I SANTI MISTERI (1)

G. De SEGUR: I SANTI MISTERI (1)

[Opere di Mgr. G. De Ségur, Tomo X, 3a Ed. – LIBRAIRIE SAINT- JOSEPH TOLRA, LIBRAIRE-ÉDITEUR, 112, RUE DE RENNES, 112 – 1887. PARIS, impr.]

I SANTI MISTERI

Il Trattato dei Santi Misteri si rivolge più in particolare agli ecclesiastici, ai religiosi, ed alle persone maggiormente abituate alle cose di Dio. Preziose testimonianze permettono di affermare che sarà di gran vantaggio a tutti coloro che lo leggeranno con cura soprattutto nei piccoli o grandi seminari e nelle comunità religiose. Sei-settemila esemplari sono andati esauriti in pochi anni, ed è stato tradotto in italiano, spagnolo, fiammingo e, se non erriamo, in tedesco. 

Agli allievi del santuario

La Messa è il centro del culto di Dio sulla terra, è come il cuore della vita sacerdotale. Un Sacerdote che dice bene la Messa è d’ordinario un santo Prete, mentre un Sacerdote che la celebra negligentemente, senza riverenza e senza zelo, senza ardore, è se non una luce spenta, per lo meno una luce misera, senza splendore, senza ardore, prossima allo spegnersi. Voi siete in seminario, amici miei, unicamente per diventare un giorno dei Preti santi, per illuminare i popoli, convertirli infiammarli del fuoco divino dell’amore di Nostro Signore. Per voi, più che tutti gli altri fedeli, è di immensa importanza conoscere per bene le ineffabili grandezze del Sacrificio della Messa e circondarlo di profondo rispetto. La Messa che voi ascoltate ogni giorno, deve essere, fin da ora, ciò che sarà ben presto la Messa che voi celebrerete ogni giorno. Essa deve essere il cuore, il sole di ciascuna vostra giornata, il punto centrale al quale tutto si rapporta, intorno al quale tutto gravita nella grande opera della santificazione. Sappiatelo – amici miei cari – voi direte un giorno la Messa così come l’ascoltate oggi; se voi la ascoltate con pietà, con fede viva ed una religiosità molto intima, più avanti, quando sarete Sacerdoti, la celebrerete santamente; se voi la ascoltate male, la celebrerete male. Ora, uno dei mezzi più efficaci per farci bene intendere e ben celebrare la Messa, è senza dubbio l’intelligenza dei riti che la Chiesa ha istituito per la celebrazione dei santi Misteri. Il senso di queste cerimonie sacre ne è come l’anima, come la via; una volta penetrate e ben comprese, esso ci rivela dappertutto il grande mistero di GESÙ-CRISTO, che riassume in sé il cielo e la terra; questo impedisce la routine, respinge la negligenza  e la svogliatezza; sostiene meravigliosamente il fervore, la fede viva, la devozione. Benché questo piccolo lavoro possa servire a tutte le persone pie, io ve lo porgo in modo speciale, e vi prego di gradirlo come affettuoso omaggio. Possa esso elevare i vostri spiriti, illuminare ed attirare i vostri cuori, farvi venerare ancor più la santissima liturgia cattolica  e l’adorabile mistero dell’Eucarestia, sorgente principale, per non dire unica, di tutta la pietà cristiana e sacerdotale.

11 Aprile 1869, 50° anniversario della prima Messa del nostro Sommo Pontefice, il Papa Pio IX.

I MISTERI

PROLOGO

Prima di penetrare nella contemplazione e nell’esposizione del gran dramma della Messa, è necessario porre qui delle riserve. Esse vertono sulla natura stessa di queste spiegazioni. – Nel tesoro della Chiesa, non esiste, che io sappia, una interpretazione ufficiale e di conseguenza assolutamente certa dei sacri riti della Messa. Quale sia il senso vero, diretto di « queste mistiche benedizioni che ci vengono dalla disciplina e dalla Tradizione degli Apostoli? » Qual sia il vero senso, o quali siano i sensi che i santi Apostoli abbiano voluto celare sotto questi riti? Né i Santi Padri, né la Chiesa hanno creduto rivelarceli, sembra pure, al dire di San Dionigi l’Aeropagita e di Clemente di Alessandria, che i riti misteriosi del divino Sacrificio, siano stati istituiti per esprimere e nel contempo velare abissi di grazie e di luce, per nascondere i misteri della Saggezza divina agli occhi dei profani e per proporli, non alla visione chiara, ma alla meditazione ed alla contemplazione dei Cristiani spirituali, i quali, dice San Paolo, hanno il senso di Cristo e sono pieni dello Spirito « che penetra tutto, anche le profondità di Dio ». Queste profondità di Dio, sono tutte riassunte nel mistero universale del Cristo, ed il mistero del Cristo è Esso stesso interamente riassunto, condensato in questa azione adorabile che, per questa ragione la Chiesa chiama per eccellenza i Santi misteri. Nel Medio Evo, ed anche in seguito, sono state fornite molte spiegazioni su questo soggetto da parte di grandi e santi uomini  (tra gli  altri il Papa Innocenzo III, come dottore privato; San Tommaso, nei suoi Opuscoles; Durand, vescovo di Mende, nel suo Rational; Suarez; il Cardinale Bona; il santo Abate Olier), ma queste interpretazioni, benché moto belle in sé, differiscono le une dalle altre ed esprimono evidentemente delle vedute particolari della pietà e del genio di ciascuno di essi, ed inoltre non riportano il senso proprio e tradizionale, il senso apostolico ed ecclesiastico delle antiche cerimonie del Santo Sacrificio. Vere soggettivamente, queste interpretazioni, lo sono oggettivamente allo stesso grado? Nessuno saprebbe affermarlo. Quelle che andiamo a proporre qui alla pietà del lettore mi sembra realizzino più direttamente, e più completamente l’idea dominante del Sacrificio della Messa, la quale è certamente il riepilogo del mistero universale di GESÙ-CRISTO. Questo mistero adorabile, centro di tutti gli altri, celeste ed insieme terrestre, abbraccia tutti i tempi, fin dal primo momento della creazione degli Angeli e degli uomini, fino alla consumazione ultima, fino alla beata eternità. Questa interpretazione realizza pienamente, come sembra, la celebre parola del Salmo CX, applicato da tutti gli interpreti all’Eucaristia, Sacrificio e Sacramento: Memoriam fecit mirabiliam suorum misericors et miserator Dominus; escam dedit timentibus se.  Essendo la Messa il memoriale delle meraviglie e dei misteri del Signore Nostro, il cerimoniale che l’accompagna deve rispondere a questo pensiero. Ora le interpretazioni che riassumo qui mi sembrano emergere naturalmente dai riti medesimi e non possono avere quella nota di invenzione che spesso si riscontra spesso in tal materia, e che è più propria a discreditare la santa Liturgia che a conciliarne il rispetto e l’ammirazione. Esse non sono punto di fede; si collocano quasi tutte nell’ambito di quelle che si chiamano opinioni, liberi sentimenti; le si può non adottare se, contemplando i nostri santi misteri, si trovano luci che soddisfino di più e la pietà e la ragione e la sapienza. Queste sono state prese da fonti molto autorevoli; esse sono inoltre, mie relazioni con diversi dotti e pii personaggi, sia qui che a Roma. È dunque il frutto di tutto ciò che ho potuto, da venticinque anni, intendere, raccogliere e contemplare su questo bel soggetto che ho cercato di riassumere in un piccolo opuscolo, il cui merito principale è, senza dubbio, di essere breve ed alla portata di tutte le intelligenze e di tutte le borse. Un venerabile superiore di Seminario mi assicura che queste spiegazioni potranno essere molto utili alle anime pie ed al giovane clero. È in questa speranza che io oso proporlo qui, come capace di chiarire santamente lo spirito e di fortificare la pietà. – Studiamoli umilmente, non da dottori sapienti, ma come scolari che indagano. 

I

Quanto sante e venerabili siano le cerimonie della Messa.

Più una cosa o una persona è grande, più è naturale circondarla di rispetto e di onori. Quando un sovrano onora della sua visita una città o un castello, si mette in opera tutto per fare un’accoglienza degna di lui; non c’è nulla che sia di troppo; nulla si risparmia. Ancor meglio se si trattasse della visita del Papa. Come ci si può allora stupire che i santi Apostoli ed i primi Pontefici della Chiesa, regolando il culto divino, abbiano circondata di cerimonie augustissime questa divina visita che il Re del cielo si degna di fare ogni giorno alla terra, mediante la Consacrazione eucaristica? Le une, quelle che precedono la Consacrazione, sono come la preparazione del Sacerdote e del fedele all’arrivo del grande Re Gesù; quando appare questo Re celeste, tutti si prosternano ed adorano in silenzio. La altre cerimonie, quelle che seguono la Consacrazione e terminano la Messa, preparano il Sacerdote ed i Cristiani a ricevere, con la Comunione, l’adorabile Visitatore e ringraziarlo del suo amore misericordioso. – Il Concilio di Trento ci dichiara che: Tra le cose sante, nulla c’è di venerabile, niente di sacro, come queste benedizioni piene di misteri, che gli Apostoli stessi hanno istituito e lasciato in eredità alla Chiesa. « La nostra santa Madre Chiesa, dice il Concilio, ha introdotto, conformemente alla disciplina ed alla tradizione apostolica, delle cerimonie, come le benedizioni mistiche, le luci, gli incensamenti, gli ornamenti, e molte altre cose di questo genere, alfine di accrescere la maestà di sì gran Sacrificio ed al fine di eccitare gli spiriti dei fedeli, con questi segni sensibili della pietà e della Religione, alla contemplazione dei profondissimi misteri che cela questo Sacrificio. (Sess. XXII, c. V), Riassunto ed imperfetto senza dubbio, ma infine spiegandoli un po’. Le cerimonie della Messa, hanno per oggetto di ricordare e compendiare, intorno alla Persona stessa di Gesù eucaristico, tutto l’insieme del magnifico ed universale mistero di questo divin Salvatore: l’unità di Religione che esiste tra gli Angeli e gli uomini, tra l’Alleanza antica e la nuova, tra la grazia del primo Avvento di GESÙ-CRISTO e la gloria del secondo. Anche i Sacerdoti e tutti coloro che li assistono all’altare, devono rispettarle infinitamente, ed osservarle religiosamente. Omettere o negligere volontariamente quelle che si rapportano più direttamente alla Consacrazione, sarebbe certamente un peccato mortale; e tutte, anche le minime, obbligano in coscienza. È fuor di dubbio che le rubriche dell’Ordinario della Messa, dopo il segno della Croce, dall’inizio fino al Deo gratias finale, sono tutte imperative e non solo direttive. Bisogna osservarle alla lettera, con molta fede, religione ed amore, e fare tutto ciò che viene prescritto dalla Chiesa, così com’è prescritto, e solo ciò che è prescritto, senza nulla omettere, senza nulla aggiungere. Altrimenti si rischierebbe di falsare il senso delle cose sante che queste cerimonie sono destinate a significare. Questo punto è molto importante, e la dottrina che riportiamo è affatto certa, checché se ne possa dire. La Bolla di San Pio V, che è sempre in pieno vigore, come la Santa Sede l’ha espressamente dichiarato in precedenza, decreta che, nel Messale Romano, nulla dovrebbe essere mai aggiunto, né soppresso, né cambiato … « sotto penna dell’indignazione Apostolica », il Sovrano Pontefice « ordina a tutti i Sacerdoti in generale, ed a ciascuno in particolare, qualsiasi sia il rango nella Chiesa, e questo in virtù della santa obbedienza, di dire o cantare Messa secondo il rito, il modo e la regola che prescrive il Messale. »  Ed il Papa Urbano VIII decretò ugualmente, mediante la Congregazione dei Riti, « che in ogni cosa, “in omnibus et per omnia”, si devono osservare le rubriche del Messale Romano, nonostante ogni uso contrario, che egli dichiara essere un abuso. » Inoltre, tante volte la Congregazione dei Riti ha risposto, nel Nome del Sovrano Pontefice, a delle questioni relative a certe pratiche non indicate dalle rubriche: « Serventur rubricæ » [si servano della rucrica]. Questa risposta è significativa; essa ci rinvia puramente e semplicemente alla lettera delle rubriche. Vale a dire: che si osservino le rubriche, non si faccia più di quanto esse non dicano di fare, che si faccia tutto ciò che esse dicono di fare, né più né meno. – Un professore di liturgia insegnava nel passato, in pieno corso, in un gran Seminario molto considerevole, che le rubriche dovessero intendersi in questo senso: che bisognava fare almeno ciò che esse prescrivono; ma che si poteva fare di più, « … purché sia più bello ». A questo riguardo, si potrebbe, si dovrebbe far durare l’Elevazione un quarto d’ora o una mezz’ora, « … purché questo sia più maestoso. » In effetti, questo non è specificato dalla rubrica; essa nulla dice. Questa interpretazione moderna è semplicemente l’introduzione dei principii dell’89 nella liturgia. Questo falso dato liturgico ha aperto le porte alle mille ed una invenzioni che sfigurano la maestosa semplicità della liturgia romana. « Serventur rubricæ»; « … che si osservi la rubrica! » Ecco la regola delle regole, ed essa obbliga in coscienza [L’autorità della Congregazione dei Riti, e in generale, delle Sacre Congregazioni romane, è l’autorità medesima del Sovrano-Pontefice che, attraverso di esse, governa e regge la Chiesa. I Vescovi stessi sono sottomessi ai decreti delle Congregazioni e non possono né dispensarsene, né dispensare gli altri: ancor mano i curati ed i semplici Sacerdoti. Soltanto l’ignoranza del diritto canonico, ha potuto introdurre queste distinzioni chimeriche tra l’autorità del Papa e quella delle Sacre Congregazioni. Le Congregazioni sono all’Autorità del Papa, ciò che per noi sono i diversi ministeri all’autorità del Capo di Stato, ed ancor di più.]. Santa Teresa, che sapeva unire una mirabile larghezza di spirito a tutte le delicatezze dell’obbedienza, diceva: « Io darei la mia testa per le cerimonia più piccole della Chiesa. » Ella aveva ben ragione, pensiamo, diciamo, facciamo come lei.

II

 Cosa rappresenta l’altare sul quale  si celebra la Messa.

   L’altare deve essere di pietra. Se fosse di legno o di bronzo, o anche di argento ed oro, occorrerebbe comunque che lo spazio sul quale si offre il Sacrificio, sia di pietra; questa pietra si chiama appunto “pietra d’altare”. L’altare (o “pietra d’altare”, che è la stessa cosa, almeno in pratica) è consacrata dal Vescovo, che lo marchia con cinque croci, in onore delle cinque piaghe che Gesù-Cristo conserva in eterno nel suo Corpo glorificato; questa consacrazione si fa con il santo Crisma, che è il più sacro degli oli santi, e dopo le unzioni il Vescovo brucia un grano di incenso purissimo in ciascuna delle croci che sono incise nella pietra. – Così consacrato l’altare, in effetti, significa: Nostro Signore GESÙ-CRISTO, al di fuori del Quale, il Padre Celeste non gradisce alcun omaggio religioso, alcuna adorazione, nessun sacrificio. GESÙ-CRISTO è quindi il centro ed il fondamento vivente dell’unica vera Religione, la quale è iniziata con gli Angeli e con Adamo, fin dall’origine del mondo, e non finirà neppure con la fine del mondo, perché Essa durerà nel cielo, per tutta l’eternità. GESU è la pietra consacrata, la pietra angolare che supporta tutto l’edificio della Religione degli Angeli e degli uomini, ed è per questo che è assolutamente vietato celebrare la Messa fuori dall’altare consacrato, o almeno una pietra d’altare consacrata. L’altare significa allora GESÙ-CRISTO, fondamento divino della Religione e del Sacrificio. Ognuno può comprendere allora quale sia la santità dei nostri Altari, e perché sia proibito non solo di farlo servire per alcun uso profano, ma anche di non posarvi sopra nulla di estraneo al Culto divino. Ci sono dei preti che non si curano di posare sull’altare i loro occhiali, il loro berretto, la loro tabacchiera. Io ho visto sacrestani posarvi tranquillamente sopra la loro penna, la spazzola, etc. Il santo abate Olièr, uno degli uomini che hanno usato il massimo rispetto per il Santo Sacrificio ed il Santo Sacramento, era al riguardo di una severità straordinaria: una volta un giovane chierico del seminario di San Sulpizio, di cui Olièr era il Superiore, era stato scelto da lui per servir Messa per la sua grande pietà. Un giorno il pio giovane posò sbadatamente la sua piccola calotta sul cono dell’altare. M. Olièr lo riprese severamente, come per una mancanza di rispetto verso l’adorabile Eucaristia, e lo privò per otto giorni dell’onore di servire Messa. Non si è mai troppo delicati in ciò che concerne le testimonianze della fede e dell’adorazione nei riguardi dei santi Misteri e di tutto ciò che ha rapporto con il Santissimo Sacramento.

III

Gli altari privilegiati

Il Papa accorda talvolta la grazia dell’Indulgenza plenaria per le anime del Purgatorio, ai Sacerdoti che celebrano la Messa su certi altari. Questo privilegio sì prezioso ha fatto attribuire a questi altari il nome di “altari privilegiati”. Talvolta un altare è privilegiato una sola volta a settimana, altre volte il privilegio dell’Indulgenza si estende a due, tre, quattro giorni della settimana; più raramente è quotidiano. Questo dipende unicamente dalla concessione pontificale. L’indulgenza degli altari privilegiati è riservata esclusivamente alle anime del Purgatorio. A meno che il contrario non sia specificato nella concessione, queste indulgenze possono essere lucrate solo celebrando la Messa su un altare “fisso”. Per “altare fisso” si intende un altare immobile, che non possa essere cioè trasportato da un luogo ad un altro. Poco importa che sia consacrato interamente, o che ne sia consacrata solo la pietra, l’importante è che sia sigillato tanto al muro che al suolo. –  È arrivata a Parigi da qualche anno, una simpatica storia a proposito di un altare privilegiato (in francese altare, autel, si pronunzia “otel”): una pia ed eccellente dama, a giusto titolo considerata tale da tutti coloro che la conoscevano, aveva ottenuto dal Santo Padre il favore dell’altare privilegiato per la sua cappella domestica. Quando il rescritto da Roma arrivò, si era alla vigilia della sua partenza per la campagna. Ella fece dunque venire il suo amministratore, uomo di spirito e fiduciario, e gli diede ordini perché in sua assenza facesse venire pittori, scultori, indoratori, senza nulla risparmiare. Secondo la foggia delle Basiliche romane, ella desiderava far porre sopra la porta della cappella, come coronamento dello stesso altare che era appunto vicino alla porta, una bella iscrizione a caratteri d’oro: AUTEL PRIVILÉGIÉ (altare privilegiato). L’eccellente dama non si spiegò probabilmente in modo molto chiaro. In effetti, dopo quattro o cinque giorni dopo il suo soggiorno in campagna, ricevette una lettera dal bravo amministratore che le chiedeva nuove istruzioni. « Madame, lei ha senza dubbio dimenticato, diceva, che al di sopra della porta dell’hotel c’è uno stemma, etc.; i pittori e gli operai non sanno come posizionare l’iscrizione comandata da madame. » Il maldestro aveva confuso « autel » con « hotel » e se per fortuna (o per sventura), sulla grande porta d’entrata che dava sulla strada si fosse proceduto alla decorazione senza che si richiedesse una nuova consultazione, la povera santa signora, al suo rientro avrebbe trovato sopra la porta d’entrata, a grandi lettere d’oro, la scritta: HÔTEL PRIVILEGIATO. – Prova evidente che in materia liturgica, non ci si possa fidare … degli amministratori.