S. S. GREGORIO XVII: IL MAGISTERO IMPEDITO – 2° corso di esercizi spirituali (1).

Anche quest’anno iniziamo con il meditare un corso di esercizi che S. S. Gregorio XVII [già Cardinal G. Siri] proponeva a suo tempo a giovani operatori pastorali. Abbiamo tutti da apprendere dalle parole di S. S., il cui Magistero fu impedito dalle forze del male insediate fin sul soglio di Pietro con una serie di impostori, veri Simon Mago, al posto di Simon Pietro. Che le sue parole siano per noi “piccolo gregge”, in questo nuovo anno, uno stimolo di crescita spirituale fattivo, di desiderio ardente del Regno dei Cieli, in attesa della venuta del Nostro Signore Gesù Cristo.

S. S. GREGORIO XVII:

IL MAGISTERO IMPEDITO

2° corso di ESERCIZI SPIRITUALI

Nostra conversatio in cœlis est

[G. SIRI: Esercizi spirituali, Ed. Pro Civitate Christiana, Assisi, 1962] –

– 1. Nostra conversatio in cœlis est

Il tema dei nostri Esercizi Spirituali è questo: « Nostra conversatio in cœlis est » (FILIPP. III, 20).

E cioè il nostro trattenimento, il nostro ambiente, la nostra vita, la nostra mentalità sta nel cielo. Ma non basta fare una traduzione alquanto libera come è quella che ho fatto io: bisogna dare una certa giustificazione dell’argomento. In sostanza, quando si dice « Nostra conversatio in cœlis est » che cosa s’intende? Che mentre coi piedi si sta in terra, con la mente e col cuore si sta già in cielo. È tutto qui. – Ora con questi Esercizi io voglio dire a me stesso e a voi: Prendiamo il coraggio a due mani, non stiamo alle mezze misure, in cielo andiamoci ora. E la vita pensiamola, misuriamola, conduciamola, coloriamola come tutte queste cose possono essere fatte di là. Portiamo e spostiamo questa nostra esistenza coraggiosamente e risolutamente là. Non crediate che vivere con l’anima in cielo sia cosa impossibile. Naturalmente andrà fatta “humano modo”, ma non è impossibile. Anzi, è l’unica cosa che veramente risponde all’appello del Signore: « Dove sono io, voglio che siate anche voi ». Dove sono io. Si tratta forse di una delle parole più impegnative e più forti che Nostro Signore abbia mai dette. Non si tratta di una cosa impossibile, si tratta semplicemente di una cosa decisa. Tenere il piede in due staffe non si può. Stare tutto dalla parte di Dio, stare tutto e soltanto dalla parte delle cose soprannaturali, stare tutto e soltanto dalla parte della fede, dello spirito di fede, significa avere la testa in cielo. Sarete voi in grado di misurare il livello di possibilità di tutto ciò? Ma di una cosa siate e certi e sicuri: che si tratta nient’altro che di un atto decisivo, da Cristiani. Non sono venuto a parlarvi di doni carismatici, non sono venuto a dirvi che dovete divenire delle Sante Terese o dei San Giovanni della Croce. Sono venuto a dirvi quello che tutti i Cristiani possono fare e debbono fare. Perché noi che siamo del clero o apparteniamo a pie associazioni, potremmo avere l’impressione di essere diversi dai buoni Cristiani. Ma badate che quando avremo fatto tutto quello che possiamo immaginare o pensare, noi saremo soltanto dei buoni Cristiani e niente di più. – Perché ho scelto questa linea? Non penserete che sia per non ripetere le cose che ho già detto altre volte. No, non mi guida la preoccupazione dell’originalità. Ma chiedendo a me stesso di che cosa avessi bisogno, ho dovuto rispondermi questo: che arrivato ormai alquanto al di là del “mezzo del cammin di nostra vita”, in cielo è bene che ci vada già mentre sono qui, tanto per assicurare le cose, senza aspettare che venga sirocchia morte a prendermi. Perché, se mai, dirò come il Giusti: « Quando arriverà lei, me ne andrò io ». E ho pensato che era meglio che la mia vita la portassi lassù, anche perché sono profondamente convinto che quello sia l’unico modo per essere veramente concreti, pratici e concludenti nella vita terrena. – Conversatio nostra in cœlis est. Questo il motivo adeguato a me. Ora espongo i motivi per cui tale linea può adeguarsi a voi. Non che il motivo che va bene per me non possa andar bene per voi. Ditemi: lo sapete se siete giunti o no a “mezzo del cammin di vostra vita”, anche voi più giovani? Non sapete un bel nulla. Potreste essere a un quinto, potreste essere alla vostra ventitreesima ora. E tutti possiamo essere alla ventitreesima ora. Quindi la ragione che va bene per me va bene anche per voi. Ma vi sono ragioni universali che forse non è male ricordare qui. – La prima: in questo mondo tutto va male. Non nel senso che non vi sia del bene; ce n’è moltissimo, ma nel senso che le grandi linee di questo mondo indicano uno scivolare. Non so se abbiate presente il messaggio natalizio del 1956 di Pio XII. – Il succo di quel messaggio che il mondo non ha capito del tutto, e se ne pentirà, è questo: Badate, o uomini, voi vi siete costruiti la macchina, avete studiato non per diventare migliori voi, ma per farvi delle macchine; ci siete riusciti e la macchina è già la vostra padrona. Ci sono delle frasi in quel messaggio che alludono a qualche cosa di più, che credo di poter tradurre così, sperando di non alterare il pensiero del grande Pontefice: Della macchina voi vi siete fatti il criterio e il modello della vostra vita; ormai la vostra vita la conducete, la dosate, la sistemate, la metodicizzate, la coartate, la irrigidite come si dispongono, si irrigidiscono, si coartano le macchine. Le costituzioni degli Stati hanno un’unica tentazione: di diventare il disegno di una macchina. Il marxismo è nient’altro che il grande disegno di una macchina, i cui pezzi di montaggio sono gli uomini. Gli uomini non godono più della natura, ed è inutile che si facciano venire le lacrimette a sentire il Cantico delle Creature. Il sole non lo vedono neppure. Le stelle. Oh, hanno persino rubato il nome alle stelle! È su linee sbagliate il mondo. Certamente sotto ci sono tante cose buone, perché il disegno di Dio non si tradisce mai, perché la potenzialità che Dio ha messo nei cuori degli uomini non si inaridisce mai. E poi c’è la grazia di Dio, c’è la vita sotterranea della Chiesa, ma quello che è il « mondo-mondo », quello del quale N. S. Gesù Cristo ha detto: « totus in maligno positus est », quello scivola male. La seconda: tutto quello che il « mondo-mondo » fa, prende la modulazione del canto di una sirena, e c’inghiotte. Io dovrei invitarvi a riconoscere probabilmente nella vostra, nella nostra vita, delle tristezze, delle incertezze, dei dubbi, che sono nient’altro che l’aver accolto la stimolazione, la suggestione, lo spavento che incute questo mondo-mondo stolto. Notate che dico mondo-mondo quasi a riecheggiare la frase scolastica « reduplicative », e quando dico mondo-mondo, sia inteso una volta per sempre, mi riferisco a quello del quale parla N. S. Gesù Cristo, cioè l’insieme dei peccati e tutto ciò che precede, stimola e consegue al peccato. Questo è il mondo, e noi siamo tutti nel pericolo di ricevere per osmosi tutto quello che di venefico ha il mondo. Allora è come se si dicesse: Non ci accorgiamo noi che stiamo in una cantina? Sì, un po’ di luce viene perché ci sono delle feritoie, però avvertiamo che vi sono delle esalazioni venefiche, c’ è una conduttura di metano che perde, qui non ci si sta bene, a lungo andare ci si intossica. Se uno accende un fiammifero, si salta all’aria tutti. – E con questo discorso che si conclude? E volete continuare a stare in cantina? Prendiamo la scala e andiamo al piano di sopra: nostra conversatio in cœlis est. Ecco perché propongo a voi di ragionare in quest’ordine. Dobbiamo arrivare a piazzarci lassù. Come si fa? Che cosa guadagneremo? Attenti, questo, tradotto in linguaggio povero, è: Prendiamo la scala, facciamo presto, andiamocene al piano di sopra. Qui sotto non ci si sta bene. Saliamo: nostra conversatio in cœlis. Nei momenti in cui nella storia della Chiesa, ci è stata questa intuizione profonda, come di un’alluvione che sommergesse le cose, moralmente parlando, a che cosa abbiamo assistito? A questo movimento: prendere la scala e andare al piano di sopra. Sempre! – Secolo III – Quando la infiltrazione dei culti orfici e misteriosofici dell’Asia aveva portato all’ultima decantazione oscena il culto degli dei nell’area greca e soprattutto in Egitto, davanti a questa alluvione di miseria infernale, uomini a torme immense sono fuggiti e sono andati a contemplare il cielo nel deserto. E così sono nate le laure: il deserto della Tebaide accolse fino a 3000 monaci. – Quando caduto l’Impero parve oscurarsi il mondo, e tutto stemperare i propri colori nell’acquosità ormai oscura del crepuscolo, allora esplose il fatto del monachismo nella Chiesa. E il mondo fu per secoli, di fatto, retto da monaci. Era la Chiesa, certo, ma il più grande strumento che ebbe la Chiesa, allora, furono i monaci. La vera prima capitale d’Europa, dal punto di vista politico, si chiama Cluny. Gli uomini un’altra volta presero la scala e andarono al piano di sopra. Questa è una interpretazione di tutta la grande epoca, anzi epopea monastica. E noi ora, che cosa stiamo a fare? – Ho veduto oggi una cosa che mi ha divertito immensamente. Passavo in treno accanto alla stazione di Arezzo e ho indovinato che al di là della stazione doveva esserci un campo da gioco, piuttosto miseretto. Non lo vedevo: indovinavo le ultime scalee. E questo era spettacolo comune. Ma l’altro spettacolo era questo: accanto c’era un viale, con alberi mezzo stecchiti dal fumo della stazione, miseri, spogli di foglie, ed erano tutti addobbati di uomini saliti lassù per guardare la partita. Da quanto tempo quegli uomini erano lassù? Quanto vi sarebbero rimasti? Io li guardavo, e poi pensavo che poco più in alto c’era un pinnacolo ardito, quello della cattedrale di Arezzo, e mi chiedevo se mai a quell’ora ci fosse una folla a cantare il Vespro. Probabilmente no. – Che cosa stiamo a fare? Tutte le cose così, ridotte a un circo, all’imitazione dei clown. Tutte le cose così, appese a degli alberi spogli, nel freddo già invernale, nel pizzicore del vento gelido che scendeva dalle vette nevose di Pratomagno, del Casentino, del Monte Falterona laggiù in fondo. Bisogna prendere la scala e andare al piano di sopra: nostra conversatio in cœlis est. Allora la vita è un’ altra cosa, e può essere anche una cosa piacevole, meravigliosa, non dimenticando mai che può essere bella e meravigliosa anche quando è al colmo della sofferenza. Gesù Cristo in croce fu, come uomo, al colmo della sofferenza e al colmo del gaudio, perché aveva la visione beatifica: uno dei grandi misteri dell’Incarnazione. Ma la stessa cosa, fatte le dovute proporzioni, può accadere anche a noi. È una bella cosa vivere in terra, ma di lassù si ha una prospettiva diversa. – Che cosa è la tristezza? È quella cosa che documenta agli uomini che la loro conversatio non è in cœlis. La noia: è la stessa cosa. I dubbi, le incertezze, il fastidio, la stanchezza morale sono gli elementi che nel pellegrinare terreno documentano agli uomini, perché lo capiscano, che la loro conversatio non è in cœlis. – I santi Angeli, quelli che la vostra mente trova allorché pensa lassù, in cielo, accompagnino il vostro primo sonno di questi SS. Esercizi e vi facciano intendere qualche cosa delle celesti melodie, perché possiate sapere che è dato a noi, vivendo quaggiù, di stare già lassù, con vantaggio infinito del merito nostro e dei nostri fratelli. Lo immaginate come sono gli occhi di un uomo la cui conversazione è in cielo? Qual è la serenità, la letizia, anche nella prova e nei giorni bui, di una creatura la cui conversazione è in cielo? Forse e senza forse ne conoscerete. Che cosa irradiano intorno a sé queste creature? Dove passano, avvengono cose di cui non si accorgono, ma avvengono. Che cosa sarà il vostro apostolato domani, se conversatio vestra in cœlis erit? È bello pensarlo, ma abbiamo cinque giorni per volerlo.

14 GENNAIO: SANT’ILARIO CI PROTEGGA DALLA CLOACA MODERNISTA DEL NOVUS ORDO E DAGLI PSEUDOTRADIZIONALISTI!!!

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14 GENNAIO

SANT’ILARIO, VESCOVO E DOTTORE DELLA CHIESA

[Dom Guéranger: L’Anno Liturgico, vol. I, Ed. Paoline, 1957 – imprim.-]

Dopo aver consacrato alla gloria dell’Emmanuele manifestato alla terra l’Ottava dell’Epifania, sempre intenta al divino Bambino e alla Madre sua, fino al giorno in cui Maria porterà fra le braccia il frutto benedetto del suo seno al Tempio, dove deve essere offerto, la santa Chiesa celebra numerosi amici di Dio che ci segnano dal cielo la via che conduce dai gaudi della Natività al mistero della Purificazione. Innanzitutto, ecco fin dall’indomani del giorno consacrato alla memoria del Battesimo di Cristo, Ilario, onore della Chiesa delle Gallie, fratello di Atanasio e di Eusebio di Vercelli nelle lotte che sostenne per la divinità dell’Emmanuele. Le persecuzioni sanguinose del paganesimo sono appena finite che comincia l’Arianesimo. Questo aveva giurato di sottrarre a Cristo – vincitore con i suoi martiri della violenza e della politica dei Cesari – la gloria e gli onori della divinità. La Chiesa non venne meno su questo nuovo campo di battaglia; numerosi Martiri sigillarono ancora con il proprio sangue, versato da principi ormai Cristiani ma eretici, la divinità di Colui che si è degnato di apparire nella debolezza della carne. Ma a fianco di questi coraggiosi atleti brillarono, anch’essi martiri di desiderio, grandi Dottori che rivendicarono, con la dottrina e l’eloquenza, la fede di Nicea che era stata quella degli Apostoli. In primo piano appare Ilario, elevato – come dice san Girolamo – sul coturno gallico e ornato dei fiori della Grecia, il Rodano dell’eloquenza latina e l’insigne Dottore delle Chiese – secondo S. Agostino. Sublime per il genio, profondo nella dottrina, Ilario è ancora più grande nell’amore per il Verbo incarnato e nello zelo per la libertà della Chiesa; sempre divorato dalla sete del martirio, sempre invitto in quell’epoca in cui la fede, vittoriosa sui tiranni, sembrò un giorno sul punto di spirare, per l’astuzia dei principi e per la vile diserzione di tanti pastori.

Vita. – Sant’Ilario nacque in Aquitania fra il 310 e il 320. Unitosi prima in matrimonio, fu quindi elevato alla sede di Poitiers nel 353. A quell’epoca, l’imperatore Costanzo perseguitava i Cattolici. Ilario si oppose con tutte le sue forze all’eresia ariana, ciò che gli meritò, nel 356, di essere esiliato in Frigia. È qui che scrisse i suoi dodici libri sulla Trinità. Nel 360 si trova a Costantinopoli dove chiede all’imperatore il permesso di discutere intorno alla fede con gli eretici. Questi ultimi, per sbarazzarsene, lo fanno rimandare a Poitiers. Nel 361 per opera sua tutta la Gallia, nel Concilio nazionale di Parigi, condanna l’empietà ariana. Muore nel 368. Pio IX lo dichiarò Dottore della Chiesa il 29 marzo 1851.

La lotta per la libertà della Chiesa.

Così ha meritato di essere glorificato il santo Vescovo Ilario, per aver custodito con la sua opera coraggiosa, fino a rischiare la vita, la fede nel principale dei misteri. Un’altra gloria che Dio gli ha concessa è quella di aver messo in luce il grande principio della Libertà della Chiesa, principio senza il quale la Sposa di Gesù Cristo è minacciata di perdere insieme la fecondità e la vita. Poco fa abbiamo onorato la memoria del santo Martire di Cantorbery; oggi celebriamo la festa di uno dei più illustri Confessori il cui esempio lo illuminò e lo incoraggiò nella lotta. L’uno e l’altro si ispiravano alle lezioni che avevano impartite ai ministri di Cristo gli stessi Apostoli, quando comparvero per la prima volta davanti ai tribunali di questo mondo e pronunciarono la profonda massima che è  meglio obbedire a Dio che agli uomini (Atti V, 29). Ma gli uni e gli altri erano così forti contro la carne e il sangue solo perché erano distaccati dai beni terreni e avevano compreso che la vera ricchezza del Cristiano e del Vescovo risiede nell’umiltà e nella nudità della mangiatoia, come la sola forza vittoriosa nella semplicità e nella debolezza del Bambino che ci è nato. Avevano gustato le lezioni della scuola di Betlemme, e appunto per questo nessuna promessa di onori, di ricchezze e persino di pace poté sedurli. Con quanta dignità questa nuova famiglia di eroi di Cristo sorge in seno alla Chiesa! Se la politica dei tiranni, che vogliono apparire Cristiani malgrado il Cristianesimo, rifiuta ad essi ostinatamente la gloria del martirio, con quale voce vibrante non proclamano la libertà dovuta all’Emmanuele e ai suoi ministri! Innanzitutto, sanno dire ai principi, come il nostro grande Vescovo di Poitiers nel suo primo Memoriale a Costanza: « Glorioso Augusto, la tua singolare sapienza comprende che non è giusto, non è possibile costringere con la violenza uomini che si rifiutano, con tutte le loro forze, di sottomettersi e di unirsi a coloro che non cessano di spargere i semi corrotti d’una dottrina adultera. L’unico scopo delle tue fatiche, e dei tuoi disegni, del tuo governo e delle tue veglie deve essere di far godere le dolcezze della libertà a tutti quelli che comandi. Non c’è altro modo di sedare i tumulti, e di riunire ciò che era stato violentemente diviso, fuorché rendere ciascuno esente dalla servitù e padrone della propria vita. Lascia dunque giungere alle orecchie della tua mansuetudine tutte le voci che gridano: io sono Cattolico e non voglio essere eretico; sono Cristiano, e non sono ariano: preferisco morire in questo mondo piuttosto che lasciar corrompere dal dominio d’un uomo la purezza immacolata della verità » (P. L. X, c. 557-558).

Supremazia della legge divina.

E quando si faceva risuonare agli orecchi d’Ilario il nome profanato della Legge per giustificare il tradimento di cui era oggetto la Chiesa da parte di coloro che preferivano le buone grazie di Cesare al servizio di Gesù Cristo, il santo Vescovo, nel suo Libro contro Ausenzio, richiamava coraggiosamente ai suoi colleghi l’origine della Chiesa, la quale ha potuto stabilirsi solo contro le leggi umane, e si gloria di infrangere tutte quelle che ostacolano la sua conservazione, i suoi sviluppi e la sua azione. – « Quale pietà ci ispirano tutte le brighe del nostro tempo, e come dobbiamo piangere considerando le folli opinioni di questo secolo, quando si incontrano uomini i quali pensano che le cose umane possano proteggere Dio e che cercano di difendere la Chiesa mediante l’ambizione secolare! Io chiedo a voi, o Vescovi: di quale appoggio si sono valsi gli Apostoli nella diffusione del Vangelo? Quali sono le potenze che li hanno aiutati a predicare il Cristo, a far passare quasi tutte le nazioni dal culto degli idoli a quello di Dio? Ottenevano forse qualche dignità dalla corte essi che cantavano inni a Dio nelle prigioni, stretti in catene, e dilaniati dai flagelli? Era forse con gli editti del principe che Paolo radunava la Chiesa di Cristo? Certo, agiva sotto il patrocinio d’un Nerone, d’un Vespasiano o d’un Decio, di principi il cui odio ha fatto fiorire la predicazione divina! Erano Apostoli che vivevano con il lavoro delle proprie mani, che tenevano le loro assemblee in luoghi segreti, che percorrevano i villaggi, le città e le nazioni, per terra e per mare, a dispetto dei Senaticonsulti e degli Editti reali, e perciò non potevano aver le chiavi del Regno dei Cieli! E poi, non era certo la virtù di Dio che trionfava sulle passioni umane in quei tempi in cui la predicazione del Cristo si diffondeva in proporzione delle proibizioni a cui era soggetta! » (P. L. X, c. 610-611).

La persecuzione senza il martirio.

Ma quando è giunto il momento di rivolgersi all’Imperatore stesso e di protestare apertamente contro l’asservimento della Chiesa, Ilario, il più dolce degli uomini, si riveste di quella divina indignazione di cui Cristo stesso parve animato contro i violatori del Tempio, e il suo zelo apostolico sfida tutti i pericoli per segnalare gli errori del sistema che Costanzo ha inventato per soffocare la Chiesa di Cristo dopo averla inaridita. « È giunto il tempo di parlare, perché è finito il tempo di tacere. Bisogna che aspettiamo il Cristo, poiché è cominciato il regno dell’Anticristo. Che i pastori diano l’allarme, poiché i mercenari hanno preso la fuga. Diamo la vita per le nostre pecore, poiché sono entrati i ladri e il leone furioso gira intorno a noi. Andiamo incontro al martirio, poiché l’angelo di satana è trasformato in angelo di luce. » Perché, o Dio onnipotente, non mi hai fatto nascere e compiere il mio ministero al tempo di Nerone o di Decio? Pieno del fuoco dello Spirito Santo, non avrei avuto timore dei supplizi, al ricordo di Isaia segato in due, e non mi avrebbe spaventato il fuoco al pensiero dei Fanciulli Ebrei che cantavano in mezzo alle fiamme; né mi avrebbero fatto paura la croce e le torture, ricordando il ladrone trasportato in paradiso dopo tale supplizio; non avrebbero indebolito il mio coraggio gli abissi del mare o il furore delle onde, perché l’esempio di Giona e di Paolo mi avrebbero insegnato che i tuoi fedeli possono vivere anche sotto i flutti. » Contro i tuoi nemici accaniti, avrei combattuto volentieri, perché non avrei avuto alcun dubbio che fossero veri persecutori quelli che mi avessero voluto costringere, con i supplizi, con il ferro ed il fuoco, a rinnegare il tuo Nome; per renderti testimonianza, sarebbe bastata solo la nostra morte. Avremmo combattuto apertamente e fiduciosamente contro coloro che ti rinnegano, contro i carnefici e i giustizieri, e i nostri popoli, venutine a conoscenza per il clamore della persecuzione, ci avrebbero seguiti come loro capi nel sacrificio che ti rende testimonianza. » Ma oggi dobbiamo combattere contro un persecutore mascherato, contro un nemico che ci lusinga, contro l’Anticristo Costanzo che ha per noi non colpi mortali ma carezze, che non proscrive le sue vittime per dare loro la vera vita, ma le colma di carezze per dar loro la morte, che non dà la libertà delle prigioni oscure, ma una servitù di onori nei propri palazzi, che non lacera i fianchi, ma invade i cuori, che non stacca la testa con la spada, ma uccide l’anima con l’oro, che non pubblica editti per condannare al fuoco, ma accende per ciascuno il fuoco dell’inferno. Non discute, per timore di essere sconfitto, ma lusinga per dominare, confessa Cristo per rinnegarlo, procura una falsa unità perché non vi sia affatto la pace, infierisce contro alcuni errori per meglio distruggere la dottrina di Cristo, onora i Vescovi, perché cessino di essere Vescovi, costruisce chiese, mentre va distruggendo la fede. » Si finisca di accusarmi di maldicenza e di calunnia; il dovere dei ministri della verità è di dire soltanto cose vere. Se diciamo cose false, siano le nostre parole ritenute infami; ma se facciamo vedere che tutto ciò che diciamo è manifesto, non abbiamo oltrepassato la libertà e la modestia degli Apostoli, noi che accusiamo solo dopo lungo silenzio. » Io dico ad alta voce, o Costanzo, quanto avrei detto a Nerone e quanto avrebbero inteso dalla mia bocca Decio e Massimiano; tu combatti contro Dio, infierisci contro la Chiesa, perseguiti i santi, odi i predicatori di Cristo e distruggi la religione; sei un tiranno, se non nelle cose umane, almeno nelle cose divine. Ecco quanto avrei detto a te e ad essi. Ora, ascolta quanto fa solo per te. Sotto la maschera di Cristiano, tu sei un nuovo nemico di Cristo; precursore dell’Anticristo, tu metti già in opera i suoi odiosi misteri. Vivendo contro la fede, ti ingerisci per dettare formule; distribuisci i vescovadi alle tue creature e sostituisci i buoni con i cattivi. Per un nuovo trionfo della politica, trovi il modo di essere persecutore senza fare dei martiri. » Quanto fummo più debitori alla vostra crudeltà, o Nerone, Decio e Massimiano! Con voi abbiamo vinto il diavolo. La pietà ha raccolto in ogni luogo il sangue dei martiri, e le loro ossa venerate rendono testimonianza da ogni parte. Ma tu, più crudele di tutti i tiranni, ci attacchi con molto maggior pericolo, e ci lasci minor speranza di perdono. A coloro che avessero avuto la disgrazia di esser deboli, non rimane nemmeno la scusa di poter mostrare all’eterno Giudice il segno delle torture e le cicatrici dei loro corpi lacerati, per farsi perdonare la debolezza in considerazione della necessità. Come il più scellerato degli uomini, tu temperi i mali della persecuzione in modo tale che togli l’indulgenza alla colpa e il martirio alla confessione. » Noi ti riconosciamo sotto le tue vesti di agnello, o lupo rapace! Con l’oro dello Stato decori il santuario di Dio, e gli offri quanto sottrai ai templi dei Gentili e quanto estorci con i tuoi editti e le tue esazioni. Ricevi i Vescovi con lo stesso bacio con il quale fu tradito Cristo. Chini il capo alla benedizione, e calpesti la fede; esenti dalle imposte i chierici per farne dei Cristiani rinnegati e rinunci ai tuoi diritti con lo scopo di far perdere a Dio i suoi » (Libro contro Costanzo, P. L. X, c. 577-587).

Lotta contro il Naturalismo.

Ecco il coraggio del santo Vescovo di fronte ad un principe il quale finì per fare dei martiri. Ma Ilario non ebbe solo da lottare contro Cesare. In tutti i tempi la Chiesa ha avuto nel suo seno dei mezzi fedeli che l’educazione, un certo benessere e qualche prestigio di grandezza e di talento trattengono fra i cattolici, ma che lo spirito del mondo ha pervertiti. Essi si sono fatta una Chiesa umana, poiché, avendo il naturalismo falsato il loro spirito, sono divenuti incapaci di cogliere l’essenza soprannaturale della vera Chiesa. Abituati ai mutamenti della politica e agli abili raggiri con i quali gli uomini di Stato giungono a mantenere un effimero equilibrio attraverso le crisi, sembra loro che la Chiesa, anche nella proclamazione dei dogmi, debba tener conto dei suoi nemici, che potrebbe ingannarsi sull’opportunità delle sue risoluzioni e che in una parola la sua precipitazione può attirare su di essa e su quelli che comprometterà con sé, un funesto svantaggio. Alberi sradicati, dice un Apostolo, poiché infatti le loro radici non affondano più nel suolo che li avrebbe nutriti e resi fecondi. Le promesse formali di Gesù Cristo, l’immediata assistenza dello Spirito Santo sulla Chiesa e l’aspirazione del vero fedele a sentir proclamare nella sua pienezza la verità che nutre la fede nell’attesa della visione, e la sottomissione passiva dovuta previamente ad ogni definizione che emana ed emanerà dalla Chiesa sino alla fine del mondo: tutto ciò non appartiene per essi all’ordine pratico. Nell’ebbrezza della politica mondana e degli appoggi che essa procura loro da parte di quelli che odiano la Chiesa, si compromettono davanti a Dio e davanti alla storia con i disperati sforzi che ardiscono fare per arrestare la promulgazione della verità rivelata.

La pace nell’unità e nella verità.

Anche Ilario doveva incontrare sul suo cammino questi uomini atterriti dal consustanziale, come già altri si sono adirati per la transustanziazione e per l’infallibilità. Si oppose come un baluardo alle loro pusillanimità e ai loro volgari calcoli. Ascoltiamolo mentre è commentato dal più eloquente dei suoi successori : « E la pace? Mi dite. Non turberai forse la pace e l’unione? ». – « È un bel nome quello della pace ed è anche una bella cosa l’idea d’unità; ma chi ignora che, per la Chiesa e per il Vangelo non vi è altra unità e altra pace fuorché l’unità e la pace di Gesù Cristo? ». – « Ma, gli si obiettava ancora, non sai forse con chi ti misuri, e non hai paura ? ». – « Sì, veramente ho paura; ho paura dei pericoli che corre il mondo; ho paura della terribile responsabilità che graverebbe su di me per la connivenza e la complicità del mio silenzio. Ho paura infine del giudizio di Dio, ne ho paura per i miei fratelli usciti dalla via della verità e ne ho paura per me, che ho il dovere di guidarveli ». Si aggiungeva ancora: « Ma non vi sono delle reticenze lecite, degli adattamenti necessari? ». Ilario rispondeva che la Chiesa non ha affatto bisogno di essere istruita, e che non può dimenticare la sua missione essenziale. Ora, ecco quella missione: «Ministri della verità, spetta a noi dichiarare ciò che è vero. Ministros veritatis decet vera proferre » (Opere del Cardinal Pie, vescovo di Poitiers).

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Tutto le parole di S. Ilario possono essere ancor più oggi essere applicate ai falsi vescovi e prelati modernisti, gli apostati del novus ordo e gli scismatici pseudotradizionalisti, tutti conniventi dei poteri kazaro-massonici con cui stanno mietendo anime a milioni, senza pietà e riguardi, in disprezzo della dottrina di Cristo e delle leggi della sua unica e vera Chiesa, la Chiesa Cattolica Romana. Altro che imperatore eretico, oggi abbiamo da fare con finti vescovi e marionette in talare di ogni colore, che si spacciano per pastori e sono lupi e leoni ruggenti in cerca di anime da divorare. Venga con la Santissima Vergine e San Michele Arcangelo,  Sant’Ilario a difenderci, ad urlare come un tempo: al fuoco, al fuoco, stanno uccidendo i nostri fratelli, stanno massacrando le anime di tanti uomini, donne, bambini, giovani e vecchi con la spada dell’eresia modernista, la cloaca di tutte le eresie, la fogna putrida che ha invaso i templi cristiani ed i sacri palazzi del mondo intero!!! [ndr. -].