GNOSI, LA TEOLOGIA DI sATANA (66): LA TEOSOFIA (2)

LA  TEOSOFIA (2)

(Enciclopedia APOLOGETICA della RELIGIONE CATTOLICA – QUARTA ED. – Trad. T. Dragone, Ed. PAOLINE, ALBA 1953. Impr. Parigi 1948, ed. it. Impr. 1953, P. Gianolio)

CAPITOLO III. – PRATICHE DELLA TEOSOFIA

I tre scopi. -La Società Teosofica, nel programma che presenta ai suoi possibili aderenti, espone i suoi scopi (Programma ufficiale posto nell’Appendice del libro della Blavatsky, The Key; Programma ufficiale 1912, ne La Société Théosophique: son objecte et son utilité, (ausiège de la Soc. Théos. de France). Lo stesso programma alla fine delle opere della Besant e altri. Sulle variazioni della stesura cfr. MARTINDALE, o. c., p. 32):

1. « Costituire il nucleo di una fratellanza universale dell’Umanità senza distinzione di razze, di credo, di sesso, di casta o di colore ». Nei programmi recenti, non figura più la parola « casta ». certamente per non urtare i pregiudizi indù.

2. « Promuovere lo studio delle letterature, delle religioni, delle scienze arientali: arie e altre ». I nuovi programmi fissano così questo secondo paragrafo: Promuovere lo studio comparato delle religioni, delle filosofie e delle scienze: the study of comparative religion, philosophy and science ».

3. a Indagare le leggi non ancora spiegate della natura ed i poteri psichici dell’uomo, scopo che è perseguito soltanto da una parte dei membri della Società. Nei nuovi programmi, invece di « poteri psichici », si legge: « poteri latenti dell’uomo ». Questa modifica mira certamente a impedire la confusione dei teosofi con gli spiritisti e con tutti quelli che cercano i « fenomeni psichici » isolati dal concatenamento generale, ascetico e morale della teosofia.

« L’adesione al primo di questi scopi è richiesta soltanto a quelli che vogliono far parte della Società » (nuovi programmi). In seguito, praticando le altre due regole, e specialmente la terza, avranno la possibilità di diventare veri teosofi ». – «Nessuno è escluso dalla Società perché non crede agli insegnamenti teologici Si può perfino respingerli tutti, eccetto il principio della fraternità umana…» (ivi). – Il terzo scopo esprime in termini generali le pratiche necessarie alla formazione del vero teosofo, pratiche che ora studieremo (Seguiremo le indicazioni date dalla Besant nel libretto: Le Sentier du disciple).

HELENE BLAVATSKY

La disciplina. – « L’aspirante teosofo deve assoggettarsi alla disciplina Karma Yoga (ivi, p. 18: Yoga: unione; Karma: azione. È l’« unione con la Legge divina il sé umano ed il sé cosmico » raggiunta con « l’azione » metodica), del Sentiero della prova, poi del Sentiero del discepolo propriamente detto (cfr. A. BESANT, La Sagesse Antique, p. 447), che lo condurranno progressivamente fino allo stato di pieno sviluppo e di attitudine al Nirvàna. Qui, non possiamo pensare di descrivere tappa per tappa la lunga formazione, che può anche continuare per incarnazioni successive (Besant, Le Sentier, p. 113.). Indichiamone almeno le tendenze generali. Un controllo delle passioni: collera, amore, avidità dei beni materiali, etc. Bisogna imparare a essere moderati, calmi, puri, e soprattutto combattere e sviluppare la bontà estesa a tutti gli esseri, che deriva dalla convinzione che quanti formano unità nel Sé unico (ivi, p. 20 s., p. 44, e l’art. cit. dell’Encyclopcedia of religion and Ethics, p. 300, col. 2.) – Questa riforma dei costumi e del carattere è accompagnata e condizionata da una disciplina dello spirito. Bisogna imparare « a controllare il mentale turbolento », a combattere la dispersione dello spirito negli eventi del mondo sensibile. Viene esplicitamente raccomandata la pratica della « meditazione » come « concentrazione » del pensiero sopra un unico oggetto e lotta contro le distrazioni, come pure la sorveglianza sulla condotta, che assomiglia molto all’esame di coscienza. Compiute tutte queste preparazioni, il discepolo è maturo per ricevere l’insegnamento di un mahàtma: gli si apre il Sentiero del discepolo; è degno di trovare il Maestro e lo troverà. E il Maestro, con la sua chiaroveggenza superiore lo distinguerà in mezzo alla folla degli uomini. Potrà accadere che il discepolo non veda fisicamente il suo Maestro e, « nello stato normale di veglia », forse immaginerà di calcare da solo il sentiero, ma il Maestro sarà là, e in certe circostanze, in certi stati, come nel sonno fisico, ne percepirà e sentirà la presenza ». – Sotto l’influsso e la direzione del Maestro, si compirà l’iniziazione vera e propria, che farà cadere le « illusioni capitali »: prima quella di credere alla realtà del mondo empirico; poi « l’illusione della personalità » e l’iniziato finirà col dirsi: « lo sono Quello; io sono Brama ».

L’illuminazione. – Allora « sarà giunto al contatto assoluto con la realtà » e non conoscerà più teoricamente, ma per esperienza, « come fatti reali », « come fenomeni della natura verificati da lui stesso » gl’insegnamenti della teosofia, quali « la grande verità della reincarnazione », quella del Karma, l’esistenza dei mah’àtma, ecc. In che modo? Mediante lo sviluppo di quelle « facoltà latenti » di cui parla il programma teosofico e che fu perseguito in tutto il corso della formazione del discepolo. (Cfr. Le Sentier; v. pure in L’évolution de la vie et de la forme, della BESANT, un curioso parallelo tra la scienza moderna, che osserva dei fatti esteriori dai quali trae le sue induzioni, e la scienza antica, che la teosofia si propone di restaurare, in cui l’uomo conosce le cose attraverso il proprio interno, attraverso « la vita che è in lui stesso… perché solo la vita può rispondere alle vibrazioni di ciò che vive: la sua opera consiste nello sviluppare se stesso, nell’estrarre dagli abissi della propria natura i poteri divini che vi sono celati… Basta fare degli strumenti » – p. 25). Il termine sarà uno stato di « onniscienza » che si estende a tutta la realtà conoscibile nell’universo, al quale appartiene l’iniziato, con poteri corrispondenti e proporzionati, cioè l’« onnipotenza » nel medesimo universo. D’altronde, questi poteri saranno esercitati soltanto per il bene degli altri e per il progresso dell’umanità, poiché l’individuo perfetto non può avere altri scopi. A questo punto supremo, l’uomo sarà divenuto un budda e potrà entrare nel Nirvàna quando vorrà. – I teosofi non finiscono di parlare delle varie specie di « chiaroveggenza » acquistate durante la formazione, poiché con le intuizioni dei piani eterico » e « astrale » si vede attraverso gli oggetti opachi, si sente attraverso i muri, si percepisce Paura che avvolge i corpi viventi come una bruma luminosa e che, con le sue piccole varietà, permette di diagnosticare a colpo sicuro i pensieri e i sentimenti d’una persona e penetrare i segreti delle coscienze (LEADBEATF.R, La Clairvoyance, p. 34 s., 49 s.). A queste altezze, si fa la conoscenza degli « spiriti della natura »: gli elfi e le fate del folklore; s’incontrano anime disincarnate, ecc.. In una zona ancor più elevata, chiamata « piano mentale », si manifestano « gli spiriti superiori » (Angeli o Arcangeli del Cristianesimo), i grandi Iniziati, gli Adepti, con la cui guida il discepolo, giunto a questo piano. si può istruire (ivi). Sarebbe fastidioso entrare nei particolari di tutte le divisioni e suddivisioni di questi piani soprafisici e delle percezioni che vi si ottengono. Leadbeater su questo argomento ha scritto un intero volumetto, dove ci spiega dottamente le varie chiaroveggenze e il modo di servirsene: chiaroveggenze che conducono fino ai fatti lontani nello spazio e nel tempo, e perfino sul passato più remoto (l’Atlantide!) (Cfr, le intenzioni della Blavatsky sul continente misterioso – G. T., p. 64); chiaroveggenze che conducono sul futuro, ecc. Per far accettare più facilmente la realtà di queste facoltà sopranormali, egli si appella abilmente ai fatti finora poco studiati di telepatia, di presentimento, di trasmissione del pensiero, ecc. Mentre questi fatti, quali si presentano all’osservatore volgare, appaiono sporadici e quasi completamente sottratti alla direttiva della volontà umana, la teosofia pretende di insegnare un metodo per produrli e dirigerli con sicurezza (V. alcuni esempi del modo con cui Steiner intende la chiaroveggenza, il suo metodo e i suoi oggetti. G. T., pp. 137-141; 171, nota 2, p. 172 s.; p. 183 s..; Steiner conosceva per esempio nei particolari la storia dell’Atlantide, questo continente che avrebbe occupato parte dello spazio coperto attualmente dall’Atlantico e che assieme alla civiltà che fioriva in essa sarebbe scomparta in un cataclisma. Questa civiltà non ha nessun segreto per il « veggente », e Steiner ci avverte molto seriamente che « il tempo » di cui parla « non è conosciuto attraverso nessun documento… Qui ci occupiamo di occultismo, e non di critica storica’. La Science occulte, pp. 232, 235). Questi sono i punti capitali dell’insegnamento teosofico; essi comportano sviluppi dettagliati e prolissi sull’antropologia (costituzione dell’essere umano mediante sette principi) e sulla cosmologia (origine ed evoluzione dei mondi), nei quali non ci interessa entrare. Si possono trovare riassunti nelle opere speciali.

ANNIE BESANT

CAPITOLO IV. – APPREZZAMENTO

Errori filosofici e religiosi. – Anche senza insistere, gli errori della dottrina teosofica risultano da se stessi. Il panteismo, la negazione di un Dio personale e distinto dal mondo, il rigetto esplicito della creazione. l’identità dell’io con Dio, un’evoluzione che finisce nella fusione del finito nell’Infinito; d’altra parte, la realtà non solo del mondo sensibile, ma dei fatti di coscienza più personali, è ridotta a un’illusione; le individualità Particolari sono confuse in un » Sè » unico. Sono questi gravi errori che una sana filosofia deve confutare. (Tutti i soliti concetti diabolici di cui abbiamo ampiamente parlato nei numeri precedenti al riguardo della “gnosi” teologia di satana – ndr. -). Ma siccome ora non scriviamo un manuale di filosofia, non ci accingiamo a trattare questioni che appartengono alla filosofia generale e che richiederebbero uno sviluppo troppo vasto per trovar posto in quest’articolo. Quindi, rimandiamo il lettore ai libri che le espongono. Questi errori filosofici capitali interessano già profondamente la fede, ma ad essi la teosofia ne aggiunge, nel campo propriamente religioso, altri non meno gravi. Le teorie della reincarnazione e di un Karma cieco sostituito alla giustizia personale di Dio; l’affermazione che la sorte definitiva dell’uomo non viene decisa alla sua morte fisica e la correlativa negazione di un cielo e di un inferno eterni; il rigetto categorico della preghiera, del valore della penitenza, dell’idea d’un’espiazione, d’una redenzione operata dalla morte di Cristo; perfino Gesù abbassato al livello di un uomo molto evoluto, privato della Divinità unica, assoluta, esclusiva che Egli possiede col Padre e con lo Spirito Santo; infine, l’esoterismo che riserva ad un’élite la vera conoscenza religiosa e permette di dare ai dommi un senso completamente diverso da quello definito e che la Chiesa vi annette: osservando con un colpo d’occhio l’insieme di questo ammasso di errori, ci si accorge che, tra gli articoli della nostra fede, ve ne siano ben pochi che la teosofia non scalzi alla base e che essa formi un corpo di dottrine radicalmente incompatibili con la credenza cattolica: in breve, ne è la contraddizione positiva. Non possiamo non stupire altamente che vi siano persone illuse al punto di credere di poter conciliare le due cose. Ed è vero, come fu detto, che il Cristiano, per farsi teosofo, deve apostatare, tanto che la Chiesa la quale, nel corso dei secoli, ha condannato in modo speciale parecchi di questi errori, ha ragione di mettere i suoi fedeli in guardia contro tutta la teosofia, di proibire di entrare nelle sue associazioni e di leggerne le pubblicazioni, che perciò stesso sono tutte all’Indice (Decreto del Sant’Uffizio, 18 luglio 1919).

Origini torbide. – La madre della teosofia moderna è la signora Blavatsky che, col preteso influsso dei misteriosi mahàtma, la concepì e la diede alla luce. Ora è facile ammettere che questa donna russa eccentrica e sfacciata non abbia nessun carattere di un messia, di un messaggero di Dio. Lo stesso si deve pensare dell’inquieta Besant. Abbiamo alluso a certi scandali che macchiarono gl’inizi della Società Teosofica. Ci sono prima di tutto le soperchierie di cui fu convinta la signora Blavatsky, la quale assicurava che i mahàtma avevano inviato lettere e anche doni ai loro discepoli. Ora, con una buona perizia, fu riconosciuto che le lettere furono scritte da lei stessa; venne scoperto che il « santuario » di Adyar era un trucco e che, tra il resto, conteneva un armadio a doppio fondo, dov’erano cautamente nascosti i doni dei mahàtma. L’inchiesta condotta dall’Hodgson sul posto per conto della Società per le ricerche psichiche di Londra giunse a risultati gravi sul conto dei fondatori della teosofia moderna, e conclude: « Da parte nostra, consideriamo la Signora Blavatsky né come lo strumento di veggenti segreti né come una volgare avventuriera; pensiamo che abbia acquistato diritto al titolo di un ricordo permanente come uno degli impostori più consumati, ingegnosi e interessati ricordati dalla storia » (Prcceedings of the Society for Psychical Research, vol. III, 1885, p. 207, G. T., p. 80.). Per apprezzare tutto il valore di questo verdetto, è bene ricordare che la Società per le ricerche psichiche per principio non è ostile ad ammettere fatti anormali e scientificamente inspiegabili, e anzi, ha il compito di ricercarli, e dopo l’inchiesta, ne riconobbe alcuni come veri. I suoi membri sono in uno stato di spirito che risponde in modo molto esatto a quello rappresentato in Francia dal professor Ch. Richet (Olcott, qualificato dalla signora Blavatsky come « sciocco » al dire di Hodgson, non possedeva « una grande capacità per apprezzare una prova di fatto » (Proceedings, tom. cit., p. 311). Quanto alla Besant, certamente meno ingenua e che certamente era a conoscenza dell’affare di Adyar, restò tuttavia per tutta la sua vita discepola fedele della signora Blavatsky.). – Alla morte della signora Blavatsky, seguì uno scandalo d’ordine morale. Uno dei dottori della teosofia, il Leadbeater, venne accusato di aver insegnato il vizio ai suoi giovani allievi col pretesto del progresso delle facoltà occulte. Fu tradotto davanti a una commissione di teosofi, non riuscì a giustificarsi e venne escluso come indegno dalla Società (1906); ma, poco dopo, la Besant, divenuta presidente, lo fece reintegrare e, dopo una qualsiasi sconfessione e la promessa di non ricominciare (!) se lo assunse come collaboratore intimo. Di questa collaborazione apparvero i frutti. Scoppiò un terzo scandalo, che potrebbe venir qualificato come effetto di follia. D’accordo con la Besant, Leadbeater scelse an giovane indù per farne un mahatma; dopo iniziato, venne dichiarato Budda, reincarnazione di Cristo, ecc., e fu fatto adorare da una folla di teosofi (1911). I congiunti del giovane intentarono un processo a Leadbeater e alla Besant per aver sviato un minorenne; molti membri della Società non poterono sopportare più a lungo queste pazzie e diedero le dimissioni. Il che non impedì alla Besant e al suo collaboratore di conservare il loro ufficio e di occupare sempre ano dei posti maggiori tra i dottori della teosofia attuale. – Sarebbe ingiusto attribuire a Steiner qualche responsabilità nel perpetrare questi atti scandalosi, che però non poteva ignorare. E se l’ultimo affare, quello del nuovo Budda, contribuì verosimilmente a distaccarlo dalla Società, i primi due fatti non gl’impedirono di entrarvi o di restarci ed esserne perfino il propagandista fervente. A nostro avviso, questo è un gruppo di fatti che gettano una luce assai torbida sugli ambienti dove nacque e si sviluppò la teosofia moderna.

Affermazioni gratuite. – La teosofia non presenta i titoli che giustificano l’insegnamento che sono l’autorità dell’insegnante o una dimostrazione proposta all’intelligenza dei discepoli. La teosofia si appella all’autorità dei mahàtma, che però esistono solo nelle favole, creati dal bisogno d’ingannare grossolanamente. Le uniche autorità reali in teosofia sono quelle delle signore Blavatsky e Besant e dei loro collaboratori, come Leadbeater e altri, i quali tutti hanno un’autorità molto debole. Anche Steiner si richiama a maestri misteriosi che gli sarebbero apparsi, all’occorrenza anche in forme banali. Possiamo essere scettici sulla realtà della loro esistenza e del loro carattere soprannaturale, e per chiunque gli creda, resta in campo unicamente l’autorità del dottor Steiner, che non s’impone affatto col carattere dell’infallibilità. – La teosofia dimostra quello che afferma? Questa dimostrazione potrebbe poggiare su argomenti accessibili alla ragione naturale e normale dell’uomo, desunti, per esempio, da fatti storici ben accertati, analoghi ai « motivi di credibilità » che precedono l’adesione alla rivelazione cristiana. I teosofi talvolta tentano dimostrazioni di questo genere e i « fenomeni meravigliosi » fatti vedere ad Adyar o altrove decisero numerose conversioni alla teosofia. Ma abbiamo veduto la qualità di queste meraviglie. Si traggono argomenti anche dal valore intrinseco della dottrina, dal « lume che essa proietta su tutti i problemi della vita », da « tutto l’insieme delle sue verità » che racchiude quanto i filosofi e le religioni del mondo intero hanno di buono. Disgraziatamente però, come abbiamo visto, le soluzioni date dai teosofi ai grandi problemi vitali sono tutt’altro che soddisfacenti: il panteismo, la negazione della personalità umana, ecc. gettano ombra anziché far luce, e frutti di grande fantasia sono i loro tentativi di accostare la teosofia alle grandi filosofie o religioni; la loro erudizione vuol essere accolta con cautela; la leggenda rosa-crociana è piena di favole; gli elementi affastellati in questi tentativi di sincretismo sono totalmente eteroclitici. E, come afferma Steiner, la storia in uso nella teosofia non ha nulla in comune con una scienza critica. Che mezzo resta dunque per convincere? La sola esperienza, l’intuizione. La teosofia primitiva e l’antroposofia proclamano di non volersi imporre come un domma, senza l’esperienza personale di ciascuno e ci comandano di non ammettere nulla che non sia a verificato da noi stessi ». Ma allora, è inutile osservare che, in questo caso, gli argomenti addotti sopra sono superflui; e se tutto dipende dall’esperienza personale, non si venga a parlarci d’altro né del carattere « tradizionale » della dottrina, né del suo valore intrinseco, né dell’autorità dei mahàtma o di altri maestri. Si tratta soltanto di vedere ciò che si presenta nel piano astrale, mentale, ecc. Prendendo quindi queste intuizioni in se stesse, la loro natura è molto sospetta, poiché, innanzitutto, sono intuizioni che vengono dirette. Il discepolo sa già in anticipo quello che deve vedere e, prima di cominciare egli stesso l’esperienza, ha già l’itinerario tracciato e descritti i siti e i personaggi che incontrerà. Direi che tutti i discepoli hanno con sé lo stesso Baedecker teosofico, onde non ci stupisce se tutti vedono o credono di vedere le stesse cose. Si aggiunga che le intuizioni vengono acquistate con uno speciale allenamento mediante prolungati esercizi volontari, che equivalgono a un metodo d’autosuggestione. Rimbaud si allenava all’allucinazione e riuscì ad averne (« Mi abituai all’allucinazione semplice: vedevo molto francamente una moschea al posto di un’officina.., un salone al fondo di un lago ». Une saison sa enfer. Alchimie du verbe, p. 70.). Gli studenti teosofi o antroposofi seguono la stessa via, non senza pericolo per la sanità mentale . – Infine, queste intuizioni sono incontrollabili e riguardano oggetti fuori dell’esperienza comune, e quindi, non temono smentite. Puoi dire tutto quello che vuoi dell’Atlantide e della sua civiltà, perché nessuno potrà mai andare a vedere. Questo significa che la certezza delle credenze teosofiche poggia sulle nuvole dell’immaginazione (Anche la mistica cristiana riconosce visioni sensibili o immaginative, che però è ben lungi dal porre al posto supremo: anzi, i dottori, e san Giovanni della Croce per primo, li guardano con occhio estremamente diffidente e mettono in guardia i devoti sulle illusioni che possano causare. Tanto più la Chiesa non fa riposare su di esse la certezza dei suoi dommi.).

CONCLUSIONE

La teosofia ebbe innegabili successi. Ora, ci si può chiedere come mai essa, così com’è, abbia potuto ingannare tante persone. È probabile che una parte del successo si possa attribuire al suo apparato scientifico. La teosofia non promulga dogmi da credere sulla sua parola, ma invita ciascuno a verificare personalmente le sue affermazioni, conforme al gusto di certezza positiva e sperimentale predominante ai nostri giorni (I), lusingando l’autonomia intellettuale di cui l’uomo moderno è così geloso. Eliminata ogni autorità spirituale, ciascuno elabora egli stesso il suo credo. – Tuttavia, crediamo che non sia questa la spiegazione principale. La nostra civiltà è molto sviluppata in senso pratico, utilitario, materiale, senza saziare, anzi irritando i bisogni spirituali dell’uomo e lasciando aperto un vuoto nelle anime. Che cosa potrà colmarlo? la fede cristiana? Ma questa, in molti, è scomparsa  o vacilla e, per un grande numero, se pure è ancora fede cristiana, si riduce ad un vago sentimentalismo diffuso su un fondo di estrema ignoranza religiosa. Perciò, si spiega come i nostri contemporanei accolgano facilmente tutte le dottrine che promettono di aprire una finestra sul mistero delle cose, sul divino, sull’aldilà, sui destini d’oltretomba. Ora, sappiamo quanto la teosofia sia generosa di simili promesse… Cattolici che conoscono solo alla superficie la loro religione nativa ed i tesori spirituali che essa racchiude, urtati dall’aspetto tutto esteriore e giuridico che essa riveste in certuni, desiderosi di trovare qualcosa di più profondo che non sanno definire, si lasciano affascinare dagl’inviti della teosofia senza preoccuparsi di esaminare i titoli, come il naufrago che si aggrappa al primo oggetto che trova, ma in realtà non sanno a che cosa si aggrappano. – Prima di tutto, molti ignorano le torbide origini del movimento teosofico, e per questo, malgrado il carattere ripugnante di certi particolari, noi seguendo il P. de Grandmaison, ci siamo creduti in dovere di far conoscere queste origini. La teosofia distribuisce programmi a prima vista inoffensivi e che inoltre stuzzicano la curiosità promettendo interessanti rivelazioni. Chi assiste alle adunanze o legge le opere teosofiche, ascolta bellissime declamazioni sull’ascensione delle anime, sulla necessità di disciplinare la propria vita, di domare i bassi istinti, ecc. D’altronde, questa propaganda di fronte ai credenti assicura che le loro convinzioni non saranno toccate e che potranno essere conservate immutate, e questo basta a rassicurarli. Ma c’è una questione preliminare che è bene trattare. Chi parla così? L’oratore, il teosofo scrittore, o almeno i primi iniziatori, i fondatori, i dottori, sui quali si basa, meritano fiducia? Un Leadbeater è qualificato per fare l’elogio della purezza? Una Blavatsky, una Besant sono qualificate per predicarci la sincerità e la rettitudine? Possono costoro essere considerati come inviati da Dio, con la missione di trasmettere i suoi messaggi e di guidarci a Lui?… Ma lo spirito critico dei nuovi adepti non arriva fino a questo punto. D’altronde, ai Cattolici vengono celati la qualità o i legami massonici dei dirigenti, né vengono posti in vista l’aperta ostilità delle due fondatrici contro la Chiesa, il disegno superbo di Steiner di fronte all’ortodossia. – Molti di coloro che si accostano alla teosofia o all’antroposofia non sanno proprio con chi trattano. –  Tuttavia, separiamo la dottrina dai suoi rappresentanti. Gli ampi orizzonti teosofici affascinano molti spiriti, che vengono invitati a varcare il cerchio ristretto dei loro abituali orizzonti per gettarsi nell’Infinito. Il panteismo appare grandioso, profondo, perfino poetico, specialmente quando è espresso nella bella lingua dei libri sacri dell’India, i cui estratti, scelti abilmente, costellano le pubblicazioni teosofiche. L’intelligenza, che ama riposare in qualcosa di completo, si trova davanti ad un sistema speculativo e insieme morale, ascetico, che si dice mistico; da parte sua, l’amor proprio è contento di poter superare il livello mentale dell’uomo volgare come pure quello dei semplici Cristiani docilmente sottomessi alla loro Chiesa, i quali, si pensa, non vanno oltre la lettera dei loro dommi; piace far parte di un circolo di « iniziati », depositari di profondi segreti, d’un’élite di « chiaroveggenti »… Né ci si ferma ad esaminare se l’essenza di ciò che si abbraccia non sia viziata da contraddizioni ed incoerenze. Molti spiriti, anche colti e perfino brillanti, non sono capaci di questa riflessione o sono troppo pigri per impegnarvisi. – Soprattutto, s’impongono le pretese « spirituali » della teosofia che non ha abbastanza anatemi per il materialismo contemporaneo, per la nostra civiltà meccanica ed industrializzata, per le basse aspirazioni dell’umanità media; si presenta come una scuola di alta spiritualità e di « mistica », e forse proprio per questo seduce le anime belle. Si, esse vengono realmente sedotte, poiché alla teosofia manca soprattutto il senso dello spirituale autentico. Lo spirito moderno aborrisce dall’astratto, che tuttavia rappresenta una vasta zona dell’immateriale, e si getta perdutamente sull’esperienza concreta, senza distinguere bene l’esperienza sensibile dall’altra. Siffatta confusione appare, per esempio. anche qua e là negli scritti di un Bergson. I teosofi, che sono spiriti molto meno raffinati, ci cascano in pieno e nel modo più grossolano, come abbiamo dimostrato altrove, a proposito di R. Steiner. – La confusione risalta crudamente nella Blavatsky, nella Besant e loro consorti. La teosofia afferma di ridurre tutto allo spirito e si dice « idealista », ma concepisce perfino lo spirito come una materia, e nell’identificazione di questi due principi, la fusione è a vantaggio della materia, poiché lo spirito, secondo la teosofia, in definitiva non è che materia più fine, più delicata e sortile, una specie di materia vaporizzata. Così i vari piani che s’incontrano durante le tappe dell’iniziazione sono tutti costituiti dalla materia la quale, a mano a mano che si sale, diventa soltanto meno pesante e meno « densa » (A. BESANT, La Sagesse Antique, pp. 171, 184, 208 e passim.). Anche i pensieri hanno colori vari e contorni lineari e forma materiale, tendono alla a perfezione geometrica », e sono realmente piccoli corpi proiettati all’esterno dal soggetto pensante, lanciati fuori come pallottole che talvolta rimbalzano e tornano a colpire il loro autore (Rimbalzano lungo la traiettoria già percorsa… per gettarsi sul loro creatore con una forza proporzionale a quella della loro proiezione – ivi, p. 1091). Tutto questo preteso « spirituale » è solo « vibrazione », proprio come la materia di certe teorie fisiche moderne. La vibrazione è il carattere universale della vita, da quella divina fino a quella latente dei minerali. Tutto è vibrazione » (A. Besant); la « ragione pura » è « costituita da vibrazioni » (La Sagesse Antique, p. 208); « l’energia del Logos creatore [è] un moto vorticoso incomparabilmente rapido [e che] buca lo spazio » ((ivi, p. 71. Per far vedere fino a che punto possa giungere la grossolanità della concezione trascriviamo ancora questo testo che tocca il burlesco e dove la metafisica più sublime della teosofia prende la forma di una illustrazione di embriologia: « Quando la Monade umana emerge dal seno del Logos, pare che un sottile filamento di luce, isolato da una guaina di sostanza buddica, si stacchi dal luminoso oceano dell’Atma. A questo filo è sospesa una scintilla circondata da un involucro ovoidale, ecc. » La Sagesse Antique, p. 260.). Pare basti questo per aprire gli occhi di chi pensa di trovare nella teosofia un mezzo per il progresso spirituale. Da questo e dagli altri punti di vista, chiunque cerchi di tirare i veli speciosi che coprono la teosofia troverà in essa soltanto il vuoto.

G. d. T. de Tonquédec.