IL SACRO CUORE DI GESÙ (16): Il Sacro Cuore di GESÙ e la sua dottrina

[A. Carmagnola: IL SACRO CUORE DI GESÙ – S. E. I. Torino, 1920]

DISCORSO XVI.

Il Sacro Cuore di Gesù e la sua dottrina.

Un giorno il santo re David pieno di sacro entusiasmo cantava: Dalla pienezza del mio cuore è sgorgata una buona parola, una parola che consacra al mio divin Re tutte le mie opere: Eructavit cor meum verbum bonum, dico opera mea regi. (Ps. XLIV, l) Ciò che Davide asseriva come un fatto particolare fu più tardi da Gesù Cristo affermato come un fatto generale e una specie di legge col dire: La bocca parla dalla pienezza del cuore; ex abundantia cordis os loquitur. (MATT. XII) Ed in vero come non è possibile che mandi fuori dalla bocca buone parole un cuore pieno di tenebre, di superbia, di invidia, di malignità, come era quello dei Farisei, per cagion dei quali Gesù Cristo proferì questa sentenza, così non è possibile che un cuore pieno di luce, di sapienza, di amore, di santità non faccia erompere dalla sua bocca parole buone e sante. – Ora il cuore Sacratissimo di Gesù è propriamente quel cuore, nel quale sono riposti tutti i tesori della sapienza e della scienza di Dio: In quo sunt omnes thesauri sapientiæ et scientiæ Dei absconditi; (Col. II, 3) è il cuore della Sapienza divina stessa incarnata, e per di più è il cuore più nobile, più amante,più liberale, più generoso che mai si possa immaginare. Epperò un cuor tale come avrebbe potuto ritenere nascosti in sé i tesori della sua sapienza? Il Savio dell’antica legge diceva di sè: « Dappoiché io vidi l’uomo pieno di infermità e d’ignoranza, io bramai e chiesi a Dio con istanza l’intelligenza e lo spirito di sapienza e la ottenni. E questa io preferii ai regni o ai troni, e stimai un nulla tutti i tesori del mondo in suo confronto, perciocché riconobbi che ella è di gran lunga più preziosa delle perle, dell’oro, dell’argento, della bellezza, della sanità, della luce istessa, la quale pur si spegne, mentre lo splendore della sapienza è inestinguibile. Ma questa sapienza che io appresi con pura intenzione e con retto fine non voglio tenerla per me, ma senza invidia la comunico agli altri, facendoli partecipi delle sue ricchezze, giacché ella è un tesoro infinito per gli uomini e coloro che la impiegano a loro vantaggio hanno parte all’amicizia di Dio, divenuti commendevoli perciò appunto che della loro sapienza fanno generoso dono agli altri. » (Sap. VII, 7-14) Or bene ciò che Salomone affermava di sé non era su non una pallida immagine di ciò che avrebbe fatto N. S. Gesù Cristo, il Savio, il Maestro, il Dottore per eccellenza. Ed in vero poiché Egli era venuto altresì sopra la terra illuminare his qui in tenebris et in umbra mortis sedent, ad dirigendos pedes nostros in viam pacis, (Luc. I, 79) ad illuminare quelli che giacciono nelle tenebre e nell’ombra di morte e a indirizzare i nostri piedi per la via che conduce al godimento della vera pace nel tempo e nell’eternità, giunto che fu il tempo conveniente, uscito dalla sua vita privata si accinse alla grand’opera della predicazione della sua celeste dottrina, facendola uscire come alito divino da quel Cuore Santissimo, che n’era traboccante. La dottrina adunque di Gesù Cristo è pur essa una splendida e specialissima prova dell’amor suo per noi, e ben la simboleggiano quelle fiamme che circondano ilsuo Divin Cuore, giacché nell’ordine spirituale la dottrina di Gesù Cristo è luce e calore come lo è nell’ordine materiale la fiamma. E quest’altra dimostrazione dell’amore divino del Sacro Cuore per noi la studieremo in questo discorso.

I . — Per ben apprendere la grande prova di amore che il Cuore di Gesù ci ha dato con l’insegnamento della sua dottrina,  dobbiamo riconoscere anzitutto che Egli ebbe realmente una vera dottrina. Perciocché tra i più gravi errori sparsi ai di nostri da certi empi scrittori della vita di Gesù Cristo vi ha pur questo che Egli una vera dottrina nel vero senso della parola non l’abbia né avuta né predicata giammai, ma che in quella vece quella dottrina che oggi ci propone a credere e seguire la Chiesa, come opera di Gesù Cristo, siasi formata a poco a poco per opera degli Apostoli, dei Padri e dei Dottori, dei Pontefici, dei filosofi cristiani, in una parola per opera degli uomini. – Or bene egli è certo che Gesù Cristo non formulò Egli in termini né un simbolo, né un codice morale; egli è certo che il piano della sua dottrina non si manifesta in un metodo conforme a quello che sono soliti ad usar gli uomini nell’ammaestrare; egli è certo che nel suo insegnamento non vi ha la prefazione che previene il lettore, né la distribuzione delle materie che solleva l’intelligenza, né l’ordine, la concatenazione ed il progresso che fanno vedere l’unità dell’opera; ma con tutto ciò è pur certissimo che il simbolo ed il codice morale che la Chiesa ci propone a credere e seguire sono racchiusi negli insegnamenti di Gesù Cristo; è pur certissimo che tutti gli insegnamenti suoi sono tra di loro collegati, ordinati e dipendenti gli uni dagli altri per guisa da non essere difficile a qualsiasi uomo dotato di un po’ d’intelligenza e di buona volontà, scoprire una vera dottrina e rilevare l’impronta della più alta sapienza. – Ed ecco perché leggendo il Santo Vangelo si trova ad ogni tratto che Gesù Cristo parla della sua dottrina, de’ suoi precetti, delle verità alle quali è venuto a rendere testimonianza, della luce che ha portata al mondo e della fede che devesi dare alla sua parola. Ecco perché gli Apostoli cominciando la loro predicazione si presentano agli uomini come i testimoni delle virtù, dei miracoli è dei discorsi di Gesù Cristo ed annunziando la sua parola le danno sempre il nome di parola di Dio! Ecco perché S. Paolo dichiara che l’Evangelo che egli va evangelizzando non è secondo l’uomo, né dall’uomo l’ha ricevuto od appreso, ma bensì per rivelazione da Gesù Cristo stesso. Ecco perché ancora i primitivi Cristiani da per tutto, a Gerusalemine, a Roma, a Filippi, a Colossi, ad Efeso, a Corinto, a Tessalonica, a Lione, apprendono e credono la dottrina di Gesù Cristo, osservano i suoi precetti, praticano levirtù che Egli ha predicato con la parola e con l’esempio, s’appoggiano nella loro speranza alle sue promesse, credono e professano in una parola il suo Vangelo, quel Vangelo che leggiamo,apprendiamo e professiamo noi senza differenza di sorta.Come dunque è possibile il dire che la dottrina cristiana non è opera di Gesù Cristo, ma una lenta e graduata creazione degli uomini?Ma quando pure mancasse in ciò la testimonianza dei fatti, non ne mostrerebbe l’impossibilità lo stesso più volgare buon senso? Non credo vi sia alcuno di noi che non abbia veduto qualche bella opera d’arte, ad esempio qualche stupendo quadro. Ora supponiamo che trattandosi del quadro della Trasfigurazione, che forma il capolavoro di Raffaello ci si volesse dare ad intendere che non è già il celebre Urbinate quegli che lo ha fatto, ma che in quella voce ò una moltitudine di pittori diversi, i quali a poco a poco, l’uno dopo l’altro hanno dato sulla tela ciascuno alcune pennellate, donde alfine n’è uscito quella grande meraviglia. Non è egli vero che ci porteremmo a ridere? Che così possa essere stato fatto il quadro della Trasfigurazione è impossibile. Qualsiasi quadro nel quale apparisca unità, armonia, bellezza mostra una stessa intelligenza che l’ha concepito ed una stessa mano che l’ha dipinto; e quando pure, come accadde pel quadro della Trasfigurazionenon finito a tempo da Raffaello, un’altra mano vi entrasse, non tornerebbe difficile a scoprirla. Or bene la dottrina di Gesù Cristo è come un quadro perfettissimo, un disegno a cui nulla manca, un complesso di verità, che non ostante l’apparenza del contrario si legano, si compenetrano tra di loro come i colori di una magnifica tela, e formano un’ammirabile unità. Giacché in questa dottrina tutto mira a farci riconoscere che Gesù Cristo è Figliuolo di Dio, incarnatosi e fattosi uomo per operare la nostra salute, e a questo dogma fondamentale e centrale fanno capo e per questo raggiano tutte le altre verità e dogmatiche e morali. Or come sarebbe possibile che questa dottrina così perfetta, così unita, che non ha che un unico scopo, sia l’opera lenta e graduata di molti? non già di quel solo Gesù Cristo, da cui la Chiesa, appoggiata alle più irrefragabili testimonianze, la riconosce? Gesù Cristo adunque ebbe una dottrina, e questa dottrina Egli la predicò, sia pure in un angolo oscuro della terra, nella piccola regione della Giudea, senza apparato esenza tono di pomposità negli angoli, per le vie e nelle piazze, sul dosso dei monti e sulle rive dei laghi, nel tempio e nei deserti, dovunque vi erano persone ad ascoltarlo, ma la predicò.E a differenza di quei filosofi avari dell’antichità, che riserbavano la comunicazione dei loro pensieri agli spiriti eletti, a differenza di quei Platonici che vedendosi contrastati nell’insegnare la dottrina del loro maestro preferivano di tenerla occulta, Gesù Cristo predicò la sua dottrina a tutti e nel modo più palese: Ego autem palam locutus sum mundo. (Io.XVIII, 20) Egli fu davvero quel seminatore evangelico che sparge da per tutto la sua semenza per la via e sull’arida pietra, tra le spine e il buon terreno, insegnando ai grandi e ai piccoli, ai dotti, e agli idioti, ai ricchi e ai poveri, agli amici ed ai nemici, a tutti. Che se ebbe nel suo insegnamento delle preferenze, queste furono propriamente per gli spiriti rozzi, per i meschini, pei poverelli: Pauperes evangelizzantur.

II. — Ma non solo Gesù Cristo ebbe e predicò una dottrina, ma una dottrina tutta sua propria, che appartiene interamente a Lui. Vi furono di coloro che parlando della morale asserirono che Socrate ne fu l’inventore. Ma lo stesso Gian Giacomo Rousseau rispose a costoro dicendo: No, inventore della morale non fu Socrate. Altri prima di lui l’avevano messa in pratica, ed egli non fece che dire ed insegnare ciò che altri avevano fatto, egli non fece che ridurre i loro esempi in lezioni. Aristide era stato giusto prima che Socrate dicesse ciò che è giustizia; Leonida era morto per il suo paese, prima che Socrate avesse fatto un dovere dell’amor di patria; Sparta era sobria prima che Socrate avesse lodato la sobrietà; e prima che egli avesse definito la virtù, la Grecia abbondava di uomini virtuosi. (Emil. lib. V) Ora se si potesse adoperare il vocabolo inventare quando si tratta di giustizia e di verità che sono cose eterne, dovremmo aggiungere a quanto disse il filosofo Ginevrino, che inventore della morale fu Gesù Cristo. Ma diciamo piuttosto: Gesù Cristo insegnando fu del tutto originale, sicché ben avevano ragione i suoi contemporanei di esclamare udendolo: Nunquam sic locutus est homo sicut hic; (Io. VII, 46) Nessuno mai ha parlato come egli parlò. – Ah, per certo fanno veramente ridere quei saputi moderni i quali, non potendo negare che Gesù Cristo ebbe una dottrina, asseriscono che egli la tolse in gran parte dai libri ebraici e dai Savii dell’antichità, e che però la sua dottrina non ha nulla di nuovo. Ma vorrebbero dunque costoro che Gesù Cristo per essere originale ne’ suoi insegnamenti avesse rigettate quelle verità che Iddio fece rifulgere al popolo ebreo ed agli stessi Gentili? Se Egli stesso era Dio, poteva Egli mettere da banda ciò che come Dio aveva rivelato e fatto conoscere agli uomini prima di incarnarsi? Non solo non poteva, ma ponendo nella sua dottrina certe verità già rivelate al popolo ebreo e conosciute degli stessi Gentili, Egli non fece altro che appropriarsi legittimamente ciò che da tutta la eternità gli apparteneva e che lungo il corso dei secoli aveva agli uomini comunicato. Ma pur ponendo nella sua dottrina queste verità, quante altre ne proclamò interamente nuove! Egli fu propriamente quello scriba dotto che a somiglianza del padre di famiglia trae fuori dal suo tesoro cose nuove e vecchie. Ed invero chi mai tra i savi antichi diede insegnamenti somiglianti a quelli di Gesù Cristo, per esempio, riguardo a Dio, alla sua bontà, alla tenerezza del suo amore paterno per noi, alle tre Persone perfettamente uguali, Padre, Figliuolo, Spirito Santo, che in esso vi sono? Chi apprese agli uomini come Lui ad adorare Iddio in ispirito e verità e ad implorarne i favori con un’orazione che sebbene brevissima contiene nondimeno tutto ciò che dobbiamo sperare e domandare da Dio, al Quale vi si volge il più dolce dei nomi, quello di Padre? Chi, come Gesù Cristo, diede la vera nozione del bene e del male? Chi al par di Lui fece conoscere in che propriamente consista la virtù? Chi rivelò, come Egli fece, la vera dignità e libertà dell’uomo? Chi die’ precetti simili ai suoi, riguardo alla carità, alla dilezione dei nemici, all’universale fratellanza, all’abolizione d’ogni schiavitù, all’unità e indissolubilità del matrimonio, alla castigazione del corpo, all’obbedienza della civile autorità? Qual savio eruppe come Gesù Cristo in queste esclamazioni: «Beati i poveri di spirito perché di essi è il regno dei cieli; beati i mansueti perché possederanno la terra: beati i mondi di cuore perché vedranno Dio; beati coloro che piangono perché saranno consolati; beati quelli che hanno fame e sete della giustizia perché saranno saziati; beati i misericordiosi perché troveranno misericordia; beati quelli che sono odiati, calunniati, perseguitati, perché di essi è il regno dei cieli! » Chi mai disse questo? Nessuno, nessuno mai: Nunquam sic locutus est homo, sicut hic. Né solamente nessuno mai diede certi insegnamenti e precetti dati da Gesù Cristo, ma nessuno mai per quanto sia apparso agli uomini siccome uno de’ più grandi dottori, diede una dottrina per ogni verso perfetta come è quella di Lui. Fate pur passare dinnanzi alla vostra mente tutte le dottrine che portano nomi umani, e in tutte o troverete lacune o troverete errori. Qua ci si dice che tutta la materia è Dio, là che Dio è un’egoista che ignora le nostre miserie, altrove che vi sono due sommi principii, l’uno da cui viene tutto il bene, l’altro da cui origina tutto il male; altrove che ogni cosa è regolata dal fato, altrove che la virtù è la stessa cosa che il piacere, altrove che l’anime finiscono nel nulla, oppure in goffe trasmigrazioni, oppure in un paradiso dei sensi, in un harem eterno. Persino nella dottrina che Iddio stesso diede al popolo ebreo, se non vi sono errori, ciò che sarebbe impossibile, vi sono tuttavia delle lacune, che Iddio lasciò a bella posta avendo Egli stabilito di compiere e chiudere la divina rivelazione nel Figliuol suo incarnato. Ma invece nella dottrina di Gesù Cristo non manca nulla. Cercate pure in essa chi è Dio, chi siamo noi, donde veniamo, a che fare siamo posti su questa terra, dove andiamo, qual è la regola della nostra vita, quali doveri abbiamo col nostro Creatore e Redentore, quali con noi stessi e col nostro prossimo, quali le virtù che dobbiamo esercitare, quali si convengono ad ogni umana condizione, ai principi e ai sudditi, ai padroni e ai servi, ai genitori e ai figliuoli, ai maestri e ai discepoli, ai ricchi e ai poveri, ai felici e ai tribolati, quale premio infine ci sia riservato se faremo il bene, quale castigo ci aspetti se opereremo il male, e a tutto troverete una risposta esatta, precisa, sicura. E con tutto ciò in tutta la dottrina di Gesù Cristo non il più piccolo sbaglio, non il minimo errore. Si potrà certamente da un cuore maligno a bello studio malamente interpretarla or in questo or in quell’insegnamento, ma le anime che l’accettano e la seguono fedelmente si elevano a tale giustizia e perfezione che anche le anime oneste e più irreprensibili secondo il giudizio del mondo impallidiscono e diventano volgari di fronte a quelle. La dottrina di Gesù Cristo fa i santi.

III. — Sì, la dottrina di Gesù fa i santi perché non solo è dottrina originale, ma dottrina al tutto sicura perché al tutto divina. Un giorno quel Socrate che fu tanto celebrato nell’antichità parlando ai suoi discepoli diceva loro: « Voi credete a me in guisa da far più conto della verità che non di Socrate. Che se a voi parrà che io dica il vero accordatevi meco, se non vi parrà, con ogni maniera di ragioni contrastatemi, guardando che per l’ardente desiderio io non induca in errore me stesso con voi. » (Plat. nel Fedone). Or bene come ha parlato questo gran maestro greco, così hanno parlato tutti gli altri grandi Savi. In tutti si manifesta sempre l’uomo, vi ha sempre in essi l’esistenza, l’incertezza, il timore di errare, lo sforzo per concepire la verità, il dubbio di averla appresa e di farla accettare dagli altri, e non di rado una grande sfiducia su tutta la loro dottrina. Quale diversità in Gesù Cristo! Egli si fa ad insegnare dicendo: La mia dottrina è celeste: Io sono la luce, la via, la verità e la vita. Le parole che Io vi parlo sono spirito e vita. Epperò Egli parla con sicurezza, con decisione di linguaggio, disdegnando gli umani argomenti. Ad ogni tratto dalle sue labbra escono fuori queste espressioni al tutto proprie di Lui: « In verità, in verità vi dico — Io, vel dico Io, che parlo — Credete alla mia parola — Fate così Lasciate questo. » Insomma Egli afferma e conclude con l’autorità d’un maestro supremo, che non sente al di sopra di sé  alcun giudice, che non tollera discussioni, che non teme smentite: Erat docens sicut potestatem habens. (MATT. VII, 29) così appunto insegnava Gesù Cristo perché era Dio. – Ed ecco altresì il perché la dottrina di Gesù Cristo è passata e passerà a tutti i paesi e a tutti i secoli fino alla fine del mondo. Ah per certo nessun’altra dottrina di nessun Savio, di nessun Dottore per quanto grande ha ottenuto una tal ventura. Che anzi forse non vi è stato mai dottore alcuno che abbia avuto in cuore tale aspirazione per la sua dottrina se pure vi fu chi l’abbia avuta, certamente nessuno mai ha osato di esprimerla. Gesù Cristo al contrario pur predicando la sua dottrina tra gli stretti confini della Giudea, vede profeticamente questa dottrina spargersi per tutto il mondo e ciò che Egli vede lo annunzia chiaramente, dicendo che la suaparola è un piccolo seme che grandeggerà e diventerà un albero immenso che coprirà tutta la terra. (MATT. VIII , 31). – Forse cheEgli basava tale sicurezza o sulla valentia intellettuale de’ suoi discepoli o sulla potenza di qualche libro magistrale che egli avrebbe scritto? Ah tutt’altro! Egli si sa troppo grande maestro per prendere la volgare cautela di scrivere dei libri, e in quanto ai suoi discepoli, non sono altro che dodici rozzi pescatori. Eppure è a questi che Egli dice: Andate ed ammaestrate tutte le genti: euntes docete omnes gentes. Ed ecco che così succede e la dottrina di Gesù Cristo dapprima per mezzo degli Apostoli, poscia per mezzo dei loro successori si spande sino agli estremi confini della terra e attraverso a tutte le età. E ciò senza che avvenga in tale dottrina la menoma alterazione, giacché anche oggi si insegna ciò che Gesù Cristo ha insegnato, e quel che si insegna qui nella nostra Italia è ciò che si insegna anche nella landa più inospitale della terra, pur che vi giunga l’apostolo di Gesù Cristo. Ecco la potenza di comunicazione che possiede in se stessa la dottrina del divino Maestro, e la possiede appunto per ciò che è la dottrina di un Dio. Oh quale prova di amore adunque ci ha dato Gesù Cristo facendo sgorgare dal suo Cuore divino la sua celeste dottrina! Quale benefizio immenso ci ha fatto! Mercé questa divina parola, che Egli ha affidato alla Chiesa in sicuro deposito, anche noi benché alla distanza di diciannove secoli dalla sua predicazione siamo illuminati, ammaestrati, diretti, santificati, anche noi apprendiamo a conoscere, ad amare e servire Iddio, anche noi vediamo rischiarato il cammino pel quale possiamo giungere alla vita eterna. Se non che a tal fine è necessario assolutamente di corrispondere a tanta prova di amore, e la corrispondenza in questo caso esige che noi ci applichiamo seriamente .a ben conoscere la dottrina di Gesù Cristo. E qui ammiriamo ancora a questo riguardo la previdente delicatezza della bontà del divin Cuore. Non solamente Egli ne ha fatto uscir fuori la sua dottrina, ma ancora quella grazia che trasfondendosi nel cuor nostro per mezzo del Santo Battesimo ci rende atti ad apprendere la dottrina sua. Perciocché per mezzo del Sacramento di rigenerazione il Cristiano contrae delle abitudini di ordine soprannaturale che in rapporto alla dottrina di Gesù Cristo sono ciò che il senso dell’udito è in rapporto ai suoni, ciò che l’apparato digestivo è in rapporto al nutrimento. Ma ad essere veri Cristiani e specialmente devoti del Cuore di Gesù è troppo necessario non lasciar assopite queste abitudini, bisogna tenerle deste ed esercitate nell’apprendere la dottrina del divino Maestro. Questa dottrina cristiana voi l’avete appresa un giorno sulle ginocchia della vostra madre tra le sue amabili carezze e i suoi dolci sorrisi. In seguito, giova crederlo, allargandosi la vostra intelligenza ed essendo ornai giunto il tempo di accostarvi a ricevere Gesù nel vostro cuore per la prima volta, voi avete appreso la dottrina cristiana anche più largamente, seduti sui banchi della Chiesa dal labbro di un buon catechista. E poi? E poi? Ahimè! quanti si credono per tal guisa di aver fatto tutto ciò che importava di fare riguardo alla dottrina cristiana. Ed oh! che grande errore, contro del quale noi rappresentanti, benché indegni, di Gesù Cristo non protesteremo mai abbastanza. La dottrina cristiana che si apprese da fanciulli era quella che bastava all’età nostra di fanciulli; ma come potrà essa bastare quando si è giunti ai quindici, ai sedici anni? Più ancora, come basterà di mano in mano che avanzandosi la nostra vita si arriva ai venti, ai trenta, ai quarant’anni? Chi non sa, chi non vede, chi noi tocca con mano che col crescere dell’età, oltre che crescono in noi le passioni contro le quali dobbiamo premunirci, gli errori e le massime del mondo moltiplicano spaventosamente contro di noi le loro cospirazioni? Non sarà dunque un dovere stringente per ogni età della nostra vita studiare la dottrina di Gesù Cristo, meditarla e custodirla nel nostro cuore per essere costantemente forti e vittoriosi contro gli assalti delle nostre passioni e contro gli errori e le massime del mondo! Deh! adunque, o miei cari, compite sempre volenterosi questi dovere. Venite mai sempre volonterosi a stringervi attorno a queste cattedre, dalle quali a voi si spiega la dottrina di Gesù Cristo. Col vostro gusto al tutto cristiano non cercate e né assaporate mai altro in essa che la verità. Studiatela la dottrina cristiana e meditatela anche da voi con la lettura attenta ed amorosa di quei santi libri che la contengono; e soprattutto praticatela! – E voi, o Cuore SS. di Gesù, con quella dottrina che è proprio tutta vostra, siate luce alle anime nostre per tirarle a voi, siate spada per trafiggerle, siate fuoco per divorarle, siate rugiada per refrigerarle, siate balsamo per confortarle. Discacciate ogni tenebra dalla nostra intelligenza, dissipate ogni dubbio del nostro cuore, rendeteci forti contro gli assalti dell’errore e fateci ben comprendere che tutto il sapere consiste nel conoscere Voi e la vostra dottrina. Perciocché a che cosa ci gioverà un dì l’aver appreso anche tutte le scienze umane, se non avremo appresa la scienza vostra? Voi l’avete detto, e fate che si avveri per ciascuno di noi: In questo si fa acquisto della vita eterna, nel ben conoscere Iddio ed il suo divin Figliuolo, ch’Egli ha mandato a redimerci: Hæc est vita æterna ut cognoscant te solum Deum verum et quem misisti Jesum Christum. (Io. XVII, 3).

I SERMONI DEL CURATO D’ARS: 3 MAGGIO, INVENZIONE DELLA S. CROCE

3 Maggio.

INVENZIONE DELLA SANTA CROCE.

[I Sermoni del B. GIOVANNI B. M. VANNEY, trad. It. Di Giuseppe D’Isengrad P. d. M. – vol. IV, Torino, Libreria del Sacro Cuore – 1908- imprim.Can. Ezio Gastaldi-Santi, Provic. Gen., Torino, 8  apr. 1908]

SULLA CROCE

Complacuit per eum reconciliare

omnia in ipsum, pacificans

per sanguinem crucis

eius, sive quæ in territ, sive

quæ in cœlis sunt.

[Piacque a Dio per Gesù Cristo riconciliar seco ogni cosa, pacificando pel sangue della sua croce tutto ciò ch’è in terra e tutto ciò che è in cielo]. (COLOSSESI: I, 20) .

Chi di noi, miei fratelli, potrà volger lo sguardo a questa Croce sacrosanta, su cui Gesù Cristo ha sacrificato la vita, e non sentirsi compreso dalla più viva riconoscenza? Ecchè, miei fratelli, Gesù Cristo, eguale al Padre, muore per salvarci! O santa Croce! O Croce preziosa! Senza di te non ci sarebbe toccato il cielo! Senza di te non avremmo avuto parte con Dio! Senza di te avremmo dovuto piangere eternamente nell’inferno! Senza di te non avremmo avuto felicità nell’altra vita! Sì, questa Croce ha fatto scendere dal cielo il Figliuol di Dio, pel desiderio, ond’era acceso, di morire sopr’essa e così redimere il mondo intero. Quanti beni rammenta la vista della Croce ad un Cristiano che non ha perduta la fede! Ohimè! Che cos’era di noi prima che questa Croce fosse tinta del Sangue adorabile del Figliuol di Dio! Eravamo sbanditi dal paradiso, separati per sempre da Dio, condannati a vivere eternamente nelle fiamme, e piangere e soffrire per giorni senza fine. Torniamo spesso ai piedi della Croce, e in essa vedremo la chiave che ci ha aperto le porte del cielo e chiuso l’inferno. O mio Dio! se per mezzo della Croce ci furono dati tanti beni, in qual rispetto e in quale stima dobbiamo tenerla! Per accrescere in voi questo rispetto vi mostrerò: 1° quali benefizi riceviamo dalla Croce; 2° quale stima dobbiamo farne.

I. — Prima che la Croce fosse santificata dalla morte di un Dio fatto uomo, i demoni erano padroni sulla terra, e, simili a leoni, divoravano tutto ciò che si faceva loro innanzi. Questo spirito delle tenebre lo confessò un giorno di sua bocca a S. Antonio, dicendogli che, dopo la venuta del Messia, era stato incatenato, e non poteva nuocere che a chi l’avesse voluto. S. Antonio, in tutte le sue tentazioni così frequenti e violente, non aveva altr’arma che il segno salutare della Croce (Vite dei Padri del deserto, T. I , pag. 32, 39); e perciò fu sempre vincitore del suo nemico. Santa Teresa con un solo segno di Croce mise in fuga il demonio, che le apparve un giorno in figura d’una montagna aperta e pronta ad inghiottirla. Non entrerò in lunga enumerazione dei beni che ci vengono dalla Croce. La Croce ci è valsa un’eternità felice; essa ha mutato in amore senza confini la collera del Signore; essa ha strappato i fulmini dalle mani dell’eterno Padre per riempirle d’ogni sorta di doni e di benedizioni. La Croce ci procura altresì e i buoni pensieri, e i buoni desideri, e i rimorsi della coscienza e il dolore delle colpe passate. Ah! non basta ancora! Per mezzo di questa Croce siam divenuti figli ed amici di Dio, fratelli e membri di Gesù Cristo, eredi della sua eterna felicità; sopr’essa è pur nata quella bella Religione, che, con le sue consolazioni, ci dà speranza di felice avvenire. Da questa Croce traggono ogni loro efficacia i Sacramenti. O bella e santa Croce, quanti beni ci hai meritati! Tu fai ogni giorno scorrere sui nostri altari il Sangue adorabile di Gesù Cristo per placare la collera di Dio! Dalla Croce germogliò la manna celeste, cioè l’adorabile sacramento dell’Eucaristia, che, sino alla fine de’ secoli, sarà cibo delle anime nostre. La Croce ha prodotto quelle uve misteriose, il cui succo abbevera l’anima nostra nei giorni di quest’esiguo. Il peccatore vi trova la conversione, il giusto la perseveranza. O Croce bella e preziosa! Sarebbe pur forte e terribile contro le potenze infernali chi venisse spesso a’ tuoi piedi! Dico inoltre che la vista della Croce costituisce la gloria de’ Santi in cielo, e la disperazione dei dannati nell’inferno. Infatti gli eletti in cielo vedono che dalla Croce provennero la gloria e la felicità di cui godono, e che su questo santo legno nacque quell’amore che deve inebriarli eternamente. Invece la vista soltanto della Croce metterà ne’ dannati la disperazione. Ricorderanno che avrebbe potuto esser per essi mezzo di salute, via per sfuggire l’eterna infelicità, sorgente copiosa di aiuti e di grazia. Ah! triste ricordo di tanti beni non curati! Soltanto per via della Croce possiamo giungere al cielo. Vi sono varie specie di croci: le une interiori ed invisibili, le altre visibili o sensibili. Le prime s’aggravano su tutti gli uomini senza alcuna eccezione; ciascun di noi ha la sua. Trattiamo di questo famigliarmente. 1° Mi chiedete che cosa sia una croce invisibile? Con questo nome intendo, p. es., una violenta tentazione che vivamente v’incalza per farvi cadere in peccato; una calunnia che si spaccia contro di voi; la perdita di beni di fortuna; un torto che vi si fa; una malattia che sembri non volervisi più toglier di dosso. Son pure croce invisibile quelli scherni, quei dispregi di cui vi si caricherà senza posa. Tutte codeste croci sono addolcite e perdono quasi tutta la loro amarezza se si riguarda la Croce su cui il nostro buon Salvatore è morto per strapparci dagli artigli del demonio. Volete che le vostre pene vi riescano leggere, anzi dolci e gradevoli? Venite un momento con me ai piedi della Croce, su cui fummo rigenerati in Gesù Cristo. Vi si dispregia? Considerate il vostro DIO tra le mani de’ Giudei, trascinato pei capelli, spinto contro i muri, con gli occhi bendati, con le mani legate a tergo, battuto con violenti colpi di pugno e di bastone, mentre gli si chiede chi l’ha percosso. Siete povero? Ebbene, mirate questo DIO in un presepio, steso su poca paglia. Volete di più? Volgete i vostri sguardi alla Croce, e vedrete questo DIO morire spogliato delle sue vesti. Siete calunniato? Udite le bestemmie e le maledizioni che si vomitano contro un Dio venuto sulla terra per ricolmarla di benedizioni. Tutto quello che si dice contro di Lui è falso; e in che modo si vendica? Pregando per quei che lo calunniano. Siete sotto il peso delle sofferenze e delle malattie? Alzate gli occhi a questa Croce, considerate il vostro DIO appeso ad essa, che muore della morte più crudele e più dolorosa. Padre, deh! perdonate a quei che mi danno la morte: per essi perdo la vita, soffro per i loro peccati. Che cos’è, amici miei, ciò che soffriamo noi, se lo paragoniamo a ciò che Gesù Cristo ha patito per noi? Ah! fratelli miei, i Santi conoscevano pur meglio di noi il pregio de’ patimenti! Vedete S. Giovanni della Croce battuto dai suoi religiosi a segno da cadere immerso nel suo sangue. Gli apparve Nostro Signore e gli disse: « Giovanni, che cosa vuoi che ti dia in ricambio di ciò che soffri con tanto amore? » — « Ah! Signore, non diminuite di grazia i miei patimenti; ma fate invece per tutta ricompensa ch’io soffra sempre più, poiché Voi, che siete l’innocenza medesima, avete sofferto tanti tormenti » ((Ribadeneira, ai 14 di Dicembre). S. Bernardo non poteva guardare la Croce senza versar lagrime vedendo quant’ha patito un Dio per noi. Udite che cosa disse un giorno Gesù Cristo a San Pietro martire, quando si lamentava degli oltraggi che gli venivano fatti: « Ed io, che cosa ho fatto, o Pietro, quando m’hanno crocifisso? » (Ribadeneira ai 29 d’Aprile). Sì, miei fratelli, ai piedi della Croce impareremo che cos’è il peccato, quanto grande è il pregio dell’anima nostra e l’amore di un DIO per gli uomini. Ai piedi della Croce troveremo le più dolci consolazioni nelle nostre pene, la forza più valida nelle tentazioni e all’ora della morte la più ferma fiducia. Torniamo adunque spesso ai piedi della Croce ad espandere il nostro cuore, e vi impareremo che cosa ha fatto un DIO per noi e che cosa dobbiamo fare per Lui.

II. — In primo luogo ho detto che a’ piedi della Croce impareremo che cos’è il peccato e qual orrore dobbiamo averne. Pare, sì, che il fuoco dell’inferno ci faccia intendere in qualche parte l’enormità del peccato, perché per un pensiero di superbia, che sarà durato appena uno o due minuti, se moriamo in tale peccato, saremo condannati ad ardere nelle fornaci accese dalla collera di Dio Onnipotente (Il Beato suppone qui manifestamente un peccato di superbia che sia peccato mortale; ma convien confessare che tal peccato di superbia è raro assai. – Nota degli editori francesi). Un tale avrà rubato cinquanta soldi o tre franchi al vicino; se, potendo, non ha restituito, questo solo peccato lo farà precipitar per sempre negli abissi (Quando il Beato scriveva così, il denaro era più raro, e aveva maggior valore; quindi il furto di cinquanta soldi o tre franchi, specialmente fatto ad un campagnuolo, era materia grave; oggi che il denaro è più abbondante e di minor valore quest’asserzione del Beato parrà severa. I Teologi richiedono comunemente materia più considerevole, perché vi sia peccato mortale. – Nota degli editori francesi – Ben inteso che a decidere della gravità della materia nel furto non si deve badar soltanto alla quantità in sé, ma in relazione alle circostanze del caso. – Aggiunta del Traduttore). E così d’ogni altro peccato; il che fa fremere o mio DIO! è pur cieco l’uomo che lo commette! Ma più cieco ancora è colui che l’ha commesso e, vedendosi in tale stato, spinge la demenza a segno da rimanervi. Tuttavia oso dire che l’amore d’un DIO morente sulla Croce, mostra in modo anche più vivo la malizia e la follia del peccato. In vero se consideriamo tutto quello che Gesù Cristo ha patito per esiliarlo, le sue umiliazioni, gli oltraggi, le bestemmie vomitate contro di Lui, la sua crocifissione e la sua morte, deve dirsi: Solo un DIO può conoscere che cos’è il peccato. Ho detto in secondo luogo che la Croce ci fa conoscere l’amore infinito d’un DIO per le sue creature. Ah! figliuoli miei, ci dice dall’alto della Croce su cui è confitto, vedete se vi è possibile trovar amore simile al mio: poteva Io far di più che morire per voi? Ah! se guardassimo la croce con gli occhi della fede, potremmo forse trattenerci dall’esclamare con S. Paolo: O Croce sacrosanta! O Croce d’amore, quanti beni ci porti! Ah! figliuoli miei, non amerete dunque il vostro DIO? Sì, miei fratelli, se amassimo veramente Iddio, vivremmo solo per Lui! Voglio dir con questo che dobbiamo prenderlo  per modello, aver piacere d’essere umiliati, disprezzati, calunniati, e, anziché vendicarci, riguardare invece tutto questo come cosa venuta dalle mani di DIO e come grazia grande ch’Egli ci concede. Se voleste imitar Gesù Cristo, fuggireste i piaceri, i balli, i festini, i giuochi e le bettole; perché Gesù Cristo ha condannato tutte queste cose coll’esempio di una vita penitente e ritirata. Imitate Gesù Cristo e non temerete punto la morte; anzi sarà per voi una felicità, perché vi riunirà a Lui. Se vivrete staccati dalle cose della terra il vostro cuore sarà tutto pel cielo. Ho detto poi, miei fratelli, che la Croce sarà la consolazione del Cristiano che l’avrà portata con gioia nel corso della vita. In vero quale aiuto avrete in quel terribile momento che deciderà della vostra sorte eterna? Dove volgerete lo sguardo, dove indirizzerete i vostri sospiri e le vostre preghiere, se non verso la Croce? Che cosa vi si metterà sott’occhio, che cosa vi si porrà tra le mani, che cosa vi si accosterà alle labbra? Solo la Croce, fratelli miei. Qual nome vi si farà ripetere in quel momento? Il nome di Gesù e di Gesù crocifisso. Oh! qual consolazione sarà pel Cristiano tenere all’ora della morte tra le sue mani la Croce, se nel corso della sua vita essa fu oggetto delle sue meditazioni e del suo amore! Potrà allora dire al suo Giudice: « Signore, vedete che non ho mai fuggita o spregiata la vostra Croce; l’ho portata con gioia; le umiliazioni, le ingiurie e i patimenti, anziché abbattermi o disanimarmi, mi riempirono di gioia e di coraggio ». O mio Dio, se potessimo intender bene quanto gran dono della vostra mano sono le croci! Non dimentichiamo mai, miei fratelli, che, all’ora della morte, solo nostro aiuto sarà la Croce. Ma qual disperazione per colui che all’ultima sua ora si vedrà dinanzi la Croce, sprezzata nel corso della vita e di cui arrossì per timore d’uno scherno! Quale disperazione quando Gesù Cristo raffronterà la sua vita con quella di questo peccatore! Quando contrapporrà la sua umiltà, e i disprezzi che ha tollerato all’orgoglio di quel peccatore, la sua povertà all’avarizia di lui, la sua purezza alle azioni infami, il perdono dato ai suoi nemici alle vendette, i suoi digiuni alle golosità di quello sciagurato! Che sarà allora di quei poveri infelici che, nel corso della vita, non ebbero alcun tratto di rassomiglianza col loro Salvatore? O mio DIO! Si può pensarvi e non morir di dolore? Un DIO vive e muore ne’ patimenti, e un Cristiano, sebbene carico di peccati, non vuol soffrire nulla! Ohimè! Quanti pentimenti all’ora della morte! Ma sarà troppo tardi.

III. — Vi parlerò adesso delle croci visibili, e vi darò ragione della loro molteplicità, delle benedizioni, di cui son fonte, e dei grandi onori che la Chiesa rende loro. Se le croci interiori sono così numerose, se le croci visibili, immagini di quella su cui è morto il nostro DIO, son pure in gran numero, ciò accade perché abbiam sempre dinanzi agli occhi che siam figli d’un DIO crocifisso. Non ci meravigliamo, fratelli miei, dell’onore che la Chiesa rende a questo sacro legno, da cui ci vengono tante grazie e sì grandi vantaggi. Vediamo che la Chiesa in tutte le sue cerimonie e nell’amministrazione di tutti i Sacramenti fa il segno della Croce. — E perché? domanderete. — Eccolo, amico mio: perché tutte le nostre preghiere e tutti i Sacramenti traggono dalla Croce la loro forza e la loro efficacia. Durante il santo Sacrificio della Messa, ch’è l’azione più grande, più augusta, più sublime di tutte quelle che possono glorificare Iddio, ad ogni tratto il Sacerdote fa il segno della Croce. DIO vuole che non ne perdiamo mai la memoria, come del mezzo più sicuro della nostra salute, e come della cosa più formidabile al demonio. Ci ha pur creati in forma di croce, perché ogni uomo fosse immagine della Croce, su cui Gesù Cristo è morto per salvarci. Vedete come la Chiesa si adopra sollecitamente a moltiplicarne il numero: le pone, ornamento principale, nelle nostre chiese e su tutti gli altari; le pone nei luoghi più elevati per ricordarci il trionfo riportato sul nemico della nostra salute. Qual cosa può esser più commovente di quel monumento glorioso che ci mette dinanzi il compendio dei patimenti del nostro buon Salvatore? Non par ch’Egli ci dica: Vedete, figliuoli miei, che cosa ho fatto per meritare i vostri omaggi? O mio DIO, un tale spettacolo non sarà capace di muovere il cuore più duro e più immerso nelle sozzure del peccato? O mio DIO, quante consolazioni e quante lacrime vi trova un cuore alquanto sensibile! Potrà un Cristiano posar lo sguardo su questo sacro legno e non sentire risvegliarsi i rimorsi della coscienza, e non riconoscere in quale stato sia e che cosa debba fare?

1° Perché si mettono croci vicino alle città ed ai villaggi? Per significare la professione pubblica che il Cristiano deve fare della Religione di Gesù Cristo, e ricordare a chi passa che non si deve perder mai la memoria della morte e della passione del Salvatore. Questo segno salutare ci distingue dagli idolatri, come la circoncisione distingueva già il popolo giudaico dagli infedeli. Perciò vediamo che, quando si vuol distruggere la Religione, si comincia dall’abbattere questi monumenti. I primi Cristiani riguardavano come loro più grande ventura portar sopra sé stessi questo segno salutare della nostra Redenzione. Nei tempi andati le donne e le fanciulle portavano una croce che riguardavano come il più prezioso ornamento: la portavano pendente dal collo, mostrando così ch’erano serve d’un DIO crocifisso. Ma di mano in mano che la fede è scemata, e la Religione si è affievolita, questo segno santo è divenuto raro, o, a meglio dire, è quasi scomparso. Osservate come il demonio conduca al male per gradi. Han cominciato dal lasciar da parte l’immagine del Crocifisso e della SS. Vergine, contente di portare una croce che chiamano papillon (È parso meglio conservare il termine francese, che, come ognun sa, significa: farfalla. – Nota del Traduttore). Ciò fatto, il demonio le ha spinte più oltre: a tenere il luogo di quel segno sacro han messo una catena ch’è un mero ornamento di vanità, e che, invece d’attirar loro le benedizioni di DIO, le impegna anzi nelle vie e negli agguati del demonio. Notate la differenza tra la catena e la croce: per via della Croce siam divenuti figliuoli liberi; per via della Croce Gesù Cristo ci ha liberati dalla tirannia del demonio, a cui il peccato ci aveva soggettato. La catena all’incontro è segno di schiavitù; cioè con questo segno di vanità s’abbandona DIO per darsi al demonio. Signore, il mondo ha pur cangiato dopo i tempi dei primi Cristiani, che ritenevano come onore e santa gioia portar questo segno sacro della nostra Religione!

2° È intenzione della Chiesa che tutti abbiamo la Croce nelle nostre case, per non dimenticar mai che siamo Cristiani e discepoli d’un DIO crocifisso. Se la Religione regna in una casa, si riconosce subito dalle croci e dalle immagini che vi s’incontrano. Entrando in una casa io cerco collo sguardo tutto intorno il segno della nostra Redenzione. Se non lo trovo, non posso non deplorare la sciagura di quella casa e di quei che vi son dentro. Oh! fratelli miei, è pur salutare la presenza e la vista d’una Croce! Basta spesso uno sguardo al Crocifisso per addolcire le pene più profonde e più dolorose, farci fare i sacrifici più grandi e praticare le più sublimi virtù. Chi, vedendo un Dio confitto ad una Croce, potrà ancora aver il coraggio di soddisfare una passione qualsiasi? Chi troverà troppo grandi i suoi patimenti, considerando un DIO il cui corpo è ridotto a brandelli pei colpi che ha ricevuto nella sua flagellazione? Chi potrà trovar ardua la pratica della virtù, vedendo un DIO che nulla ha intimato se prima non l’aveva Egli in persona praticato? Niuno dunque deve lasciar la sua casa senza questo segno salutare, affinché chi entra possa riconoscere che siete Cristiani e che ne fate pubblica professione. Un Cristiano dabbene deve dunque avere un bel Crocifisso e alcune belle immagini, e considerarle come il miglior ornamento e l’onore della propria casa. Di tratto in tratto volgete gli sguardi sulle immagini e sul Crocifisso, fate breve considerazione su ciò che Gesù Cristo ha patito per noi e ripensate quanto ci ha amato. Vedendo l’immagine della SS. Vergine (poiché non dovete lasciar mai le vostre case senza un’effigie di questa buona Madre), pregatela d’accoglier voi e la vostra famiglia sotto la sua santa protezione. Quando riguardate le immagini dei Santi, pensate alle virtù da essi praticate, alle penitenze che han fatto nel corso della vita per meritare la sorte felice di cui godono adesso in cielo. Che cosa pensar d’una casa in cui non si trova né un Crocifisso, né altro segno di Religione? Ohimè! si penserà ch’è abitata da uomini i quali han perduto la fede, son divenuti nemici della Croce, non son più Cristiani che di nome. Ah! quant’è grande il numero di quelli che son Cristiani solo di nome, e che si comportano in modo simile a quello de’ pagani! Ah! (direte forse) è un po’ troppo! Non ci spiace l’esser Cristiani; anzi la cosa è tutt’al contrario: spiegateci in che modo, di Cristiani abbiamo il nome soltanto.

— Eh! amici miei, è cosa facile. Quando temete di compiere i vostri doveri religiosi sotto gli occhi del mondo; quando, trovandovi in qualche casa, non osate, prima di prender cibo, farvi il segno della Croce, o, per farlo, vi voltate dall’altra parte per timore d’essere veduto e schernito; quando, udendo suonar l’Angelus, fate mostra di non udire e non lo dite, per paura che qualcuno si faccia beffe di voi, allora mostrate d’esser Cristiano soltanto di nome. O anche quando DIO vi ispira il pensiero d’andarvia confessare, e dite: « Oh! non vi vado, perché si farebbero beffe di me ». Se vi comportate così, non potete dire d’essere Cristiani. No, amici miei, foste, come già gli Ebrei, rigettati, o piuttosto vi siete da voi medesimi separati; siete apostati; lo mostra il vostro linguaggio, e la vostra maniera di vivere lo fa molto chiaramente manifesto. Perché, miei fratelli, s’era dato il nome d’apostata all’imperator Giuliano? — Perché, mi direte, era prima Cristiano e poi visse da pagano. — Ebbene, amici miei, qual differenza passa tra la vostra condotta e quella de’ pagani? Sapete quali vizi regnano d’ordinario tra i pagani? Gli uni, corrotti dal vizio infame dell’impurità, vomitano dalla lor bocca ogni sorta d’abominazioni; altri, dediti alla gola, non cercano altro che buoni bocconi o si riempiono di vino; tutta l’occupazione delle loro figliuole è attendere ad abbigliarsi e desiderar di piacere. Che vi pare di questa condotta, fratelli miei? — È la condotta di gente che non ispera in un’altra vita. — Avete ragione. Ora qual differenza v’è tra la vostra vita e la loro? Se volete parlar sincero, riconoscerete che non ve n’è alcuna, e che quindi siete Cristiani soltanto di nome. O mio Dio! Quanto pochi tra i Cristiani attendono ad imitarvi! Ohimè! Se così pochi portano la loro croce, ben pochi del pari verranno a benedirvi nell’eternità!

3° Si piantano croci benedette ne’ campi, e se ne pongono ne’ luoghi ove sono i raccolti; ed eccone la ragione: par che i nostri peccati sollecitino continuamente la giustizia di DIO per attirar su noi i flagelli della sua collera: le grandinate, i geli, le siccità, le inondazioni. Siccome per mezzo della Croce il Figlio di DIO ci ha riconciliati col Padre suo e meritato i tesori celesti, è intenzione della Chiesa, piantando le croci ne’ campi, di tenerne lontane le calamità. La benedizione che ricevono ha per fine di chiedere a DIO che non allontani dai campi, ove sono piantate, i suoi occhi misericordiosi e vi spanda le sue benedizioni. Ma non basta piantar croci, bisogna altresì farlo piamente e con fede, e specialmente non essere in quel momento in istato di peccato. Se le pianterete con tali sentimenti, sarete certi che Dio benedirà i vostri terreni e li preserverà da’ flagelli temporali. Se le vostre croci non producono l’effetto che dovevate aspettarne, non è difficile saperne il perché: voile piantate senza fede e senza pietà; piantandole non avete forse neppur recitato un Pater ed un’Ave in ginocchio; o se avete pregato, forse l’avete fatto con un ginocchio in terra e l’altro in aria. Se la cosa è così, come volete che Dio benedica i vostri raccolti? Ma quando le incontrate al momento della raccolta cadete in ben più grave abominazione! Oh! quant’ha perduto la Religione della sua antica bellezza! Sì, quelle croci sono veramente piantate in campi di pagani, e non di Cristiani! O mio DIO! A quale secolo disgraziato siam dunque giunti! Quando la Chiesa istituì questa sacra cerimonia ciascuno ambiva la sorte felice di por croci ne’ suoi campi, e si faceva col più profondo rispetto. Quando s’incontravano o mietendo o vendemmiando, tutti si prostravano con la faccia per terra per adorar Gesù Cristo, morto in croce per noi, e si mostrava così la riconoscenza che gli si aveva per aver voluto conservare e benedire il raccolto. Tutti, con le lacrime agli occhi, baciavano il segno santo della nostra Redenzione. Ohimè! mio DIO, i Cristiani non vi attestano più così la loro riconoscenza! Oserò dirlo? Imitano Giuda e i Giudei! Rassomigliano ai Giudei, quando piegavano il ginocchio per insultare la sua dignità regale; imitano Giuda che lo baciò con la bocca macchiata dai più gravi delitti. Gli uni e l’altro gli rendevano quest’apparenza di rispetto solo per derisione; e non è appunto ciò che fate voi, quando incontrate una Croce? Invece di mostrare a DIO la vostra riconoscenza perché ha voluto benedire e conservare i frutti della terra, non gli fate ingiuria col baciar la Croce ridendo? Non è una derisione, anzi un’idolatria presentargli un pugno di frumento, come se incensaste la persona che tiene fra mano la Croce? Andate, sciagurati, Dio vi punirà o in questo mondo o nell’altro. Padri di famiglia, non vi aveva detto due anni or sono che al tempo della mietitura dovevate togliere tutte le croci ch’erano nei vostri campi per evitarne la profanazione? Non vi aveva raccomandato di rimetterle nel luogo ove accumulate i vostri covoni, e, battuto che abbiate il vostro grano, farle bruciare, per timore che abbiano ad essere profanate? Se non l’avete fatto, siete colpevoli assai, e non dovete lasciare di confessarvene. Ohimè! Chi potrà noverare tutti gli orrori che si commettono in tempo della mietitura o delle vendemmie, in quei tempi nei quali Iddio, nella sua bontà e carità, colma la terra dei doni della sua Provvidenza! L’uomo ingrato pare che allora appunto raddoppi le sue ingiurie e moltiplichi le sue offese. E come osate lagnarvi perché le raccolte vengono meno, perché la grandine o la gelata ve le distruggono? Ah! stupite piuttosto che, non ostante tanti peccati, Dio voglia darvi ancora il necessario, ed anche più di ciò che vi abbisogna! O mio Dio, l’uomo è pur perverso ed accecato!

4° Il segno della Croce è l’arma più terribile contro il demonio; perciò la Chiesa vuole non solo che l’abbiamo continuamente dinanzi agli occhi, per ricordare quanto vale l’anima nostra e quanto è costata a Gesù Cristo; ma di più, che ad ogni tratto lo facciamo su noi: andando a letto, la notte quando ci svegliamo, levandoci, sul cominciar delle nostre azioni, e specialmente quando siamo tentati. Possiam dire che un Cristiano, il quale si fa il segno della Croce con sentimenti di pietà, cioè ben compreso dell’atto che compie, fa tremare l’inferno (Infatti nulla fa più viva impressione che questo seguo il quale rappresenta: 1° il mistero della SS. Trinità; 2° ci ricorda col movimento che fa la mano dalla fronte al petto la discesa di Gesù Cristo dal seno del Padre in grembo alla SS. Vergine; 3° con la croce che facciamo la crocifissione di Gesù Cristo; 4° il giudizio finale col movimento che fa la mano da sinistra a destra. – Nota del Beato). Un Cristiano tentato, che fa con viva fede il segno della Croce, può dir con certezza che vince il demonio e rallegra la corte celeste. Vedete S. Antonio a cui i demoni facevano guerra violenta e continua; di qual mezzo si valeva a sua difesa, se non del segno della nostra Redenzione? Un giorno, che i demoni lo tentavano, disse loro: « Quanto poca cosa siete mai! Io, povero solitario, che a stento mi reggo in piedi, oppresso dalla penitenza, con un solo segno di Croce vi metto tutti in fuga » (Vite dei Padri del deserto, T. I, p. 32). Nella vita di Santa Giustina (RIBADENEIRA, ai 26 di Settembre) si narra che il mago Cipriano, invaghito della sua bellezza, s’era dato al demonio perché usasse tutti i suoi artifizi per trarla al male. Ma il demonio poco tempo dopo gli confessò che non poteva nulla sopr’essa, perché alla prima tentazione si faceva il segno della Croce, e in tal modo rendeva vani i suoi sforzi. Ma quando si fa il segno della Croce bisogna farlo non per abitudine, sì con rispetto, con attenzione, pensando a ciò che si fa. O mio Dio! Di qual santo timore saremmo compresi se, facendo questo segno su noi, ricordassimo che pronunziamo quanto v’ha nella Religione di più santo e più sacro. Pensate da qual devozione saremmo animati se riflettessimo che nominiamo le tre Persone della santissima ed adorabilissima Trinità: il Padre, che ci ha creati e tratti dal nulla, come ha creato tutto ciò che esiste; il Figliuolo che ha preso un corpo ed un’anima nel seno della SS. Vergine per salvarci tutti dall’inferno e meritarci la felicità eterna; lo Spirito santo, a cui siam debitori di tutte le buone ispirazioni e di tutti i nostri buoni desideri. Vedete, miei fratelli, se faceste tutte queste riflessioni, quanto sareste pieni d’amore e di riconoscenza verso questo Dio in tre Persone, specialmente quando, nell’entrare in chiesa, prendete l’acqua benedetta. Oh! se fosse così, vi si entrerebbe tremando. Perciò quando i vostri figliuoli cominciano a muover le braccia, bisogna far loro fare tosto questo santo segno, e ispirarne loro il più grande rispetto.

5° Forse mi domanderete che cosa significano le parole: Invenzione della santa Croce, Esaltazione della santa Croce. Amici miei, son due feste di cui l’una si celebra il 3 di maggio, l’altra il 14 di settembre. Ecco l’origine della prima. Erano 326 anni dacché Gesù Cristo era morto (L’era volgare parte dalla nascita, non dalla morte di Gesù Cristo. – Nota degli editori francesi . Secondo i computi più accurati comincia circa cinque anni dopo la nascita del Salvatore. L’anno poi della vittoria di Costantino non fu il 326, ma il 312. – Aggiunta del Traduttore), quando l’imperator Costantino combattendo contro il tiranno Massenzio, vide  in aria una croce più splendente che il sole, su cui erano scritte queste parole: « Per mezzo di questo segno sarai vincitore del tuo nemico ». L’imperatore, colpito da tale prodigio, fece tosto dipingere questo segno sacrosanto sulle sue armi e sulle sue bandiere, e riportò splendida vittoria. S. Elena, sua madre, concepì tal devozione per la Croce di Gesù Cristo, che non s’acquietò finché non l’ebbe ritrovata. Andò a tal fine a Gerusalemme; e avendole Dio fatto conoscere il luogo dov’era, dopo faticose ricerche la rinvenne insieme alle due croci su cui erano stati confitti i due ladri. Per distinguere qual fosse quella del Salvatore si fece portar là un morto, il quale, posto sulle due prime croci, non risorse: ma appena posto sulla terza s’alzò e cominciò a camminare (La maggior parte degli storici, Eusebio. Teodoreto, Rufino, Socrate, Sozomeno, Teofane, riferiscono che S. Macario, Vescovo di Gerusalemme, fece portar le tre croci in casa d’una ragguardevole dama agonizzante. La sua improvvisa guarigione fece conoscere qual fosse la croce del Salvatore. Secondo S. Paolino e Sulpizio Severo non la guarigione d’una soltanto moribonda, ma la resurrezione d’un morto rese testimonianza alla vera croce. – Nota degli editori francesi). Questa croce fu fonte d’innumerevoli miracoli. S. Giovanni Crisostomo la chiama speranza de’ Cristiani, resurrezione de’ morti, consolazione dei poveri, speranza de’ ricchi, confusione dei superbi e tormento dell’inferno. O miei figliuoli, dice S. Epifanio, stampiamo questo segno santo sull’alto delle nostre porte, sulle nostre fronti, sulla nostra bocca, sul nostro petto; rivestiamoci spesso di quest’armatura impenetrabile al demonio. Badiamo di non restar mai senza questo segno santo su noi. DIO , per farci vedere quanto avesse a cuore che il sacro legno, su cui è morto, fosse venerato in tutto l’universo qual fonte di benedizione, permise che per parecchi secoli il legno della santa Croce non diminuisse, non ostante che se ne prendesse continuamente. Poi, quando questa santa reliquia fu esposta in tutto il mondo cristiano, cominciò a diminuire; ed ora è a credere che non vi sia luogoin cui non s’abbia un frammento di quel legno, su cui Gesù Cristo ha operato la nostra salute. Tal è l’origine della festa detta dell’Invenzione della santa Croce, perché si celebra il giorno in cui la Croce fu ritrovata da S. Elena, madre dell’imperator Costantino. La festa, che si celebra il 14 di settembre, ricorda come essendo questa santa Croce rimasta quattordici anni in mano dei barbari, che l’avevano rapita a Gerusalemme, l’imperatore Eraclio, vincitor de’ Persiani, stipulò nel trattato di pace che gli si dovesse restituire il santo legno; il quale fu riportato trionfalmente a Gerusalemme; e perciò si celebra il 14 di settembre la festa dell’Esaltazione della santa Croce. I Santi tutti, fratelli miei, amarono la Croce, e vi trovarono forza e consolazione. Vedete S. Liduina, a cui trent’otto anni di patimenti sembrano un lampo: tanto si dilata il suo cuore in questa fonte d’amore! (Ribadeneira, 14 d’Aprile) … — Ma, direte, si dovrà dunque aver sempre qualche cosa da patire! Ora malattie o povertà; ora maldicenze o calunnie; ovvero perdita di beni o indisposizioni? — Siete calunniato, amico mio? Siete caricato d’ingiurie? O vi si fa qualche ingiustizia? Tanto meglio: è buon segno; non ve ne inquietate punto: siete sulla via che conduce al cielo. Sapete quando si dovrebbe piangere? Non so se l’intendiate; ma sarebbe appunto da piangere se invece non aveste nulla da patire, e tutti vi stimassero e vi rispettassero; dovreste invidiar coloro che hanno la lieta sorte di passar la vita nei patimenti, nei dispregi e nella povertà. Dimenticate forse che nel vostro Battesimo accettaste una croce, cui non dovete abbandonare sino alla morte, ed è la chiave di cui vi servirete per aprirvi le porte del cielo? Non ricordate forse le parole del Salvatore: « Figliuol mio, se vuoi venir dietro a me, prendi la tua croce e seguimi », non per un giorno, non per una settimana, non per un anno, ma per tutta la vita? ( « Si quia Vult post me venire, obneqet semetipsum, et tollat crucem suam quotidie, et sequatur me» (S. LUCA IX, 23) I Santi temevano di passare anchesol pochi istanti senza patire, perché consideravanoquel tempo come perduto. Secondo S. Teresa l’uomoè in questo mondo solo per patire, e quando finiscedi patire deve finir di vivere. S. Giovanni della Crocechiedeva piangendo a DIO, qual unico premio de’ suoitravagli, la grazia di patir sempre più.Da tutto questo che cosa dobbiamo concludere, fratellimiei? Eccolo. Risolviamo di aver gran rispettoper tutte le croci, che sono benedette e ci rappresentano compendiosamente quanto IDDIO ha patito per noi. Ricordiamo che dalla Croce provengono tutte le grazie che ci si concedono, e che perciò una Croce benedetta è sorgente di benedizioni; che dobbiamo fare spesso su noi il segno della Croce, e sempre con grande rispetto; e finalmente che nelle nostre case non deve mancar mai questo simbolo salutare. Istillate ai vostri figliuoli, fratelli miei, il massimo rispetto per la Croce, e portate sempre su voi una Croce benedetta, che vi difenderà dal demonio, dal fulmine e da ogni pericolo (Ognuno intende che si tratta qui di effetti che possono provenire dalla fede di chi porta l’oggetto benedetto, non di effetti ch’esso produca per intrinseca virtù. – Nota del Traduttore). Ah! miei fratelli, qual forza dà la Croce a coloro che han fede1 … Quanta poca cosa sono i patimenti per chi contempla quest’istrumento di salute! O bella e preziosa Croce! Quante anime felici anche in questo mondo e quanti Santi fate per l’altro! … Così sia.