IL PROTETTORE DEI CRISTIANI
[A. CARMAGNOLA: Il Custode della Divina Famiglia S. GIUSEPPE – Tipogr. e libr. Salesiana, TORINO, 1896]
RAGIONAMENTO XXIX.
Della ognor crescente glorificazione di S. Giuseppe qui sulla terra lungo il corso dei secoli.
Discorrendo S. Bernardo dell’antico Giuseppe, figliuolo di Giacobbe, osserva, giusta quel che ne dice la Santa Scrittura, che tali erano le sue doti e le sue qualità da tirarsi dietro come rapito da dolce incanto tutto l’Egitto: Ioseph universum Ægyptum post se currere fecit(Serm. II in Cant.). Ma ciò non è che una meschina figura di quanto si è realizzato del nostro S. Giuseppe nel corso dei secoli cristiani. Di mano in mano che si misero sempre più in chiara luce le sue eccelse virtù, i suoi preclari meriti, si videro altresì correre dietro a lui i cuori di tutti i Cristiani! Difatti la divozione verso questo Santo Patriarca, nascosta per così dire nel cuore dei primitivi Cristiani, svolta quindi dai sentimenti espressi dai Santi Padri, e resasi in seguito apertamente manifesta, si è distesa non solo in tutta Europa, centro della nostra santissima Religione, ma è passata ancora nell’Asia, nell’Africa, nell’America e nell’Oceania e nelle più remote contrade del mondo, e da per tutto coi nomi dolcissimi di Gesù e di Maria si ripete e si invoca ancora il nome di Giuseppe. Da per tutto col più fervido slancio di pietà si celebrano le sue feste, lo si onora nel mercoledì di ogni settimana, gli si consacra il mese di Marzo, si implora la sua possente protezione in vita e specialmente al punto di morte. Da per tutto e tutte le classi della società, tutte le età della vita a lui si rivolgono tributandogli l’omaggio dei loro ossequi e delle loro preci: i sovrani Pontefici, i re, i vescovi, i regni, le città, le ville, le famiglie, gli istituti religiosi, la Cristianità tutta quanta, per modo che si ha da dire di lui che per la sua singolare grandezza ha fatto correre dietro a sé tutto il mondo e tutto il mondo ha guadagnato alla sua glorificazione. Iosepli universum mundum post se currere fecit. Ma per farci un’ idea più ampia e più particolare di una tale verità, rifacciamoci da capo e trascorriamo oggi almeno i principali periodi della ognor crescente glorificazione di S. Giuseppe sopra di questa terra.
PRIMA PARTE.
Già fin da’ suoi primi tempi la Chiesa prese ad onorare S. Giuseppe. Poiché sebbene, come già osservammo in uno di questi primi ragionamenti, a principio ella andasse con molta cautela nel rendere a questo Santo la gloria dovuta per mettere in salvo il dogma della verginità di Maria, non lasciò tuttavia di dipingere e di scolpire nei venerandi asili delle catacombe, sui sarcofagi, nei codici, sui dittici e persino sopra le gemme insieme con l’immagine di Gesù e di Maria quella di S. Giuseppe. A Roma in un affresco del cimitero di Priscilla, che è della fine del primo secolo o del principio del secondo, S. Giuseppe è rappresentato in piedi vicino alla Beata Vergine, che tiene in seno il divin Pargoletto. Nel cimitero di S. Callisto vi ha un altro affresco del secondo secolo, dove S. Giuseppe è posto ritto tra la Vergine ed il Divino Infante. Così pure trovasi sempre effigiato in diversi sarcofagi, tutti dei primi quattro secoli, come anche nei mosaici di Santa Maria Maggiore sia quando si rappresenta il mistero della nascita di Gesù, sia quello dell’adorazione dei Magi, o della fuga in Egitto. Fuori di Roma trovansi queste simili pitture o sculture ad Ancona sopra un sarcofago del quarto o al più del quinto secolo, a Firenze nel codice siriaco della Bibbia, opera del sesto secolo, a Ravenna sulla Cattedra episcopale ancor essa del secolo sesto, a Milano sopra il dittico della Chiesa metropolitana, che pare appartenere al quinto secolo più che al sesto, sopra il sarcofago di S. Celso del secolo quarto, sopra quello assai prezioso che vi ha sotto il pulpito della basilica di S. Ambrogio, dove S. Giuseppe è rappresentato in età giovanile con bella e lunga capigliatura in atto di porgere il Bambino ai Santi Magi. E fuori della stessa Italia non mancano tali immagini e di vote memorie della primitiva devozione a S. Giuseppe, tra le quali vogliono essere segnalate un’effigie del santo scolpita nell’avorio, appartenente ad un monastero di Werden della Vestfalia, lavoro del sesto secolo, ed una gemma trovata in Oriente e che non è certamente più in là del quinto secolo, intorno alla quale si legge una epigrafe in lingua greca, che suona nella lingua nostra: « O Giuseppe assistetemi nei miei lavori e concedetemi la vostra protezione ». – Ma alla glorificazione, che di S. Giuseppe presero a fare nei primi secoli della Chiesa gli artisti, devesi aggiungere quella degli scrittori ecclesiastici e dei Santi Dottori. Il martire S. Giustino ed Origene del secondo secolo, poi i Santi Epifanio, Giovanni Crisostomo, Giovanni Damasceno nella Chiesa orientale, ed i Santi Ambrogio, Gerolamo, Agostino ed Ilario nella Chiesa occidentale rendono nelle loro opere splendida testimonianza della loro venerazione verso di S. Giuseppe. Fra di essi Origene nota come S. Giuseppe fosse onorato dal Figliuol di Dio col titolo di padre; S. Ilario (In Matt. cap. II) lo riguarda come tipo e figura degli Apostoli tanto presso degli Ebrei, come presso dei gentili, osservando che S. Giuseppe dapprima condusse Gesù a Gerusalemme nel tempio giudaico e poi nell’Egitto tra i popoli idolatri; e S. Agostino infine (Serm. LXXXI, de temp.), per non fare più altre citazioni, avverte che il nostro Giuseppe non aveva già solamente radunato del grano per i sudditi di un solo principe, come aveva fatto l’antico Giuseppe divenuto viceré dell’Egitto, ma che egli aveva dato e conservato a tutti i figli della Chiesa il vero pane vivo e vivificante che nutre le anime per renderle immortali, e che se l’antico Giuseppe era nato pel bene dell’Egitto, il nostro era venuto al mondo pel bene di tutto il genere umano. – Or dunque, da tutte queste bellissime e gravi testimonianze risulta chiaro, che S. Giuseppe fin dall’origine della Chiesa e dai suoi primi secoli venne pure, sebbene piuttosto in privato che in pubblico, assai onorato e glorificato dal popolo cristiano. Ma questo culto, che infino al secolo ottavo rimase per così dire alquanto velato, prese poscia nei secoli successivi a manifestarsi e svolgersi sempre più apertamente sia con chiese ed altari dedicati ad onore di S. Giuseppe, sia con feste speciali, sia con pratiche devote. Pare fuor di dubbio che la prima a tributare un pubblico culto a S. Giuseppe sia stata la Chiesa orientale. Nel secolo nono il beato Giuseppe, nativo di Sicilia, poi monaco e prete di Tessalonica, che scrisse molti inni sacri, per cui fu soprannominato Innografo, ne compose eziandio uno ad onore di S. Giuseppe, il quale doveva servire per la festività di questo Santo, che si celebrava nella domenica dopo la Natività di Gesù Cristo. Il che chiaramente dimostra che nel secolo nono presso la Chiesa orientale già si onorava di festa speciale epperò di pubblico culto il Custode della Divina Famiglia. Ma se la Chiesa orientale fu la prima riguardo al tempo ad onorare pubblicamente S. Giuseppe, la Chiesa occidentale, alla quale noi apparteniamo, non fu seconda riguardo allo slancio ed al fervore. Ne abbiamo una prova anzitutto del secolo decimo primo nella frequenza con cui nei loro scritti parlano di S. Giuseppe il mellifluo S. Bernardo e Ruperto abbate. Questi chiama S. Giuseppe massimo fra tutti i Santi, dopo la Beata Vergine; quegli nelle sue opere se ne dimostra devotissimo e gli tesse i più alti encomi. Altra prova ci è la certezza, che ne risulta da autentici documenti, dell’esistere fin dal secolo decimo secondo in Bologna un borgo detto di San Giuseppe, ed in esso una Chiesa parrocchiale a lui dedicata. Altra prova ancora vi ha nella sollecitudine, con cui gli Ordini religiosi presero a mettersi sotto la special protezione di questo Santo. Presso i Servi di Maria, come chiaro si legge nei loro annali, essendosi raccolti a capitolo generale in Orvieto l’anno 1324, furono rinnovati e dichiarati i decreti, i quali prescrivevano che in ciascuna Chiesa dell’ordine si celebrasse il dì 19 Marzo la festa di S. Giuseppe. Presso i Frati minori Francescani, in alcune loro generali adunanze stabilirono ripetutamente la stessa cosa. E così pure si prescrissero solenni onori al nostro Santo presso dei Domenicani e dei Carmelitani, intorno ai quali ultimi è sentenza comune degli eruditi aver essi trasportato dall’occidente in Oriente questa santa pratica del porgere culto amplissimo a S. Giuseppe. Ma le prove più belle della sua glorificazione per parte della Chiesa occidentale cominciamo ad averle dal secolo decimo quinto. In questo secolo spargeva gran fama di sé il dotto e pio Gersone, gran Cancelliere dell’Università di Parigi. Or bene fu egli che in Francia cooperò mirabilmente a dare nuovo ed imperituro splendore al culto di S. Giuseppe. Egli non omise giammai occasione alcuna per far conoscere al mondo le sublimi prerogative e i tesori di virtù racchiusi nel cuore del nostro Santo. Soprattutto si applicò ad ispirare questa divozione agli ecclesiastici ed ai principi, giovandosi di tutto l’ascendente che gli dava il suo stato e scrivendo a tal fine inni, panegirici, lettere piene di unzione e di dottrina. Nell’anno 1414 intervenuto al Sinodo di Costanza, ed adoperandosi efficacemente per la cessazione dello sciagurato scisma di Occidente, propose quale mezzo sicuro ad ottenere la pace della Chiesa l’istituzione di una speciale solennità ad onore di S. Giuseppe. Incaricato in quel sinodo di predicare il giorno della natività di Maria Santissima, impiegò la massima parte del discorso nell’encomiare le prerogative dell’augusto Sposo di lei, e seppe parlarne con tanta energia, che lasciò quella santa assemblea penetrata dalla più viva ammirazione per lui e della più tenera confidenza verso di San Giuseppe. – Ma quel che allora andava facendo Gersone in Francia è pure quel che faceva in Italia San Bernardino da Siena, l’apostolo della divozione al Santissimo nome di Gesù, ed una delle più splendide glorie dell’ordine serafico. Questo Santo in tutte le sue apostoliche escursioni non lasciava mai di raccomandare con quello zelo efficacissimo che era tutto suo, la divozione ed il culto di San Giuseppe. Egli ne aveva composto un devotissimo sermone, e lo andava recitando con gran fervore in quasi tutte le città italiane, che egli percorse predicando. Per ogni dove magnificava le sue glorie, esaltava la sua santità, e la sua dignità altissima di Sposo di Maria e di Custode di Gesù, ne asseriva la sua santificazione nel seno materno e la sua assunzione in cielo in corpo ed anima; per modo che mercé un tanto zelo la venerazione a S. Giuseppe andava mirabilmente accrescendo in tutte le nostre terre. Nel secolo seguente suscitava nuove fiamme di amore a S. Giuseppe il frate Isidoro Isolano dell’ordine di S. Domenico. Egli l’anno 1522 pubblicava in Pavia un libro intitolato: Somma dei doni di S. Giuseppe, e lo presentava al Sommo Pontefice Adriano VI, accompagnandolo con calde preghiere, perché volesse accrescere onore al gran Santo e lo dichiarasse patrono della Chiesa militante, assicurando che ne sarebbe derivato un gran bene a tutta la Chiesa. Ma intanto ecco sorgere contemporaneamente nella Spagna la stella fulgidissima del Carmelo, S. Teresa di Gesù, la quale può a tutta ragione chiamarsi l’apostola della devozione a S. Giuseppe. Fin dalla sua tenera età si sentì nel cuore una tenerezza ed una fiducia particolare per questo Santo. Lo chiamava col nome di suo padre e signore, e lo riguardava, dopo Maria, come il suo primo protettore. Cresciuta negli anni e nella perfezione, accrebbe pure l’amore per lui. Nel giorno della sua festa faceva cantare la messa e l’ufficio solenne; a capo alle sue lettere metteva sempre con quello di Gesù e di Maria anche il nome di Giuseppe. In suo onore fece innalzare delle chiese, gli dedicò dodici monasteri dei diciassette che fondò per le monache carmelitane e tutti li mise sotto la sua protezione: a tutte le suore non solo, ma a tutti i fedeli, con cui aveva occasione di parlare, raccomandava sempre la divozione a questo santo e ciò con uno zelo ed una efficacia ammirabile. Sulla fine poi dello stesso secolo XVI e sul principio del XVII facevasi fervidissimo promotore del culto a S. Giuseppe il dolcissimo S. Francesco di Sales. Il Santo Vescovo di Ginevra con uno slancio meraviglioso prese a parlare di lui presso che in tutte le sue opere. Come al suo unico e più caro protettore volle dedicato il suo sublime trattato dell’amor di Dio: lui scelse come principale patrono ed angelo tutelare dell’ordine della visitazione; e lo diede ancora quale particolar guida nella via dell’orazione mentale e della contemplazione alle novizie. Per suo zelo si eresse nella città di Annecy un bel tempio ad onore di lui; ed alla vigilia della sua morte, al rettore di quella Chiesa che era venuto a trovarlo, disse: Non sapete, padre mio, che io sono tutto di San Giuseppe? Il religioso che lo assisteva, prendendo in mano il breviario di lui, non vi trovò se non un’immagine, ed era quella di S. Giuseppe. Tale e tanta era la divozione che nutriva in cuore per lui e che desiderava accendere nel cuor degli altri. Finalmente per non essere più particolare, dirò che largamente promossero la glorificazione di S. Giuseppe in sulla terra S. Ignazio di Loyola, S. Camillo de Lellis, S. Tommaso d’Aquino, S. Vincenzo de Paoli, S. Alfonso Maria de Liguori, Bernardino da Busto, Giovanni di Cartagena, il piissimo Suarez, S. Leonardo da Porto Maurizio e moltissimi altri. Quindi è che per opera di questi santi e dotti personaggi accendendosi sempre più nel cuor dei Cristiani l’amore a S. Giuseppe, i Romani Pontefici non indugiarono più a decretare al nostro Santo solenni onori. Essi fecero scrivere il suo nome nel Martirologio romano e lo inserirono nelle litanie dei santi. Stabilirono la sua festa il 19 di marzo da celebrarsi per tutta la Chiesa, prima per divozione e poscia per precetto; composero un ufficio proprio per lui, lo diedero per protettore a vari regni, arricchirono di sante indulgenze le pratiche della sua divozione, aggiunsero la festa del suo sposalizio e del suo Patrocinio, ed intromisero il suo nome in tutte le più importanti preghiere. Ed ecco l’umile granello di senapa diventato a poco a poco albero gigantesco, ecco la piccola scintilla suscitare un grande incendio, ecco con bella gara semplici fedeli e Pastori della Chiesa, santi e sante, scrittori ed oratori sacri, concorrere con zelo ognor crescente ad onorare il custode fedelissimo della divina Famiglia. Che si poteva dunque fare di più per glorificare S. Giuseppe? Non gli furono date così le più splendide testimonianze di onore a preferenza di qualsiasi altro santo dopo la Beata Vergine? Eppure in questi ultimi tempi la glorificazione di San Giuseppe raggiunse un grado di gran lunga superiore a quelli di cui ho finora parlato. Ma di esso vi dirò ancora qualche cosa dopo brevissima pausa.
SECONDA PARTE.
L’anno 1854, nel dì 8 dicembre, l’immortale Pontefice Pio IX proclamava solennemente il dogma della Immacolata Concezione di Maria SS. CoN la proclamazione di una tanta verità veniva posata sulla corona di Maria una delle più brillanti gemme e si andava mirabilmente riaccendendo nel cuor dei Cristiani l’amore e la divozione per lei. Lo stesso Pontefice nell’anno 1856, zelando altresì grandemente il culto del Sacratissimo Cuore di Gesù, estendeva a tutta la Chiesa la sua festa, che fino allora non si celebrava che in alcuni luoghi e prescriveva che da per tutto se ne recitasse l’ufficio e se ne dicesse la Messa. E nel 1864 innalzando ancora all’onor degli altari la Beata Margherita Alacoque, Apostola della divozione al Sacro Cuore, questa divozione istessa andava infiammando del pari che quella dell’Immacolata Maria. Ma il Cuore di Gesù e la Vergine Santissima sommamente teneri, l’uno del suo custode fedelissimo, l’altra del suo purissimo sposo, parvero non esser paghi di questo nuovo accrescimento del loro culto, se non si accresceva eziandio quello di S. Giuseppe. Epperò eccoli essi medesimi, senza dubbio, che sono gli ispiratori massimi dei Sommi Pontefici, venire eccitando colui, che già potevasi chiamare il Pontefice dell’Immacolata e del Sacro Cuore, a far opera tale da potersi pure meritamente chiamare il Pontefice di S. Giuseppe. – Di fatti quel grande Papa che fu Pio IX, eccolo nel 1862 in una allocuzione pronunciata il 9 di luglio all’occasione della canonizzazione dei SS. Martiri Giapponesi, alla presenza di più che duecento Vescovi, eccolo, dico, fuor della consuetudine dei suoi predecessori invocare subito il patrocinio di San Giuseppe dopo quello della Beatissima Vergine e prima di quello dei SS. Apostoli Pietro e Paolo; il qual fatto non è a dire quanto servisse a ravvivare in tutti i fedeli il desiderio di vedere anche più accresciuto il culto del gran Santo. Ma ciò non era che il faustissimo preludio di un più consolante avvenimento. Ed in vero l’anno 1870, il dì 8 dicembre e sacro perciò all’Immacolata Concezione, Pio IX assecondando i voti dei Vescovi, del clero e del popolo cristiano, dichiarava solennemente S. Giuseppe Patrono della Chiesa Cattolica, ne faceva in quel giorno stesso pubblicare il decreto nelle tre patriarcali basiliche di Roma, Lateranense, Vaticana e Liberiana, e comandava che la festa di sì gran Santo del 19 marzo fosse celebrata col rito più solenne che si usa nella Chiesa. – Per questo fatto e dopo il medesimo incominciò il periodo della glorificazione massima per questo Santo. Furono introdotte novelle pratiche di divozione in suo onore, si composero speciali preghiere ad invocare il suo possente patrocinio, gli si eressero nuove chiese ed altari, si fecero di lui quadri, statue, immagini e medaglie, si estese larghissimamente l’uso di celebrare con devota pompa il suo mese di Marzo, e più e più si prese a fervidamente pregarlo invocando mai sempre il suo nome insieme coi nomi dolcissimi di Gesù e di Maria. – E intanto al grande Pio IX succeduto nel Sommo Pontificato il sapientissimo Leone XIII, non meno zelante e sollecito del suo antecessore nel promuovere il culto di Maria e del Sacro Cuore di Gesù, non lasciò neppure di promuovere quello di San Giuseppe. E mentre prendeva ad esaltare il Cuore SS. di Gesù coll’innalzare a più solenne rito la sua festa, mentre ripetutamente si faceva a raccomandare ai fedeli la divozione a Maria colla recita del Santo Rosario, prendeva altresì ad eccitare i fedeli a riporre una grande fiducia in S. Giuseppe. Ed oltre al farne invocare l’aiuto dopo il Santo Sacrificio della Messa, in una sua stupenda enciclica dell’anno 1889 avvisava che, per meglio rendere alle nostre preci favorevole Iddio e perché egli, da più intercessori supplicato, porga più pronto e largo soccorso alla sua Chiesa, era sommamente convenevole che il popolo cristiano si accostumasse a pregare con singolare divozione ed animo fiducioso, insieme alla Vergine Madre di Dio, il suo castissimo sposo S. Giuseppe; raccomandava che gli si consacrasse con giornaliero esercizio di pietà il mese di marzo, o si facesse almeno precedere la sua festa con un devoto triduo di preghiere, proponeva egli stesso una bellissima orazione da recitare a questo Santo dopo il Rosario di Maria specialmente nel mese di Ottobre d’ogni anno e l’arricchiva di bellissime indulgenze; e finalmente nell’anno 1891 con un breve pontificio soddisfacendo alla brama del suo cuore e assecondando i voti dei Vescovi del Piemonte, della Liguria e della Sardegna, ristabiliva di precetto la festa di S. Giuseppe anche in dette provincie e nella Lombardia. – Or dunque, vedendo i Romani Pontefici, capi della Chiesa di Gesù Cristo, così mirabilmente intenti a glorificare San Giuseppe, facciamo d’intendere sempre più l’importanza della sua divozione. Che sempre più in noi si accresca, come si andò crescendo nel corso dei secoli. Che anche noi più e piò, colle nostre preci, con la imitazione delle sue virtù, con la recita delle sue lodi, attendiamo a glorificare S. Giuseppe qui in terra onde meritarci così la grazia di poterlo poi glorificare assai meglio in cielo.