LO SCUDO DELLA FEDE (186)

A. D. SERTILLANGES, O. P.

CATECHISMO DEGLI INCREDULI (XXIII)

[Versione autoriz. Dal francese del P. S. G. Nivoli, O. P. – III ristampa. S. E. I. – Torino 1944]

LIBRO QUARTO

I SACRAMENTI

II. — Il Battesimo.

D. In che modo il Battesimo è un punto di partenza?

R. Esso segna il Cristiano e lo rende atto agli atti religiosi, nel che la vita cristiana consiste. È quello che si chiama il suo carattere oramai incancellabile. Il Battesimo. nel nome della Trinità è il segno spirituale del Cristiano come la circoncisione del giudeo era il suo segno carnale.

D. È dunque un’iniziazione, guisa degli antichi misteri?

R. È un’iniziazione, ma senza alcuna di quelle superstizioni che degradavano i misteri pagani. Esso fa entrare nella vera vita, la vita con Dio, che, fin di quaggiù, è una vita eterna. La vita con Dio promessa per più tardi è posta così anticipatamente in nostro possesso; perché, dice S. Agostino, la rigenerazione battesimale e la vita dell’altro mondo non sono che una sola e medesima opera.

D. Come comprendi tu in questo caso il Battesimo di Cristo? Facendosi battezzare sulle rive del Giordano, Gesù entrava forse nella vita cristiana?

R. Vi entrava come il sole entra nel giorno; dopo di Lui, per la stessa via, passeranno i satelliti che siamo noi.

D. Non dici che il Battesimo cancella la colpa originale?

R. Il Battesimo applicandoci i meriti di Cristo, cancella la colpa originale e tutte quelle che noi abbiamo potuto aggiungervi di nostra iniziativa; ma questo non è che un preludio e una disposizione negativa. Positivamente, si tratta di entrare nel Regno de’ cieli terrestre, cioè nella Chiesa, in vista del Regno de’ cieli celeste, da conquistare mediante l’uso della grazia battesimale.

D. Il Battesimo conferisce dunque una grazia?

R. Solo così può esso introdurre il cristiano nella vita soprannaturale il cui principio è la grazia. Per il fatto stesso che è un’iniziazione, il Battesimo è dunque una grazia, la grazia fondamentale, se si può dire così; esso qualifica l’anima cristiana per il suo fine proprio; la munisce per il viaggio, nello stesso tempo che le apre la via.

D. Hai parlato dell’entrata nella vita cristiana come di una incorporazione a Cristo: è questo l’effetto del Battesimo?

R. Il Battesimo di fatto c’incorpora a Cristo; ossia ci fa rivestire Cristo secondo la metafora energica di S. Paolo.

D. Che cosa significano esattamente queste espressioni?

R. Essere incorporato a Cristo è far parte di ciò che chiamiamo suo corpo mistico, ossia spirituale, cioè la Chiesa. – Rivestire Cristo esprime questa stessa incorporazione sottolineando il suo benefizio. Prima, noi eravamo nudi; la nostra natura peccatrice era sola; i meriti del Salvatore non la coprivano, non la corazzavano contro il male, non la ornavano come una figlia di Dio, una erede, una coerede di Cristo.

D. Non chiami tu il Battesimo il sacramento della fede?

R. Esso è il sacramento della fede, perché la prima condizione per entrare in un gruppo religioso è aderire all’idea sociale che forma questo gruppo, ai fini che esso si propone e ai considerandi delle sue leggi. Ecco l’oggetto della fede. Venendo a Dio, dice S. Paolo, bisogna sapere che Egli è, e che è rimuneratore, e tutto il resto di quello che Egli disse agli uomini per bocca del suo Cristo per rischiarare la via eterna.

D. Allora sembra che il Battesimo dovrebbe essere riservato a quei che sono in grado di credere. Perché voi altri battezzate i bambini?

R. La fede non è unicamente dell’uomo. L’abbiamo già detto: è una grazia, e vedremo più tardi che essa è un atto comune di Dio e dell’uomo, dell’uomo che acconsente e di Dio che inclina il suo cuore. In quanto che è una grazia, essa può prevenire il consenso, prepararlo e attenderlo. Perciò, riguardo al bambino stesso, il Battesimo si chiama illuminazione, per notare l’azione interiore dello Spirito Santo, alla quale più tardi si darà l’anima.

D. Perché questa anticipazione? Perché una società spirituale ammette colui nel quale non ha ancora palpitato lo spirito?

R. La vita cristiana è più larga di questa obiezione individualista. Soprannaturalmente come secondo la natura, noi siamo una stirpe; l’individualità sboccia in grembo alla stirpe; essa segue, ma non precede, come abbiamo spiegato studiando la Chiesa. Come dunque un padre, in seno a una patria, iscrive suo figlio allo stato civile, lo impegna in una corrente di vita materiale, intellettuale e morale che il bambino non può controllare, ma che egli giudicherà un giorno, quando sarebbe troppo tardi per ottenerne il pieno benefizio: così un padre, in grembo alla Chiesa che ha benedetto la sua unione e ne attende i frutti, introduce suo figlio là dov’è lui stesso, là dove crede che è la via, la verità e la vita. A questo figlio più tardi, spetta di giudicare il dono che egli ha ricevuto, di sanzionarlo con la sua libera accettazione; salvo che egli non preferisca o non creda di dover ripudiare insieme Dio e l’amorosa pietà paterna.

D. Ammetti che sì rigetti così il proprio Battesimo?

R. Non l’ammetto certamente. Se non è un gran delitto, è ad ogni modo una gran disgrazia.

D. Ciò non può essere altro che una disgrazia?

R. Sì, nel caso di quell’errore che noi chiamiamo invincibile.

D. Ma la grazia del Battesimo si può perdere senza colpevolezza?

R. No; ma nel caso contemplato, la grazia del Battesimo non sarebbe perduta. Abbiamo detto che si può avere la grazia senza saperlo ed essere figli di Cristo anche nell’incoscienza.

D. Sono casi strani.

R. Strana è la nostra vita; ma Dio è pieno di giustizia e di misericordia.

D. Perché l’entrata nella vita cristiana ha luogo sotto il segno dell’acqua?

R. La ragione essenziale si è che l’entrata nella vita cristiana suppone come condizione negativa, come dicevamo, la cancellazione del peccato, il ripudio dell’antico stato di allontanamento in cui era la nostra stirpe per rapporto a Dio. Il simbolo dell’acqua è allora indicatissimo: come l’acqua lava il corpo, così la grazia di Cristo purifica l’anima nostra.

D. Vi sono altre ragioni?

R. Ce n’è una più profonda, benché meno immediata. Le tradizioni umane hanno sempre accostato l’elemento liquido all’origine prima delle cose, come per un’anticipazione delle teorie moderne che traggono la vita dal fondo dei mari. Sotto questo aspetto, il Battesimo vorrebbe dire: Tu che nascesti dal mare, ripiombati in questo Mare più profondo: nella Divinità di cui l’acqua del mare non è che uno zampillo. Origine delle origini, sorgente delle sorgenti, in essa tu devi perderti un giorno, per ritrovarti veramente, e fin d’ora, per la grazia e per la santa vita, essa deve comporre il tuo ambiente interiore, come l’acqua del mare, ambiente originale della vita, bagna le tue membra.

D. È questa veramente una concezione tradizionale?

R. Io l’ho presa dagli antichi dottori, e l’ho modernizzata solamente nella forma. Essi aggiungono più semplicemente che la freddezza naturale dell’acqua e la sua purezza refrigerante sono il simbolo del rinfrescamento che la grazia oppone a quell’eccitazione carnale, figlia del peccato di razza, che ci trascina al male. L’acqua, essendo diafana, significa ancora la ricettività dell’anima per rapporto ai lumi divini. Quando s’immergevano i catecumeni, nelle cerimonie più complete di una volta, vi si vedeva altresì, con S. Paolo, una specie di morte e di seppellimento, seguiti da una risurrezione, come se l’uomo di peccato fosse annegato e lasciasse il posto all’uomo nuovo generato dall’azione di Cristo.

D. Il Battesimo è indispensabile alla salute?

R. Il Battesimo è indispensabile alla salute al medesimo titolo che l’incorporazione a Cristo, l’adesione a Dio per Cristo, e l’entrata nella Chiesa di Cristo.

D. Allora chi non è battezzato è perduto?

R. Ciò non ne segue affatto, poiché noi sappiamo che l’incorporazione è Cristo, la vita in Dio per Cristo e l’appartenenza alla Chiesa spirituale se non alla Chiesa visibile, possono avere luogo senza alcuna condizione esteriore.

D. Dunque il mezzo di salute chiamato Battesimo non è, finalmente, un mezzo necessario?

R. Finalmente, cioè assolutamente e senza eccezione, no, poiché esso comporta dei supplementi morali; ma è nondimeno il mezzo necessario in diritto, il mezzo ufficiale, il mezzo sociale; di modo che, se da una parte la società spirituale non l’applica punto, e se, d’altra parte, il soggetto non reca o non può recare nessun supplemento morale, la salute come la intendono i Cristiani non si potrebbe ottenere.

D. Perché queste precauzioni di linguaggio?

R. Lo vedrai; ma tu devi intendere che si tratta specialmente dei piccoli esseri che non arrivano all’età della ragione e muoiono senza Battesimo.

D. Vuoi che questi piccoli si dannino?

R. La parola dannazione, ammessa un tempo, dev’essere eliminata, perché suggerisce un’idea falsa. Parlando del peccato originale, abbiamo detto: Esso implica una colpevolezza della stirpe, ma per nulla una colpevolezza personale. Ora, osserva S. Tommaso, un soggetto personalmente innocente non potrebbe giustamente essere privato dei beni della natura, benché si possa giustamente, nel nome di una responsabilità solidaria, privarlo dei benefizi gratuiti concessi alla sua stirpe e da essa perduti. Ne segue che l’anima immortale sfuggita da questo mondo senza rigenerazione battesimale non può, senza dubbio, accedere al soprannaturale, ottenere la salute cristiana, che è una vita sublime nella Trinità; ma noi crediamo alla sua beatitudine naturale, senza avere nessuna nozione positiva riguardante questo stato.

D. Ciò pare ingiusto! Perchè l’uno è battezzato, mentre l’altro non è battezzato?

‘R. Non giudichiamo la Provvidenza. Abbiamo riconosciuto più sopra la nostra incompetenza in simili questioni. Del resto, si può sfidare chiunque a trovare qui ombra d’ingiustizia?

D. Non vi è ingiustizia a trattare diversamente quelli che non hanno agito diversamente?

R. Il bambino battezzato e il bambino non battezzato non hanno agito diversamente, poiché non hanno agito affatto. Ma il primo, non avendo fatto niente personalmente, trae benefizio da un’azione collettiva e deve essere riconoscente. – Il secondo, non avendo parimenti fatto nulla, non ha avuto la medesima felicità: è una felicità in meno e non ne può essere afflitto; non ci si può affliggere per lui; ma poiché non ha fatto niente e non gli si toglie niente di ciò che appartiene al suo caso normale, come si potrebbe parlare d’ingiustizia? Avviene come di un bambino nato nella Guyana da parenti deportati, e i cui fratelli per una felice sorte fosser ricondotti in patria. Questi avrebbero da lodare Dio; ma l’altro non ha da elevare sdegnose rivendicazioni. Non è punito personalmente. La Guyana permette di vivere. Se un fortunato ritorno nel suo paese gli è rifiutato per un fatto d’una responsabilità di famiglia, è un affare negativo; molte fortune positive gli restano, e se la deportazione della famiglia fu giusta, non vi è ingiustizia.

D. Ad ogni modo vi è disuguaglianza. Perché questi, perché non quegli? Si capiscono queste sorti in un ordine umano; ma non sì capiscono in un ordine divino.

R. L’ordine divino non è indipendente dall’ordine umano; esso l’avvolge; lo rispetta; lo utilizza e si compone con esso. La sorte stessa, come abbiamo detto, entra nella provvidenza.

D. Ma gli esseri devono soffrire dell’evento provvidenziale?

R. Ancora una volta, non si tratta di soffrire. Noi non martirizziamo nessuno. Si tratta dell’assenza non dolorosa di una felicità di soprappiù, di una felicità non sperimentata, alla quale il soggetto non è naturalmente adatto, che noi stessi, che patrociniamo in suo favore, non immaginiamo neppure, di cui spesso, troppo spesso non ci curiamo, che tutt’a un tratto ci ritorna in mente per accusare la Provvidenza. Il gioco non è serio. Il non battezzato appartiene a un’altra classe di esseri, ecco tutto. Il suo destino risponde alla sua classe; esso è buono; è anch’esso creato per lodare Dio, e se egli si lagnasse perché altri, in ragione della stessa provvidenza, ebbero accesso a una felicità più grande, Dio gli potrebbe rispondere quello che il padrone della vigna rispose agli operai gelosi della parabola: Non sono libero di fare quello che voglio? O bisogna che il vostro occhio sia cattivo perché io sono buono?

D. Dio può essere inegualmente buono?

R. Dio non può essere inegualmente buono in se stesso, essendo la bontà infinita; ma guardando agli effetti, se Dio fosse ugualmente buono, siccome la sua bontà è la causa degli esseri, tutti gli esseri sarebbero uguali in tutte le maniere; non vi sarebbero dunque nature diverse; non vi sarebbero gradi; non vi sarebbero neppure scambi; non vi sarebbero movimenti e progresso; non vi sarebbe universo.

D. Ciò pare strano.

R. Penetra bene l’idea, che del resto abbiamo già incontrata a proposito della provvidenza, e vedrai che esigere l’uguaglianza, sotto il falso nome di giustizia, sia nel mondo materiale sia nel mondo morale, è negare l’universo.

D. Io vedo benissimo un universo in cui tutti sarebbero salvi.

R. Provati a costruirlo senza perpetui miracoli: non ci riusciresti.

D. Ritorno al caso dell’adulto. Tu dici che egli può supplire, con le sue disposizioni, all’assenza del Battesimo?

R. Sì, a condizione che il Battesimo non sia disprezzato o gravemente trascurato, ma ignorato, o impossibile, sia materialmente, sia moralmente.

D. Allora che cosa è che supplisce?

R. Il buon volere che implica l’adesione esplicita o implicita ai mezzi di Dio, e per conseguenza al Battesimo.

D. Dunque il Battesimo, sotto questa forma indiretta, è ancora il mezzo di salute.

R. Sì, si può dire, ed è ciò che vuol significare la celebre distinzione dei tre battesimi: Battesimo d’acqua, Battesimo di sangue e Battesimo di desiderio.

D. Che cosa è il Battesimo di sangue?

R. È il martirio, nel caso in cui vi è assenza involontaria del Battesimo d’acqua, ma in cui il dono di sé spinto fino all’eroismo prova sovrabbondantemente il buon volere che noi abbiamo richiesto.

D. E il Battesimo di desiderio?

R. Là dove il desiderio del Battesimo è esplicito, l’espressione si comprende da se stessa. Se il Battesimo è ignorato o involontariamente sconosciuto, il Battesimo di desiderio si compendia nella conversione del cuore, come dice S. Agostino, vale a dire, sotto l’impulso della grazia, nell’amore del bene divino così come è appreso, e nella disposizione sincera prenderne i mezzi, appena che saranno conosciuti.

D. Tu chiami questa semplice disposizione un Battesimo?

R. Sì, perché essa costituisce una specie di Battesimo in intenzione; perché assicura d’altra parte i frutti del Battesimo reale e incorpora colui che vi accede non solo a Dio, che vede il cuore, ma alla Chiesa stessa, non alla Chiesa gerarchica, visibile, poichè, per ipotesi, essa è sconosciuta o disconosciuta, ma alla Chiesa interiore, invisibile e universale, di cui l’altra non è che il simbolo e il mezzo.

III. — La Confermazione:

D. Che cosa è la Confermazione?

R. È un rito complementare del Battesimo, che una volta si dava nel medesimo tempo, e il cui significato è quello di un accrescimento: accrescimento di grazia dalla parte di Dio; accrescimento di buon volere e di fedeltà, nel Cristiano, riguardo alle realtà superiori.

D. Perché ciò fare in due volte?

R. Perché la nostra vita è sottomessa al tempo, e per seguire sempre più le condizioni del simbolismo, che è alla base delle nostre istituzioni sacramentali. Vi è un sacramento della nascita spirituale; e ci dev’essere un sacramento della virilità spirituale, dell’età adulta, atta all’azione fruttuosa e alla lotta.

D. Ci dovrebbe dunque essere anche un sacramento della vecchiaia.

R. Nello spirituale, non c’è vecchiaia; la vita cristiana deve normalmente crescere sempre, fino al perfetto che la vita eterna realizza.

D. A che età si conferisce il sacramento della virilità?

R. A un’età qualsiasi, per quella stessa ragione d’indipendenza dello spirituale, e specialmente del soprannaturale, rispetto alla vita fisica. Come il « sacramento della fede » a chi non può attualmente credere: così il sacramento della fortezza si può conferire a un debole bambino. Aggiungi che di questa fortezza il bambino sa dare esempi all’uomo. I sette figli di Felicita, saldi davanti alle tenaglie e alle caldaie, o il giovane Tarcisio morente con l’eucaristia sul suo cuore, provano che anche per l’eroismo religioso «il valore non attende il numero degli anni ».

D. Il confermato è dunque una specie di soldato?

R. È anzitutto un perfetto cittadino, per una stretta e ferma ubbidienza alla legge sociale cristiana. Per l’esterno, è un soldato di fatto; il sacramento lo fa entrare in uno stato marziale, gli suggerisce uno spirito di diffusione e di conquista. Gli si fa capire che essere illuminato vale quanto essere delegato alla luce per il mondo oscurato; essere elevato a un piano superiore di vita vale quanto essere invitato a tendere la scala agli altri, ed essere arrolato da Cristo in un gruppo spirituale sempre militante significa che si deve «combattere la buona battaglia » per la comune vittoria.

D. Chi è incaricato di questa promozione, di questo conferimento di grado?

R. Naturalmente il capo supremo di ciascun gruppo religioso: il Vescovo. Un’azione completiva riguarda colui che è rivestito del sacerdozio completo. L’artista ritocca il marmo, dopo il lavoro dell’abbozzatore.

D. Che materia adopera questo sacramento?

R. Poiché si tratta di fortezza, l’atletismo offre naturalmente l’arsenale delle immagini. L’atleta antico ungeva d’olio il suo corpo, per fortificarlo, proteggerlo, per renderlo flessibile nelle lotte corporali. Si ammetterà l’unzione, e l’olio, che ne è la materia, come segno del rafforzamento dell’anima e della sua preparazione alle lotte cristiane. Di più, dovendo la virilità cristiana impiegarsi ad aiutare la vita attorno a sé, si aggiunge all’olio dei forti il balsamo, per significare che nello spirituale, il profumo che si spande, vale a dire l’esempio, è una forza. Donde questa espressione: Il buon odore di Cristo, spesso usata da S. Paolo in poi.

D. Come sono adoperate queste materie?

R. Si fa l’unzione in forma di croce, come s’impone la spada o il vessillo al cavaliere, per invitarlo alle battaglie di giustizia. Si segna la fronte, come il luogo più nobile e il più apparente, quello su cui si afferma la saldezza dell’atteggiamento, come, in caso di debolezza, vi si manifesterebbe il rossore della timidezza o il pallore della paura.

D. E tu attribuisci a queste unzioni un effetto interiore?

R. Noi crediamo che l’anima tragga il benefizio di una grazia, e che essa, come il corpo, sia segnata di un carattere che le faciliterà la realizzazione dei simboli. Come gli apostoli, nel Cenacolo, furono trasformati, in vista di tutta la Chiesa, dalla venuta dello Spirito: così noi crediamo a una misteriosa conformazione dell’anima, in rapporto con ciò che abbiamo detto della grazia e dell’azione dello Spirito Santo.

D. Ci dovrebbe dunque essere qui, come nel Cenacolo, qualcosa di strepitoso.

R. Si suonano le campane per la comunità; ma non si suonano per l’entrata d’un fedele alla messa. Nel Cenacolo ebbe luogo la confermazione solenne della Chiesa: donde le lingue di fuoco, segno di conquista ardente e di comunicazione collettiva, e il vento violento, che corre gli spazi di terra e di mare, come i portatori della Buona Novella. Per la confermazione intima di un semplice Cristiano, non si ha bisogno di strepito.

Autore: Associazione Cristo-Re Rex regum

Siamo un'Associazione culturale in difesa della "vera" Chiesa Cattolica.