LA SUMMA PER TUTTI (9)

LA SUMMA PER TUTTI (9)

R. P. TOMMASO PÈGUES

LA SOMMA TEOLOGICA Di S. TOMMASO DI AQUINO IN FORMA DI CATECHISMO PER TUTTI I FEDELI

PARTE SECONDA

SEZIONE SECONDA

Idea particolareggiata del ritorno dell’uomo verso Dio.

Capo I.

Degli atti buoni o cattivi considerati nei particolari della loro specie, e secondo le condizioni del loro stato ordinario fra gli uomini. – Le virtù teologali.

691. Quali sono le più importanti di tutte le virtù, delle quali interessa sommamente produrre gli atti?

Sono le virtù teologali.

692. Perché dite che queste virtù sono le più importanti, e che interessa sommamente produrne gli atti?

Perché esse fanno sì che l’uomo raggiunga il suo ultimo fine soprannaturale, in quanto può e deve raggiungerlo su questa terra, per rendere meritoria tutta la sua vita e conseguire un giorno nel cielo questo stesso ultimo fine che deve formare la sua eterna felicità.

693. È dunque impossibile che l’uomo faccia alcunché di buono soprannaturalmente senza le virtù teologali?

Sì: è affatto impossibile che l’uomo faccia alcunchè di buono soprannaturalmente senza le virtù teologali.

694. Quali sono le virtù teologali?

Le virtù teologali sono: la fede, la speranza e la carità.

Capo II.

La fede: sua natura; le condizioni del suo atto; il Credo: la formula dell’atto di fede. – I peccati che le sono opposti: l’infedeltà, l’eresia, l’apostasia, la bestemmia.

695. Che cosa è la fede.

La fede è una virtù soprannaturale per la quale il nostro intelletto aderisce fermissimamente e, senza timore di errare, benché non lo comprenda, a ciò che Dio ci ha rivelato specialmente di Se stesso e della sua volontà di darsi un giorno a noi come oggetto della nostra perfetta felicità (I, II, IV).

696. Come può il nostro intelletto aderire fermamente e senza timore di ingannarsi a ciò che Dio ha rivelato e che esso non comprende?

Basandosi sulla autorità di Dio che non può ingannarsi né ingannare (I, 1).

697. E perché Dio non può ingannarsi né ingannare?

Perché Egli è la stessa Verità (I, 1; IV, 8).

698. Ma come sappiamo noi che Dio ci ha rivelato ciò che voi dite?

Lo sappiamo per mezzo di coloro a cui lo ha rivelato, e per mezzo di coloro cui ha confidato il deposito della sua rivelazione (I, art. 6-10).

699. Chi sono coloro a cui Dio lo ha rivelato?

Anzitutto è il primo uomo stesso a cui Dio si è manifestato direttamente; sono poi tutti i Profeti dell’Antico Testamento, e finalmente gli Apostoli al tempo di Gesù Cristo (I, 7).

700. Come sappiamo che Dio si è rivelato al primo uomo, ai Profeti ed agli Apostoli?

Lo sappiamo per mezzo della storia che ce lo narra, dicendoci anche i prodigi ed i miracoli operati da Dio per convincere gli uomini del suo intervento soprannaturale.

701. Il miracolo prova in modo assoluto che Dio è intervenuto?

Sì; perché esso è il contrassegno stesso di Dio, non potendo alcuna creatura compierlo per sua propria virtù.

702. Dove si trova la storia di questi interventi soprannaturali di Dio e della Sua rivelazione?

Questa storia si trova soprattutto nella Santa Scrittura, detta anche Bibbia.

703. Che cosa intendete per Sacra Scrittura o Bibbia?

Intendo un insieme di libri divisi in due collezioni, che si chiamano Antico e Nuovo Testamento.

704. Questi libri rassomigliano a tutti gli altri libri?

No; questi libri non rassomigliano a tutti gli altri libri; perché gli altri libri sono scritti da uomini, mentre questi sono stati scritti da Dio stesso.

705. Che cosa volete dire dicendo che questi libri sono stati scritti da Dio stesso?

Voglio dire che Dio ne è l’autore principale, e per iscriverli si è servito di uomini scelti da Lui come di altrettanti strumenti.

706. Dunque tutto quello che si contiene in tali libri vi è stato messo da Dio?

Sì: tutto ciò che si contiene in tali libri vi è stato messo da Dio, parlando del primo esemplare autografo scritto dagli scrittori sacri; perché gli altri non sono divini se non in quanto sono conformi al primo.

707. Quando dunque noi leggiamo questi libri, è come se intendessimo parlarci Dio stesso?

Sì; quando leggiamo questi libri è come se intendessimo Dio stesso che ci parla.

708. Ma non possiamo ingannarci sul senso della parola di Dio?

Sì; noi possiamo ingannarci sul senso della parola di Dio; perché se vi sono dei tratti di per se stessi chiarissimi, ve ne sono anche degli oscuri.

709. Donde nasce questa oscurità della parola di Dio nella Santa Scrittura, ossia nella Bibbia?

Questa oscurità talvolta deriva dai misteri stessi che la Bibbia contiene; poiché in ciò che essa ha di più essenziale, si tratta di verità che Dio solo conosce per Se stesso e che superano ogni intelligenza creata; deriva inoltre dall’antichità di tali libri, scritti primieramente per dei popoli che non avevano Né la nostra lingua, né le nostre abitudini di vita: deriva finalmente dagli errori che si sono potuti inserire sia nelle copie della lingua originale sia nelle traduzioni che ne sono state fatte, e nelle copie delle traduzioni stesse.

710. Vi è qualcuno che sia garantito di non errare circa il senso della parola di Dio nella Santa Scrittura, e circa il deposito dove essa si trova?

Sì: vi è il Sommo Pontefice e per mezzo di Lui la Chiesa Cattolica nel suo insegnamento universale (I, 10).

711. Perché dite che il Sommo Pontefice e per mezzo di Lui la Chiesa Cattolica nel suo insegnamento universale non possono errare circa il senso della parola di Dio nella Santa Scrittura, e circa il deposito dove essa si è conservata?

Perché Dio stesso ha voluto che fossero infallibili.

712. E perché Dio ha voluto che fossero infallibili?

Perché senza di questo gli uomini non avrebbero avuto i mezzi necessari per raggiungere sicuramente il fine soprannaturale a cui Egli li chiama (I, 10).

713. Si vuole alludere a questo quando si dice che il Papa e la Chiesa sono infallibili nelle questioni riguardanti la fede ed i costumi?

Sì; è proprio questo il senso di tali espressioni; e si intende dire che il Papa e la Chiesa non possono mai ingannarsi né ingannare quando insegnano oppure interpretano agli uomini la parola di Dio, in ciò che si riferisce alle verità essenziali riguardanti le cose che bisogna credere o fare, per conseguire un giorno ciò che deve formare la nostra perfetta felicità.

714. Esiste un ristretto delle verità essenziali riguardanti ciò che bisogna credere, e che sono il fondamento di ciò che bisogna operare per conseguire un giorno la nostra perfetta felicità?

Sì; è il Simbolo degli Apostoli, ossia il «Credo» (I, 6).

715. Potreste dirmi il Simbolo degli Apostoli ossia il «Credo»?

Eccolo quale lo recita ogni giorno la Chiesa Cattolica:

Io credo in Dio Padre onnipotente, Creatore del cielo e della terra; e in Gesù Cristo, suo unico Figliuolo, Nostro Signore; il quale fu concepito di Spirito Santo, nacque da Maria Vergine, patì sotto Ponzio Pilato, fu crocifisso, morto e seppellito, discese all’inferno, il terzo giorno risuscitò da morte, salì al cielo, siede alla destra di Dio Padre onnipotente, di là ha da venire a giudicare i vivi e i morti. Credo nello Spirito Santo, la santa Chiesa cattolica, la comunione dei Santi, la remissione dei peccati, la risurrezione della carne, la vita eterna. Così sia.

716. La recita del Simbolo degli Apostoli, ossia del «Credo», è l’atto di fede per eccellenza?

Sì; la recita del Simbolo degli Apostoli ossia del «Credo», è l’atto di fede per eccellenza; e non sapremmo raccomandarlo mai troppo a tutti i fedeli come pratica quotidiana.

717. Potreste darmi ancora una formola del- L’atto di fede, breve e precisa, che sia essa pure eccellentemente l’atto della virtù soprannaturale della fede, la prima delle virtù teologali?

Sì: ed eccola sotto forma di omaggio a Dio: Mio Dio, credo fermamente quanto Voi, infallibile Verità, avete rivelato e la santa Chiesa ci propone a credere. Ed espressamente credo in Voi, unico vero Dio in tre Persone uguali e distinte, Padre, Figliuolo e Spirito Santo; e nel Figliuolo incarnato e morto per noi, Gesù Cristo, il quale darà a ciascuno, secondo i meriti, il premio o la pena eterna. Conforme e questa Fede, voglio sempre vivere. — Signore, accrescete la mia fede.

718. Chi sono coloro che possono fare questo atto di fede?

Soltanto coloro che hanno la virtù soprannaturale della fede (IV, V).

719. Dunque gli infedeli non possono fare questo atto di fede?

Gli infedeli non possono fare questo atto di fede; perché essi non credono a ciò che Dio ha rivelato in ordine alla loro felicità soprannaturale: sia che lo ignorino e non si abbandonino confidenti all’azione di Dio che può e vuole dar loro il bene secondo che a Lui piace: sia che avendolo conosciuto, abbiano poi rifiutato di prestarvi il consentimento del proprio intelletto (X).

720. E gli empi possono fare questo atto di fede?

No; gli empi non possono fare questo atto di fede; perché malgrado ritengano per certo ciò che Dio ha rivelato in forza dell’autorità di Dio stesso che non può ingannarsi né ingannare, l’adesione della loro mente non è effetto di simpatia soprannaturale verso la parola di Dio che al contrario detestano, quantunque non possano non ammetterla (V, 2 ad 2).

721. Si danno degli uomini che possono credere in questo modo, senza fare pertanto l’atto di fede della virtù soprannaturale?

Sì; ed essi non fanno altro che imitare in ciò i demoni (V, 2).

722. Gli eretici possono fare l’atto di fede della virtù soprannaturale?

No; gli eretici non possono fare l’atto di fede della virtù soprannaturale; perché anche se aderiscono con il loro intelletto a questo od a quel punto della dottrina rivelata, non vi aderiscono affatto sulla parola di Dio, ma sul loro proprio giudizio (V, 3).

723. Gli eretici, riguardo all’atto di fede, sono in errore ancora più degli empi e dei demoni?

Sì; perché la parola di Dio e la sua autorità non sono il motivo dell’adesione del loro intelletto.

724. Gli apostati possono fare l’atto di fede?

No; gli apostati non possono fare l’atto di fede; perché il loro intelletto ha completamente rinnegato ciò che prima avevano creduto sulla parola di Dio (XI).

725. I peccatori possono fare l’atto di fede, anche come atto della virtù soprannaturale?

Sì; i peccatori possono fare l’atto di fede anche come atto della virtù soprannaturale, quando hanno di fatto questa virtù; e possono averla, sebbene in uno stato imperfetto, quando non hanno la carità, ossia sono in istato di peccato mortale (IV, 1-4).

726. Dunque non ogni peccato mortale è un peccato contro la fede?

No; ogni peccato mortale non è un peccato contro la fede (X, 1, 4).

727. In che consiste precisamente il peccato contro la fede?

Il peccato contro la fede consiste nel non volere sottomettere il proprio intelletto alla parola di Dio per rispetto e simpatia verso questa parola (X, 1-3).

728. È sempre colpa dell’uomo se questi non sottomette il proprio intelletto alla parola di Dio, per rispetto e simpatia verso questa parola?

Sì: è sempre colpa dell’uomo, ed è perché resiste alla grazia attuale di Dio che lo invita a fare questo atto di sottomissione (VI, 1, 2).

729. Tutti gli uomini che vivono sulla terra hanno sempre questa grazia attuale?

Sì; tutti gli uomini che vivono sulla terra hanno sempre questa grazia attuale, benché in diversi gradi ed in quanto a Dio piace di distribuirla nei disegni della sua Provvidenza.

730. È una grazia grande di Dio di avere la virtù della fede soprannaturale?

Sì; quella di avere la virtù della fede soprannaturale è in certa maniera la più grande grazia di Dio.

731. Perché dite che l’avere la fede soprannaturale è la più grande grazia di Dio?

Perché senza la fede soprannaturale non possiamo assolutamente nulla in ordine alla nostra salvezza, e si è interamente perduti per il cielo, salvo che non la si riceva da Dio prima di morire (II, 5-8; IV, 7).

732. Quando dunque si ha il bene di possederla, sarebbe una colpa grave l’esporsi a perderla con delle pratiche, conversazioni o letture di natura tale da apportarvi danno?

Sì: sarebbe colpa gravissima se si facesse scientemente; ed è sempre cosa deplorevolissima correre un simile pericolo, anche se sulle prime non vi fosse propria colpa.

733. Importa dunque sommamente scegliere bene le proprie pratiche e le proprie letture, per non esporsi, ma al contrario per conservare e sviluppare in sè il gran bene della fede?

Sì; ciò importa sommamente, soprattutto oggigiorno che nel mondo, con la libertà sfrenata della stampa, si possono incontrare tante occasioni che sono un pericolo per la fede.

734. Vi è ancora un altro peccato contro la fede?

Sì: è il peccato della bestemmia (XII).

735. Perché dite che la bestemmia è un peccato contro la fede?

Perché va direttamente contro l’atto esterno della fede che è la confessione della fede stessa con le nostre parole: ogni bestemmia infatti consiste nel profferire qualche parola ingiuriosa contro Dio o contro i suoi Santi (XIII, 1).

736. La bestemmia è un gran peccato?

La bestemmia è sempre di per sé un grandissimo peccato (XIII, 2-3).

737. L’abitudine di profferire bestemmie scusa, o almeno diminuisce, la loro gravità, quando vengono profferite?

Al contrario tale abitudine piuttosto le aggrava, perché invece di impegnarsi a correggersene, si è lasciato che questo male sì grave si radicasse tanto profondamente (XIII, 2 ad 3).

Capo III

Dei doni dello Spirito Santo corrispondenti alla fede: la intelligenza e la scienza. – Vizi opposti: la ignoranza, l’accecamento dello spirito e l’istupidimento del senso.

738. La virtù della fede, in coloro nei quali si trova, basta per far loro apprendere come debbono sulla terra, la verità di Dio?

Sì: essa basta, ma in quanto possiede alcuni doni dello Spirito Santo che le sono di aiuto (VIII, 2),

739. Quali sono i doni dello Spirito Santo destinati ad aiutare la virtù della fede?

Sono l’intelligenza e la scienza (VIII, IX).

740. Come aiuta il dono della intelligenza, la virtù della fede nella conoscenza della verità di Dio?

Il dono della intelligenza aiuta la virtù della fede nella conoscenza della verità di Dio, facendo sì che il nostro intelletto, sotto l’azione diretta dello Spirito Santo, penetri il senso dei termini delle affermazioni divine e di tutte le proposizioni che ad esse si possono riferire, in modo da potere pienamente intendere tali proposizioni e tali affermazioni, se esse non superano la capacità della nostra intelligenza; e se si tratta degli stessi misteri, in modo da conservarli integri, malgrado tutte le difficoltà che questi misteri possano sollevare (VIII, 2).

741. Il dono della intelligenza è dunque per eccellenza il dono della luce?

Sì; il dono della intelligenza è per eccellenza il dono della luce; e tuttociò che noi abbiamo di chiarezza e di gaudio intellettuale nell’ordine della verità soprannaturale, la cui chiara visione formerà in cielo la nostra felicità, lo dobbiamo su questa terra, come a prima origine, e questo dono della intelligenza che fa fruttificare in noi, nel nostro spirito, i germi delle infinite verità che sono le affermazioni divine, oggetto proprio e diretto della virtù della fede (VIII, 2).

742. Il dono della intelligenza aiuta anche in ordine al bene da operare?

Sì: il dono della intelligenza aiuta sommamente in ordine al bene da operare, perché il suo scopo o suo effetto è di illuminare la mente umana sulle ragioni di bontà soprannaturale in ordine al vero fine soprannaturale dell’uomo, che è la visione di Dio (ragioni contenute nella verità rivelata che riceviamo da Dio per mezzo della fede), affinché la volontà dell’uomo divinizzata dalla carità possa dirigervisi come si conviene (VII, 3, 4, 5).

743. Potreste dirmi come ed in che cosa il dono della intelligenza, che è una perfezione soprannaturale della nostra mente, si distingue dalla fede e dagli altri doni che sono pure perfezioni soprannaturali della mente stessa come il dono della sapienza, della scienza e del consiglio?

Sì: ecco tutto in poche parole: La fede pone davanti alla mente dell’uomo, sotto forma di proposizioni enunciate in nome di Dio, delle verità di cui le principali la sorpassano. Queste verità ora riguardano Dio stesso, ora le creature, ora l’azione dell’uomo. Se l’uomo per mezzo della fede può assentire come conviene a tali verità, però non ne può vivere con la intelligenza secondo che conviene al conseguimento del bene che sono per lui queste verità, se non a condizione di penetrarne i termini, in quanto essi sono i principi o gli elementi del triplice giudizio che può dover fare intorno ad essi in questo stesso ordine. Il dono della intelligenza ha per proprio oggetto siffatta penetrazione dei termini delle proposizioni enunciate in nome di Dio. In quanto al triplice giudizio, questo viene emesso in modo perfetto per mezzo della sapienza, in ciò che appartiene alle cose di Dio; per mezzo della scienza in ciò che appartiene alle creature, e per mezzo del consiglio in ciò che appartiene all’azione dell’uomo (VIII, 6).

744. Potreste mostrarmi dopo questo la importanza e l’ufficio del dono della scienza, che è il secondo dono che più specialmente si riferisce alla virtù della fede?

Sì; ed ecco tutto ugualmente in poche parole: In virtù del dono della scienza il fedele in istato di grazia, sotto l’azione diretta dello Spirito Santo, giudica con certezza assoluta ed infallibile verità, non già seguendo il processo naturale del ragionamento ma come per istinto ed in modo intuitivo, il vero carattere delle cose create nel loro rapporto con le cose della fede, in quanto debbono essere credute o debbono regolare la nostra condotta, scorgendo immediatamente ciò che nelle creature è in armonia con la prima Verità, oggetto della fede e fine ultimo dei nostri atti, e quello che non lo è (IX, 1-3).

745. Questo dono è oggigiorno di una importanza tutta speciale per i fedeli?

Sì; perché costituisce il rimedio per eccellenza ad uno dei più grandi mali che hanno funestato la umanità specialmente dopo il Rinascimento.

746. Qual è il male di cui parlate?

È che da allora in poi ha prevalso, anche presso gli uomini che formavano in altri tempi la società cristiana, il regno della falsa scienza, che non ha più compreso il vero rapporto delle creature con Dio, prima Verità e fine ultimo dell’uomo; ma nell’ordine speculativo ha fatto dello studio delle creature un perpetuo ostacolo alla verità della fede, e nell’ordine pratico ha suscitato il rifiorimento della antica corruzione pagana, tanto più pernicioso perché susseguente ad una fioritura più soprannaturale delle virtù praticate dai Santi.

747. È questa una delle principali cause del male che regna nel mondo ed affligge la società moderna?

Sì; questa è una delle principali cause del male che regna nel mondo ed affligge la società moderna.

748. Dunque uno dei più grandi rimedi contro il male della società moderna empia e separata da Dio, consiste nella virtù della fede e nei doni della intelligenza e della scienza che la accompagnano, quando i fedeli posseggono la grazia?

Sì; nella virtù della fede e nei doni della intelligenza e della scienza che l’accompagnano quando i fedeli posseggono la grazia, consiste uno dei più potenti rimedi contro il male della società moderna empia e separata da Dio.

749. Quali sono i vizi opposti ai meravigliosi doni dello Spirito Santo, della intelligenza e della scienza?

Sono la ignoranza che si oppone alla scienza, e la cecità della mente con l’istupidimento del senso, che si oppongono alla intelligenza (XV, 1, 2).

750. Donde provengono questi diversi vizi, specialmente gli ultimi due?

Provengono specialmente. dai peccati carnali che soffocano la vita dello spirito (XV, 3).

Capo IV.

Dei precetti relativi alla fede. – Dell’insegnamento catechistico e della Somma di S. Tommaso d’Aquino.

751. Nella legge di Dio vi sono dei precetti relativi alla fede?

Sì; nella legge di Dio, particolarmente nella legge nuova, vi sono alcuni precetti relativi alla fede (XVI, 1, 2).

752. Perché dite « particolarmente » nella legge nuova?

Perché nella legge antica non esistevano precetti che riguardassero i particolari delle cose da credersi, non essendo state ancora tali cose particolareggiate da Dio, in modo da dover essere imposte alla fede di tutto il popolo (XVI, 1).

753. E perché queste cose da credersi che ora sono date nei particolari almeno dei due principali misteri della Trinità e della Incarnazione, in modo da dover imporsi alla fede a tutti gli uomini, non lo erano nell’Antico Testamento?

Perché nell’Antico Testamento il mistero di Gesù Cristo non esisteva ancora che allo stato di promessa o di figura; e doveva essere riservato a Gesù Cristo stesso, al tempo della Sua comparsa, di rivelare agli uomini in tutta la loro pienezza i due misteri essenziali della Trinità e della Incarnazione.

754. Che cosa dunque erano tenuti a credere gli uomini dell’antica legge?

Circa questi due misteri non vi era niente che fossero tenuti a credere esplicitamente; ma in modo implicito li credevano credendo alla perfezione divina ed alle promesse di salute che Dio aveva loro fatto e non cessava di rinnovare (XVI, 1).

755. Bastava questo perché essi potessero fare l’atto di fede della virtù teologale?

Sì; questo bastava perché essi potessero fare l’atto di fede della virtù teologale.

756. La nostra condizione oggigiorno è preferibile a quella degli nomini dell’antica legge, dal punto di vista della fede?

La nostra condizione oggigiorno è senza paragone preferibile a quella degli uomini dell’antica legge, dal punto di vista della fede.

757. In che cosa consiste questa superiorità?

Consiste in questo, che i misteri, la chiara visione dei quali formerà nel cielo la nostra perfetta felicità, ci sono ora manifestati direttamente ed in se stessi, benché in modo ancora velato ed oscuro; mentre nell’antica legge non si conoscevano che implicitamente ed in modo vago e figurato.

758. Vi è un dovere speciale per noi della legge nuova, di vivere col pensiero di questi grandi misteri, e di applicare per intenderli sempre meglio, col mettere in opera i doni della scienza e della intelligenza?

Sì; questo speciale dovere esiste per tutti i fedeli della legge nuova; ed appunto per aiutarci a comprenderli meglio, la Chiesa si dedica con tanta cura ad istruire i fedeli nelle cose della fede.

759. Quale è la forma alla portata di tutti, usata più specialmente dalla Chiesa per questo insegnamento?

È la forma del catechismo.

760. Esiste dunque per tutti i fedeli un vero dovere di conoscere l’insegnamento catechistico e di applicarvisi per quanto è in loro potere?

Sì; è questo uno stretto dovere per tutti i fedeli.

761. L’insegnamento del catechismo si presenta con un valore ed una autorità speciale?

Sì; tale insegnamento del catechismo è quasi la riduzione alla portata comune di ciò che vi è di più sublime e di più luminoso nell’ordine delle più alte verità, che sono come il pane delle nostre intelligenze.

762. Chi è l’autore di questo insegnamento?

È la Chiesa stessa nella persona dei suoi più grandi geni e dei più grandi Dottori.

763. Si può dire che questo insegnamento derivi da ciò che è il frutto per eccellenza dei doni della scienza e della intelligenza nella Chiesa di Dio?

Sì; questo insegnamento deriva da ciò che è il frutto per eccellenza dei doni della scienza e della intelligenza nella Chiesa di Dio: non essendo che la riproduzione a vari gradi del più meraviglioso di questi frutti, che è la «Somma Teologica» di S. Tommaso d’Aquino.

764. La «Somma Teologica» di S. Tommaso di Aquino gode di una autorità speciale nella Chiesa di Dio?

Sì; e la Chiesa ordina che tutti quelli che insegnano in suo nome, si ispirino ad essa nel loro insegnamento (Codice, can. 589, 1366).

765. Non vi è dunque nulla di più eccellente che vivere di tale insegnamento?

Non vi è nulla di più eccellente che vivere di tale insegnamento, perché si è sicuri

allora di vivere nella piena luce della ragione e della fede.

Capo V.

La speranza: sua natura. – Vizi opposti: la presunzione, la disperazione. – Formula dell’atto di speranza. – Quelli che possono fare tale atto.

766. Quale è la seconda virtù teologale?

La seconda virtù teologale è la virtù della speranza.

167. Che cosa è la virtù della speranza?

La virtù della speranza è quella per la quale la nostra volontà, poggiata sull’azione di Dio stesso che viene in nostro soccorso, si dirige verso Dio quale la fede ce lo rivela, come verso ciò che può e deve essere un giorno la nostra perfetta felicità (XVII, 1, 2).

768. La virtù della speranza è possibile senza la fede?

La virtù della speranza è assolutamente impossibile senza la fede che necessariamente presuppone (XVII, 7).

769. Perché dite che la virtù della speranza è impossibile senza la fede, e che essa la presuppone necessariamente?

Perché è la fede sola che dà alla speranza il suo oggetto ed il motivo sul quale appoggiarsi (XVII, 7).

770. Qual è questo oggetto della speranza?

Primieramente e soprattutto è Dio, in quanto è oggetto a Se stesso della propria felicità, e si degna di volersi un giorno comunicare anche a noi nel cielo, per renderci felici della sua medesima felicità (XVI, 1, 2).

771. Può esservi ancora qualche cosa fuori di Dio così considerato, che possa essere oggetto della virtù della speranza?

Sì; qualunque bene vero può essere oggetto della virtù della speranza; purché però

rimanga subordinato all’oggetto primo e principale che è Dio in Se stesso (XVII, 2 ad 2).

772. Qual è il motivo sul quale si appoggia la speranza?

Il motivo sul quale si appoggia la speranza non è altro che Dio stesso, che viene in nostro soccorso da Sé o per mezzo delle sue creature, per metterci in grado di possederlo un giorno nel cielo a titolo di ricompensa (XVII, 2).

773. La speranza implica dunque necessariamente, nel motivo sul quale si appoggia, le nostre azioni virtuose e meritorie, fatte da noi sotto l’azione di Dio che ci aiuta a guadagnare Lui stesso quale vuol darsi a noi nel cielo?

Sì; la speranza implica necessariamente, nel motivo sul quale si appoggia, le nostre azioni virtuose e meritorie, fatte da noi sotto l’azione di Dio che ci aiuta con la sua grazia a guadagnare Lui stesso quale vuol darsi a noi nel cielo.

774. Sarebbe un peccato contro la speranza il far conto di possedere un giorno Iddio, e tenere a noi possibile il conseguirlo, senza darsi premura di prepararvisi con una vita soprannaturalmente virtuosa?

Sì; sarebbe un peccato contro la speranza.

775. Come si chiama questo peccato?

Si chiama presunzione (XXI).

776. È il solo peccato che si possa commettere contro la speranza?

No; ve ne è ancora un altro che si chiama disperazione (XX).

777. In che cosa consiste il peccato di disperazione?

Consiste in questo, che a cagione del bene sì alto che è Dio che deve essere posseduto quale è in Sé, oppure a cagione delle difficoltà constatate intorno a noi o dentro di noi per la pratica di una vita soprannaturalmente virtuosa, si fa a Dio la ingiuria di pensare che noi non arriveremo mai a praticare questa vita ed a conquistare questa felicità; e vi si rinunzia astenendosi ormai da chiamare Dio in aiuto e di contare su Lui, come se Egli non fosse più per concedere tale soccorso, sebbene d’altra parte potesse farlo (XX, 1, 2).

778. Il peccato di disperazione è un peccato particolarmente grave?

Questo peccato in un certo senso è il più grave di tutti; perché di per sé rende impossibile ogni sforzo verso il bene soprannaturale, e fa sì che il peccatore si danni in qualche modo da se stesso (XX, 3).

779. Dunque l’uomo non ha mai il diritto di disperare, per quanto grandi possano essere le sue miserie e la sua debolezza morale?

No; l’uomo non ha mai il diritto di disperare; perché la misericordia di Dio e la sua potenza superano infinitamente le sue miserie e la sua debolezza, per quanto grandi possano essere.

780. Che cosa, dunque, bisogna che faccia l’uomo quando nota le sue miserie o la sua debolezza, e si sente come aggravato sotto il loro peso?

Deve corrispondere prontamente alla azione della grazia che lo invita a rivolgersi a Dio, con la ferma speranza che Dio avrà pietà di lui, lo aiuterà a rialzarsi e gli darà la forza di vivere una vera vita soprannaturale, per meritare di possederlo un giorno nel cielo.

781. Potreste darmi una formula dell’atto di speranza, come atto della virtù teologale chiamata con questo nome?

Sì; ed eccola sotto forma di omaggio a Dio: Mio Dio, spero dalla bontà vostra, per le vostre promesse e per i meriti di Gesù Cristo nostro Salvatore, la vita eterna e le grazie necessarie per meritarla con le buone opere, che io debbo e voglio fare. — Signore, che io non resti confuso in eterno.

782. Questa formula dell’atto di speranza può essere anche abbreviata?

Sì, eccola sotto questa forma: Mio Dio, io spero in Voi con una santa ed invincibile speranza.

783. Chi sono coloro che possono fare questo atto di speranza?

Tutti i fedeli che sono ancora sulla terra possono fare questo atto di speranza.

184. I beati del cielo non hanno più la virtù della speranza?

I beati del cielo non hanno più la virtù della speranza; perché essi posseggono ormai

la felicità di Dio che ancora manca a tutti quelli che la sperano (XVIII, 2).

785. Ed i dannati nell’inferno non hanno più niente della virtù della speranza?

No; i dannati nell’inferno non hanno più niente della virtù della speranza; perché la felicità di Dio, oggetto principale di questa, virtù, è eternamente impossibile per loro (XVII, 2).

786. Le anime del purgatorio hanno la virtù della speranza?

Sì; le anime del purgatorio hanno la virtù della Speranza; ma l’atto di questa virtù non è più interamente il medesimo di quello lei fedeli che vivono sulla terra. Se infatti esse attendono ancora la felicità di Dio che non posseggono, non hanno più da contare sull’aiuto di Dio per meritarla, non potendo più ormai meritare; e non dubitano più di perderla, essendo ormai per esse impossibile ogni peccato (XVII, 3).

Capo VI.

Del dono del timore corrispondente alla virtù della speranza. – Timore servile. -Timore filiale,

187. Dunque soltanto per coloro che vivono sulla terra, la virtù della speranza deve avere per effetto di armare la volontà contro ciò che sarebbe un eccesso, nel timore di non giungere un giorno a possedere Dio?

Sì; soltanto per coloro che vivono sulla terra la virtù della Speranza deve avere per effetto di armare la volontà contro ciò che sarebbe un eccesso, nel timore di non giungere un giorno a possedere Dio (XVII, 4).

788. Vi è un timore sempre essenzialmente buono, che si riferisce alla virtù della speranza.?

Sì; vi è un timore sempre essenzialmente buono, che si riferisce alla virtù della speranza.

789. Come si chiama questo timore sempre essenzialmente buono. che si riferisce alla virtù della speranza?

È il timore di Dio chiamato timore filiale (XIX, 1-2),

190. Che cosa intendete per timore di Dio chiamato timore filiale?

È il timore per il quale si ha un santo rispetto della presenza di Dio in ragione della sua perfezione e della sua bontà di maestà infinita; e niente si teme tanto, quanto di dispiacergli o di esporsi a perderlo, con ciò che ci impedirebbe di possederlo eternamente nel cielo (XIX, 2).

791. Vi è un altro timore di Dio distinto dal timore filiale?

Sì; si chiama timore servile (XIX, 2).

792. Che cosa si vuole significare con queste parole: «timore servile»?

Con questo si designa un sentimento di ordine inferiore, proprio dei servi, per cui si teme il padrone a causa delle pene o dei castighi che è in grado di infliggere (XIX, 2).

793. Il timore delle pene o dei castighi che Dio può infliggere, ha sempre natura di timore servile?

Sì; siffatto timore delle pene o dei castighi che Dio può infliggere ha sempre natura di timore servile; ma può non avere sempre il carattere difettoso che implica il peccato(XIX, 4).

794. Quando è che il timore servile ha il carattere difettoso che implica il peccato?

Quando la pena o il castigo o la perdita di un bene creato qualunque, che è oggetto di siffatto timore, si teme come male supremo (XIX, 4).

795. Se dunque si teme questo male, non come male supremo, ma subordinatamente alla perdita del bene di Dio amato sopra ogni cosa, il timore servile non è cosa cattiva?

No; è anzi cosa buona, sebbene di ordine inferiore e molto meno buono del timore filiale (XIX, 4, 6).

196. Perché è molto meno buono del timore filiale?

Perché il timore filiale non si preoccupa affatto della perdita dei beni creati, purché il possedimento del Bene increato che è Dio stesso resti assicurato (XIX, 2, 5).

797. Dunque il timore filiale teme unicamente la perdita del Bene infinito che è Dio stesso, e ciò che potrebbe comprometterne il possedimento perfetto?

Sì; il timore filiale teme unicamente la perdita del Bene infinito che è Dio stesso, e ciò che potrebbe comprometterne il perfetto possedimento (XIX, 2).

798. Questo timore filiale ha qualche relazione col dono dello Spirito Santo, chiamato appunto dono del timore?

Sì; questo timore filiale ha il più stretto rapporto col dono dello Spirito Santo che si chiama dono del timore (XIX, 9).

799. Dunque il dono dello Spirito Santo che si chiama dono del timore, si riferisce. Specialmente alla virtù. teologale della speranza?

Sì; il dono dello Spirito Santo che si chiama dono del timore si riferisce specialmente alla virtù teologale della speranza (XIX).

800. In che cosa consiste propriamente il dono dello Spirito Santo chiamato dono del timore?

Consiste in questo, che per mezzo di esso l’uomo resta soggetto a Dio ed all’azione dello Spirito Santo senza resistergli, ma al contrario venerandolo ed evitando di sottrarsi a Lui (XIX, 9).

801. Dove trovasi precisamente la differenza tra il dono del timore e la virtù della speranza?

Tale differenza si trova in questo, che la virtù della speranza riguarda direttamente il bene infinito di Dio da guadagnarsi col soccorso che ci viene da Lui stesso; mentre il dono del timore riguarda piuttosto il male che sarebbe per noi l’essere separati da Dio ed il perderlo, sottraendosi col peccato al divino aiuto che ci viene da Lui per condurci a Sé (XIX, 9 ad 2).

802. La virtù della speranza è superiore al dono del timore?

Sì; come del resto tutte le virtù teologali sono superiori ai doni; ed anche perché la virtù della speranza riguarda il bene da possedersi, mentre il dono del timore riguarda il male che sarebbe la privazione di un tal bene.

803. Il timore che è la caratteristica del dono dello Spirito Santo, è inseparabile dalla carità ossia dall’amore perfetto di Dio?

Sì; il timore che è la caratteristica del dono dello Spirito Santo è inseparabile dalla carità ossia dall’amore perfetto di Dio, perché ha per motivo questo amore (XIX, 10).

804. Può esso esistere insieme con l’altro timore che è il timore servile, esente tuttavia dal carattere di timore cattivo?

Sì; sul principio può esistere col timore servile, esente tuttavia dal carattere di timore cattivo; e per questo si chiama allora timore «iniziale»; ma a misura che la carità aumenta esso pure si accresce, e finalmente non conserva altro che il proprio nome ed il proprio carattere purissimo di timore filiale e casto, tutto penetrato dell’amore di Dio considerato come il solo vero bene, la perdita del quale sarebbe per noi il male supremo ed in certa maniera il solo vero male (XIX, 8).

805. Questo timore sussisterà nella Patria del cielo?

Sì; questo timore sussisterà nella Patria del cielo; ma nel suo ultimo grado di perfezione, e senza avere in nessun modo il medesimo atto che ha sulla terra (XIX, 11).

806. Quale sarà in cielo l’atto del timore filiale?

Sarà per sempre in qualche maniera un atto di santo tremore al cospetto della grandezza infinita del Bene divino e della sua maestà; ma non più un tremore di paura e come se fosse ancora possibile alla beatitudine di perdere Dio; sarà un tremore di ammirazione per cui si ammirerà Dio come esistente infinitamente al di sopra della possibilità della natura, perché il beato avrà eternamente la coscienza vivissima che la propria infinita felicità non gli viene che da Dio (XIX, 11)-

Capo VII.

Dei precetti relativi alla speranza.

807. Nella legge di Dio vi sono dei precetti che si riferiscono alla virtù della speranza e al dono del timore?

Sì; nella legge di Dio vi sono alcuni precetti che si riferiscono alla virtù della speranza ed al dono del timore; ma tali precetti, come del resto i precetti relativi alla fede, in ciò che hanno di principale rivestono uno speciale carattere distinto dal carattere dei precetti propriamente detti, contenuti nella legge di Dio (XXI, 1, 2).

808. Qual è il carattere speciale dei precetti della fede e della speranza, in ciò che hanno di principale?

È che non sono affatto dati a modo di precetti; ma sotto forma di proposizioni, per la fede, e sotto forma di promesse o di minacce, per la speranza ed il timore (XXII, 1).

809. Perché queste specie di precetti sono date sotto forma speciale?

Perché debbono precedere necessariamente i precetti propriamente detti contenuti nella legge (XXII, 1).

810. E perché questi primi precetti relativi alla fede ed alla speranza od al timore, debbono precedere necessariamente i precetti propriamente detti contenuti nella legge?

Perché l’atto di fede fa sì che la mente dell’uomo si pieghi a riconoscere che l’autore della legge è tale da doversi sottomettere a Lui; e la speranza della ricompensa o il timore del castigo fa che l’uomo sia indotto ad osservare i precetti (XXII, 1).

811. E quali sono i precetti propriamente detti che costituiscono la sostanza della legge?

Sono quelli che sono imposti all’uomo già così sottomesso e ben disposto ad obbedire,

per ordinare e regolare la propria vita soprattutto nell’ordine della virtù della giustizia.

812. Questi ultimi precetti sono quelli che costituiscono il Decalogo?

Sì; questi ultimi precetti sono quelli che costituiscono il Decalogo.

813. I precetti relativi alla fede ed alla speranza non sono dunque propriamente precetti del Decalogo?

No; i precetti relativi alla fede ed alla speranza non sono propriamente precetti del Decalogo; ma anzitutto li precedono ed aprono loro la via rendendoli possibili; poi nei complementi, ossia nelle esplicazioni che i Profeti, Gesù Cristo e gli Apostoli hanno dato alla legge di Dio, si presentano essi stessi sotto nuove forme, rivestendo alla loro volta il carattere di ammonizioni e di precetti formali complementari (XXII, 1 ad 2).

814. Dunque niente è più necessario né più rigorosamente voluto da Dio e da Lui ordinato all’uomo, che la sottomissione assoluta della mente dell’uomo a Dio per mezzo della fede, e l’atto di speranza basato sull’aiuto di Dio, in ordine al raggiungimento di Dio stesso, per mezzo di una vita tutta soprannaturale?

Sì; niente è più necessario né più rigorosamente voluto da Dio ed ordinato da Lui all’nomo, che la sottomissione assoluta della sua mente a Dio per mezzo della fede, e l’atto di speranza basato sull’aiuto di Dio, in ordine al raggiungimento di Dio stesso per mezzo di una vita tutta soprannaturale.

815. Vi è una virtù speciale, avente precisamente per iscopo e per compito di fare che l’uomo viva di una vita soprannaturale, in ordine al conseguimento di Dio?

Sì; e questa virtù si chiama la carità.

Autore: Associazione Cristo-Re Rex regum

Siamo un'Associazione culturale in difesa della "vera" Chiesa Cattolica.