L’ABITINO DEL CARMINE

L’Abitino del Carmine.

[J. Thiriet, il Prontuario Evangelico, vol. VIII. Libr. Arciv. G. Daverio, Milano, 1917 – impr. -]

Ego servus tuus et filius ancillæ tuæ. (Ps . CXV, 16). •

La devozione dell’abitino della Madonna del Carmine è una devozione assai diffusa nelle popolazioni cristiane. Vi sono però tanti che portano l’abitino senza però comprenderne il pregio, e gli  obblighi; quindi nessuna meraviglia se non cavano alcun profitto da questa cara devozione dello scapolare di N . S. del Carmine. – Perché se ne concepisca la stima dovuta, e perché  si onori questa santa livrea di Maria, consideriamo:

1. l’origine dello scapolare;

2. i suoi vantaggi;

3. le sue obbligazioni.

I. — Origine dello Scapolare.

La sua origine è tutta celeste: Maria stessa l’ha recato dal cielo e l’ha consegnato, come vedremo a Simone Stock.

1 . — Altari della natura furon detti i monti, i quali, improntando di varietà sì vasto universo, ne accrescono le bellezze e le beneficenze ed è su quelle alture che l’anima si sente più vicina a Dio e più disposta a sciogliergli l’inno della lode e della conoscenza. Nelle epoche più memorande della storia, l’Altissimo si è manifestato sui monti agli uomini. L’arca si ferma sulle cime dell’Arabia; ad Abramo designa il Morìa per il sacrificio del caro Isacco; nell’Oreb Mosè fece scaturire una copiosa sorgente d’acque vive; dalle cime del Sinai dà la legge a tutta l’umanità; sulle eminenze del Sion segna il luogo del tempio. Sui monti di Giuda si manifesta la prima volta al mondo in casa d’Elisabetta; sulle vette del Tabor disvela la sua divinità: da un monte annunzia sconosciute beatitudini: sul Calvario consuma il gran sacrificio, e dall’oliveto ritorna al Cielo.

2. — Ma fra tutti i monti della Palestina primeggia il Carmelo. Celebre per la sua bellezza, rinomato per la sua fertilità, ammirato per i suoi fragranti fiori e perenni sorgenti, sorge nella tribù di Isaccar, e quasi specchia nel Mediterraneo, i suoi incanti. Questa santa montagna nell’evo antico fu teatro di grandi avvenimenti. Ivi soffiava misterioso e possente lo spirito di Dio: ivi sorgeva una scuola di Profeti. Tolti alla gleba, alla pastorizia, non appena salivano il Carmelo, venivano trasformati in veggenti, e scalzi, poveri, perseguitati, traevano a sé le moltitudini, e divinavano col sorriso vittorie, e con le lagrime la rovina e l’eccidio delle nazioni. – Sul Carmelo Elia tornò a vita novella l’estinto figliuolo della Sunamitide: ivi confuse i sacerdoti di Baal, e ristorò l’unità del culto in Israello: da quelle cime vide la nuvoletta, che si sciolse in benefica pioggia sulla riarsa Samaria.

3. — I discepoli di Elia, sotto il nome di Figliuoli de’ Profeti, fissarono la loro dimora su quel monte, e vi menarono una vita di preghiera e di penitenza. All’epoca di N. S. li troviamo ancora sotto il nome di Esseni. Dopo la Pentecoste, si convertirono, e furono i primi ad edificare una cappella in onore di Maria — che la venerarono in una maniera singolare, memori della nuvoletta misteriosa veduta dal loro Padre, Elia. Poi un po’ alla volta andarono formando un ordine religioso, che prese il nome dal Carmelo, s’ebbe, in seguito di tempo, l’approvazione dei Sommi Pontefici.

4. — Verso la metà del XII secolo, quest’ordine trovavasi esposto a delle violenti persecuzioni. Simone Stock, religioso inglese, Generale dell’ordine, pieno di fiducia in Maria, affidò alla protezione di Maria la sua religiosa famiglia, così terribilmente provata. Maria gli apparve, dicendogli: Ricevi, o mio figliuolo, questo Scapolare del tuo Ordine, come la divisa della mia Confraternita… Quei che morrà, rivestito di quest’abitino, sarà preservato dalle fiamme eternali. Quest’abito è un segno di salute, tua salvaguardia ne’ pericoli, un segno di pace e di eterna alleanza.

5. — Settant’anni dopo, Maria si degnò di apparire al Pontefice Giovanni XXII e gli fece promessa di abbreviare il tempo d’angoscia e di patimenti nel Purgatorio a tutti coloro che avessero devotamente portato il santo abitino, e di cavarli fuori dal Purgatorio il più presto, specialmente il sabato che avrebbe seguito la loro morte. Questo secondo favore si chiama: privilegio della Bolla sabatina.

6. —Nacque quindi la confraternita dello Scapolare di N. S. del Carmelo, affigliata all’Ordine dei Carmelitani, raccomandata, e arricchita d’indulgenze, diffusa in tutta la Chiesa. Da quello che abbiam detto, ognun vede che lo Scapolare è degnissimo di rispetto.

II. — Vantaggi dello Scapolare.

1. — Innanzi tutto è la divisa di Maria. Chi piamente la porta può dirsi il protetto, il figlio di Maria.

2 . — La Vergine ha promesso a Simone Stok che l’abitino sarebbe stato un pegno di protezione, una salvaguardia nei pericoli di anima e di corpo;… Ne sono piene a ribocco le storie: lo attestano gli altari delle nostre Chiese, in cui a miriadi si trovano i segni della più profonda gratitudine. Quanti non ne liberò da prossima morte! Quanti da lunga pezza avvolti nella coltrice dei loro dolori riebbero da Maria il sorriso della sanità! E fu vista gente perduta in ampio mare, in balìa dell’onde, stretta all’abitino, veder contro, ogni terrena speranza abbonacciare l’irato flutto, e guadagnare la mèta desiata: violenti incendi spegnersi per incanto, o arrestarsi dinanzi allo Scapolare della Vergine: pellegrini aggrediti alla macchia, richiesti o della borsa, o della vita, vedersi salva l’una e l’altra dopo aver invocata Maria; calunnie atroci, inventate dalla maldicenza, ben tramate dall’invidia, dissiparsi d’un subito e rendere più bella l’innocenza dei perseguitati: famiglie impigliate in liti difficili, desolate da sinistri eventi, ricuperare fortune e pace per la devozione a N. S. del Carmine. Se volessimo fare un cenno delle grazie spirituali che s’ottennero e s’ottengono su questo mistico Carmelo, andremmo troppo per le lunghe, poiché sotto questo rapporto sono copiose le misericordie di Maria…. – Chi sa dire quanti e quanti stimoli non offra il S. Scapolare ai peccatori, perché si rimettano nella via del dovere? Quante volte posseduti da pensieri di vendetta, agitati dall’odio, alla vista, al bacio dell’abitino, si sono visti mutati e ridotti a più miti consigli! Quante volte già in procinto di cadere in peccato abbiamo provato un arcano ritegno alla vista o al pensiero del S. Abitino! Quanti peccatori sono corsi a questo rinnovato Carmelo per riavere salute e vita! Lo scapolare non solo solleva i peccatori dall’abisso della colpa, ma infervora i tiepidi, anima i giusti, rifiorisce di pace le famiglie, scansa le collere, spegne gli odii, rende più caro lo spirito di mortificazione, più facile l’adempimento della legge cristiana.

3. — La Vergine ha promesso altresì che ci sarà sicurtà di salute… nell’estremo di nostra vita. Allora tutti gli avversari dell’anima nostra s’adopereranno con maggior accanimento per circondare con pericoli e di seduzioni il nostro letto di morte, ma più di tutti il demonio, consapevole fuggirgli ormai il tempo per fare sua preda questa povera anima ci sarà sempre d’attorno, ed ora ci desolerà con la memoria delle nostre colpe, o getterà la disperazione e lo scoramento nel nostro cuore, or ci spaventerà col pensiero di una infelice eternità … In quelli affannosi momenti fiacche sono le nostre forze, confuse le facoltà del nostro spirito, senz’energia la nostra vita. Ebbene verrà in aiuto nostro Maria, poiché il suo benedetto Scapolare non solo ci riesce di decoro, perché ci annovera tra i figli prediletti di Maria, ma ancora ci circonda di fortezza sicché spoglia la morte di quell’apparato desolante che contrista i più consumati nella perfezione, e l’abbella d’un sorriso di paradiso: Fortuido et decor indumentum ejùs, et ridebit in die novissimo (Prov. XXXII, 25).

4. — Coloro che portano devotamente lo Scapolare, saranno guidati dalle mani di Maria, che li amerà, e otterrà loro ogni sorta di grazie e di benedizioni.

5. —Finalmente lo Scapolare è stato arricchito d’indulgenze, con le quali possiamo soddisfare i debiti contratti con la divina giustizia, e alleviare le anime del purgatorio.

III. — Condizioni, obblighi.

1. — Bisogna essere iscritti nella Confratenita, portare indosso l’abitino.

2. —Per partecipare al così detto privilegio sabatino, oltre alle condizioni suesposte, bisogna custodire la castità secondo lo stato di ciascuno, recitare l’officio della Madonna (per i preti… basta il Breviario); per chi non sa leggere, basta far astinenza nel mercoledì, venerdì e sabato dell’anno, tranne che non si abbia ottenuto o dispensa o commutazione. – Non è richiesta nessuna preghiera.

3. — Nobiltà obbliga…. Giacché gli iscritti sono i servi di Maria, così devono vivere in una maniera degna di Lei. Adunque evitino accuratamente ogni sorta di peccati, fuggano le massime e i pericoli del mondo, seguano C. Gesù, vivano della sua vita, si conformino alla sua volontà… A questi patti Maria li avrà in conto di figliuoli, e li coprirà con l’ali della sua protezione.

Conclusione.

—  Vi ricordo la prudente condotta che tenne Giuditta per liberare Betulia dal truce Oloferne. Prima di avanzarsi negli accampamenti degli Assiri smise il cilizio, e le gramaglie della sua vedovanza, e adornatasi di monili e profumi, indossò le vestimenta della sua giocondità. Jnduit se vestimentis jucunditatis suae (Judit, X 3). In sì splendido abbigliamento, ottenne che Oloferne la trattasse con tutta dimestichezza, onde poté liberare da quel tiranno il popolo eletto. – Novello Oloferne è il peccato che stringe d’assedio l’anima nostra e che cerca di isolarci da Dio, che è la sorgente d’ogni grazia e d’ogni consolazione. Imitiamo la prode Giuditta, rivestiamoci di questo S. Scapolare, che è la veste della nostra giocondità; mano alle armi della luce, che ci fornisce la devozione del Carmelo, e noi vinceremo il peccato, che ci vuole asservire, come Oloferne voleva schiavo di Nabucco il popolo di Dio.

BEATA VERGINE MARIA DEL MONTE CARMELO

16 LUGLIO

COMMEMORAZIONE DELLA BEATA VERGINE MARIA

DEL MONTE CARMELO

[Dom Guéranger: l’Anno Liturgico, vol. II, Ed. Paoline, Alba, 1957]

Il monte Carmelo.

Coloro che hanno avuto la fortuna di compiere il pellegrinaggio ai Luoghi Santi della Palestina, non dimenticheranno mai la visita al Monte Carmelo. Questa montagna, che domina di 170 mt. la città di Caifa e il Mediterraneo, è una delle più belle della Palestina, o almeno una delle più celebri, la cui incantevole posizione ha suscitato l’entusiasmo dell’Oriente e ispirato molti paragoni poetici della Scrittura. – Quando lo Sposo del Cantico dei Cantici vuole esprimere la bellezza della sua Sposa, non crede di poterla celebrare meglio se non dicendo che il suo capo è bello come il Carmelo: « Caput tuum ut Carmelus ». Quando Isaia vuole rappresentarci lo splendore e la maestà del futuro Messia, ce lo dipinge circondato dalla gloria del Libano e rivestito di tutte le bellezze del Carmelo: «Gloria Libani data est et, decor Carmeli et Saron ». Di questo monte egli vuole ancora mostrarci la più alta stima quando aggiunge che la giustizia abiterà nella solitudine e che la santità regnerà sul Carmelo: « Habitabit in solitudine judicium, et iustitia in Carmelo sedebit ». Infine Dio stesso per bocca d’un altro Profeta mette il colmo all’elogio chiamando il Carmelo sua terra e sua eredità: « Terram meam, hæreditatem meam », e a Gerusalemme egli fa questa promessa: « Nel giorno del mio amore, ti ho introdotta dall’Egitto nella terra del Carmelo », come se quel solo nome riassumesse ai suoi occhi tutti i beni di cui vuole arricchire il suo popolo, cioè la Chiesa e ciascuna delle anime nostre.

Il monte mariano.

Ma ciò che innalza ancor più la gloria di questa montagna è, insieme con il soggiorno che vi fece Elia e con la vittoria che egli vi riportò sui profeti di Baal, la celebre visione che ci viene descritta nel I Libro dei Re. Da lungo tempo la siccità desolava la terra d’Israele. Commosso dalle sofferenze del popolo, « Elia salì sulla vetta del Carmelo e, chinandosi verso terra, si mise il volto fra le ginocchia e disse al suo servo: Sali, e guarda dalla parte del mare. Il servo salì, e dopo aver guardato disse: Non vedo nulla. Ed Elia disse: Fallo per sette volte. La settima volta egli disse: Ecco che si leva dal mare una piccola nube, grande come la palma d’una mano d’uomo ». E in poco tempo si oscurò il cielo, si levò il vento, e cadde una forte pioggia (XVIII, 42-45). Tutti gli esegeti e i mistici hanno voluto vedere in quella « piccola nube, nubecula parvula » un’immagine profetica della Vergine Maria che, con l’Incarnazione, diede la vita e la fecondità al mondo. Il primo Responsorio del Mattutino per la festa dei santi del Carmelo dice anche esplicitamente: « Elia pregava sulla vetta del Carmelo, e sotto il simbolo d’una piccolissima nube, gli apparve l’insigne Vergine. Coloro a cui Elia si rivela in tal modo l’ameranno a causa di tutte le meraviglie che scoprirà loro questa visione ». Difatti, la Chiesa ha approvato questa interpretazione aggiungendo ai gloriosi titoli della SS. Vergine quello di Madonna del Monte Carmelo, e, in questo giorno, rivolge anche a tutti noi l’invito del profeta: « Sali e guarda ».

L’Ordine del Carmelo.

Le Tradizioni dell’Ordine del Carmelo riferiscono che i solitari i quali vissero sul sacro monte, anche prima del cristianesimo, dedicarono un vero culto a colei che doveva generare il Messia. Ci assicurano che nel giorno della Pentecoste molti di essi ricevettero lo Spirito Santo, che avendo avuto in seguito il modo di gustare le conversazioni e la familiarità della Beata Vergine, le portarono una venerazione e un amore del tutto speciali, e infine che ebbero la gioia di dedicarle la prima cappella costruita in suo onore, nel punto stesso in cui Elia l’aveva vista un giorno sotto il simbolo della piccola nube. È dunque fin dalla nascita che il Carmelo si è rivolto verso la SS. Vergine, e il vecchio libro intitolato « l’Istituzione dei primi monaci », anche attraverso inesattezze storiche, ci mostra l’Ordine dominato dalle due grandi figure che incarnano il suo ideale, ciascuna al suo posto: Elia e la Vergine Maria. Maria è per essi la pienezza raggiante della vita contemplativa, il modello del perfetto servizio reso al Signore e della completa sottomissione ai suoi voleri. Ed è appunto per affermare la loro devozione riguardo alla Vergine che i carmelitani vogliono essere chiamati i « Fratelli della Vergine ».

Lo scapolare.

Fu appunto Lei che, verso la metà del XIII secolo, diede a san Simone Stok, priore generale dell’Ordine dei Carmelitani, il santo scapolare come pegno del suo amore e della sua protezione per tutti coloro che ne fossero stati rivestiti. Volle pure assicurarlo che « chiunque fosse morto con quell’abito non avrebbe sofferto le fiamme eterne ». E, nel secolo seguente, Ella si degnava mostrarsi a Giacomo Euze, il futuro Giovanni XXII, per annunciargli la sua prossima elevazione al Sommo Pontificato e chiedergli di promulgare il privilegio di una pronta liberazione dal purgatorio, che aveva ottenuta dal suo divin Figliolo per i figli del Carmelo: « Io, loro Madre – gli diceva – discenderò ad essi per grazia il Sabato seguente alla loro morte, e tutti quelli che troverò nel purgatorio li libererò e li condurrò al monte della vita eterna ». L’autorità dei Sommi Pontefici rese presto tali ricchezze spirituali accessibili a tutti i fedeli con l’Istituzione della Confraternita del Santo Scapolare che fa entrare i suoi membri a partecipare ai meriti e ai privilegi di tutto l’Ordine dei Carmelitani. Vi sono senza dubbio pochi buoni cristiani al giorno d’oggi che non siano rivestiti di questo scapolare o che non portino la medaglia detta del « Monte Carmelo », e appunto per questo la festa odierna non è soltanto quella di un’insigne famiglia religiosa, ma anche quella di tutta la Chiesa Cattolica, poiché essa è interamente debitrice alla Vergine del Carmelo di innumerevoli benefici e di una continua protezione.

La mistica nube.

Regina del Carmelo, gradisci i voti della Chiesa della terra che oggi ti dedica i suoi canti. Quando il mondo gemeva nell’angoscia di un’attesa senza fine, tu eri già la sua speranza. Ancora incapace di penetrare le tue grandezze, esso si compiaceva tuttavia, sotto quel regno delle figure, di prepararti i più sublimi simboli; la gratitudine anticipata soccorreva in esso l’ammirazione per formarvi come un’aureola sovrumana di tutte le nozioni di bellezza, di forza e di grazia che gli suggeriva la vista dei luoghi più incantevoli, delle pianure in fiore, delle cime boscose, delle feconde valli e soprattutto di quel Carmelo il cui nome significa giardino di Dio. Sulla vetta i nostri padri, i quali sapevano che la Sapienza ha il suo trono nella nube (Eccli. XXIV, 7), affrettarono con i loro ardenti desideri l’arrivo del segno salvatore (ibid. XLIII, 24); è qui che alle loro preghiere fu finalmente concesso ciò che la Scrittura chiama la scienza perfetta, ciò che essa designa come la conoscenza delle grandi strade delle nubi (Giob. XXXVII, 16). E quando Colui che fa il suo carro (Sal. CIII, 3) e il suo palazzo (1 Re VIII, 12) dell’oscurità della nube, si fu manifestato mediante essa in avvenire meno distante all’occhio esperto del padre dei Profeti, si videro i più santi personaggi dell’umanità riunirsi in una eletta schiera nelle solitudine del monte benedetto, come un giorno Israele nel deserto, per osservare i minimi movimenti della nube misteriosa (Num. IX, 15-23), e ricevere da essa la loro unica direzione nei sentieri di questa vita, la loro unica luce nella lunga notte dell’attesa (SaL. CIV, 39). O Maria, che fin d’allora presiedevi così alle vigilie dell’esercito del Signore, che non mancasti loro nemmeno per un giorno (Es. XIII, 22): da quando nella pienezza della verità Dio è disceso per tuo mezzo (ibid. XXXIV, 5), non è più soltanto il paese della Giudea, ma tutta la terra, che tu copri come una nube che effonde l’abbondanza e le benedizioni (Eccli. XXIV, 6). I figli dei Profeti ne fecero la felice esperienza quando, divenuta infedele la terra delle promesse, dovettero pensare un giorno a trapiantare sotto altri cieli i loro costumi e le loro tradizioni; costatarono allora che perfino nel nostro Occidente la nube del Carmelo aveva versato la sua rugiada fecondatrice, e che dovunque avevano acquistato la sua protezione. Questa festa, o Madre divina, è l’autentico monumento della loro gratitudine, accresciuta ancora dai nuovi benefici con i quali la tua munificenza accompagnò quell’altro esodo degli ultimi resti d’Israele. E noi, figli della vecchia Europa, facciamo giustamente eco all’espressione della loro santa letizia; poiché, da quando le loro tende si sono posate attorno ai colli dove su Pietro è costruita la nuova Sion, la nube ha lasciato cadere da ogni parte piogge più che mai preziose (Ez. XXXIV, 26), ricacciando nell’abisso le fiamme eterne e spegnendo i fuochi della dimora dell’espiazione.

Preghiera per l’Ordine del Carmelo.

Mentre dunque noi uniamo la nostra gratitudine alla loro, degnati o Madre della divina grazia, di assolvere verso di essi il debito della nostra gratitudine. Proteggili sempre. Custodiscili nei nostri infelici tempi. Che non solo il vecchio tronco conservi la vita nelle sue profonde radici, ma che anche i suoi venerabili rami salutino senza posa l’accedere di nuove branche che portino come i loro antenati, o Maria, i fiori e i frutti che piacciono a te. Mantieni nel cuore dei figli lo spirito di raccoglimento e di divina contemplazione che fu quello dei loro padri all’ombra della nube; fa’ che anche le loro sorelle restino fedeli alle tradizioni di tante nobili anime che le precedettero, sotto tutti i cieli dove lo Spirito le ha moltiplicate per scongiurare l’uragano e attirare le benedizioni che discendono dalla nube misteriosa. Possano gli austeri profumi della sacra montagna continuare a purificare intorno ad essa l’aria corrotta da tanti miasmi; possa il Carmelo offrire sempre allo Sposo quelle anime virginee, quei cuori così puri, quei fiori così belli di cui Egli si compiace circondarsi nel giardino di Dio.

IL VESTITO DI UN CRISTIANO

Vestito.

[G. Bertetti: I TESORI DI SAN TOMMASO D’AQUINO; S.E.I. Ed. Torino, 1918 -impr.-)

– 1. Come deve vestirsi il cristiano. — 2. L’esempio dei santi (Quol, 10, q. 6, art. 14; Contra impugn. Relig., 8)

1. Come deve vestirsi il cristiano. – Altro s’ha a dire d’una persona pubblica, altro d’una persona privata. – In una persona pubblica si considera e lo stato della dignità e la condizione della persona stessa: a queste due cose una persona pubblica deve aver riguardo, affinché la dignità della sua autorità non venga in disprezzo e non si lasci trascinar alla superbia chi n’è rivestito. L’una e l’altra cosa può esser lodevole: e l’adoperar vesti preziose per indur rispetto all’autorità, e l’adoperar per amor d’umiltà vesti dimesse; purché non degeneri in superbia ciò che si fa per la conservazione dell’autorità, e non s’infranga l’autorità di chi regge, per un soverchio riguardo all’umiltà. Perciò è cosa lodevole che il sacerdote adoperi nel divino ufficio indumenti preziosi per inspirar riverenza al culto di Dio; ed è cosa lodevole astenersene per umiltà, come accade in alcuni ordini religiosi. – Ci sono alcuni stati d’uomini, in cui l’abito è determinato: così ogni ordine religioso ha il suo abito. Così pure negli antichi tempi i re e i dignitari avevano abiti determinati, quasi distintivi della lor dignità. Così ancor oggi il sommo Pontefice veste un abito determinato. Come dunque a un religioso non è lecito assumere un abito più vile fuor della foggia prescritta, ma meriterebbe lode invece di biasimo, se si servisse di abiti più dimessi nei limiti della sua religione: così non sarebbe stato lodevole negli antichi principi, e non sarebbe ora lodevole nel sommo Pontefice, l’assumere un abito più meschino oltre la foggia ordinaria. Quando invece per una persona pubblica non è prescritta la foggia dell’abito, non è riprovevole il servirsi di vesti più vili di quanto possa convenire allo stato (2° Beg., 6, 20, 21; ESTHER, 14, 16); anche i re e i principi possono lodevolmente appagarsi d’un umile vestito, quando si può fare senza scandalo e senza danno alla propria autorità. – In una persona privata è atto di virtù l’usare per amor d’umiltà indumenti abietti più di quanto lo richieda il proprio stato: « se il rinunziar a una veste preziosa non fosse virtù, l’Evangelista parlando di Giovanni non ci farebbe notare che si vestiva di peli di cammello » (S . GREGORIO, in hom. De divit. epul.). È però lecito usar vesti preziose in modo proporzionato alla propria persona: ma sarebbe peccato il farlo oltre il modo conveniente. E poiché prezioso, come grande, si dice in senso relativo, e poiché quel ch’è prezioso per uno non è prezioso per un altro, quando si parla di preziosità di vesti s’accenna sempre un eccesso della propria convenienza, e così in tesa è sempre peccato. – La povertà delle vesti è lodevole per se stessa, come un atto di penitenza e d’umiltà: anche quando si vestono poveramente quelli che secondo la condizione del loro stato potrebbero lecitamente indossar vesti più preziose, come lodevolmente s’astengono dalle carni e digiunano quei che non fossero obbligati. Non può esser male ciò che si merita la misericordia di Dio: ebbene, per la povertà delle vesti si meritarono la misericordia di Dio anche i più grandi peccatori. L’empio Achab, dopo aver udito i discorsi d’Elia, « si stracciò le vestimenta, si coprì di cilicio, digiunò, dormì in un sacco », e di lui il Signore disse a Elia: « Non hai veduto Achab umiliato alla mia presenza? Ebbene, perché si umiliò per cagion mia, non gli manderò sventura ne’ suoi giorni » (3° Reg., XXI, 27). L’umiltà, come tutte le altre virtù morali, non solo consiste nell’interno ma anche nell’esterno: e poiché è dell’umiltà il disprezzare noi stessi, sarà anche dell’umiltà il servirci esternamente di cose spregevoli. Nell’uso delle cose esterne è più commendevole ciò che mira a un fine migliore: come l’astinenza dei cibi, che mira a domar le voglie carnali, è più commendevole del vitto comune onde ci serviamo dei cibi ringraziandone Dio. Similmente la povertà delle vesti mira a umiliar l’anima e in pari tempo a domar il corpo, e perciò è più commendevole d’un abito comune. Può essere che qualcuno se ne abusi come altri s’abusa della preziosità delle vesti: o recando molestia a quelli con cui si convive, o facendolo per vanagloria o per ipocrisia. Ma la preziosità delle vesti mira per sé e direttamente alle delizie della carne e della superbia: mentre la viltà delle vesti non mira per sé all’ipocrisia. Il diavolo poi, per ingannare, non nasconderebbe sotto abito religioso certi suoi ministri, se l’abito religioso non avesse in sé l’aspetto d’un bene.

2. L’esempio dei santi. — Il Battista vestiva con peli di cammello (MATTH., III, 4); gli antichi Profeti « andarono raminghi, coperti di pelli di pecora e di capra » (Hebr., 11, 37); S. Ilarione, S. Arsenio e gli altri padri del deserto vestivano vilissimi abiti. Non è da credersi che il Signore Gesù Cristo vestisse abiti preziosi, Lui che lodò Giovanni per la povertà del vestito: altrimenti i Farisei, che ostentavano una santità esteriore, come l’accusarono di vorace, di bevitore, d’amico dei pubblicani, avrebbero pure detto di Lui che andava vestito con ricercatezza. Anche i soldati che lo schernivano, non gli avrebbero posto in dosso la veste di porpora in segno di regia dignità, se la sua tunica inconsutile fosse stata intessuta d’oro e di seta. Che se i soldati non vollero poi dividerla, ciò non fu già per il valore della veste, ma per il loro numero, che sopravanzava le quattro parti che essi fecero delle vesti di Cristo. Non avrebbero ricavato nessuna utilità a spartire la tunica, ond’è manifesto che essa non era di materia preziosa.