LA PREGHIERA DI PETIZIONE (1)

LA PREGHIERA DI PETIZIONE (1)

P- B. LAR – RUCHE:

LA PREGHIERA DI PETIZIONE

OSSIA IL MEZZO PIU’ INDISPENSABILOE E NELLO STESSO TEMPO INFALLIBILE PER IMPETRARE DA DIO OGNI BENE E SOPRATTUTTO L’ETERNA SALVEZZA.

Chi sa pregar bene, sa pur vivere rettamente (S. Agost.)

Chi prega, certamente si salva, (S. Alfonso de. Liguori)

Signore, insegnaci a pregare (S. Luca, XI, 1

ISTITUTO MISSIONARIO PIA SOCIETA’ S. PAOLO

N. H., Roma, 15 maggio 1942, Sac. Dott. MUZZARELLI

Imprim., Alba 25 maggiio 1942. Cn. P. Gianolio, Vic. Gen.

Tipogr. – Figlie di S,. Paolo. – Alba – giugno – 1942.

L’Autore a chi legge.

Faccio mie le parole con le quali un certo D. Piazza presentò due anni fa, a mezzo dei tipi di questa stessa Casa Editrice, un opuscoletto intitolato « La Preghiera Cristiana … « Se si sapesse — egli scrisse — se si sapesse che cosa è la preghiera! Io ritengo che la maggior parte degli uomini, e purtroppo anche dei Cristiani, la trascurino e la disprezzino unicamente perchè non ne conoscono la grande necessità e sopratutto l’immensa efficacia. « Ho a dire che uno di questi tali fui io medesimo? — Se dicessi proprio così, non direi il vero. Devo tuttavia confessare che, fino a poco tempo fa, io pure non davo alla preghiera tutta l’importanza. ch’essa giustamente si merita. « Quando però udii il defunto grande Pontefice Pio XI definire S. Alfonso De’ Liguori “il grande Dottore della preghiera ” (e — aggiungo io — lessi le recenti opere « Ut vitam habeant » e « Vivere in Cristo » di autore anonimo), mi posi a ripassar le opere ascetiche di quel gran Santo ed anche quelle di molti altri buoni autori che trattano tale argomento; e finii per convincermi d’aver scoperto un immenso tesoro. « Riflettendo poi che, aprendo tal tesoro anche ad altri, io non ne avrei punto scapitato, ecco che venne fuori questo lavoro, ch’io inetto a disposizione di tutte le anime di buona volontà, pregando di leggerlo con la maggior attenzione possibile. « Se poi qualcuna — come son sicuro — ritrarrà giovamento dai pensieri raccolti in questo libretto, ‘io la supplico a volersi ricordare nelle sue preghiere anche della povera anima mia davanti al Padre ed alla Madre della misericordia ». E non soggiungo altro, poichè sono dei medesimi sentimenti.

L’AUTORE

Introduzione

E’ assai stolto colui che attende ad alcuna cosa all’infuori di quelle che giovano alla propria salvezza (Imit. di Cristo, 1, 2, 2). Oh! è pur bello il pensiero di Dio a nostro riguardo. Vuoi tu conoscerlo? Eccolo in brevi parole: Nell’Antico Testamento: “Dice il Signore: Potrei io voler la morte dell’empio, e non piuttosto ch’egli si converta e viva? » (Ezec. XVIII, 28). Nel Nuovo Testamento: « Dio ha talmente amato il mondo da dare il suo Unigenito Figliuolo, affinchè chiunque crede in lui non perisca, ma abbia la vita eterna » (Gesù in S. Giov. III, 16). Nei tempi apostolici: “Dio vuole che tutti gli uomini si salvino » (I Tim. II, 4). Nei primi tempi della Chiesa: « Noi che siamo stati fatti degni di essere testimoni della venuta di Gesù Cristo, diciamo con perfetta scienza quale sia la buona, gradita e perfetta volontà di Dio dimostrataci a mezzo dello stesso Gesù Cristo, che (cioè) nessuno perisca, ma che tutti gli uomini in Lui unanimemente credenti e a Lui unanimemente lodanti, vivano eternamente co Lui » (Costituz. Apostol. Lib. II, c. 59). – Nel corso dei secoli: « Dio vuole, cioè sinceramente e con tutto l’animo desidera che tutti gli uomini si salvino; ed a tale fine per tutti diede Cristo Redentore, — per mezzo di Lui e in quanto è da Sè — somministra la grazia, i sacramenti e tutti gli altri mezzi necessari alla salvezza; per modo che coloro che si perdono, non si perdono per volontà e predestinazione di Dio, ma unicamente per loro propria colpa e malizia » (Corn. A Lapide). – Ai nostri tempi: « Badate, o miei diletti figliuoli, che voi siete tutti creati pel Paradiso; e Iddio, qual Padre amoroso, prova grande dispiacere quando è costretto a condannare qualcuno all’inferno. Oh, quanto mai il Signore vi ama e desidera che voi facciate buone opere per potervi rendere partecipi di quella grande felicità che a tutti tiene preparata in eterno in cielo! » (S. Giov. Bosco). – Dunque, da quanto ho riferito, appare chiaramente che il pensiero, il desiderio e la volontà stessa di Dio è oltre ogni dire benevola e favorevole verso di noi. Eppure, ciò non ostante, che cosa, succede di fatto?… Ah! per quanto sia spaventoso, leggi pur quanto riferisco in seguito. Disse Gesù: « Entrate per la porta stretta, perchè larga è la porta e spaziosa la via che conduce a perdizione.; e molti son coloro che entrano per questa ». Ed affinchè nessuno ritenesse ch’Egli avesse esagerato o detta una cosa per l’altra, tosto soggiunse « Oh! quanto angusta è la porta e quanto stretta è la via che conduce alla vita; e pochi son coloro che la seguono » (Matt. VII, 18-14). Ed in altra circostanza: e Sforzatevi di entrare per la porta stretta, poichè — ve lo dico io — molti cercheranno di entrare e non vi riusciranno (Luc. XVIII, 23-24). [ (Leggo in un autore modernissimo che passa per la grande, queste parole: « Ma dove mai, in qual passo lugubre del Vangelo questi predicatori di sventura (coloro che ritengono che la maggior parte degli uomini ed anche dei Cristiani adulti vadano dannati) hanno trovata la prova delle loro asserzioni? — Eccolo, proprio in una frase di Gesù, del mite e buon Gesù: Molti sono i chiamati e pochi gli eletti (Matt. XX, 16). E’ strano che tale testo evangelico sia stato così mal tradotto e sì poco capito da quelli che ne fanno un’arma in favore del piccolo numero degli eletti”. — Ed io dico: E strano che un autore come quello non sia riuscito a pescare nel Vangelo, proprio in favore di tal tesi, i testi da me riferiti. Oh! certo anch’io rigetto il Massilon e compagni. Ma chi m’impedisce di stare con S. Alfonso, che citerò subito?…)- Neanche quattro secoli più tardi, troviamo sul pergamo di Antiochia S. Giovanni Crisostomo, uno dei più grandi Padri della Chiesa, il quale ha le seguenti parole che certamente fecero rizzare i capelli a quanti le udirono: “Quanti credete che si salvino nella nostra città? È certo assai grave ciò che sto per dire; ma pure Io dirò: Fra tante migliaia di uomini (dovevano essere circa centomila) non possono essere cento che si salvino. Anzi io dubito pur di questi pochi. Infatti quanta malizia c’è nei giovani! quanto torpore nei vecchi! Nessuno ha un po’ di zelo!” (Omel, 40 al popolo). Dunque appena uno per mille!… Certo allora ad Antiochia molti erano ancor pagani. Pur tuttavia la sentenza del Santo Patriarca dà assai a pensare. Ed essa non è stata condannata dalla Chiesa, nè espulsa dalle sue opere. Quindi per quei tempi deve avere un certo valore. – Intorno al 1700 il beato Antonio Baldinucci S. J. chiaramente predicava all’aperto ad una gran folla, in vista d’un lbell’albero carico di foglie. Discorreva sull’inferno. Ad un trattò, come ispirato, fece questa domanda all’uditorio « Miei fratelli, volete voi sapere quanto grande sia il numero di coloro che si dannano? Guardate quell’albero ». — Tutti gli occhi si portarono su di esso; ed ecco un soffio di vento improvviso e gagliardo agitò tutti i rami della pianta, e fece cadere le foglie in tale abbondanza che non ne rimasero che poche, facili a contarsi. — « Ecco — soggiunse l’uomo di Dio — ecco quante sono le anime che si perdono e quelle che si salvano. Prendete le vostre precauzioni per essere del numero di queste ultime » (Vita del Beato). — Che siansi salvati almeno coloro che assistettero a quello spettacolo?… La storia non lo dice, ed io non lo so. Circa mezzo secolo più tardi S. Alfonso De’ Liguori osò scrivere le seguenti parole : « La sentenza più comune è che la maggior parte dei Cristiani (parlando degli adulti) si danna » (Appar.. alla morte, XVII). Ed oggi?… Purtroppo anche oggi « siamo condannati a vedere l’umanità fluttuante correre accanto a noi verso il piacere, l’inutile, il nulla, l’inferno! » (Plus: Gesù Cristo nei suoi fratelli). Dunque parrebbe che, quantunque Dio voglia salvi tutti gli uomini, moltissimi invece egualmente si perdono e precipitano nell’inferno. Ma come? !… ma perchè?!… ma può mai essere che sia così?!… – Nel settembre 1937 un bravo scrittore, in « “Noi uomini!”, classificò gli uomini moderni nelle seguenti categorie: l’uomo che non crede, l’uomo che se ne infischia, l’uomo che ride, l’uomo delle fogne, l’uomo che crede di credere e — finalmente — l’uomo veramente Cattolico. Orbene se, in via ordinaria, « qual la vita, tal l’uscita — qualis vita, finis ita » (S. Agostino), quali sono davvero in condizione di potersi salvare, all’infuori di quest’ultimo?… Me lo dica chi lo sa! « Ma allora — dirà taluno a questo punto — dove se ne va la bontà e la misericordia di Dio? » — Oh, bella! Nego io forse la misericordia di Dio?!… Io non faccio altro che constatare la grande follia, stoltezza ed insipienza degli uomini riguardo al sommo affare della loro eterna salute. Ed è purtroppo appunto questo che non si vuol riconoscere da tanti al giorno d’oggi. La misericordia di Dio !… Ma sai tu quanto essa ha fatto e continuamente fa perchè gli uomini non si dannino? Essa ha disteso e continua a tener teso come un immenso reticolato di ferro sopra l’inferno, per impedire che gli uomini abbiano a precipitarvi. E gli uomini — almeno tanti uomini, anzi troppi uomini — che cosa fanno invece?… Essi sforzano continuamente colle stesse loro mani le maglie di quella rete, per potervi cadere dentro. Per preservarli da tale sciagura il Signore dovrebbe togliere loro il più bel dono che già loro diede, cioè la libertà di pensare, di volere e di operare: in altre parole dovrebbe privarli della vita e della natura di uomini: cosa che Dio non può fare senza rinnegare la sua opera. Vuoi invece avere un saggio del contegno degli uomini: di quel contegno che conduce molti di essi all’eterna dannazione?… Te lo farò chiaramente vedere in tre tipici quadretti, che qui ti metto innanzi. Una mamma invia il suo figliuolo a portar la merenda al babbo che lavora in campagna; ed il ragazzo, anzichè sollecitare il passo verso il luogo dove lo attende il padre, si trattiene a curiosare qua e là, si ferma a stanar grilli, va a saccheggiare nidi d’uccelli, rincorre libellule e farfalle, si trattiene a giocare con tristi compagni. E intanto il buon babbo aspetti! – Ma non è pur questo il contegno di tanti uomini di fronte a Dio?… Sì, il buon Dio aspetta, e quanto aspetta! Ma dovrà pur venire un giorno la resa dei conti, poichè non siamo immortali. Ed allora?… Eh! allora, se non potremo negare d’aver avuto l’uso della ragione, la ci andrà molto male! – Un’altra storiella. Un colono ha un campo che, con un po’ di lavoro e fatica, potrebbe rendere assai. Ma quel colono non pensa a svellerne le erbacce che vi crescono, non si cura di coltivarlo, anzi ad ogni ora ci butta in quel già misero campo rovi, sterpi, grovigli, ghiaia, pietre e perfino grossi macigni. Ora si può chiedere: Che sarà di quel campo trattato a quel modo? Che ne dirà il padrone? E che farà egli dell’infingardo ed insipiente colono? — Orbene, ciò che del campo affidatogli fa quell’insensato colono, facciamo troppo spesso noi dell’anima nostra. Non facciamo nulla per estirparne i vizi e le cattive inclinazioni, trascuriamo di coltivarla affinchè produca opere virtuose, e — ciò che è peggio — la riempiamo, ad ogni piè sospinto, di imperfezioni, di colpe, di peccati, di disordini, e perfino di delitti. Or che sarà di lei? Che ne dirà Iddio? E quale sarò la sua, la nostra sorte?… Non ci vuole grande intelligenza per intravvederla. Ma prendiamo pure un uomo effettivo, e prendiamolo da quella categoria che nel mondo è considerata come la più saggia e giudiziosa. Ecco dunque quest’uomo che, al termine dei suoi giorni, può farsi con tutta coscienza questo discorsetto: « Oh, bene! Ho sostenuto la mia famiglia, ho nutrito ed allevato tre buoni e bravi figliuoli, ho fabbricato case, ho comperato poderi, ho fatto eccellenti affari, mi son diportato da vero patriotta, lascio un buon nome in paese: insomma sono stato un uomo nel vero senso della parola! Bene! — gli dirò io — mi congratulo e mi felicito con te! Ma dimmi un po’: Sono stati tutti onesti i tuoi affari? Le tue case e i tuoi poderi non grondano forse del sangue dei poveretti da te strozzati? E non c’è forse anche qualche donna che ti maledice o ti maledirà? Non hai mai macchiato la tua lingua con bestemmie, iinprecazioni, discorsi sozzi, inganni e calunnie? Hai osservata la legge dell’astinenza e del digiuno? Hai fatto sempre bene la tua Pasqua e sei stato fedele alla Messa domenicale, al Catechismo e al riposo festivo? Ti sei spesso ricordato del Signore che ti diede tanti beni, e ne hai fatto parte ai poveri? Hai maliziosamente limitato il numero dei figli, ed a quelli che hai accettato hai procurato d’istillare il santo timore ed amor di Dio? Insomma, oltre ad aver fatto quanto hai detto sei pur vissuto da buon Cristiano?… Orbene, se mi puoi rispondere affermativamente, tutto va bene. Ma se per tua disgrazia, mancasti gravemente ai tuoi doveri di seguace di Gesù Cristo e non hai fatto il possibile per riparare a questi tuoi errori, allora devi pur riconoscere di aver fatto tutto fuorcbè ciò che realmente dovevi fare; e di te si può dire francamente: « Hai nome d’esser vivo, ed invece sei morto » (Apoc. III, 1). Sì, davanti a Dio tu non sei altro che un gran miserabile. – Ecco in tre specchietti riprodotta la triste e lagrimevole condizione morale e spirituale in cui oggi versa, si può dire, la maggior parte degli uomini, anche dei nostri paesi cristiani. – Eh, lo so! Tutta questa quasi generale attività umana contro le disposizioni di Dio, contro i dettami della sana ragione e contro il bene spirituale, morale e soprannaturale non solo dei singoli individui ma anche della stessa società, non è dagli uomini appreso e voluto come male. La sarebbe troppo grossa! Tuttavia è un fatto indiscutibile che gran parte di questi uomini, dei quali unica mira e continua preoccupazione su questa terra dovrebbe essere quella di dare onore a Dio col procurar di fare sempre tutto ciò ch’Egli comanda e di evitare ciò ch’Egli proibisce, e ciò non solo per meritarsi l’immenso premio da Lui promesso e schivare l’eterno castigo da Lui minacciato, ma sopratutto per l’infinito merito ch’Egli ha della nostra illimitata e spontanea sottomissione, non ha invece altro a cuore (e i fatti lo dimostrano ad evidenza) che di affannarsi insensatamente in una caccia continua agli onori, alla roba, al denaro, ai divertimenti ed ai piaceri, senza punto badare se tutte queste cose — pur non cattive in se stesse — possano sempre, dovunque, in ogni maniera e in qualsiasi circostanza aversi colla benedizione di Dio; e così vanno quasi sempre, e contro ogni loro previsione ed aspettativa, incontro alla propria rovina morale, spirituale ed anche materiale già in questo mondo, e poi spessissimo pure alla irreparabile loro rovina eterna. E così viene a verificarsi ancora la tremenda sentenza dello Spirito Santo che dice: « Tanti vogliono passare allegramente i loro giorni su questa terra; e poi in un lampo piombano nell’inferno » Giob. XXI, 13). Non si conculcano però impunemente i diritti di Dio, non si può passar sopra ai dettami della coscienza, né è lecito — almeno nei nostri paesi — ignorare o fingere d’ignorare la sovrana legge di Dio, predicata abitualmente nelle nostre chiese. Lo si tenga bene a mente! Sì, convengo che in punto di morte a qualcuno sia dato di aggiustare alla meglio le sue partite con Dio, in cui « la misericordia trionfa del giudizio » (Giac. II, 13). Ma che s’ha a pensare dei tantissimi che vengono colpiti da paralisi al cervello, che muoiono per improvvise tragiche disgrazie, che, pur sapendosi gravemente inferml, si ingegnano di far chiamare i congiunti lontani, il notaio, ed il medico, e non si prendono il minimo pensiero di mettersi anche nelle mani di un Sacerdote per assestare i grovigli della propria coscienza?… Oh! io certo di fronte a morti di questa sorte non dirò con Balaam: “Siano tali anche gli ultimi momenti della mia vita” (Num. XXIII, 10). No, non mi sento in animo di dire così. Sicchè — mi dice qui certamente più di uno dei miei scarsi lettori — secondo te la maggior parte degli uomini, anzi dei Cristiani stessi, va all’inferno?

E rispondo: Non ho veste che mi consenta di dare un giudizio definitivo. So però che vanno certamente all’inferno tutti coloro che non servono Dio e muoiono in peccato mortale. Siccome poi “a Dio solo è noto il numero di coloro che saranno elevati all’eterna felicità del Paradiso” (Dalla Liturgia), così ritengo pure che Dio solo sia in grado di conoscere a qual numero ascendano coloro che van dannati; nè vale la pena di scrutare questo mistero, che resterà impenetrabile fino all’ultimo giorno del mondo.

Ma per conto mio, onde mettermi al sicuro da qualche brutta sorpresa al termine della mia vita temporale, credo prudente seguire il pensiero dei Ss. Apostoli Pietro e Paolo, dei quali quest’ultimo ci dice: “Operate la vostra salvezza con timore e tremore” (Filip. II, 12), ed il primo: « O fratelli, vieppiù studiatevi di rendere certa la vostra vocazione ed elezione per mezzo delle buone opere” (2 Pietr. 1, 10). E chi vuol seguirmi mi segua. – Ad ogni modo per salvarsi non basta affatto quella stolta speranza che tanti ‘nutrono di “beccarsi” un po’ di Paradiso senza fare nulla o quasi nulla per meritarselo, ed anzi continuando ad accumulare peccati sopra peccati. Questo non è altro che il detestabile « pecca fortiter et crede firmiter » di Lutero, senza alcun timore dei divini giudizi, che poi in punto di morte va a risolversi nella più nera disperazione foriera dell’impenitenza finale e delle pene eterne dell’inferno. Nulla però impedisce, nè a me, nè ad alcuno, di poter ricercare qualche buon mezzo che ci faciliti questa unica opera veramente necessaria della nostra eterna salvezza. – E questo faccio io pure in questo piccolo lavoro sopra la preghiera di petizione; poichè mi sembra d’aver trovato appunto in questa preghiera, tanto squalificata, disprezzata e trascurata, quel mezzo oltre ogni altro necessario ed efficacissimo per raggiungere effettivamente lo scopo finale di tutta la nostra vita, che è la salute eterna. E’ vero: Dio non si accontenta, nè può accontentarsi, delle sole nostre preghiere. Ci vogliono — come vedremo — tante altre cose. Ma tutte queste altre cose il Signore ce le darà soltanto alla condizione che gliele domandiamo. Se non gliele chiederemo, noi o non le avremo, oppure le avremo scarse ed imperfette, cioè tali che non ci gioveranno a salute. Leggi perciò, anzi medita posatamente — capitolo per capitolo — quest’operetta. Io t’assicuro che, prima ancora che tu ne sia giunto alla metà, sarà pur già svanita ogni cattiva impressione che possono averti lasciate le cose da me or ora riferite; poichè nella preghiera ben fatta avrai scoperto quel mezzo facile ed infallibile che ti assicurerà una vita santa seguita da una morte santa che ti aprirà la bella porta della gloria santa del Paradiso. Tutte cose che io ti auguro di vero cuore.

IL CATECHISMO DI F. SPIRAGO (XIV)

IL CATECHISMO DI F. SPIRAGO (XIV)

CATECHISMO POPOLARE O CATTOLICO SCRITTO SECONDO LE REGOLE DELLA PEDAGOGIA PER LE ESIGENZE DELL’ETÀ MODERNA

DI

FRANCESCO SPIRAGO

Professore presso il Seminario Imperiale e Reale di Praga.

Trad. fatta sulla quinta edizione tedesca da Don. Pio FRANCH Sacerdote trentino.

Trento, Tip. Del Comitato diocesano.

N. H. Trento, 24 ott. 1909, B. Bazzoli, cens. Eccl.

Imprimatur Trento 22 ott. 1909, Fr. Oberauzer Vic. G.le.

PRIMA PARTE DEL CATECHISMO:

FEDE (11).

8. Art. del simbolo: lo Spirito Santo.

I. LA GRAZIA DELLO SPIRITO SANTO CI È NECESSARIA.

.1. Lo Spirito Santo è la terza Persona di Dio, di conseguenza è Dio; è quindi eterno, presente ovunque, onnisciente, onnipotente.

Lo chiamiamo Spirito Santo perché il Padre e il Figlio rivelano la loro santità attraverso di Esso. (Scheeben, erudito trologo tedesco gesuita, 1835-1888). Lo Spirito Santo è Dio da Dio, come una luce è dalla luce da cui è stata accesa. (Tert); come Il vapore che galleggia sopra le acque, non è di altra natura rispetto alle acque, così lo Spirito Santo è consustanziale al Padre e al Figlio. (S. Cyr. Al.). Io scaccio i demoni – disse Cristo – per mezzo del dito di Dio”, cioè con lo Spirito Santo. Così come il dito è della stessa sostanza del corpo da cui proviene, così lo Spirito Santo ha necessariamente la natura divina (S. Isid.); è chiamato dito di Dio perché è attraverso di Esso che il Padre ed il Figlio entrano in contatto con noi, perché è stato Lui a scrivere le tavole della legge (S. Athan.). L’eternità, l’onnipotenza e l’immensità dello Spirito Santo sono state definite dalla Chiesa contro i Macedoniani teretici nel 2° Concilio Ecumenico di Costantinopoli, nel 381. – Lo Spirito Santo procede dal Padre e dal Figlio (cfr. p. 57). I Greci rifiutarono di credere a questo dogma e si separarono dalla Chiesa cattolica nell’867 e nel 1053. – Una curiosa coincidenza! Costantinopoli fu conquistata dai Turchi nel 1453, proprio il giorno di Pentecoste.

2. LA MISSIONE DELLO SPIRITO SANTO È QUESTO DI COMUNICARE LE GRAZIE MERITATE DA GESÙ CRISTO NEL SACRIFICIO DELLA CROCE.

Lo Spirito Santo non produce quindi alcuna nuova grazia; agisce solo per completare e rendere fecondo ciò che Cristo ha iniziato; quando il sole sorge, non porta nessun seme sulla terra che illumina con i suoi raggi, ma fa germogliare e crescere i semi già esistenti. – La grazia è un beneficio concesso senza essere obbligati (gratuitamente). Quando un sovrano concede la vita ad un criminale condannato a morte, si dice che gli abbia concesso la grazia. Giuseppe II una volta concesse la grazia ad un bambino. Egli se lo incontrò piangente in una strada di Vienna e gli chiese il motivo delle sue lacrime. Il bambino era andato a vedere un medico per la madre malata, che si rifiutava di venire se non veniva pagato in anticipo. L’imperatore si recò a casa della madre e le scrisse un vaglia di 50 ducati dal tesoro imperiale. Dio fa lo stesso con noi: ci investe di benefici senza alcun merito da parte nostra (Rom. II, 23). Lo scopo di questi benefici divini è talvolta temporaneo, come la salute, la ricchezza e i talenti, e a volte per la nostra salvezza eterna, come il perdono dei peccati”. È dei benefici di quest’ultima specie di cui parliamo qui sotto il nome di grazia. Queste sono le grazie che Gesù Cristo ha guadagnato per noi sulla croce.

3. L’AIUTO DELLO SPIRITO SANTO È ASSOLUTAMENTE INDISPENSABILE PER LA NOSTRA SALVEZZA.

Con le sue sole forze naturali, l’uomo non è in grado di ottenere il paradiso. Ad esempio, si trova in un giardino davanti a un bell’albero e tende le braccia verso il frutto, senza raggiungerlo; arriva il padre, solleva il bambino, che può così raccogliere il frutto. Lo stesso vale per l’uomo: da solo, con le sue forze naturali, è impotente a raggiungere la felicità eterna senza l’aiuto dello Spirito Santo. I nostri occhi non possono vedere o distinguere oggetti troppo lontani, ma hanno bisogno di un telescopio, il nostro braccio ha bisogno di una leva per i carichi troppo pesanti; allo stesso modo le facoltà naturali della nostra anima, così limitate, la nostra ragione e la nostra volontà hanno bisogno di un aiuto soprannaturale per raggiungere la beatitudine eterna; lo Spirito Santo è per l’anima ciò che il telescopio è per l’occhio, la leva per il braccio. Ecco perché Gesù Cristo ha detto: “Se qualcuno è privo dello Spirito Santo, non può entrare nel regno dei cieli. (S. Giovanni III, 5). Non c’è vita senza luce, non c’è navigazione senza nave. È impossibile senza lo Spirito Santo, il soffio di Dio, entrare nel porto della salvezza. (San Macario).

SENZA LO SPIRITO SANTO, NON SIAMO IN GRADO DI COMPIERE IL MINIMO ATTO MERITORIO.

Non possiamo fare nulla senza l’aiuto di Dio, “la nostra capacità viene da Dio”. (II Cor. 111, 5). Dal peccato originale siamo come un malato che, senza l’aiuto degli altri, non è in grado di alzarsi dal letto (S. Tommaso Aq.), ad un bambino che non può badare a se stesso, lavarsi o vestirsi da solo, e che, con gli occhi implora sua madre, versa lacrime finché lei non ha pietà di lui e lo aiuta. (S. Macario). Senza lo Spirito Santo siamo, nonostante i nostri sforzi, come gli Apostoli che, nonostante una notte intera di lavoro, non avevano preso nulla. – L’uomo è incapace di lavorare nelle tenebre; non può fare alcun bene senza la luce della grazia dello Spirito Santo. Il corpo è incapace di qualsiasi azione se non è animato dall’anima; anche l’anima non può fare nulla per il cielo se non è aiutata dal S. Spirito che è la sua vita (S. Fulg.). La luna non brilla senza ricevere luce dall’esterno, così l’anima non può fare nulla di meritorio senza la luce della grazia. (S. Bonav.). La nostra anima produce frutti solo quando è innaffiata dalla pioggia della grazia dello Spirito Santo. (S. Hil.) Senza pioggia non cresce l’erba, non si apre il fiore, non matura il raccolto.; allo stesso modo ogni virtù è impossibile senza la grazia. (S. Greg., S. Iren) La grazia non fa nulla senza la volontà, e la volontà non può produrre alcuna opera meritoria senza la grazia; la terra non fa germogliare nulla senza la pioggia e la pioggia non produce nulla senza essere prima ricevuta dalla terra (S. G. Cris.). L’inchiostro è indispensabile alla penna dello scrittore, e la grazia dello Spirito Santo è essenziale per scrivere le virtù nell’anima (S. Th. Aq.). – Ogni opera meritoria è dunque comunemente prodotta dallo Spirito Santo. e dalla nostra libertà (I. Cor. XV, 10), proprio come il maestro e l’allievo scrivevano insieme quando il primo guidava la mano del secondo. Non possiamo mai attribuirci i meriti delle nostre opere buone. I movimenti del corpo sono opera dell’anima che lo anima, e le nostre opere buone devono essere attribuite a Dio che dà vita alla nostra anima (Rodriguez). Possiamo prenderci il merito delle nostre buone azioni con la stessa facilità con cui un soldato in particolare può prendersi il merito della propria vittoria e non di quella del generale. generale. (San Valeriano).

Con l’aiuto dello Spirito Santo, possiamo compiere il lavoro più difficile.

“Posso fare ogni cosa – dice San Paolo – in Colui che mi fortifica”. (Fil. IV, 13). Gli Apostoli non avevano certo le qualità necessarie per convertire il mondo, né Davide per governare un popolo, né Giuseppe per giustificare la fiducia del Faraone; è il 8. Spirito che li ha resi capaci di ciò che hanno fatto.

2. LE OPERE DELLO SPIRITO SANTO.

Lo Spirito Santo:

1. concede a tutti gli uomini la grazia attuale,

2. concede a molti uomini la grazia santificante;

3. spesso i suoi sette doni, raramente le grazie straordinarie;

4. conserva e dirige la Chiesa cattolica.

I. La grazia attuale.

1. Lo Spirito Santo agisce spesso su di noi in questa vita, illuminando la nostra comprensione, rafforzando la nostra volontà. Questa azione temporanea dello Spirito Santo si chiama grazia attuale o divina ispirazione.

A Pentecoste lo Spirito Santo ha esercitato questa azione sugli Apostoli; illuminò le loro menti e rafforzò la loro volontà. In precedenza erano stati uomini ignoranti, che Cristo stesso chiamava uomini che tardavano a credere (Lc. XXIV, 25), e da quel momento in poi ebbero risposte per tutto; prima erano timorosi e tenevano le porte chiuse, ora erano audaci come leoni. Le lingue di fuoco significavano la luce della comprensione; la tempesta, la forza della volontà (la tempesta sradica i grandi pini). – Lo Spirito Santo agisce come il sole, che illumina e riscalda; illumina la mente e riscalda la volontà di bene. Appena il sole sorge, la luminosità delle stelle scompare e vediamo solo la sua luce; allo stesso modo l’illuminazione dello Spirito Santo ci fa disprezzare tutto ciò che abbiamo amato nelle tenebre del peccato, i piaceri della tavola, del gioco, del ballo, ecc. e tutti i nostri pensieri si rivolgono a Dio. La luce del sole fa vedere anche la vera forma delle cose, le profanazioni del nostro corpo o dei nostri abiti, le strade lontane; la luce dello Spirito Santo ci permette di cogliere la verità del mondo, il vero valore delle cose terrene, i nostri peccati, il vero scopo della nostra vita. – Appena il calore del sole si fa sentire, il ghiaccio si scioglie e le piante cominciano a diventare verdi; il calore dello Spirito Santo rende morbida la durezza del nostro cuore attraverso l’amore per Dio e per il prossimo, ci fa produrre rami verdi, cioè atti meritori per il cielo.. – Lo Spirito Santo è una luce che proviene dal Padre delle luci (S. Giacomo I, 17); la grazia attuale è una luce che illumina e muove i peccatori. (S. Aug.) – Nel linguaggio comune, la grazia attuale è chiamata ispirazione divina o anche grazia di aiuto, perché costituisce un aiuto temporaneo per realizzare la nostra salvezza. Cristo ci rappresenta la grazia attuale nella figura del buon pastore che segue la pecora smarrita finché non la ritrova. (Luca XV).

Lo Spirito Santo esercita questa azione in diverse circostanze: attraverso una predica, una buona lettura, una malattia, un lutto, immagini o esempi edificanti, ammonizioni di superiori o amici, ecc.

S. Antonio l’eremita (+ 366) ricevette l’influenza dello Spirito Santo attraverso il sermone sul giovane ricco; i Giudei di Gerusalemme attraverso la predica degli Apostoli il giorno di Pentecoste; S. Ignazio di Loyola (+ 1556), attraverso la lettura della Passione e delle vite dei santi; San Francesco d’Assisi (+ 1226), attraverso una malattia; San Francesco Borgia (+ 1572), attraverso la visione del cadavere della regina Isabella; San Norberto (+ 1134), a causa del pericolo che corse per un fulmine; e così via. In tutte queste anime si produsse una presente una trasformazione subitanea scaturita dall’ispirazione divina dello Spirito Santo. Tutti potevano dire, come San Cipriano: “Quando lo Spirito Santo è entrato nella mia anima, mi ha cambiato in un altro uomo”. – Quasi sempre Dio fa precedere queste ispirazioni dalla sofferenza. La cera non riceve l’impronta del sigillo se prima non viene ammorbidita dal fuoco e schiacciata da una pressione.

L’uomo non è sensibile all’azione dello Spirito Santo finché non è stato ammorbidito dalla sofferenza. La carta viene prima impastata e smaltata prima di poter essere usata per la scrittura, e l’uomo ascolta l’ispirazione dello Spirito Santo solo dopo essere stato purificato dai suoi desideri malvagi.

2. A VOLTE. PER MIRACOLO, L’AZIONE DELLO SPIRITO SANTO POTEVA ESSERE VISTA ED UDITA.

È il caso del battesimo di Gesù, quando si vide la colomba e si udì la voce dal cielo, alla Pentecoste con le lingue di fuoco ed il vento impetuoso, alla conversione di San Paolo. Per donarci lo Spirito Santo, Gesù Cristo ha istituito i Sacramenti, che possono essere percepiti anche con la vista e l’udito.

3. LO SPIRITO SANTO NON CI VIOLA, CI LASCIA LA NOSTRA COMPLETA LIBERTÀ.

Lo Spirito Santo è come una guida che possiamo seguire o meno, soprattutto la colonna di fuoco e di nube che indicava agli israeliti la strada per la Terra Promessa. Lo Spirito Santo è una luce divina, alla quale possiamo chiudere gli occhi. “Seguire la chiamata di Dio o rimanere sordi ad essa è una questione di libero arbitrio”. “Dio non agisce su di noi come su pietre o esseri senza ragione o libertà” (S. Aug.). Dio rispetta la libertà dell’uomo, non la distrugge nemmeno quando l’uomo la usa per perdersi (Mons. Ketteler). Dio non permette allo spirito maligno di toglierci la libertà, non la toglie lui stesso (Santa Gertrude).

L’uomo può collaborare con la grazia attuale, ma può anche resistere.

Saulo collaborava con la grazia, ma il giovane ricco (S. Luc. XVIIÏ) le resisteva. Coloro che, a Pentecoste, si fecero beffe degli Apostoli facendoli passare per ubriachi resistevano alla grazia (Act. Ap. II, 13), così come quelli che deridevano S. Paolo che predicava il Vangelo e la risurrezione dei morti davanti all’areopago di Atene (ibid. XVII, 32). Anche Erode, che aveva saputo della nascita di Cristo dai Magi, si rifiutò di collaborare con la grazia. Anche Lutero si oppose alla grazia alla Wartburg scagliando il suo calamaio contro il muro, dicendo contro il demonio; non era il diavolo che lo perseguitava con questi pensieri: Chi ti ha dato questa missione? Sei saggio tu solo? – Se qualcuno vuole sposarsi, fa una proposta di matrimonio alla persona di cui cerca la mano e il cuore. Questa persona può accettare o rifiutare la richiesta. Dio fa lo stesso: ci fa le sue proposte e noi possiamo accettarle o rifiutarle. (S. F. de Sales). Chi resiste abitualmente alla grazia attuale e muore in questa resistenza, commette un peccato grave e irremissibile contro lo Spirito Santo; assomiglia a satana che resiste ostinatamente alla verità. Da qui l’avvertimento della Scrittura: “Se oggi udite la sua voce, guardatevi dall’indurire i vostri cuori”. (Sal. XCIV, 8).

Chi collabora con la grazia attuale riceve grazie più abbondanti; chi vi resiste perde tutte le altre grazie e subirà un giudizio terribile.

Beato chi collabora con la grazia! Colui che ne utilizza la prima, se ne attira tutta una serie. La grazia usata è come un seme che germoglia. Il servo che ha usato bene i suoi cinque talenti, ne riceve altri cinque come ricompensa. (Matteo XXV, 28). A chi ha già, dice Gesù Cristo, sarà dato di più e sarà nell’abbondanza; ma a chi non ha nulla sarà tolto anche quello che ha. (ibid. XIII, 12). – Ma guai a chi resiste alla grazia. Gerusalemme subì un terribile giudizio (70 d.C) per non aver riconosciuto il giorno in cui Dio l’aveva visitata, le aveva offerto la grazia. (S. Luc. XIX, 41). È alla resistenza alla grazia che si applicano le parole di Gesù: “Getta il servo inutile nelle tenebre esteriori dove ci sarà pianto e stridore di denti” (S. Matth. XXV, 30). Un grande signore è irritato per il mancato rispetto dei suoi doni e dei suoi benefici, Dio, il sovrano padrone del cielo e della terra, è irritato dal rifiuto della grazia dello Spirito Santo, il suo beneficio più importante. “Dio abbandona i pigri” (S. Aug.). Colui che ottiene langrazia senza usarla, non raggiungerà il cielo, più di quanto uno non raggiunge la meta del suo viaggio non salendo sul treno quando questo è in stazione. Il momento attuale della grazia è come il momento critico di una malattia. Se non stiamo attenti, rischiamo la vita. – Molti uomini, ahimè, rendono vane le grazie divine e con le distrazioni e i piaceri mondani respingono lo Spirito Santo che voleva agire su di loro nei momenti di lutto, nelle feste della Chiesa, attraverso la ricezione dei Sacramenti. Dovrebbero invece ritirarsi in solitudine, riflettere seriamente, ricorrere alla preghiera. purificare la propria coscienza con la confessione, come fece Sant’Ignazio di Loyola che, dopo la sua conversione, si ritirò per diversi mesi nella grotta di Manresa per diversi mesi, e Santa Maria egiziaca, che dopo la sua conversione si confessò e si stabilì nel deserto. I piloti salpano non appena si accorgono che il vento è favorevole; allo stesso modo dobbiamo lasciarci condurre, non appena sentiamo il soffio dello Spirito Santo (Louis de Gren.). Se non seguiamo la grazia con docilità e prontezza, Dio la ritira da noi. La grazia è come la manna, che doveva essere raccolta al mattino presto e che i pigri trovavano sciolta. (San F. de Sales). – Più grandi sono le grazie ricevute, più grande è la responsabilità (S. Grég. M.), perché, dice Gesù Cristo, molto sarà chiesto a colui al quale molto è stato dato.m(S. Luc. XII, 48).

4. LO SPIRITO SANTO AGISCE SU PECCATORI E GIUSTI, ERETICI ED INFEDELI, COSÌ COME SUI CATTOLICI.

Il buon Dio è come il buon pastore (San Giovanni X) che segue la pecora perduta finché non la trova. (S. Luc. XV). Gesù Cristo, la luce del mondo, illumina ogni uomo che viene al mondo (S. Giovanni I, 8); Dio vuole che tutti gli uomini siano salvati e giungano alla conoscenza della verità (L Tim. II, 4).

Lo Spirito Santo ha agito per la salvezza degli uomini fin dall’inizio del mondo, ma si è dato nella sua pienezza solo dalla Pentecoste.

Durante la prigionia ebraica a Babilonia, lo Spirito Santo agiva spesso sul popolo attraverso i numerosi miracoli che compiva per glorificare Dio: i tre giovani nella fornace, Daniele nella fossa dei leoni. I patriarchi e i profeti erano stati illuminati dallo Spirito Santo, e forse anche i filosofi come Socrate, che aveva riconosciuto l’unità di Dio e fu condannato a morte per averla insegnata (399 a.C.). Così come il sole, prima ancora di apparire, è annunciato dai suoi raggi, così Gesù Cristo, il Sole della giustizia: la sua venuta è preceduta dai raggi luminosi dello Spirito Santo. Così come acconsentiamo ai prestiti quando ci aspettiamo di ricevere del denaro, così Dio ha dato la sua grazia dell’Antico Testamento, in vista della futura soddisfazione del Salvatore.

Ma lo Spirito Santo non distribuisce le sue grazie in modo uguale a tutti gli uomini.l; è più generoso nei confronti dei membri della della Chiesa cattolica.

Uno dei servi ricevette cinque talenti, l’altro due, il terzo uno solo. (S. Matth. XXV, 15). Gli ebrei ricevettero più grazie dei pagani. La Vergine, più di tutti gli altri uomini; le città di Corozaïn e di Betsaida più di Tiro e Sidone; Cafarnao, più di Sodoma (ibid. XI, 31). Ci sono delle grazie universali di cui tutti gli uomini, senza eccezione, sono partecipi; altre grazie sono particolari, cioè concesse solo ad alcune anime destinate da Dio ad una speciale vocazione. (Marie Lat.). Alcune grazie si ottengono attraverso le preghiere di altri o attraverso la corrispondenza alla prima grazia; S. Agostino ottenne più grazie attraverso la preghiera di altri Agostino ottenne più grazie attraverso l’intercessione della madre che mille altre anime; S. Paolo ricevette grandi grazie attraverso la preghiera di altri. Paolo ricevette grandi grazie attraverso le preghiere di Santo Stefano. Gli Apostoli ricevettero molte grazie perché seguirono subito la chiamata di Gesù.

Lo Spirito Santo non agisce sulle anime in modo continuo, ma ad intervalli.

S. Paolo scrisse ai Corinzi: “Ora è il tempo opportuno, ora è il giorno della salvezza”. (2 Cor. VI, 2). Nella parabola della vigna, gli operai sono chiamati una sola volta per ogni serie (S. Matth. XX). La Quaresima, le missioni, il Giubileo sono tempi di grazia; sono come le fiere dove le merci sono più numerose e più economiche. Senza dubbio, lo Spirito Santo può essere acquistato senza denaro e completamente gratuito (Is. LV, 1).

Attingete alle fonti della grazia, per quanto potete, a fiumi interi; verrà un tempo in cui non potrete più bere da esse (S. Ephr.).

5. LE GRAZIE ATTUALI SI OTTENGONO FACILMENTE CON LE OPERE BUONE, LA PREGHIERA, IL DIGIUNO E LELEMOSINA., CON L’USO DEI MEZZI DI SANTIFICAZIONE DELLA CHIESA, LA SANTA MESSA, I SACRAMENTI E LA PREDICAZIONE.

La grazia di Dio non può essere meritata rigorosamente con le opere, dalle buone azioni, altrimenti non sarebbe più grazia (Rm XI, 6). Le opere buone sono necessarie, perché Dio, che ci ha creati senza di noi, non ci salverà senza di noi. (S. Aug.) Quando un mendicante tende la mano per chiedere l’elemosina, questo movimento non costituisce un diritto, ma è necessario per ricevere l’elemosina. (Allioli). Dio ci ha salvati, non per le opere della giustizia che abbiamo fatto, ma per la sua misericordia (Tt II I, 5). Se quindi facciamo molte opere buone, otteniamo più facilmente le grazie. Lo Spirito Santo concede a ciascuno ciò che gli piace (I. Cor. XII, 11), tuttavia secondo la preparazione e la cooperazione di ciascuno. (Conc. de Tr. VI 7); il numero delle grazie attuali è dunque in proporzione alle opere buone. Un mezzo molto efficace per ottenere le grazie è l’invocazione dello Spirito Santo, perché il Padre che è nei cieli dà il buono Spirito a coloro che glielo chiedono (S. Luc.-Xl. 43). – L’invocazione della Beata Vergine non è meno efficace, perché Maria è piena di grazia e dispensatrice di tutte le grazie divine. Questo titolo non è esagerato, perché è il linguaggio dei più grandi Santi, e non è decoroso credere che abbiano mancato la verità, perché erano tutti animati dallo Spirito Santo, che è lo Spirito della verità. (S. Alph.) L’adorazione del Santissimo Sacramento è anche una fonte di grazie, come il ritiro dal mondo, la solitudine in cui Dio parla alla nostra anima (Osea II, 44), la mortificazione dei sensi (repressione della curiosità, evitamento delle conversazioni inutili); gli Apostoli sono un esempio lampante.

II. La grazia santificante.

1. QUANDO IL PECCATORE COLLABORA ALLA GRAZIA ATTUALE, LO SPIRITO SANTO ENTRA NELLA SUA ANIMA PER DARLE UNA LUMINOSITÀ ED UNA BELLEZZA CHE GLI FARANNO GUADAGNARE L’AMICIZIA DI DIO.

Questa bellezza permanente dell’anima, conseguenza della dimora dello Spirito Santo, si chiama grazia santificante.

Quando si permette al fuoco di agire sul ferro, il fuoco penetra nel ferro e il metallo assume un’altra natura: diventa luminoso, incandescente, dorato, per così dire. È lo stesso per l’anima; quando essa si abbandona all’azione della grazia, lo Spirito Santo la penetra e, grazie a questa inabitazione (I Cor. VI, 19) è immediatamente dotata di una qualità permanente: una certa luce, un certo splendore, in altre parole, la grazia santificante. Dio stesso ci ha rivelato che, cooperando con la grazia, l’uomo la attira in sé: “Volgetevi a me e io mi rivolgerò a voi”. (Zac. I, 3); ^Preparate i vostri cuori al Signore.(1 Re VII, 3). L’abito nuziale nella parabola della festa (S. Matth. XXII) e la nuova tunica data al figlio prodigo rappresentano per noi l’anima che ha ricevuto la grazia santificante come un uomo rivestito di una magnifica veste nuova. Lo S. Spirito conferisce una grande bellezza all’anima che l’ha ricevuta, subisce un cambiamento simile a quello di un malato affetto dalla vecchiaia e dalla paralisi, che per miracolo recupera improvvisamente il fulgore di una bella gioventù e si riveste di ornamenti regali. (S. G. Cris.). Perché un palazzo possa degnamente ricevere un sovrano, deve prima essere debitamente preparato, allo stesso modo lo Spirito Santo trasforma l’anima in un magnifico tempio dove Dio possa abitare. (Scheeben). Se potessimo vedere la bellezza di un’anima in grazia di Dio, cadremmo in estasi. (L. de Blois); se potessimo vedere un’anima senza peccato, dimenticheremmo di mangiare e bere per tutta la vita. (S. Vinc. Fer.). Dopo la resurrezione la bellezza del corpo sarà proporzionata a quella dell’anima. “Dobbiamo quindi dedicare tutte le nostre cure alla santificazione dell’anima, perché essa servirà anche al corpo, che altrimenti perirebbe con l’anima. È quindi una follia prendersi tanta cura del proprio corpo, passare tanto tempo ad abbellirlo, senza preoccuparsi della propria anima. – La grazia santificante non consiste quindi semplicemente in una certa compiacenza da parte di Dio nei nostri confronti (Conc. de Tr. VI, 1), ma è un dono dello Spirito divino (S. Giovanni IV, 13). Lo S. Spirito è dunque un fuoco che ci penetra intimamente, e non un semplice raggio di sole che splende in un appartamento. (Scheeben). Questa bellezza dell’anima attira l’amicizia di Dio. Se solo sapessimo quanto ci ama Dio, quando abbiamo la grazia santificante, moriremmo di gioia (S. Madd. de Pazzi). Dio è così buono che, quando siamo in stato di grazia, non ci considera più come suoi servi, ma come suoi amici (S. Giovanni XV, 15). L’amicizia presuppone una certa uguaglianza. – L’elevazione dell’anima dallo stato di peccato a quello di amico di Dio si chiama anche giustificazione. (Conc. di Tr. VI, 4), nuova nascita (S. Giovanni III, 5; Tit. III, 4-7), spogliarsi dell’uomo vecchio e rivestirsi del nuovo (Ef. IV, 22). –

Esempi: appena Davide, il figliol prodigo, Saul si convertirono, ebbero lo Spirito Santo e la grazia santificante; è questo che ha fatto sì che facessero sacrifici così grandi. Infatti, Davide e Saul trascorsero lunghi giorni in preghiera ed in severi digiuni ed il figliol prodigo dovette superare una vergogna straordinaria per tornare da suo padre. È certo che chi ha una contrizione perfetta ha la grazia santificante, anche prima della confessione. Anche i Patriarchi e i Profeti dell’Antico Testamento avevano in loro lo Spirito Santo e la grazia santificante, come risultato del loro spirito di penitenza e della loro fede nella venuta del Salvatore. Molti uomini ricevono lo Spirito Santo Spirito Santo prima del battesimo: è sceso, anche visibilmente, sul centurione Cornelio e su coloro che erano nella sua casa che avevano ascoltato il sermone di S. Pietro (Act. Ap. X. 44).

2. ORDINARDINARIAMENTE LO SPIRITO SANTO ENTRA NELLE ANIME ATTRAVERSO I SACRAMENTI DEL BATTESIMO E DELLA PENITENZA.

Colui che si confessa con contrizione imperfetta riceve la remissione dei peccati soltanto attraverso l’assoluzione del Sacerdote (vedi Parte III: Sacramento della Penitenza). Si può quindi dire che questi sacramenti attingono al tesoro dei meriti di Gesù Cristo, quello che manca alla cooperazione del peccatore penitente, riaccendono la piccola scintilla nel cuore del peccatore in una grande fiamma che divora la pula del peccato; sono anche come una bevanda che accresce le nostre forze.

3. LO SPIRITO SANTO, DIMORANDO NELLE NOSTRE ANIME, COMUNICA LORO LA VERA VITA.

Il nostro Dio è il Dio vivente; la sua presenza produce vita ovunque.

Lo Spirito Santo, abitando nella nostra anima, la vivifica, come vivifica il corpo. Non c’è dubbio che l’anima abbia una vita; essa anima il corpo, è dotata di una volontà e di un’intelligenza in grado di cogliere e amare il bello, il buono ed il vero; ma questa vita naturale dell’anima è una morte rispetto alla vita di Dio, così come la statua è morta rispetto a colui che essa rappresenta. È la vita stessa di Dio che l’anima riceve attraverso la grazia dello Spirito Santo: essa diventa capace di vedere, di amare, di possedere Dio stesso nella sua gloria.. Questa vita divina è chiamata anche soprannaturale. Una volta Elia risuscitò il figlio della vedova di Zareptath (III Re XVII), ed Eliseo, il figlio della sua ospite a Sunam, (IV Re IV) sdraiandosi sul cadavere, applicando la sua bocca, le sue mani, i suoi occhi a quelli del bambino; lo Spirito Santo fa lo stesso per far risorgere la nostra anima alla vita divina con la sua grazia. Si china verso l’anima, la sua immagine, mette la sua bocca sulla nostra per respirare se stesso in noi; mette i suoi occhi sui nostri, cioè ci dà la sua conoscenza; unisce le sue mani alle nostre, dandoci la sua forza divina. La nostra anima rinasce così a nuova vita. (S. Pietr. I, B; 24). L’anima vive in Dio e Dio in essa. – La grazia deposita nell’anima il seme della vita eterna. secondo l’espressione del Salvatore (S. Giovanni IV) una sorgente che scorre verso la vita eterna, cioè ha una forza vivificante per tutta l’eternità. Un seme celeste è posto in noi per far nascere la vita celeste. Siamo una razza celeste il cui Padre è intronizzato nei cieli. Questa è la dignità a cui la grazia ci ha elevato (S. P. Cris.). Mentre i nostri corpi muoiono ogni giorno, la grazia ringiovanisce le nostre anime giorno per giorno. (II Cor. VI, 16). La grazia deposita nel corpo persino il seme della vita eterna. Infatti, dice S. Paolo, se lo Spirito di Dio che ha risuscitato Gesù dai morti abita in voi, colui che ha risuscitato Gesù dai morti risusciterà anche i vostri corpi mortali per mezzo del suo Spirito che abita in voi. (Rom. VIII, 11). Lo Spirito Santo è quindi giustamente chiamato vivificante (Credo della Messa).

Lo Spirito Santo, dimorando in noi per mezzo della sua grazia:

1 . ci purifica da tutti i peccati gravi.

Il ferro arrossato dal fuoco viene liberato dalla ruggine, e noi siamo liberati dal peccato quando il fuoco dello Spirito Santo è penetrato in noi. La grazia è un certo splendore, una luce che cancella tutte le macchie dalla nostra anima e la rende più bella, più brillante. (Cat. rom.). La grazia santificante e il peccato sono quindi incompatibili; – Chiunque sia libero dal peccato grave è la dimora dello Spirito Santo, mentre chi vive nel peccato, è la dimora del diavolo. Tuttavia, anche se la grazia di Dio guarisce l’anima, non guarisce la carne; in questa parte della natura umana, nella carne, come dice l’Apostolo, regna il peccato, cioè il pungiglione del peccato (catech. Romano), la concupiscenza. I più grandi Santi hanno quindi in sé l’inclinazione al male, contro la quale sono obbligati a lottare fino alla morte. Così San Paolo ha detto: “So che nulla di buono abita in me, cioè nella mia carne” (Rm VII, 18). La concupiscenza può essere indebolita in questa vita, ma non distrutta. (S. Aug.). La concupiscenza rimane perché l’uomo riconosca quanto sia pernicioso il peccato, in modo che nella lotta contro la sua natura corrotta abbia sempre la possibilità di acquisire meriti per il cielo.

2. Lo Spirito Santo ci unisce a Dio e ci rende templi di Dio.

Quando lo S. Spirito viene a dimorare in noi, siamo intimamente uniti a Dio. Lo Spirito viene ad abitare in noi, e siamo intimamente uniti a Dio.; sempre secondo l’esempio del ferro arrossato dal fuoco. Chi ha lo Spirito Santo è unito a Cristo, come il tralcio della vite è unito al tronco (S. Giovanni XV, 5), come una goccia d’acqua con il vino di una coppa dove viene versata e da cui acquisisce il colore, l’odore e il sapore del vino (S. Greg. Naz.). Attraverso lo Spirito Santo diventiamo partecipi della natura divina (II. S. Pietro I, 4), non solo di nome, ma in realtà. (S. Cir. Al), siamo per così dire divinizzati (S. Th. A.). Lo Spirito Santo, venendo in noi, agisce come un balsamo che profuma tutto ciò che tocca, come un sigillo che lascia un’impronta sulla cera (Scheeben). La grazia comunica la divinità. (S. Max.). Il fuoco trasforma il ferro nella sua stessa sostanza e lo Spirito Santo trasforma l’uomo in Dio, tanto che la Scrittura chiama gli uomini dèi. (Sal. LXXXI, 6; S. Giov. X, 36). Il raggio di sole che passa attraverso il cristallo lo rende chiaro e luminoso, simile al sole stesso. Lo spirito, questo raggio di oceano di luce della divinità, rende l’anima, toccandola, simile a Dio, santa e celeste (Dr. Schmitt). Il diavolo e i nostri primi genitori desideravano questa somiglianza con Dio, ma in unione con Lui (Scheeben). La grazia ci rende uguali agli Angeli, poiché anch’essi hanno il S. Spirito (S. Bas.). – Lo Spirito Santo fa di noi dei templi di Dio; indubbiamente la sua dimora immediata è nelle anime alle quali dà la vera vita, ma essendo l’anima nel corpo, anche quest’ultimo diventa la dimora dello Spirito Santo. (S. Aug.). L’anima in stato di grazia è quindi come il tempio di Gerusalemme. Il tempio era di un bianco abbagliante all’esterno, ricoperto di lamine d’oro all’interno, abitato da Dio nascosto in una nube, illuminato dal candelabro a sette bracci. Quest’anima è pura da ogni peccato, piena di carità simboleggiata dall’oro, è il trono dello Spirito Santo illuminato dai suoi sette doni. Così San Paolo scriveva ai primi Cristiani: “Non sapete che siete templi dello Spirito Santo?” (I. Cor. III, 16)”. “Voi siete i templi dello del Dio vivente”. (II Cor. VI, 16). Nel Padre nostro diciamo: “Padre nostro che sei nei cieli”; ma sulla terra, il cielo è l’anima del giusto dove abita Dio (S. Aug.). Se qualcuno mi ama, cioè ha lo Spirito Santo in lui, dice Cristo., io e il Padre mio verremo ad abitare in lui. (S. Giovanni XIV, 23).

3. Lo Spirito Santo nobilita le facoltà della nostra anima e ce ne dona di nuove attraverso le virtù teologali e morali.

Per la spiegazione di questa proposizione è sufficiente ricordare i paragoni del ferro arrossato dal fuoco, del cristallo trafitto dai raggi del sole. Lo Spirito nobilita le nostre anime con la sua grazia: vi accende la fiaccola della fede (II. Cor. IV, 6) e il fuoco della divina carità (Rom. V, 5). Ci dona la capacità di credere in Dio, di sperare in lui, di amarlo (cfr. p. 21). In altre parole, ci trasmette le tre virtù teologali (Conc. di Tr. 6, 7). Ci rende anche capaci di seguire le ispirazioni dello Spirito Santo e docili ai suoi impulsi, in altre parole ci conferisce i suoi 7 doni. L’anima in cui abita lo S. Spirito è incline al bene, come il ferro rovente è facilmente piegabile. Questa azione è molto visibile in San Paolo. Paolo; appena l’ha sentito, ha gridato Signore, che cosa vuoi che io faccia?” (Atti degli Apostoli IX, 6). E poiché la grazia inclina la volontà alla pratica del bene morale, noi possediamo grazie ad essa le virtù morali (come facoltà, non come abitudini che possono essere acquisite solo con l’esercizio). – In questo modo, la nostra vita spirituale diventa molto diversa. La vita interiore di un santo differisce radicalmente dalla vita di una persona mondana. Quest’ultima, non avendo lo Spirito Santo, di solito pensa solo al buon cibo, al gioco d’azzardo, ai piaceri, al denaro, agli onori; ha un amore per il mondo, ma manca di pace interiore; l’altro, invece, di solito pensa a Dio, cerca di piacergli e ha un amore per Dio. Così San Paolo diceva: “Non sono io che vivo, ma è Cristo che vive in me”(Gai. II,20). Un uomo di questo tipo disprezza le cose terrene, gode della pace interiore e di un’incommensurabile consolazione, nonostante le più grandi sofferenze. Lo S. Lo Spirito è davvero il Consolatore. (S. Giovanni XIV, 26).

4. Lo Spirito Santo ci dà la vera soddisfazione.

Esso ci dona una pace che supera ogni comprensione (Fil. IV, 7). Colui che è in stato di grazia, e quindi alla luce dello Spirito Santo, assomiglia a un viaggiatore che va per la sua strada alla luce del sole e sotto un cielo sereno, che quindi è in uno stato di gioia. Ben diverso è il caso dell’uomo che dalla luce della grazia è caduto nelle tenebre del peccato; è come il viaggiatore che è costretto a camminare nella notte in mezzo alla tempesta, e che mormora pieno di cattivo umore. Quando un usignolo vede l’alba, canta con tale ardore da scoppiare, per così dire. Tale è la gioia dell’anima quando vede sorgere in lei il sole della giustizia. (S. Vinc. Ferr.). Il ghiaccio non si trasforma in acqua finché il calore non lo penetra e lo scioglie, così l’anima si riempie di coraggio e di consolazione, quando lo Spirito Santo penetra in essa (Alb. Stolz).

5. Lo Spirito Santo è il nostro maestro, il nostro educatore.

Il nostro maestro. Esso ci istruisce nella dottrina della Chiesa cattolica; l’unzione che riceviamo da Lui ci istruisce in tutti i suoi punti. (San Giovanni II). Possiamo imparare la dottrina cristiana, ma senza di Esso non la si coglie; è una scienza morta. Possiamo vedere il corpo umano senza poterne dedurre la natura dell’anima. Allo stesso modo, senza lo Spirito Santo, si può ascoltare esternamente la parola di Cristo senza coglierne il senso e il significato. Al buio è quasi impossibile leggere un libro, così come la Parola di Dio rimarrà incomprensibile per noi senza la luce dello Spirito Santo. (Alb. Stolz.) Ciò che lo Spirito Santo ci dice è infallibile, ma non possiamo mai essere sicuri che lo Spirito Santo ci abbia parlato; ogni Cattolico, per quanto illuminato, ha l’obbligo di attenersi strettamente agli insegnamenti della Chiesa. Chi non li accetta, non ha lo Spirito Santo in sé. (S. Giovanni IV, 6). – Lo Spirito Santo è anche il nostro maestro; ci guida come un padre conduce per mano il suo bambino lungo i sentieri malvagi. “Coloro che sono in stato di grazia sono guidati da Dio in modo molto speciale, e possono dire: ‘Non sono io a governarmi, ma Dio governa in me”. I giusti hanno davvero il regno di Dio dentro di loro” (Cat. rom.), come Cristo ha detto: “Il regno di Dio è dentro di voi”. (S. Luc. XVII, 21).

6. Lo Spirito Santo ci stimola alle opere buone e le rende degne del cielo.

Lo Spirito Santo ci eccita alle opere buone. Lo Spirito, aleggiando sulle acque della creazione primitiva, ha tirato fuori dal caos piante, animali e uomini; Essi fa lo stesso con le anime. Con la sua luce celeste e il suo calore divino, fa sì che esse producano frutti dell’amore di Dio che dureranno per l’eternità. (Scheeben). Il vapore muove la macchina, e lo Spirito Santo (in greco il soffio) che risiede nell’uomo lo muove al bene; lavora in noi come un operaio in una miniera. (Il fiore sboccia ai raggi del sole, così l’anima del peccatore si apre ai raggi della sua luce e diffonde il profumo della virtù e della pietà. – S. Macario). Il corpo si muove sotto l’influsso vivificante dell’anima e l’anima compie opere buone quando è animata dallo Spirito Santo. Questo Spirito è sempre in azione come il fuoco; stimola continuamente al bene, come il vento muove le pale di un mulino a vento. – La grazia dello Spirito Santo rende le nostre opere meritorie. L’anima rende ragionevoli gli atti animali dell’uomo, e lo Spirito Santo rende le nostre azioni umane sante e, per così dire, divine. Senza il sole, la luna non brilla; senza la grazia santificante, le nostre azioni non hanno merito per il cielo. Lo Spirito Santo agisce come un giardiniere che innesta un ramo su una pianta selvatica e le fa produrre non frutti selvatici, ma frutti coltivati. Egli innesta su di noi la grazia santificante, un tralcio dell’albero della vita, Gesù Cristo, e da allora non produciamo più frutti selvatici, cioè frutti puramente naturali, ma opere soprannaturali, e meritorie. In stato di grazia siamo tralci della vite, uniti alla vite, Gesù Cristo, che possono quindi portare frutto. (S. Giovanni XV, 4). – Le opere buone fatte in stato di peccato mortale ci procurano semplicemente le grazie attuali, necessarie per la nostra conversione.

7. Lo Spirito Santo ci rende figli di Dio ed eredi del cielo.

Quando lo Spirito Santo entra nella nostra anima, rinnova in noi il mistero del battesimo di Gesù Cristo, sul quale è sceso in quell’occasione Dio Padre. Dio Padre ci adotta come suoi figli prediletti e il cielo si apre a noi. Essere annoverati tra i figli di Dio è nobiltà suprema. (S. Cipr.). Non abbiamo ricevuto lo spirito di servitù, ma lo spirito di adozione con il quale gridiamo: “Abbah Padre! (Rm VIII, 15). “Tutti coloro che sono mossi dallo Spirito di Dio sono figli di Dio.” (ibid. 14). Ma se siamo figli, siamo anche eredi di Dio e coeredi con Gesù Cristo (ivi, 18). Infatti, i figli hanno sempre un titolo sulla ricchezza del padre (eredità). Sappiamo che questa casa di terra in cui viviamo si dissolve. Dio ci darà un’altra casa in cielo, una casa non fatta con le mani, che durerà per sempre. (II. Cor. V. 1). Lo Spirito Santo rimarrà eternamente in noi. (S. Giovanni XIV, 16). – Quale splendore è quello dell’uomo in stato di grazia! È vero che è invisibile quaggiù, come la brillantezza di un diamante non ancora lucidato. La grazia santificante è, per così dire, l’alba del sole divino. Occorre attendere che essa sorga in noi, che ci penetri e ci illumini con tutto il suo fuoco (Scheeben). Davide ha giustamente cantato: “Rallegratevi nel Signore, ed esultate, o voi giusti (Sal. XXXI, 11). In effetti, la felicità più grande qui sulla terra è lo Spirito Santo nell’uomo; chi lo possiede, possiede il più grande regno, il regno di Dio in lui (S. Luc. XVII, 21). Eppure quanti uomini disprezzano questa suprema felicità, questa filiazione divina, e la vendono alla loro misera carne, preda di vermi.!

5. LA GRAZIA SANTIFICANTE SI CONSERVA E SI ACCRESCE CON LA PRATICA DRLLE BUONE OPERE E CON L’USO DEI MEZZI DI SANTIFICAZIONE DEPOSITATI NRLLA CHIESA.

Il rossore del ferro, la luce ed il calore di un appartamento possono essere aumentati; la grazia santificante può crescere in un’anima. Chi è giusto sia più giustificato, chi è santo sia più santificato! (Apoc. XXII, 11). La rettitudine si conserva e si accresce con le buone opere (Concilio di Trento, VI, 24); è così che Stefano, per esempio, era un uomo pieno di Spirito Santo”. (Act. Ap. VI, ô). “Quando lo Spirito Santo, che è Esso stesso elemosina, non vedrà in te alcuna elemosina, ti abbandonerà, perché non rimane in un’anima senza misericordia”. (S. G. Cris.). Pietre ed erbacce impediscono al sole di dare ai campi tutta la loro fecondità. I nostri peccati sono ostacoli all’azione pienamente efficace dello Spirito Santo. Spirito, devono essere la ricezione dei sacramenti della Penitenza e dell’Eucaristia (Alb. Stolz). I campi devono essere ben preparati se si vuole che il sole sia loro utile. Allo stesso modo le anime devono essere preparate per ricevere lo Spirito Santo attraverso una frequente istruzione negli insegnamenti di Cristo. Cristo non ha agito diversamente con gli Apostoli. – Il peccato mortale porta alla perdita della grazia santificante. Dio non abbandona mai coloro che sono stati giustificati dalla sua grazia, se prima non viene abbandonato da loro. (Concilio di Trento VI, 11). Solo attraverso il peccato mortale l’anima si separa completamente da Dio; ma quando questo viene commesso, lo Spirito Santo lo abbandona immediatamente, ed è ciò che accade ad un corpo quando l’anima lo abbandona. Perciò S. Paolo dà questo avvertimento: “Non spegnete lo Spirito.” (I Tess. V, 19). Il peccato mortale introduce tra Dio, il sole della giustizia, e la nostra anima, nuvole oscure di tempesta, che immediatamente fanno impallidire lo splendore celeste della nostra anima (Scheeben). Il peccato mortale annerisce improvvisamente la veste bianca della grazia santificante; la perdita della grazia porta all’oscuramento dello spirito e all’indebolimento della volontà. “Quando il sole tramonta, l’oscurità e le tenebre velano gli occhi che perdono la vista delle cose, allo stesso modo l’anima, dopo la scomparsa della luce della grazia dello Spirito Santo, si riempie di tenebre e perde la chiara visione della verità. della verità. (Louis de Grenade). Un uomo senza grazia è come un occhio senza senza luce. (Vedi Parte II, gli effetti del peccato mortale). – Chi ha perso la grazia santificante, può recuperarla attraverso il Sacramento della Penitenza, ma solo con uno sforzo serio. Lo spirito maligno entra in un’anima di questo tipo e porta con sé altri sette spiriti più cattivi di lui (S. Matth. XII, 45). È impossibile (cioè molto difficile) per coloro che sono stati illuminati una volta e poi sono nuovamente caduti, essere rinnovato con la penitenza. (Eb. VI, 4).

5. COLUI CHE NON HA LA GRAZIA SANTIFICANTE È SPIRITUALMENTE MORTO E PERIRÀ IN ETERNO.

Come il corpo senza anima è morto, così l’anima senza la grazia dello Spirito Santo è morta al cielo. (S. Aug.); siede nelle tenebre e nell’ombra della morte (S. Luc. I, 79); non sente nulla dello Spirito di Dio, la sua parola gli sembra stoltezza. (Cor. II, 14). Chi non ha la veste nuziale, cioè la grazia santificante, non è ammesso al banchetto nuziale, ma viene gettato nelle tenebre. (S. Matth. XXII, 12). Il tralcio che non è unito alla vite appassisce e viene gettato nel fuoco, così sarà reprobo chi non rimane in Gesù per grazia. Colui che non ha lo Spirito di Cristo, non gli appartiene (Rm VIII, 9). Chi non ha la grazia santificante, è in stato di peccato mortale, è abitato da uno Spirito maligno.

6 . NESSUNO SA CON CERTEZZA SE POSSIEDE LA GRAZIA SANTIFICANTE O MENO, O LA POSSIEDERÀ AL MOMENTO DELLA MORTE.

L’uomo non sa se è degno di amore o di odio. (Eccles. IV, 1). Anche S. Paolo dice di sé: “Non sono consapevole di alcuna colpa, ma non per questo sono giustificato”. (I Cor. IV, 4). Salomone, questo re dalla sapienza così divina, divenne comunque un idolatra prima della sua morte. “Possiamo avere la fiaccola della grazia e della carità; ma siamo lontani dalla nostra casa, camminiamo all’aria aperta e un soffio di vento può spegnerla” (S. Bernardo). Il nostro cuore è come un vaso di argilla che può essere rotto dal peccato mortale e il suo contenuto, la grazia santificante, può sfuggire. (Teofilatto). Portiamo il tesoro della grazia in vasi di terracotta molto fragili (II Cor. IV, 7). Perciò san Paolo ci esorta a lavorare per la nostra salvezza con timore e tremore (Fil. II, 12). Possiamo essere fiduciosi di essere in stato di grazia, ma senza una rivelazione speciale non abbiamo la certezza di fede (Concilio di Trento VI, 6). – Si può indubbiamente concludere dalle buone opere lo stato di grazia, perché un albero cattivo non può dare buoni frutti. (S. Matth. VII, 18).

III. I sette doni dello Spirito Santo e le grazie straordinarie.

1. TUTTI COLORO CHE HANNO LA GRAZIA SANTIFICANTE, RICEVONO DALLO SPIRITO SANTO I SUOI SETTE DONI, CIOÈ SETTE ATTITUDINI DELL’ANIMA CHE LE PERMETTONO DI ESSERE FACILMENTE ILLUMINATA E MOSSA DALLO SPIRITO SANTO.

Lo spettro solare ha sette colori. Il candelabro a sette bracci del tempio di Gerusalemme rappresentava i sette doni dello Spirito Santo – Questi doni completano le quattro virtù cardinali. Essi non fanno altro che rimuovere gli ostacoli che ci tengono lontani da Dio, sottomettendo le nostre passioni sensibili all’impero della ragione (S. Thom. Aq.); i sette doni ci spingono verso Dio. Essi perfezionano e illuminano il nostro spirito in modo tale che lo Spirito Santo possa facilmente agire su di esso (illuminare l’intelligenza, muovere la volontà). Nello stesso modo in cui le scuole elementari formano la mente degli alunni in modo da renderla capace di beneficiare delle lezioni di una scuola superiore, così i 7 doni rendono l’uomo capace di ricevere più facilmente lo Spirito Santo. – I 7 doni sono sorpassati dalle tre virtù teologali, perché i 7 doni non fanno altro che condurre l’anima a Dio. Se i 7 doni conducono l’anima a Dio, le virtù teologali la uniscono a Kui. – Chiunque abbia lo Spirito Santo Santo, ha anche i 7 doni, e chi li perde con il peccato mortale li perde allo stesso tempo. – Più si progredisce nella perfezione, più abbondante è la partecipazione ai sette doni. Questi vengono accresciuti anche dalla Cresima.

I sette doni dello Spirito Santo sono: sapienza, intelletto, scienza, consiglio, fortezza, pietà e timor di Dio. I primi 4 illuminano la ragione, gli altri rafforzano la volontà. Questi 7 doni sono enumerati da Isaia, che dice che il futuro Messia li avrebbe posseduti (Is. XI, 3), va da sé, nel grado più eminente.

1. Il dono della sapienza ci fa riconoscere con chiarezza che i beni temporali sono transitori e che solo Dio è il nostro bene sovrano.

S. Paolo considerava spazzatura tutto ciò che il mondo ama e ammira. (Fil. III, 8). Salomone, che aveva goduto del mondo, chiamava tutti i suoi beni e piaceri vanità. (Eccl. I, 2). Sant’Ignazio esclamava spesso: “Come mi disgusta la terra quando penso al cielo! ” e San Francesco d’Assisi: “Mio Dio e mio tutto!”. – Quando il sole tramonta, proietta ombre molto lunghe; le ombre al contrario sono piccole quando è a mezzogiorno. Lo stesso vale per l’uomo; quando lo Spirito Santo si allontana da lui, le cose di questo mondo gli appaiono più grandi. Se lo Spirito regna al centro di questo mondo, esse gli sembreranno piccole, un puro nulla.

2. Il dono dell’intelletto ci permette di distinguere la vera dottrina cattolica da qualsiasi altra e ci rende capaci di difenderla.

B. Clém. Hofbauer, l’apostolo di Vienna (+ 1820), iniziò come garzone di un fornaio. Egli iniziò gli studi solo all’età di 21 anni, li completò molto rapidamente e fu costretto a limitarsi alle conoscenze teologiche più elementari. Le sue numerose occupazioni nel ministero non gli permisero di ampliare considerevolmente le sue conoscenze in in seguito. Eppure, i grandi dignitari della Chiesa chiedevano spesso il suo parere nelle controversie teologiche e sulle nuove opere. Egli senza lunghe riflessioni indicava ciò che non era ortodosso. Per modestia nascondeva l’illuminazione divina dicendo scherzosamente: “Ho un’attitudine cattolica”. Il dono dell’intelligenza – L’intelletto ci dona una profonda convinzione della verità cattolica e una tale facilità nel difenderla che la persona più semplice può confondere i nemici della Chiesa. Santa Caterina (+307) confutò 70 filosofi di Alessandria e li convertì al Cristianesimo. Il Salvatore aveva promesso ai suoi discepoli “di dare loro una tale sapienza che tutti i loro avversari non saranno in grado di resistere o di contraddirla”. (S. Luc. XXI, 15).

3. Il dono della scienza ci permette di comprendere la dottrina cattolica senza uno studio particolare.

Il Curato d’Ars (1859) aveva fatto solo studi ordinari, ma predicava in modo tale che persino i Vescovi assistevano alle sue prediche e si meravigliavano del suo sapere. San Tommaso d’Aquino (+ 1274) affermava spesso di aver imparato sull’altare più di quanto avesse mai imparato dai libri. Allo stesso modo, sant’Ignazio di Loyola diceva di essere dalla grotta di Manresa più sapiente che se fosse stato sotto la direzione di tutti i dottori del mondo. B . Clém. Hofbauer ripeteva spesso queste parole “Io non ho la scienza dei libri” (Sal. LXX, 15). Il vecchio Simeone non aveva appreso dai libri che il bambino posto tra le sue braccia fosse il Messia (S. Luc. II, 26). Dopo la venuta dello Spirito Santo, gli Apostoli furono rivestiti con potenza dall’alto, cioè con una chiara conoscenza di Dio (ibid. XXIV, 49). Paolo fu rapito in Paradiso e udì parole misteriose (II Cor. XII, 4). Tutti i dottori della Chiesa, che, nonostante le loro molteplici occupazioni, scrissero così tanti libri, erano dotati del dono della scienza.

4. Il dono del consiglio ci permette di riconoscere nelle situazioni difficili ciò che sia conforme alla volontà di Dio.

Gesù Cristo ha dato una risposta prudente alla domanda: Dobbiamo pagare il tributo a Cesare? (S. Matth. XXII, 15). Questo dono fece sì che Salomone portasse avanti giudizi notevoli. (III Re 111). Ai satelliti di Giuliano che domandavano a S. Atanasio in fuga : “dov’è Attanasio?” egli rispose: “Non è lontano”. Era il dono del consiglio che lo guidava. Il monaco Notker di S. Gallo (+912) fu spesso consultato da Carlo Magno. Una volta, per gelosia, uno dei cortigiani cercò di umiliare questo santo uomo. Un giorno, mentre quest’ultimo stava pregando in chiesa, il cortigiano andò dritto da lui con i suoi compagni e gli disse: “Uomo dotto, sai cosa sta facendo Dio in cielo?”. – Sì, rispose Notker, Egli innalza gli umili e abbassa i superbi. I cortigiani scoppiarono a ridere e il tentatore se ne andò coperto di vergogna. Il giorno stesso cadde da cavallo e si ruppe una gamba. La risposta di Notker fu l’effetto del dono del consiglio. Il Salvatore aveva già detto agli Apostoli, annunciando le imminenti persecuzioni: “Non preoccupatevi di ciò che risponderete, né di come risponderete, perché in questa stessa ora lo Spirito Santo vi insegnerà ciò che dovrete dire”. (S. Luc. X ll, 12).

5. Il dono della fortezza ci fa sopportare tutto per compiere la volontà di Dio.

5. Giovanni Nepomuceno (+ 1393) si lasciò gettare in carcere, torturare con i ferri rossi, precipitare nella Moldova piuttosto che violare il segreto della confessione. Giobbe non si perse d’animo, nonostante la rovina della sua salute e del suo patrimonio, nonostante la morte dei suoi figli, nonostante la derisione dei suoi amici e di sua moglie. Abramo era pronto a sacrificare il suo unico figlio amato, perché Dio lo voleva. Il dono della fortezza risiedeva in misura eminente nei cuori dei martiri, dei confessori e dei penitenti., ma soprattutto nel cuore della Madre di Dio, la Regina dei martiri. “Fu così costante durante la passione del Salvatore che, se non ci fossero stati i carnefici, lei stessa avrebbe crocifisso suo Figlio se Dio glielo avesse ordinato, perché aveva il dono della fortezza in misura molto maggiore di Abramo (S. Alf.).

6 . Il dono della pietà ci porta a onorare Dio con sempre maggiore fervore ed a compiere sempre più perfettamente la sua santa volontà.

S. Luigi faticava ad allontanarsi dal tabernacolo anche dopo ore di adorazione. Il suo confessore fu costretto a ordinargli di abbreviare le sue visite. Molti dei Santi versavano lacrime durante le loro preghiere e la meditazione delle cose divine.

Quale pietà, quale profonda adorazione di Dio! Santa Teresa aveva fatto voto di fare sempre ciò che riteneva più perfetto, e Sant’Alfonso, quello di non stare mai in ozio.

7. Il dono del timore di Dio ci fa temere la più piccola offesa a Dio come il più grande male del mondo.

Questo dono portò i tre giovani nella fornace a preferire la morte all’apostasia. S. Francesco Saverio disse nel mezzo di una pericolosa traversata: “Non temiamo altro se non offendere Dio onnipotente”.

2. ALCUNI UOMINI RICEVONO DONI STRAORDINARI,

come ad esempio il dono delle lingue, i miracoli, il discernimento degli spiriti, visioni, estasi, ecc.

Il giorno di Pentecoste gli Apostoli ricevettero il dono delle lingue; anche San Francesco Saverio, l’apostolo delle Indie, lo possedeva. S . Biagio (+ 316) guarì un bambino malato al collo. I Profeti dell’Antico Testamento avevano il dono di predire il futuro. S. Pietro conosceva i pensieri di Anania. Caterina Emmerich, una monaca di Dolmen (1824), vedeva in spirito l’intera vita di Gesù, della Beata Vergine e di un gran numero di santi. Santa Caterina da Siena (+ 1380) cadde in estasi dopo le comunioni e rimase sospesa a mezz’aria. Il principe Alessandro di Hohenlohe (+ 1849), consigliere episcopale di Bamberga, poi canonico di Grosswardein, ha curato molti malati con le sue preghiere, l’imposizione delle mani o semplicemente con un ordine; molti sacerdoti pii avevano questo dono in quel tempo di incredulità. (Vedi le promesse di Gesù Cristo, in S. Marco. Marco. XVI, 17). Anche Bernadette Soubirous cadde in estasi all’apparizione della Vergine nella grotta di Lourdes (1858).

Le stimmate, cioè l’impronta delle ferite del Salvatore, sono anch’esse un dono straordinario dello Spirito Santo. Sono circa 50 le persone di eminente santità la cui stimmatizzazione è autenticamente nota, tra cui: San Francesco d’Assisi durante l’apparizione sul Monte Arverna, Santa Caterina da Siena e in tempi moderni, Cath. Emmerich in Dülmen e Marie de Morl (+ 186S) a Caldern nel Titolo meridionale. – Questi doni sono distribuiti dallo Spirito Santo a suo piacimento. (1, Cor. XII, II). – Il sole che illumina i fiori fa sì che essi emanino profumi diversi, così lo Spirito Santo li distribuisce a suo piacimento. Lo Spirito con la sua luce divina produce nei giusti diversi risultati e concede loro doni secondo il loro temperamento (Louis de Gren.).

Lo Spirito Santo concede queste grazie straordinarie solo per la salvezza delle anime e per il bene della Chiesa.

Questo era il caso al tempo degli Apostoli (I. Cor. XÎI, 14). Dio è come un giardiniere che innaffia le piante solo quando sono giovani (S Greg. M.). Quando la fede è in pericolo, Dio aiuta la sua Chiesa con grazie straordinarie che devono essere usate solo per il bene comune. (I. Cor. XIV, 12). Il mercante non lascia mai il suo denaro in cassa senza farlo fruttare; allo stesso modo Dio non vuole che le sue grazie rimangano inutilizzate, vuole che gli uomini ne traggano beneficio. (S. Iren.). Le grazie straordinarie non rendono migliore l’uomo in sé. Si tratta di talenti che Dio concede secondo il suo buon volere, come la ricchezza, gli onori, la vita lunga. Sono senza dubbio doni preziosi con cui si può fare molto bene e accumulare molti meriti; così diceva Santa Teresa: “Non avrei scambiato uno solo di questi doni con tutti i beni e le gioie del mondo; li ho sempre considerati come un grande dono del Signore ed un tesoro inestimabile. Questi beni di per sé non aumentano il valore di un’anima, è solo il loro buon uso. Si può possedere il dono dei miracoli e perdere la propria anima. I miracoli non danno alcuna certezza di salvezza (S. Fulgenzio). Giuda Isc. ha persino fatto miracoli, si dice. Queste grazie non sono sempre una prova di santità: lo afferma Gesù Cristo stesso (S. Matth. VII, 22). Tuttavia, sarebbe difficile trovare nella Chiesa un Santo che non avesse questi doni straordinari dello Spirito Santo. “Come regola generale – dice Benedetto XIV – questi doni non sono dati ai peccatori, ma ai giusti; se, quindi, sono combinati con le virtù eroiche, sono una prova della loro santità”. Questi doni straordinari sono spesso accompagnati da grandi sofferenze, ad esempio l’aridità interiore, le tentazioni diaboliche, malattie, persecuzioni, problemi con i superiori, ecc.

3. QUESTI DONI DELLO SPIRITO SANTO SONO STATI DATI NELLLA. LORO PIENEZZA A GESÙ CRISTO, (Act. ap. X , 38) molto abbondantemente alla Beata Vergine, e agli Apostoli, ai Patriarchi e ai Profeti dell’Antico Testamento e a tutti i Santi della Chiesa cattolica.

IV. Governo della Chiesa da parte dello Spirito Santo.

Lo Spirito Santo conserva e governa la Chiesa cattolica.

Ciò che l’anima è per il corpo, lo Spirito Santo è per la Chiesa. L’azione di entrambi è invisibile. – Lo Spirito Santo può essere chiamato l’Architetto della Chiesa. Nella creazione ha formato, organizzato e vivificato ogni cosa; agisce allo stesso modo nel rinnovamento e nella redenzione delle anime: è attraverso di Lui che si è realizzata l’Incarnazione (S. Luc. I, 35), è Lui che ha operato nell’umanità di Cristo (ibid. IV, 18; Act. Ap. X, 38), Esso continua e completa l’edificio della Chiesa fondata da Cristo (Ef. II, 20):

1 . Lo Spirito Santo preserva la Chiesa dalla rovina (S.Matth. XVI, 18) e dall’errore. (S. Giovanni XIV, 16).

2. Lo Spirito Santo sostiene i capi della Chiesa nelle loro funzioni sacre, (Act. Sp. XX, 28) specialmente il Papa, Vicario di Gesù Cristo.

Lo Spirito Santo li ispira in ciò che devono insegnare (S. Matth. X, 19); parla attraverso di loro come attraverso gli Apostoli nel giorno della Pentecoste (ib. X, 20). Come il vento dirige le nuvole, così lo Spirito Santo muove gli annunciatori del Vangelo e ispira loro ciò che debbano dire (S. Greg. M.). La penna scrive “ciò che vuole lo scrittore”, così i predicatori del Vangelo non parlano da soli, ma secondo l’ispirazione dello Spirito Santo. (S. Bas.). Dio parla alle anime attraverso la bocca dei Sacerdoti (S. Thom. da Villanova).

3. Lo Spirito Santo suscita uomini provvidenziali nella Chiesa.

Al tempo degli ariani, S. Atanasio (+ 375); al tempo della decadenza, S. Gregorio VII (+ 1085); al tempo degli Albigesi, S. Domenico (+ 1221); durante il Grande Scisma, Santa Caterina da Siena (1380); S. Ignazio (+ 1556), al tempo di Lutero; i miracoli postumi di S. Giovanni Nepomuceno (+ 1393), al tempo degli Hussiti in Boemia. Nell’Antico Testamento troviamo già uomini come Abramo, Giuseppe e Mosè che Dio scelse come suoi strumenti1.

4. Lo Spirito Santo fa sì che nella Chiesa cattolica ci siano sempre dei santi.

3. APPARIZIONI DELLO SPIRITO SANTO.

Lo Spirito Santo è apparso sotto forma di colomba e di lingue di fuoco, per simboleggiare le sue operazioni.

Lo Spirito Santo apparve sotto forma di colomba e di lingue di fuoco, perché rende miti e ardenti tutti coloro che riempie; chi non ha queste due virtù non è ripieno di Spirito Santo (San Gregorio Magno). Lo Spirito Santo Spirito scese su Cristo sotto forma di colomba per la sua grande mitezza verso i peccatori. (id) – Lo Spirito Santo apparve sotto forma di lingue. Lo Spirito Santo è apparso sotto forma di lingue, perché dà agli uomini la grazia di parlare, in modo che infiammino il loro prossimo per amore di Dio (id.); perché la Chiesa sotto la sua direzione deve parlare la lingua di tutte le nazioni (id.); perché Esso procede dal Verbo eterno e conduce gli uomini a questo Verbo, e la parola e la lingua sono intimamente connesse (id.). Lo Spirito Santo è apparso sotto forma di lingue di fuoco, per purificare le anime dalla ruggine del peccato, per dissipare le tenebre dell’ignoranza, per sciogliere il ghiaccio dei cuori e renderli ardenti di carità verso Dio e verso il prossimo, per renderci forti come il fuoco indurisce i vasi di argilla impastati dal vasaio. “Il nostro Dio è un fuoco divorante” (Eb. XII, 29). Lo Spirito è apparso in mezzo ad un vento impetuoso. Un uragano violento fa crollare torri e sradica alberi. Lo Spirito ha abbattuto, attraverso la predicazione degli Apostoli, l’idolatria, il potere dei tiranni, la sapienza e l’eloquenza dei filosofi” (P. Faber).

IL CATECHISMO DI F. SPIRAGO (XV)

UN’ENCICLICA AL GIORNO TOGLIE GLI USURPANTI APOSTATI DI TORNI: SS. PIO XI – “MENS NOSTRA”.

In questa bella lettera Enciclica, il Santo Padre illustra i benefici e la valenza degli Esercizi spirituali di S. Ignazio di Loyola. Questo è soprattutto un rimedio utile ai tempi nostri, tempi convulsivi e frenetici, movimentati tanto da togliere nella giornata ogni momento di riflessione e di pace spirituale. Questa frenesia nei godimenti di piaceri di ogni tipo, è un’arma potente che i demoni usano per indurre le anime al peccato ed alla perdizione eterna. Se tutti si fermassero a riflettere sul senso della propria vita ed a cercare la luce divina come guida illuminante, il mondo sarebbe totalmente diverso e non in mano agli adepti di satana che sono la nostra giusta punizione per tanto abbandono di Dio e trascuratezza nel praticare la dottrina evangelica di Cristo. Il rimedio lo conosciamo e S. S. Pio XI ce ne illustra la enorme portata salvifica; fermiamoci nella corsa verso la voragine infernale trascinata da illusorie filosofie e devastanti teologie di falsi profeti ed abominevoli chierici, torniamo alla dottrina ed alla spiritualità cattolica fatta di silenzio, digiuno, interiorità e preghiera fervorosa, e potremo fermare le infernali intenzioni dei dominatori del mondo, tutti al servizio del dragone maledetto.

LETTERA ENCICLICA

MENS NOSTRA
AI VENERABILI FRATELLI PATRIARCHI,
PRIMATI, ARCIVESCOVI, VESCOVI
E AGLI ALTRI ORDINARI LOCALI
CHE HANNO PACE E COMUNIONE
CON LA SEDE APOSTOLICA:
SULL’IMPORTANZA DEGLI ESERCIZI SPIRITUALI.
PIO PP. XI
VENERABILI FRATELLI
SALUTE E APOSTOLICA BENEDIZIONE.


Vi sono certamente note, Venerabili Fratelli, le intenzioni che Ci mossero all’inizio di quest’anno a promulgare uno straordinario Giubileo per tutto il mondo cattolico in occasione del cinquantesimo anniversario del Nostro Sacerdozio. Infatti, come abbiamo solennemente dichiarato nella Costituzione Apostolica «Auspicantibus Nobis» del 6 gennaio 1929, non solo intendevamo invitare tutti i diletti figli della grande famiglia, che il Cuore di Dio ha affidato al cuore Nostro, ad unirsi al giubileo del Padre comune per rendere comuni grazie al sommo Datore di ogni bene; ma in modo particolare Ci arrideva la dolce speranza che, aprendo più largamente i tesori spirituali di cui il Signore Ci ha costituiti amministratori, i fedeli ne avrebbero tratto felice opportunità per rinvigorirsi nella fede, per crescere nella pietà e nella perfezione cristiana e per riformare più efficacemente i costumi privati e pubblici: donde, come frutto della piena pacificazione dei singoli con se stessi e con Dio, sarebbe anche venuta la mutua pacificazione degli animi e dei popoli. – Né vana fu la Nostra speranza. Infatti, quel mirabile slancio di devozione, con cui venne accolta la promulgazione del Giubileo, lungi dall’affievolirsi, andò anzi sempre crescendo, concorrendovi il Signore anche coi memorandi avvenimenti che renderanno imperituro il ricordo di quest’anno veramente salutare. E Noi, con indicibile consolazione, abbiamo potuto in gran parte seguire con gli occhi Nostri questo magnifico aumento di fede e di pietà attraverso le schiere così varie e così numerose di tanti figli carissimi, che Ci fu dato personalmente vedere e accogliere nella Nostra casa, e che potemmo, stavamo per dire, stringere al Nostro cuore paterno. Ora, mentre dall’intimo dell’animo Nostro innalziamo al Padre delle misericordie un caldo inno di ringraziamento per tanti e così segnalati frutti che Egli si è degnato seminare, maturare e raccogliere nella sua vigna lungo tutto quest’anno giubilare, la Nostra stessa pastorale sollecitudine Ci muove a vivamente desiderare che tali e tanti frutti si conservino e crescano a bene dei singoli, e per ciò stesso a bene dell’intera società. – Riflettendo su come ciò possa essere conseguito, Ci sovviene che il Nostro Predecessore di felice memoria Leone XIII, nell’indire il sacro Giubileo in altra occasione, con parole che nella già ricordata Costituzione «Auspicantibus Nobis» facemmo Nostre, esortava tutti i fedeli « a raccogliersi un poco in se stessi e ad innalzare i pensieri immersi nelle cose terrene a cose migliori ». Ci sovviene altresì che il Nostro Predecessore di santa memoria Pio X, così zelante promotore e vivo esempio di santità sacerdotale, durante l’anno giubilare del suo sacerdozio, in una piissima e memoranda «Esortazione» al clero cattolico dava documenti preziosi di vita spirituale. Orbene, procedendo sulle orme di questi Pontefici, abbiamo giudicato opportuno fare anche Noi qualche cosa per promuovere un’iniziativa dalla quale confidiamo possano derivare molti rilevanti vantaggi a favore del popolo cristiano. Intendiamo parlare della pratica degli Esercizi spirituali, che desideriamo vivamente venga diffusa in larga scala non solo fra l’uno e l’altro clero, ma anche fra le schiere dei cattolici laici, in modo che sia possibile lasciare ai Nostri diletti figli un ricordo di questo anno sacro. Ciò facciamo tanto più volentieri al tramonto di questo anno giubilare del Nostro Sacerdozio. Infatti, nulla di più lieto possiamo avere che ricordare le grazie celesti e le ineffabili consolazioni da Noi sperimentate negli Esercizi spirituali che fummo soliti frequentare assiduamente, tanto che essi segnarono quasi le varie tappe della Nostra vita sacerdotale. Da essi attingemmo luce e forza per conoscere e compiere la volontà divina, e con non minore soddisfazione ripensiamo al ministero sacerdotale da Noi esercitato per lunghi anni, nel corso del quale Ci fu concesso di dedicarCi più e più volte all’opera degli Esercizi spirituali, e potemmo constatare gl’immensi salutari effetti che ne derivano al bene delle anime. – E veramente, Venerabili Fratelli, sotto molti rispetti si constatano la somma importanza, utilità, opportunità di questi santi ritiri specialmente nei tempi che corrono. La grande malattia dell’età moderna, fonte precipua dei mali che tutti deploriamo, è la mancanza di riflessione, quell’effusione continua e veramente febbrile verso le cose esterne, quella smodata cupidigia delle ricchezze e dei piaceri, che a poco a poco affievolisce negli animi ogni più nobile ideale, li immerge nelle cose terrene e transitorie e non permette loro di assurgere alla considerazione, delle verità eterne, delle leggi divine, di Dio, unica fonte di tutto ciò che esiste, unico fine dell’universo creato, il quale nella sua infinità bontà e misericordia, ai giorni nostri, con effusione straordinaria di grazie, potentemente attira a sé le anime, nonostante la corruzione che dappertutto s’infiltra. – Ora, ad un morbo così profondo della famiglia umana, quale rimedio migliore possiamo Noi proporre che invitare tutte queste anime dissipate e stanche al raccoglimento degli Esercizi? E veramente anche se gli Esercizi spirituali non consistessero in altro che nell’appartarsi per qualche tempo dalle assillanti occupazioni e preoccupazioni terrene per riposare lo spirito nella quiete non oziosa di un ritiro e nel silenzio di tutte le cose esteriori, per dare comodità all’uomo di pensare ai problemi più vitali che, nei segreti più intimi della coscienza, hanno sempre preoccupato e preoccupano l’umanità, cioè ai problemi della sua origine e del suo fine, «donde venga e dove vada», sarebbe già un grande ristoro per l’anima. Gli Esercizi spirituali, costringendo l’uomo all’interiore lavoro dello spirito alla riflessione, alla meditazione, all’esame di se stesso, sono per le umane facoltà una mirabile scuola di educazione in cui la mente impara a riflettere, la volontà si rafforza, le passioni si dominano, l’attività riceve una direzione, una norma, un impulso efficace e tutta l’anima assurge alla sua nativa nobiltà e grandezza, conforme a ciò che il Pontefice San Gregorio nel suo libro Pastorale afferma con elegante similitudine: «La mente umana, a guisa dell’acqua, se è rinchiusa si raccoglie in alto, perché ritorna là donde discende; se è rilasciata si disperde, perché si effonde inutilmente in basso». Oltre a ciò, nel ritiro degli Esercizi spirituali, non solo «la mente, lieta nel suo Signore, viene eccitata come da certi stimoli del silenzio e rinvigorita da ineffabili rapimenti», come dice Sant’Eucherio, Vescovo di Lione, ma soprattutto viene con divina larghezza convitata a quel «celeste nutrimento» di cui parla Lattanzio: «poiché nessun cibo è più soave all’anima che la cognizione della verità»; viene ammessa a quella «scuola di celeste dottrina e palestra di arti divine» come la chiama un antico autore che per lungo tempo fu creduto S. Basilio Magno, dove «Dio è tutto quello che si impara, è la via per cui si tende, è il tutto per cui si giunge alla cognizione della verità». – Pertanto, gli Esercizi non solo perfezionano le naturali facoltà dell’uomo, ma hanno un mirabile potere nel formare l’uomo soprannaturale, cioè il Cristiano. Nei tempi difficili in cui viviamo, nei quali il vero senso di Cristo, lo spirito soprannaturale, essenza della nostra santa religione, soffre tanti ostacoli ed impedimenti, nell’imperversare del naturalismo, che tende ad illanguidire la vivezza degli ideali della fede e a smorzare gli ardori della carità cristiana, è quanto mai salutare sottrarre l’uomo a quel fascino « della vanità » che « oscura il bene », e trasportarlo in quella beata solitudine, ove in un celeste magistero l’anima apprende il vero valore dell’umana esistenza, riposta appunto nel servizio a Dio, il salutare orrore alla colpa il santo timore di Dio, la vanità delle cose cose terrene, e nella contemplazione di Colui che è « via e verità e vita » impara a deporre l’uomo vecchio e a rinnegare se stesso, e nell’esercizio dell’umiltà, dell’ubbidienza, della mortificazione, a rivestirsi di Cristo, fino a giungere a quell’« uomo perfetto » e a quella « misura dell’età piena di Cristo » di cui parla l’Apostolo, anzi fino a poter dire con lui: «Vivo non già io, ma vive in me Cristo»: sublimi ascensioni e divina trasformazione che l’anima compie sotto l’azione della grazia invocata nelle più frequente e fervorosa preghiera, attinta nella partecipazione più devota ai sacrosanti misteri. – Inestimabili beni soprannaturali sono questi, Venerabili Fratelli, nel felice possesso dei quali solamente è riposta la quiete, il riposo, la vera pace, suprema aspirazione dell’anima, a cui tende con profonda nostalgia il mondo moderno, ma che invano ricerca nel perseguimento di terreni ideali, nel turbine della vita. L’esperienza di anime veramente innumerevoli attraverso i secoli ha luminosamente dimostrato, e dimostra oggi forse più che mai, questo mirabile potere pacificatore e santificatore riposto nel sacro ritiro degli Esercizi spirituali, da cui le anime escono « radicate ed edificate » in Cristo, piene di luce, di vigore, di felicità « che supera ogni senso ». Ma da questa pienezza della vita cristiana, che gli Esercizi spirituali apportano e perfezionano, oltre il frutto soavissimo della pace interiore, germoglia quasi spontaneo un altro importantissimo frutto che ha una più larga risonanza sociale: lo spirito di apostolato. È infatti naturale effetto della carità che un’anima, quando è piena di Dio, senta il bisogno di comunicare alle altre anime la conoscenza e l’amore dell’infinito Bene che essa ha trovato e possiede. Orbene in questi tempi di immensi bisogni per le anime, quando le lontane regioni delle Missioni « già biondeggiano per la mietitura » e domandano sempre più numerosi operai; quando nei nostri stessi paesi le crescenti necessità spirituali dei popoli esigono numerosi e scelti manipoli di ben formati apostoli nell’uno e nell’altro Clero dispensatori dei misteri di Dio, e, partecipanti all’apostolato gerarchico, le schiere dei laici consacrati ai molteplici rami dell’Azione Cattolica, Noi, Venerabili Fratelli, ammaestrati dall’esperienza della storia, negli Esercizi spirituali vediamo e salutiamo i provvidenziali Cenacoli, dove i cuori generosi, sotto l’influsso della grazia, apprezzando degnamente al lume delle eterne verità e degli esempi di Cristo il valore inestimabile delle anime, sentiranno la voce del Signore che li invita a farsi suoi cooperatori nella redenzione del mondo, in quel qualunque stato di vita, a cui, con saggia elezione, conosceranno essere chiamati a servire il loro Creatore, e dove apprenderanno gl’ideali, i propositi, gli ardimenti dell’apostolato cristiano. Del resto, tale fu sempre la via ordinaria tenuta dal Signore per formare i suoi Apostoli. Perciò il divino Maestro, non contento del lungo nascondimento di Nazareth, volle premettere alla sua vita pubblica il severo ritiro di quaranta giorni nel deserto. Perciò in mezzo alle fatiche della predicazione evangelica, spesso invitava gli Apostoli al silenzio dell’isolamento: «Venite in disparte, in un luogo solitario, e riposatevi un poco »; perciò soprattutto volle che, dopo la sua Ascensione, gli Apostoli ricevessero la loro ultima formazione nel Cenacolo di Gerusalemme: « perseverando concordi nella preghiera », in attesa dello Spirito Santo in quel memorando ritiro di dieci giorni, che furono, quasi oseremmo dire, i primi Esercizi spirituali praticati nella Chiesa, dai quali anzi la Chiesa stessa nacque con tutta la sua sempre giovanile vigoria: beato ritiro in cui, sotto lo sguardo e nella materna assistenza di Maria, si formarono, insieme con i primi Apostoli, coloro che vorremmo chiamare i precursori dell’Azione Cattolica. Da quel giorno la pratica degli Esercizi spirituali, se non nel nome e nella forma quale ora si usa, almeno nella sostanza, divenne « famigliare agli antichi cristiani », come dice san Francesco di Sales, e ne troviamo chiari accenni nelle opere dei Santi Padri. Così, per esempio, San Girolamo alla nobile matrona Celanzia: « Scegliti — scriveva — un luogo adatto e lontano dallo strepito della famiglia, in cui tu possa ripararti come in un porto. Quivi lo studio della divina Scrittura sia così intenso, così frequente il ritorno alla preghiera, tanto assidua la riflessione sulle cose future che tu abbia da compensare con questo riposo tutte le occupazioni degli altri tempi. Né diciamo questo quasi volessimo distoglierti dai tuoi: anzi, con ciò intendiamo che ivi tu impari e mediti quale poi tu debba mostrarti verso i tuoi ». Nel medesimo secolo il grande Vescovo di Ravenna, San Pietro Crisologo, lanciava a tutti i fedeli il noto eloquente invito: «Abbiamo dato al corpo un anno, diamo all’animo alcuni giorni … Viviamo un po’ di tempo per Dio, noi che siamo vissuti interamente per il mondo … Risuoni la divina voce ai nostri orecchi: lo strepito domestico non turbi il nostro udito … Così agguerriti, o fratelli, così ammaestrati, dichiareremo guerra al peccato … sicuri della vittoria ». – Anche in seguito, lungo i secoli, gli uomini hanno sempre sentito l’attrattiva della tranquilla solitudine, dove l’anima, lontana da qualsiasi osservatore, potesse dedicarsi alle cose divine, e quanto più burrascosi erano i tempi, tanto più forte si faceva sentire l’impulso dello Spirito Santo che sospingeva nel deserto le anime sitibonde di giustizia e di verità, « affinché più assiduamente libere dagli appetiti corporei, possano attendere alla divina sapienza nell’intimo della loro mente, dove, tacendo ogni strepito di sollecitudini terrene, si rallegrino in sante meditazioni e nelle delizie eterne ». Più tardi Dio suscitò nella sua Chiesa illuminati Maestri della vita soprannaturale che diedero sapienti norme e proposero metodi di ascesi attinti alla divina rivelazione ed all’esperienza propria e dei secoli cristiani, e non senza particolare provvidenza del Signore ne uscirono, per opera del grande Servo di Dio Ignazio di Loyola, gli Esercizi spirituali propriamente detti: « tesoro, — come lo chiamava quel venerabile uomo dell’inclito Ordine di San Benedetto, Ludovico Blosio, citato da Sant’Alfonso Maria de’ Liguori in una bellissima lettera « sugli Esercizi in solitudine— tesoro, che Dio ha manifestato alla sua Chiesa in questi ultimi tempi, per il quale gli si devono rendere speciali azioni di grazie ». Ma Da questi Esercizi, che ben presto sollevarono sì gran fama di sé nella Chiesa, prese ispirazione per correre ancor più generoso nella vita della santità, tra gli altri molti, il Nostro veneratissimo e per tanti titoli a Noi carissimo San Carlo Borromeo, il quale, come avemmo Noi stessi altra volta l’opportunità di ricordare, « ne divulgò l’uso nel clero e nel popolo » non solo con l’impulso del suo zelo e l’autorità del suo nome, ma anche con regole e direttòrii speciali; e giunse persino a farsi fondatore di una casa esclusivamente destinata per gli Esercizi stessi secondo il metodo di Sant’Ignazio. Ad essa diede il nome di «Asceterium», la prima forse, a quanto si sappia, di tal genere: esempio imitato poi ben presto felicemente in ogni parte. Corrispondente alla stima sempre crescente che si andava diffondendo nella Chiesa per gli Esercizi spirituali, fu il moltiplicarsi di tali Case riservate per questi sacri ritiri, quasi oasi verdeggianti e feconde nel deserto del pellegrinaggio terreno, destinate a raccogliere separatamente i fedeli dell’uno e dell’altro sesso ad un periodo di spirituale ristoro. Dopo l’immane tragedia della guerra, di fronte al profondo rivolgimento sociale che essa ha portato, al tramonto di tante illusioni, al riaffermarsi più potente in molte anime di elevate aspirazioni, ecco risvegliarsi mirabilmente in molti, sotto il soffio dello Spirito Santo, il bisogno dei Ritiri spirituali. Anime desiderose di una vita migliore e più santa, altre sbattute dalle tempeste della vita, dalle preoccupazioni dell’esistenza, dalle distrazioni e dalle seduzioni del mondo, anime avvelenate da una atmosfera satura di razionalismo e di sensualità, cercano rifugio in questi asili di pace, in queste case di preghiera, ove possano riposare lo spirito, ritemprare le forze, orientare soprannaturalmente il cammino della vita. – Dal canto Nostro, mentre dall’intimo del cuore godiamo di tale salutare movimento e vi scorgiamo un efficacissimo rimedio ai mali presenti, siamo risoluti ad assecondare, per quanto sta in noi, i pietosi disegni della Divina Bontà e a non lasciare passare invano questo invito dello Spirito Santo che oggi spira in molti cuori. Noi Ci apprestiamo a compiere ciò con animo particolarmente lieto, osservando quanto è stato compiuto dai nostri predecessori. Infatti, questa stessa Sede Apostolica, dopo aver tante volte raccomandato gli Esercizi spirituali con la parola, ha voluto precedere i fedeli anche con l’esempio, e già da parecchio tempo, di quando in quando suole per alcuni giorni convertire in Cenacolo di meditazione e di preghiera le auguste aule Vaticane; consuetudine, che Noi ben volentieri abbiamo seguito con grande gioia e conforto. E per procurare in più larga misura questa gioia e questo conforto a Noi ed a quanti più da vicino Ci assistono, soddisfacendo ai loro pii desiderii, abbiamo dato le opportune disposizioni affinché un corso di santi spirituali Esercizi abbia luogo ogni anno in questa Nostra Sede Vaticana. – Anche voi, Venerabili Fratelli, conoscete ed apprezzate altamente gli Esercizi spirituali, coi quali avete temprato dapprima il vostro spirito sacerdotale e vi siete poi preparati alla pienezza del sacerdozio, e ad essi, non di rado, alla testa dei vostri sacerdoti ricorrete per rinfrancare gli animi vostri nella contemplazione dei beni celesti. Ciò costituisce certamente un’apprezzabile azione, per la quale vogliamo darvi un doveroso e pubblico elogio. Sappiamo inoltre, (ed anche questo additiamo come esempio da imitare, tanto più luminoso quanto più alto e di natura sua meno frequente) che in alcune regioni tanto dell’Oriente che dell’Occidente i Vescovi, con a capo il loro Metropolita o Patriarca, talvolta si sono riuniti insieme per attendere ad un ritiro spirituale tutto proprio e adatto alla loro eccelsa dignità e ai doveri che ne derivano. Il che forse non sarà troppo difficile da imitare quando specialmente gravi ragioni chiamano a raccolta tutti i Presuli di una Provincia Ecclesiastica, o per provvedere con comuni decisioni ai più urgenti bisogni spirituali dei loro greggi o per prendere più efficaci deliberazioni secondo le esigenze del momento. Così Noi stessi pensavamo di fare coi Vescovi della regione Lombarda quando per brevissimo tempo fummo preposti alla Chiesa Metropolitana di Milano, e l’avremmo eseguito in quello stesso primo anno, se altri disegni non avesse avuto e compiuto la divina Provvidenza sulla Nostra umile persona. – I sacerdoti e i religiosi, già prima che fosse loro prescritto l’uso degli Esercizi per legge della Chiesa, con lodevole frequenza si valevano di questo mezzo di santificazione; così ora con tanto maggiore impegno vi si applicheranno quanto più solenne è la voce dei sacri Canoni che a questo li sprona. I sacerdoti del Clero secolare siano fedeli nel frequentare gli Esercizi spirituali almeno nella così discreta misura prescritta loro dal Codice di Diritto Canonico e vi apportino tanto maggior desiderio di trarne frutto, quanto più in mezzo alle sollecitudini del loro ministero sentiranno il bisogno di quella pienezza di spirito che è loro necessaria perché possano, com’è loro dovere, effonderla sulle anime loro affidate. Così hanno sempre sentito i sacerdoti più zelanti, così hanno praticato ed insegnato tutti quelli che si distinsero nella direzione delle anime e nella formazione del Clero, come, per citare un esempio moderno, il Beato Giuseppe Cafasso, da Noi recentemente elevato agli onori degli altari. Egli appunto degli esercizi spirituali si valeva per santificare se stesso e i suoi confratelli di sacerdozio; e fu al termine di uno di tali ritiri che con sicuro intuito soprannaturale poté indicare ad un giovane sacerdote suo penitente, quella via che la Provvidenza gli assegnava e che lo condusse poi a diventare il Beato Giovanni Bosco, per il quale nessun elogio è sufficiente. I Religiosi, poi, che ogni anno sono chiamati ai sacri Esercizi, qualunque sia la regola sotto cui militano, vi troveranno una miniera inesauribile e ricca di ogni genere di tesori, a cui tutti possono attingere secondo i loro particolari bisogni per perseverare e progredire nella pratica più perfetta della legge e dei consigli evangelici. Gli annui Esercizi sono per loro come un mistico « albero della vita », valendosi del quale tanto gli individui quanto le comunità conserveranno sempre vigoroso e vivace il primitivo spirito della loro vocazione. I Sacerdoti dell’uno e dell’altro Clero non ritengano perduto per l’apostolato il tempo che consacreranno agli Esercizi spirituali. San Bernardo non esitava a raccomandare perfino a colui che, già suo discepolo, era allora Sommo Pontefice, il Beato Eugenio III: « Se vuoi essere di tutti, ad imitazione di Colui che si fece tutto a tutti, lodo tale umanità, purché sia completa. E come mai sarà completa, se escludi te stesso? Anche tu sei uomo: affinché dunque tale umanità sia intera e piena, accolga anche te dentro di sé quel cuore che accoglie tutti gli altri; altrimenti, che ti giova guadagnare tutti, se perdi te stesso? Perciò, siccome tutti ti posseggono, sii anche tu uno dei tuoi possessori. Ricordati, non dico sempre, non dico spesso, ma almeno talvolta di restituire te a te stesso.” Né meno ci stanno a cuore, Venerabili Fratelli, gli Esercizi ai vari gruppi di quell’Azione Cattolica che non Ci stanchiamo né Ci stancheremo di promuovere e raccomandare, essendo l’utilissima, per non dire necessaria, partecipazione dei laici all’apostolato gerarchico della Chiesa. Vediamo con immensa consolazione organizzarsi ovunque corsi d’Esercizi particolarmente riservati alle pacifiche schiere di questi valorosi soldati di Cristo, e specialmente ai più giovani, che numerosi vi accorrono per addestrarsi alle sante battaglie del Signore, e vi trovano non solo la forza di migliorare la propria vita, ma spesso sentono nel cuore la voce misteriosa che li chiama a diventare apostoli in tutta la magnifica pienezza del nome. Splendida aurora di bene che Ci fa salutare e sperare un prossimo luminoso meriggio, se la pratica degli Esercizi spirituali più universalmente e più regolarmente verrà promossa e caldeggiata nelle file delle varie Associazioni cattoliche, specialmente giovanili. – Ed è ora veramente disposizione ammirabile della misericordiosa provvidenza di Dio che in un tempo, in cui i beni temporali e il conseguente benessere materiale e una certa agiatezza di vita tendono ad estendersi in qualche notevole misura ai lavoratori e ad un maggior numero dei figli del popolo, è provvidenziale, diciamo, che si vada facendo comune anche alla massa dei fedeli questo tesoro spirituale, destinato a controbilanciare il peso dei beni terreni, affinché non trascinino le anime verso il materialismo teorico e pratico. Diamo dunque il Nostro plauso e il Nostro paterno incoraggiamento alle Opere « pro Exercitiis » che già sorgono in varie regioni, specialmente quelle così fruttuose e così opportune dei « Ritiri Operai » con le relative « Leghe di Perseveranza », e le raccomandiamo vivamente, Venerabili Fratelli, alla vostra cura e alla vostra sollecitudine. – Ma tutto quello che abbiamo riferito circa gli Esercizi spirituali e i loro mirabili frutti suppone che il sacro ritiro sia praticato veneramente come si conviene, e che non diventi come una semplice consuetudine che si pratica senza interiore slancio ed energia e, conseguentemente, con poco o nessun frutto per l’anima. Pertanto, anzitutto bisogna che gli Esercizi si facciano nel ritiro, appartandosi dal frastuono delle ordinarie sollecitudini della vita quotidiana; poiché, come esattamente insegna l’aureo libretto «Dell’Imitazione di Cristo »: «Nel silenzio e nella quiete fa profitto l’anima devota ». Ond’è che quantunque siano certamente lodevoli e da promuoversi con ogni pastorale sollecitudine, come sono sempre dal Signore largamente benedetti, gli Esercizi spirituali, predicati pubblicamente al popolo, Noi però particolarmente insistiamo sugli Esercizi « chiusi », nei quali la segregazione dalle creature è più facilmente ottenuta, e l’anima nel silenzio e nella solitudine attende unicamente a sé e a Dio. Inoltre gli Esercizi spirituali esigono un certo periodo di tempo perché possano dirsi tali; un periodo di tempo che può variare a seconda delle circostanze e delle persone, da alcuni giorni fino ad un intero mese, ma che in ogni caso non dovrebbe essere troppo ristretto se si vogliono sperimentare tutti quei vantaggi che abbiamo sopra enumerati. Come per il corpo la permanenza in luoghi salubri deve prolungarsi alquanto perché se ne senta l’effetto, così anche in questa cura salutare dello spirito l’anima deve trattenersi un certo tempo, se vuole veramente sentirne ristoro e riportarne nuovo vigore. Infine, condizione importantissima perché gli Esercizi siano fatti bene e riescano fruttuosissimi è il farli secondo un metodo sapiente e pratico. Or non vi è dubbio che fra tutti i metodi di Esercizi spirituali che lodevolmente si attengono ai princìpi della sana ascetica cattolica, uno ha riscosso le piene e ripetute approvazioni di questa Sede Apostolica, ha meritato gli amplissimi elogi dei Santi e dei Maestri della vita spirituale, ha raccolto incalcolabili frutti di santità attraverso ormai quattro secoli: intendiamo alludere al metodo di sant’Ignazio di Loyola, di questo che Ci piace chiamare Maestro specializzato degli Esercizi, il cui « ammirabile libro degli Esercizi », piccolo di mole ma grande e prezioso di contenuto, dal dì che venne solennemente approvato, lodato, raccomandato dal Nostro Predecessore Paolo III di santa memoria, « quasi subito si affermò ed impose» — per usare le parole che Noi stessi prima del Sommo Pontificato avemmo già occasione di scrivere — « quale il più sapiente ed universale codice di governo spirituale delle anime, quale sorgente inesauribile della pietà più profonda ad un tempo e più solida, quale stimolo irresistibile e guida sicurissima alla conversione ed alla più alta spiritualità e perfezione ». E quando agli inizi del nostro Pontificato « assecondando i voti e gli ardentissimi desideri dei sacri Pastori di quasi tutto l’orbe cattolico dell’uno e dell’altro rito » con la Costituzione Apostolica « Summorum Pontificum » del 25 luglio 1922 « abbiamo dichiarato e costituito Sant’Ignazio di Loyola celeste patrono di tutti gli Esercizi Spirituali, e quindi degli istituti, sodalizi, e associazioni di qualunque genere che curano ed assistono coloro che fanno gli Esercizi spirituali », non abbiamo fatto altro che sancire con la Nostra suprema Autorità quello che già sentivano comunemente i Pastori e i fedeli; quello che implicitamente più volte avevano detto i Nostri Predecessori lodando gli Esercizi spirituali di Sant’Ignazio, specialmente, oltre il ricordato Paolo III, i grandi Pontefici Alessandro VII, Benedetto XIV, Leone XIII; quello che hanno dichiarato con alti elogi, e ancor più con la loro virtù attinta o aumentata a questa scuola, tutti coloro (per usare le parole dello stesso Nostro Predecessore Leone XIII) « che o per la dottrina ascetica o per la santità dei costumi » in quest’ultimi quattro secoli « sommamente fiorirono ». La sodezza della dottrina spirituale, lontana dai pericoli e dalle illusioni dei pseudomistici, l’ammirabile adattamento ad ogni ceto e condizione di persone (dalle anime dedite per vocazione alla vita contemplativa sino agli uomini viventi nel mondo), l’unità organica delle sue parti, il mirabile ordine con cui si succedono le verità da meditare e i documenti spirituali, ordinati a condurre l’uomo dalla liberazione della colpa alle più alte vette dell’orazione e dell’amor di Dio per la via sicura dell’abnegazione e della vittoria sulle passioni, rendono il metodo degli Esercizi di Sant’Ignazio il più commendevole e il più fruttuoso. – Resta, Venerabili Fratelli, che a mantenere negli animi il frutto degli Esercizi spirituali da Noi ampiamente magnificato, ed a risvegliarne le salutari impressioni, raccomandiamo un compendioso rinnovamento degli Esercizi, cioè il ritiro mensile o trimestrale: costume, diremo col Nostro venerato Predecessore Pio X, che « godiamo di vedere introdotto in molti luoghi », specialmente nelle Comunità religiose e tra i Sacerdoti, desiderando vivamente che se ne estenda il benefico vantaggio anche ai laici: tanto più che a questi potrà talvolta supplire in qualche misura il frutto degli Esercizi stessi, quando per gravi ragioni non fosse loro possibile praticarli. In questo modo, Venerabili Fratelli, dalla diffusione degli Esercizi spirituali in tutte le classi della società cristiana e soprattutto dall’uso fervoroso di essi, Noi Ci ripromettiamo i più salutari frutti di rigenerazione, di vita spirituale, di apostolato, cui terrà dietro la pace individuale e sociale. Fu nel silenzio di una notte misteriosa, lungi dal frastuono del mondo, in luogo solitario, che il Verbo eterno fatto carne si rivelò all’umanità, ed echeggiò nel cielo il canto angelico: «Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini di buona volontà“. Questo canto di pace cristiana, che è supremo anelito del nostro cuore apostolico e meta a cui tendono gli sforzi e l’opera Nostra — Pax Christi in regno Christi ! — risuonerà, potente nelle anime dei cristiani che, segregati dal frastuono assordante della vita moderna, si ritireranno nella solitudine e nel silenzio a meditare le verità della Fede e i misteri di Colui che portò al mondo, e gli lasciò come sua preziosa eredità, il dono della pace: «Vi dò la mia pace ». – Questo saluto di pace Noi intanto inviamo a voi tutti, Venerabili Fratelli, in questo giorno in cui si compiono i cinquant’anni del nostro Sacerdozio, sotto gli auspici e quasi alla vigilia di quel dolcissimo mistero di pace che è la Natività di nostro Signore Gesù Cristo; e questa pace invochiamo con fervide preghiere da Colui che è stato salutato Principe della pace. Con questi sentimenti, con l’animo aperto ad una lieta e sicura speranza, a voi, Venerabili Fratelli, al Clero e al vostro popolo, cioè a tutta la Nostra dilettissima famiglia cattolica impartiamo nel Signore, con grande affetto, l’Apostolica Benedizione.

Dato a Roma, presso San Pietro, il 20 dicembre 1929, anno ottavo del Nostro Pontificato.

PIUS PP. XI

I SERMONI DI PADRE CAMPBELL 1/10/2023 – XVIII Domenica dopo Pentecoste.

Padre Louis Campbell –
Diciottesima domenica dopo Pentecoste


Il banco vacante

Sermone del 1° ottobre 2023, Santuario di San Giuda, Stafford, Texas


Oggi, la diciottesima domenica dopo Pentecoste, era conosciuta in passato come “domenica vacante”, perché la Messa utilizzata era quella del giorno precedente, di solito il sabato di settembre, uno dei giorni in cui si celebravano le ordinazioni dei minori e dei maggiori. In un secondo momento è stata inserita nel Messale una nuova Messa, che è quella che di solito viene celebrata oggi. Ma questo era il giorno in cui i sacerdoti appena ordinati celebravano la loro prima Messa. – Con un pensiero così felice in mente dobbiamo allo stesso tempo lamentarci del fatto che il sacerdozio oggi sta attraversando una valle oscura. Piuttosto che atleti spirituali che si sforzano come San Paolo di vincere la gara, molti sacerdoti, soprattutto i “sacerdoti” del novus ordo formati negli attuali seminari, sono più simili al paralitico del Vangelo di oggi. Non sono in grado di parlare chiaramente o di dare una direzione chiara al gregge perché sono prigionieri di una mentalità mondana. Sono motivati dallo spirito sbagliato – lo spirito della rivoluzione, che è quello che è realmente lo “spirito del Vaticano II”. Purtroppo, sono stati inghiottiti dalla rivoluzione perché non sono disposti o non sanno come combatterla, perché “la Rivoluzione divora i suoi figli”. La santa monaca agostiniana Anna Katherine Emmerich forse guardava in avanti, in una visione, al tempo del Vaticano II quando riferiva: “Tra le cose più strane che ho visto, c’erano lunghe processioni di vescovi. I loro pensieri e i loro discorsi mi venivano resi noti attraverso immagini che uscivano dalle loro bocche. Le loro colpe verso la religione erano mostrate da deformità esterne. Alcuni avevano solo un corpo, con una una nuvola scura di nebbia al posto della testa. Altri avevano solo la testa, i loro corpi e i loro cuori erano come vapori densi. Alcuni erano zoppi, altri paralitici, altri ancora addormentati o barcollanti. Io ho visto quelli che ritengo essere quasi tutti i vescovi del mondo, ma solo un piccolo numero era perfettamente sano” (Y. Dupont, Catholic Prophecy, p. 68). – Quando ero un giovane sacerdote ero tra quelli divorati dalla Rivoluzione. Probabilmente ero uno di quelli con una nuvola al posto della testa. All’inizio degli anni Ottanta fui inviato dal mio Ordine all’Istituto di Formazione Religiosa di St. Louis, dove affluivano altri sacerdoti, suore e fratelli religiosi provenienti da tutto il mondo. Si trattava di un programma per coloro che erano coinvolti nella formazione dei candidati al sacerdozio e alla vita religiosa. Attraverso varie sessioni di sensibilità da parte di vari “esperti” di profili di personalità, del Giornale di Progoff, dell’Enneagramma e di altri programmi basati sulla psicologia junghiana, sulla teologia della liberazione o sulle religioni non cristiane, siamo stati programmati per essere “utili idioti” per la Rivoluzione. Da lì siamo stati mandati nei seminari, nei conventi e nei noviziati di tutto il mondo, pronti a fare, a nostro turno, delle vittime innocenti, molte delle quali ora insegnano nei seminari o nelle scuole cattoliche, o predicano nelle parrocchie a vittime altrettanto ignare della Rivoluzione. – Uno dei commenti di suor Emmerich: “La maggior parte dei sacerdoti è stata attirata dalla scintillante ma falsa conoscenza dei giovani insegnanti di scuola, e tutti hanno contribuito all’opera di distruzione” (Ibid., p. 68). Ne vediamo i tristi risultati quando i cattolici fuggono come agnelli dai lupi. È davvero la “Domenica Vacante” in molte parrocchie. Quelli che sono rimasti, a meno che non siano sotto la speciale protezione di Dio, si stanno trasformando in figli della Rivoluzione, che non saranno in grado di resistere alle attrattive del mondo e periranno con esso. Dovreste rendervi conto che potreste essere stati derubati come un gregge di pecore innocenti ed indifese, e che i vostri pastori, “guide cieche dei ciechi”, stanno conducendo i loro seguaci verso il precipizio, e la maggior parte dei quali non è nata per essere predatrice, ma è stata rovinata dai rivoluzionari… Che possano ancora essere guariti dal Pastore misericordioso. – Il rimedio per questa terribile paralisi spirituale che affligge molti dei nostri leader religiosi, vescovi ed aspiranti papi, ci viene dall’esempio di Gesù Cristo stesso. Una rivoluzione è una disobbedienza organizzata ad un ordine stabilito, con l’intenzione di rovesciarlo.. satana è il padre della rivoluzione contro l’ordine voluto da Dio. La sua disobbedienza ha introdotto il disordine tra gli Angeli ed in questa creazione attraverso la disobbedienza di Adamo ed Eva. L’eredità della rivoluzione del Vaticano II è che la disobbedienza e il disordine regnano in quella che passa per la “Chiesa”. Ma coloro che sono obbedienti, sull’esempio di Cristo obbediente, daranno il colpo di grazia alla Rivoluzione. Obbedienti, però, a coloro che hanno un’autorità legittima, non ai lupi travestiti da pecore. – “Abbiate in voi questa mente che era anche in Cristo Gesù”, dice San Paolo, “che, pur essendo per natura Dio, non considerò l’essere uguale a Dio ma svuotò se stesso, assumendo la natura di schiavo e facendosi simile agli uomini. E, apparso in forma di uomo, umiliò se stesso, facendosi obbediente fino alla morte ed alla morte di croce” (Fil2,5-8). Senza obbedienza non c’è progresso nella vita spirituale. Abramo era disposto a obbedire a Dio fino al punto di sacrificare suo figlio Isacco, affinché Dio gli promettesse una discendenza numerosa come le stelle del cielo o le sabbie del mare. Allo stesso modo, l’obbedienza a Dio ed a coloro che Egli ha posto al di sopra di noi produce grazie e doni spirituali altrettanto numerosi. Tutti noi dobbiamo praticare l’obbedienza secondo il nostro stato di vita. I bambini onorano il loro padre e la loro madre soprattutto attraverso l’obbedienza. Le mogli devono essere obbedienti ai loro mariti, dice la Parola di Dio. I mariti, in quanto capo famiglia, devono essere come Cristo obbediente. Tutti noi dobbiamo ascoltare la parola di Dio ed obbedirle. Eliminiamo la Rivoluzione! Diciamo con San Paolo: “Per questo anche noi abbiamo pregato per voi incessantemente… chiedendo che siate ricolmi di conoscenza della sua volontà, in ogni sapienza spirituale ed in ogni intelligenza. Che possiate camminare degnamente con Dio e piacergli in ogni cosa, portando frutto in ogni opera buona e crescendo nella conoscenza di Dio” (Col.1:9,10).