LO SCUDO DELLA FEDE (278)

LO SCUDO DELLA FEDE (278)

P. Secondo FRANCO, D.C.D.G.,

Risposte popolari alle OBIEZIONI PIU’ COMUNI contro la RELIGIONE (19)

4° Ediz., ROMA coi tipi della CIVILTA’ CATTOLICA, 1864.

CAPO XXI.

I. Corte romana. II. Questa è solo una legge dei preti. III. Io credo a Dio, ma poi tante altre cose….

L’autorità della Chiesa è il sostegno di tutto l’edifizio cristiano; quindi è che tutti gl’increduli, tutti i protestanti, tutti i nemici di Dio hanno un fiele amarissimo contro di lei. Hanno perciò rivolte tutte le loro mire ad abbatterla, a rovesciarla. Vediamo gli assiomi principali che hanno accreditato contro di lei.

I. Urtano fin dalle prime nel nome stesso, mentre non è mai che la vogliano chiamare col suo nome. Noi Cattolici, quando vogliamo significare l’autorità suprema che regola la religione, diciamo la santa Chiesa, oppure la santa Sede, oppure la Sede apostolica: queste parole non le sentirete mai sul labbro degli scredenti: adoperano essi invece la formola maligna di Corte romana. Scambiatole così il nome, non hanno più difficoltà di adoperare a suo riguardo tutto un vocabolario d’insolenze. Tali sono poi le pretensioni di Roma, le esorbitanze di Roma, le usurpazioni della Corte di Roma, le mene, i raggiri della Curia romana, le scaltrezze, ecc. ecc. Ora che malizia, direte voi, cova qui sotto? Eccovela: si finge di parlare dei difetti degli uomini, e si assale la stessa istituzione. Ed è manifesto, poiché quando è che si adoperano tutte quelle formole sacrileghe? Quando si parla delle disposizioni che emanano da Roma o in materia di benefizi ecclesiastici, o di disciplina, o di riti, o di proibizione di libri, o di proposizioni da definire, o di dispense per matrimoni e somigliante. Ma in tutto ciò che ha da fare la Corte di Roma? Questa parola non può avere che la significazione che ha in ogni paese la parola Corte, e quando si tratta di principii, indicare cioè il complesso dei famigli, scudieri, staffieri, maestri di casa che servono al monarca o che lo assistono. Ora come entrano tutti costoro nel regolamento degli affari ecclesiastici? Nulla affatto. Dunque, la Corte di Roma non ci entra. Quella che c’entra è bensì la voce del supremo Pastore, o significata da sé stesso, o per mezzo de’ suoi prelati e delle sue Congregazioni, sia poi che parli ex cattedra per definire qualche punto, sia che solo disponga ed ordini il buon andamento di tutta la Chiesa. Ma allora è una stoltezza il nominare Corte di Roma quell’autorità, da cui procedono siffatti ordinamenti, poiché questa è la santa Sede, la Sede apostolica, la Cattedra di Pietro, il Vicario di Gesù Cristo, la santa Chiesa; e tra i fedeli non s’intende diversamente. Qual è dunque il motivo per cui si fa quella sostituzione? Eccovelo chiaro. Sonerebbe ancor troppo male fra i Cattolici il dire le pretensioni, le esorbitanze, ecc. della santa Sede e del Vicario di Gesù Cristo. Quelli che al tutto non sono protestanti, ne avrebbero orrore; bisogna perciò ammollire l’espressione e dare lo scambio ai lettori, quasi sottoindicando che si tratti degli uomini non della istituzione, e che se si riprendono quelli, questa si rispetta, laddove in realtà si insulta e si strazia la santa Chiesa sotto quel nome. – È una tattica di guerra un po’ vecchia mostrar di credere che siano solo disposizioni del ministro quelle che sono volontà del padrone per impugnarle a man salva; ma qui non fa prova, poiché nella Chiesa non vi sono ministri responsabili sopra cui cada la riprensione, ed essa va a ferire direttamente la santa Chiesa, o nella persona del suo Capo, o nella persona di quelli che hanno ricevuta da lui ogni autorità: epperò quei vocaboli debbono mettere orrore a tutti quelli che non sono ciechi ad intendere dove vada a parare il mal giuoco.

II. Ma non ci perdiamo in generalità, veniamo subito a quegli assiomi, con cui si leva di mezzo ogni autorità della Chiesa. Questa è solo una legge ecclesiastica, dicono, una legge de’ preti; e similmente: Io per me credo a Dio, ma poi tante altre cose…. Questi due principii sono sparsi pur troppo universalmente, e non mancano perfino di quelli che si credono Cattolici che fanno loro buon viso. Eppure, credereste? bastano essi soli a mettere in piedi il protestantismo, ed a distruggere tutta l’autorità della Chiesa. Questa è solo una legge ecclesiastica, una legge de’ preti. Si adopera questo assioma specialmente quando si tratta del digiuno, dell’astinenza delle carni, della proibizione de’ libri perversi e somigliante. Ora non provenendo tutte le disposizioni intorno a quei punti se non dalla santa Chiesa medesima, chi non vede che sotto quella formula s’impugna direttamente 1’autorità legislatrice di Lei! Richiami dunque il lettore alla mente alcune verità che comunemente sono nel mondo ignorate, che vedrà subito l’iniquità di quel detto. – Gesù Cristo, venuto sulla terra, ordinò e stabilì prima da sé medesimo la sua Religione e cominciò a diffonderla sulla terra: ma come era nella disposizione infinitamente savia della sua provvidenza di non volere egli stesso durare perpetuamente visibile nel mondo a continuare la dilatazione di essa, presso tutte le nazioni e tutte le generazioni avvenire, alle quali però era ordinata la sua istituzione, affidò quest’opera immensa ad un’autorità da Lui stabilità, cioè alla Chiesa, affinché in nome suo la continuasse. In qual modo poi si assicurò che cotesta autorità, che Egli lasciava sulla terra, avrebbe soddisfatto alla sua missione? Ecco il come. Gesù la ornò di tutte quelle prerogative che le erano necessarie allo scopo. La fondò sopra una rocca che mai non dovesse crollare, cioè sopra Pietro ed i suoi successori, la assicurò della sua assistenza per modo, che ella non potesse mai errare insegnando; disse chiaro che Egli sarebbe stato sempre con lei, che le avrebbe mandato il Santo suo Spirito. Quindi rivolgendosi a tutti gli uomini della terra, da quel padrone supremo e Redentore che era di tutti, notificò questa sua volontà ed impose loro che dovessero ad ogni modo stare soggetti alla Chiesa da sé fondata, continuatrice della missione che Egli aveva inaugurata sopra la terra. Né freddamente inculcò l’obbedienza a lei: assicurò che essa era la maestra da seguitare, la colonna ed il sostegno della verità, che chi avesse ascoltato lei, avrebbe con ciò solo ascoltato Lui stesso, come al contrario ogni disprezzo di lei l’avrebbe reputato disprezzo suo proprio: che però ci separassimo perfino da que’ ribelli che non le si arrendevano, che li avessimo al tutto in conto di gentili e di pubblicani. Affinché poi non potessimo errare nel riconoscere dove essa Chiesa fosse veramente, mantenendo le profezie che di lei vi erano, la fece come un monte cospicuo a tutte le genti. La illustrò con segni, miracoli, profezie, portenti d’ogni maniera; la circondò di tanta luce di santità che dovesse sfolgorare a tutti gli occhi; colla sua protezione l’assisté per modo che cadessero sempre invano i colpi avventati contro di lei, sicché niuno che voglia conoscere dove essa sia, mai non possa non ravvisarla. Ciò presupposto, ecco che cosa è la Chiesa. Essa è la continuazione dell’opera di Gesù sopra la terra. Essa è l’erede legittima dei diritti di Gesù, la depositaria fedele dei suoi tesori, la maestra infallibile delle sue dottrine. Essa possiede l’autorità di Gesù, vive dello spirito di Gesù, gode l’assistenza di Gesù, in nome di Gesù parla, ordina, comanda, concede e proibisce, scioglie e lega, apre il cielo e lo chiude, e tutto per espressa volontà di Gesù. Questa è la dottrina cattolica. Ora in faccia a questa verità ponete uno di quegl’infelici, che, all’occasione di un comando o divieto di santa Chiesa, si lascia uscire dalla chiostra dei denti la bella massima: Oh questa è sola una prescrizione dei preti, e con ciò crede di poter violare impunemente qualunque prescrizione: a chi fa ingiuria costui? Ad alcuni preti, ad alcuni uomini, oppure allo stesso Cristo? Rispondano di grazia. Se è vero che l’autorità della Chiesa non è altra da quella di Gesù Cristo, ognun vede dove vada a parare quel colpo. Che se non si ammette che l’autorità della Chiesa sia quella di Gesù, allora saremo anglicani, saremo calvinisti, saremo quaccheri. Saremo quel che volete, ma non saremo Cattolici. Il ricevere un ordine dal principe o riceverlo dal suo luogotenente in nome di lui, non è tutto lo stesso? Ed il ricusare obbedienza all’ordine venuto per mezzo del luogotenente, non è disobbedire al principe stesso? Ebbene dite il medesimo rispetto alla Chiesa, la quale parla in nome di Gesù, perché da Lui a ciò costituita. Né niuno dica: se io sapessi che è la Chiesa quella che parla e non un uomo, non avrei difficoltà ad obbedire; perocché questo sarebbe un mostrarsi, a vero dire, troppo grosso d’intendimento. E che? Volete che la Chiesa presa in astratto, sia quella che parla? La Chiesa parla quando parla il suo Capo, che è l’organo naturale della sua favella; la Chiesa parla quando i sacri Pastori congiunti al loro Capo si raccolgono nei Concili; la Chiesa parla quando tutti i Pastori sacri dell’universo, sottomessi al loro Capo, insegnano ad un modo. E sebbene il Vicario di Cristo non parli con tanta solennità quando fa parlare solo le sue congregazioni, pure siccome esse traggono da lui ogni autorità, non è meno debita la sommissione e l’obbedienza. E con ciò resta posta in chiaro abbastanza l’assurdità e l’empietà della massima sopraddetta.

III. E dovrebbe da ciò apparire eziandio la falsità dell’altra: Io credo a Dio, ma poi tante altre cose… Orsù che vogliono significare con quel tante altre cose?… Non osano dir chiaro quello che pensano, ma a buon intenditor poche parole. Vogliono dire, che quando si è creduto a Dio, non è poi necessario l’ammettere quello che insegna la Chiesa, non sacramenti, non messe, non digiuni, ecc. Or questo è anche più che protestantismo; è negazione di tutto il Cristianesimo, è deismo. Io ho sentito più d’una volta ripetere l’assioma sopraccennato da alcuni, i quali per una leggerezza non esplicabile forse neppur sospettavano l’orribile empietà che dicevano: eppure è tale. lmperocché per qual ragione basterà credere a Dio? Non ci può essere altra ragione che questa. O perché tutto il rimanente non sia rivelato da Dio, oppure perché anche posta la rivelazione, non sia obbligatorio per gli uomini l’accettarla. Ma per sostenere il primo bisogna dichiarare che sia una favola tutto quello che fin qui si è creduto di lui; che sono finzioni le profezie che si sono pubblicate di lui, e che la espettazione di 40 secoli del liberatore promesso fu un’illusione. Bisogna credere che la vita intera di Cristo colle sue divine virtù, coi suoi portenti, colla sua risurrezione è tutto una favola; che tutti i miracoli, fatti per persuadere la sua divinità, siano state imposture e giuochi di mano; che furono tanti stolidi tutti quei milioni d’uomini che vi hanno creduto, peggio ancora quelli che, per mantenere sì sciocca credenza, hanno versato il sangue; bisogna finalmente concedere che tutto il cambiamento avvenuto nel mondo per l’opera di Gesù, e la carità del prossimo, e la purezza del vivere, e la santità più eroica, non ha avuto mai origine da altro che da un’ impostura solenne, di cui il mondo non ha mai veduta e mai non vedrà più l’uguale. Per sostenere il secondo bisogna ammettere un’altra ipotesi ancor più assurda. Cioè che essendo vera tutta la rivelazione, e vero che Gesù ha parlato ed ha fondata una Chiesa, dopo tutto quello che ha fatto per stabilirla ed aggregarvi tutti gli uomini, non gl’importa poi nulla che gli uomini vi prendano parte e la ascoltino. Che se non si può ammettere né l’una né l’altra ipotesi, almeno da chi è sano di mente, bisognerà non solo credere a Dio, ma credere ancora a Dio incarnato, cioè a Gesù Cristo, e quindi a quello che ha insegnato, a quello che ha stabilito; bisognerà credere alla Chiesa da Lui fondata, ai sacramenti da Lui stabiliti, ai comandi da Lui dati, ai divieti da Lui posti, a tutto quello che la Chiesa da Lui autorizzata insegnerà. Se si ammette la divinità di Cristo, la sua rivelazione, la sua opera ristoratrice, e che Egli non sia indifferente intorno a quello che ha stabilito, è innegabile la conseguenza. – Laonde coloro che professano di non credere a tante altre cose, farebbero bene a non vantarsi neppure di credere a Dio: perocché mentre non credono a queste altre cose, fanno segno evidente di non credergli in niuna. Chi crede a Dio osserva e si assicura se Egli abbia parlato; ma quando poi ha fatto ciò, quando è certo che ha parlato, crede universalmente a tutto quello che Egli ha detto. Ha Dio proposto misteri? Ed Egli, li ammette sulla sua parola. Ha Dio stabiliti Sacramenti per le varie necessità dei fedeli? Ed Egli in quelle necessità li riceve. Ha costituita madre e maestra la Chiesa? Ed egli la riverisce da figliuolo obbediente e la ascolta da discepolo sottomesso. Ha questa Chiesa coll’autorità del suo sposo divino fatte leggi, prescrizioni, divieti? Ed egli si tiene in dovere di osservare ogni cosa per l’appunto. Il credere a Dio importa tutto ciò; e chi grida che crede a Dio, ma poi non crede a quello che Dio ha rivelato, costui si burla di Dio e degli uomini; di Dio, poiché è uno strazio che fa della divina autorità; e degli uomini, poiché è una fiaba quello di cui si vanta. – E ciò per non dir nulla della graziosa espressione, che è quella di una creatura, la quale, entrando in discorso col suo Creatore, determina quello che le basta di fare per lui e dice a Dio sul volto, ed il predica ancora agli altri, che a lei basta di credere che Dio esista. Sono dunque tutti scomparsi i diritti della divinità sopra gli uomini? Non tocca più a Dio di determinare quello che ha da bastare e quello che non basterà? Ha perduto tutti i suoi diritti a nostro riguardo? La sua onnipotenza è venuta meno? La sua sapienza si è annichilata, si è smarrita la sua bontà e soprattutto il suo dominio è stato manomesso da alcuno? Oppur compiacendosi egli (giacché è una degnazione che mai non finiremo di comprendere) di parlarci, di regolarci, di determinarci anche minutamente quello che vuole da noi, e facendo tutto ciò per puro nostro bene, e mosso da un amore immenso, toccherà a noi il dargli il veto, prescrivergli i limiti fin dove si debba stendere colle sue prescrizioni? E noi in forza di questo nostro decreto gli diremo, a cagione di esempio, che non è nostra volontà di onorarlo col sentir Messa, col presentarci ai piedi di un confessore, coll’accostarci a riceverlo, col dar retta alle sollecitudini della Chiesa? Dio buono! E non è questa la più inaudita temerità che mai sia entrata in uno spirito diabolico? Un suddito che dicesse al suo monarca, od un figliuolo che dicesse a suo padre, mi basta di riconoscere la vostra persona, e ricusando ogni altro atto di sudditanza o di riverenza intendesse di aver soddisfatto al suo dovere, non sarebbe un mostro? Ed un uomo che freddamente dice a Dio che gli basta di credere a Lui, significandogli con ciò che non intende di prestargli un culto, con quai colori potrà ritrarsi? – Non ho detto senza ragione che costui rinneghi tutto il Cristianesimo. Imperocché che non sia più Cattolico è evidente, mentre non si dà Cattolico dove non vi ha dipendenza dalla Chiesa: ma è forse almen protestante? Niuno lo dirà, poiché le sette protestantiche riconoscono almeno una qualche rivelazione. Potrebbe compararsi al giudeo, a quale pur riconosce Iddio; ma al giudeo è anche inferiore, mentre questi se non riconosce Gesù per Messia; almeno lo adombra in qualche suo rito, e per quanto vanamente, pure lo aspetta. È un deista, il quale rigettando tutta l’opera dell’Incarnazione del Figliuolo di Dio, ricusa di prestare un colto qualunque alla stessa divinità. Ecco il significato ultimo di quella formola che passa così snella in mezzo alle conversazione di oggidì: Basta credere a Dia, ma poi…