LA PREGHIERA DI PETIZIONE (6)

LA PREGHIERA DI PETIZIONE (6)

P- B. LAR – RUCHE

LA PREGHIERA DI PETIZIONE (6)

OSSIA IL MEZZO Più INDISPENSABILOE E NELLO STESSO TEMPO INFALLIBILE PER IMPETRARE DADIO OGNI BENE E SOPRATTUTTO L’ETERNA SALVEZZA.

ISTITUTO MISSIONARIO PIA SOCIETA’ S. PAOLO

N. H., Roma, 15 maggio 1942, Sac. Dott. MUZZARELLI

Imprim., Alba 25 maggiio 1942. Cn. P. Gianolio, Vic. Gen.

Tipogr. – Figlie di S,. Paolo. – Alba – giugno – 1942.

8. – La candida veste dei figli di Dio.

Non indugiamoci. Questa veste candida di cui intendo parlare qui è la grazia santificante. Essa non è una cosa passeggera e transitoria come la grazia attuale, ma bensì una qualità ed un influsso permanente e stabile della bontà di Dio nelle anime nostre, le quali, per tal celeste influsso divengono pure, giuste, a Dio gradite ed a Lui somiglianti. In virtù di questa grazia diveniamo per giunta figli adottivi di Dio e meritevoli della vita eterna. Ed essa permane in noi abitualmente (e per questo si chiama anche grazia abituale), senza che più di tanto neppur l’avvertiamo, finché non la scacciamo col peccato mortale, cioè con una grave deliberata trasgressione alla legge di Dio. – Queste poche nozioni dovrebbero essere sufficienti a farci comprendere come « questa grazia sia il più grande tesoro che possa arricchire le anime nostre… è il più gran dono che Dio possa farci… E’ la comunicazione della divina natura fatta all’uomo » (Frassinetti). Infatti in grazia di essa noi siamo « fatti consorti della divina natura » (I Pietr. 1, 4), cioè della bellezza e santità stessa di Dio; e noi veniamo così elevati al di sopra di noi e, in certa maniera, divinizzati. Gesù infatti disse: « Io sono la vite, e voi i tralci… Come il tralcio non può portar frutto da se stesso se non rimane intimamente unito alla vite; così neppure voi, se non rimarrete in me… ed io in voi… Chi rimane in me ed io in lui, porterà frutti abbondanti> (Giov. XV). La grazia santificante è insomma la vita stessa di Dio — la vita di Gesù Cristo — trasfusa in noi; per cui ogni uomo che ne è dotato, ben può dire con S. Paolo: « Sì, io vivo; ma non già io, poichè in me vive Cristo » col suo Spirito. « Per me il vivere è Cristo » (Gal. II, 20; Filip. I, 21). Quindi se l’uomo, nella sua condizione naturale, è il binomio « anima e corpo », il vero Cristiano invece è il trinomio « corpo, anima e grazia di Dio », o — come si può pur dire — corpo, anima e Spirito Santo. Non dimentichiamo poi che la grazia santificante ci rende talmente graditi a Dio da farci senz’altro divenire suoi figli adottivi e quindi meritevoli della sua stessa gloria. Ascoltiamo infatti Gesù. Anzitutto spessissimo egli insinua ai suoi discepoli questo grande mistero d’amore; poiché, quando parla del suo celeste Padre, anziché dire « il Padre mio », dice invece quasi sempre « il Padre vostro che è nei cieli… il vostro celeste Padre ». Poi nella preghiera da Lui stesso insegnataci, ce lo fa invocare senz’altro colle parole « Padre nostro che sei nei cieli > facendoci chiaramente capire ch’Egli vuole che il Padre suo sia insieme suo e nostro. E non ebbe Egli pure a dir ai suoi: « Non date ad alcuno.su questa terra il nome di padre, poichè uno solo è il Padre vostro: quello che sta nei cieli»? (Matt. 23, 9). E non volle Egli confermare questa sua amabilissima volontà anche alla Maddalena il giorno stesso della sua risurrezione, dicendole: « Va dai miei fratelli e di’ loro: Io ascendo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro »? (Giov. 20, 17), e ciò, dopo avere, già tre sere innanzi, detto loro: « Nella casa del Padre mio ci sono molti posti… Vado a prepararne uno anche per voi »? (Giov. 14, 2). Davvero Gesù non poteva essere più esplicito di così; e quindi ben poteva anche l’Apostolo dell’amore esclamare tutto estatico: « Guardate di quale amore ci ha amato il Padre, concedendoci di poterci chiamare e di essere davvero figli di Dio » (Giov. 3, 1). E siamo così anche fratelli di Gesù! – Ah! bisogna ben dire che la grazia santificante ci eleva a tal dignità, altezza e nobiltà da farci partecipare dell’infinito! Oh! quanto grandi ci vuole il Signore, se lo vogliamo noi pure! Ma vediamo le cose un po’ più in concreto, cioè in un bambino prima e dopo il battesimo ed in un Cristiano adulto gravato di peccati mortali, prima e dopo la confessione. Il bambino che prima del battesimo (essendo discendente di progenitori colpevoli) è, di fronte a Dio, « figlio d’ira » (Efes. II, 3), e che — se morisse in quello stato — sarebbe senz’altro escluso dall’eterna beatitudine; invece dopo il battesimo è illuminato di luce divina, arricchito di doni celesti, ammantato di splendori, angelici, già figlio adottivo di Dio, e — se morisse in tal condizione — andrebbe immediatamente nel regno della gloria celeste. – E quel Cristiano che è in peccato mortale?Ahi, misero! Per causa di esso egli è aperto nemico di Dio, orrendamente devastato nell’anima, privato di tutti i meriti acquistati in passato colle sue opere buone mentre era in grazia di Dio, schiavo del demonio, reo di grave colpa davanti al Signore e meritevole di eterne atrocissime pene; e, se morisse in tale stato, andrebbe immediatamente nell’inferno. Anzi la sentenza è già firmata; e guai a lui se un’improvvisa morte gli porta anche l’ordine dell’esecuzione!… Ma se quel povero peccatore, per l’infinita misericordia di Dio, riesce a concepire un sincero dolore soprannaturale delle sue colpe o meglio ancora — a farlo seguire da una buona Confessione sacramentale, ecco ch’egli in un attimo riacquista l’amicizia e la figliolanza di Dio, ha di nuovo l’anima riparata e riabbellita, rientra in possesso di tutti i suoi meriti che aveva acquistati prima della colpa; e, se fosse colpito dalla morte in tal buona condizione, la sua sorte sarebbe felicissima fra i divini comprensori nel bel Paradiso. – Ecco quali sono gli stupendi e meravigliosi effetti della grazia santificante nelle anime nostre! – Ma nel confronto abbiamo purtroppo dovuto rilevare quanto gran male sia per l’uomo la mancanza di questa grazia, specialmente se essa è accompagnata — come avviene ordinariamente negli adulti — dal peccato mortale, da numerosi peccati mortali. Oh, quanto orrenda, spaventosa e piena di grave pericolo non è mai la condizione del peccatore! (Vedi in appendice trattato in modo particolare l’argomento.). I Santi, al solo intravvederla in altri, inorridivano, tremavano e si scioglievano in amare lacrime; mentre invece i miseri peccatori, che son parte in causa, spesso non se ne danno pensiero e anzi ridono, scherzano e si divertono! Può mai darsi cecità maggiore di questa? Ed è appunto questa loro cecità, conseguenza del peccato e specialmente dell’abitudine nel peccato, che li porta all’eterno precipizio quasi senza ch’essi se ne avvedano. Ah! « mettono ogni loro studio nel passare felicemente quaggiù i loro giorni; e poi in un lampo si trovano nell’inferno! » (Giob. 21, 13). Eh, già! la loro sorte, se non si ravvedono a tempo, non può essere che questa. Disse infatti Gesù: « Chi non rimane unito a me (come il tralcio alla vite), è gettato via core un tralcio staccato, che poi inaridisce; e in seguito vien raccolto e gettato ad ardere nel fuoco » (Giov. 15, 6)..Dunque, conclude S. Agostino, a noi non rimane che quest’unica affermativa: « O rimanere uniti alla vite, che è Cristo, per mezzo della grazia santificante, oppure rassegnarci al fuoco eterno dell’inferno: « aut vitis, aut ignis ». Quale alternativa tremenda! Ora è mai possibile che, di fronte ad essa, noi restiamo indifferenti? Ecco dunque che cosa è l’uomo che vive in grazia di Dio, ed ecco pure ciò che è l’uomo senza la divina grazia e per giunta carico di colpe personali! E noi continueremo a vivere per mesi e fors’anche per lunghi anni senza sforzarci di uscire da quest’orrenda condizione, da questo tenebroso sotterraneo pieno di sozze bestiacce e di schifosi rettili? O se, per fortuna, ci trovassimo in grazia di Dio, che cosa non dovremmo fare per non decadere da sì felice ed onorevole condizione? Anzi che non dovremmo noi fare per accrescerla ancora maggiormente onde renderci sempre più belli e graditi davanti al grande e nobilissimo Signore nostro, il quale si è degnato di ammetterci — senza alcun nostro merito — alla sua figliolanza e di prometterci la sua stessa felicità eterna, se gli rimarremo fedeli? Ah! qui bisogna venire assolutamente ad una pronta ed energica risoluzione; poiché se già il « non vivere da santo, è viver da folle » (Guido Negri), qual cosa orrenda e mostruosa non sarà mai quella di perseverare ostinatamente nell’aperta inimicizia con Dio? – Che cosa dunque decidiamo? (Da quanto ho scritto si deve capire che chi vive in peccato mortale, non vive né può vivere una vita veramente cristiana. Crederà da Cristiano e si diporterà in via ordinaria da Cristiano; ma spiritualmente egli è morto; e guai a lui se la morte lo sorprende in tal disgraziata condizione! Per lui non c’è altro che l’inferno! Su questo argomento desidererei che fosse letto da tutti il bel volume « Vivere in Cristo » edito a cura del Cons. Dioc. Unioni di A. C. di Treviso e Milano. Esso aprirebbe certamente gli occhi a più d’uno.)..« O Madre della divina grazia, prega per noi! » (Litanie lauretane).

9. — Inviti, attrazioni e spinte al bene.

A questo punto chi fa la carità di seguirmi è pregato a mettere la massima attenzione; poiché ciò che sto per dire ha immensa importanza per quanto esporrò specialmente nel successivo capitolo. Per l’infinita bontà e misericordia di Dio, il quale sinceramente desidera, anzi vuole che tutti gli uomini si salvino, le grazie attuali vengono da Lui concesse e distribuite in misura generosa e sovrabbondante a tutti gli uomini: tanto a coloro che si trovano in grazia santificante, come anche a coloro che vivono in peccato mortale; tanto ai Cristiani, come agli eretici, come perfino ai pagani. Sì, anche i peccatori sono inseguiti e, dirò, perseguitati assai spesso dalle grazie attuali. Infatti, quantunque tanti, per il loro orgoglio, non vogliano riconoscere che Dio li invita, e talvolta anche fortemente — soprattutto quando si trovano lungi dal chiasso e frastuono del gran mondo, in occasione di predicazioni straordinarie, o colpiti da qualche sventura — a mutar vita, a finirla coi disordini, ad abbandonare le’ occasioni cattive, a ritornare all’amoroso amplesso del buon Padre celeste; tuttavia l’esperienza insegna inequivocabilmente che tutti i peccatori convertiti, riandando il loro passato, intravvidero le file misericordiose attraverso le quali il Signore li guidò continuamente fino a farli sfociare dal fitto e scuro labirinto in cui brancicavano, alla luce della grazia ed alla santa libertà di figli di Dio. Non a caso perciò un eminente Accademico d’Italia, ritornando a Dio, poté dire: « Chi neppure una volta ha sentito il desiderio di essere santo, non è un uomo, ma una bestia. Penso che ci siano per tutti certi momenti in cui il cuore desideri di essere più puro, più buono, più leale, più giusto. Ebbene questi sono i momenti della grazia che ci attira più vicino a Dio, che è la stessa purezza, bontà, lealtà, giustizia ». – E non molto più oltre riferirò anche la testimonianza d’un grande finanziere americano, che pure confessa la stessa cosa sotto un altro aspetto. Qui porto due casi, ambedue storici al cento per cento. – A Parigi un protestante s’accorge d’aver dietro di sé sulla via un Sacerdote che porta il Viatico ad un infermo. Egli scantona, il prete lo segue. Indispettito, il protestante volta per un altro vicolo, ed il prete gli è alle calcagna. Allora il protestante infila la porta d’una gran casa e ne ascende le scale fino all’ultimo piano, dicendo tra sè: Qui non verrà certo! Invece il Sacerdote deve portare il Viatico proprio a quel piano e deve entrare proprio per la porta presso la quale il protestante s’era rannicchiato! La conclusione fu che il protestante si arrese, dicendo dentro di sè a Gesù Eucaristico: Voi mi siete corso dietro fin qui: adesso tocca a me ad andare dietro a Voi! Ed immediatamente si convertì. – Un giovane, seccato per le festose capriole che gli fa il cane di famiglia rientrando una sera in casa, gli dà un calcio che lo fa ruzzolare lontano. La povera bestiola, dati un paio di guaiti, s’alza e, tutta confusa, tremante, a capo basso, colla coda tra le gambe, a passo lento e incerto e con un occhio che pare chieda pietà, muove verso il padroncino quasi supplicandolo che lo riammetta alla sua amicizia e al suo amore. Il giovane a tale scena si commuove quasi fino alle lagrime e sente vivo dispiacere per aver dato quel calcio brutale al suo cagnolino. Fin qui tutto è naturale. Ma ecco che due pensieri improvvisi lo sorprendono. Il primo: « Io per aver dato un calcio a un cane, provo immenso dispiacere; mentre invece neppur mi scompongo pei calci orribili che dò al Signore coi miei peccati ». L’altro: « Il cane, quantunque da me maltrattato, mi torna vicino. Ma non fa forse lo stesso anche il mio buon Dio, il quale, benché da me ripetutamente offeso, m’offre tuttavia il suo perdono per potermi ridare l’abbraccio del suo amore? ». Che pensieri! Ma che cosa erano essi se non due grazie attuali, una più preziosa dell’altra? E notisi che qui abbiamo un cane — dico un cane — veicolo della divina grazia! Ma i veicoli della grazia variano all’infinito. – Tali sono quelle improvvise ispirazioni, quelle soavi emozioni, quei saggi consigli, quei teneri rimproveri, quelle salutari correzioni, quelle buone letture, quei fatti impressionanti, quegli amabili incoraggiamenti, quelle misericordiose Consolazioni, quelle provvidenziali sventure, quei singolari avvenimenti, che fanno maggiore impressione e dei quali è intessuta la vita d’ognuno, di quanti ci stanno d’attorno ed anche di persone lontane. Tutte le cose e tutti gli avvenimenti di questo mondo possono servire da veicoli alla grazia attuale. Cosa strana! Talvolta può perfino succedere che una banale notizia, letta su un giornale, ci faccia più salutare impressione di una splendida massima letta su un libro di devozione! Ma che è questo? E’ la grazia di quel Dio che « si trastulla nell’orbe della terra » sotto i nostri occhi! (Prov. 8, 31). Ah sì! quante grazie cl vengono offerte ogni giorno, ogni ora! E noi? Ah! noi, ciechi, bene spesso non ce ne avvediamo neppure! Grandi ed insondabili miniere di grazie sono poi quelle che si dicono « disgrazie ». Eh! sono pochi coloro che non si arrendono a Dio in seguito a forti, ripetuti e ben dosati colpi di sventura. Lo confessa lo stesso Salmista, quando dice: « Mi colpì la tribolazione e il dolore, ed io invocai il nome del Signore)> (Salmo 114, 3). – E disgrazie, oh, quante ne piombano specialmente sui peccatori! Dunque questi non possono dire di non avere, essi pure al pari dei giusti, e forse anche in maggior copia — perché più bisognosi — abbondantissime grazie da parte di Dio. Il guaio invece è che non le vedono o — meglio — non le vogliono vedere, non le vogliono riconoscere per tali, soprattutto non le vogliono assecondare. Ed è proprio questa — come vedremo — la loro colpa più grave e la loro maggior sventura. Ma ecco che s’impone qui una questione oltre ogni dire interessante, anche per il lato pratico. Come dobbiamo diportarci di fronte a questi lumi, queste mozioni e questi eccitamenti divini, che sono le grazie attuali? E’ presto detto. – Chi è già in grazia di Dio deve assecondarle e corrispondervi; e deve pur corrispondervi ed assecondarle chi è in peccato mortale. Il Signore non ci comunica i suoi doni, né perché li disprezziamo, né perché li trascuriamo, né perché ci trastulliamo con essi. Ci vorrebbe altro! Dunque chi è in grazia di Dio deve assecondare le grazie attuali per potersi preservare dal peccato, per poter progredire nella virtù e per poter così aumentare in sé la grazia santificante, che già possiede, ed i meriti per il Paradiso. Poiché, se non corrisponde a queste grazie attuali, egli — per quanto attualmente sia giusto davanti a Dio — a poco a poco decadrà dalla sua giustizia e rettitudine, fino a precipitare nel peccato mortale e perdere così tutto il suo tesoro spirituale. Cosa questa purtroppo frequentissima, di cui comprese assai bene la gravità S. Agostino quando disse: « Temo Gesù che passa! » Oh, guai a chi non ascolta Gesù quando Egli passa colla sua grazia invitandoci al bene! Potrebbe darsi che non ripassi più e che ci abbandoni alla nostra colpevole miseria. – Ma tanto più deve sforzarsi di corrispondere alle grazie attuali il peccatore; poiché soltanto corrispondendo egli docilmente agli inviti ed alle pressioni che Dio gli fa colle grazie attuali, potrà per divina misericordia, raggiungere quella grazia santificante senza la quale non v’è neppure un minimo di vera vita cristiana. – E’ dunque la grazia attuale, e soltanto la grazia attuale, quel mezzo preziosissimo di cui Dio si serve come di ago per introdurre (pel tramite dei Sacramenti del Battesimo o della Penitenza, e talvolta anche del perfetto dolore od amor di Dio congiunti col voto di uno o dell’altro dei suddetti Sacramenti) la grazia santificante nelle anime dei peccatori. Ed è pure la grazia attuale quella magica operaia che (per mezzo delle buone opere e soprattutto dei Sacramenti dei vivi) ricamerà e rinforzerà sempre meglio la veste della grazia santificante nelle anime dei giusti (soprattutto la Comunione). Infatti, per chi è in grazia di Dio, le grazie attuali non son altro che tocchi, attrattive, lumi e spinte a servirsi di tutti i mezzi che la religione suggerisce per rendersi sempre più virtuosi e più graditi a Dio; e per il peccatore le stesse grazie attuali sono a loro Volta tocchi, lumi, attrattive, spinte ed eccitamenti affinché egli esca dallo stato di peccato e si dia all’amore misericordioso di Dio. Proprio così. Le grazie attuali non hanno verso di noi altro uffizio all’infuori di questo. – Ma dunque perché mai tanti peccatori non si convertono? Perché tanti mediocri in virtù non divengono più virtuosi? e perché mai tanti, che pure sono buoni, non diventano migliori ed anzi santi? Eh! unicamente perché non cooperano alla grazia, perchè non corrispondono fedelmente alle molteplici e non di rado vive e forti grazie attuali che il Signore loro manda. Si noti che ciò che ho detto qui è della massima importanza pratica; e perciò va profondamente meditato.