LO SCUDO DELLA FEDE (121)

Paolo SEGNERI S. J.:

L’INCREDULO SENZA SCUSA

Tipogr. e libr. Salesiana, TORINO, 1884

PARTE PRIMA

CAPO XXXIII.

Della necessità di una vera religione, e del modo di scorgerla tra le false.

I . Se vi ha un Dio nell’universo, v’ha provvidenza. Se v’ha provvidenza, l’anima dunque è immortale. E se l’anima è immortale, forza è che vi sia qualche religione, e religion vera, la quale da tale anima si professi. Eccovi una bella catena d’oro tratta da ciò che si è discorso finora per arrestare i pensieri insolenti degli ateisti.

I.

II. Rimane solo di mostrar loro quest’ultima verità, cioè a dire, la necessità di una vera religione da professarsi (È un fatto di esperienza, che di religioni se ne danno parecchie, diverse ed opposte, come è un pronunciato di ragione, che fra le contrarie religioni dall’umanità professate, una sola può essere la vera e questa necessaria). Ma questo è facile. Conciossiachè, se quella divinità che riconosciamo, non è addormentata, ma provvida, conviene che ella abbia qualche bersaglio a cui ordini l’universo, non intendendosi altro per provvidenza, che una ragione d’indirizzar saggiamente i suoi mezzi al fine. Or questo bersaglio dove ha rimirato Dio nella formazion delle cose non può essere altro che Egli medesimo, il quale, com’è il primo principio di tutte loro, così debb’esserne ancora l’ultimo fine. Non già perché da ciò mai risulti alla sua natura divina alcun pregio intrinseco (non potendo Egli, che è abisso di perfezione, né crescere, né calare dentro di sè), ma perché gliene ridondi bensì qualche onor estrinseco, in virtù di cui soddisfaccia a quella soave inclinazione che Egli ha di essere amato dalle sue creature, e riconosciuto quale lor benevolo autore. Sicché il formar questo mondo non fu altro alla fine, che l’alzare un tempio sontuoso al suo Nome: ed il moltiplicarvi lo creature ragionevoli, non altro fu, che un moltiplicarvi gli adoratori. Ma se è così, fu conseguentemente di espressa necessità, che manifestasse anche agli uomini in qual maniera Egli amasse più di venir da loro adorato in così bel tempio; e con qual culto, con quali cerimonie, con quali riti si dovesse procedere in dargli omaggio. Stabilire ciò fu appunto stabilire la religione di cui si cerca: mentre la religione altro non è che una virtù, che ci tiene legati a Dio con quell’ossequio speciale, che Egli da noi chiede, qual principio dell’esser nostro, e qual fine (S. Th. 2. 2. q. 31. a 1).

III. Che se la bontà divina ha per costume di accoppiare continuamente alla gloria propria l’utilità delle creature, e massimamente di quelle che son capaci di conoscere il loro Autore, e di amarlo, quali sono le ragionevoli; anche per questo capo non potea non esservi qualche vera religione, in virtù di cui divenissero gli uomini più perfetti (Ib. a. 7. in e). E chi non sa che la perfezione di qualunque cosa inferiore consiste in soggettarsi del tutto alla superiore, come si scorge nell’aria, che allora diventa più sincera e più splendida quando si lascia più dominare dal sole? Convenne adunque che a voler essere gli uomini più perfetti si sottoponessero bene a Dio, sì con l’anima, sì col corpo: il che allora accade, quando il corpo co’ riti esterni accompagni l’anima nelle protestazioni interne che tra sé rende alla divina maestà: protestazioni sempre di nuovo merito per la fede, che l’uomo sempre rinnova in esercitarle.

IV. Questa religione poi, che è un beato composto, e d’insegnamenti ad onorar Dio, e di mezzi da guadagnarselo, era parimente di somma necessità al vivere scambievole delle genti in tranquilla unione. Perché, quantunque la giustizia terrena, qualor armata ella va di pene e di premi, sia qualche poco abile a raffrenarle, non è abbastanza; mentre chi occultamente sapesse condurre a fine i suoi disegni perversi di rubare, di ammazzare, di adulterare, si riderebbe di tutte le leggi umane, le quali possono strepitare bensì contra falli noti, ma che possono fare contra i nascosti? Al perfetto governo della repubblica era pertanto necessario anche più il timore di leggi non disprezzabili quali sono le divine. E queste appunto son quelle che intuona al cuor di ciascuno la religione, armata anch’essa e di premi e di pene, ma di altro peso, da compartirsi nella vita di là, che non ha mai fine.

V. Quindi è che la religione parve ad alcuni invenzione sagace della politica, tanto vale al ben governare: Nulla res multitudinem efficacius regit, quam superstitio (Curtius). Ma non considerarono questi sciocchi che la politica non può a veruno fare mai credere fermamente sopra ogni cosa ciò che non gli può dimostrare. Vi vuole a tanto quella grazia interiore, la quale non è potere della politica. Questa al più al più potrà fare tenere per verisimili quegli articoli, che ella va ordinando a capriccio, ma non potrà mai farli indubitatamente tener per veri. E l’opinione ben può fino a certo segno contenere i popoli in freno, ma debolmente, mentre a lei vacilla la mano. Piuttosto da ciò mi giova ritorcere l’argomento in sì fatta guisa. Se affìn di contenere i popoli a freno, è buona una religione anche immaginata, quanto migliore dunque sarà una reale? E se la reale è migliore, chi potrà per questo medesimo dubitar ch’ella non vi sia? Ne ha da sapere un uomo più che Dio stesso ad architettarla? E pur sarebbe così, quando non Dio, ma l’uomo fosse colui il quale avesse inventato un morso sì forte al vizio, e un incentivo sì nobile alla virtù; e ad un tal uomo più dovrebbe il genere umano per lo conseguimento del suo ben vivere, di quello che dovesse al medesimo Creatore per lo conseguimento del puro vivere.

VI. Di poi chi avrebbe potuto la prima volta fingere al mondo una religione non vera, se non a similitudine di una vera che già vi fosse? La copia presuppone l’originale. Il corpo è più antico dell’ombra. Né mai fu prima il ladro a formar la moneta falsa: fu prima il principe a fabbricarne la vera.

VII. Finalmente come potrebbe mai la natura umana, ch’è ragionevole, cavare il suo prò maggiore dalla bugia, che è il maggior nimico ch’ella abbia? La ruggine non perfeziona il ferro, ma lo consuma. E così veggiamo che le religioni bugiarde, non solamente non hanno aiutata mai la natura umana ad operar da quella che ella è, cioè a dire da ragionevole: ma l’hanno fatta degenerare in brutale, come chiaramente si scorge dai tanti vizi, e di alterigia e di senso e di spietatezza che sotto quelle hanno sempre in lei dominato, più che tiranni. Quella religione che riesce giovevole al buon governo è la vera sola, cioè quella la quale fa che l’uomo in terra conosca il suo primo principio, e per conseguente anche il suo ultimo fine, e che a lui si unisca. Onde come i tempi più sontuosi valgono molto ad adornar le città, benché non siano di primaria intenzione eretti per adornarle, ma siano eretti per rendere culto al cielo; così la religione, benché di sua natura sia stabilita ad omaggio del Creatore, giova di riflesso alla vita civile incredibilmente.

VIII. Ripigliando dunque da capo: se Dio v’è, e v’è provvido, e v’è possente, tocca dunque a Lui di vedere come gli piaccia di rimanere onorato dagli uomini in su la terra, non tocca agli uomini di determinare come abbiano ad onorarlo (S. Th. 2. 2. q. 81. art. 2. ad 3). E posto ciò, non vi può esser religìon sussistente, la qual non sia da Dio rivelata di bocca propria (Suarez de fide disp. 4. sect. 1): non già ad ogni uomo il quale a mano a mano entri al mondo, che saria troppo; ma solo da principio ad alcun di loro che l’abbia poi con le sue debite prove trasmesse ai posteri. Che però tutto il nostro studio ha da consistere in questo, in ravvisare la religion da Dio rivelata. Fatto ciò non altro più ci rimane, che andare incontro a quell’unica, e genuflessi baciarle i piedi con intimo sentimento di cattivare ogni nostro orgoglio a’ suoi detti, come a’ divini.

II.

IX. Dove son però quegli audaci, i quali arrivano a dire per loro gloria che non veggono ancora terreno fermo su cui fondare la loro instabil credenza: e perciò riposandosi agiatamente sopra una tale ignoranza, benché supina, come sopra una coltrice di saviezza giacciono in alta notte d’infedeltà, ostentando ancora ad altrui questo loro tenebre, assai più di quegli abissini, tra cui si vanta, quasi più chiaro di volto, chi l’ha più nero? Ah che troppo è bestiale cotesto loro riposo, e troppo ancora è mortale! È bestiale, perché è da bestia non volersi chiarir di una verità così rilevante, che non si può non trovare da chi la cerchi con animo disappassionato, tante sono le faci acceso a scoprirla. Ed è mortale, perché siccome la vera Religione si regge su la vera fede, così la vera speranza della salute si regge su la vera Religione. Dove manchi un tal fondamento, non si può alzare altra molo che rovinosa.

X. Chi però ebbe sorte di nascere in grembo alla vera fede ne ringrazi Dio giornalmente. Chi non ebbela, che ha da fare? Vadane in cerca: né si dia pace finché non giunga a trovarla. Quel Dio, che come prima verità ha manifestati all’uomo gli articoli che egli ha da tenere, e che come prima santità gli ha palesate le virtù parimente che egli ha da esercitare, se vuol salvarsi, non ha favellato di modo che non si possa il suo linguaggio capire da chiunque, sciolto da qualunque perversa anticipazione, cerchi con piena sincerità, non di convincere altri, ma sé medesimo; non di cavillare, ma di credere; non di contendere, ma di capacitarsi. Un panno inzuppato nell’acqua non è atto a imbevere la grana; ma si asciughi ben bene, e la imbeverà.

XI. Oltre a ciò il medesimo Dio sta sempre pronto ad aggiungere nuovi lumi alla fiacca mente, nuovo calore alla fiacca volontà, per cui più soavemente ci affezioniamo allo sue voci, come a veridiche, e alle sue leggi, come a vitali; purché riconoscendo la legittima fede qual dono sommo di Lui, ci forziamo con umilissime suppliche di ottenerlo dalle sue mani, con intenzione di volergliene vivere sempre grati. Non lasciò mai di trovar Dio chi cercollo sinceramente: giacché quanto Egli si nasconde a’ superbi, amatori di se medesimi, tanto si scopre agli umili amatori non di sé ma del vero, il quale alla fine altro non è che Dio stesso: Abscondisti hæc a sapientibus et a prudentibus: et revelasti ea parvulis.

Autore: Associazione Cristo-Re Rex regum

Siamo un'Associazione culturale in difesa della "vera" Chiesa Cattolica.