LO SCUDO DELLA FEDE (272)

SOPRANNATURALE

I. Basta la ragione, basta il cuore.

Quel che è stato detto nel capo antecedente intorno al soprannaturale, dovrebbe esser bastante; però siccome intorno ad esso è più capitale errore del nostro secolo, e Tiene espresso sotto varie forme, così non sarà altro che utile l’investigarlo più a fonda, richiamando ad esame alcuni altri detti che vanno attorno. – Che sia tendenza universale di questa età l’escludere nell’esercizio della religione e nella condotta tutto quello che ha qualche cosa di soprannaturale, nessuno v’ha che nol veda. Alcuni il fanno senza pure renderne conto a sé medesimi né quasi avvertirlo; altri lo dicono espressamente; e quando sentonsi parlare di culto, di virtù superiori, di esercizi di pietà cristiana, vi rispondono freddamente: e che necessità di tutto ciò’? Basta la ragione per regolare il nostro intelletto, basta il cuore per reggere i nostri affetti. E ciò per tacere di quelli, i quali non solo avversano tutto ciò .I.  vi ha altra religione che la naturale. – Ora non può entrar nello scopo di questo libretto il confutare questi ultimi, poiché io ho sempre supposto di parlare con Cattolici i quali ammettono la rivelazione; e per altra parte le ragioni innumerevoli che provano la divinità di Cristo, provano ancora la verità della religione rivelata: ben credo di dover esaminare un poco questi due principii: Basta la ragione, basta il cuore; perché da essi originano i maggiori errori, in cui cadono anche molti che si stimano Cattolici in questa età: e, lo avvertano essi o no, quei due principii levano loro dal cuore affatto la fede cattolica.

I. Non basta dunque la ragione, non basta il cuore, per essere Cattolici, ma ci vuole tutto quello che di soprannaturale vi ha aggiunto nostro Signore Gesù Cristo. Perché intendiate ciò, richiamate alla vostra mente alcune verità cattoliche. Gli è da sapere in primo luogo che Dio, creando l’uomo, non si contentò d’assegnargli un fine naturale, ma lo innalzò ad un fine soprannaturale. Noi chiamiamo naturale quel fine, a cui un essere può arrivare colle forze che si trovano nella sua natura medesima: così, a cagione di esempio, fine naturale di una pianta sarà il germinare, fiorire, portar frutti, poiché essa ha nella sua costituzione intima e nell’organismo tutto quello che è necessario per dare e fiori e frutti. Chiamiamo fine soprannaturale quel fine, a cui non può pervenire un essere colle sole sue forze naturali, e per ottenere il quale, si richiede che Dio gli inserisca, dirò così, un altro principio. Per esempio, se Dio volesse che una pianta non solo producesse e fiori e frutti, come abbiamo detto di sopra, ma che ancora parlasse o intendesse, questo sarebbe un fine sopra la natura di essa pianta e richiederebbe che Dio inserisse in quella pianta e l’intendimento e gli organi della loquela. – Ciò presupposto, Iddio nel formare l’uomo che cosa ha fatto? Non si contentò di prefiggere a lui un fine naturale, cioè un fine, cui potesse pervenire colle forze che erano in lui, ma lo ordinò invece ad un fine, a cui le forze che erano in lui non bastassero. L’uomo colle sue forze avrebbe potuto innalzarsi fino a Dio, conoscerlo, ma solo speculativamente, unirsi con Lui, ma solo per un amore naturale: a più alto scopo non poteva levarsi; in quel modo con cui la pianta naturalmente non poteva levarsi più che alla produzione dei fiori e dei frutti. Iddio però volle benignamente che l’uomo fosse innalzato fino alla dignità di vederlo a faccia a faccia, e possederlo nella visione beatifica, ed unirsi a Lui con un amore sì perfetto, da essere, dirò così, trasformato in Lui. Epperò perché l’uomo potesse poggiare tanto alto, che cosa dovette egli fare? Dovette inserire un nuovo principio nell’uomo, mediante il quale, egli fosse capace di questa operazione sì nobile ed elevata. Dire quale eccesso di bontà sia questo in Dio, di averci degnato di un fine sì alto, dire che sublimità sia per l’uomo l’avere questo fine nobilissimo, sarebbe argomento maraviglioso, ma ci farebbe uscire di strada. – Al nostro proposito fa il sapere in secondo luogo che, dopo che Dio ha avuta questa degnazione verso di noi di prefiggerci un fine soprannaturale, noi abbiamo al tutto l’obbligo di tendervi, perocché noi non possiamo evitare la dannazione, nè acquistare la salute altro che tendendo ad esso. Potrebbe dire alcuno che ci si contenta di arrivare al fine naturale; ma questo non è possibile, perché Iddio ha determinato al tutto che non vi fosse altra beatitudine che la soprannaturale, oppure la dannazione: tantoché o possederemo godendone la vista chiara e trasformandoci, per così dire, in Lui, oppure saremo privi di Lui per sempre e gittati nell’abisso eterno. – In terzo luogo, è da sapere, che come la pianta, di cui abbiamo parlato sopra, avrebbe avuto bisogno, per poter parlare e intendere, che le venissero inserite nuove facoltà e gli organi opportuni; così alla nostra natura, perché possa tendere a quel fine soprannaturale che le fu proposto, si richiedono nuovi principii. Questi sono: primo, una qualità che s’infonde da Dio nell’anima, la quale chiamiamo grazia santificante; e dopo la caduta che l’uomo fece in Adamo, per la quale perdette il tesoro di essa grazia santificante, si richiese la fede e la speranza in un Redentore venturo, per poter ricuperare la detta grazia; e finalmente dopo che questo Redentore venne sulla terra e ci meritò e ci ricuperò la grazia, si richiede che noi pratichiamo tutti quei mezzi, che Egli preferisce come i soli valevoli per giungere al fine soprannaturale. – Questo è il punto che poco s’intende da molti Cristiani, che pure è di massima importanza per chi voglia giungere alla salute. È necessaria dunque in primo luogo la fede in Gesù Cristo, nostro unico Redentore e Salvatore, per i cui meriti ci vengono conferite tuttu le grazie e tutti gli aiuti necessari alla salute; la quale fede cì viene infusa nel santo Battesimo. È necessario, in secondo luogo, possedere la grazia santificante, la quale nello stesso Battesimo si conferisce, ed ordinariamente poi dagli adulti, che per loro sventura la perdono, si riacquista nel sacramento della Penitenza. – Terzo è necessaria la conformità con Gesù Cristo, perché Iddio ha determinato che non vi sia salvezza se non nella imitazione di Lui; è necessario che gli atti buoni e di virtù, che noi facciamo, siano atti soprannaturali, cioè, per parlare più chiaro, atti che muovano dal principio interno di quella qualità infusaci, che abbiamo detto essere la grazia santificante, ed atti che siano fatti per motivi conosciuti col lume della fede. – Se non si adoperano questi mezzi, è nulla del mai sperare il conseguimento del fine; perché tutti gli altri mezzi, fuori di questi, non hanno proporzione veruna col fine che ci è proposto. Per continuare la similitudine già addotta, quella pianta, che dovesse non solo produrre fiori e frutti, ma ancora intendere e parlare, giungerà mai a questa operazione, se non mettesse in moto altro che gli organi della vegetazione, e non già quelle qualità tanto più eccellenti, di cui è stata arricchita straordinariamente per produrre suoni e pensieri? Certo no, poiché gli organi della vegetazione non hanno proporzione coll’uso della favella e colla facoltà dell’intendere: ora il simile avviene in noi. La gloria, che ci aspetta nella beatitudine avvenire, non può essere effetto di soli atti naturali. Questi non hanno proporzione con quella, bisogna che si metta in moto la grazia, perché possiamo produrre atti valevoli al fine soprannaturale. – Ora le cose stando così, che non vi è salute se non per mezzo della fede, della grazia, dell’imitazione di Gesù Cristo, delle opere fatte per motivi soprannaturali, come può altri dire che basti la ragione, che basti il cuore, che non si estendono da sé a niuna opera che sia soprannaturale? Che poi veramente si richiedano questi mezzi è tanto certo, quanto è certa la parola di Dio, quanto è certa tutta l’economia della fede cristiana. Il negare la necessità della grazia santificante e della grazia attuale è cadere nella superba eresia di Pelagio, il quale non volle mai riconoscere le dottrine di Cristo che promulgava, che senza di Lui nulla si poteva fare, e dell’Apostolo il quale asseriva, che senza la carità l’uomo è nulla. Il non conoscere la necessità della fede per la salute è lo stesso che contraddire all’Apostolo, il quale afferma che senza la fede è impossibile piacere a Dio ed a Gesù Cristo, il quale assicura che chi non crede sarà condannato. Che la imitazione di Cristo sia indispensabile alla salvezza, lo intima il Principe degli Apostoli, il quale ci ammaestra che Gesù ci precedette perché noi ne seguissimo poi le orme; e quelle di Paolo, che non è predestinato alcuno, se già non è previsto conforme all’immagine del divin Figliuolo. Che si richieda un fine soprannaturale nel bene che facciamo, come poteva insegnarcelo più chiaramente il divino Maestro, che col farci sapere che chi si propone un fine terreno, coll’ottenere questo ha già conseguito quel che bramava ed ha già ricevuta la sua mercede? Inoltre, tutta l’economia della venuta di Cristo, della sua predicazione, della sua vita, de’ suoi esempi, della istituzione degli Apostoli, della fondazione della Chiesa, non fa poi altro che gridare a gran voce che siamo tenuti alla vita soprannaturale. Tutte le frasi così solenni della santa Scrittura, che siamo chiamati alla luce, che dobbiamo essere morti alla natura per vivere alla grazia, che non ha più da vivere in noi l’uomo vecchio ma il nuovo, che non ha più da trionfare la carne ma lo spirito, che il nuovo Adamo ha sepolto l’antico: tutte queste frasi della santa Scrittura ed altre innumerevoli, significano tutte che non abbiamo da regolarci con la sola ragione, col solo cuore, ma bensì coi principii superiori alla ragione, con affetti superiori a quelli naturali del cuore. – Alla presenza di tante ragioni stimo inutile l’allegare in proprio sia la pochezza della ragione; l’insufficienza di essa per scoprire pienamente il vero, e tutti gl’interminabili e gravissimi errori in cui sono sprofondati e sprofondano tuttodì i suoi adoratori fanatici. Stimo inutile il mettere sott’occhio al lettore la bruttezza, la doppiezza, la corruzione di quel cuore, di cui alcuni menano tanto vanto. Ognuno che riflette sopra di sé un istante, sarà più che bastevolmente convinto, che s’ingannano in gran maniera tutti coloro i quali gridano che basta la ragione, che basta il cuore. Piuttosto è a dire (perché non tutti l’intendono bastevolmente) qual sia la gravità di questo disordine ed il danno: io lo toccherò brevemente, sia perché si conosca meglio, sia perché chi vuole il possa sfuggire più agevolmente. – Cotesto immenso errore vizia il Cristiano intorno alla radice stessa della salute che è la fede: imperocché chi crede bastar la ragione a salvamento, non potrà mai far gran caso della fede che è sopra la ragione. Ed infatti vediamo poi costoro non capir nulla della necessità di essa, sentenziare che qualunque religione è buona, che basta il far bene; non fare differenza alcuna tra il protestante, il deista ed il Cattolico; limitare ad un poco di probità naturale tutta l’essenza della religione: e mentre il Salvatore del mondo vien sulla terra a bella posta per seminare la vera fede, mentre grida che chi non crede sarà condannato, che chi non crede è già giudicato; essi non sanno neppur capire come si possa fare tanto caso di questo dono ineffabile: e mentre vedono i primi fedeli lasciarsi strappare piuttosto l’anima dal corpo che la fede dal cuore; essi la stimano un nonnulla da gittarsi per ogni vano sofisma o leggera nebbia di difficoltà. – Lo vizia altresì in ordine alla grazia, giacché costoro non pensano neppure alla necessità che hanno, per salvarsi, di mantenersi in quella: che la grazia ha da essere il principio nuovo del loro operare in ordine alla salute, che è la sola per cui possano essere amici di Dio e grati ai suoi occhi. Perciò passano gli anni intieri senza di essa, e talvolta, appena ricuperata, la gittano di bel nuovo; e mentre si affliggerebbero immensamente di aver perduta una tenue somma di argento e di oro, non sentono neppure di aver perduto il tesoro immenso che solo poteva spendersi per l’acquisto del cielo. – Come s’ingannano intorno alla necessità della grazia, così si ingannano intorno alla necessità ed all’uso dei mezzi necessari ad acquistarla e mantenerla. Non sarebbe credibile, se non si vedesse tutto giorno in quelli che sono travagliati da cotesto errore, la trascuratezza in che giacciono di tutti cotesti mezzi. I sacramenti sono i canali ordinari della grazia, il santo sacrifizio della Messa e le orazioni la impetrano, la divina predicazione le apre la strada, e generalmente tutti i mezzi di pietà la fomentano nel cuore: ora non è a dire fino a qual punto siano trascurati in tutto ciò. Sebbene la trascuratezza è anche il meno a petto dell’indifferenza, con cui mirano tutte queste pratiche. Colla persuasione che hanno, che basta la ragione ed il cuore alla salute, non possono più mirare tutti i mezzi sopraccennati, che come cose inutili o soverchie o certamente tutt’altro che necessarie, e faccia Dio che non anche come superstiziose. E così, come lo pensano, anche lo dicono, parlandone con altri, coi quali si fanno le maraviglie che se ne faccia tanto caso. Ho sentito io più di una volta persone non cattive dire con un sangue freddo che metteva compassione a chi si mostrava sollecito dell’uso di tutti cotesti mezzi: e come mai voi, che avete tanto ingegno, siete poi tocco da questi pregiudizi? Anche voi per le chiese? Anche voi a spazzare confessionali? Oh che Iddio si avrà da curare di tutto ciò? E non sospettare neppure che dicevano il più bestiale sproposito che potessero dire! Quest’errore corrompe poi tutto quello che fanno, perfino le virtù. Come non riconoscono che il bene, perché sia bene giovevole alla salute, bisogna che sia fatto per motivi soprannaturali, ed anche in istato di grazia perché sia meritorio di vita eterna, che le virtù siano esercitate per motivi soprannaturali, onde siano virtù cristiane; così in tutto operano puramente all’umana, e così non meritano punto, e perdono il tempo e l’opera. Quanto non hanno gridato e preso scandalo di sacerdoti zelanti, i quali han condannata la loro filantropia ed hanno cercato di richiamarli alla carità! Non sapevano darsi pace che i sacerdoti impugnassero le loro opere filantropiche di asili, di orfanotrofi, di ricoveri, di scuole, di culle, di che so io: ma forse avevano ragione di scandalizzarsi così? Tutto all’opposto. Avevano veduto questi ecclesiastici dalle persone che promovevano, caldeggiavano, patrocinavano quelle opere che non vi era in esse lo spirito del Vangelo, poiché spesse volte esse partivano da increduli, da libertini, da protestanti, e ne presero sulle prime ragionevolmente sospetto. Attesero ai motivi che si allegavano in favore di esse, e si accorsero che non avevano nulla che si sollevasse sopra l’umano, e lamentavano che presso i Cristiani non avessero anche la bontà soprannaturale. Vedevano in una parola che non si beneficava l’uomo, perché figliuolo di Dio, perché redento da Gesù Cristo, perché immagine dell’Altissimo, perché raccomandatoci e confidatoci dal Salvatore, che sono i veri motivi della soprannaturale carità; ma che si beneficava unicamente perché nostro simile, per natural compassione, per naturale benevolenza, per quella naturale soddisfazione clie si prova a far del bene altrui: i quali motivi tutti, sebbene non cattivi, tuttavia, siccome naturali solamente, non sono valevoli ad ottenere la vita eterna: e così si sforzavano, in tutti i modi e con tutta la carità, a suggerire altri motivi più sodamente utili all’anima ed onorevoli a Gesù Cristo: ma chi ha mai potuto far penetrare a quegl’illusi, che disconoscono il soprannaturale, la verità? Similmente (per dirlo qui di passaggio) riprendevano la carità fatta coi balli, colle serate, colle rappresentazioni teatrali e somigliante. Or chi non ha uditi i mondani gridare la croce addosso a chi non approvava simili mezzi di fare carità? Eppure chi conosce la necessità di fare opere soprannaturali per l’acquisto della vita eterna, potrà mai negare esser giustissima una tale riprensione? Chi comprendesse che far limosina cristianamente, non è gittare un tozzo di pane ad un povero per liberarsi dalla noia d’averlo intorno, oppure privarsi di qualche cosa per soddisfare ad un sentimento “naturale di compassione, ma bensì il dare come si darebbe a Gesù Cristo in persona un sovvenimento; chi comprendesse, io dico cìò, non vedrebbe subito quanta serietà e quasi non dissi riverenza interiore si richieda in quest’atto, e non comprenderebbe ad un tratto la estrema sconvenienza che è il farlo per mezzo di un ballo, di una tresca, di un sollazzo? La negazione soprannaturale guasta e distrugge tutti i principi evangelici. Anche prima che Gesù Cristo venisse sulla terra vi avevano delle naturali virtù, e non può mettersi in dubbio, se altri non vuole insultare tutta l’umana natura e reputar false tutte le storie. Con tutto ciò, siccome non bastevoli alla salute, venne Gesù Cristo apportatore alla terra di principii al tutto nuovi, di nuove massime, di nuove dottrine, alle quali la natura non arrivava. Ora chi nega il soprannaturale, bisogna che disconosca tutti questi divini insegnamenti. – La ragione umana insegnava a fare del bene e ad amare gli amici perfino ai pagani, come l’avvertì il divino Maestro; ma Gesù giunse: Io vi dico che facciate del bene anche a chi vi fa del male e vi perseguita, affinché siate degni figliuoli di quel Padre celeste il quale fa sorgere il sole sopra i buoni e sopra i cattivi. La ragione umana arrivava fino a consigliare la modestia in mezzo al merito ed alla lode; questa era la maggior perfezione a che sapeva innalzarsi: ma Gesù Cristo travalicandola smisuratamente condusse l’uomo fino alla umiltà ed al disprezzo di sè medesimo. La ragione umana giungeva fino a consigliare un uso onesto dei beni della terra, e se talvolta si stendeva fino a non curar la possessione di beni smisurati, era per sostituirvene solo una tal quantità che mentre giovasse col bastevole, non desse troppa cura col soverchio: ma Gesù Cristo introdusse sopra la terra l’amore alla povertà, tanto odiata fino a quel punto, e la chiamò beata e la dichiarò fonte di tutti i beni. La ragione umana non conobbe dell’uso dei diletti della natura altro limite che quello del soverchio e dell’illecito, ed anche questi limiti male conobbe e spesso trapassò: Gesù Cristo insegnò a privarsi anche del lecito, anche dell’onesto e proclamò beato il pianto, beate le lagrime di chi addolora. La temperanza nell’uso dei beni fu l’unico dettame della ragione: Gesù Cristo vi aggiunse la mortificazione e la penitenza con tutti i suoi flagelli e rigori. In una parola, la ragione persuadeva la virtù, ma pei motivi soli che conosceva, la giustizia per la rettitudine naturale, la continenza per mantenere la sanità, la beneficenza per la soddisfazione che produce, e così andate dicendo: laddove Gesù Cristo, rivelando nuove virtù, manifestò nuove ragioni per praticarle, l’imitazione del Padre celeste, la conformità con lui Redentore e modello, la perfezione interiore dell’uomo, l’acquisto d’una immarcescibile corona, come i veri e santi motivi dell’operare. Ora tutte queste cognizioni arrecate da Gesù, tutte le annienta chi disconosce il soprannaturale. Finalmente disconosce il fine e la natura della santa Chiesa. Il trovato più mirabile della sapienza divina è stato questo: l’avere Dio ordinati in una universale società tutti gli uomini, e per mezzo di essa l’avere a tutti fornito quanto era necessario all’acquisto dell’eterna beatitudine. Or di questa società non solo non può far parte chi non conosce il soprannaturale, ma non può neppure ravvisarla, imperocché se è esterna e visibile nella sua riunione e gerarchia, è tutta soprannaturale nelle sue interiori proprietà. Soprannaturale nel fine che si propone, poiché non è terreno quello a cui essa indirizza tutti i suoi membri; soprannaturale nei mezzi che adopera, consistendo questi nell’applicazione dei meriti e delle soddisfazioni di Cristo coi Sacramenti, colle preghiere, colle indulgenze, coi sacrifizi. È soprannaturale nel suo Capo, giacché rivestito di un’autorità immediata da Gesù Cristo capo invisibile; è soprannaturale nei legami che la stringono, che sono la fede e la carità; e soprattutto nelle sue leggi, poiché sancite immediatamente o mediatamente da Dio; soprannaturale nelle sue speranze, poiché vagheggia e si promette beni che occhi umani non videro, né  orecchie sentirono, né entrarono in cuore d’uomo; è soprannaturale in sé stessa, perché è lo spirito di Dio che la forma, è l’assistenza di Cristo che la regge e la vivifica. Il perché chiunque non conosce il soprannaturale, come può conoscere la Chiesa? Chiunque non conosce la Chiesa, come può giungere alla salute? – Laonde, a voler restringere ormai il tutto in poche parole, ecco a che riesce quel detto: Che bisogno vi ha di tanto soprannaturale? Basta la ragione, basta il cuore. Riesce a rinnegare compiutamente Gesù Cristo, la sua fede, la sua dottrina, la sua Chiesa, ed a ritornare gli uomini quel che erano prima della sua venuta, cioè con tutta la loro impotenza a conoscere Dio, con tutta la loro corruzione, o ad infracidamento nei vizi, con tutta la loro impossibilità a mai giungere alla salvezza. Se questo non basta a mettere orrore ad un Cattolico di quell’assioma, io confesso che non so che altro ci vorrà.