GREGORIO XVII IL MAGISTERO IMPEDITO: DIO E MAMMONA

GREGORIO XVII

IL MAGISTERO IMPEDITO:

DIO E MAMMONA

[«Renovatio», VI (1971), fasc. 1, pp. 3-4]

 Molti teologi hanno la grave tentazione di ridurre la teologia all’«antropologia». Si tratta di vera tentazione, perché se una teologia antropologica vuol mettere l’uomo al centro, cioè al posto di Dio, rischia di diventare addirittura blasfema; se intende sostituire le istanze umane a quelle divine, dando importanza preminente al benessere di questo mondo sull’asse vita eterna, diventa degenerata rispetto al suo compito. Può semplicemente occuparsi della parte che riguarda l’uomo – e questa esiste realmente ed obiettivamente in teologia – ma, il farlo in modo unilaterale, implica il pericolo di cadere nei due casi sopra esposti. – Conseguenza grave di una teologia ridotta ad antropologia è il costringere il Cristianesimo ad una mera istanza sociale. Il sociologismo, infatti, ha molte sfumature e varianti; però sposta sempre più o meno l’ago della verità e della realtà da come sono nella divina rivelazione. E per questo motivo che la nostra rivista non esce dalla sua programmatica funzione, se deve toccare qualche argomento in qualche modo sociologico. Per i veri Cristiani l’argomento sociale ha sempre avuto come perno la persona umana, tanto degnata da Dio; per gli altri in modo più generale il perno è sempre stato non la persona, anche se si usa ed abusa del termine «libertà», ma il benessere e la sua spartizione. Perché esista una società, e non un mero aggregato, una folla, occorre un’autorità, comunque venga designata. I più accesi sostenitori di rivoluzioni sociali, da essi presentate come redentrici dei lavoratori, hanno terribilmente dilatato i compiti dell’autorità. Non solo non ne hanno potuto fare a meno – il che è eloquente – ma hanno dovuto esasperarli. Ma c’è un altro fatto interessante. Si è allargato lo spazio dell’autorità: costruendola come un potere delegato dal basso. Questo è il potere quale oggi lo abbiamo di fronte: in diverse forme di esercizio, dalla legittima spregiudicatezza alla disonestà. Naturalmente bisogna tenere conto del potere che taluni, senza alcuna delega, si sono costruiti per conto proprio [Qui è evidente l’allusione agli usurpanti “vertici” della Chiesa Cattolica, agli antipapi imposti dalle conventicole massoniche al servizio del Gran Kahal!-ndr. -]. Il potere non è il denaro, ma, ordinariamente, al punto a cui siamo arrivati oggi, esso dispone a suo piacimento del denaro. La corsa al potere, che è lo spettacolo più impressionante del nostro piccolo mondo, è spesso giustificata dalla sete del denaro. Tra i «poteri» ci sono quelli sull’opinione pubblica, oggi i più tracotanti ed i meno controllati. Ma si tratta sempre di denaro, economia. In sé non è pertanto cattivo; ma, per la capacità che ha di aprire tutte le porte, condiziona ogni potere prettamente terrestre, tanto quanto ne è condizionato. La sua mobilità e il suo impiego ne fanno il centro di tutti gli appetiti. E tuttavia molte strutture stanno spingendo le cose in modo da assoggettare il denaro al potere. – Questa è la verità brutale della lotta per la quale una parte degli uomini combatte, mentre gli altri credono sia questione di ideali.

Il Vangelo ha opposto «mammona» a Dio. Nella sua corsa più generosa, quella verso la parità dei diritti, l’equa distribuzione dei beni, la serena convivenza dei popoli, il genere umano si trova impegolato di fatto nel gioco a spirale tra il potere e il denaro. Per i più il soggetto della economia non è, come dovrebbe essere, l’uomo: sono le «cose». – È su questo sfondo realistico e brutale che si colora il tentativo di far diventare la teologia un’antropologia. E ripiglieremo il discorso perché ha aspetti anche più gravi.

L’uomo si salva solo quando è umile e diventa grande quando adora Dio.