IL SACRO CUORE (70)

IL SACRO CUORE (70)

P. SECONDO FRANCO

SACRO CUORE DI GESÙ (7)

TORINO – Tipografia di Giulio Speirani e figli – 1875

V° per delegazione di Mons. Arciv. Torino, 1 maggio 1875, Can. Ferdinando Zanotti.

Cuore di Gesù. Cuore di Re.

Il N. S. Gesù Cristo è veramente Re, anzi è Re dei Re, Signore dei dominanti.0 Le divine Scritture si piacciono a descrivere l’ampiezza del suo regno, la durata, la solidità. Il suo regno, dicono è il regno di tutti i secoli, per estensione egli dominerà dal mare al mare e dal fiume sino agli ultimi confini della terra. È regno che non avrà più fine, poiché dopo la consumazione del secolo sarà trasportato nel Cielo, dove ha da durare per sempre. Deve essere adunque regale il suo Cuore. Ora a che si conosce un Cuore veramente di Re? Lasciamo stare quello degli uomini che spesse volte pur troppo non corrisponde a sì alto ufficio: quello di Gesù si conosce I° all’ampiezza, 2°, alla magnificenza, 3° alla degnazione.

I. All’ampiezza. Del gran Re Salomone dice la divina Scrittura che ebbe un cuore smisuratamente largo. Dedit ei latitudinem cordis vasto quanto le arene del mare: sicut arena quæ est in littore maris: ed è certo una gran lode. Ma non presuma di paragonarsi col Cuore del nostro Gesù, il quale accoglie in sé tutti gli uomini, tutte le generazioni, di quante sono le parti abitate della terra. E sebbene egli regni come Re riconosciuto, più particolarmente sopra i popoli che fanno parte della sua Chiesa, tuttavia non sono fuori della sua giurisdizione né i Gentili; né gli Eretici, né gli Scismatici che ricusano di riconoscerlo o nol riconoscono bastevolmente. Sperimentano pia amorosa la sua provvidenza quelli che volonterosi gli stanno sottomessi quali sono i Cattolici che Egli più peculiarmente chiama suo regno. Fecisti nos Deo nostro regnum: ma non sono privi degli influssidel suo Cuore neppure quelli che sonolontani da Lui. Anche questi ricevono grazieproporzionate al loro stato, affinchépossano volendolo accostarsi al suo Regnovisibile che è la Chiesa. Con questo di piùche dove i Monarchi terreni non possonofar altro, per quanto abbiano buon cuore,che stendersi colla loro provvidenza albene comune, ai generosi provvedimentiche riescono sempre scarsi all’uopo deiparticolari, il Cuore del nostro Re divinoha tale ampiezza che coll’universale arrivaeziandio al particolare di ognuno.Gesù ha presenti tutti gli atti minimi,anzi pure i pensieri di ciascheduno e tutti può dirigerli ed ordinarli. Così vedetutti i pericoli, tutte le necessità ed atutto si stende né fa distinzione di persona,ma come pensa al Monarca sul trono,così pensa al povero nel suo tugurio, comealla regina che calpesta il soglio, così allafemminetta che maneggia la spola. Inquella guisa che il sole mentre riscalda  le querce robuste, non dimentica il fiorellino del campo, ma si fa tutto all’une edall’altro, cosi il nostro gran Re mentreordina le vicende degl’imperi e delle Monarchie si stende alle necessità del minimo de’ suoi servi, come avesse solo lui di cui occuparsi. Oh questo sì che è avere un cuore senza confine! Quanto ci sentiremmo più consolati se pensassimo frequentemente al Cuore di questo gran Re e quanto confortati sapendo che in ogni dove Egli stende il suo impero!

II. Alla magnificenza. Molto più che pari all’ampiezza è la magnificenza del suo governo. Virtù regale senza dubbio è la magnificenza nei provvedimenti, nei doni. Pure i Re terreni debbono di cotesta magnificenza, anche allora che la possedono, restringerne l’uso in certi confini. Perocché sono limitate le sostanze di cui possono disporre. Il Cuore del nostro Gesù non è ridotto a queste condizioni. Egli disponendo de’ meriti suoi, del suo amore fa i suoi sudditi degni di favori e di esaltamenti che non sarebbero credibili, se già non fossero di fede. Ad una creatura vilissima comparte doni che hanno un immenso valore, che valgono a comperare un’eternità di regno celeste. I doni della grazia sono in se stessi così eccelsi che chi n’è messo a parte vien trasportato in un ordine affatto sopra la natura sua ed introdotto nell’ordine divino, mercè una partecipazione della natura increata di Dio. Né fa sospirare un tanto bene. A tutti lo conferisce mercè il Battesimo: a quelli che ne han fatto gettito colla colpa il ridona al prezzo di poche lagrime: a chi già il possiede l’aumenta senza misura per ogni anche tenuissima opera buona che faccia. Deh! qual generosità è mai questa! Eppure tutti questi doni li ordina a beni anche maggiori, vo’ dire alla gloria, nella visione chiara di Dio. Tra pochi anni, forse mesi, forse giorni, quella creatura che il mondo non degnava di un guardo, che spregiava, che calpestava, Gesù la chiama a sé e perché gli è stata fedele qualche anno, anzi forse solo qualche giorno, poiché è ritornata a Lui nell’ultima ora, Egli trova nel suo Cuore ragione bastevole per innalzarla ad un trono immenso di gloria accanto a sé. Dabo ei sedere in throno meo, ed ivi la esalta, la pasce d’ineffabili delizie. Né richiede che il premio risponda alla durata del servigio. Una vita anche lunghissima impiegata nella più dura servitù al Signore sarebbe ricompensata bastevolmente con qualche anno di premio. Egli però non fa così. Al tempo del servigio che talora è brevissimo, ma non sarà mai più che lo spazio della vita, Egli fa corrispondere una durazione senza fine. Ad ogni momento di amore corrispondono milioni e milioni di anni di godimento, ad ogni atto anche tenuissimo di servigio divino una corona smisurata di gloria. Oh qual magnificenza più che regale! Bisogna ben che sia il Cuore di un Dio quello che così spande i suoi doni! Ah quand’anche il mio cuore non sapesse muoversi se non in vista de’ propri vantaggi, come non dovrei e servire ed amare un Cuore di sì smisurata magnificenza?

III. Alla degnazione. A tutto ciò si aggiunge la degnazione. La Maestà dei Monarchi non è mai senza un qualche sopracciglio. Quindi gli uomini che desiderano da una parte i favori dei Monarchi, dall’altra temono non poco l’avvicinarli. Gesù non ostante la sua Maestà divina, palesa un Cuore di tanta degnazione che l’avvicinarlo cagiona immensa gioia. S. Teresa ponderò molto bene questo gran vero. Ai Monarchi, osserva la Santa, troppo riesce difficile l’accostarsi. Difficoltà per poter avere una udienza, dovendosi premettere molte anticamere, e lunghissime domande. Difficoltà nel parlar loro, poiché si hanno da misurar le parole sì che non si offendano, sì che non cagionino loro noia. Difficoltà ad ottenere, perché le ragioni ora di stato, ora di poco favorevole volontà fanno si che non si tengano in conto le necessità presentate. Il Cuore dolce e benigno del nostro Re non conosce tutte queste lungaggini e riguardi. Se io voglio accostarmi a Gesù, io so che Egli è sempre contentissimo di ascoltarmi. Non mi manda d’oggi in domani, non mi tiene portiera, non mi fa sorvegliare dalle guardie, ma solo che mi presenti Egli è sempre pronto ad accettarmi e ad ascoltarmi. Quando poi gli parlo non ho punto da studiare le parole. Se queste mi vengono alla bocca le proferisco: altrimenti gli parlo colle occhiate, gli parlo coi gemiti, gli parlo coi sospiri, gli parlo mettendogli anche tacitamente sotto lo sguardo la mia necessità. Egli subito mi capisce. Il suo Cuore comprende, sente i moti del cuor mio, ed è condiscendente, benigno, compassionevole, affettuoso. Si stima onorato perché ho fatto a Lui ricorso, mi vuole più bene perché gli parlo, e mi contenta anche solo per questo che io metto in Lui la mia fiducia. Trovate, anima devota, se vi basta l’animo, un Re siccome questo. Trovatelo così famigliare, cosi domestico, così affettuoso. Ma se noi trovate, contentatevi di seguitar Cristo. Dovete seguitarlo perché è veramente vostro Re ed ha diritto di essere da suoi sudditi seguitato. Potete seguitarlo perché essendo Re di tanta magnificenza vi è ogni vostro vantaggio nel seguitarlo. Ma soprattutto avete da seguitarlo perché ha un Cuore pieno di tanta degnazione che, dove non vi fosse né dovere né utile, il solo amore dovrebbe valervi per ogni ragione.

GIACUL. Cor Jesu, benigni regis, miserere mei.

OSSEQUIO. Chiedete in questo giorno al suo Cuore regale con gran fiducia la grazia che più bramate d’acquistare.

Cuor di Gesù, cuore di padre.

Uno dei titoli più dolci che Gesù dava a quelli cui faceva grazia era il chiamarli figliuoli. E come tali li trattava, come tali li accarezzava, ascoltandone volentieri le necessità e provvedendo loro largamente. Or questo ufficio troppo più ampiamente che non con un piccolo paese doveva esercitar Gesù Cristo. Era annunziato di Lui che sarebbe stato il Padre del secolo futuro. Pater futuri sæculi. E volle significare che tutti i popoli che l’avrebbero riconosciuto, e tutti a ciò sono chiamati, tutti avrebbero costituito quella famiglia che sarebbe stata la sua. Né questa paternità è una vana parola, od una sola espressione di affetto, ma esprime tutte le cure di Padre che Egli veramente esercita con noi. Il perché il suo cuore è veramente cuore paterno e voi convincetevene 1° alla vita che ci dona; 2° alle cure che ci usa; 3. all’amore con cui la ristora.

I. Alla vita che ci dona. È certo che in noi non vive solo il corpo, ma vive altresì l’anima. Il corpo riceve la vita naturale dall’anima che lo informa: l’anima riceve una vita soprannaturale dalla grazia divina che la inabita. E ciò sì fattamente che come il corpo diviene un cadavere senza operazione, senza vita, in preda alla dissoluzione dove l’anima lo abbandoni; così l’anima dove venga a perdere la grazia divina perde la sua vita soprannaturale, diventa oggetto abbominevole agli occhi di Dio, e incorre la morte eterna. Ora perdutasi per la colpa di Adamo la grazia divina, tutta l’umana generazione fu involta in questa morte tanto più spaventosa della corporea, in quanto ché questa è temporanea e quella è eterna. Come dunque tutte queste anime tornarono in vita? In quella maniera che il profeta Eliseo risuscitò alla Sunamitide il figliuolo collo stringerne a sé il cadavere, così Gesù applicando il suo Cuore divino sopra delle anime le ridonò allo stato di vita. Con questo però che al Profeta quel miracolo non costò più che una preghiera ed un adattare la sua persona sopra l’estinto, laddove a Gesù il dare la vita a noi costò tutto il sangue delle sue vene. Imperocché non si contentò di darci la vita in qualunque modo, ma volle darcela abbondante. Ego veni ut vitam habeant et abundantius habeant. Come i genitori terreni dopo ché hanno dato la vita fisica ai figliuoli, dànno loro, mercè l’educazione, una seconda vita morale che è più preziosa della prima perché è vita dell’intelletto, vita del cuore: così il nostro Gesù dopo d’averci dato la vita della grazia, l’accresce di continuo, e la incorona di molti altri doni spirituali finché giunga a quella vita che nella patria non deve avere più termine. Ecco quali sono gl’intenti del Cuore paterno di Gesù. Ei vuole che l’esistenza che col suo amore ci ha dato, sempre si accresca fin che ci rassicuri contro ogni pericolo di morte. Oh perché adunque non chiedo io sempre a quel buon Cuore che m’infonda la vita? perché non domando che sempre in me l’avvalori? Che cosa posso io desiderare di meglio che vivere con Gesù, in Gesù e per Gesù?

II. Alle cure che ci usa. L’amore paterno non è un amore di quiete, di riposo, è un amore d’infinite cure, di continue sollecitudini. Il Padre prevede quel che può accadere al Figliuolo, il sente, e così veglia per procacciare quello che gli sarà utile, per rimuovere quel che gli riuscirebbe dannoso e quindi il suo cuore è sempre in agitazione. Or sarà tale il Cuore del nostro Gesù? Ah chi l’abbia per poco considerato nei santi Evangeli vedrà sino a qual punto esso sia sollecito. Coi suoi Apostoli impiega una cura indefessa per istruirli, per formarli. Se cadono, siccome ancora imperfetti, in qualche mancamento, Egli li riprende amorevolmente e se non intendono, siccome rozzi, gl’insegnamenti che loro porge, Ei li spiega più a lungo e più per minuto adattandosi alla scarsa loro capacità. Con loro non fa da capo, non da sovrano, molto meno da Dio, gli governa come padre, oso dire, come tenerissima madre che li cova sotto le sue ali. Col comune poi degli uomini, il suo Cuore fa altrettanto. Le turbe gli si affollano dintorno perché sentono di essere amate, e che Gesù è tutto per loro. Gesù di rincontro non lascia un istante di occuparsi di essi come di figliuoli amatissimi. Per dirozzarli impiega la intera giornata nel tempio senza risparmio di fatica e disagio della persona: passa da un castello ad un altro, da una città ad un’altra ed è sempre pronto a fare loro del bene. La rozzezza dei loro modi non lo offende; la durezza dei loro cuori non lo stanca, l’inutilità delle sue fatiche non lo ritrae. E come è padre di tutti, così a tutti il suo Cuore volge le cure paterne. Preferisce bene i poverelli ai ricchi, perché quelli sono meglio disposti, ma ai ricchi non si nega e li ammaestra. Antepone bene i semplici ai più sagaci, ma anche a questi si offre pieno di carità. Si occupa degli uomini, ma non trascura le donne, e se accarezza i figliuoli suoi pargoletti non dimentica punto i più adulti. Le giornate intere sono per tutti loro. Ah voi che leggete, se siete padre, se siete madre, avete qui l’esempio della sollecitudine che dovete avere pei vostri figliuoli: ma come certamente siete figliuolo di Gesù, cosi raccoglietene quel che gli dobbiate. Il Cuore suo è al presente quel che era allora. Quel che fece visibilmente, vi mostra quel che fa ogni giorno invisibilmente con voi, ringraziatelo e risolvetevi di mostrargli meglio che a parole la vostra riconoscenza.

III. All’amore con cui ci ristora la vita. Vi è un caso funesto nelle famiglie, e che si ripete ora troppo di frequente, che qualche figliuolo dando a traverso abbandoni la casa paterna. Ma più frequente ancora sperimenta Gesù il somigliante, cioè che i suoi figliuoli gettandosi nel profondo del peccato, gli escano di casa. Quel che allora faccia il suo Cuore paterno, perché noi non l’avremmo creduto, Egli si compiacque di descriverlo colla propria bocca. Egli impiega dapprima tutte le vie per impedire nel suo prodigo figliuolo l’allontanamento dalla casa paterna. Gli rappresenta la soavità della famiglia, le carezze che n’ha ricevute, l’eredità che gli conserva, e cerca di risvegliare in lui la tenerezza figliale. Quando per l’ostinazione di lui riescono inefficaci tutti questi mezzi, ed il misero abbandona la casa e si ravvolge in tutte le turpitudini del suo cuore, Egli non per questo il perde punto di veduta. Lo segue di nascoso, lo sorveglia, ed ora coi rimorsi che gli suscita nel cuore, ora colla ispirazione con cui il visita, quando col disinganno che gli fa trovare in quello che ambisce e persino coi castighi paterni con cui lo flagella, dà opera che ritorni in se stesso. Il raccomanda alla cura de’ suoi ministri, all’affetto della sua sposa la Chiesa, il dà in custodia a’ suoi Angeli, ed a tutti dice quelle parole che David disse parlando del suo figliuolo Assalonne: Servate mihi puerum. Conservatemi il mio figliuolo.Che se il misero non si arrende, alloragli affanni del suo cuore sono inestimabili.Il sudore di sangue nell’orto, e lelagrime sparse sopra la croce ebbero questacagione principalmente. Ma se il prodigofigliuolo si arrende a tanti inviti, se tornada Lui, il suo Cuore non mette più limitialla gioia. Il prodigo è sordido nella persona,ma questo non toglie che ci se lostringa tra le braccia mille volte. Esso èconfuso pei suoi portamenti e vuole chiederneperdono, ma non c’è modo che glilasci pur profferire quella parola. Essoaveva perduto tutti i diritti alla famiglia, ma tutti gli vengono restituiti. La casa si mette in festa, sono chiamati i musici, vien imbandito un convito splendido, s’invitano gli amici a festa perché tutti si rallegrino di sì felice ritorno. Direste che quel Padre ha il cuore contento, il cuore inebriato di giubilo, che pel diletto che prova al presente, tutto dimentica in un istante il passato. È così che Gesù medesimo descriveva il suo Cuore paterno coi poveri peccatori. Ah, lettore, se vi trovaste in peccato, pensate quest’oggi non all’inferno di cui siete reo, non al paradiso cui avete rinunziato, pensate alla consolazione che potreste dare al vostro buon padre Gesù, quando tornaste al suo Cuore. Dopo questi sentimenti che Egli ha manifestato verso dei peccatori, che cosa più vi può trattenere? Se già non vi spaventano i baci, gli abbracciamenti, le tenerezze, le accoglienze di Gesù, non avete più scuse per rifiutarvi.

GIAC. Cor Jesu patris miserere mei.

OSSEQUIO. Esaminatevi se aveste bisogno di far ritorno a Gesù e risolvetevi di farlo: se già siete con Lui giurategli fedeltà eterna.