LA VITA INTERIORE DEL CATTOLICO (9)

LA VITA INTERIORE DEL CATTOLICO (9)

Mons. ALBAN GOODIER S.J. (Arcivescovo di Hierapolis)

Morcelliana Ed. Brescia 1935

Traduzione di Bice Masperi

CAPITOLO III

La vita nella Chiesa

2. – La Vita Sacramentale.

Non è la S. Messa l’unico mezzo di grazia e di progresso per la vita spirituale, ossia, non ci stanchiamo di ripeterlo, per la formazione dell’uomo perfetto. Nostro Signore Gesù Cristo ci ha detto ch’Egli è venuto non per distruggere ma per compire, e la storia ha dimostrato la verità delle sue parole. Il Cattolico, ogni vero Cristiano, crede che seguendo Lui e usando i mezzi ch’Egli ha messo a nostra disposizione, l’individuo raggiunge il livello massimo in questa vita e per la futura, e nell’aderenza a Lui e alla sua legge s’innalza e si nobilita anche tutto il tenore della vita sociale collettiva. Egli crede che in ciò appunto consista la civiltà cristiana, e che obbedendo ai suoi comandi e in nessun altro modo si sia prodotta nell’umanità quella grande rivoluzione al cui confronto nessun’altra regge. Ora, fra i mezzi che Cristo ha messo a nostra disposizione, alcuni ve ne sono così semplici in se stessi da poter sembrare addirittura banali, ma, nella loro efficacia e a motivo del loro significato, assolutamente fondamentali di tutto il pensiero cattolico. Sono i sette sacramenti. Il cattolico sa che vi sono alcune cerimonie esteriori, alcuni atti o segni, istituiti e indicati, almeno in ciò ch’è loro essenziale, nella materia e nella forma, da Nostro Signore stesso. –  Queste cerimonie o atti compiuti secondo quanto Egli ci ha ordinato, con l’intenzione ch’Egli ebbe nell’istituirli e in prova della nostra fede nella sua parola e della nostra adesione a Lui, conferiscono all’anima per virtù propria qualche grazia speciale, qualche segno particolare della sua bontà che in nessun altro modo si potrebbe ricevere. Sapeva Cristo come la natura umana tenda ad essere attratta e impressionata dal cerimoniale esterno, dalle manifestazioni visibili e dal simbolismo sensibile. Una stretta di mano, il saluto di un superiore, una semplice parola, anche se convenzionale, uno sguardo, un gesto, un accento, tutte queste cose e molte altre ancora, trascurabili in se stesse ed insignificanti, possono invece diventare nei rapporti fra uomo e uomo così espressive e significative che la vita ne risulta tutta intessuta e anzi è da esse diretta. Sono segni materiali esteriori che contengono un intimo significato ed esprimono più delle parole, più preziosi dell’oro e dell’argento; sono riti sacri, in un certo senso sacramenti naturali che cementano la fratellanza umana in proporzione diretta della esiguità del loro valore intrinseco. – Non può quindi meravigliarci che, nella sua infinita bontà e quasi adeguandosi alla nostra piccolezza, Dio abbia voluto, per mezzo di Cristo suo Unigenito, stabilire certi segni esteriori o convenzioni fra Sé e l’uomo, certi atti o pegni in cambio dei quali l’uomo riceverà da Lui particolari prove della sua benevolenza e del suo amore. Ecco i sette sacramenti, che non sono soltanto segni di grazia ricevuta, ma essi stessi conferiscono la grazia, in questo senso che il fedele, il quale compie l’atto esteriore secondo lo spirito di Gesù Cristo che l’istituì e con le disposizioni ch’Egli richiede, immediatamente riceve la grazia che l’atto è inteso a significare. Come fra due persone una stretta di mano dopo un diverbio esprime non soltanto il pentimento dell’una e il perdono dell’altra, ma indica pure che sia il pentimento che il perdono sono stati effettivamente offerti ed accolti, così i sacramenti conferiscono le loro grazie speciali non soltanto in virtù delle disposizioni e dei meriti di chi li riceve, ma di per sé e per virtù loro propria. Le conferiscono oggettivamente e indipendentemente dal soggetto che li riceve, quali strumenti vivi nelle mani di Dio e per i soli meriti di Nostro Signore Gesù Cristo. “Fa questo — dice il Padre al figlio — dammi questa prova di sottomissione e di fiducia, e Io ti darò ciò che Io solo posso dare. Ecco perché il Cattolico tiene in sì gran conto i sacramenti. Essi costituiscono un elemento necessario, senza del quale la sua vita non può debitamente funzionare. Sono le vene del corpo che, dal centro, ossia dal cuore di Cristo, portano ad ogni membro il sangue della vita; sono i canali per cui le acque vive fluiscono all’orto concluso. Il Cattolico fa della fede nei sacramenti un tratto distintivo della sua religione in azione; si può quasi dire che la sua devozione e la sua frequenza ai sacramenti diano la misura della sua stessa fede. Ed è vero: quando si dice di un Cattolico che si accosta o meno ai sacramenti ogni altro Cattolico comprende subito che cosa significhi e non occorre dir altro. – Non sarà quindi fuor di luogo indugiare un istante sulla portata di ciascuno dei sette sacramenti nella Chiesa Cattolica. Sono, come abbiamo spiegato, dono gratuito di un Dio che ci ama, dono più grande e più bello di qualsiasi beneficio possiamo altrimenti ricevere. Da noi dipendono solo in quanto compiamo ciò che si richiede per riceverli, e, ciò fatto, sono essi che riversano sull’anima nostra in sovrabbondanza la grazia acquistataci dai soli meriti di Gesù Cristo. Ogni sacramento conferisce una grazia propria; ciascuno fu istituito per una circostanza particolare, per rispondere a uno speciale scopo o bisogno della nostra vita rituale, tanto grande è l’amorosa provvidenza del nostro Dio. – Così, nel Battesimo l’anima viene iniziata alla sua carriera spirituale, nasce di nuovo, e abbiamo già visto come effettivamente si compia questa rinascita. Il battezzando era prima un essere umano e nulla più, senz’altri diritti che quelli umani; battezzato, diventa un essere nuovo, con diritti proprî alla vita eterna. Riceve la grazia della rigenerazione spirituale, si purifica del peccato d’origine, il funesto effetto della caduta del primo uomo di cui abbiamo parlato altrove. Si crea nell’anima per il Battesimo “l’uomo nuovo”, rigenerato, “nato dall’acqua e dallo Spirito Santo” che vive della vita di Gesù Cristo. Come San Paolo arditamente si esprime, muore nel Battesimo l’uomo vecchio, l’uomo semplicemente naturale; l’anima è sepolta con Cristo, e con Lui risorge per vivere ormai una vita nuova che è la stessa vita risorta di Lui, una vita eterna, con tutti i diritti e le esigenze che le sono inerenti. « Non sapete che quanti siamo stati battezzati in Cristo Gesù siamo i battezzati nella morte di Lui? Siamo stati dunque sepolti con Lui per mezzo del battesimo nella morte, affinché, come fu resuscitato Cristo da morte per la gloria del Padre, così camminiamo ancor noi in novità di vita ». (Rom. VI, 3, 4). « Difatti quanti siete stati battezzati in Cristo vi siete rivestiti di Cristo ». (Gal. III, 27). “Sepolti con Lui nel Battesimo, nel quale anche siete stati con Lui resuscitati per la fede nell’onnipotenza di Dio che Lui resuscitò da morte”. (Col. II, 12). Da questi testi e da altri simili possiamo facilmente dedurre che, nel pensiero di San Paolo e di tutti i primi Cristiani, il sacramento del Battesimo aveva un duplice significato ed effetto. Dava in primo luogo la morte al peccato, la grazia della crocifissione spirituale della natura inferiore, dell’ “uomo vecchio”, per la quale grazia l’anima è fatta capace di combattere e dominare le proprie inclinazioni cattive. E conferiva in secondo luogo la grazia della rigenerazione spirituale, ossia incorporava l’anima battezzata a Cristo suo Signore, ammettendola alla sua stessa vita e ponendola in grado di parteciparvi. La sollevava ad un’altezza in cui avrebbe potuto vivere in conformità al desiderio e all’esempio di Lui, diventando così un Cristiano perfetto, un altro Cristo. Ma di conseguenza, come San Paolo non si stanca mai di ripetere, si veniva a formare da parte del battezzato un impegno corrispondente. Essere battezzato significa accettare una responsabilità gloriosa, è vero, ed onorifica, ma sempre responsabilità, non costrizione, rimanendo intatto il libero arbitrio umano che Cristo non vorrà mai ostacolare e del quale l’anima dovrà usare da sé e per sé. Combattere dunque il peccato e le sue cause, sia nell’intimo dell’anima che nel mondo circostante, aderire a Cristo e riprodurlo in sé, tale è il compito di chi è battezzato “nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo”. La Cresima o Confermazione è il secondo dei sacramenti che, come il termine stesso suggerisce, infonde al Cristiano nuova forza per le sue battaglie, confermandolo e consacrandolo soldato di Cristo. Quando il fanciullo si avvia alla virilità, quando giunge l’epoca in cui può venir richiesto di professare apertamente e generosamente, e forse anche a proprio rischio e pericolo, la fede e l’adesione a Cristo e alla sua divinità contro qualunque avversario, il sacramento della Confermazione gli è somministrato come arma di difesa, come baluardo è sostegno, soprattutto come antidoto al più abile dei suoi nemici, il rispetto umano, che è pura viltà per quanto generica e che trattiene tanti dalla pratica della fede che pure posseggono. La Cresima aumenta la luce della fede, dà una tranquilla sicurezza della verità anche quando la ragione non scorge che tenebre e quando l’ignoranza diviene aggressiva, genera vera letizia nel servizio di Dio quand’anche tutto il resto porti alla tristezza, alla sofferenza, al martirio. Col sacramento della Cresima lo Spirito Santo invade l’anima in una maniera nuova e così i suoi doni, già elargiti nel sacramento del Battesimo, si rinnovano e si diffondono e si accrescono. La fede è illuminata a vedere le cose migliori e messa in condizione di svilupparsi con più grande gioia e certezza, penetra più nell’intimo, diviene essenziale all’anima e ad essa connaturata. E al tempo stesso, mentre questo sacramento apre l’intelligenza a vedere e a comprendere, rinvigorisce la volontà per l’azione. Col suo aiuto si acquista maggior facilità sia a resistere al male che a compiere il bene. È questo, in breve, il sacramento della virilità cristiana che giunge provvidenziale all’epoca in cui si combattono in pieno le battaglie della vita. Il sacramento dell’Eucarestia non richiederebbe qui altre considerazioni, essendo già stato lungamente trattato altrove, sebbene in verità, per trattarlo in maniera conveniente e proporzionata alla importanza secondo il pensiero cattolico, “il mondo intero, credo, non potrebbe contenere i libri che se ne dovrebbero scrivere”. Il Cattolico l’ama come la luce degli occhi, lo considera un vero tesoro pel quale sarebbe disposto a sacrificare qualunque cosa; anzi, nell’avvicinarci al termine di questo studio, vien fatto anche a noi di chiederci se non avremmo meglio raggiunto lo scopo concentrando tutto su quest’unico argomento, dimostrando che precisamente nell’Eucarestia sta tutto il pensiero cattolico, tutta la vita della Chiesa Cattolica. In essa, tutto conduce all’Eucarestia o ne deriva. I Vangeli stessi culminano nel discorso alla sinagoga di Cafarnao e in quello dell’ultima Cena a Gerusalemme. Il primo segnava, come disse Cristo stesso, il divergere delle vie; il secondo doveva essere seguito dalla sua morte e dalla sua vittoria. Tutta l’umanità quindi sarebbe divisa secondo questo criterio: l’accettazione o meno del suo Corpo e del suo Sangue come cibo e come bevanda. L’unità cattolica non è mai meglio dimostrata e rivendicata che attorno al banchetto eucaristico; in nessun altro luogo e momento appare più evidente e più desolante la divisione degli acattolici. La dottrina stessa dell’Infallibilità si può dimostrare come conseguenza logica e necessaria del Verbo infallibile che ci diede il suo Corpo e il suo Sangue. Colui che disse: “Questo è il mio Corpo”, e poi: “Fate questo in memoria di me”, disse anche: “Io sono con voi tutti i giorni fino alla consumazione dei secoli”; “Chi ascolta voi ascolta me, e chi disprezza voi disprezza me”. Così la Santa Eucarestia nutre insieme l’anima che la riceve e tutta la Chiesa di Dio, facendone una cosa sola con sé, la stessa infallibile Verità. Affinché sia il corpo che le membra possano sussistere e crescere, hanno bisogno di cibo adatto alla loro vita, e siccome si tratta di vita divina, solo un nutrimento divino può alimentarla. Questo ci è dato nella SS. Eucarestia, il sacramento del Corpo e del Sangue, dell’Anima e della Divinità di Gesù Cristo. Esso ci trasforma in altrettanti Cristi e ci riempie realmente, non solo metaforicamente, del suo spirito, del suo pensiero, delle sue virtù, soprattutto del suo amore vivo e fecondo. – Se l’anima ha la sventura di perdere, per il peccato, questa vita della grazia, o se si macchia di colpe veniali (chi mai potrà rimanerne esente?), allora interviene il sacramento riparatore della Penitenza a lavare la colpa, ad effettuare una nuova riconciliazione, ad infondere nuova speranza e nuovo coraggio, a mettere il peccatore in grado di riabilitarsi. In multis offendimus omnes: tutti abbiamo peccato in moltemaniere; ciascuno di noi deve dirlo di se stessoe Dio misericordioso sa che così è per noi tutti.“Se diremo di essere senza peccato, inganniamonoi stessi, e la verità non è in noi. Se confessiamo i nostri peccati, Dio è fedeleper rimetterci i nostri peccati e purificarci daogni iniquità. Se diremo di non aver peccato,facciamo bugiardo Lui, e la sua parola non è innoi ». (I Giov. I, 8, 10).Gesù Cristo venne nel mondo innanzi tuttoe più che tutto “per salvare il suo popolo dalpeccato”.Di Sé parlò, più che altro, come di uno mandatomeno per i giusti che per un solo peccatoredisposto a far penitenza. Una volta sola nella suavita quaggiù provò il suo diritto divino direttamentecol miracolo, e fu quando per la primavolta osò dire: “Ti sono rimessi i tuoi peccati”.Quando fu resuscitato da morte ed ebbe riunitoi suoi Apostoli, suggellò il patto strettocon loro con questa nuova missione: “Ricevetelo Spirito Santo. Colui al quale rimetterete ipeccati gli saranno rimessi”. Si è dato premura,in questa circostanza come in altre, di assicurareal sacramento della Penitenza la conferma piùmanifesta, essendo appunto questo che applica all’anima la virtù salvifica del suo Sangue prezioso.All’anima non si chiede che di confessar le suecolpe, di pentirsene sinceramente, di risolvere confermezza di non più peccare, e in virtù dell’assoluzioneessa è perdonata. Imporre condizioni ancorpiù facili sarebbe stato indegno di Dio e dell’uomo;una volta che la contrizione sia sincera, ègarantito un perdono completo e risanatore, dellanatura stessa di Dio.Vi è un’altra ora di debolezza alla quale haprovveduto l’amorosa condiscendenza del Signore.Quando la morte viene a battere alla nostra portaabbiamo ancora bisogno di esser rinvigoriti e aiutati,per quanto lo possano ausili umani e divini, a procedere verso il trono del Dio vivo, il Giusto Giudice al quale nulla rimane nascosto, al cui cospetto nemmeno gli Angeli son puri. Può darsi che le nostre colpe passate ci inducano all’avvilimento o al timore o, quel che è peggio, può darsi che nella durezza di un cuore ostinato non sentiamo alcun dolore dei nostri peccati. Anche le debolezze presenti, più o meno gravi, potrebbero farci tremare alla prospettiva del giudizio imminente, o, cosa più tragica, l’anima potrebbe varcare la soglia dell’aldilà in un atteggiamento di sfida ostentata. Allora si somministra al malato il sacramento dell’Estrema Unzione per fortificarlo o per dargli coscienza dell’istante fatale. Si ungono con l’olio consacrato gli organi di tutti i suoi sensi, le porte dalle quali può essere entrato il peccato, e nello stesso tempo si versa sull’anima una grazia di consolazione e di rinnovamento spirituale. La durezza del cuore cede alla verità, i resti della colpa vengono cancellati, la fiducia si ravviva, l’anima riceve forza per vincere le ultime prove e tentazioni, ed è tutta invasa da quella speranza espressa da San Paolo quando asseriva di aver combattuto la buona battaglia e si rallegrava al pensiero della corona che l’attendeva. E lasciateci concludere con un’osservazione a proposito di questo sacramento. Molto si parla di miracoli ottenuti dalle preghiere e dalle devozioni dei fedeli; noi crediamo che quelli operati dall’Estrema Unzione li superino tutti. Ogni sacerdote che abbia esperienza di moribondi ha probabilmente avuto occasione di meravigliarsi delle vie di Dio a loro riguardo, in grazia alle quali i fedeli ricevono questo sacramento anche con mezzi straordinari e, quando l’abbiano ricevuto, sono inondati in maniera evidente delle sue consolazioni naturali e soprannaturali. – Notiamo che questi cinque sacramenti sono dati per santificare l’anima singola e provvedere a tutti i suoi bisogni individuali quaggiù. Vi è il sacramento dell’inizio e quello della fine, e v’è il sacramento della maturità che è la Confermazione. Vi sono i sacramenti che conferiscono la vita: la Penitenza, risanando l’anima caduta, e l’Eucarestia, nutrendola del pane vivo che è Cristo. Ma ve ne sono altri due. Non essendo l’uomo solamente individuo, ma anche membro di una società, anzi di una duplice società, quella spirituale e quella temporale, per stabilirlo e confermarlo in ciascuna di esse sono stati istituiti altri due sacramenti che lo consacrano e lo santificano per i doveri che ciascuna li impone in relazione agli altri uomini. – Primo, il sacramento dell’Ordine. Esso dà ai ministri della Chiesa i poteri conferiti agli Apostoli da Nostro Signore Gesù Cristo, poteri che essi dovevano trasmettere ai loro successori, essendo la Chiesa destinata a vivere e ad operare in ogni tempo. Sono il potere di consacrare la Santa Eucarestia alla Messa, di assolvere dai peccati in nome di Cristo, di amministrare gli altri sacramenti, e anche il compito di andare a predicare il suo Vangelo. E oltre ai poteri, il sacramento conferisce anche la grazia corrispondente. La grazia cioè per chi è ordinato Sacerdote di diventar degno di questi poteri, di vivere in modo sì alto da esser davvero in tutto “servo fedele”; e in particolare un aumento di carità, di amore per la persona di Cristo ch’egli rappresenta, per il SS. Sacramento di cui è nominato custode, per le anime alle quali consacra la vita. Gli è data forza per accettare la sua responsabilità con cuor lieto e generoso, per dimenticarsi e, se occorra, per sacrificarsi in unione al Maestro che lo ha scelto e lo ha posto “affinché porti frutto e il suo frutto rimanga”. Chi non è sacerdote non può conoscere appieno il significato di queste grazie; per lui invece esse sono tangibilmente reali, tanto da modificare tutta la sua concezione della vita e anche il suo atteggiamento verso di essa. – Finalmente c’è la famiglia, l’unità da cui sorge la società, la distruzione della quale è sempre stata sinonimo di distruzione della società. La famiglia è sacra per natura, e Gesù Cristo che venne “non a distruggere, ma a compire”, volle renderla ancor più sacra con la sua benedizione e la sua santificazione. Egli ha reso assai più saldo di qualsiasi contratto umano il patto che assicura l’unità della famiglia: l’ha innalzato a dignità di sacramento così che nulla e nessuno possa separare ciò che Dio ha congiunto. Il sacramento del Matrimonio dà agli sposi una fiducia reciproca che nessun legame umano può dare, infonde anche la grazia e la forza di incontrare quegli obblighi dall’adempimento dei quali dipende non soltanto la vita loro, ma quella di tutta la società umana. Dà loro innanzi tutto, purché vogliano accettarla, la grazia di una costante e assoluta fedeltà reciproca e fedeltà al voto che l’amore li spinge a contrarre, la grazia di rispettare la santità del vincolo matrimoniale, malgrado gli istinti della natura corrotta. Li porta a rispettare i diritti di Dio, Signore del cielo e della terra e padrone assoluto della vita, della sua sorgente come della sua fine, affinché gli sposi siano fedeli non soltanto fra loro, ma anche verso quelle creature con le quali Dio potrà benedire la loro unione. – Così, per ogni circostanza importante della vita spirituale, per ogni dovere, individuale o sociale, Nostro Signore ha disposto nei sacramenti un apporto meraviglioso di grazia santificante, e affinché questa sia azionata, in aggiunta alla propria grazia particolare, ogni sacramento dà il diritto ad ulteriori grazie attuali che ci vengon concesse perché siamo animati alla pratica delle speciali virtù richieste da quelle date condizioni o doveri. La vita dei sacramenti è davvero sopra tutto la vita della grazia; comprendere e accettare l’una è comprendere e accettar l’altra, e quella comprensione e quella accettazione fanno la caratteristica dell’anima cattolica. Sono il substrato della sua fede che rendono facile e naturale; le pongono dinanzi il soprannaturale come realtà oggettiva alla quale le cose del tempo e dello spazio non sono che secondarie, le danno aspirazioni che superano ogni aspirazione terrena, e lo stimolo e la capacità di raggiungerne la meta. Sta all’anima che riceve la grazia dei sacramenti e ne è ispirata corrispondere a tanto dono. Si disporrà come meglio potrà ad accogliere le grazie che il suo Signore ed amico le offre, terrà in gran conto la dignità e l’onore che le derivano da ogni sacramento ricevuto, conserverà queste cose nel cuore in tutta la sua vita ordinaria, portando sopra di sé il segno di Cristo. La reverenza per i sacramenti e la premura di ricevere questi mezzi sovrani di salvezza e di unione con Dio e coi fratelli sono così caratteristiche dell’anima cattolica che i nemici stessi se ne rendon conto e, a quelle, la riconoscono.

LA VITA INTIMA DEL CATTOLICO (10)

Autore: Associazione Cristo-Re Rex regum

Siamo un'Associazione culturale in difesa della "vera" Chiesa Cattolica.