LA PREGHIERA DI PETIZIONE (14)

LA PREGHIERA DI PETIZIONE (14)

P- B. LAR – RUCHE

LA PREGHIERA DI PETIZIONE (14)

OSSIA IL MEZZO PIU’ INDISPENSABILOE E NELLO STESSO TEMPO INFALLIBILE PER IMPETRARE DADIO OGNI BENE E SOPRATTUTTO L’ETERNA SALVEZZA.

ISTITUTO MISSIONARIO PIA SOCIETA’ S. PAOLO

N. H., Roma, 15 maggio 1942, Sac. Dott. MUZZARELLI

Imprim., Alba 25 maggio 1942. Cn. P. Gianolio, Vic. Gen.

Tipogr. – Figlie di S,. Paolo. – Alba – giugno – 1942.

24 – Il mondo senza preghiera.

    Più vado innanzi nella vita, e più vedo che il mondo va male. Che si tratti soltanto di impressione soggettiva? Cioè che, andando in avanti cogli anni, scopra bensì sempre nuovi mali che non m’erano fino allora noti, ma che pur esistevano già prima? — Non credo! Per tante e tante cose ho troppe prove, troppi indizi in contrario. Prendo in considerazione un ambiente solo: quello in cui son nato e cresciuto, quello perciò che m’è più noto e che non è certo il peggiore, quello ancora ch’è il più diffuso: il ceto del popolo delle nostre campagne. Quand’era giovinetto un atto immorale disonorava la persona, che l’aveva commesso, per tutta la vita: oggi invece chi si scompone più per queste opere di Sodoma? — Una volta chi bestemmiava era tenuto per un figlio legittimo di satana: adesso reca stupore un uomo che non bestemmi. — Quand’ero piccino, se il padre udiva una parola poco bella scappata dalla bocca d’un suo bambino, un’occhiata significativa o, tutt’al più, un manrovescio salutare, metteva tutto a posto per sempre: invece attualmente, quando il bambino pronuncia le prime parole – spesso le bestemmie apprese dal babbo o le parole oscene apprese dalla mamma o dalla sorella maggiore — si dice con compiacenza: « Com’è bravo il nostro bimbo! Già sa parlare! » — Non oltre mezzo secolo fa, chi lavorava la festa o ne marinava la Messa, era segnato a dito come un eretico e un pagano: ai nostri giorni invece in molti paesi si contano sulle dita gli uomini che vanno alla Messa domenicale, si lavora e si traffica la festa come se il far ciò sia la cosa più lecita ed onesta; e specialmente il pomeriggio di quei santi giorni (che una volta era dedicato al Vespro, al Catechismo e alla benedizione eucaristica, e — soltanto dopo — alle visite ai congiunti, a qualche passeggiata o a qualche onesto divertimento) è oggi quasi universalmente dissacrato e — sopratutto dalla gioventù — considerato come il tempo più adatto e più propizio per andar a caccia di occasioni peccaminose. — Anche la foggia del vestire, specialmente quella muliebre, quanto è diventata più immorale e davvero provocante, pur nei nostri paesi! Non è forse vero infatti che tante figliuole, per voler seguire la moda del giorno, divengono un continuo allettamento ed un’efficace provocazione al peccato brutto? Oh! anche se esse non mirano direttamente a scandalizzare gli altri, pure di fatto le fanno. Ah, sì! « L’inferno è in festa! Da dieci anni a questa parte i peccati si sono moltiplicati per cento, per cinquecento a causa della moda maledetta! » (P. Matteo Crawley, nel 1929). E si potrebbe continuare. – C’è chi vorrebbe attribuire tanti disordini all’ignoranza; che — anche da predicatori di vaglia — suolsi chiamare « l’ottavo sacramento »! Oh! io non vado a cozzare contro chi osa sostenere un tal giudizio in proposito. Infatti per chiunque, in qualsiasi modo pecchi, si potrà sempre fare la preghiera di Gesù Crocifisso: « Padre, perdona loro perché non sanno ciò che fanno! » (Luc. XX, 34); poiché il peccato è un tale abisso che nessun mortale riuscirà mai a scrutare nelle sue profondità « I peccati chi li comprende? » (Salmo XVIII, 13). Ma da questo allo scusare per ignoranza chi commette tanti disordini ad occhi aperti (tale è l’impressione che fanno quei predicatori), il passo è — a mio modo di vedere — troppo lungo. Il Signore infatti non iscusa neanche i pagani che vanno contro la legge naturale da Lui impressa nei loro cuori; poiché di essi sta scritto che « li ha accecati la loro malizia », e che perciò « essi sono inescusabili » (Sap. II, 21; Rom. I, 20). E fra noi ci sarà chi osi scusare i Cristiani — Cattolici — romani, e perfin quelli che son vicinissimi alla fonte della verità, i quali in gran numero vanno, non solo contro i precetti della Chiesa e contro la legge divino-positiva, ma perfin contro la stessa legge naturale, pur in ciò che è comandato o proibito direttamente? Eh, via! I peccatori medesimi non hanno il coraggio di scusarsi; poiché ben sanno che per essi le leggi di Dio e della Chiesa vengono — almeno ai nostri giorni e nei nostri paesi — continuamente richiamate nelle nostre chiese; senza contare che ci sono oggi pur tanti altri mezzi, coi quali si può facilmente venir a conoscere ciò che si deve credere e fare per rendere contento il Signore e tranquilla la coscienza. Trattarli quindi sempre con grande carità, compatirli, compiangere la loro misera condizione, oh, sì e tanto! Ma scusarli, no, se non in casi veramente rarissimi di buona o dubbia fede. – Ma allora— dirà taluno — come si può spiegare tanta colluvie di colpe, commesse oggi con tanta facilità e indifferenza? Rispondo col presentare un altro quadro della vita attuale messa in relazione con quella d’una volta. Forse dal confronto di questo quadro con quello che ho già tracciato, sortirà ciò che purtroppo temo e che ritengo più rispondente a verità. Non molti anni addietro nelle nostre famiglie si recitavano in comune le preghiere quotidiane, specialmente quelle della sera. Ora non più. C’è, sì, ancora qualche mamma pia e seria che insegna le orazioni ai propri bimbi; ma tante donne oggi hanno ben altro per la testa, che di pregare! — Una volta quando suonava l’«Angelus» a mezzodì, il capofamiglia si scopriva il capo e — sospeso il lavoro — recitava, anche in mezzo ai campi, il saluto angelico alla Madonna; al quale rispondevano con tono franco e devoto tutti i presenti. Oggi invece quel suono non dice più altro, se non che è venuta l’ora d’andar a mangiare! — Un tempo non lontano, la sera durante tutta la stagione invernale, non mancava mai nelle nostre famiglie la comune devota recita del S. Rosario. Conosco anzi un paese in cui il Rosario era considerato come la colonna di sostegno delle famiglie. Esso veniva intonato e sostenuto dal capo-famiglia, e tutti lo accompagnavano piamente. Oggi invece gli uomini hanno abdicato vergognosamente a tale onore; in qualche famiglia c’è ancora la nonna che vuol sostenerlo. Ma che succede? La seguono le donne e le ragazze. Fra mezzo a queste poche voci si ode il basso mormorio del nonno. E poi? E poi i bambini sonnecchiano o si stuzzicano fra di loro. L’uomo maturo, quello che suda, lavora e mantiene la famiglia, è là seduto, colle gambe accavallate, che continua a leggere, senza scomporsi, il giornale, che scorre e sfoglia l’illustrazione più o meno pornografica. E la gioventù maschile, appena s’accorge dei preparativi del Rosario, esce alla chetichella per andar… dove?… Io non lo so precisamente. So però che una volta la notte, specialmente quella senza luna, era la miglior amica dei ladri e dei sozzoni!… — Ed anche qui si potrebbe continuar a dare ancora di belle pennellate. – Dunque da una parte — I quadro — i peccati sono aumentati a dismisura; e dall’altra — II quadro — si prega poco, si prega male, non si prega. Ora io domando: Che la pensi male chi sospetta fortemente che l’aumento dei peccati si debba attribuire — più che ad altro — alla diminuzione dello spirito di preghiera, che — in fondo in fondo — non è altro che lo spirito di unione con Dio? Infatti, se la vera preghiera ottiene infallibilmente la grazia di evitare i peccati, come ho detto e provato tante volte, questi peccati non possono trovarsi se non in chi non prega o non prega bene. – Non è molto (1939) il Card. Schuster di Milano ebbe a dire: « Il popolo non viene più alla dottrina cristiana (e, soggiungo io, neppure ai sacramenti) perchè la sua vita è pagana ». Ma perchè mai è pagana questa vita del nostro popolo, se non perchè essa non è attivata dalla grazia attuale efficace, che le vien impetrata soltanto dalla fervente preghiera? Se il popolo nostro, quantunque quasi pagano, si mettesse a pregare davvero, Gesù, che è « resurrezione e vita » (Giov. XI, 25), lo farebbe risorgere e rivivere. Invece non prega, e per giunta son pochi coloro che pregano per lui; ed egli continua purtroppo a sprofondarsi sempre più « nelle tenebre e nelle ombre della morte» (Luc. I, 79). — Ed ecco — secondo me — provato un’altra volta che quella che manca è specialmente la preghiera. E fra non molto vedremo anche il grande Donoso Cortes a darmi ragione. – Il male ad ogni modo c’è, ed è assai grande. Ed esso serpeggia distesamente anche fra coloro che, recitando il « Pater noster », vorrebbero aver la pretesa di essere dei genuini figli di Dio! Ma quali figli! quali figli hai mai, o mio Dio! Oh! lasciamolo dire a Lui stesso. « Se sono Padre — Egli domanda — dov’è l’onore che mi si dà? Ah! io li ho nutriti ed esaltati come figliuoli, ed essi mi hanno disprezzato! » (Malach. I, 6; Is. I, 2). Oh, davvero! a più di uno di questi figli di Dio, si potrebbero gettare in faccia queste roventi parole del Crisostomo: « Con qual fronte puoi mirar nascere il sole, senza adorare l’amoroso Signore che te lo manda? Come puoi prendere il cibo, senza ringraziare il buon Dio che ti provvede e t’alimenta? Come puoi metterti a letto la sera, senza benedire il Signore per i tanti benefici da Lui ricevuti durante il giorno?)) Ma gli domandassi almeno perdono della tua ingratitudine e delle mancanze Commesse! Ah! « è cosa orrenda passare anche un giorno solo senza preghiera! » (Tertulliano). – « Cristiano senza orazione, animale senza ragione! » (Filippo Neri). « Chi non prega è morto! » (S. Bonaventura). Ah! — gemeva il Ven. Contardo Ferrini « io non saprei concepire una vita senza preghiera: uno svegliarsi il mattino senza incontrare il sorriso di Dio, un reclinare la sera il capo, ma non sul petto di Cristo. Una tal vita dovrebbe somigliare a notte tenebrosa piena di avvilimento e di sconforto, incapace di resistere alle prove, abbandonata al reprobo senso, ignara delle gioie sante dello spirito. Ah, povera vita! Come si possa durarla in tale stato è per me un mistero! » — Così un professore laico! Ma non è forse questa la tua vita? E ti pare che questa vita sia degna di un Cristiano o anche solo di un uomo? Ah, taci? Ne hai ben donde! Ah, poveri uomini! A quanti di loro il buon Dio potrebbe dire queste meste parole: « Vedere questi uomini che gemono, che stentano, che languiscono! Sapere di avere in mano tutto ciò di cui han bisogno, essere più che disposto a conceder loro ogni cosa; e vederlo da essi rifiutare e vederlo perfin disprezzare, ah! è cosa che mi passa il cuore! — Forse in un non lontano avvenire chi mi legge troverà che realmente Gesù disse queste precise parole ad un’anima privilegiata. Ma ancorché ciò non si verificasse, esse purtroppo riproducono la realtà delle cose. – Non è forse vero che tanti uomini ricercano e quindi stimano solo ciò che può lusingare i loro sensi e interessare la loro vita economica e materiale; mentre invece tutto ciò che riguarda la vita dello spirito non ha per essi alcun senso e quindi nessun valore? Ora questo in gran parte dipende dal fatto che non pregano. Infatti « chi non prega è come una gallina od un tacchino che non possono sollevarsi in aria. Se volano un pochino, tosto ricadono, si avvòltolano nella terra e nel fango, se ne insudiciano, e pare non trovino diletto o gusto in altro » (Curato d’Ars). Proprio così! Non si può adoperare similitudine più appropriata di questa per ritrarre al vivo la misera condizione in cui giace la maggior parte degli uomini dei nostri giorni! Ora, domando io, potrebbero mai essere più sventurati di così? « Ah! io » unisco la mia voce a quella del Ven. Contardo Ferrini, e « supplico il Signore che la preghiera non abbia a morire mai sulle mie labbra: che prima abbia ad uscire il mio spirito, che ammutolirsi così miseramente. Sì, perché il giorno che tacesse la preghiera sulle mie labbra, sarebbe finita in me ogni vita morale, sarebbe finita l’aspirazione al bene, sarebbero finiti i conforti migliori dell’anima mia. Se tacesse la mia preghiera, vorrebbe dire che Dio m’ha abbandonato ». Ma si noti bene: ciò che sarebbe per me individuo, sarà pure per la società, se essa non ritornerà ad unirsi a Dio colla preghiera.

25. — La preghiera e gli uomini grandi.

Tanti deridono e scherniscono coloro che pregano, e così seri convinti di compiere una vera prodezza da superuomini. Uno di questi si permise un giorno in presenza del patriotta Mazzini — che pur non portava addosso neppure traccia della muffa di sacristia — di canzonare un sacerdote che piamente recitava il Breviario, sperando che il celebre genovese approvasse ed assecondasse il suo atto inconsulto e volgare. Ma gl’incolse maluccio; poiché il Mazzini gli fe’ tosto passare l’uzzolo, dicendogli: « Lascia che lodi Iddio. Egli fa certamente un mestiere più nobile del nostro ». Eh, già! tanti che strisciano servilmente dinnanzi ad una persona autorevole nella spesso bella speranza di averne un favore od almeno un sorriso, oppur fanno in modo ridicolo e compassionevole i melensi paraninfi attorno ad una donna corrotta e corruttrice (il motivo è meglio tacerlo!), si stimerebbero poi minorati nel loro prestigio e nella loro dignità di uomini, se fossero sorpresi in atto di umile e confidente supplica dinanzi al Padrone di tutte le cose, Re dell’universo e loro Padre celeste; e ciò senza neppur lontanamente sospettare di perdere, con tal contegno, ogni diritto ad essere più ritenuti per uomini veramente seri e degni di stima. Ma tant’è! Il mondo è fatto così. Invece gli uomini veramente grandi avevano un concetto ben diverso della preghiera; ed a noi riuscirà sempre salutare l’ascoltarli. È e sarà sempre classico quanto in modo piano, ma pure in termini teologici, scrive sulla preghiera il grande Bourdaloue: « Nessuna decisione di fede — ei scrive — è stata mai più autenticata né ricevuta dal mondo cristiano con maggior sommissione e rispetto, che quella nella quale la Chiesa dichiara la necessità della preghiera. Senza la grazia del Redentore io — con qualsiasi capitale di virtù naturali io possa avere e per qualsiasi buon uso mi faccia della ragione e della libertà — sono sempre nell’assoluta impossibilità di pervenire al termine della salvezza. Senza l’aiuto della grazia, non solamente non posso giungere a questo felice termine della salute eterna, ma nè tampoco posso dispormivi, né cominciare a sperarla, nè desiderarla e neppure pensarvi. Senza la grazia non salute: dunque non v’è salute senza la preghiera; perchè all’infuori della prima grazia, tutto parte da essa; ed è di fede che la preghiera è il mezzo efficace ed universale con cui Dio vuole che otteniamo tutte le altre grazie. Ecco la regola da Gesù Cristo prescritta, ecco la chiave dei tesori della misericordia celeste, ecco il divino canale che ci porta i grandi beni di Dio. Dio, il quale nulla ci deve per giustizia, nè può nulla doverci se non per motivo di misericordia o tutt’al più di fedeltà, non si è impegnato con noi per questi stessi titoli di fedeltà e di misericordia, se non dipendentemente dalla condizione della preghiera. Perciò non solamente senza essere ingiusto, ma senza cessare neppure di essere fedele e misericordioso, Egli può non concederci queste grazie, quando noi non lo preghiamo.., e certe grazie così grandi, quali son quelle per la eterna salute, ben meritano almeno la fatica di doverle domandare! » – Dopo ciò ben poteva anche il Lacordaire chiamar la preghiera « la regina del mondo, la più grande leva delle grazie ». Ma qui si dirà: « Sì, tanto il Bourdaloue come il Lacordaire, furono oratori celebri. Ma uno era Vescovo e l’altro religioso; e quindi non potevano parlare diversamente ». Ah, così? Ecco allora un laico, anzi un liberale spagnolo: Donoso Cortes, il quale, per lettera, manifesta ad A. De Blanche questi sentimenti sulla preghiera: « Credo che pel mondo siano più vantaggiosi coloro che pregano, che non quelli che combattono, e che se il mondo va di male in peggio, ciò è perché vi sono più battaglie che preghiere. Se potessimo penetrare nei segreti di Dio e della storia, ritengo che rimarremmo sbalorditi al vedere i prodigiosi effetti della preghiera, anche nelle cose umane. Su tale punto ho un convincimento così profondo che ritengo che se ci fosse un’ora sola in un sol giorno in cui la terra non mandasse al cielo alcuna preghiera, quel giorno e quell’ora sarebbero l’ultimo giorno e l’ultima ora dell’universo ». – Oh! che splendido panegirico della preghiera! Il medesimo concetto della preghiera ebbero pure Victor Hugó e il Klopstok. Questi infatti asserì che « chi prega, lavora più e meglio di tutti »; e il primo disse: « chi è assorto in preghiera non sta ozioso. Le braccia incrociate operano, le mani giunte lavorano, gli occhi rivolti al cielo sono la migliore di tutte le azioni ». — E non erano santi, né uno, né l’altro; ma ben possono far coro col Cortes contro tutti coloro che vorrebbero soppressi gli Ordini religiosi contemplativi e le Suore claustrali, per lo specioso motivo che sono inutili parassiti. Ah! parassiti i Religiosi? Essi sono invece i più efficaci parafulmini stornanti le più aspre vendette che Dio dovrebbe prendersi contro le orrende ed innumerevoli iniquità degli uomini. Ai precedenti può aggiungersi quello che, ai suoi tempi, fa il più celebre medico di re e di principi, il Recamier: « Quando un malato mi dà qualche pensiero — era solito a dire — quando io non so più che pesci pigliare, quando trovo che la medicina non giova più e che la terapeutica riesce inefficace, io ricorro a Colui che può guarire ogni male ». — Ricorreva poi spessissimo al Rosario: « La Vergine — diceva – è sì buona che, tolti casi eccezionali, la preghiera è senz’altro esaudita ». – Anche il nostro Manzoni ci fece capire quant’egli credesse alla potenza della preghiera, quando — nei suoi « Promessi Sposi » — scrisse di Lucia, delittuosamente sequestrata nel castello dell’Innominato, queste parole: « In quel momento si rammentò che poteva almeno pregare, e insieme con quel pensiero le spuntò in cuore come un’improvvisa speranza. Prese di nuovo la sua corona e ricominciò il Rosario; e di mano in mano che la preghiera usciva dal suo labbro tremante, il cuore sentiva crescere una fiducia indeterminata… S’alzò e si mise in ginocchio, e tenendo giunte al petto le mani, dalle quali pendeva la corona, alzò il viso e le pupille al cielo, e disse: O Vergine Santissima! Voi a cui mi sono raccomandata tante volte, e che tante volte mi avete consolata! Voi che avete patito tanti dolori, e siete ora tanto gloriosa, e avete fatto tanti miracoli per i poveri tribolati, aiutatemi! fatemi uscire da questo pericolo, fatemi tornar salva con mia madre, o Madre del Signore! » — Si noti che il Manzoni fa coincidere con questa preghiera — che fu pienamente esaudita — il principio ed il seguito di quella tempestosa agitazione interna — operata dalla grazia attuale — che doveva condurre l’Innominato a tal mutazione del suo animo, da trasformare il tiranno in liberatore di Lucia, ed il feroce e crudele bandito in un grande benefattore dei dintorni. – Oltre ogni dire espressive sono pure le parole che Daniele O’ Connel rivolse a coloro che un anno lo sollecitarono ad abbandonare il suo tradizionale ritiro spirituale, per correre in Parlamento a sostenere la causa dell’oppressa Irlanda. « Rassicuratevi milord, — disse al messo — che pregando e confessando i miei peccati, io difendo qui la nostra causa dinanzi a Dio… L’emancipazione dell’Irlanda non perderà nulla… Lasciate che il Parlamento urli le sue minacce. In ginocchio io non sono meno potente che in piedi col braccio teso per combattere. Mi dò a Gesù Cristo per essere più utile al mio paese ». -‘Il Franklin ancora, nel 1787, mentre i 55 Delegati del Nord-America deliberavano con Washington la costituzione della Confederazione Americana, s’alzò, e — fra l’altre cose che disse – ebbe pure queste grandi parole: « Signori, preghiamo! Ho vissuto molto; e più vado innanzi negli anni, più mi persuado che è Dio che governa gli affari degli uomini ». — Abbiamo dunque qui un protestante, il quale oltreché riconoscere che ogni bene ci vien da Dio, dà pure una solenne lezione a tanti Cattolici che si vergognano di lasciarsi sorprendere in atto di preghiera. – E lasceremo da parte il nostro grande Marconi? Com’egli riconobbe lealmente d’avere scoperta la telegrafia senza fili e la radio coll’aiuto di Dio, così non molto addietro, in un’intervista concessa ad un grande giornale inglese, fece questa franca professione di fede: « Io son fiero di dire che son Cristiano e credente. Io credo nella potenza della preghiera. Io vi credo non solo come fedele Cattolico, ma anche come uomo di scienza ». E così anche il Morse, che inventò il telegrafo comune, francamente attribuì la sua utilissima invenzione al Signore. « Quando mi trovavo arenato nel mio studio — disse — mi mettevo in ginocchio, pregavo, e la luce tornava alla mia mente; sicché quest’invenzione la posso dire di Dio ». — Ah! gli uomini grandi, avevano pur grandi parole! Ora, dopo ciò, perché non accoglieremo noi l’invito che in « Carlambrogio da M. » ci fa il grande storico italiano, Cesare Cantù, incitandoci alla preghiera? Eccolo: « Qualunque sia la vostra condizione, pregate. La preghiera è uno scudo contro le tentazioni, un balsamo che cicatrizza le ferite, una mano invisibile che sostiene il barcollante, un braccio soccorrente a chi è caduto. In essa v’è qualcosa di commovente insieme e di maestoso. La preghiera, o amici, salda la fede, rianima la speranza, mantiene la carità; le tre prime virtù del Cristiano ». Ma ancor più pressante è l’invito che ci fa il principe dell’oratoria italiana, cioè il Segneri: « Io – tuona egli — vorrei dar fiato ad una tromba come quella che si farà sentire in tutto il mondo nel dì del giudizio, e gridar forte a tutti: Pregate, pregate, se volete salvarvi! ». Ah, sì! ascoltiamo questo accorato grido: ci salveremo noi. Ripetiamolo poi a tutte le anime che incontreremo sulla nostra via, e coopereremo alla salvezza loro. Si, ascoltiamo e ripetiamo questo grido!

LA PREGHIERA DI PETIZIONE (15)

UBI PAPA, IBI ECCLESIA (4): SANT’AGOSTINO DICE: “LA CHIESA NON APPARIRA’ DURANTE LA GRANDE TRIBOLAZIONE PRIMA DEL RITORNO DI CRISTO”.

Il Dottore della Chiesa parla dei tempi finali…

Sant’Agostino: “La Chiesa non apparirà” durante la Grande Tribolazione prima del ritorno di Cristo

Il Concilio Vaticano insegna che come Cristo “inviò gli Apostoli, che aveva scelto dal mondo per sé, come Egli stesso era stato inviato dal Padre [Gv XX,21], così nella sua Chiesa volle che i Pastori ed i Dottori fossero “fino alla consumazione del mondo” [Mt XXVIII,20]” (Costituzione dogmatica Pastor Æternus, prologo; Denz. 1821).

Dobbiamo allora affermare il vero insegnamento e lasciare al mistero le cose che non possiamo risolvere per il momento. Non si tratta di una scappatoia, ma dell’unico modo di procedere per un’anima che si lasci guidare dalla ragione e dalla fede. Per una mente sana, il mistero è accettabile, soprattutto nelle questioni teologiche avanzate; la contraddizione, invece, no. pertanto facciamo riferimento ad una lettera che il grande Padre della Chiesa e Dottore Sant’Agostino Vescivo d’Ippona (354-430) scrisse ad un Vescovo di nome Esichio. Nel paragrafo 39 di questa lettera, Sant’Agostino parla della profezia di nostro Signore riguardo ai tempi finali, in particolare dei segni che precederanno la sua seconda venuta (cfr. Mt XXIV; Mc XIII; Lc XXI). Una parte di questo discorso divino è di particolare interesse per la visibilità della Chiesa, vale a dire: “E subito dopo la tribolazione di quei giorni, il sole si oscurerà e la luna non darà più la sua luce, le stelle cadranno dal cielo e le potenze del cielo si sposteranno” (Mt XXIV,29).

Il santo Dottore commenta come segue: « In ogni caso, penso che questi [sviluppi profetici] siano meglio compresi in relazione alla Chiesa, per evitare che il Signore Gesù, con l’avvicinarsi della sua seconda venuta, sembri aver predetto come di grande importanza [sviluppi] che erano abituati ad accadere a questo mondo già prima della sua prima venuta, e [per evitare] di essere derisi da coloro che hanno letto nella storia delle nazioni cose più numerose e molto più grandi di quelle per le quali noi tremiamo come le ultime e più importanti di tutte. Perché la Chiesa è il sole, la luna e le stelle, di cui è stato detto: “Bella come la luna, luminosa come il sole” (Cantico dei cantici VI,9). In questo mondo il santo Patriarca Giuseppe [=figlio di Giacobbe e di Rachele] è adorato [=venerato] dalla [luna], come in Egitto [quando era stato] innalzato in alto dalla più bassa [condizione]. Infatti, la madre di Giuseppe, morta prima che Giacobbe giungesse dal figlio, non poteva certo adorarlo, affinché fosse preservata la verità del sogno profetico (Genesi XXXVII, 9), che si compirà con Cristo Signore. Infatti, quando “il sole si oscurerà e la luna non darà la sua luce, le stelle cadranno dal cielo e le potenze del cielo si sposteranno”, proprio come questo passo è stato riportato dagli altri due evangelisti (Matteo XXIV:29, Marco XIII:24), la Chiesa non sarà percepibile in quel momento, con gli empi persecutori che imperverseranno oltre misura e con ogni timore messo da parte, come se la fortuna del mondo sorridesse loro con approvazione, mentre si dice: “Pace e sicurezza” [1 Tessalonicesi V:3]. Allora le stelle cadranno dal cielo e le potenze del cielo si commuoveranno, perché molti di quelli che sembravano brillare di grazia cederanno ai persecutori e cadranno, e alcuni dei fedeli più valorosi saranno confusi. Tuttavia, per questo motivo, secondo Matteo e Marco si dice che ciò avverrà dopo la tribolazione di quei giorni, non perché queste cose accadranno dopo che tutta la persecuzione sarà terminata, ma perché la tribolazione verrà prima, affinché segua la defezione [dalla fede] di alcune persone. E poiché avverrà in tal modo attraverso tutti quei giorni, quindi dopo la tribolazione di quei giorni, ma comunque avverrà negli stessi giorni.

    (Sant’Agostino, Epistola CXCIX, par. 39; in Collectio Selecta Ss. Ecclesiæ Patrum, vol. CXLVIII (Parigi: Parent-Desbarres, 1835), pp. 127-128;).

Con grande interesse osserviamo che Sant’Agostino parla di un tempo di defezione dalla Fede quando “la Chiesa non sarà percepibile“, o, alternativamente, quando “la Chiesa non apparirà” (originale latino: Ecclesia non apparebit). Dagli altri scritti di Sant’Agostino sappiamo che, naturalmente, egli non sta dicendo che la Chiesa cesserà di esistere – il che sarebbe contrario alla rivelazione divina (cfr. Mt XVI; XXVIII,20). – Sempre Agostino dice: “Gli increduli pensano che la religione cristiana durerà per un certo periodo nel mondo e poi scomparirà. Ma essa rimarrà finché il sole sorge e tramonta: cioè, finché i secoli dei tempi scorreranno, la Chiesa di Dio – il vero corpo di Cristo sulla terra – non scomparirà” (In Psalm. LXX., n. 8). E in un altro luogo: “La Chiesa vacillerà se il suo fondamento trema; ma come può Cristo essere spostato?… In altre parole, rimanendo Cristo inamovibile, essa (la Chiesa) non sarà mai scossa”. Dove sono coloro che dicono che la Chiesa sia scomparsa dal mondo, quando non può nemmeno essere scossa?” (Enarratio in Psalm. CIII, sermo II., n. 5).

Che cosa intende dunque il Santo Padre della Chiesa quando dice al Vescovo Esichio che la Chiesa “non sarà percepibile“? Evidentemente, intende dire che sarà oscurata, proprio come il sole o la luna sono oscurati durante un’eclissi. Mentre sono eclissati, non si vedono, ma continuano ad esistere con tutte le loro proprietà intrinseche di prima. Che il grande teologo intenda questo è chiaro anche dal contesto, poiché sta commentando le sante parole del nostro Signore che “il sole si oscurerà e la luna non darà la sua luce” (Mt XXIV,29; Mc XIII,24; cfr. Lc XXI,25). Potremmo aggiungere che queste parole sono un’eco di Isaia XIII: 10: “Perché le stelle del cielo ed il loro splendore non mostreranno la loro luce; il sole si oscurerà nel suo sorgere e la luna non brillerà della sua luce”. » – Questa interpretazione delle parole profetiche di nostro Signore da parte di qualcuno che non sia solo un teologo approvato, ma un Dottore ed un Santo canonizzato della Chiesa è incredibilmente consolante per noi in questi tempi difficili e confusi. Conferma ancora una volta che la Chiesa può essere in eclissi, ma non può fallire e non può disertare!

Coloro che abbracciano la setta del Novus Ordo (la falsa chiesa del Vaticano II) sulla base della sua visibilità commettono un errore grottesco. Sebbene abbia una gerarchia ordinata e perfettamente funzionante ed un’autorità didattica (magistero), nessuna di queste caratteristiche ha valore, poiché tale gerarchia non insegna la Fede cattolica. In altre parole, il fine per cui Cristo ha istituito una gerarchia e un’autorità didattica nella sua Chiesa non è stato raggiunto, rendendo la struttura inutile come il sale che ha perso il suo sapore: “Non serve più a nulla se non a essere buttato e calpestato dagli uomini” (Mt V,13).

Come insegnava Papa Pio IX:

    « Il nostro amatissimo Redentore, Cristo Signore, ha voluto, come ben sapete, venerabili fratelli, liberare tutti gli uomini dalla prigionia del diavolo, liberarli dal giogo del peccato, chiamarli dalle tenebre alla sua meravigliosa luce ed essere la loro salvezza. Quando ha cancellato la scrittura del decreto contro di noi, fissandola sulla croce, ha formato e stabilito la Chiesa Cattolica, conquistata con il suo sangue, come l’unica “Chiesa del Dio vivente”, l’unico “regno dei cieli”, “la città posta su un colle”, “un solo gregge” ed “un solo corpo” saldo e vivo con “un solo Spirito”, una sola fede, una sola speranza, un solo amore uniti e saldamente tenuti insieme dagli stessi vincoli di sacramenti, religione e dottrina. Inoltre, ha dotato la sua Chiesa di guide che ha scelto e chiamato. Inoltre, ha decretato che la Chiesa durerà quanto il mondo, abbraccerà tutti i popoli e le nazioni del mondo intero e che chiunque accetti la sua religione e la sua grazia divina e perseveri fino alla fine otterrà la gloria della salvezza eterna. – Per conservare per sempre nella sua Chiesa l’unità e la dottrina di questa fede, Cristo ha scelto uno dei suoi Apostoli, Pietro, che ha nominato Principe dei suoi Apostoli, suo Vicario in terra, fondamento e capo inespugnabile della sua Chiesa. Superando tutti gli altri con ogni dignità di straordinaria autorità, potere e giurisdizione, egli doveva pascere il gregge del Signore, rafforzare i suoi fratelli, governare la Chiesa universale. Cristo non solo ha voluto che la sua Chiesa rimanesse una ed immacolata fino alla fine del mondo, e che la sua unità nella fede, nella dottrina e nella forma di governo rimanesse inviolata, ma Egli ha anche voluto che la pienezza della dignità, del potere e della giurisdizione, l’integrità e la stabilità delle fede date a Pietro fossero trasmesse nella loro interezza ai Romani Pontefici, i successori di questo stesso Pietro, che sono stati posti su questa Cattedra di Pietro a Roma, e ai quali è stata divinamente affidata la suprema cura dell’intero gregge del Signore ed il supremo governo della Chiesa universale. » (Papa Pio IX, Enciclica Amantissimus, nn. 1-2).

     Qui il Papa espone chiaramente lo scopo per cui Cristo abbia istituito la Chiesa visibile. È un’assurdità, quindi, abbracciare la Chiesa del Vaticano II sulla base del fatto che la Chiesa debba essere visibile. Un’organizzazione visibile che non insegni la vera Fede, non amministri i veri Sacramenti, non offra a Dio il vero culto e non governi divinamente il suo gregge, non è la Chiesa Cattolica fondata da Cristo, similmente alle combriccole dei riformati e degli scismatici orientali. – Purtroppo, alcune persone trovano il mistero così insopportabile che preferiscono abbracciare una risposta palesemente sbagliata piuttosto che nessuna risposta. Certo, attribuire un enigma al mistero della Chiesa eclissata e del Papa impedito, per il momento non è terribilmente soddisfacente dal punto di vista della pratica religiosa. Tuttavia, è infinitamente più accettabile (anche secondo le sentenze dottrinali e teologiche) che identificare una chiesa contraffatta chiaramente apostata – la setta del Vaticano II – come la Chiesa Cattolica visibile e vera, rifiutando al contempo i suoi insegnamenti proprio perché non “conserva per sempre… l’unità e la dottrina di questa fede”.

        Per quanto materialmente visibile, la Chiesa del Novus Ordo, attualmente guidata – come già dal 1958 – da un antipapa usurpante, non è visibile come Chiesa fondata da Gesù Cristo, la Chiesa Cattolica romana, che “non scende a patti con l’errore, ma rimane fedele agli ordini che ha ricevuto di portare la dottrina di Gesù Cristo fino agli estremi confini del mondo e fino alla fine dei tempi e di proteggerla nella sua inviolabile integrità” (Papa Leone XIII, Lettera apostolica Annum Ingressi).

Quindi, anche da questa retta interpretazione della Scrittura formulata dal Vescovo di Ippona, possiamo dedurre facilmente che la Chiesa sia eclissata, non eretica o apostatica o che diffonda l’errore, come molti avversari e scismatici pseudo-tradizionalisti blaterano attualmente. Oltre a quello della Beata Vergine a La Salette, abbiamo tutta una lunga serie di profezie – in primis quelle di Cristo e del suo Apostolo amato Giovanni – che ci convincono che la situazione attuale sia tale, e di conseguenza, poiché la Chiesa non può esistere senza un Papa canonicamente eletto e “vero” successore del Principe degli Apostoli S. Pietro, ognuno può comprendere che anche il Papa sia “eclissato”, cioè impedito nelle sue funzioni materiali, occultato dai servi del “nemico infernale” ed apparentemente inesistente, cosa assolutamente impossibile se non si voglia negare temerariamente la veridicità delle promesse del divin Redentore. Anche i fatti storicamente avvenuti e sempre più confermati dagli eventi, ci fanno luce sui “misteri” del Conclave del 26 ottobre del 1958 e sull’elezione successiva del 3 maggio del 1991. Ancora una volta siamo costretti a chiudere con una certezza assoluta… Ubi Papa, ibi Ecclesia. No Papa, no Ecclesia!

UBI PAPA, IBI ECCLESIA (5): FULTON J. SHEEN “satana E LA CONTROCHIESA”