di demoni notturni? Non segnala ella tra di essi una varietà che sarebbe troppo lungo far conoscere in tutti i suoi particolari? Ricordiamo solamente questa: I Profeti nominano uccelli notturni, struzzi, ricci, centauri, streghe. Nei Salmi si designano altri sotto il nome di aspidi e basilischi. Il Vangelo ne nomina altri, come leoni, draghi, scorpioni, principi dell’aria. Credere che questi nomi diversi siano dati a caso e senza motivo sarebbe un errore. Con queste qualità di bestie più o meno terribili, lo Spirito Santo ha voluto indicarci, nella loro varietà infinita, la ferocia e la rabbia dei demoni. » [Collat. VII, c. XVII; et Collat. XXXII . — In che senso tutte le passioni si trovino nei demoni, vedi S. Tommaso, I p., q. LXIII, art, 2, corp.]. – La stessa guerra si estende a tutte le parti del mondo visibile ed a ciascuna delle creature che lo compongono. È altresì un fatto di universale credenza, fondato sul parallelismo delle due Città. satana, nemico implacabile del Verbo, lo perseguita in tutte le sue opere. Dappertutto dove il Re della Città del Bene ha posto uno dei suoi Angeli per conservare e nobilitare, il Re della Città del male manda uno dei suoi satelliti per distruggere e corrompere. Di qui deriva che l’antagonismo è in tutte le parti della creazione, e che si può con certezza affermare dei cattivi angeli ciò che i Padri della Chiesa, sant’Agostino in particolare, dicono degli Angeli buoni: Non vi è creatura visibile in questo mondo che non abbia un demonio specialmente delegato per tenerla schiava, per deturparla e renderla ostile al Verbo incarnato, ed all’uomo nociva: Una quæqueres visibilis in hoc mundo angelicam potestatem hahet sibi præpositam. – Come abbiamo detto, questa lotta di satana contro il Verbo redentore, è in fondo tutta la storia della umanità. Cominciata nel Cielo, continuata nel Paradiso terrestre, essa ha attraversato, senza tregua, tutti i secoli antichi. Il Figliuolo di Dio incarnandosi, la trova più che mai accanita. Egli stesso, nel deserto, la sostiene in persona e dichiara non essere venuto sulla terra se non che per distruggere l’opera del diavolo, e cacciare l’usurpatore. Entrato nella vita pubblica, perseguita satana dappertutto, lo espelle da tutti i corpi, e si sente che il demonio ed i suoi angeli gli dicono: Santo di Dio, noi ti conosciamo; tu sei venuto per perderci. Cessa di torturarci, e se tu non vuoi lasciarci nell’uomo, permetti almeno che si passi nei porci. [Marc., I, 28; Luc., VIII, 32]. Con la sua morte vincitore del demonio, dei suoi principati e delle sue potenze, egli gli attacca alla sua croce e, nel giorno della sua resurrezione, gli conduce in trionfo alla presenza del cielo e della terra. Ma se egli indebolisce l’impero di Lucifero, non lo distrugge del tutto. Come il Signore aveVa lasciato in mezzo al popolo ebreo delle popolazioni idolatre, perché esercitassero la sua virtù, cosi il Divino Salvatore lascia al demonio un certo potere a fine di sperimentare la fedeltà del popolo cristiano. Prima di lasciare i suoi Apostoli Ei prende cura di annunziar ad essi, e insieme ai suoi discepoli nel seguito dei secoli, ch’essi dovranno continuare contro satana la guerra da Lui stesso vittoriosamente cominciata. – L’odio di satana si manifesterà con un furore particolare contro i membri del Collegio Apostolico, e soprattutto contro Pietro, loro capo: Simone, Simone, Satana ti ha domandato per tritarti a guisa del frumento; ma io ho pregato per te affinché la tua fede non venga meno [Luc. XXII, 31]. Essi partono per la loro missione, e sino dai primi passi, Pietro incontra il nemico nella persona di un apostata, per nome Simone. Quest’era il figlio maggiore di Satana; egli seduceva il popolo operando davanti a lui strani prodigi, con l’aiuto dei demoni. Un giorno il mago s’alza per aria: Pietro s’inginocchia, e prega: all’istante i demoni abbandonano Simone e questo primo Papa insegna a satana qual potenza avrà egli da combattere in tutti gli altri Pontefici di Roma, successori di Pietro. Paolo lo riconosce altresì nella Pitonessa di Filippi: In nome del Figliuolo, egli dice, io ti ordino di uscire da questa giovane; e ne usci nell’ora stessa. [Act., XVI, 18]. Con quale sicurezza lo stesso Apostolo riprende ancora satana, il quale si servi d’Elymas il mago, per paralizzare il suo apostolato-: 0 figlio del diavolo non cesserai tu mai di pervertire le rette vie del Signore? La mano di Dio è su di te, e tu diventerai cieco. 1 ]Act., XIII, 10]. – Tutti gli altri apostoli hanno pur vinto satana. Cosi avvenne lo stesso dei martiri; fu lui che per vendicarsi li fece morire in mezzo a tormenti fino allora inauditi. Sopprimete il soffio di satana nel martirio dei Cristiani e voi non lo intendete più. In questa sanguinosa lotta satana è ancor vinto ma non scoraggiato. Eccolo che tenta nuove armi. Col suo alito omicida suscita tra i Cristiani la divisione, gli scismi, le eresie. Impossibile spiegare ancor qui, senza l’intervento di satana, questo gran mistero dell’odio fraterno e dell’errore. Per distruggere nelle diverse parti del mondo gli avanzi del paganesimo, Roma invia dei missionari; e noi abbiamo veduto ch’essi ebbero a combattere satana sotto la forma palpabile di draghi e di mostruosi serpenti: a fine di riparare agli scandali occasionati dagli scismi e dalle eresie, la Provvidenza deputa nei deserti dell’alto Egitto delle legioni di espiatori. Là, tra gli Antoni, ed i Pacomio, tutti i patriarchi della solitudine, satana incomincia una guerra a morte. La vita di sant’Antonio è la grande epopea della battaglia dell’uomo contro il demonio. – Questa epopea non è finita. Sempre antica e sempre nuova, ciascuno di noi ne è l’eroe o la vittima. Avviene lo stesso delle creature che ci circondano. Più spesso che non si pensi esse sono tra le mani di satana strumenti del suo odio contro l’uomo. La Chiesa come depositaria di tutti i misteri del mondo morale e di tutte le vere tradizioni della umanità, niente di più le sta a cuore, quanto il tenere sempre presenti allo spirito dei suoi figli le terribili verità delle quali un’attenta Provvidenza aveva preso cura di conservare la conoscenza, anche presso i popoli pagani. – « Essa ci dice, per bocca dei Padri, che in antico i demoni ingannavano gli uomini, prendendo differenti sembianze; e tenendosi presso a fontane ed a fiumi, nei boschi e sugli scogli, sorprendevano con i loro prestigi gli insensati mortali. Ma dopo la venuta del divin Verbo i loro artifizi sono impotenti, poiché basta il segno della croce per smascherare tutte le loro furberie. » [S. Atanas. lib. de Incarnat. Verbi; vedi pure Origene e Sant’Agostino ec. citati più sopra.].  – La Chiesa non limita solo la sua sollecitudine nel segnalare la presenza di questi esseri malefici; ma grazie alla potenza che le è stata data dal Vincitore stesso del demonio, essa ha preparato e rimesso nelle mani dell’uomo tutte le armi necessarie per cacciare il nemico e preservarsi, lui e le creature, dai suoi perfidi assalti. Difatti, « Vi è un libro del quale nessuno può, senza abiurare la fede, rifiutare la testimonianza, o disconoscerne la competenza: quest’è il Rituale romano, l’organo il più sicuro e il più autorevole della dottrina ortodossa, il monumento più autentico della tradizione. Non solamente l’esistenza dei demoni vi è conservata ad ogni pagina, ma le astuzie di satana, le sue manovre, le sue nefande imprese contro gli uomini e contro le creature, vi sono segnalate minutamente, e direi quasi descritte.2 »2 [Vita del curato d’Ars, t. I, p. 386]. Nessun libro fa meglio conoscere i principi della Città del male, del quale ci intertiene in questo momento l’istoria; nulla conferma più potentemente ciò che abbiamo detto sin qui e che ancora diremo. Il Rituale ha principio Con esorcismi intorno al neonato che si presenta al Battesimo, e circa gli elementi che debbono servire alla sua rigenerazione. Il bambino diviene uomo, e gli esorcismi continuano. Tutte le creature con le quali ei si troverà a contatto durante il suo pellegrinaggio sono contaminate. La Chiesa per cacciare il demonio esorcizza l’acqua e la benedice. Acqua possente che raccomanda ai suoi figli di custodire con cura nelle loro case, a fine di spargerne su di essi e su tutto ciò che gli circonda. Allo stesso scopo ella esorcizza e benedice il pane, il vino, l’olio, i frutti, le case, i campi, le gregge. Finalmente, quando l’uomo è sul punto di lasciare la vita, essa impiega nuove benedizioni a fine di sottrarlo alle potestà delle tenebre.

Or dunque che cosa contiene ciascuno esorcismo? Racchiude tre atti di fede: atto di fede all’esistenza dei demoni; atto di fede alla loro azione reale permanente, generale e individuale sull’uomo e sulle creature; atto di fede sulla potestà data alla Chiesa di cacciare l’usurpatore. [S. Th., p. III, q. LXXI, art. 2 corp. et ad. 3]. E adesso se avvi qualche cosa di strano non è egli forse la disattenzione con cui i Cristiani, soggetti peraltro di mente e di cuore alla santa Chiesa, passano davanti a questi esorcismi così chiari, cosi positivi, senza essere colpiti dalle conclusioni che racchiudono? Oggi soprattutto è necessario di segnalarne qualcuna. Senza dunque uscire dai nostri libri liturgici, bramiamo sapere con certezza qual è l’azione demoniaca sull’uomo e sul mondo, e in quali modi essa diversifica? Apriamo il Rituale, a cui aggiungeremo il Pontificale: quest’altro monumento non meno officiale della fede Cattolica, quest’altro tesoro non meno prezioso di ogni vera filosofia. Che cosa viene insegnato in questi libri? È insegnato che i demoni possono allacciare l’uomo con legami visibili ed invisibili; come appunto un vincitore può caricare di ferri il suo prigioniero. Essi possono chiudere il suo spirito all’intelligenza delle cose divine: possono corromper l’acqua e farvi apparire dei fantasmi, il che costituisce l’idromanzia; possono frequentare le case, contaminarle e renderne il soggiorno penoso e pericoloso; possono spargere la peste, corrompere l’aria, compromettere la salute dell’uomo, turbare il suo riposo e molestarlo in tutti i modi; possono infestare non solamente i luoghi abitati ma i luoghi solitari, diffondervi il terrore e farne il centro di malattie contagiose o il teatro di molestie inquietanti; possono attaccar l’uomo nel suo corpo e nella sua anima, scagliarsi su di lui in gran numero, presentarsi a a lui sotto forme di spettri o di fantasmi; possono sollevare tempeste, mandare uragani, trombe, gragnuole, fulmini, insomma, mettere gli elementi in servizio dell’odio eterno; possono prestare all’uomo la loro malefica virtù, impadronirsi di lui, possederlo, comunicare al suo spirito cognizioni, ed al suo corpo forze, e sovrumane attitudini; possono infine tormentarlo nel più terribile modo negli ultimi suoi momenti; e nell’uscire dal corpo, contrastare all’anima sua il passaggio alla beata eternità. [Rituale, passim; Pontificale, specialmente la benedizione delle campane].Da questi insegnamenti, attinti alle fonti più pure, resultano due cose: primieramente la certezza di un’azione continua, generale e particolare dei demoni sull’uomo e sulle creature: secondariamente la possibilità di comunicazioni dirette, sensibili, e materiali dei demoni con l’uomo, e dell’uomo con essi. Di qui, le evocazioni, i patti, le obsessioni, le possessioni, i maleficii, l’esistenza delle quali, tanto spesso testimoniata dalla storia antica e moderna, sacra e profana, non può esser negata senza rinunziare a qualunque credenza divina ed umana. D’altra parte, per chiunque voglia riflettere, non sono motivo di dubbio, né la difficoltà intrinseca di queste comunicazioni, né le strane forme ch’esse possono rivestire. L’anima nostra non è essa una permanente comunicazione col nostro corpo? Se lo spirito può comunicare con la materia, dove sarebbe la radicale impossibilità per uno spirito di comunicare con un altro spirito? Trattasi di forme? Gli annali del genere umano non cominciano con una manifestazione satanica? Sotto tutti i punti di vista, questa manifestazione non è ella una delle più strane? Contuttociò essa è stata ammessa da tutti i popoli. Né vi ha alcuno le cui tradizioni non abbiano conservato la memoria del ‘fatto genesiaco, causa prima del male e di tutto il male.Che dico? questa primitiva comunicazione, reale e palpabile di satana con l’uomo, è un dogma di fede certo, quanto l’Incarnazione del Verbo: « Né  satana né Dio » diceva Voltaire. Bisogna allora aggiungere: né satana né caduta; non caduta, non Redenzione; non Redenzione

e nemmeno Incarnazione: non Incarnazione, non Cristianesimo; non Cristianesimo, ma pirronismo universale. Il nostro scopo non è di spiegare partitamente l’azione sensibile e moltiforme dei principi della Città del male sull’uomo e sulle creature. La possiamo vedere nelle dotte opere dei signori Mirville, Des Mousseaux e Bizouard. – Tuttavia le circostanze attuali non permettono di passare sotto silenzio certe manifestazioni demoniache, tanto più pericolose, in quanto che ci sforziamo di negare la vera causa: intendiamo parlare delle comunicazioni dirette con gli spiriti, delle tavole giranti ed altre pratiche, che non è molto, misero sossopra l’antico ed il nuovo mondo, le quali non hanno cessato mai, e che oggi si riproducono con una inaudita recrudescenza. – Quel che ci ha più stupiti al comparire di questi fenomeni è stata la meraviglia generale che essi hanno prodotto. Si direbbe che per gli uomini di questo tempo la ragione è colpita d’impotenza, la teologia non avvenuta, la storia muta. Il primo dogma della ragione è che due maestri opposti si disputano l’umanità che vive necessariamente sotto l’impero dell’uno, o sotto l’impero dell’altro. Alla vista del mondo attuale che si va emancipando rapidamente dal regno del Cristianesimo, era facilissimo e molto logico il concludere che esso ricadrebbe con la stessa prestezza sotto il regno del satanismo. Ora satana è sempre il medesimo. Ritornando nel mondo, ritorna con tutti gli attributi dell’antica sua autorità. Oracoli, prestigi, varie manifestazioni, tutto il corteggio di seduzioni, segni e istrumenti di regno, di cui aveva riempito il mondo antico, e ne riempie ancora il mondo moderno, dovevano necessariamente ricomparire in un mondo, tornato ad essere suo possesso per l’allontanamento dal Cristianesimo. La ragione dice ciò, come dice: che due e due fanno quattro. E la teologia? Sono circa seicento anni che l’Angelo della scuola, esponendo la dottrina della Chiesa, diceva, come il suo maestro sant’Agostino: [Apud S. Th., I p., q. 115. art. 5, ad 5. 1 « I demoni sono attratti da certe specie di pietre, di piante, di legni, di animali, di canti di riti, come segnali dell’onore divino dei quali sono gelosissimi. Essi si consacrano alle anime dei morti. Appariscono essi sovente sotto la forma di bestie, che designano le loro qualità. Qualche volta dicono la verità per ingannar meglio, e scendono a certe famigliarità; all’oggetto di condurre gli uomini e famigliarizzare con essi. [Id., I p., q. LXIV, art. 2, ad. 5]. In queste poche linee, che spiegheremo più sotto, non abbiamo noi la spiegazione, certo compendiata ma esatta, di ciò che accade sotto gli occhi nostri? Cosi parla la teologia. – E la storia? Trattasi, per es., del legno in particolare che si anima e che manifesta degli oracoli? È un fatto demoniaco la cui esistenza, quaranta volte secolare, ha per testimonio l’Oriente e l’Occidente. Che cosa vi ha di più celebre nella storia profana delle querce dodoniche? e che di più confermato? Se, come si vorrebbe pretendere, è falso che taluni alberi abbiano reso mai suoni articolati, la credenza sostenuta, per parecchie migliaia di anni, ad un tal fatto attestato dagli uomini più seri, compito in mezzo a popoli più còlti, sarebbe più incredibile del fatto stesso. D’altronde, non è egli posto fuor di dubbio dal libro in cui tutto è verità? Chi non ha letto nella Scrittura, gli anatemi lanciati contro chiunque dice al legno di animarsi, di alzarsi e di parlare come un essere vivente? « Guai a colui che ha detto al legno: animati ed alzati. Il mio popolo ha domandato oracoli al suo legno; ed il suo bastone gli ha risposto » [Habac. II, 19; Oseæ, IV, 12]. Per sempre più specificare la questione, trattandosi di tavole giranti e parlanti, esse sono conosciute sino dalla più remota antichità. Intorno a questo fenomeno demoniaco che non può sorprendere altro che l’ignoranza; abbiamo tra le altre la testimonianza perentoria di Tertulliano. Nella sua immortale Apologetica, cioè in uno scritto in cui egli non poteva niente asserire che potesse porsi in dubbio senza compromettere la grande causa dei Cristiani, questo Padre, nato in seno al paganesimo e profondamente istruito delle sue pratiche, nomina a tanto di lettere le tavole che i demoni fanno parlare. Quel che vi è di più notevole, egli ne parla non come di un fatto straordinario ed oscuro, ma come di una cosa abituale e nota a tutto il mondo. Egli designa francamente per il loro nome gli agenti spirituali del fenomeno, certo di diventare la favola dell’impero, se a somiglianza dei nostri pretesi sapienti, avesse voluto spiegarlo per via dei fluidi. [E i fatti straordinari avvenuti oggidì sotto i nostri occhi, di quella forma di spiritismo, che appellano ora ipnotismo, non mostra forse che nella società che ha fatto divorzio da Cristo, e che si sottrae all’influsso divino dello Spirito Santo l’intervento dello spirito maligno si fa ognor più potente e manifesto? (Vedi sull’ipnotismo il dottissimo studio pubblicato nella Civiltà Cattolica, serie XIII, vol. III. quad. 865 e segg.) – La testimonianza del- grande apologista è troppo preziosa per non essere citata per intero. « Noi diciamo che vi sono delle sostanze puramente spirituali, ed il loro nome non è nuovo. I filosofi conoscono i demoni: Socrate testimone egli stesso il quale attendeva l’ordine dal suo demonio per parlare e per agire. Perché? Perché egli aveva, cosi riferisce la storia, un demonio accanto a sé fino dalla sua infanzia. Quanto ai poeti, tutti sanno perfettamente che i demoni dissuadono dal bene. Infatti il loro lavoro è di distruggere l’uomo: Operatio eorum est hominis eversio. Hanno appunto inaugurata la loro malizia per perder l’uomo. Mandano essi al corpo, malattie e crudeli accidenti: all’anima moti violenti, subitanei e straordinari. « Per raggiungere la duplice sostanza dell’uomo hanno la loro sottigliezza e la loro tenuità. Come potenze spirituali hanno tutta la facilità di restare invisibili ed insensibili, di modo ché si mostrano piuttosto nelle loro opere che in se medesimi. Se per esempio attaccano i frutti e le messi, essi insinuano nel fiore, non so quale alito velenoso [Il che possono fare i demoni, come si intende facilmente, non solo direttamente, ma anche e più ordinariamente usando a questo fine delle cause naturali, come di mezzi.], che uccide il germe o impedisce la maturità; come se fosse l’aria viziata da una ignota cagione che manda esalazioni pestifere. Per cagione di questo stesso latente contagio eccitano nelle anime dei furori, follie vergognose, crudeli voluttà, accompagnate da mille errori, il più grande dei quali è di accecare l’uomo sino al punto di procurare al demonio, col sacrificio, il suo cibo favorito, l’esalazione dei profumi e del sangue. – « Avvi un’altra voluttà della quale è geloso, ed è quella di allontanare l’uomo dal pensiero del vero Dio, con prestigi mentitori, dei quali dirò il segreto. Ogni spirito è uccello: Omnis Spiritus ales est. Ciò è vero degli Angeli e dei demoni, poiché in un istante essi sono da per tutto. Per essi, tutto il pianeta è uno stesso luogo: Totus orbis illis locus unus est. Quel che si fa da per tutto essi lo sanno così facilmente come lo dicono. La loro volontà è presa per la divinità perché non si conosce la loro natura. Per conseguenza vogliono essi passare per essere gli autori delle cose che annunziano: e infatti lo sono spesso dei mali e mai dei beni: Et sunt piane malorum nonnunquam honorum tamen nunquam. » [Apolog. c. XXII]. La loro naturale celerità è per i demoni un primo mezzo di conoscere le cose che avvengono a molta distanza, o che sono prossime ad accadere. Havvene un altra, ed è la cognizione delle disposizioni della Provvidenza, per mezzo delle profezie che sentono leggere, e delle quali essi comprendono naturalmente il senso, molto meglio di noi. Attingendo a questa fonte la nozione di certe circostanze dei tempi, scimmiotteggiano la Divinità, rubando l’arte di divinare: Aemulator, divinitatem, dum farantur dtvinationem. Come padri e figli della menzogna, essi ravvolgono i loro oracoli di ambiguità, quando non vogliono, o non possono rispondere; di modo che qualunque si sia l’evento annunziato, possono difendere le loro parole. Creso e Pirro ne sanno qualche cosa. [L’oracolo dice a quest’ultimo: Aio te Romanos vincere posse; il che è anfibologico].« La loro abitazione nell’aria, la loro vicinanza agli astri, il loro commercio con le nubi, sono altresì per essi un mezzo di conoscere l’approssimarsi dei fenomeni fisici; come piogge, inondazioni, siccità. A queste meravigliose cognizioni aggiungono per attirarsi il culto dell’uomo, un artifizio più pericoloso; essi si offrono per guarire le infermità. Quali sono le guarigioni che si attribuiscono? Incominciano dal rendere l’uomo malato: poi per far credere al miracolo, prescrivono nuovi rimedi ed anche contrari. Fatta l’applicazione, tolgono il male che hanno comunicato, e fanno credere d’averli guariti. » [Apol, ubi supra.]. Per accreditare la fede alla loro potenza ed alla loro veracità, aggiungono a queste pretese guarigioni dei prodigi sorprendenti. La storia del paganesimo antico e moderno n’è ripiena. Tertulliano si contenta di citarne qualcuno, noto a tutto l’impero romano, e particolarmente ai magistrati ai quali indirizza la sua apologetica: « Che dirò io delle altre astuzie o delle altre forze degli spiriti di menzogna? L’apparizione di Castore e Polluce, l’acqua portata in un vaglio, il naviglio trascinato con una cintura, la barba diventata rossa al contatto di una statua: tutto ciò per far credere che le pietre sono tanti dei, e impedire di cercare il Dio vero. » [Nel momento in cui i Romani guadagnavano una battaglia in Macedonia, Castore e Polluce, semidei protettori dei Romani, apparvero a Roma ed annunziarono la vittoria. La vestale Tuscia portò dell’acqua in un paniere; la sua compagna, la vestale Claudia, trascinò alla riva con la sua cintura, una nave rimasta a secco nel Tevere e che portava la statua di Cibale, madre degli dei; Domizio con la barba bionda, se la vide diventar rossa al contatto della statua di Castore e Polluce. Di qui il nome di Oenobarbus, lasciato alla sua lunga e famosa posterità]. – La potenza dei demoni sul mondo fisico è accompagnata da una potenza non meno grande sul mondo spirituale. Cosa singolare! essi l’esercitano oggi allo stesso modo che a tempo di Tertulliano. Allora vi erano dei medium che facevano apparire dei fantasmi, che evocavano le anime dei morti; che davano il dono della parola a dei piccoli fanciulli; [L’abbiamo visto venti volte al principio dell’ultimo secolo presso i Camisardi. Leggi l’interessante e antichissima Storia dei Camisardi del Sig. Blanc], che operavano una infinità di prestigi alla presenza del popolo; che mandavano visioni e facevano parlare le capre e le tavole: due specie di esseri, i quali, grazie ai demoni, hanno costume di predire l’avvenire e rivelare le cose nascoste: Per quos et capræ et mensæ divinare consueverunt. [Apol., ubi supra]. Tale è la notorietà di tutti questi fenomeni che il grave apologista riferisce arditamente, senza frase, senza precauzione oratoria, senza tema di eccitare un sorriso, o provocare una smentita dalla parte di un pubblico ostile e motteggiatore. Poi aggiunge: « Se la potenza dei demoni è sì grande, ancorché essi operino per via di intermediari, come mai misurarla quando operano direttamente e da sé medesimi? È dessa che spinge gli uni a precipitarsi dall’alto delle torri: altri a mutilarsi; questi a tagliarsi il braccio e la gola…. è noto dalla maggior parte che le morti crudeli e premature sono opere dei demoni. » [De anima, c. LVII. — I sacerdoti galli facevano

tutto quEsto. I sacerdoti di Boudda al Thibet si sparano il ventre. In Africa e nell’Oceania, si tagliano i diti, e si fanno delle incisioni nella faccia. – Il suicidio! non mancava che quest’ultimo tratto per completare la rassomiglianza tra i fenomeni demoniaci del secondo e del diciannovesimo secolo. Sotto pena di rinunziare alla facoltà di legare due idee, fa d’uopo concludere, dicendo con Tertulliano: « La similitudine degli effetti dimostra l’identità della causa: Compar exitus furoris, et una ratio est ìnstìgationìs. » [Minuzio Felice, Araobio, Atenagora, Lattanzio, sant’Agostino e gli altri Padri della Chiesa, parlano come Tertulliano (V. Baltus, Risposta alla Storia degli Oracoli).