IL CATECHISMO DI F. SPIRAGO (XVIII)

IL CATECHISMO DI F. SPIRAGO (XXVIII)

CATECHISMO POPOLARE O CATTOLICO SCRITTO SECONDO LE REGOLE DELLA PEDAGOGIA PER LE ESIGENZE DELL’ETÀ MODERNA

DI

FRANCESCO SPIRAGO

Professore presso il Seminario Imperiale e Reale di Praga.

Trad. fatta sulla quinta edizione tedesca da Don. Pio FRANCH Sacerdote trentino.

Trento, Tip. Del Comitato diocesano.

N. H. Trento, 24 ott. 1909, B. Bazzoli, cens. Eccl.

Imprimatur Trento 22 ott. 1909, Fr. Oberauzer Vic. G.le.

SECONDA PARTE DEL CATECHISMO:

MORALE (9).

IL IV° COMANDAMENTO DI DIO.

Nel 4° Comandamento Dio ci ordina di onorare i suoi rappresentanti sulla terra, i genitori, e le autorità ecclesiastiche e civili.

I. DOVERI VERSO I GENITORI.

1. DOBBIAMO ONORARE I NOSTRI GENITORI COME RAPPRESENTANTI DI DIO ED I NOSTRI PIÙ GRANDI BENEFATTORI.

In senso stretto, siamo figli solo del Padre celeste. “Non dovete chiamare padre nessuno sulla terra; avete un solo Padre, che è nei cieli. (S. Matth. XXIII, 9). Ma il Padre celeste ci fa nutrire e crescere dai nostri genitori, che sono quindi, i rappresentanti di Dio Creatore nel darci la vita. Dobbiamo quindi onorarli come onoriamo Dio, proprio come il rappresentante di un Capo di Stato con il rispetto dovuto a quel sovrano. Il disprezzo per i genitori si riflette su Dio. Agostino esclamò dopo la sua conversione: “Mio Dio, disprezzando la madre che Voi mi avete dato, ho disprezzato Voi stesso! – I nostri genitori sono i nostri più grandi benefattori. “Quante sofferenze – dice sant’Ambrogio – quante sofferenze ha sopportato tua madre per te! Quante notti insonni, quante privazioni di cibo! Che angoscia quando eri in pericolo! Quali dolori e quali fatiche e lavori ha sopportato tuo padre per guadagnarsi il tuo sostentamento e i tuoi vestiti! E se i tuoi genitori hanno sofferto tanto per te, come potresti essere ingrato nei loro confronti?”. – Lo stesso Figlio di Dio ha onorato sua madre e il suo padre adottivo. “Onorate dunque i vostri genitori – dice Sant’Ambrogio -poiché il Figlio di Dio ha onorato i suoi, ai quali, secondo il Vangelo, era sottomesso. Se Dio ha onorato le sue umili creature, che cosa non dovete voi ai vostri genitori? N.S. era sottomesso ai suoi genitori: amava e onorava sua madre, di cui era il creatore, amava e onorava il suo padre nutrizio, che Lui stesso nutriva. (S. Ger.).

2. NOI DOBBIAMO ONORARE I NOSTRI GENITORI MOSTRANDO LORO RISPETTO, AMORE E SOTTOMISSIONE.

L’onore prescritto da Dio include necessariamente l’obbedienza e l’amore, perché sono inseparabili dall’onore. – L’amore che dobbiamo ai nostri genitori è un amore di gratitudine. “Il primo dovere di un Cristiano è quello di riconoscere i sacrifici dei genitori e la propria preoccupazione per la loro educazione”. (S. Cirillo di Gerus.), – Il rispetto e l’obbedienza sono dovuti alla loro dignità di rappresentanti di Dio. – Il dovere del rispetto e dell’amore dura quanto la vita; quello dell’obbedienza cessa in un determinato momento e in determinate circostanze; i motivi del rispetto e dell’amore restano ma non quelli dell’obbedienza.

Il rispetto per i genitori consiste nel venerarli nel nostro cuore come rappresentanti di Dio, ed esprimere questa venerazione nelle nostre parole e nelle azioni. –

Il rispetto deve essere prima di tutto interiore, perché senza di esso, il rispetto esteriore sarebbe solo ipocrisia. Gesù diede a sua Madre un segno di rispetto alle nozze di Cana; pur dicendole che non era ancora giunto il momento in cui sarebbe apparso come operatore di miracoli, esaudì la sua preghiera, per non gettarle discredito davanti agli invitati. (S. G. Cris.). Coriolano, che aveva giurato la rovina di Roma e le cui suppliche dei senatori e dei pontefici, né l’offerta dei più ricchi doni, avevano avuto successo, alle preghiere di sua madre, vi si prostrò davanti e disse: “Madre! Hai salvato Roma, ma hai perso tuo figlio!”. Levò l’assedio e fu ucciso dai Volsci (491 a.C.). Tuttavia, siamo tenuti a rispettare i nostri genitori, anche se sono poveri e in una posizione inferiore. Giuseppe in Egitto onorò suo padre, anche se era un semplice pastore, presentandolo al Faraone (Gen. XLVII, 7). In presenza di sua madre, che era di bassa estrazione, Salomone si alzò dal trono, la salutò e la fece sedere alla sua destra (III Re XI, 19). Benedetto XI (1303) non permise che la madre gli si presentasse in abiti sontuosi, ella che era una semplice lavandaia; le fece indossare la sua veste di donna comune, e poi la ricevette con rispetto. Anche se i genitori non dovessero condurre una vita edificante, dobbiamo loro rispetto a causa della loro autorità su di noi. Una statua rozza di Gesù non è meno degna di venerazione. Dobbiamo coprire i difetti dei nostri genitori con il manto della carità, cioè sopportarli in silenzio e comportarci come Shem e Japhet nei confronti di Noè, che trovarono in una situazione imbarazzante (Gen. IX, 23). “Loda tuo padre – dice la Sapienza (III, 9) – con parole, azioni e con pazienza!

L’amore dei genitori consiste nella benevolenza e nella beneficenza.

Prima di tutto, dobbiamo amare i nostri genitori perché sono i nostri prossimi (l’immagine di Dio). Ma la carità comune non è sufficiente, abbiamo bisogno di un amore speciale, e questo perché ci amano in modo straordinario (chi ha intenzioni migliori di loro nei nostri confronti?) e ci hanno fatto dono di innumerevoli benefici. L’amore consiste nel volere e fare il bene. Giuseppe in Egitto mostrò gentilezza (tenerezza) al vecchio padre Giacobbe gettandosi al suo collo, baciandolo, piangendo (Gen. XLVI, 29). Ma la tenerezza da sola non è di grande aiuto per i genitori. I genitori si devono amare non solo con le labbra e le parole, ma anche nella verità. (I. S. Giovanni III, 18). Dobbiamo quindi aiutare i genitori nelle loro necessità, nelle loro malattie e pregare per loro. Tommaso Moro, Cancelliere d’Inghilterra, essendo stato giustiziato per la sua fede, per ordine di Enrico VIII, nessuno osò seppellirlo per paura del re. Sua figlia Margherita si assunse questo compito ed il tiranno, toccato da questa pietà filiale, non osò mostrare la sua ira. Troviamo persino negli animali una sorta di affetto per i loro genitori; secondo Plutarco i giovani leoni portano le loro prede ai vecchi leoni decrepiti, e secondo Sant’Ambrogio le giovani cicogne scaldano, scaldano le vecchie, le nutrono e le aiutano a volare. “Figlio mio – dice il Saggio (Sap. III, 14) – prenditi cura di tuo padre nella sua vecchiaia”. Dobbiamo vedere del resto Gesù che, morendo, raccomanda sua madre alle cure di San Giovanni (S. Giovanni XIX, 26).

L’obbedienza ai genitori consiste nell’eseguire i loro ordini legittimi, finché siamo loro soggetti.

“Figlioli, dice San Paolo, obbedite in tutto ai vostri genitori”. (Col. III, 20). Infatti, essendo loro dovere educare i figli, hanno anche il diritto di essere obbediti, così come nello Stato ci sono governanti e governati; non c’è senza ciò, alcun ordine e felicità domestica. I vecchi sono obbligati a possedere la perfezione morale, i giovani sono obbligati a sottomettersi e ad obbedire. (S. Bern.). I bambini, invece, sono obbligati a fare solo ciò che sia loro permesso: se per qualche disgrazia gli ordini dei genitori fossero contrari ad un comandamento di Dio, si dovrebbe applicare la massima degli apostoli: “è giusto obbedire a Dio piuttosto che agli uomini.” – Il re visigoto Leovigilde fece rinchiudere il figlio S. Ermenegildo in una prigione a Siviglia, per aver abbracciato la fede cattolica, e poi inviò un messaggero a S. Ermenegildo per offrirgli il perdono se fosse tornato all’arianesimo. “Dite a mio padre – rispose il giovane principe – che rinuncio al suo perdono, alla corona, persino alla mia vita, piuttosto che rinnegare la mia fede”; e fu giustiziato (586). La stessa storia è raccontata per Santa Barbara, di Santa Perpetua, del giovane S. Vito, ecc. ecc. Se l’obbedienza al nostro padre terreno ci separasse dal Padre celeste, non potremmo prestarla (S. Ambr.). I genitori che ordinano cose illecite minano la loro autorità; tagliano, per così dire, il ramo che li sostiene. Una volta un padre ordinò al figlio di lavorare la domenica, con il pretesto che ciò fosse buono solo per i bambini. “Allora -rispose il figlio – io non sono obbligato ad obbedire nemmeno a te”, il 4° Comandamento vale solo per i bambini piccoli.” – Tuttavia, i genitori non sono più obbligati a dare ai loro figli ordini, quando non sono più sotto il loro potere, e l’obbedienza si estende solo a quelle cose che i genitori hanno il diritto di comandare. (S. Th. Aq.), ma non alla vocazione; essa viene da Dio e non dai genitori, comprende tutta la vita, e quindi lungo un tempo che non cade più sotto l’autorità paterna. San Francesco d’Assisi non permise al padre di costringerlo a intraprendere la carriera del commercio, né Santa Rosa da Lima di entrare nel matrimonio. Questo non significa che i figli non debbano chiedere consiglio ai genitori che hanno più esperienza di vita e sono portati dall’affetto a dare i consigli più sinceri e vantaggiosi. “Figli miei – dice il libro dei Proverbi (1, 8), ascoltate gli insegnamenti di vostro padre! È soprattutto per la vocazione, per la scelta di uno stato di vita.

3. NOI ABBIAMO DOVERI SIMILI NEI CONFRONTI DEI RAPPRESENTANTI DEI NOSTRI GENITORI, I NOSTRI INSEGNANTI, I NOSTRI SUPERIORI, VERSO GLI ANZIANI.

Dobbiamo rispettare gli anziani: alzarci davanti a loro (Lev. XIX, 32), lasciarli parlare per prima (Sap. XXXII, 4). Gli Spartani tenevano in grande onore i vecchi: un vecchio venne un giorno ad assistere ai giochi olimpici e nessuno si alzò al suo passaggio, tranne gli spartani, che si alzarono tutti per fargli posto. Di Alessandro Magno si dice anche che un giorno, mentre era seduto al fuoco del bivacco, vide un vecchio soldato che tremava per il freddo; si alzò, andò a prenderlo e lo mise in modo che potesse riscaldarsi. Il consiglio di un vecchio è degno di nota; da lui impariamo la saggezza e la prudenza. (Sap. VIII, 9). La gioventù è sconsiderata ma la vecchiaia è prudente ed esperta. Gli anziani consigliarono a Roboamo, figlio di Salomone, di cedere ai desideri del popolo; egli preferì ascoltare gli stolti consigli dei suoi giovani compagni e disse al popolo: “Mio padre vi ha picchiato con le verghe, io vi flagellerò con punte di ferro”. Il risultato fu che 10 tribù si separarono da lui(III Re, XII). Dio stesso aveva istituito tra gli Israeliti un consiglio di 70 anziani (Num. IV, 29); i Romani erano governati dal senato (dal latino senex, vecchio); i Lacedemoni dai Gerontes (vecchio). – Non disprezziamo mai la vecchiaia, perché anche noi vogliamo raggiungerla (Sap. VIII, 9). – I bambini che si burlavano del profeta Eliseo a causa della sua testa calva vennero lacerati dagli orsi. (IV. Re IV). Si deve essere indulgenti verso le debolezze degli anziani, non dire mai una parola dura nei loro confronti, ma parlare loro come ad un padre. (1. Tim. V, 1).

4. DIO HA PROMESSO AI FIGLI CHE RISPETTANO I GENITORI, UNA LUNGA VITA, LA FELICITÀ E LA SUA BENEDIZIONE QUAGGIÙ.

Al Sinai, Dio promise come ricompensa per l’osservanza del 4° comandamento una vita lunga (Es. XX, 12) e S. Paolo assicura la felicità sulla terra a coloro che onorano i loro genitori. (Ef. VI, 3). Giuseppe era molto sottomesso a Giacobbe, che lo preferiva ai suoi fratelli; divenne padrone dell’Egitto e raggiunse l’età di 110 anni (Gen, 4). Se noi amiamo coloro che ci hanno dato la vita, saremo ricompensati con una lunga vita. Un soldato che ha ricevuto un feudo dal suo sovrano merita di mantenerlo finché continua a servire; ma la vita è come il feudo dei nostri genitori, quindi meritiamo di mantenerlo finché li onoriamo. (S. Th. Aq.). Onorare i propri genitori significa onorare la propria età. Dio proporziona la ricompensa al buon lavoro: concede ai figli rispettosi la vecchiaia, che è una vera felicità, perché è l’occasione per accumulare grandi meriti per l’eternità. Nell’Antico Testamento, una lunga vita era una ricompensa tanto più desiderabile perché accorciava il tempo di attesa nel limbo. – Nel Nuovo Testamento, una morte prematura ma santa non è una deroga alla parola di Dio, al contrario, perché questa morte ci porta alla vita eterna. (Ger.) Inoltre, una vita innocente è già una vita lunga, secondo le parole della Scrittura: “una vita senza macchia è una vecchiaia” (Sap. IV, 9), e Dio spesso prende un figlio buono in gioventù, affinché la malvagità del mondo non perverta il suo cuore. (Id. 11). – La benedizione dei genitori sui figli ha effetti salutari; lo vediamo nella benedizione di Noè sui suoi figli Shem e Giafet, il primo dei quali era un antenato del Messia ed il secondo, il ceppo degli europei, la razza cristiana e civilizzata; da quella di Tobia sul figlio prima del suo viaggio. Onora tuo padre perché ti benedica; questa benedizione è il fondamento della casa dei figli (Eccli. III, 10). Chi onora la madre raccoglie tesori per sé (id. 5) ed il bene fatto al padre non sarà mai dimenticato (Id. 15). Molti figli rispettosi raggiungono la fortuna, gli onori (Giuseppe in Egitto) o almeno la vera felicità interiore, perché è meglio essere beati e felici che essere ricchi. (S. Ambr.). – Coloro che onorano i propri genitori hanno “essi stessi figli ben educati che sono la loro felicità. (Eccli. III, 6 e S. P. Dam.),

Peccati contro il 4° comandamento di Dio.

1. SI PECCA CONTRO QUESTO COMANDAMENTO QUANDO SI MANCA AI GENITORI DI RISPETTO, AFFETTO, OD OBBEDIENZA.

Disprezziamo i nostri genitori quando siamo scortesi con loro, quando rispondiamo loro male, arrossiamo di loro, ecc. Cham rise di suo padre Noè, quando quest’ultimo, sorpreso dal vino che non conosceva, si addormentò nella sua tenda senza vestiti sufficienti (Gen. IX.; Noè maledisse lui e i suoi discendenti, che oggi popolano l’Africa e languono nel paganesimo più barbaro. – Si manca di affetto verso i propri genitori quando li si odia, li si trascura nel momento del bisogno, li si deruba, ecc. I figli di Giacobbe rattristarono il loro padre vendendo Giuseppe e lo ingannarono (Gen. XXVII). Assalonne cospirò contro suo padre sotto la porta del palazzo, lo ingannò quando si ritirò ad Ebron e si ribellò a lui (II. Re XV-XVIII). – I figli di Eli peccarono contro di lui per disobbedienza. (I Re II).

2. DIO MINACCIA I FIGLI CATTIVI DI DISGRAZIE E DISONORE QUI SULLA TERRA, UNA MORTE INFELICE E LA DANNAZIONE ETERNA.

La punizione è molto severa, perché è un grande crimine essere ingrato verso i più degni benefattori. S. Agostino racconta che a Cesarea in Cappadocia i due figli di una vedova che avevano insultato e maltrattato la loro madre furono immediatamente colpiti con un tremito di tutte le membra, e che vagarono per il mondo finché non furono guariti a Ippona, sua città episcopale, dalle reliquie di S. Stefano. (Città di Dio, XXII, 8). Chi dimentica il proprio padre e la propria madre sarà dimenticato Dio e sarà consegnato al disonore. (Eccli. XXIII, 19). Come un albero che non porta frutto, così il giovane che è stato disobbediente sarà senza onore nella sua vecchiaia (S. Cipr.). – I cattivi figli spesso muoiono di una morte miserabile come i figli di Héli, che perirono in battaglia (I. Re IV, 11); perfido Assalonne, che combatté contro il padre, fu sconfitto e rimase nella disfatta appeso per i capelli a un albero, dove fu trafitto da Joab con tre giavellotti (II. Re XVIII). – Dio punisce eternamente i figli cattivi. Se si dimostra rigoroso verso coloro che avranno mancato di carità verso i semplici estranei, tanto più sarà terribile per coloro che hanno mancato di affetto verso i loro genitori. (S. Bernardino). Chi non obbedisce ai genitori, dice San Paolo (Rm 1,30), è degni di morte. Sia maledetto colui che non onora il padre e la madre (Es. XXI, lô) e l’occhio di chi li disprezza sia strappato dal corvo e divorato dall’aquila (Prov. XXX, 14). Il popolo, diceva un comando formale di Dio a Mosè, lapiderà un figlio disobbediente e recalcitrante alle ingiunzioni di suo padre e di sua madre affinché tutto Israele loconosca e sia pieno di timore. (Deut. XXI, 18-21). – Per un giusto castigo della Provvidenza, i figli malvagi spesso hanno a loro volta figli malvagi che li maltrattano; questo è un fatto di esperienza. Siamo puniti dove uno ha peccato (Sap. XI, 17). Cham si era preso gioco di suo padre, e dei suoi discendenti, divennero così empi che Dio ordinò la loro distruzione. (Gen. IX).

CATECHISMO DI F. SPIRAGO (XIX)