LE BEATITUDINI EVANGELICHE (-6A-)

BEATITUDINI 6 (A)

[A. Portaluppi: Commento alle beatitudini; S.A.L.E.S. –ROMA, 1942, imprim. A. Traglia, VIII, Sept. MCMXLII]

Beati mundo corde: quoniam ipsi Deum videbunt.

[Beati i mondi di cuore perché vedranno Dio]

I.

IL TRIONFO DELL’INGANNO

È una realtà sfiduciante la tronfia baldanza del vizio impuro sul mondo. Nelle regioni dominate dal paganesimo sta come in sua sede l’impurità; e vi è venerata al pari d’una divinità promettente. I missionari hanno contro di sé il dio nefando, sotto tutte le forme. Non è forse vero, che vi viene adorato? Le religioni pagane ancora esistenti sono nelle condizioni di decadimento del nostro paganesimo, allorché stava per rivelarsi il Cristo. E non sono in via di scomparire. Tanta energia dissolvitrice ancora possiedono. E purtroppo ne vediamo i frutti nella inferiorità di codesti popoli. Nelle opere civili, in quelle dell’intelligenza e del cuore. Sanno vestirsi dei trovati della nostra civiltà cristiana e in questo sono invadenti e pericolosi; ma essi non sanno creare. Non forse anche presso di noi ha un certo culto il demonio sudicio! Lo ha in diverse zone della nostra vita, dove il pensiero cristiano non penetra e il dettame di satana fa invece presa. Il diporto mondano è penetrato dal veleno impuro, la letteratura ne è resa fetente, il costume di certi ambienti intollerabile. Ci sono famiglie messe insieme dalla passione, coniugi senza la benedizione di Dio generano figli, ai quali viene negato il Battesimo o dove il Sacramento non riesce a fecondare alcuna virtù. Giovani avviati al vizio dai genitori stessi. Ragazze, che sciupano le rose della loro avvenenza prima che s’aprano ad olezzare. Adulti la cui sollecitudine è spremere dal resto della esistenza l’ultime gocce di piacere. Decrepiti — poiché qualche volta avanza un brano di vecchiezza anche al vizioso — i quali stanno esaurendosi nell’ansia tormentosa di turpi desideri insoddisfatti.

LA DELUSIONE

La società, se dipendesse dal loro contributo sarebbe distrutta da tempo. Dio è soppresso nella loro vita; ma anche questa ne subisce la sorte. Tutto per un piacere effimero e illusorio. È la vittima stessa, che lo sente così. Dopo una soddisfazione, si oscura la sua fronte e si chiede: Tutto qui? È una forza più esterna che intima, che seduce e acceca e sopprime il senso dell’osservazione e della critica. È un impulso fosco e trascinante, che ottenebra l’intelletto e lo fa inetto a penetrare e a ragionare. La carne ne è sollevata in una violenza, che umilia, ma che domina. Quando nella famiglia un giovine si fa serio senza ragione oltre il suo tono abituale, la sua parola più rada, il suo carattere intrattabile, dite che il verme della impurità lo sta rodendo alle radici del cuore. Persino la natura reagisce. Ma soprattutto si nota la stanchezza della disciplina, la noia della fatica, la incapacità di sostenere intero il dovere, che prima era piacere. – « E di che cosa mai mi dilettavo io, scrisse Sant’Agostino, se non di amare e di essere amato? Ma l’amicizia ha i suoi confini e molti pericoli, ed io invece non sapevo tener misura, e accecato dalla nebbia oscura che mandavano su le passioni della carne e il brulicame della pubertà, non distinguevo le bellezze dell’amor puro dalla bruttezza della libidine. L’una e l’altra mi ribollivano insieme nel cuore, e me imbecille trascinavano giù alla cieca nel precipizio dei peccati e mi affogavano in un mare di delitti. L’ira tua, o Signore, tutta mi pesava addosso, ed io non m’accorgevo, divenendo stupido per le catene de’ miei vizi, in pena della mia superbia. Sicché io me ne andava lungi da te, e mi scialacquava in dissolutezze, e infradiciavo tutto; e tu mi lasciavi fare e tacevi ». – Questa pagina delle Confessioni è l’eco della esecrazione che tormentava l’animo contrito del santo, dopo anni di ravvedimento e di espiazione. Ma il male amareggia tutta la esistenza dell’antico peccatore, anche se rinato nella santità. Qualcuno ha detto, e si ripete, che l’esperienza vale il peccato. Ma non si riflette, che nessuna malattia giova alla salute. Può darsi, che lo trattenga dai pericoli di ricadervi; ma è chiaro, che per questo non mancano le indicazioni, per evitare di battere una strada errata e di doverla poi rifare in senso contrario, faticosamente.

ANTICHE FOLE

Chi sappia incontrarsi con un giovine puro avrà per tutta la vita nell’animo l’impressione di una superiorità, che vale ogni sacrificio. Ma il suo rovescio fa orrore e ci dà la prova della miseria alla quale può arrivare un cuore non guidato dall’intelligenza che la Fede religiosa illumini. V’ha oggi, come in altri tempi, qualcuno il quale insegna ad alta e irata voce, che il peccato è una fola e che soltanto la superstizione di chi non sa conoscere la vita, può parlarne con tono pauroso. L’uomo è in se stesso sano e integro. Ogni suo bisogno è legittimo. La natura non decadde mai e il peccato originale è una eredità orientale e semita, estranea alla nostra civiltà europea. Siamo davvero sotto tale riguardo, in tempi di spenta originalità. Quando si ardisce declamare contro la Fede dei secoli cristiani si cade negli errori mille volte dimostratisi tali. Del peccato ognuno possiede la prova dentro la propria esperienza. Nessuno ha il potere di creare il rimorso circa alcuni lati della vita. Nasce da sé, si oppone da sé alla volontà sviata, tormenta da sé lo spirito in errore e sovente lo conduce alla resipiscenza e la Fede. Il rimorso qui è provocato dalla legge naturale disprezzata. – Fatto si è che l’uomo vittima del vizio impuro si esaurisce. L’intelligenza, il cuore, la volontà, le tre forze massime della natura nostra, si attenuano di vigore e di prontezza. L’indolenza poi fa precipitare nel disordine e nel disonore e compromette anche la condizione sociale. Giovani di bellissime speranze — come Prodighi alla custodia dei porci — si sono ridotti alla miseria spirituale. – Ma ciò che più conta, si è la vergogna che contamina l’anima e l’immagine di Dio contraffatta nel cuore. Leggiamo una pagina di Padre Lacordaire. « Chi è quel giovine? Donde viene che il suo sguardo è appannato, le guance scolorite e incavate, le labbra tristi, la fronte pensierosa? La giovinezza è primavera della bellezza; Dio, che è giovane sempre bello, ha voluto nei nostri primi anni darci qualche cosa della fisonomia della sua eternità. La fronte del giovane è il lampo della fronte di Dio, ed è impossibile vedere un’anima vergine sopra un volto puro, senz’essere commosso da una simpatia, che contiene tenerezza e rispetto. Ora questo dono sì grande, questo dono che precede il merito, ma non l’innocenza, Iddio lo toglie a chi ne abusa con precoci passioni. Il vizio s’imprime su quella carne… vi segna delle vergognose rughe premature ed accusatrici, un non so che di caduco, che non è il segno del tempo, né delle meditazioni dell’uomo dedicato ad austeri doveri, ma l’indizio certo d’una depravazione passata devastando… Così è delle nostre passioni; ciascuna ha il suo castigo terreno e rivelatore, destinato ad insegnarci che la loro strada è falsa… ». – Ma, dico, è l’anima umiliata, la prima vittima, il cencio che rimane come emblema della distruzione avvenuta. Dio cacciato da essa, ha tolto via con sé tutto: la bellezza, la intelligenza, il vigore fisico, le speranze del cuore verso l’avvenire, tutto il suo tesoro. La vita soprannaturale cancellata ha lasciato i rottami delle delusioni e della sfiducia. La vita del Cristiano senza Cristo è la preparazione alla più impensabile e disperata miseria. I genitori, che non si occupano di questo problema, sono destinati a sorprese ben desolanti.

II

LA PROFANAZIONE DELLA VITA

Sicché ogni impegno per liberare le anime da un peso sì grave e opprimente è opera di gran merito. Se uno ricorda la commozione provata dopo una confessione ben fatta e il sollievo sperimentato nella certezza del perdono, sa che la coscienza umana, sgombrata da codesta colpa, si sente leggera e agile, piena di fiducia e di desiderio di ben fare. È dunque una carità inestimabile il soccorso prestato a tale liberazione.

CONTRO NATURA

Infatti l’impuro contravviene alle leggi della natura e la profana. Questa esige il rispetto dell’ordine fissato al piacere. Il quale è destinato a rendere gradito il dovere della conservazione della vita nel mondo. Chi ne abusa a scopi personali di solo godimento, defrauda la natura del suo diritto. Vuol godere escludendo le responsabilità inerenti. Oltre a ciò la mala soddisfazione riempie l’animo di turbamento e di ambascia, vi solleva una tempesta di ansietà e di voglie scomposte, vi prepara altre cadute. – Il cuore, che ci è dato per amare e perché serva da casto motore alle diverse attività della vita, vien prostituito a servire l’immondezza e la volgarità. Sicché invece di essere strumento di opere di amore, diventa stimolo di corruzione e tranello per le conquiste del vizio. – Quante vittime della corruzione del cuore si contano nella società! Dalla storia conosciamo alcuni casi di singolare gravezza; ma ogni giorno la folla viene, insidiata e travolta dalla esasperazione di certi cuori avviliti nella sconfitta, i quali perseguitano altri come per vendicarsi della propria viltà. – Il dono della vista, la capacità di vedere e osservare, vengono pure contaminati dal vizio impuro, che l’usa come provocante incentivo al fuoco della concupiscenza. Qui è lo spirito preso di mira, e l’occhio che guarda impudicamente e con il desiderio del male contamina e piaga l’animo e lo infesta di stimoli insani. – Il Signore Gesù mise in guardia contro il pericolo con quelle parole, che elevarono la morale umana dal fatto esteriore ad una consapevolezza intima. « Chiunque guarderà una donna, per desiderarla ha già commesso in cuor suo adulterio con essa ». Commenta san Giovanni Crisostomo: « È quanto dicesse di chi vuole fissarsi troppo curiosamente nelle bellezze corporee e andar a caccia di leggiadri visi e pascere l’anima di codesto spettacolo e piantare gli occhi nelle sembianze lusingatrici. « Non venne egli a trarre il corpo soltanto dalle malvagie azioni, ma prima provvide allo spirito; e, come riceviamo nel cuore la grazia del Paracleto; così tende tosto alla purificazione di esso. E con quali mezzi, domanderete, possiamo liberarci dalla concupiscenza? In una maniera energica assai; poiché volendolo davvero, possiamo estinguerla o contenerla almeno affinché non si sbrigli ».

VIGILANZA FIDUCIOSA

Chi non ha qualche esperienza degli effetti di certi sguardi procaci? Colui che anela di fermarsi con gli occhi nella bellezza dell’altrui volto, infiamma la fornace della colpa, avvince lo spirito e sospinge attivamente verso l’azione malvagia. Questa deleteria efficacia suaditrice viene esercitata nella vita sociale oggi dal cinema immorale, dove gli occhi hanno una parte sovrana. Attraverso questi passa tutto un mondo di peccato, di seduzione, di inganno; si introduce nello spirito un torrente di eccitazioni, di stimolanti arditi, frementi, che diventano poi un fomite insaziabile. I genitori lo sappiano sempre e ne tengano conto, con somma attenzione. – Per buona sorte vi ha un altro modo di vedere. Il Signore non condannò il guardare, ma quel particolare modo, che è accompagnato da desideri impuri. Dono prezioso è quello della vista; ed ha una funzione di gran rilievo nella vita dello spirito. Dalla serena visione delle cose veniamo invitati a salire verso il Creatore con moto spontaneo e diretto. Funzione sulla quale dobbiamo ammaestrare i giovani d’ogni età, perché, apprezzando la generosità del Signore, sappiano usare dei suoi infiniti doni con rispetto e con facile profitto. – Che cosa occorre dunque per riuscire a conservare il dominio dei sensi secondo la volontà di Dio? Santa Caterina da Siena scrivendo ad una religiosa spiega con una similitudine come chi ambisce conservare la purezza debba somigliare alle vergini savie, di cui parla san Matteo (XXV, 1-13). Esse avevano la lampada, l’olio e il lume, che è fuoco e luce. La lampada è il nostro cuore, stretto in basso e largo in alto, perché poco e ordinatamente si tenga rivolto a terra e si tenga ampiamente aperto verso il cielo. Sia riservato nei doveri della esistenza presente, sia generoso con quelli che toccano i nostri rapporti con Dio. L’olio è la virtù della umiltà, che potremmo anche dire della diffidenza di noi medesimi. Per merito di essa noi non ci induciamo a usare libertà di modi quando trattasi del pericolo impuro, non accostiamo persone, cose, pensieri capaci a sedurre la nostra fragile volontà; abbiamo paura di essa, diffidiamo della nostra abilità e forza di resistenza. Questa diffidenza porta al conoscimento di noi e di Dio. Conoscer bene la nostra miseria e concentrarci in questo pensiero esclusivamente, riuscirebbe noioso e pesante e ci condurrebbe a disperazione; perciò dobbiamo levarci verso Dio e studiare la sua grandezza e bontà. Questa al contrario ci rivelerà la sua generosità a nostro riguardo; sicché ci s’allarga il cuore e la speranza rinasce e cresce. – « Convienci dunque mescolare l’uno con l’altro insieme, cioè stare nel conoscimento santo della bontà di Dio e nel conoscimento di noi medesimi; e così saremo umili, pazienti e mansueti e a questo modo avremo l’olio nella lampada ».

PUREZZA È GARANZIA

Il fuoco, che divampa dall’olio è la carità, l’amore di Dio e del prossimo è la fede, cioè l’accettazione delle verità da Dio rivelate e le opere che ne sgorgano, quando essa è viva. Le opere fanno risplendere la fede, e dimostrano che è sincera e fiammante. Orbene la fede, che opera, mira ad affermare il dominio di Dio sulla nostra vita. E Dio con questo dà all’uomo il suo valore. Bisogna stare uniti a Lui e lavorare nel suo solco. Quanto è attraente l’esistenza indipendente dalle agitazioni e dai turbamenti del piacere! Tu vedi giovani e adulti, che camminano come sovrani per la strada del loro dovere. Li vedi sopportare le opposizioni delle condizioni esteriori con la calma e serenità di chi è padrone e sicuro. Come sarebbe meglio appoggiato che al volere di Dio? L a purezza del costume è la prima affermazione della sua volontà. Puoi vedere molte cose belle in un individuo: intelligenza, salute, carattere felice, resistenza al lavoro, posizione fortunata; se non ha correttezza del costume non andrà esente dal fallimento. La nostra sorte è come appesa a quella virtù. « Non far getto dell’eroe che è in te », ha scritto un filosofo sventurato. Ma più che di eroi abbiamo bisogno di uomini normali. Il progredimento della vita avviene per mezzo della fatica lenta, ma assidua e costante, più che con i gesti ammirabili. Uomini sereni e pazienti, calmi e casti occorrono; come di donne consapevoli della loro dignità e del valore della fede data. Abbiam bisogno di coscienze comprese della presenza di Dio e della santità imposta a ciascuno, per il bene di tutti. Senza la purezza non matura virtù, né la vita fa frutto.

[continua…]

Autore: Associazione Cristo-Re Rex regum

Siamo un'Associazione culturale in difesa della "vera" Chiesa Cattolica.